Newsletter periodica d’informazione
|
|
Rassegna ad uso
esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
|
Anno XI n.17 del 23 maggio 2013 |
Consultate www.uil.it/immigrazione
Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri
Europa a 28 – Inutile e dannosa la moratoria per la Croazia Al Governo italiano la UIL rivolge un appello: in accordo con la risoluzione adottata dalla Confederazione Europea dei Sindacati nel dicembre 2012, chiediamo all’Esecutivo di non adottare le misure transitorie di limitazione della libera circolazione dei lavoratori subordinati croati, rese possibili dal Trattato di adesione della Croazia all’UE. Tali misure, ipotizzabili in caso di forte pressione migratoria da parte dei lavoratori di un paese neocomunitario, avrebbero invece nel caso dei lavoratori croati in Italia un risultato del tutto negativo. Viceversa, concedere da subito la piena libera circolazione ai lavoratori croati (molti dei quali di origine, lingua e cultura italiana, anche se non tutti di passaporto) avrebbe - a parere della Uil - Il vantaggio sin dal prossimo 1° luglio, di un trattamento alla pari di tutti gli altri cittadini comunitari nell’accesso al lavoro, facendo quindi cadere qualsiasi pretesto sulla necessità di impiegarli irregolarmente. Niente moratoria significa niente alibi per il lavoro nero.
|
SOMMARIO
A luglio la Croazia entra nella UE pag. 2
Rapporto Istat 2013 pag. 3
Cittadinanza, partita persa? pag. 4
Moldavia: cooperazione internazionale tra sindacati pag. 5
Tunisia: conferenza sulle migrazioni pag. 7
Crisi e migrazioni pag. 9
Migrazioni: ricette contrapposte pag.10
Foreign Press pag. 11
Notizie in breve pag. 12
|
A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento Politiche Migratorie
Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751
Dipartimento Politiche
Migratorie: appuntamenti
Bruxelles, 31 maggio 2013
ILO Conference on Promoting the Integration of Migrant Domestic Workers in Europe
(Ivana Veronese)
Roma, 04 giugno 2013, Unioncamere, ore 09.30
CNA - Rapporto annuale sull’impresa etnica
(Giuseppe Casucci)
Europa a 28
VENEZIA 20 maggio 2013 - -
Italia e Crozia, con un interscambio economico che tocca già punte del 40%, con
l'ingresso della seconda nell'Ue il primo giugno saranno ancor più vicine ed
assieme più competitive. È quanto emerso nel corso di un incontro bilaterale
guidato dal Presidente del Consiglio regionale del Veneto Clodovaldo Ruffato
che ha visto la partecipazione del ministro per lo Sviluppo economico Flavio
Zanonato e del suo omologo croato al Turismo, Darko Lorencin. Per Zanonato si
tratta di una grande occasione per sviluppare ulteriormente gli scambi ma anche
per creare opportunità, dall'altra sponda dell'Adriatico, per le imprese
italiane di cui già 250 circa sono affermate in loco. Le materie di interesse
comune sono l'agricoltura, la pesca il turismo e l'industria da supportare, in
prospettiva, con opportune infrastrutture. Tutti temi sui quali si è trovato
d'accordo Lorencin che ha sottolineato come la Croazia, in attesa dell'ingresso
nell'Ue, abbia lavorato molto per assimilare l'identità europea. «Certe cose la
Croazia le può fare da sola - ha detto Lorencin - ma sotto la pressione dell'Ue
sarà possibile fare passi mirati e crescere più velocemente». «In vista
dell'ingresso nell'Ue - ha sottolineato - stiamo svolgendo un grande lavoro
articolato su 11 punti tra cui al centro c'è la programmazione finanziaria e la
piccola e media impresa per gestire al meglio i fondi strutturali comunitari
che arriveranno». Si tratta di 700 mln di euro per il 2013 per poi entrare a
regime negli anni successivi con un miliardo di euro all'anno.
«L'ingresso della Croazia nell'Ue il primo di giugno è un evento importante e positivo e diventa un grande vantaggio per loro e l'Italia le relazioni bilaterali sono eccellenti. L'Italia è il primo fornitore ed il primo cliente della Croazia». Questo il commento del ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato. «Il vantaggio è anche quello che ci mette in contatto l'Italia - ha aggiunto Zanonato - con Paesi verso i quali ci interessa continuare un'attività anche nel campo delle attività produttive». «Ci sono problemi infrastrutturali - ha rilevato - come la terza corsia della A4 Venezia-Trieste, che vanno risolti ma credo se ne stia occupando la Regione Friuli con una certa voglia di risolvere il problema». «Adesso si apriranno una serie di nuove possibilità - ha sottolineato - sia sul piano del commercio che degli scambi che dal punto di vista delle presenze delle nostre aziende che in Croazia sono già 250 circa».
«L'ormai imminente ingresso della Repubblica croata nell'Unione europea rappresenta una grande opportunità per il Nord est adriatico, e in particolare per il Veneto»: queste le parole del presidente del Consiglio veneto Clodovaldo Ruffato. «Il Veneto - ha ricordato Ruffato - ha sempre promosso e incoraggiato la trattativa tra Bruxelles e Zagabria, fermamente convinto del ruolo politico, economico e culturale che la Croazia riveste nei Balcani, in particolare con le sue regioni adriatiche Istria e Dalmazia storicamente legate a Venezia. L'ammissione della Croazia dal prossimo 1 luglio all'Unione europea è destinato a favorire l'avvicinamento all'Europa di tutti gli altri Paesi dell'ex Jugoslavia». L'interesse del Veneto e del Nordest verso il partner croato - ha evidenziato il numero uno di palazzo Ferro-Fini - non è solo di natura economica, per i solidi rapporti commerciali e industriali in essere legati alla diffusione della piccola impresa sulle due sponde dell'Adriatico, e per le prospettive dell'export valorizzate dai progetti di cooperazione transfrontaliera, ma anche di natura culturale, per la «radicata presenza della lingua e della cultura veneta in Istria» e lungo tutta la fascia costiera. (Ansa)
immigrazione.aduc.it, 22 maggio
2013 - Il 61,4% dei cittadini italiani si dichiara d'accordo con l'affermazione
che "gli immigrati sono necessari per fare il lavoro che gli italiani non
vogliono fare". Una quota simile (62,9%) è poco o per niente d'accordo con
l'idea che "gli immigrati tolgono lavoro agli italiani". Lo rivela
l'Istat nel Rapporto annuale 2013, spiegano che dunque, in generale, l'opinione
per cui il lavoro degli immigrati va a sostituire la forza lavoro locale sulle
mansioni evitate dagli italiani sembra prevalere sulla percezione di una
rivalità tra italiani e immigrati sul mercato del lavoro. La posizione degli
italiani verso gli immigrati appare però risentire della crisi. Alcune fasce
della popolazione avvertono infatti uno stato di competizione nell'aggiudicarsi
risorse scarse, in particolare il posto di lavoro. Anche se l'86,7% degli
italiani è d'accordo nel ritenere che ogni persona dovrebbe avere il diritto di
vivere in qualsiasi Paese del mondo, superano il 50% coloro che sostengono che,
in condizione di scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la
precedenza agli italiani rispetto agli immigrati. Oltre al titolo di studio, è
la percezione di una condizione personale di maggiore vulnerabilità, o
l'esposizione al rischio di perdita dell'occupazione, a far crescere la
probabilità che un cittadino si dichiari d'accordo con una maggiore protezione
a favore degli italiani, soprattutto laddove i rischi di sostituzione tra
manodopera italiana e straniera sono percepiti più alti. In particolare, è il
titolo di studio che, tra le caratteristiche individuali considerate, influenza
maggiormente la probabilità di percepire gli immigrati come dei competitors e
il conseguente riconoscimento per gli italiani di un diritto di precedenza
nell'accesso al mercato del lavoro: i meno istruiti - cioè quanti hanno al più
conseguito la licenza media - hanno una probabilità più che doppia di quella
dei laureati di essere d'accordo piuttosto che contrari (la stessa probabilità
diventa pari a 1,5 per i diplomati). Questo risultato è in linea con le analisi
contenuto nel terzo capitolo del Rapporto sul mercato del lavoro, che mostrano
come per un lavoratore straniero sia più probabile avere un lavoro poco
qualificato nei servizi, mentre per gli italiani questo avviene nell'industria.
Infatti è nelle regioni settentrionali e in particolare nel Nord-est che la
probabilità di affermare un diritto di precedenza per gli italiani è maggiore
rispetto a chi vive nel Centro. La stessa modalità, invece, non risulta
significativa nel Mezzogiorno, dove gli stranieri lavorano soprattutto in
agricoltura e nei servizi, attività percepite come poco attraenti dagli
italiani.
In calo però il tasso di occupazione degli stranieri, sceso in quattro anni del 6,5%.
www.istat.it - Roma, 23 maggio 2013. Nel 2012 l’occupazione straniera (pari a 2 milioni 334 mila) è aumentata (+83 mila rispetto al 2011) ma, a differenza del recente passato, l’incremento è avvenuto a ritmi dimezzati ed è ascrivibile in oltre otto casi su dieci all’aumento registrato nei servizi alle famiglie (+73 mila unità, quasi esclusivamente donne). È il quadro tracciato dal Rapporto annuale 2013 dell’Istat. Secondo l’Istituto, le presenze più consistenti di stranieri si trovano nelle costruzioni (18,9%) e nei servizi domestici e di cura (76,8% nel 2012, era 67,3% nel 2008). Tra le professioni non qualificate un occupato su tre è straniero. Il tasso di occupazione degli stranieri scende però dal 2008 di 6,5 punti percentuali contro 1,8 punti degli italiani (dal 67,1% al 60,6% e dal 58,1% al 56,4%, rispettivamente). In particolare, gli uomini stranieri perdono 10,3 punti percentuali contro i 3,5 punti degli italiani. Gli stranieri in cerca di occupazione sono aumentati del 23,4%. Tra il 2008 e il 2012 il tasso di disoccupazione degli immigrati è cresciuto di quasi 2 punti in più (dall’8,5% al 14,1%) rispetto a quello degli italiani (dal 6,6% al 10,3%). In confronto agli autoctoni, nel 2012 le differenze più elevate sono presenti nel Nord (14,4% contro 6,4% degli italiani). Le diverse comunità sono state differentemente colpite dalla crisi: la perdita occupazionale risulta maggiore per marocchini e albanesi, più inseriti nel settore industriale, mentre risultano meno colpite le comunità (soprattutto la componente femminile) più impegnate nei lavori di servizi alle famiglie e di assistenza (filippina, romena, polacca).
(Red.)
Cittadinanza
PD e SEL ne hanno fatto una bandiera da campagna elettorale, ma per una riforma indispensabile al Paese bisogna negoziare un compromesso in Parlamento. Il PdL esca dall’“ossessione” dell’immigrazione e non si faccia dettare la linea dalla Lega, anche perché la xenofobia non paga
Gianluca
Luciano
Editore di Stranieri in Italia
Sindacati
Chisenau (Moldova) – Firma di accordi di cooperazione in materia migratoria, tra sindacati Ukraini e Moldavi e Cgil, Cisl e UIL
Roma, 21 maggio 2013 - Le organizzazioni sindacali italiane (CGIL, CISL,
UIL) hanno firmato lo scorso venerdì 17 maggio a Chisenau importanti accordi
di cooperazione con i sindacati della Moldavia e Ucraina. Protocolli che
impegnano i firmatari a promuovere e a proteggere i diritti dei lavoratori
migranti coerentemente con le Convenzioni delle Nazioni Unite e dell’ILO.
L’evento si è svolto nella capitale Moldova, nell’ambito del progetto regionale
“la gestione efficace della migrazione di manodopera e di qualifiche”,
finanziato all’Unione Europea e realizzato dall’ILO, in collaborazione con
l’Organizzazione internazionale delle Migrazioni (OIM), le parti sociali e il
Governo della Repubblica di Moldova ed Ucraina. Da parte italiana i documenti
sono stati firmati dai Segretari Generali, Susanna Camusso (CGIL), Raffaele
Bonanni (CISL) e Luigi Angeletti (UIL). Da parte della Moldova era presente
Budza Oleg, presidente del sindacato National Trade Union Confederation of
Moldova, mentre da parte Ukraina era presente Anatolii Akimochkin, vice
presidente della CFTUU (Confederation of Free Trade Union of Ukraine),
Oleksandr Dzhulyk, presidente di VOST (All-Ukrainian Union of Workers’
Solidarity) e Yuriy Kurylo, vice presidente della FTUU (Federation of Trade
Unions of Ukraine. Presenti anche esponenti ufficiali dei governi della Moldova
e dell’Ucraina, rappresentanti di ILO ACTRAV , OIM, ILO DWT/CO di Budapest,
altri rappresentanti sindacali della Russia, Polonia, Portogallo e Romania.
Dall’Italia era presente una delegazione del CEFME CTP di Pomezia e un esperto
internazionale dell’ILO di Torino. Presenti anche rappresentanti di numerose
ambasciate est europee. La delegazione sindacale italiana era rappresentata da
Piero Soldini (CGIL), Giuseppe Iuliano (CISL) e Giuseppe Casucci (UIL). La
firma dei documenti di cooperazione è stata preceduta da una due giorni di
discussione che ha toccato i temi delle Convenzioni ILO (In particolare la n.
97 e la n. 143), la Convenzione ONU del 1990 sui diritti dei lavoratori migranti
e le loro famiglie. Esempi di buone pratiche nel settore delle costruzioni,
commercio, lavoro domestico, nonché il ruolo dei sindacati nella protezione dei
migranti per lavoro nei Paesi di accoglienza. Sono seguite relazioni sulla
diaspora moldava in Russia, la presenza in Europa di migranti moldavi ed
Ucraini , nonché esempi di cooperazione tra sindacati , sia nei Paesi d’origine
(informazioni ed orientamento alla migrazione legale), che in quelli di arrivo
delle migrazioni (supporto ed accoglienza dei migranti e delle loro famiglie,
difesa dei diritti contrattuali). Il dibattito era in parte condizionato dalla
grave situazione occupazionale in Europa ed in Italia, con milioni di europei
senza lavoro e una situazione di grave crisi tra gli stessi migranti. La
Moldavia ha più di un milione di cittadini emigrati all’estero (circa 130 mila
in Italia), su una popolazione di circa 3,5 milioni di abitanti. Gli ucraini
presenti nel nostro Paese sono circa 200 mila, regolarmente registrati. Tra gli
interventi, quello di Iuliano (Cisl) che ha raccontato di un progetto di
cooperazione europeo realizzato nell’area Ucraina e Moldava alcuni anni fa, con
la creazione di info – point e programmi di orientamento alla migrazione
legale. Iuliano ha anche insistito sulla necessità di una maggiore presenza
delle normative europee in materia migratoria, con l’accento sulla tutela dei
diritti e sulla mobilità delle persone, oltre che sugli aspetti della
sicurezza. Pietro
Soldini della CGIL ha rilevato che:
"I migranti sono persone molto coraggiose che a volte sono sottoposti a
condizioni pericolose di lavoro e dei salari, precarie o non sicure. Vale a dire che dopo la firma di
questi protocolli dobbiamo tutti impegnarci al fine che – già dalle
prossime settimane - i risultati siano già visibili. " Il tema dei
migranti irregolari è stato molto presente durante il dibattito, come anche
l’opportunità da parte sindacale di offrire loro qualche forma di protezione.
“Malgrado la recente sanatoria in Italia, l’area dell’informalità - ha detto
l’oratore - conta ancora con centinaia di migliaia di persone”. Una situazione
intollerabile a cui non si può dare risposta solo con le espulsioni o i CIE”.
Giuseppe Casucci, della UIL ha rilevato come le convenzioni internazionali,
difendano soprattutto i diritti fondamentali della persona. I migranti, dunque,
indipendentemente dal loro status hanno diritto a vedere rispettati diritti
come la salute, l’istruzione, l’identità culturale, il rispetto delle norme
contrattuali (anche quando lavorano in nero) ed il diritto ad una adeguata
difesa legale. Sono tutti aspetti ben presenti nella direttiva 143 di ILO (che
l’Italia ha ratificato nel 1981). Questo non significa che la UIL non combatta
le forme di tratta delle persone, sfruttamento lavorativo e dumping sociale:
“dobbiamo lottare per forme legali di immigrazione, combattendo i fenomeni di
diaspora clandestina, che ha solo e soltanto una vittima: il diritto del
lavoratore migrante”. Per questo motivo, nel suo intervento al momento della
firma, il rappresentante UIL ha sollecitato i sindacati Ukraini e Moldavi a
spingere i propri Paesi per ratificare le convenzioni ILO e ONU sui lavoratori
migranti e le loro famiglie. “Il diritto alla tutela dei lavoratori che
emigrano – ha osservato – deve valere per tutti, nessuno escluso”.
La UIL da sempre sostiene la necessità di una maggiore collaborazione tra i
sindacati dei Paesi d’origine dei migranti – ha concluso – e quelli
di origine. La firma di questi protocolli ora può servire da esempio per una
rinnovata collaborazione anche in altre aree. Per dare un quadro completo delle condizioni in cui questi accordi sono
stati firmati, va detto che l’Italia ha ratificato le Convenzioni ILO n. 97 e n. 143 sui lavoratori migranti e la n. 189 sui lavoratori domestici, la Moldavia ha ratificato
solo la Convenzione n.97 e l’Ucraina deve ancora ratificare tutte e tre le
norme internazionali. La promozione della ratifica e la piena osservanza e
applicazione di questi strumenti normativi è un aspetto centrale degli accordi.
I rappresentanti dei sindacati italiani hanno chiaramente ribadito che gli
accordi si applicano a tutti i lavoratori migranti indipendentemente dal loro
status, in quanto essi si riferiscono ai diritti umani e del lavoro
fondamentali. I documenti di collaborazione firmati si basano su un modello di
accordo di cooperazione sviluppato dall’Ufficio dell’ILO per le attività dei
lavoratori (ACTRAV). La firma da parte delle organizzazioni sindacali dei tre paesi fa
seguito al workshop di due giorni organizzato dall’ILO nella capitale moldava,
Chisenau. L’iniziativa fa parte di un più ampio progetto finanziato dall’UE sul
tema della efficace governance della migrazione per lavoro attuato dall’ILO in
partenariato con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). I
rappresentanti dei sindacati russi presenti al workshop hanno annunciato la
loro intenzione di sviluppare accordi di questo tipo con i sindacati moldavi e
ucraini. Sergii Ukraintes, Vice Presidente
della Federazione dei Sindacati di Ucraina , ha dichiarato: "Anche se abbiamo appena
iniziato questa pista e ci rendiamo conto che non sarà facile, ci auguriamo che
questo accordo possa portare ad alcuni risultati fruttuosi. In effetti, anche
se molte organizzazioni responsabili della protezione dei migranti sorvegliano
il rispetto delle norme internazionali, non sempre si riesce a garantire l’osservanza
di queste norme e promuovere i diritti dei lavoratori migranti, nei paesi di
origine come quelli di destinazione. Noi
li proteggeremo anche attraverso varie attività che si concentreranno sulle
loro condizioni di lavoro e di vita. Come sindacati cerchiamo di risolvere i
problemi di ogni individuo, cioè di offrire supporto per quanto riguarda le
questioni dell’istruzione, della sanità, rispetto culturale e lotta alle
discriminazioni, in modo che queste persone alla fine sentano di avere una
spalla in grado di dar loro protezione”. Anna Farkas, Coordinatore sub –
regionale del Project Team per il lavoro dignitoso Support/ ILO Ufficio Tecnico
per i Paesi dell’Europa Centrale ed Orientale – Budapest, ha dichiarato:
“in questa due giorni di workshop si sono condivise esperienze pratiche in
materia di lavoratori migranti, realizzate da sindacati europei e di Paesi
Terzi. Inoltre, molti di noi hanno scoperto che i cambiamenti istituzionali
devono essere fatti per permettere ai migranti che lo desiderino, di tornare a
casa. Dovremmo prendere esempio
da queste pratiche, perché la migrazione è un problema globale che riguarda
tutti. Vale a dire è da
valorizzare maggiormente il ruolo fondamentale dei sindacati nel difendere i
diritti dei migranti, in particolare quelli da lavoro. " Mauriccio Fernando, capo del Dipartimento delle
Relazioni Internazionali, la Confederazione generale dei lavoratori portoghesi , ha dichiarato: "Abbiamo avuto molti esempi e
molte esperienze positive che sono state offerte alla discussione di questo
workshop, sia da parte dei sindacati europei che da quelli dell’Ucraina e della
Moldova, senza eccezioni. Cercheremo di continuare a fortificare i nostri
rapporti sindacali con i sindacati in molti altri paesi, perché tutti ci
troviamo ad affrontare le stesse sfide della austerità, la mancanza di
investimenti e lavoro. Le stesse battute d’arresto sociali che si incontrano
nei Paesi Europei.
Mediterraneo
UGTT - Conferenza Internazionale sulle migrazioni
Monastir (Tunisia), 10 – 11 maggio 2013
Si è tenuta a
Monastir (Tunisia), lo scorso 10 ed 11 maggio la Conferenza internazionale
sulle migrazioni. L’evento è stato organizzato dalla UGTT tunisina (Union
Gènérale Tunisienne du Travail) ed ha visto la presenza di delegazioni dalla Spagna,
Grecia, Portogallo, Francia ed Italia. L’ILO era rappresentato da Mohamed
Trabelsi, responsabile dell’Istituto in Egitto. L’iniziativa, era già stata
organizzata in passato, spesso con la presenza di numerose delegazioni dal
Maghreb e Mashrek, oltre che da delegazioni di Paesi della sponda Nord del
Mediterraneo. Quest’anno invece l’evento è stato circoscritto alla Tunisia e ad
alcuni Paesi della sponda Nord del Mare Nostrum. Per l’Italia erano
rappresentate tutte e tre le Confederazioni sindacali, mentre per la UIL è
intervenuto il coord. Del dipartimento politiche migratorie, Giuseppe Casucci.
L’ultimo evento della UGTT sulle migrazioni fu realizzato nel 2009 a d Hammamet
dopo di che l’iniziativa aveva subito una pausa. Successivamente con la Primavera
Araba e le dimissioni di Ben Alì, anche il sindacato tunisino ha subito
notevoli trasformazioni e rinnovamento ed oggi ha voluto presentarsi in una
versione rinnovata, sia in parte nei dirigenti sia negli argomenti ed obiettivi
di dibattito. Un sindacato con forte presenta di giovani: rinnovato e
combattivo, anche se non privo di una dialettica interna. Tra i temi di
discussione, le politiche europee in materia migratoria, l’atteggiamento verso
l’immigrazione clandestina e, naturalmente, i morti e scomparsi nel
Mediterraneo durante fortunose attraversate fino al Canale di Sicilia. Secondo
Fortress Europe dal 1988 ad oggi sarebbero morte - nel tentativo di
attraversare il Mare Nostrum in imbarcazioni improvvisate - quasi 20 mila
persone, la maggioranza composta da giovani, donne e bambini, spesso
sovraccaricati in imbarcazioni di fortuna e pagando migliaia di dollari a
trafficanti senza scrupoli. Sono i volti che spesso vediamo sbarcare all’Isola
di Lampedusa, o in altre coste italiane: persone non diverse da noi, ma spesso
mandate allo sbaraglio . Molti di loro non ce la fanno e non arrivano nemmeno a
toccare terra nel Bel Paese. L’UGTT denuncia la realtà della scomparsa di
migliaia di altri migranti, di cui le famiglie non sanno più nulla da mesi o
anche da anni. Da qui la richiesta della UGTT all’Italia di una commissione
d’inchiesta per investigare sulla sorte di centinaia di sventurati, di cui le
statistiche ufficiali non danno più traccia. Ci sono anche state chieste
informazioni sui 25 mila tunisini sbarcati in Italia nel 2011, fuggiti dagli
scontri durante la primavera araba, della cui sorte non sempre si è certi. Il
dibattito dunque è stato notevolmente acceso, anche se gentile nei toni, ed
agli ospiti stranieri è stato chiesto quale sia la posizione del sindacato
europeo sulle migrazioni irregolari che nell’Africa rappresentano la
maggioranza numerica dei flussi migratori. Tra gli interventi vanno citati la
presentazione di Mustapha Nasraoui che ha toccato il tema della difficoltà
tunisina nella gestione dei flussi migratori, nonché l’analisi di Hassen
Boubakri sule motivazioni economiche e sociali dell’immigrazione irregolare.
Nel secondo panel di discussione Mustapha Ben Ahmed ha trattato il ruolo dei
sindacati nella questione migratoria e si è chiesto se una maggiore
collaborazione tra le trade union delle due sponde del Mediterraneo non possano
essere d’aiuto nell’orientamento alla migrazione legale. Rami Khouili e Mohamed
Trabelsi di ILO, hanno analizzato il quadro giuridico internazionale dell’emigrazione
e la difesa dei diritti economici, sociali ed umani dei migranti. Tra le altre
cose, Trabelsi ha fatto notare come esistono importanti convenzioni di ILO sui
diritti del migranti (la 97 e la 143 in particolare), convenzioni che la
Tunisia non ha mai ratificato e che riguardano la tutela di tutti i migranti,
dei tunisini che vanno all’estero, ma anche dei migranti provenienti
dall’Africa sub sahariana molti dei quali restano in Nord Africa, spesso senza
alcuna tutela lavorativa o sociale. Infine Hanib Louizi ha presentato la
proposta progettuale per la creazione di un osservatorio nazionale sulle
migrazioni, osservatorio che potrebbe avvalersi della collaborazione dei
sindacati africani ed europei per costituire una rete internazionale capace di scambiare
dati, informazioni e proposte al fine di orientare i flussi alla migrazione
legale e combattere la tratta della persone. Nel suo intervento l’esponente
della UIL ha cominciato raccontando il quadro della pesante crisi economica ed
occupazionale che sta colpendo l’Europa e l’Italia ormai da 4 anni. Una crisi
finanziaria, economica, umana e sociale quale l’Europa non vedeva da decenni.
Una depressione che vede migliaia di giovani dall’Italia, Spagna, Grecia,
Portogallo abbandonare il proprio Paese alla ricerca di un futuro migliore
all’estero. “Oggi in Italia – ha detto Casucci – contiamo con
almeno 3 milioni di disoccupati, nonché altrettante persone in cerca di lavoro
o inattive. Anche gli immigrati vengono colpiti dalla crisi: 330 mila risultano
ufficialmente aver perso il lavoro egli ultimi mesi”. Senza contare i migranti
irregolari. Il peggioramento dell'economia si traduce spesso in norme più
restrittive nei confronti degli stranieri. La crisi economica porta ogni
nazione a diventare più protettiva ed a limitare i diritti alla mobilità. In Italia queste difficoltà hanno condotto il
governo a non varare un decreto flussi d’ingresso per lavoratori stranieri nel
2012 ed è probabile che la stessa cosa succeda nel 2013. La scelta è stata
questa di tutelare i cittadini stranieri già presenti, cercando di evitare che
perdano il lavoro e finiscano nel pozzo senza uscita della clandestinità. “E
questo è certamente un limite – ha rilevato l’oratore - in particolare
nella lotta contro la migrazione illegale. Il governo italiano, infatti, aveva
firmato accordi di cooperazione con i paesi del sud del Mediterraneo, tra cui
la Tunisia. Accordi che prevedono la concessione di quote di ingresso dei
migranti tunisini in cambio di lotta all'immigrazione irregolare e alla tratta.
E’ chiaro che oggi, l'assenza di quote di ingresso finirà inevitabilmente per
danneggiare la produttività dell’accordo stesso”. L’Italia – ha
continuato l’oratore - sicuramente avrà ancora bisogno di manodopera straniera
nel futuro. Purtroppo in questo momento, stiamo attraversando una fase di
crisi economica che rende difficile la ricerca di un lavoro, nonostante il calo
demografico della popolazione italiana. Sono certo che questa situazione
cambierà. “Voglio scusarmi con voi, ha detto Casucci, per dare un quadro così
pessimista sul presente e sul futuro del lavoro in Europa. Sono consapevole che
in Africa i problemi sono ancora più difficili da risolvere. In realtà, i due
terzi della migrazione globale tra l'Africa e l'Europa rimangono nell'area del
Nord Africa, e solo un terzo è destinato all'UE. In questo senso, anche la
Tunisia, come in altri paesi del Maghreb e del Mashrek, sono aree di
sub-sahariana destino immigrazione. Quindi dovete a voi stessi di confrontarsi
quotidianamente con un gesto sempre più forte da sud e questo a causa di
diversi motivi: gap demografico, guerre e povertà. Il cambiamento climatico ha
anche un effetto push in termini di migrazione, in particolare in settori come
la sub sahariana”. Dato che le persone che vivono in Africa è da tempo persone
molto povere, e spesso non in grado di pagare il costo di un viaggio in Europa
(visto d'ingresso a parte), in generale, i flussi di migrazione finiscono per
essere interni, diretti verso i paesi vicini. E’ dunque anche importante
conoscere quali siano le risposte che i governi del Nord Africa delle Nazioni
offrono all’immigrazione, in termini di accoglienza, di confronti
cross-culturali, di lavoro o di rispetto dei diritti umani fondamentali. “I
diritti per i quali giustamente reclamate ora il rispetto da parte dell’Europa
- ha ribadito l’oratore – valgono tanto per i tunisini, quanto per le
migliaia di immigranti che arrivano attraverso il deserto del Sahara. La
Tunisia deve ratificare le convenzioni internazionali dell’ILO sui migranti e
rispettarne i diritti: avrà così più tiolo e forza per reclamare il rispetto
dei diritti per i suoi concittadini”. L’oratore ha poi parlato della situazione
dei tunisini (circa 25 mila) arrivati in Italia nel 2011: “molti dei quali
hanno ricevuto un permesso di soggiorno umanitario , e condizioni minime di
accoglienza”. Secondo alcune stime, più di 7.000 di questi immigrati hanno
convertito il permesso di soggiorno per motivi umanitari in un permesso per
lavoro e sono pienamente integrati in Italia. Attualmente i cittadini di
origine tunisina, regolarmente soggiornanti in Italia, sono circa 115 mila.
“Molti altri tra questi 25 mila – ha detto l’esponente UIL - sono andati
a vivere in un altro paese europeo, alcuni hanno fatto ritorno in patria, anche
attraverso programmi di rimpatrio volontario assistito. Per quanto si sappia
ufficialmente, solo 3400 tunisini giunti nel 2011 sarebbero stati forzatamente
rimpatriati”. La crisi economica è certamente uno dei principali ostacoli oggi
a una maggiore accoglienza dei migranti provenienti dall'Africa (o da altre
parti del mondo), e talvolta è anche la causa di atteggiamenti di intolleranza
e razzismo da parte di minoranze che ne fanno oggetto di speculazione politica.
Episodi che rimangono minoritari, perché la maggioranza degli italiani è per
natura accogliente e cordiale. Il sindacato italiano è impegnato a riformare le
leggi in materia di immigrazione, in favore di una maggiore valorizzazione
delle diversità culturali e professionali, differenze positive che
arricchiscono la nostra società. La UIL sostiene senza riserve i lavoratori
migranti in tutti gli aspetti connessi al loro status di residenza, di lavoro e
condizioni di vita.
L'anno scorso il sindacato ha ottenuto dal governo di aumentare da sei mesi ad un anno il periodo di soggiorno concesso ai migranti per la ricerca di un lavoro per coloro che l’hanno perso. Si è anche ottenuta una regolarizzazione degli immigrati presenti fino al 2011 irregolarmente. Altri risultati possono essere raggiunti attraverso la cooperazione tra i sindacati dei vari paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Si può e si deve lavorare insieme per combattere l'immigrazione clandestina, una piaga che arricchisce i trafficanti, che causa dumping lavorativo e sociale, ed aumenta le tensioni tra europei e cittadini di Paesi Terzi, oltre a cancellare molti diritti degli immigrati. “In questo senso- ha concluso Casucci - la cooperazione tra le organizzazioni sindacali delle due sponde del Mediterraneo rimane uno strumento potenzialmente importante per informare i migranti sui propri diritti e doveri, orientarli alla migrazione legale, formarli professionalmente e civicamente. Tutto ciò si può realizzare anche attraverso i progetti volti alla creazione di reti di informazione comuni, ed accordi di cooperazione tra sindacati stessi”. E questo anche al fine di tutelare la sicurezza di uomini, donne e bambini che rischiano ogni giorno la propria vita, nel tentativo di attraversare il Mediterraneo in imbarcazioni inadatte e nelle mani di trafficanti senza scrupoli. “Non è giusto morire per cercare una vita e un futuro migliore e il sindacato può fare molto per evitare che ciò accada”.
Migrazioni
(http://www.piacenza24.eu ) Piacenza
- “Ritornare, volontariamente. Per ricominciare. Il rimpatrio volontario
assistito in Italia e la rete Rirva”. Questo il tema del convegno che si è
tenuto questa mattina nella sede dello SVEP in via Capra. Un incontro per
discutere di uno scenario ben poco conosciuto e che forse molti non pensavano
nemmeno esistesse: il ritorno in patria dei cittadini precedentemente
immigrati in Italia. Effettivamente molti stranieri giunti in Italia per
rifarsi una vita, ad un certo punto desiderano tornare. E per aiutarli nelle
operazioni di ritorno entra in gioco la Rete Rirva.
Per il migrante il ritorno volontario assistito si traduce nella possibilità di ricevere un supporto logistico e finanziario per l’organizzazione del viaggio di rientro e la reintegrazione sociale e lavorativa nel proprio paese di origine. Realizzati in Italia sin dal 1991, i programmi di Ritorno Volontario hanno sostenuto nel corso degli anni migliaia di migranti. Dal 2009, in attuazione alla Direttiva Europea Rimpatri 2008, che invita a privilegiare il ricorso al RVA piuttosto che quello Forzato nella gestione dei flussi migratori, i RVA si realizzano con il co-finanziamento del Fondo Europeo per i Rimpatri (FR) e degli Stati Membri dell’UE.
In Italia Autorità Responsabile del FR è il Ministero dell’Interno, Dipartimento Libertà Civili ed Immigrazione, Direzione Centrale Servizi e l’Immigrazione. Il FR co-finanzia sia le azioni di Rimpatrio Forzato, attraverso il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, sia i Rimpatri Volontari Assistiti, attraverso bandi annuali rivolti ad organizzazioni, associazioni, ONG, enti locali, ecc., per l’attuazione di azioni di sistema.
Questa mattina allo SVEP si è appunto parlato di questo. Tra i relatoriDaniela Bolzani, Referente operativa territoriale Antenna Regionale RIRVA: “Nel 2012 sono stati un migliaio i migranti assistiti dalla RIRVA, e prevediamo lo stesso numero anche per il 2013. Un incremento notevole rispetto a qualche tempo fa quando si parlava di 300-400 persone assistite all’anno. Quest’anno abbiamo a disposizione un badget di 4 milioni di euro, soldi che vengono impiegati per finanziare un adeguato reinserimento del migrante nella propria terra di origine: dal biglietto dell’aereo, fino alla casa, passando per l’istruzione dei figli e l’avvio di un’attività imprenditoriale”.
Quali sono i motivi che spingono un migrante a tornare in patria?
“Sono tanti, sicuramente quello più attuale è la crisi economica. Proprio così. Siamo arrivati al punto che i cittadini immigrati realizzano che vi sono maggiori opportunità nelle proprie terre d’origine piuttosto che qui in Italia, e così vogliono tornare. A volte siamo noi stessi che lo consigliamo: vediamo un migrante che vive per strada, ci rendiamo conto che potrebbe avere uno stile di vita più dignitoso nel suo Paese”.
Federico Gazzola
VERSO LE ELEZIONI. Tra i temi caldi del momento spicca quello
emerso dopo le proposte del ministro per l'immigrazione del Pd Cecile Kyenge
La Lega fuori dalla stazione: «Noi contro lo ius soli» Sei gazebo in città, nel
pomeriggio le firme erano 600 Su cartelloni e volantini lo slogan «Andiamo
avanti»
«Ricordate come era il piazzale della stazione cinque anni fa». Con questo invito Fabio Rolfi, consigliere regionale e segretario provinciale della Lega Nord, continua la sua battaglia di piazza contro la proposta di abolizione del reato di clandestinità. Ed è proprio dal piazzale antistante la stazione ferroviaria, luogo in cui tanto impegno è stato messo in campo per la questione sicurezza, che la segreteria cittadina della Lega Nord fa sentire la sua voce, accogliendo la proposta del partito di raccogliere firme per dimostrare che anche i cittadini sono a favore del rispetto delle regole. Tanti quindi i gazebo allestiti ieri nelle regioni del Nord Italia: nei sei approntati a Brescia si erano raccolte, alle 15, poco più di 600 firme. «ANCHE BRESCIA dice no alle proposte ideologiche sostenute dal governo Pd e Pdl», sottolinea Rolfi, portatore della convinzione che la cancellazione del reato di clandestinità metta a rischio l'equilibrio della sicurezza dei cittadini e tolga ogni freno all'immigrazione. L'acquisizione della cittadinanza grazie alla nascita in territorio italiano provocherebbe poi una risposta pericolosa: lo «ius soli» aprirebbe le porte, per i rappresentanti della Lega, ad un'immigrazione di massa, già parzialmente iniziata. In più, nell'opinione dell'assessore comunale Massimo Bianchini, sarebbe causa della «distruzione delle nostre tradizioni». «Chi viene a casa nostra deve saper rispettare le nostre regole», ha detto Bianchini, preoccupato che Brescia possa tornare a vivere alcune situazioni problematiche del passato e che possa assomigliare sempre più al capoluogo di regione Lombardia, dove alcune zone sembrano raggiungere sempre più elevati livelli di pericolosità e insicurezza. «Oggi nessun diritto è negato agli immigrati regolari - evidenzia Rolfi - eccezione fatta per il diritto di voto, e con la contrarietà alla proposta del Ministro all'Integrazione Cecilie Kyenge non si vuole affermare che ogni immigrato è un delinquente». L'immigrazione resta però, seppur regolata, un nodo per la città, soprattutto a Brescia, dove la percentuale di immigrati è fra la più alte del Paese. I tanti perditempo che bazzicano intorno alla stazione o in altre zone del centro e della periferia continuano a essere bersaglio di una battaglia che la Lega Nord non ha ancora concluso. Ecco perché lo slogan «Andiamo Avanti» campeggia su cartelloni e volantini: l'intento è quello di continuare sulla stessa linea di governo della città portato avanti in questi anni. «Se vincesse Del Bono il modello di città sarebbe quello milanese», commenta Rolfi, mettendo sul tavolo un Pinocchio di legno chiamato dall'ex vicesindaco «Emilio Pinocchio Del Bono». Alle accuse che il candidato sindaco del Pd avrebbe mosso nei confronti dei leghisti, Rolfi risponde «Non siamo noi a raccontare bugie». La mobilitazione a favore del rispetto delle regole è, per Simona Bordonali, neoassessore regionale alla sicurezza, protezione civile e immigrazione, un impegno che la Lega Nord mette in campo ancora una volta: «Il fatto che Roberto Maroni, governatore della Lombardia, abbia messo insieme le due deleghe alla sicurezza e all'immigrazione lo dimostra», ha sottolineato l'assessore, convinta che siano da rivedere i flussi degli immigrati e che si debba offrire alle forze della polizia locale ulteriori competenze per lo svolgimento delle loro funzioni e un riconoscimento per quanto ottenuto nella tutela del territorio e dei cittadini.COPYRIGHT Ius soli, accesso al voto, meno burocrazia, uguaglianza di diritti e di doveri. Essere cittadini in una parola, non di serie B. Lo propongono gli aderenti al Forum dell'immigrazione del Pd che ieri ha organizzato un incontro alla Camera del lavoro, in collaborazione con le associazioni delle comunità, per sostenere la candidatura a sindaco di Emilio Del Bono. È proprio anche nel Forum che le diverse nazionalità hanno avviato un dialogo fra di loro per contare di più. «Stiamo lavorando per coordinarci, bresciani provenienti da Pakistan, Bangladesh, India, Tunisia, Marocco, Albania, Romania che vogliono far sentire la loro voce. Non è semplice perché abbiamo culture differenti, a volte conflittuali ma siamo sulla buona strada» riferisce l'albanese Artan Bashli che di lavoro fa il consulente per le pratiche sull'immigrazione. Dura la critica alla Giunta: «quella del bonus bebè, del bus e mensa negati ai bambini rom, dei controlli a tappeto negli esercizi degli stranieri». ANCHE QUELLA della vicenda della gru, sulla quale egli però commenta: «è giusto protestare per sensibilizzare l'opinione pubblica, però è con la partecipazione alla vita politica che potremo ottenere quanto ci spetta». E chiede la cittadinanza per chi viene al mondo qui, «magari legata alla permannenza di qualche anno dei genitori, per evitare afflussi improvvisi». Dovrebbero essere circa duemila- spostamenti permettendo- coloro che, in possesso di cittadinanza, andranno alle urne a fine mese, in una Brescia col 19 per cento di residenti immigrati. Sono molti di più, in percentuale, del 14 per cento di Torino, dove gli stranieri però sono 130mila, di cui 20mila nati in città. Lo ha riferito l'assessore ai Servizi sociali Ilda Curti riferendo le politiche del suo Comune «prive di qualsiasi discriminazione, attente alla dimensione interculturale ormai assodata». Presenti alcuni candidati, il dibattito è stato coordinato da Giovanna Benini, responsabile del Forum che da anni si occupa di promuovere la convivenza, la conoscenza e l'incontro fra etnie, guardando in particolare «alle nuove generazioni di un'Italia plurale». «PER CHI NASCE in Italia sarà di grande spinta l'esistenza di un ministro apposito, Cécile Kyenge, grande passo in avanti dello Stato, dal forte valore simbolico. Si sentiranno più tutelati e apprezzati» sostiene il bengalese Kawsar Zaman, preoccupato di tanti che sono costretti ad un viaggio a ritroso o al trasferimento altrove a causa della crisi. «Il ritorno in patria è molto difficile per i bambini che non ci hanno mai vissuto» dice. Il pakistano Omar Hamid Mir, studente in Ingegneria meccanica e insegnante nei corsi di alfabetizzazione del Forum, non teme per il futuro dei giovani compatrioti: «sappiamo molte lingue e ciò ci facilita. Poi siamo disposti a muoverci, disposti a qualsiasi sacrificio per migliorare la nostra posizione. Purtroppo ora sono parecchi i ragazzi italiani costretti ad andarsene, come noi, per trovare un posto». Anche per questo le comunità rivendicano il voto, alle amministrative e alle politiche, per poter essere considerati cittadini ad ogni effetto. «Diciamo ai bresciani di non farsi influenzare dai toni accesi della politica- dichiara Zouhair El Youbi, ingegnere marocchino collaboratore di Fastweb- e i politici li invitiamo a moderare i toni, per non creare tensioni sociali, soprattutto fra i ragazzi che non li capiscono e per reazione finirebbero per isolarsi o addirittura diventare ostili».
Federica Pizzuto Magda Biglia
Foreign Press
FRIDAY, 17 MAY 2013 09:22
Statement from Mrs Adrienne Makenda Kambana as read at the inquest into the restraint-related death of her husband Jimmy Mubenga while being removed from the UK.
THE LATE JIMMY MUBENGA
My
name is Adrienne Kambana. I am the widow of Jimmy Mubenga and the mother of our
five children. I would like to make a statement to ask for justice for Jimmy
Mubenga. Jimmy was a good father. He was doing everything a good father should
do. He would take the children to school and he would play football with them,
he did many activities with them and he provided a lot of joy in their lives.
He was a good husband and he treated me well. He had never been in trouble with
the police before; he had never done anything wrong. When he was arrested he
was in the wrong place at the wrong time an argument started and Jimmy got
caught up in it. Jimmy was convicted of an offence of causing actual bodily
harm and he was sent to prison in March 2006. Although I was not a witness to
what happened, I was present at the trial and he was found guilty. He told me
he was innocent and I believed him. This was the first time he had ever been
away from the children. By April 2007 he had served his sentence but was
detained under immigration powers. He remained detained until 2008 when he was
granted bail. It was during this time that Blessing was conceived. Jimmy
instructed a solicitor and tried to challenge the deportation because he wanted
to stay with his family. Our children deeply miss him. They miss all the fun
they used to have with their father. Especially Blessing, his daughter. It is a
punishment for her not to have him around. She misses all the fun and games and
the times spent with her father and her brothers. She never had the chance to
get to know him or call him dad. All she has is pictures of him. I don’t know
how she will react to what has happened when she grows up. I will have to tell
her that in 12 October 2010 I was on the phone to him and he spoke to your
brothers but you were too young to speak to him. I know he loves you. I was
asked by the police to tell them about the phone calls I had with Jimmy on the
12 October 2010. I would like to add that he spoke to Roland, his eldest son,
and said “Go to the MP, go to Mr Timms and tell him I am innocent”. He said
“I’ll call you back” and he did not call me back. That was the end of the
story. Now, me and my children cannot face G4S guards or someone wearing this
logo. This can happen on a daily basis and it hurts us to see it. It is not
easy to lose someone who was not sick. He did not deserve this kind of death.
His death was painful and sad. We feel sad for him because we have been told
that he was asking for help and he did not get it. I know he died with sadness.
I believe he died with regret. He died asking for help and thinking ‘what have
I done to deserve this?’ I wish I could have helped him. My children ask me why
he could not get help, he should have got help, he asked for it. Jimmy has gone
forever. We need justice. Justice will help Jimmy rest in peace. This will
prevent this situation from happening again. Justice will give the other
passengers on the plane piece of mind about what happened. Justice will protect
people in the future because I don’t want anyone to be in my shoes. Justice
will help my children not to feel angry about what happened to their father.
Justice will help me to live a long and healthy life so that I can take care of
our children. I need justice especially for my daughter who did not get the
chance to know her father. We will never forget Jimmy.
ranscript of
statement, taken from INQUEST.org.uk
Notizie in Breve
Il ministro Kyenge annuncia che la riforma della
cittadinanza non è tra le priorità del Governo.
|
Torino: un progetto per l’apprendimento della lingua
e cultura italiana per le mamme dei bambini dell’asilo.
|
Regno Unito: sempre più bambini richiedenti asilo
non sono creduti e vengono classificati come adulti, rischiando abusi e
violenze.
|
ITALIA - Immigrazione. Cie incostituzionali costano 55 mln annui. Rapporto
I Cie sono incostituzionali e costano all'Italia 55 milioni di euro all'anno. Lo rivela un rapporto della Scuola Sant'’Anna di Pisa, pubblicato da Redattore sociale, secondo il quale ''il sistema dei Centri di identificazione ed espulsione viola l'articolo 13 della Costituzione, quello della liberta' personale, perche' la detenzione, simile a quella del carcere, non e' regolata da legge''. Lo studio [...] |
ITALIA - Cie. Medici diritti umani: violati diritti umani e aumenta consumo psicofarmaci
Nei Cie viene violato il diritto alla salute delle persone recluse. E' una delle evidenze piu' gravi riscontrate da un team di Medici per i Diritti Umani che nel 2012 e nel 2013 hanno ispezionato tutti i centri di identificazione e di espulsione in funzione in Italia (vedi lanci precedenti). Questo accade a causa della chiusura dei Centri [...] |