Newsletter periodica d’informazione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno XI n.18 del 28 maggio 2013

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Stranieri e Pubblica Amministrazione, l’Europa ci obbliga ad aprire ai lungo soggiornanti

Stranieri ed impiego pubblico: in arrivo un disegno di legge europea

La UIL ne ha discusso in un convegno lo scorso 28 marzo dicendosi pronta all’apertura di un dibattito, dentro e fuori l’Organizzazione, sull’opportunità di chiedere al Legislatore il superamento delle discriminazioni che ancora impediscono ai lavoratori stranieri lungo soggiornanti di accedere a certi settori del pubblico impiego. Se non è il sindacato ad affrontare questi temi – abbiamo detto - cercando soluzioni eque attraverso la contrattazione ed il confronto, il rischio è che l’iniziativa verrà presa dai tribunali italiani o dal Parlamento che dovranno comunque dar seguito ai contenuti delle direttive UE. E’ quello che sta oggi accadendo con l’assegnazione in Commissione al Senato del nel disegno di legge europea 2013 che intende permettere ai lungo soggiornanti di accedere “ai posti di lavoro presso le amministrazioni  pubbliche  che non implicano esercizio  diretto  o  indiretto  di  pubblici  poteri”.


 

 

 

 

SOMMARIO

 

 

 

 

Appuntamenti pag. 2

 

Immigrati e Pubblica Amministrazione pag. 2

 

Crisi ed immigrazione pag. 2

Inclusione sociale pag. 4

 

Flop del welfare in Scandinavia pag. 5

 

Il nuovo CCNL del lavoro domestico pag. 6

 

Immigrati in Germania pag. 7

 

Notizie in breve pag. 7

Foreign Press pag. 8

 

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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti



Bruxelles, 31 maggio 2013

ILO Conference on Promoting the Integration of Migrant Domestic Workers in Europe

(Ivana Veronese)

Roma, 04 giugno 2013, Unioncamere, ore 09.30

CNA - Rapporto annuale sull’impresa etnica

(Giuseppe Casucci)

Roma, 06 giugno 2013, sede del Formez, ore 10.30

Incontro su immigrazione e buone pratiche di accoglienza

(Giuseppe Casucci)

Pordenone, 7 giugno 2013,

Incontro UIL e ITAL su Nuova Cittadinanza

(Guglielmo Loy)

Roma, 16 giugno 2013, Chiesa Santa Maria della Luce, ore 14.30

Acli Colf e Nodi - Lavoro domestico: insieme per un lavoro dignitoso

(Giuseppe Casucci)

Palermo, 18/29 giugno 2013, Fonderie Reali, ore 10.00

EGAM _ Meeting Internazionale Antirazzista sull’Immigrazione

(Giuseppe Casucci)



Immigrati assunti nella Pubblica Amministrazione, l’Italia ci riprova

Il disegno di “Legge europea 2013” apre i posti pubblici ai cittadini stranieri che hanno la carta di soggiorno e ai rifugiati. Il testo, firmato dal governo Monti, ha iniziato in questi giorni il suo iter in Parlamento


(www.stranieriinitalia.it) Roma – 27 maggio 2013 – Concorsi pubblici aperti agli immigrati che hanno in tasca la carta di soggiorno. Non potranno diventare magistrati o militari, che devono essere italiani, ma anche se sono cittadini stranieri non si potrà impedire loro di fare gli insegnanti, i medici o gli impiegati statali.
Dopo un tentativo sfumato nella scorsa legislatura, l’Italia prova di nuovo a cancellare il divieto d’accesso dei cittadini stranieri alla pubblica amministrazione. Lo chiede da tempo l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, ma a mettere fretta sono soprattutto i procedimenti preliminari di infrazione avviati dalla Commissione europea. Non a caso la novità è contenuta nel disegno di “legge europea 2013” assegnato mercoledì scorso in Senato alla “commissione Politiche dell’Unione europea”, che serve proprio ad allineare la legge italiana alla normativa comunitaria. Un testo in realtà scritto dal governo Monti, che però camminerà tra i due rami del Parlamento anche adesso che a palazzo Chigi c’è Enrico Letta. Cosa dice il ddl? Tra le altre cose, modifica le “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (d. lgls.165/2001), secondo le quali, già oggi, “possono essere cittadini degli  Stati  membri  dell'Unione  europea  possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni  pubbliche  che non implicano esercizio  diretto  o  indiretto  di  pubblici  poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale”. Nel disegno di “legge europea 2013” si allarga questa possibilità “ai loro familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente”.  Ma anche “ai cittadini di Paesi terzi che siano titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo o che siano titolari dello status di rifugiato ovvero dello status di protezione sussidiaria”. Se verrà approvato così potrebbe far diventare un (brutto) ricordo concorsi come quello che sta reclutando maestri e insegnanti per la scuola italiani, rigorosamente chiuso agli stranieri e già definito discriminatorio da un tribunale. Ora, però, tocca al Parlamento.

Di Elvio Pasca


 

Crisi ed immigrazione


Immigrazione, cala anche l’occupazione etnica e gli immigrati se ne vanno.

Il tasso di disoccupazione per gli stranieri è arrivato nel 2012 al 14,1 %, mentre quello di occupazione scende di 6,5 punti. Il lavoro cresce solo nell’area dei servizi alla persona. Attualmente i disoccupati regolari sono oltre 318 mila. Intanto l’Istat avverte: forse ottocentomila stranieri se ne sono già andati.


(redazionale) Roma, 24 maggio 2013 – In un film di appena due anni fa, diretto da Francesco Patierno ed interpretato da Diego Abatantuono e Valerio Mastrandrea (“Cose dell’altro mondo”) all’improvviso, nel giro di una notte, succede che tutti gli immigrati stranieri scompaiono e la popolazione di una città veneta si ritrova di colpo a dover fare i conti con se stessa e con le sue proprie contraddizioni di popolo in declino. Cosa fare se da un giorno all’altro, sparisce il fornaio, il cameriere, il macellaio, l’idraulico, l’infermiere, la colf e la badante lasciando vacanti lavori che noi italiani abbiamo da tempo dimenticato come svolgere? Certo, non siamo nella fiction di “A day without a Mexican”, film a cui Patierno si è ispirato, ma possiamo certamente dire che, in materia di flussi migratori, sembra cambiata un’epoca e che probabilmente dovremo rivedere le stime demografiche nel prossimo futuro. Inoltre, che senza l’apporto della popolazione straniera, quella complessiva è destina a decrescere, accrescendo nel contempo il declino della nostra Nazione. Qualche tempo fa l’Istat ha rilevato una discrasia tra i dati del censimento e quelli risultanti dagli stranieri residenti: una differenza di 800 mila persone che non è facilmente spiegabile con la supposta “timidezza” dei cittadini stranieri a rispondere ai dati od alla poca dimestichezza nell’uso dell’informatica. Oggi è difficile dire quanti stranieri abbiano deciso di andarsene (a casa propria o in un altro Paese) e quanti tengono duro scommettendo su una improbabile ripresa economica. Non c’è dubbio, comunque, che 'impatto della crisi stia avendo forti ricadute anche sui lavoratori stranieri che vivono in Italia. Secondo dati del Ministero del Lavoro, tra il 2011 ed il 2012 è aumentato in misura significativa il numero di disoccupati cittadini di Paesi Terzi, passati da 264mila (terzo trimestre 2011) a 318mila (terzo trimestre 2012). Va ricordato che per un immigrato perdere il lavoro ha una doppia negativa valenza: intanto viene meno una fonte certa d’ingresso (a meno che uno non possa godere di ammortizzatori sociali), ma soprattutto che perdere il lavoro (e non trovarne un altro entro un anno) può comportare – alla scadenza dello stesso – il mancato rinnovo del permesso di soggiorno, cosa che comporta lo scivolamento in una condizione di clandestinità (ed assenza virtuale di diritti) o il rischio di espulsione. Ora è sempre l’Istat nel suo “Rapporto annuale 2013” sulla situazione del Paese, a darci un quadro più dettagliato del quadro occupazionale dei cittadini stranieri. Nel 2012 l’occupazione etnica (che conta di 2 milioni 334 mila lavoratori stranieri) è aumentata (+83 mila rispetto al 2011) ma, a differenza del recente passato, l’incremento è avvenuto a ritmi dimezzati ed è ascrivibile in oltre otto casi su dieci all’aumento registrato nei servizi alle famiglie (+73 mila unità, quasi esclusivamente donne). Secondo l’Istituto, le presenze più consistenti di stranieri si trovano nelle costruzioni (18,9%) e nei servizi domestici e di cura (76,8% nel 2012, era 67,3% nel 2008). Tra le professioni non qualificate un occupato su tre è straniero. Il tasso di occupazione degli stranieri scende però dal 2008 di 6,5 punti percentuali contro 1,8 punti degli italiani (dal 67,1% al 60,6% e dal 58,1% al 56,4%, rispettivamente). In particolare, gli uomini stranieri perdono 10,3 punti percentuali contro i 3,5 punti degli italiani. Gli stranieri in cerca di occupazione sono aumentati del 23,4%. Tra il 2008 e il 2012 il tasso di disoccupazione degli immigrati è cresciuto di quasi 2 punti in più (dall’8,5% al 14,1%) rispetto a quello degli italiani (dal 6,6% al 10,3%). In confronto agli autoctoni, nel 2012 le differenze più elevate sono presenti nel Nord (14,4% contro 6,4% degli italiani). Le diverse comunità sono state differentemente colpite dalla crisi: la perdita occupazionale risulta maggiore per marocchini e albanesi, più inseriti nel settore industriale, mentre risultano meno colpite le comunità (soprattutto la componente femminile) più impegnate nei lavori di servizi alle famiglie e di assistenza (filippina, romena, polacca). Una prospettiva dunque a dir poco grigia anche per i nostri colleghi non autoctoni, in genere più adattabili ad offrirsi a condizioni difficili di lavoro, ad occupazioni poco allettanti ed a retribuzioni meno generose di quelle offerte agli italiani. Un altro elemento allarmante ce lo fornisce l’ISMU secondo cui nel 2011 sono arrivati appena 27mila stranieri mentre hanno fatto le valigie per l'estero 50mila italiani. Uno scenario impensabile anche solo in tempi recentissimi: dal 2002 al 2009 ha varcato la frontiera italiana una quota oscillante tra i 350mila e i 500mila migranti l'anno. Le prime avvisaglie di questo fenomeno erano palesi già nel 2010, quando il saldo tra stranieri che entravano e stranieri che uscivano dall'Italia era sceso bruscamente a 69mila unità. Ma è nel 2011 che si registra per la prima volta una crescita zero dell'immigrazione (+0,5%): al primo gennaio 2012 gli stranieri in Italia erano 5 milioni 430mila contro i 5 milioni e 403mila rispetto a un anno prima. Secondo l'Ismu questo non significa che poco a poco gli stranieri smetteranno di venire e abbandoneranno gradualmente il Belpaese, ma certo è finita l’era della crescita demografica tumultuosa nella sua componente etnica che ha portato la popolazione straniera a quintuplicare tra il 2000 ed il 2012. Se all’azzeramento dei flussi in ingresso aggiungiamo la possibile diaspora della componente straniera che con tanta fatica si era integrata nel Belpaese, il quadro risultante dovrebbe suscitare più di un allarme al nostro Esecutivo. Anche se le performance dei governi nel primo decennio del secolo si sono particolarmente distinte per incapacità di “governance” del fenomeno migratorio. Non dobbiamo infatti dimenticare che la nostra popolazione di 60 milioni di persone, è in realtà composta di 55 milioni di italiani e 5 milioni di stranieri. Con un tasso di fertilità di soli 1,42 figli per donna (contro 2,07 figli delle donne straniere) siamo un popolo destinato al declino, perché la ricchezza di una nazione si basa soprattutto sulle risorse umane di cui può contare. Senza quei 400 mila stranieri entrati ogni anno, saremmo già scesi a 55 milioni e meno. Il gap demografico, inoltre, produce buchi nel mercato del lavoro di alcune centinaia di migliaia di posti l’anno, senza contare il deficit di expertise che ci può causare la fuoriuscita di migliaia di persone che hanno lavorato e si sono formate accanto a noi e che ora andranno ad offrire altrove la propria professionalità (assieme, tra l’altro, a molti dei nostri figli). Secondo molti indicatori, malgrado la crisi il gap demografico continuerà a produrre la necessità di nuovi ingressi dall’estero. Potremmo però trovarci di fronte ad un nuovo paradosso: per molti anni l’immigrazione è cresciuta malgrado la stagnazione e l’assenza di crescita economica. Una immigrazione che qualcuno ha chiamato low cost” che è andata gradualmente a riempire quelle sacche occupazionali lasciate libere dagli italiani. Oggi, all’apice della crisi occupazionale, osserviamo ad un’inversione di rotta, con l’azzeramento degli ingressi etnici e la diaspora di stranieri residenti che abbandonano la nave. Una fuoriuscita che potrebbe continuare malgrado il costante gap demografico, e le cui conseguenze e danni sono per ora difficilmente quantificabili. C’è n’è abbastanza, crediamo, per rilanciare una profonda riflessione su quanto stia accadendo nel mercato del lavoro e quanto accade in materia di immigrazione. Forse le risposte da dare sono complessivamente alla società ed al mondo del lavoro italiano. Non dimentichiamo però che il segmento etnico è pari al 10,2% del mondo del lavoro e produce l’11% del PIL: possiamo veramente permetterci di farne a meno?

Di Giuseppe Casucci


 

Saviano porta da Fazio tre ragazzi immigrati: “Vorrei un’Italia che includa e non escluda”.

 

Inclusione sociale


Saviano porta da Fazio tre ragazzi immigrati: “Vorrei un’Italia che includa e non escluda”

Roberto Saviano, ospite nell’ultima puntata di ‘Che Tempo che fa’, incanta l’Italia con la sua arringa sullo ius soli. Applaudito anche da Fazio, porta in studio tre ragazzi italiani figli di immigrati.


(www.intopic.it) Ospite da Fazio in un’ultima puntata allungata di ‘Che tempo che fa’ Roberto Saviano parla del suo libro Zero Zero Zero e non perde occasione per farci riflettere. L’argomento della serata è il razzismo. Lo scrittore campano parla della necessità di introdurre il prima possibile lo ‘ius soli’ di come i terribili vincoli non permettano ai ragazzi figli di immigrati, che in Italia sono quasi un milione, amici dei nostri figli, dei nostri fratelli, ragazzi che vivono con noi tutti i giorni, rischino di tornare in un paese che nemmeno conoscono. Sono nati qui, sono italiani, mangiano come noi, parlano la nostra lingua… dove dovrebbero andare? Fuori dall’Italia si sentono stranieri, sono stranieri. Saviano porta in studio tre ragazzi: Raami, nato a Biella nel 1987 da genitori egiziani. I suoi vivono in Italia da 23 anni, ha due sorelle ma è l’unico della sua famiglia a non avere ancora il permesso di soggiorno nonostante ne abbia fatta richiesta nel 2007 e, come lui stesso ha ricordato, il ministero è obbligato a rispondere entro 730 giorni. “Dovessi essere rispedito in Egitto sarei arrestato come disertore in quanto non ho prestato servizio militare,” dice il ragazzo che ha paura di esser mandato via da casa.

Valentino si presenta con uno splendido accento romano. Nato all’ospedale San Camillo di Roma nel 1987, figlio di genitori nigeriani arrivati in Italia sei anni prima di metterlo al mondo. Quando i suoi genitori decidono di trasferirsi negli Stati Uniti lui decide di rimanere nel suo paese, l’Italia. “Mentre i miei compagni pensavano al calcetto io pensavo ad alzarmi alle sei per fare la fila per il permesso di soggiorno.” Infine parla Anastasio. I suoi genitori vengono dalle Mauritius ma lui è nato a Parma 23 anni fa. Ha vissuto con un soggiorno di permesso rinnovabile ogni due anni ma terminate le scuole superiori, essendo disoccupato, ha vissuto un anno da clandestino, senza possibilità di iscriversi all’università o di intraprendere il suo sogno di entrare nell’esercito italiano. Cittadino solo da due anni “Sono uno straniero che parla italiano per gli italiani ed un immigrato che parla italiano per gli immigrati come me.”


 

 

 

RABBIA NEI GHETTI

Il flop del welfare state per gli immigrati in Scandinavia

Era l'Eldorado dei migranti. Ma l'ospitalità del Nord Europa ha fallito. La Danimarca ha già ridotto le accoglienze. E in Svezia l'estrema destra sovvenziona chi fa ritorno a casa. Altri scontri a Stoccolma.

Di Cinzia Franceschini, http://www.lettera43.it/

 

Venerdì, 24 Maggio 2013

Nel 2013 la Svezia dovrebbe ricevere circa 50 mila richieste di asilo da parte di immigrati.Quando nel 2006 il ministro danese per l'Immigrazione e l'integrazione, Rikke Hvilshoj, annunciò che il suo Paese avrebbe presto adottato nuove regole in materia di accoglienza, bastò un numero a far capire che l'ospitalità nordeuropea sarebbe stata rivoluzionata.
«Se l'immigrazione dai Paesi del terzo mondo venisse bloccata, quel 75% di tagli indispensabili alla sopravvivenza del nostro welfare state non sarebbero più necessari», disse infatti il politico, segnando uno spartiacque.
La Danimarca mise a punto allora una delle politiche migratorie più restrittive in Europa, riducendo della metà i ricongiungimenti e accogliendo non più di 2 mila rifugiati l'anno.
IMMIGRAZIONE BOOM IN SVEZIA. Oggi la Svezia, sconvolta dai riot nelle periferie di Stoccolma, si trova nella stessa situazione della Danimarca di 7 anni fa.
Lo Stato scandinavo s'interroga sul futuro delle sue politiche di accoglienza. Da una parte c'è l'altissimo numero di richiedenti asilo, 44 mila richieste nel 2012 che dovrebbero alzarsi fino a 50 mila nel 2013.
In genere ne vengono accolte poco meno della metà, un numero comunque alto per un Paese di 9 milioni di abitanti e con uno stato sociale allargato come quello della Svezia.
LA RABBIA DEI QUARTIERI GHETTO. Dall'altra ci sono i segni evidenti delle fallite politiche di integrazione.
Ne sono un esempio i quartieri-ghetto di Rosengård, a Malmö, e quelli della periferia di Stoccolma, dove da cinque notti ragazzi tra i 15 e i 19 anni incendiano le automobili e lanciano pietre contro la polizia, sfogando la rabbia di chi, dicono, è stato dimenticato dalla politica.
FLOP DELLE POLITICHE D'IMMIGRAZIONE. L'immigrazione, lo sostengono anche i sondaggi, sta diventando uno dei temi più importanti per i cittadini svedesi.
I massicci flussi migratori, composti in maggior parte da rifugiati politici dei fronti nordafricani, dalla Somalia, dall'Afghanistan e, di recente, dalla Siria, non sono stati accompagnati da adeguate politiche di integrazione. Sussidi, casa, servizi sanitari e istruzione sono appannaggio di tutti (da luglio anche ai figli di immigrati irregolari). Ma diventare a tutti gli effetti un membro della società resta difficile.
LA PIAGA DELLA DISOCCUPAZIONE. «In Svezia avere un lavoro è tutto», ha detto il ministro dell’Immigrazione Tobias Billström.
Avere un impiego significa infatti contribuire al benessere della società, a quello stato sociale cui, secondo un'opinione sempre più diffusa, gli immigrati attingono senza dare nulla in cambio.
A Rosengård, però, solo il 38% delle persone è occupato. A Husby, il quartiere di Stoccolma dove sono i riot sono cominciati, il 30% dei giovani non lavora e non va nemmeno a scuola. 

Il problema riguarda anche la Norvegia e la Danimarca

(© Ansa) Una macchina in fiamme a Husby, il quartiere di Stoccolma teatro degli scontri tra immigrati.

L'immigrazione non è però un problema solo della Svezia.
La Norvegia, come la Danimarca ai tempi delle vignette satiriche su Maometto, fatica a integrare quei lavoratori e rifugiati di religione islamica (il 3,2% della popolazione sui poco più di 5 milioni di abitanti) che vivono sul suo territorio.
IL SILENZIO DEI MEDIA. Ole Jorgen Anfindsen, ricercatore universitario e collaboratore del blog della destra antislamica Fjordman, intervistato per il primo anniversario dalla strage di Utoya ha dichiarato: «Non ho risposte facili al tema della difficile integrazione degli islamici nella nostra società. Ma anche se i media non ne parlano volentieri, in Norvegia ci sono problemi reali con l'immigrazione islamica».
Per esempio «molti cittadini non vedono di buon occhio la presenza di religioni diverse da quelle della nostra cultura e, mentre molte delle persone che arrivano qui sono gente per bene che pensa solo a lavorare e a inserirsi nella società, una parte finisce a ingrossare le fila della criminalità».
CONSENSI ALL'ESTREMA DESTRA. Qui, come in Svezia e, da poco, in Finlandia, il partito di estrema destra catalizza un buon numero di consensi (nel 2009 si è aggiudicato 41 seggi su 169 in parlamento), ma la manodopera straniera, qualsiasi sia la sua origine, è fondamentale per mantenere in piedi l'economia.
Le soluzioni proposte dai partiti per non sono univoche.
SOLDI A CHI RIENTRA IN PATRIA. A dicembre del 2012 in Svezia i centristi avevano suggerito di liberalizzare l'immigrazione, sostenendo che il Paese avesse bisogno di persone che occupassero posizioni meno qualificate, ma altrettanto necessarie all'economia. La proposta era stata liquidata in malo modo da stampa e opinioni pubblica.
Oggi la politica migratoria che sembra raccogliere il maggior numero di consensi sembra essere quella del partito di estrema destra, Sverigedemokraterna. Meno immigrazione e più sostegno a chi, non riuscendo a integrarsi in Svezia, preferisce tornare nello Stato di origine, al quale viene pagato il biglietto per rientrare.
Ma per sapere se anche il giro di boa della Svezia possa portare a destra, bisogna aspettare le elezioni del 2014. 


 

Lavoro domestico

 


Il nuovo contratto collettivo del lavoro domestico

(in vigore dal 1° luglio 2013 al 31 dicembre 2016)

(da http://www.colfebadantionline.it/)

È stato firmato lo scorso 21 maggio, tra le associazioni dei datori di lavoro (Fidaldo e Domina) e dai sindacati del settore (settore Filcams – Cgil, Fisascat – Cisl, Uiltucs – Uil e Federcolf) la nuova ipotesi di rinnovo contrattuale per il settore del lavoro domestico. Tante novità: dagli aumenti retributivi alla maggiore tutela della lavoratrici madri, dai permessi retribuiti ai congedi matrimoniali. L’ipotesi di intesa verrà ora sottoposta a consultazione territoriale e, una volta approvata, entrerà in vigore dal primo luglio 2013.


Colf Roma – 23 maggio 2013 – Dopo l’intesa raggiunta all’inizio di aprile, ha preso finalmente forma il nuovo contratto collettivo nazionale del lavoro domestico. Martedì scorso associazioni dei datori di lavoro e sindacati hanno sottoscritto il testo che recepisce le modifiche concordate in quasi due anni di trattativa.

Oltre agli aumenti dei minimi retributivi (che scatteranno in tre rate, all’inizio del 2014, del 2015 e del 2016), ci sono diverse novità per colf, badanti e babysitter e per tutte le famiglie che si avvalgono del loro lavoro. Sono previsti ad esempio il raddoppio dei termini di preavviso per licenziare le neomamme, la convalida obbligatoria delle dimissioni, permessi retribuiti per frequentare i corsi di italiano e congedi matrimoniali fruibili fino a un anno di distanza dal matrimonio. Per i tre sindacati di settore Filcams – Cgil, Fisascat – Cisl e Uiltucs – UIL, il protocollo d’intesa siglato lo scorso 21 maggio è da considerarsi solo una ipotesi di contratto sulla quale i sindacati stanno avviando una consultazione a livello territoriale che andrà avanti fino al 15 giugno. Non ci si aspetta comunque che il testo venga ulteriormente modificato. Dopo le consultazioni, sindacati e associazioni dei datori firmeranno definitivamente il contratto al ministero del Lavoro, forse alla presenza del ministro. Il testo entrerà in vigore dal 1 luglio 2013 e scadrà alla fine del 2016. “Gli aumenti previsti dall'intesa – hanno spiegato qualche tempo fa in una nota congiunta dei sindacati - vanno nella direzione di un recupero del potere d'acquisto come calcolato attraverso gli indici ISTAT. Il Contratto nazionale del lavoro domestico prevede infatti un meccanismo di adeguamento annuale delle retribuzioni minime che garantisce almeno il recupero dell’ 80% dell'inflazione : l'obiettivo era dunque quello di recuperare il 20% drenato di anno in anno”. Per quanto riguarda la tutela della maternità, l’accordo interviene sul tempo di preavviso in caso di licenziamento. Viene raddoppiato nel caso in cui “il datore di lavoro intimi il licenziamento prima del trentunesimo giorno successivo al termine del congedo di maternità”. Significa, ad esempio, che in questi casi le neomamme con almeno cinque anni di esperienza e occupate per almeno venticinque ore settimanali avranno diritto a un preavviso di due mesi, o a un’indennità pari alla retribuzione di quel periodo. Tra le proposte messe sul tavolo dai sindacati c’era anche il divieto di licenziamento per un intero anno dopo il parto (tutela che copre tutte le altre lavoratrici in Italia), ma questo è il massimo che i datori hanno concesso. Il recepimento legislativo della Convenzione Internazionale ILO n.189 sul lavoro domestico dignitoso, che l’Italia ha già ratificato e che equipara il lavoro domestico a tutti gli altri lavori, potrebbe comunque, in un futuro prossimo, portare delle novità su questo fronte. “Pur in una stagione difficile – è stato il commento delle organizzazioni sindacali - il rinnovo di un contratto nazionale che coinvolge oltre 2 milioni di lavoratrici e lavoratori è un segnale importante di responsabilità delle Parti Sociali, che ci auguriamo venga colto dal futuro Governo con l'obiettivo di valorizzare sempre più questa professione, così nascosta ma sempre più importante in una stagione di progressiva riduzione del welfare pubblico”.

Scarica
Ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro sulla disciplina del rapporto di lavoro domestico


 


Germania. Studio: immigrati più qualificati dei tedeschi

Il 43% di loro ha laurea o equivalente, contro il 26% dei locali


BERLINO, 25 maggio 2013 - Gli immigrati in Germania sono sempre piu' qualificati, e ora sono anche piu' qualificati dei tedeschi. Lo rivela uno studio della fondazione Bertelsmann, secondo cui il 43% dei nuovi arrivati tra i 15 e i 65 anni può contare su un diploma di laurea o un equivalente titolo di formazione tecnica o professionale. Tra i tedeschi la percentuale per la stessa fascia d'età è invece del 26%.
Secondo lo studio la situazione e' cambiata radicalmente negli ultimi dieci anni: nel 2000 la percentuale di laureati o equivalenti tra gli immigrati era del 23%. Da allora la quota e' salita lentamente, ma costantemente. La ricerca mette anche in evidenza come sia cambiato il tipo di immigrazione: mentre in precedenza erano grandi e improvvisi cambiamenti geopolitici a provocare ondate migratorie - come la caduta della cortina di ferro o la guerra nella ex-Jugoslavia -, oggi la migrazione dipende in larghissima parte dall'allargamento progressivo dell'Ue a est e dalla crisi economica nell'Europa del sud. La nuova struttura dell'immigrazione in Germania abbatte molti vecchi clichè. Lo studio sottolinea come lo stato sociale tedesco non risenta dei nuovi arrivi, che anzi contribuiscono alle casse pensionistiche, sanitarie e per la disoccupazione. Non corrisponde al vero nemmeno il luogo comune sull'abbassamento degli stipendi dovuti alla maggiore offerta: senza immigrazione il potenziale di occupati scenderebbe da 45 a 27 milioni di persone entro il 2050. Troppo pochi per la Germania. Nel 2012 secondo le statistiche ufficiali in Germania sono immigrate oltre un milione di persone. Non succedeva dal 1995


 

 

 

 

Notizie in Breve


news in 50 lingue

Cittadinanza: Giovanardi (Pdl) deposita un testo a Palazzo Madama per concederla ai minori nati in Italia all’iscrizione alla scuola dell’obbligo.
Il depositario cerca la mediazione tra la varie proposte all’esame del Parlamento.

 

Minori stranieri accolti temporaneamente in programmi di solidarietà: un vademecum del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Nel volume i dati del fenomeno, le associazioni riconosciute, la procedura da seguire e la normativa di riferimento.

 

Il dramma della morte dei migranti.
Cinque di loro muoiono ogni giorno mentre tentano di raggiungere i Paesi europei.

 

Roma: nasce QuestaèRoma, il movimento dei “nuovi romani”.
Con un flashmob tenutosi al Pantheon venerdì scorso, giovani di seconda generazione insieme per promuovere un “nuovo” concetto di identità italiana, contro ogni esclusione.

 

 

“Parlez-vous global?”: la multiculturalità arriva sui banchi delle scuole superiori.
Presentato a Torino il progetto che coinvolge tre istituti africani in Burkina Faso, Senegal e Benin e quattro in Europa: Italia, Romania, Austria e Francia. Saranno introdotti moduli didattici su immigrazione e sviluppo globale.

 

 

 


 

Foreign Press

 


The Economist

Sweden's riots

Is the integration of immigrants failing?

May 25th 2013, 14:22 by K.L. | STOCKHOLM


HUNDREDS of cars set on fire, a school in flames and angry youths hurling stones at the police. This is not the banlieue in France but suburbs in supposedly peaceful Sweden. Six nights of arson and violence in Stockholm’s poorer suburbs, where a majority of residents are immigrants, have shaken the Nordic country and created international headlines.

For much of this year, discrimination of immigrants and racism have been hotly debated in a country where 14% of its 9.6m people are foreign born. Now the riots could make immigration and integration the pivotal debate in Swedish politics.

On the night of May 24th cars were set ablaze in several Stockholm suburbs but fewer incidents were reported compared to previous nights. Instead, unrest spread to other towns, including Örebro, 160 kilometres west of Stockholm, where masked youths threw stones at the police and damaged a police station.

The riots, which started in the suburb of Husby, are not as violent and widespread as those in Paris in 2005 and in London in 2011. But the quickly spreading rioting has shaken local residents and politicians, putting a spotlight on what many see as a long-time failure of society to integrate immigrants.

In suburbs like Husby unemployment is more than double the country’s average, income much lower and residents complain of being neglected by politicians. Although Sweden is still one of the world’s most equal countries, recent reports by the OECD, a think tank, show income inequality is on the rise.

Many say anger over a fatal police shooting of a 69-year old Husby resident this month triggered the unrest. Others claim the rioters are trouble-makers just looking for an excuse to fight. Some of the young men arrested during the riots have criminal records.

Fredrik Reinfeldt, the prime minister, has condemned the violence but offered no new solutions for the suburbs. Immigration and integration are highly sensitive issues in Swedish politics. There is broad popular support for helping refugees. In 2012, 44 000 asylum were accepted from countries like Syria, Afghanistan and Somalia, making Sweden of the world’s most welcoming countries for asylum seekers. Earlier this year there a public outcry erupted when it was revealed that police tried to track illegal immigrants by randomly asking foreign looking people to show their ID-cards.

Even so, resentment against immigrants is growing.  Sweden Democrats, an anti-immigration party, which shocked the political establishment by winning 5.7% of the vote in the 2010 election (and for the first time getting seats in parliament), has steadily gained ground. It was Sweden’s third most popular party in a May poll by Demoskop, a research institute.

Sweden Democrats blame the riots on what they say is an “irresponsible immigration policy creating deep cracks in the Swedish society”. Jimmie Åkesson, the party leader, has called for a parliamentary debate on the unrest and mocks those who believe in dialogue and more resources to the suburbs. “These cracks will not be fixed by more youth centres or by police grilling sausages with teenagers”, he writes on the party’s website, saying less immigration is the only solution.  National and local elections next year will reveal what voters think of his advocacy of pulling up the drawbridge.

(Photo credit: AFP)