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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno XI n.12 del 26 marzo 2013

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Discriminazioni sul lavoro di cittadini di Paesi Terzi

Coordinamento nazionale immigrati Discriminazioni sul lavoro

 

Le discriminazioni nell’accesso o nell’ambito del lavoro sono sempre più oggetto di sentenze di tribunali, in quanto violano normative interne ed internazionali. Se il sindacato non affronterà questi temi , cercando soluzioni eque attraverso la contrattazione ed il confronto, correrà il rischio di vedersi imporre decisioni: dai tribunali italiani, dal Parlamento o dalle

Direttive Europee.

 

SOMMARIO

 

 

 

 

 

Appuntamenti pag. 2

 

Coordinamento Nazionale Immigrati pag. 2

 

Decreto Flussi stagionali: da oggi l’invio delle domande pag. 3

 

Romeni in Italia: primato nella UE pag. 3

Alunni stranieri: + 44% pag. 4

CES: resoconto riunione gruppo migrazione pag. 5

Enar: lo stato del razzismo in Europa pag. 8

Notizie in breve: pag. 9

Foreign Press pag.10

 

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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 

 


Roma 28 marzo 2013, sede UIL Nazionale

Coordinamento Nazionale Immigrati

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)

Foligno, 2 aprile 2013, ore 10

Incontro UIL- Ital sul tema della riforma della legge sulla cittadinanza

(Giuseppe Casucci, Alberto Sera)

Milano,19 aprile 2013, ore 10 sede UIL

Incontro UIL- Ital sul tema della riforma della legge sulla cittadinanza

(Giuseppe Casucci, Alberto Sera)


 

Sindacato


Coordinamento Nazionale Immigrati

<Discriminazioni nell’accesso o nell’ambito del lavoro, di cittadini di Paesi terzi>

Roma, 28/3/2013 – Sala Bruno Buozzi, ore 09.00


 

Sono molti e frequenti i casi in cui Tribunali della Repubblica sentenziano contro la natura discriminatoria di comportamenti tenuti da amministrazioni pubbliche o da aziende municipalizzate nella esclusione da concorsi e bandi di cittadini privi della cittadinanza italiana. Sono anche molti i casi di discriminazioni nell’accesso al lavoro privato o nei percorsi di carriera o, semplicemente nel godimento di diritti, come ad esempio quelli previdenziali. Secondo molte sentenze, sbarramenti nell’accesso al lavoro o discriminazioni nell’ambito dello stesso, violano normative interne ed internazionali. Il Dipartimento Politiche Migratorie della UIL suggerisce la necessità di un dibattito all’interno della nostra Organizzazione sulla scelta o meno di chiedere l’abolizione anche formale degli sbarramenti che ancora impediscono ai lavoratori stranieri lungo soggiornanti di accedere a certi settori del mercato del lavoro (pubblico o para pubblico). Pensiamo anche che un diritto inalienabile della persona - indipendentemente dal proprio status- sia quello di godere delle stesse opportunità degli altri nei percorsi di carriera professionale o nella fruizione di diritti, come ad esempio quello previdenziale. Sappiamo che dentro il sindacato, anche nell’ambito della nostra Organizzazione, ci sono pareri discordanti in materia. Molti, ad esempio, pensano che la grave situazione di crisi economica renda inopportuna l’apertura di spazi nell’accesso al lavoro per gli stranieri, anche perché questo potrebbe pregiudicare le poche chances lavorative rimaste ai cittadini italiani. Le normative internazionali, europee e italiane, però, vietano esplicitamente ogni forma di sbarramento professionale interno alle aziende, motivato da ragioni etniche, linguistiche, religiose o di provenienza geografica. Il rischio è dunque che, il sindacato non affronta questi temi e non cerca soluzioni attraverso la contrattazione ed il confronto, corra il rischio di vedersi imporre decisioni dall'alto: dai tribunali italiani o dal Parlamento che dovrà comunque dar seguito ai contenuti delle direttive, pena il pagamento di pesanti sanzioni europee. Per questo motivo, abbiamo pensato utile ed opportuno convocare il Coordinamento Nazionale Immigrati, per una giornata di riflessione, sul tema: <discriminazioni nell’accesso o nell’ambito del lavoro, di cittadini di Paesi terzi> La riunione si terrà a Roma, giovedì 28 marzo 2013, presso la UIL Nazionale, alla sala Bruno Buozzi (6° piano), a partire dalle ore 09.00 e fino le ore 14.00. Saranno presenti al dibattito, nella prima parte della mattinata, alcuni esperti che ci potranno dare indicazioni ed informazioni utili alla riflessione: in questo senso abbiamo chiesto l’apporto di ASGI, Unar e del MIUR, nonché della consulta Legale di Ital. Consideriamo importante la presenza, oltre che dal territorio, di dirigenti delle categorie, specie quelle direttamente interessare. E quanto anche al fine di sviluppare un dibattito franco sul tema delle discriminazioni (o dei limiti) nell’accesso o nell’ambito del lavoro, per i lavoratori provenienti da Paesi Terzi. L’intento non è quello di dividerci su questo tema, ma piuttosto di aprire una fase di confronto e di circolazione delle idee capaci di darci adeguati strumenti per affrontare il problema nel presente e nel prossimo futuro. Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL


 

 

Decreto Flussi stagionali


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Decreto flussi lavoratori non comunitari stagionali 2013: da oggi possibile inviare le domande telematiche

Stagionali. Via alle domande per i flussi, ecco comeL'inserimento, tramite applicativo del ministero dell'Interno, sarà possibile dalle ore 8 del 26 marzo fino alle ore 24 del 31 dicembre 2013. La quota massima di ingressi è di 30.000 persone


Roma, 26 marzo 2013 -
Dalle ore 8 di oggi, è possibile inviare le domande di nulla osta all’assunzione per lavoro stagionale, utilizzando il sistema telematico disponibile sul sito del ministero dell'Interno.
E' stato infatti pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale nr. 71 il decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 15/02/2013 concernente la programmazione transitoria dei flussi di ingresso nel territorio dello Stato per lavoratori non comunitari stagionali per l’anno 2013. 
L'invio delle domande, attraverso l'applicativo all’indirizzo https://nullaostalavoro.interno.it/Ministero/index2.jsp  sarà possibile fino al 31 dicembre del 2013. Il decreto - che prevede una quota massima di ingressi di 30.000 cittadini stranieri residenti all'estero - stabilisce che sia ammesso l'ingresso di lavoratori subordinati stagionali non comunitari di Albania, Algeria, Bosnia-Herzegovina, Croazia, Egitto, Repubblica delle Filippine, Gambia, Ghana, India, Kosovo, Repubblica ex Jugoslava di Macedonia, Marocco, Mauritius, Moldavia, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Ucraina, Tunisia. Il provvedimento, inoltre, nell'ambito della quota delle 30.000 unità, ne riserva 5.000 per i lavoratori non comunitari che abbiano fatto ingresso in Italia per prestare lavoro subordinato stagionale per almeno due anni consecutivi e per i quali il datore di lavoro presenti richiesta di nulla osta pluriennale per lavoro subordinato stagionale.

In merito al nulla osta al lavoro, al fine di semplificare le procedure, la sottoscrizione del contratto di soggiorno sarà valevole ai fini della comunicazione obbligatoria.

Scarica:

La circolare congiunta del ministero dell'Interno e ministero del Lavoro del 19 marzo 2013

·                         Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 febbraio 2013


 

Lavoro


Go2East.it

Oltre 1 milione di romeni in Italia, primato in Ue

Caritas: cresciuti del 20% negli ultimi due anni


Roma, 23 marzo 2013 - L'Italia detiene il primato europeo per presenza di cittadini romeni sul proprio territorio, ben 1.071.342 (+20% in due anni), sul totale di 2,5 milioni di romeni presenti in tutta l'Ue. La gran parte di loro (circa il 70%) lavora, vive qui con la famiglia e tra il 2000 e il 2011 sono stati 89.093 i bambini nati in Italia da madre romena e padre straniero, la prima leva di una 'seconda generazione' di italiani. E' quanto emerso dal convegno <L'integrazione dei romeni in Italia tra famiglia e lavoro>, organizzato a Roma alla sala conferenza del Monte dei Paschi di Siena. Secondo uno studio presentato da Antonio Ricci, del Centro Studi e Ricerche Idos e Dossier statistico Immigrazione Caritas, particolarmente importante per l'inserimento sociale dei romeni in Italia e' il ruolo delle famiglie. "Sembra passata - ha detto Ricci - la tempesta mediatica <romeno fobica> del 2007: ogni anno ci sono 1.291 acquisizioni di cittadinanza (932 per matrimonio misto)". I romeni sono ben inseriti anche nelle istituzioni scolastiche: nell'anno 2011-2012 sono ben 141.050 gli iscritti ai vari ordini scolastici (cifra raddoppiata in 5 anni) e sono 5.714 gli iscritti alle varie università italiane. "Si tratta di indicatori - ha detto Ricci - che mostrano come i valori della famiglia tradizionale siano preminenti nei percorsi di inserimento in Italia". Il 22,8% della forza lavoro straniera in Italia e' costituito da romeni. Il 52,2% di loro svolge lavori poco qualificati (anche se scolarizzati), il 22,4% mediamente qualificati (come gli impiegati) e il 4,5% sono dirigenti e imprenditori. Per lo più lavorano in edilizia (23,3%) e nei servizi alla persona (22%); ma anche in agricoltura (5,4%) e negli alberghi (7,5%). Le difficoltà, però, non mancano. In media, una famiglia con un membro romeno in Italia può contare su un reddito annuo di circa 15 mila euro, a fronte di circa il doppio a disposizione di una famiglia tutta di italiani. Quasi una famiglia su due di quelle con almeno un membro romeno (48,5%) e' a rischio povertà, avendo un reddito annuo inferiore a 9.382 euro. Ma le famiglie di chi proviene dalla Romania subiscono anche gli effetti negativi dovuti alla scelta di emigrare: dagli anziani abbandonati nei villaggi rurali ai circa 350 mila 'orfani sociali', vittime del cosiddetto <care drain> , il 'drenaggio di risorse di cura', ai problemi di ricongiungimento per minori e familiari.



Organizzazione Internazionale del Lavoro

Concorso Fotografico: lavoratori domestici migranti in Europa

Prendi parte al nuovo concorso fotografico dell’ILO. Inviaci le tue istantanee per mostrare in che modo i lavoratori domestici migranti in Europa fanno la differenza!


Concorso fotografico

Scadenza: 30 aprile 2013

Il concorso fotografico, promosso dal Programma Internazionale per le Migrazioni dell’ILO, ha l’obiettivo di valorizzare l’importante e positivo contributo dei lavoratori domestici alle comunità in cui vivono in Europa. In quest’ottica, il concorso richiede immagini che ritraggono lavoratori e lavoratrici domestiche nel loro contesto lavorativo, nella società o nelle loro abitazioni, e che evidenziano la loro positiva esperienza di integrazione nel posto di lavoro e nella vita sociale. 

Il concorso è organizzato nel contesto del Progetto dell’ILO “Promuovere l’integrazione dei lavoratori domestici migranti in Europa”, con il supporto finanziario del Fondo europeo per l’integrazione.

Una giuria consegnerà tre premi:

1º premio: 1.000 Euro
2º premio: 600 Euro
3º premio: 400 Euro

e selezionerà fino a venti fotografie da pubblicare sul sito web dell’ILO e in una mostra pubblica a Bruxelles. I tre vincitori saranno inoltre invitati alla mostra per presentare le loro foto.

Invitiamo chiunque risieda in Europa e abbia più di 18 anni a partecipare. È possibile presentare fino ad un massimo di tre foto per concorrente, entro il 30 aprile 2013 alle ore 23.59 (Central European Time - CET), utilizzando il modulo di iscrizione ufficiale disponibile in italiano, inglese, francese e spagnolo sulla colonna di destra di questa pagina.

Le richieste devono essere inviate via e-mail all’indirizzo:  MDWcontest@ilo.org

Per informazioni più dettagliate su come inviare le fotografie, si prega di consultare le regole, i termini e le condizioni del concorso e il modello di liberatoria.



Alunni stranieri: il 44% dei 756 mila studenti non italiani sono nati nel nostro Paese

(Fonte: Miur – Fondazione Ismu, anno scolastico 2011/2012)

(dal rapporto: Alunni con cittadinanza non italiana. Rapporto Nazionale a. s. 2011/2012)


Sono il 44% gli alunni stranieri delle scuole nazionali nati in Italia. In cifre assolute si tratta di 334.300 studenti. Cinque anni fa erano il 35%. Lo rilevano Miur ed Ismu nel rapporto 'Alunni con cittadinanza non italiana. Approfondimenti e analisi. A.s. 2011/2012' presentato oggi. Nelle scuole dell'infanzia i nati in Italia sono otto su dieci, con punte in Veneto (quasi nove su dieci), Marche e Lombardia (otto e mezzo su  dieci). La percentuale inferiore è in Molise, dove è nato in Italia  meno di cinque alunni stranieri su dieci. Negli ultimi cinque anni gli studenti stranieri nati in Italia sono cresciuti del 60% nelle scuole dell'infanzia, dove hanno raggiunto le 126mila unità, e nelle primarie (145mila), mentre sono più che raddoppiati nelle secondarie di primo grado (46mila) e di secondo grado (17mila). Sono 415 (lo 0,7%, dieci istituti in più dell'anno precedente) le scuole nelle quali la presenza degli alunni stranieri raggiunge o supera il 50%. Le scuole dell'infanzia con almeno il 50% degli alunni stranieri sono 233. Le province con il maggior numero di scuole con almeno il 50% di alunni stranieri sono Milano (55), Torino (34) e Brescia (32). Questo tipo di scuole sarà anche al centro di una ricerca-azione nazionale, che avrà inizio nei prossimi mesi, in collaborazione con il Ministero dell'Interno (Fondo europeo di integrazione-Fei), con l'obiettivo di realizzare interventi formativi per gli operatori impegnati nelle realtà più difficili e  azioni di sistema con le famiglie, le associazioni e gli enti locali. Diminuiscono gli iscritti rom, sinti e camminanti. Sono 11.900 gli alunni rom iscritti nell'anno scolastico 2011/2012, il numero più basso degli ultimi cinque anni, in diminuzione del 4% rispetto al 2010/2011. Significativo il calo di iscritti nelle scuole superiori di secondo grado (con una variazione del -26% dal 2007/2008 al 2011/2012) scesi a sole 134 unità. Calano del 5,7% rispetto ai cinque anni  precedenti gli iscritti alla scuola primaria, del 5,8% gli iscritti alla scuola dell'infanzia, mentre cresce di poco il numero di iscritti nelle scuole secondarie di primo grado. Un fortissimo calo di  iscrizioni si registra già nel passaggio dalla scuola primaria alla  scuola secondaria di primo grado, solo la metà degli alunni rom  prosegue gli studi pur essendo nella fascia dell'obbligo di istruzione. Secondo Miur/Ismu "gli alunni con cittadinanza non italiana costituiscono una realtà ormai strutturale del nostro Paese. Si è passati, infatti, da 196.400 alunni dell'anno scolastico 2001/2002 (2% della popolazione scolastica complessiva) alle 755.940 unità del 2011/12 (8,4% del totale). Negli ultimi anni si era assistito a un lieve rallentamento della crescita, ma negli ultimi dodici mesi c'è stato invece un segnale di ripresa: dai 44mila studenti in più nel 2010/2011 rispetto al 2009/2010, si è passati ai 36mila in più nell'anno scolastico successivo e ai 46mila in più nel 2011/2012". L'aumento più significativo ha riguardato le scuole secondarie di secondo grado, che nell'anno scolastico 2001/2002 accoglievano il 14% degli studenti con cittadinanza non italiana, mentre nel 2011/2012 ben il 22%. Nell'ultimo decennio il peso della scuola primaria è  diminuito passando dal 43% al 35%. Anche per il 2011/2012 si conferma la tendenza dell'utenza straniera a rivolgersi più all'istruzione professionale (frequentata dal 39% del totale degli stranieri) e tecnica (38%), seguita a distanza dall'istruzione liceale o artistica (22%). Gli alunni con cittadinanza rumena si confermano, per il sesto anno consecutivo, il gruppo nazionale più numeroso nelle scuole italiane (141mila presenze), seguono gli albanesi (103mila) e i marocchini (96mila). Tra le crescite annue più rilevanti si registrano quelle degli alunni moldavi nei diversi livelli scolastici (+ 12%), ucraini nelle primarie (+ 12%) e filippini nelle secondarie di primo grado e di secondo grado (+8,5% e +11%). La Lombardia si conferma la prima regione per il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana (184.600). Seguono il Veneto, (89.400), e l'Emilia Romagna con (86.900), il Lazio (72.600) e il Piemonte (72mila).


 

 

Sindacato europeo


Riunione del gruppo migrazione ed inclusione della CES: resoconto.

Bruxelles, 21 marzo 2013)

A cura del Dipartimento Politiche Migratorie UIL.


Roma, 25 marzo 2013 – Si è tenuto lo scorso 21 marzo a Bruxelles l’incontro semestrale del gruppo migrazione ed inclusione della Confederazione Europea dei Sindacati, presso la sede internazionale della CES. L’incontro era presieduto dal Segretario Confederale CES Luca Visentini, ed aveva all’ordine del giorno temi di grande interesse quali:

a) Il piano europeo di azione della CES sull’immigrazione

b) Le direttive UE ancora in valutazione della Commissione europea: stagionali ICT transfer;

c) La Lotta al traffico di essere umani per motivi di lavoro;

d) il progetto della CES “integrazione dei migranti e creazione di una rete sindacale europea.

Per la CES erano presenti il Segretario Confederale Luca Visentini e l’esperto Marco Cilento. Claire Courteille della ITUC ha esposto la situazione sul fenomeno della tratta. Vittorio Longhi di Equal Times ha anche presentato il sito internazionale in materia di crescita economica, sviluppo, ambiente, ecc.

Per la Uil era presente Giuseppe Casucci, Coordinatore del Dipartimento Politiche Migratorie.

Il tema europeo, della necessità cioè che si abbandoni la logica di direttive specifiche per pensare ad un approccio normativo organico in materia di immigrazione, è stato affrontato nel suo intervento da Luca Visentini, Segr. Conf.le CES. “Nel momento storico in cui viviamo, segnato dalle perturbazioni sociali prodotte dalla crisi economica – ha detto il dirigente CES - la crescente disoccupazione può avere l'effetto di innescare una competizione  indesiderata tra i lavoratori  nazionali e lavoratori migranti. D’altro canto, la mobilità del lavoro  potrebbe alleviare le pressioni  sul mercato nelle regioni che hanno sofferto di più in termini di disoccupazione. Il nostro compito oggi è quello di  trovare un giusto equilibrio. Più precisamente, la sfida è quella di tenere insieme l'obiettivo di una maggiore integrazione del mercato del lavoro della UE e una efficiente  gestione dei flussi migratori “. Del resto, la crisi economica ha cambiato fortemente in mercato del lavoro, colpisce i lavoratori europei ma anche, in misura drastica, i lavoratori di Paesi Terzi che rischiano spesso la disoccupazione, l’impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno e la scelta difficile tra il ritornare a casa, cambiare Paese o scendere nel limbo privo di uscite della condizione di clandestinità. Inoltre, la differente situazione in materia migratoria nei vari paesi, rende difficile una visione d’azione comune. Visentini ha illustrato i contenuti dell’action plan on migration, recentemente approvato dal Comitato Esecutivo CES, dopo di che si è aperta la discussione.

La Uil ha dato una valutazione positiva sul documento: Malgrado alcune modifiche apportate al testo iniziale, il documento rimane sostanzialmente innovativo e in qualche modo coraggioso (specie quando al punto 18 propone un quadro di riferimento europeo in materia di sanatorie e regolarizzazioni di sans papier o quando al punto 8 accenna al tema dell’accesso dei lavoratori stranieri al pubblico impiego). I riferimenti a voto amministrativo e percorsi di cittadinanza sono rimasti (punti 14 e 15) anche se forse non gli viene data grande enfasi. Buona anche l’idea di direttive maggiormente chiare in materia di immigrazione ed asilo, anche se non vedo più il riferimento alla necessità di una legge quadro europea di base capace di includere gli aspetti principali di governance degli ingressi e dei processi di integrazione. Importante anche il riferimento all’integrazione dei migranti nel sindacato. Il documento forse manca si adeguata attenzione ai diversi modelli migratori esistenti nei diversi Paesi e soprattutto gli scenari futuri in materia migratoria, al netto dell’impatto della crisi economica. In pratica le proposte CES dovrebbero porre maggiore attenzione al contesto economico ed occupazionale  in evoluzione e alle sue possibili conseguenze sul comportamento dei migranti, o sull’atteggiamento dei nazionali colpiti gravemente dalla crisi occupazionale. E’ comunque difficile fare proposte che accontentino tutti, avendo di fronte 27 Paesi con 27 politiche migratorie diverse. Per cui la valutazione della UIL sul documento CES è decisamente positiva. Alcune parti del documento potrebbero essere maggiormente focalizzate, e cioè:

1.     il diritto di voto ai cittadini di paesi terzi è citato al punto 8. nell’introduzione e al punto 14. dell’agenda della CES, ma senza alcun riferimento al Capitolo “C” della Convenzione di Strasburgo del 1992 (l’atto europeo, che - a mio avviso - può mettere d’accordo le posizioni più diverse, essendo difficilmente contestabile nel merito, in quanto sottoscritto dai paesi del Consiglio d’Europa);

2.     l’accesso degli stranieri al lavoro nel pubblico impiego è citato solamente nell’introduzione al punto 8., laddove si parla dello status di soggiornanti di lungo periodo (SLP), ma non è messo né tra le priorità, né tra le azioni, né nell’agenda della CES. In questo, a parere mio, si accetta implicitamente di non entrare nel tema del lavoro nel settore del pubblico impiego, considerandolo come un monolite, senza invece riflettere sul fatto che vi sono miriadi di posizioni lavorative che tale settore comporta (di cui i funzionari pubblici sono solamente una parte). Di fatto si dimentica che pubblico impiego vuol dire ogni posizione lavorativa dipendente di una pubblica amministrazione, anche quelle che non hanno nulla a che vedere con l’esercizio di pubblici poteri (guarda caso proprio il discrimine che viene citato dalla Direttiva 109/2003 come unico limite alla parità di trattamento nell’esercizio di un’attività lavorativa subordinata o autonoma), ma da cui attualmente i cittadini di paesi terzi in possesso dello status di soggiornanti di lungo periodo sono comunque esclusi e quindi discriminati, visto che gli stati membri non applicano correttamente la direttiva;

3.     infine, per quanto riguarda il possibile impegno dei sindacati sull’immigrazione, non si fa riferimento, se non in modo generico, a ciò che è citato nella medesima relazione sulla necessità di colmare quel gap d’informazione esistente in merito alla possibilità di ottenere lo status di SLP. “La presente relazione rivela una generale disinformazione fra i cittadini di paesi terzi quanto allo status di SLP e ai diritti ad esso connessi (…) ”.

Dopo aver ricordato alcune importanti direttive della Commissione Europea ancora in discussione (stagionali e intra corporate transfer), e quelle in ratifica in Italia quali la direttiva sui rimpatri e la direttiva 52 sui datori di lavoro, Visentini ha detto: “Sullo sfondo c'è l'idea lanciata dal programma di Stoccolma per codificare la legislazione dell'UE nel settore della migrazione economica”. “La codificazione della legislazione UE ha rilanciato un dibattito nel quale la CES vuole ribadire la sua richiesta di un quadro organico di norme in cui diritti  ed opportunità per i lavoratori  migranti  risultino maggiori e più accessibili”. Per il dirigente sindacale europeo, “l'azione  della CES  deve essere accompagnata da un attività coordinata di lobby, da parte dei sindacati nazionali, nei confronti dei propri governi nazionali. La nostra politica sulle migrazioni dovrebbe anche includere una strategia più precisa  per la cooperazione con i paesi di origine. Siamo consapevoli che CES può fare di più per sostenere questi processi, adottando una strategia globale per l'integrazione e assistenza agli immigrati, nei prossimi anni”. Tra gli altri argomenti citati da Visentini: “quello delle immigrazioni irregolari e del lavoro nero dei migranti” e la “Convenzione ILO (n. 189/2011), votata lo scorso giugno nell’ambito della Conferenza Internazionale del Lavoro a Ginevra, che disegna un quadro di norme minime a favore dei lavoratori domestici”. “La CES è in prima linea insieme alla  CSI – ha concluso Visentini - nel chiedere ai governi, europei e non, una rapida ratifica ed adozione di questo importante strumento internazionale di tutela per i lavoratori domestici. Si è anche discusso della Convenzione Onu del 1990 sulla condizione dei migranti e delle loro famiglie. La convenzione, approvata ormai 22 anni fa, è stata ratificata solo da 47 Paesi, di cui nessuno appartenente alla Comunità Europea. Attualmente c’è in proposizione in Italia il lancio di una ICE (iniziativa dei cittadini europei) che prevede la possibilità che la stessa Commissione Europea possa agire in proposito, sulla base di una proposta accompagnata da un milione di firme di cittadini provenienti da almeno 7 Stati Membri. La valutazione CES del lavoro fatto all'interno del Parlamento europeo sulla direttiva denominata (intra corporate transfer), è positiva, anche se alcuni punti di preoccupazione rimangono. In particolare la CES vuole attirare l’attenzione sulla nuova nozione introdotta di “gruppo di società”. La modifica introdotta dalla LIBE estende il perimetro delle società in cui i lavoratori ICT (intra corporate transfer), possono essere trasferiti, minando potenzialmente i miglioramenti ottenuti finora. In effetti, tra le novità introdotte dal Parlamento europeo, la CES non può essere d'accordo su quella riguardante l'estensione della nozione di gruppo di società. Ai criteri aziendali di controllo (il possesso di azioni e diritto di nominare i manager) è stato aggiunto un terzo criterio nell’art.3.1.l. Secondo questo criterio, il controllo può ora essere desunto da accordi contrattuali tra le società ritenute controllanti e controllate. Questa misura allarga (potenzialmente senza limiti) l'estensione del perimetro del gruppo, esponendo così lo strumento ICT ad cattivi usi ed abusi, in particolare quando i permessi in materia di ICT sono utilizzati per nascondere i distacchi reali di lavoro. In alcuni settori il subappalto e la dipendenza del piccolo datore di lavoro dalle grandi multinazionali è la norma. Se la nozione di gruppo di società sarà aperta ad arrangiamenti contrattuali, il trasferimento di lavoratori ICT probabilmente funzionerà come una forma surrettizia di distacco dei lavoratori. Si è già detto che questo va contro lo spirito della direttiva ICT. Quindi, per la CES, la lettera l) dell'articolo 3 deve essere ripristinata nella sua versione originale. Un secondo punto di interesse è l'articolo 16 e la mobilità all'interno dell'UE dei titolari di ICT.

Sono state introdotte anche alcune agevolazioni sul tema del ricongiungimento familiare (art.15). La CES è consapevole che il ricongiungimento familiare è un tema molto sensibile per coloro che decidono di trasferirsi in un altro Paese. La deroga alla direttiva 2003/86 che norma il tempo. per il trattamento delle domande e l'accesso al mercato del lavoro) ha introdotto alcune agevolazioni per i lavoratori ICT altamente qualificati in tema di management o alte cariche professionali. La CES auspica che questa solidarietà dimostrata per i professionisti e manager possa portare a un'analoga apertura in sede di revisione generale della normativa dell’Unione sul ricongiungimento familiare (vedi la prevista revisione della direttiva 2003/86). Inoltre, il lavoro del Parlamento europeo tende a confermare il principio della priorità dei lavoratori dell'Unione europea sul mercato del lavoro e del diritto degli Stati membri di pronunciarsi su chi ha diritto di entrare e lavorare nel proprio territorio. Tali misure possono sembrare indesiderabili per alcuni, ma sono tuttora presenti in tutta la legislazione dell'UE e vale la pena di discuterne nelle apposite sedi. Lavoratori stagionali. Per quanto riguarda la direttiva in discussione sul lavoro stagionale, il problema principale sembrerebbe quello di armonizzare il trattamento dei lavoratori che entrano con un permesso inferiore ai tre mesi (visto Schengen) e quelli con permesso da tre a nove mesi (attualmente regolato da decreto flussi o permesso di residenza per lavoro). In genere il permesso Schengen riguarda soprattutto i visti turistici, condizione che non gode di alcuna tutela; mentre un permesso per motivi stagionali (anche se inferiore al trimestre) necessita di norme relative alle condizioni di residenza e contrattuali dedicate a chi entra per lavoro, sia pure temporaneo (circular migration). Per quanto riguarda la situazione sulla tratta, è stato spiegato che3 oggi colpisce oltre 21 milioni di persone in tutto il mondo (di cui 11,4 milioni sono donne). Colpisce il fatto che per il 70% di queste persone, il traffico di esseri umani non abbia a che vedere con lo sfruttamento sessuale, ma sia soprattutto sfruttamento lavorativo. Il 90% di questi vengono sfruttati da imprese ed individui. I profitti illegali provenienti da questo traffico ammontano a 44 miliardi di US dollari l’anno.

Infine, Marco Cilento ha illustrato i contenuti del progetto appena presentato dalla CES all’Unione Europea, per la creazione di una rete sindacale di contact points in almeno 7 Paesi , con l’obiettivo di facilitare l’integrazione (anche sindacale) dei migranti.


 

Razzismo


Unità nella diversità? Lo stato del razzismo in Europa

Il 21 marzo si è celebrata la Giornata internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale, ma la discriminazione continua ad influenzare la vita di molte minoranze etniche e religiose in tutta Europa. Lo “Shadow Report” di Enar sul razzismo in Europa mostra una de priorizzazione dei temi dell’uguaglianza e dell’integrazione in tutto il Vecchio Continente. La giornata internazionale di quest'anno contro il razzismo dedica una particolare attenzione allo sport. (Foto / www.theprism.co.uk)

By Michaël Privot, http://www.equaltimes.org/


Bruxelles, 21 marzo 2013 - Dall’accesso ad istruzione, occupazione, alloggio, beni e servizi; per il modo in cui vengono trattate le minoranze da parte della polizia e del sistema di giustizia penale, il razzismo in Europa è ancora un problema. Lo documenta European Network Against Racism (ENAR), nel suo ultimo "Shadow Report" sul razzismo in Europa, lanciato in occasione del 21 marzo e realizzato sulla base di dati raccolti da gruppi anti-razzismo in tutta Europa. Una tendenza comune rilevata nel "Shadow Report" 2011-2012 di ENAR è la de-priorizzazione delle questioni sull’uguaglianza e integrazione in tutta Europa, che si accompagna anche ad una regressione in alcuni paesi, in gran parte a causa della crisi economica. Un'altra conclusione preoccupante è che la percezione pubblica dei migranti, dei richiedenti asilo, Rom e altre minoranze rimane molto negativa in quasi tutti i paesi.

Un'altra conclusione preoccupante è che la percezione pubblica dei migranti, dei richiedenti asilo, Rom e altre minoranze rimane molto negativa in quasi tutti i paesi.

Tutto questo è stato esacerbato dalla crisi economica, come evidenziato dalle relazioni di Grecia, Spagna e Portogallo, Paesi in cui è diventato comune ad accusare gli immigrati di rubare opportunità di lavoro, lavorare per una paga inferiore, beneficiando di servizi sociali e perpetrare crimini violenti. Inoltre, un messaggio pubblico razzista, alimentato dai leader politici e dai media, mina leggi anti-discriminazione e le politiche di integrazione in molti paesi. Il rapporto mostra come la discriminazione nei confronti delle minoranze religiose razziali ed etniche in materia di occupazione e mercato del lavoro continui ad essere una componente problematica in queste società. Ci sono prove di pratiche di reclutamento informali che sono indirettamente discriminatorie per natura. Ad esempio, in Irlanda, è stato condotto uno studio in base al quale fictitious CVs  sono stati inviati a reclutatori, metà con nomi riconoscibili irlandesi e l'altra metà con nomi africani, asiatici e tedesco. Si è riscontrato che i candidati con nomi irlandesi avevano due volte in più la probabilità di essere invitati a interviste rispetto a candidati non irlandesi, pur a fronte di livelli comparabili di competenze e qualifiche. In Lettonia, la maggior parte delle 48 denunce di discriminazione presentate all’Ispettorato del lavoro dello Stato riguardavano annunci di lavoro. Le minoranze etniche in tutta l'UE continueranno ad affrontare tassi eccessivamente elevati di disoccupazione, un fenomeno che è aumentato a seguito della crisi economica.

Per esempio, in Spagna, il tasso di disoccupazione per le minoranze, in particolare dei migranti e rom, nel primo trimestre del 2012 è stata del 37 per cento, il che viene attribuito al fatto che questi gruppi hanno più probabilità di lavorare in settori che sono tradizionalmente sensibili alle recessione economica, come ad esempio l'edilizia.

La prospettiva dei lavoratori migranti rimane cupa. I lavoratori migranti tendono a fare lavori manuali scarsamente retribuiti. Loro affrontano anche altri problemi come i salari non pagati, orari lunghi e modelli di lavoro irregolari. Inoltre, i migranti possono essere relegati in posti di lavoro per i quali sono troppo qualificati, il che è in parte dovuto alla mancanza di riconoscimento dei titoli di studio e delle qualifiche ottenute al di fuori dell'UE. Una preoccupazione di particolare rilievo sono le restrizioni per i lavoratori titolari di permessi di lavoro. In un certo numero di paesi, i permessi di lavoro sono legati ad uno specifico posto di lavoro, il che limita le opportunità del lavoratore di cambiare occupazione liberamente e li espone allo sfruttamento e ad abusi da parte dei datori di lavoro.

Inoltre, lo “Shadow Report” evidenzia la particolare vulnerabilità delle comunità musulmane alla discriminazione in materia di occupazione, e soprattutto delle donne musulmane che portano il velo. Nei Paesi Bassi, ad esempio, alcuni datori di lavoro hanno vietato il velo sul posto di lavoro, sostenendo che il divieto è giustificato dal principio di uguaglianza e dalle leggi sui diritti umani e allo stesso modo in Francia, alcune aziende private hanno rifiutato il lavoro alle donne che indossano il velo sulla base di una raccomandazione governativa sulla libertà di espressione religiosa.

Malgrado alcune misure positive adottate in alcuni paesi per affrontare alti tassi di disoccupazione tra i gruppi delle minoranze etniche e per promuovere la consapevolezza dei diritti e degli obblighi previsti dalla legislazione sulla parità, la situazione rimane disastrosa e deve essere affrontata con urgenza.

Un forte quadro normativo non è sufficiente per combattere la discriminazione. Le leggi necessitano di essere accompagnate dal monitoraggio della loro implementazione, nonché da un forte impegno politico per investire in azioni volte a contenere il razzismo e per garantire l'uguaglianza e la protezione dei diritti umani per tutti in Europa.

Oggi più che mai, è fondamentale che ci muoviamo verso un 'Europa che rispetti e promuova l'uguaglianza, la diversità ed i diritti fondamentali, e che riconosca i benefici di una Europa libera dal razzismo per la vitalità della società e l'economia europee.

I politici devono dar prova di leadership e di saper trasmettere il messaggio che la parità di accesso ai posti di lavoro, alloggio e istruzione sono fondamentali per costruire una società dinamica e coesa.

Essi dovrebbero anche promuovere i benefici della migrazione e la potenziale ricchezza della diversità per la prosperità politica, culturale ed economica dell’Europa e prevenire la formazione di serbatoi di "talenti sprecati" dei migranti e delle minoranze etniche e religiose in Europa.


 

 

 

 

 

 

Notizie in breve


ImmigrazioneOggi

news in 50 lingue

Studio Unar-Centro studi Idos: gli immigrati romeni sempre più integrati.
Per la Settimana contro le discriminazioni presentato il volume “L’integrazione dei romeni in Italia tra famiglia e lavoro”.

 

Roma: presentato il decalogo di raccomandazioni contro la violenza sessuale nei conflitti.
Il documento, che verrà sottoposto all’attenzione del G8, è frutto del lavoro congiunto dell’Ambasciata britannica con Roma Capitale (Dipartimento pari opportunità), Unhcr, Se Non Ora Quando, Avvocati senza frontiere e altre associazioni.

Per i Cie spese ridotte di un terzo. Denuncia del senatore PD Luigi Manconi.
“Condizioni di vita spaventosamente incivili, come stupirsi delle rivolte?”

 

Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale: l’austerità e la crisi economica non sono una scusa per il razzismo.
L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani solleva il problema del razzismo nello sport.

 

“Match” è il progetto europeo per promuovere l’intercultura attraverso lo sport.
L’iniziativa, in Italia, vede coinvolta la Provincia di Bolzano e il Coni altoatesino.

 

Terni: elezioni on-line per la Consulta degli immigrati.
La proposta della Giunta verrà portata in Consiglio comunale nei prossimi giorni.

 

 

 

 

Foreign Press

 


New York Times

The Kids Left Behind by the Boom

By MARIE ARANA
Published: March 20, 2013 57 Comments


Perù, March 2013 - Henrry Ochochoque is a jovial 12-year-old with a report card full of A’s and hopes pointed straight to the moon. Last year, he moved from the squalid gold-mining town of La Rinconada, Peru — at nearly 17,000 feet above sea level, the highest human habitation in the world — to the bustling hive of Juliaca, roughly the size of Buffalo, where schools are better, a water spigot sits across the road and his widowed mother awaits a brighter future. On a reporting trip last year, I’d heard his mother say she wanted to take the family down-mountain to safer ground. This year, I found them in a new home, not far from the shimmering waters of Lake Titicaca. For a child who once inhabited the ice and rock of an Andean promontory, with no clean water, no sanitation, in a mercury- and cyanide-laced mudhole riddled with whorehouses, raw sewage and AIDS, Henrry seemed to be on his way up. But statistics tell us he is not. They say Henrry is too small for his age, and indeed he is: 4 foot 2, as tall as an average American 8-year-old. Statistics also say he is undernourished, anemic, with a brain slowed by toxic chemicals and an education that will leave him drastically unprepared for the 21st century. Even as Peru, newly classified by the World Bank as an “upper-middle-income economy,” races to prosperity, indigenous children like Henrry are being left behind. Why? Because, as in neighboring countries like Bolivia and Colombia, the growing economy has left a wide gap between haves and have-nots. Make no mistake: Peru is booming. Largely spared by the global financial crisis, its economy grew by 9.8 percent in 2008, 6.3 percent last year. Peru is an enviable fount of gold, silver, copper, fish, agriculture. Its capital is alive with foreign investment. Its cuisine is among the most celebrated in the world. Visit Lima, and you see a city abuzz with shops, restaurants and a robust new middle class. Visit Cuzco or Machu Picchu, and you cannot help but note the five-star destinations. But look around more, and you see two Perus: effervescent Lima, 9 and a half million strong, and the 20 million more who live outside it. While the poverty rate in Lima fell to 15.7 percent in 2011 from 44.8 percent in 2004, the rural Andes and Amazon languish in nearly feudal conditions. According to the World Bank, a citizen of Lima earns 21 times more than a resident of the outback, where the rural poverty rate is a staggering 54 percent. To make matters worse, it is a starkly racial problem: the poor are the dark-skinned indigenous, the rich, getting richer, are mostly white.

This tale of two nations is all the more vexing if you happen to be Henrry’s age: 78 percent of Peru’s indigenous children live in poverty. A third of all rural children suffer chronic malnutrition. More than 70 percent in the Puno region have anemia before age 3. A 2012 study found more than 75 percent of adults tested for mercury poisoning in the Madre de Dios region registered triple the danger levels; their children presumably were exposed to the same danger. The irony is that those who inhabit poor regions live on the very ground that is fueling the Peruvian bonanza. Mining is the country’s most lucrative industry, and mining firms from Canada, Australia and the United States have been rushing to dig out precious metals. Children like Henrry are hardly better off for it. They start work as early as 5. If they attend school, they do so for only a few years and in Spanish — not Quechua or Aymara, the languages spoken at home. Caught in a cycle of ignorance, marginalized by nothing so much as geography, they live out the old 19th-century cliché that Peru is a beggar sitting on a bench of gold. This makes for a tale not only sad but also dangerous. Peru’s most rabid insurrections took seed precisely in the rural highlands. Túpac Amaru II, an indigenous leader after whom a two-decade socialist insurgency was later named, rose up outside Cuzco in the 1700s; Rumi Maqui in Puno in 1915; the Shining Path in Ayacucho in the 1980s. Last year, the Aymara people raided the city of Puno to protest the incursion of foreign mines and the pollution of their sacred Lake Titicaca. Last month there were no fewer than 71 riots in the mineral-rich provinces of Ancash, Apurímac and Puno. “It’s the only way we can get attention,” says León Isaac Quispe, a sociologist working for the poor. “We are the rump-end of the country. We have no support from government. Corruption is endemic.” He added: “No one helps. No one educates. No one listens to us here without a march.” For Henrry, despite his A’s and sunny optimism, the Peruvian boom may as well be on the moon.