Il valore economico, sociale e culturale della comunità albanese

Franco Pittau, coordinatore Dossier Statistico Immigrazione

 

            Il Centro Studi e Ricerche Idos, che cura la redazione del Dossier Statistico Immigrazione, ci ha abituato a ragionare con il supporto dei dati statistici, vedendo nei numeri, da interpretare nella loro completezza, le linee di una lettura più adeguata della realtà. Per quanto riguarda gli albanesi questo esercizio è tornato molto utile sul tema della criminalità. Sappiamo che all’interno della comunità albanese vi sono state e vi sono le espressioni di devianza sociale, sia a livello individuale che organizzato. Tuttavia, va aggiunto che è stata notevole la propensione a un etichettamento negativo degli albanesi, non del tutto fondato sulle statistiche. In particolare, i commentatori più attenti hanno richiamato l’attenzione su un aumento delle denunce penali più basso rispetto all’aumento della presenza degli immigrati, sulla necessità di effettuare confronti omogenei con gli italiani equiparando le classi di età delle due popolazioni e tenendo conto che la devianza è un fenomeno diffuso specialmente tra le classi giovanili, di distinguere tra i titolari di permesso di soggiorno e le presenze per motivi temporanei e quelle irregolari, di non equiparare le infrazioni alla normativa sull’ingresso e sul soggiorno (ancora oggi pari a circa un sesto delle denunce) all’espressione pura e semplice della criminalità. In una certa fase del recente passato l’opinione pubblica, anche incitata da cattivi predicatori, ha percepito gli albanesi come un gruppo di invasori e di criminali, facendo torto alla realtà. Purtroppo in Italia, sulla questione migratoria come anche su altre grandi temi della convivenza sociale, non si è ancora pervenuti a un grado sufficiente di maturità.

            In questa occasione, dedicata alla celebrazione della comunità albanese nel contesto della Settimana di Azione contro il Razzismo, è giusto superare i pregiudizi del passato e parlare degli aspetti positivi di questa presenza ormai più che ventennale.

            Gli immigrati, che molti tendono a considerare un peso per la spesa pubblica, sono invece in questa fase (e lo saranno ancora per uno o due decenni) una fonte di risparmio, quantificato annualmente in 1,7 miliardi di euro nell’ultima edizione del Dossier Statistico Immigrazione. Questo surplus è sostanzialmente da riconnettere alla loro giovane età e al loro più alto tasso di attività. Questo vantaggio è destinato a scemare con il tempo e alla fine la loro situazione sarà simile a quella degli italiani.

            Un altro grande vantaggio, particolarmente riscontrabile nel caso degli albanesi, consiste nell’apporto a livello demografico, perché le famiglie albanese hanno un più alto numero di figli. Sulla popolazione italiana gli ultrasessantacinquenni incidono per un quinto e la loro incidenza arriverà a un terzo a metà secolo. L’avanzamento in età comporta il ritiro dalla vita attiva, l’accesso al pensionamento e l’incremento della spesa sanitaria, che già attualmente si colloca a un livello molto elevato: il grande Seneca diceva che la vecchiaia è di per se stessa una malattia. La giovane età degli albanesi e degli altri immigrati e, invece, un temperamento a questo andamento demografico.

            Sono evidenti i vantaggi anche sul piano occupazionale. Adesso stiamo attraversando un periodo in cui l’occupazione diminuisce, ma negli anni passati l’occupazione è cresciuta e questo aumento è stato determinato dall’inserimento degli immigrati. Abbiamo visto che gli albanesi, anche nel periodo di maggiore astio nei loro confronti da parte italiana, hanno dimostrato un grande attaccamento al lavoro (molto apprezzato dai datori di lavoro), la disponibilità a spostarsi sul territorio, la mancanza di riluttanza nell’assumere qualsiasi posto disponibile senza eccepire il loro elevato livello di istruzione e una forte vocazione imprenditoriale anche in questi anni di crisi.

            L’aspetto più positivo della presenza albanese si colloca, però, a livello culturale. Gli albanesi sono persone che amano gli italiani e per via della vicinanza geografica si sentono con essi imparentati; imparano con una straordinaria facilità la lingua, la parlano correntemente e scrivono in italiano; apprezzano la storia, l’arte, il territorio e la cucina dell’Italia, che considerano la loro seconda patria; sono indulgenti nei confronti dei nostri difetti. A ragione si può parlare di un innesto nel tronco dell’Italia, che permette la fioritura di nuovi germogli.

Se così stanno le cose, pur nella consapevolezza che in ogni realtà si riscontrano aspetti di problematicità, è tempo superare le remore del passato, convivere più pienamente con gli albanesi, offrire loro più ampi spazi di partecipazione e industriarsi, insieme, per superare la crisi.