07 novembre 2013

Sicilia, i siriani scampati al naufragio riabbracciano i bimbi perduti
Ieri il ricongiungimento delle famiglie. Ritrovati i genitori a Malta, dopo 25 giorni i sei bambini li hanno riabbracciati nel municipio di Sant'Angelo Muxaro
la Repubblica.it, 07-11-2013
FRANCESCO VIVIANO e ALESSANDRA ZINITI
SANT'ANGELO MUXARO (Agrigento) - "Karim". È un filo di voce, strozzata dall'emozione, quella che lo chiama ma la testolina bionda si volta di scatto. L'asso di spade che sta per calare sul tavolo nella decima partita a scopa del pomeriggio gli cade di mano e Karim vola, in scivolata, tra le braccia di suo padre che lo stringe in ginocchio mentre i singhiozzi gli scuotono il petto. Nella stanza accanto Najat si rotola letteralmente per terra abbracciata a Yara e Youssef, i gemellini, mentre suo marito Ahmad, un gigante di un metro e ottanta stritola di baci il piccolo Yassam di 10 mesi. Piangono, ridono, e le loro emozioni contagiano tutti: piange l'ispettore Maria Volpe e tutti gli uomini della divisione anticrimine della questura di Agrigento, piangono gli operatori dell'istituto Walden che consegnano quei bimbi che hanno curato e coccolato per 25 giorni come se fossero i loro, piangono i responsabili della Omnia Academy che da oggi in poi si prenderanno cura di quelle famiglie ricostituite. Piange anche il sindaco di Sant'Angelo Muxaro, il paese dei genitori di Angelino Alfano, 500 anime arroccate su una collina a 30 chilometri da Agrigento, che ha aperto le sue case alle famiglie dei sei piccoli superstiti del naufragio dell'11 ottobre nel Canale di Sicilia.
Ieri hanno riabbracciato i loro genitori grazie all'inchiesta di Repubblica che nelle scorse settimane è riuscita a rintracciarli, nel centro di accoglienza di Malta. Non tutti, quelli sopravvissuti alla tragedia. Quelli che oggi ringraziano in lacrime i cronisti. Si erano convinti che i loro figli fossero morti, invece erano stati salvati dagli uomini della nave Libra della Marina Militare e poi portati a Porto Empedocle mentre loro, a bordo di una motovedetta maltese, finivano a La Valletta. Mancano due mamme, quelle di Karim, 7 anni, e quella di Mahmud, 2 anni e mezzo. Forse sono tra i corpi recuperati in mare o forse sono ancora incastrate nel relitto di quel peschereccio affondato in mezzo al Canale di Sicilia il 3 ottobre, insieme ad altri due dei loro bambini.
Migranti: i bambini siriani incontrano i genitori dopo il naufragio
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Un attimo prima dell'arrivo dei genitori, sbarcati a Catania in un aereo partito da Malta, grazie all'ambasciata italiana a La Valletta, i sei bambini vengono divisi. In una stanza quelli che avrebbero rivisto mamma e papà, nell'altra quelli che avevano solo il padre ad aspettarli. È un bene che sia così perché l'incontenibile felicità delle due coppie di genitori, il sorriso stupito e poi le urla di quei piccoli che si ritrovano improvvisamente di nuovo con mamma e papà avrebbe fatto a pugni con la commossa tristezza dell'abbraccio tra Karim, Mahmud e i loro papà distrutti dal dolore, che ancora non si rassegnano all'idea che le mogli e gli altri figli siano rimasti in fondo al mare.
Per i piccoli sopravvissuti, è un pomeriggio di stupore che pian piano si tramuta in felicità incontenibile. Solo Karim, il più grande di loro, era stato preparato all'incontro. "C'è una sorpresa, arriva papà", gli aveva sussurrato all'orecchio il mediatore culturale siriano mentre, nella sala del municipio di Sant'Angelo Muxaro, giocava insieme ai bambini della scuola elementare arrivati per dare il benvenuto ai nuovi amici. Si era voltato, con il visino serio e aveva chiesto: "Anche la mamma?". "Viene papà a prenderti". E lui sempre più serio: "È una promessa...". Poi si era rimesso a giocare a carte, la sua passione: "Spade, denari, bastoni, coppe". In 25 giorni ne ha imparate di parole italiane, Karim.
Gli altri, Yara, Youssef, Mahmud, sembravano non capire, nessuna emozione traspariva da quei visi sempre tristi, mentre il mediatore culturale pronunciava per la prima volta le parole che, dal naufragio, nessuno aveva mai più osato dire davanti a loro: mamma e papà. Ma quando, tra la piccola folla di poliziotti, carabinieri e operatori delle associazioni, si sono fatti strada i veli di due giovani donne con un sorriso enorme, anche i piccoli Yassam e Maram, 10 e 18 mesi, li hanno riconosciuti subito. Braccine tese, baci, faccini stretti al petto, lacrime e occhi finalmente tornati a brillare. Poi tutti nelle nuove case, nel paese fondato da Mushar, un condottiero arabo. Sui letti, ad attenderli per la prima notte finalmente insieme, pigiamini nuovi di zecca e tantissimi peluche.



Lungo la “rotta siriana” per il Nord Europa. Prima tappa: il Fréjus
Corriere.it, 07-11-2013
Germana Lavagna
Sono le 2 di notte. Il pullman partito da Milano e diretto a Parigi è fermo al valico del Frejus. A bordo la Polizia francese controlla i passaporti dei passeggeri assonnati. Da qui sono passati fino a quindici giorni fa i siriani che lasciano il capoluogo lombardo in direzione Svezia. Il posto migliore dove chiedere asilo. Questa notte, impigliato nella rete dei controlli c’è finito un ragazzo pakistano, sprovvisto di visto per varcare il confine. La settimana prima un gruppo di profughi. Per i siriani in fuga dalla guerra, questa è l’ennesima precaria tappa di un percorso lungo e costoso.  Da Lampedusa, arrivano alla Stazione centrale di Milano, stremati, sfruttati da trafficanti senza scrupoli che per fargli risalire la penisola sono arrivati a chiedere fino a 2000 euro a persona. Poi si spingono ancora più su, ma cozzano contro le mura della Fortezza Europa, sempre più inespugnabile. Questo viaggio segue le tracce di chi ce l’ha fatta, passa per i luoghi varcati dai siriani, come fantasmi per le polizie di frontiera, che per settimane hanno fatto finta che non esistessero.
Poi l’Europa ha ricostruito le barricate lungo i confini. Così decine di persone, tante famiglie e tanti bambini, rimbalzano sulle geografie di Schenghen e si ritrovano di nuovo a Milano.
    A muoversi per accogliere i respinti sono stati i volontari delle associazioni, che si sono date il cambio per portare cibo e vestiti al mezzanino della Stazione.
Caim (Coordinamento Associazioni Islamiche Milanesi), Insieme per la Siria libera, Sant’Egidio e Progetto Arca, dopo aver gestito l’emergenza, cooperando con il Comune, hanno allestito in via Aldini e in via Novara due centri in grado di ospitare circa 270 persone.
    Qui il tempo trascorre in attesa.
Di una dritta sulla rotta da seguire per arrivare a destinazione, dei soldi inviati dai parenti rimasti in Siria tramite money transfer, dei trafficanti di uomini che promettono per mille o duemila euro un viaggio verso Nord di sola andata, perché ormai di prendere treni e autobus non se ne parla.
    Seguendo la traccia di queste direttrici in continuo mutamento il pullman riparte. Parigi sorgerà all’alba. E poi a Nord, attraverso l’Europa, incrociando le storie della diaspora siriana, fino alla Svezia, la fine del lungo viaggio.



Flussi. Più quote che richieste per le conversioni dei permessi
L’analisi del ministero del Lavoro. Servirà a programmare il prossimo decreto
stranieriinitalia,it, 07-11-2013
Roma – 7 novembre 2013 – L’ultimo decreto flussi è stato firmato dal governo nell’ottobre del 2012 ed era molto diverso da quelli degli anni precedenti, che autorizzavano centinaia di migliaia di ingressi di lavoratori in Italia.
Stavolta, infatti, c’erano solo duemila ingressi dall’estero per lavoratori autonomi e altri cento per lavoratori sudamericani di origine italiana, ma per il resto il decreto riguardava lavoratori che erano già in Italia. Prevedeva infatti circa dodicimila conversioni di permessi di soggiorno, un numero a quanto pare superiore al fabbisogno, come dimostra un’analisi della direzione immigrazione del ministero del lavoro.
Per la conversione di permessi per lavoro stagionale in permessi per lavoro subordinato, ad esempio, c’erano a disposizione 4 mila quote, ma fino a metà ottobre erano state presentate 3552 domande. Più largo il gap per le conversioni di permessi per studio, tirocinio o formazione professionale in permessi per lavoro subordinato o per lavoro autonomo. Le domande hanno assorbito, rispettivamente, il 49% e il 40% delle quote disponibili.
Anche se le quote non sono andate esaurite, le domande per questi tipi di conversioni si sono chiuse il 30 giugno 2013. C’è invece tempo fino alla fine dell’anno per chiedere online la conversione di permessi CE di lungo periodo rilasciati da altri stati Ue in permessi per lavoro autonomo (finora solo 39 domande per 250quote) o in permessi per lavoro subordinato (500 quote e 510 domande già presentate, ma solo 281 hanno superato l’esame delle direzioni territoriali del lavoro).
In tutti i casi, insomma, le quote per le conversioni erano più che sufficienti. Da questo si partirà programmando le conversioni previste dal prossimo decreto flussi.



Leghisti contro Chaibi, consigliere figlio di immigrati: "Quel marocchino va dissolto"
Sulla pagina facebook di una sezione del Carroccio attacco durissimo contro il membro del consiglio comunale di Treviso. E sotto commentano: “Va sgozzato”
stranieriinitalia.it, 07-11-2013
Roma – 6 novembre 2013 – Said Chaibi è uno dei volti della nuova Treviso. La città che dopo un ventennio leghista ha detto addio a Giancarlo Gentilini ed è finita anche sul Guardian per la decisione di dare la cittadinanza onoraria ai figli degli immigrati, definita dal quotidiano britannico “un gesto di speranza per gli immigrati”.
Chaibi ha 23 anni, è figlio di immigrati marocchini ed è stato eletto consigliere comunale nelle liste di Sel. “Vogliamo tornare a far vivere la nostra città. Cacceremo via per sempre quella nebbia verde che per troppo tempo ci ha offuscato la vista” disse a Stranieriinitalia.it dopo la sua elezione.
Comprensibile che ai leghisti non veda molto a genio. E, soprattutto durante la campagna elettorale, Gentilini e i suoi non gli hanno risparmiato attacchi anche molto duri. A Ostiglia, comune del mantovano a oltre cento chilometri da Treviso, hanno però abbondantemente passato il segno, come dimostra un post pubblicato sulla loro pagina facebook della sezione locale del Carroccio.
Come segnala il blogger Daniele Sensi, tutto nasce da un articolo segnalato online da un altro militante leghista, Davide Zanetta. Si intitola “Treviso: Corano e prove di burqa alle bambine italiane” ed è accompagnato dalla foto di chaibi, ma in realtà racconta, con molte distorsioni, di un corso di lingua e cultura araba attivato in una scuola elementare della città veneta.
La sezione Lega Nord di Ostiglia condivide il link, e aggiunge un commento dedicato al consigliere: “…questa merda di marocchino va dissolto”. Sotto, una decina di commenti, alcuni dei quali altrattanto terrificanti. Per Giacomo Consiglio va “sgozzato come fanno loro giustamente con i cristiani a casa loro”, e Mirko Fassa chiosa: “un taglio netto alla gola”.
“Roberto Maroni non può più fare finta di nulla di fronte alle offese rivolte a Said Chaibi, giovane consigliere di Treviso, cui va la nostra più totale solidarietà. I commenti lanciati sul web da parte dei militanti della Lega ci fanno rabbrividire e purtroppo dimostrano ciò che abbiamo sempre sostenuto, e cioè che la Lega Nord non può dirsi assolta dall’accusa di fomentare l’odio e il razzismo in Italia” denuncia Khalid Chaouki, deputato e responsabile Nuovi Italiani per il PD.
“Il partito di Maroni prenda una posizione netta e inequivocabile di condanna – aggiunge Chaouki - e ci risparmi queste odiose aggressioni verbali che rimandano ai periodi più bui della storia d’Europa. L’Italia di oggi è plurale, se ne facciano una ragione”.



"Io, guardato come un negro". E la Francia si scopre razzista
La denuncia di Harry Roselmack, unico giornalista di colore a condurre il tiggì della sera. Il ministro Taubira paragonata a una scimmia: "Perdiamo la nostra Storia". Finisce la favola della nazione meticcia e accogliente
dal nostro corrispondente
la Repubblica.it, 07-11-2013
ANAIS GINORI
PARIGI - Lei è una guerriera con le treccine venuta dalla Caienna, una donna burbera ma sempre elegante con il vezzo di lunghi scialli portati su una spalla sola. Lui è uno dei mezzibusti più popolari del Paese, il primo giornalista di colore a condurre un tiggì della sera, bucando così non lo schermo ma una cortina di silenziosa diffidenza. Come in tutte le storie, servono dei personaggi, delle facce, per richiamare l'attenzione. E nella favola della nazione meticcia e accogliente, quel sogno black-blanc-beur in formato mondiale, sono Christiane Taubira e Harry Roselmack a scuotere la proverbiale buona coscienza dei francesi.
"Il nostro non è un paese razzista" esordisce la Guardasigilli, uscita finalmente allo scoperto dopo mesi di battute, insulti, offese. L'inizio è volutamente consensuale. Poi Taubira attacca. "Abbiamo rotto la diga, non esistono più freni inibitori, stiamo perdendo la nostra Storia" dice il ministro in una lunga intervista uscita ieri in prima pagina su Libération. Dalle colonne di Le Monde le fa eco Roselmack che pubblica una lettera aperta. "Per la prima volta, mi sento guardato come un negro". Detto da qualcuno che entra nelle case di milioni di telespettatori. "La crisi che stiamo vivendo - continua il giornalista - alimenta la xenofobia, la paura del diverso. È una china vertiginosa nella quale stiamo scivolando rapidamente".
L'episodio scatenante risale a qualche giorno fa, davanti al palazzo di Giustizia di Angers. Il ministro trova ad attenderla un gruppo di militanti contro la legge per il matrimonio gay di cui Taubira è stata l'instancabile promotrice. Niente di strano, potrebbe essere una normale manifestazione di dissenso politico. Ecco però gli slogan: "Bertuccia, mangia la banana". E ancora: "Taubira vattene, puzzi!". Alcuni cartelli sono issati da bambini. Il fatto viene più o meno ignorato dai media locali. La stessa Taubira, confessa ora, per mesi ha dato ordine ai suoi collaboratori di non rispondere, di evitare azioni giudiziarie. Ma un'associazione di diritti civili mette online il video del corteo di Angers.
Le immagini ormai sono lì, alla portata di tutti. Taubira finalmente decide di passare al contrattacco. "Il problema non sono io, ma milioni di francesi che si sentono aggrediti" replica Taubira. Qualche giorno prima, è stato proprio Roselmack a sostenerla. Il giornalista non è stato vittima di offese razziste ma sente riaffiorare un "razzismo profondo", un nuovo clima di odio e intolleranza. A ottobre, una candidata del Front National ha messo sul suo profilo Facebook una foto di Taubira con il volto di scimmia. Un fotomontaggio simile a quello fatto da un consigliere della Lega Nord sul ministro Cécile Kyenge. Nel caso francese, Marine Le Pen ha espulso la donna ma senza affrontare il sottobosco culturale del suo partito. Proprio martedì, una candidata di origine algerina ha stracciato la tessera del Fn dopo che alcuni militanti le avevano detto: "Tu e i tuoi figli dovreste finire nei forni".
Più che gli insulti, è l'assenza di reazioni che suscita una leggera inquietudine. Come se ci fosse una lenta assuefazione. "Per fortuna - osserva con paradosso Roselmack - emergono episodi del genere per scuotere le coscienze". Taubira sottolinea che non ha ricevuto testimonianze di solidarietà bipartisan, è mancato un sussulto civile. Neppure, a dire il vero, l'indignazione degli intellò sempre pronti a firmare appelli. "Gli attacchi contro di me - spiega il ministro - sono un attacco al cuore della République". Ancora ieri, dopo una giornata di commenti all'intervista, con François Hollande che ha chiesto "fermezza e vigilanza", parte dei deputati dell'Ump non si è alzata durante l'applauso per Taubira nell'emiciclo dell'Assemblée Nationale. Solo Rachida Dati, ex Guardasigilli di origine maghrebine, ha mandato un messaggio al ministro socialista: "Non condivido l'azione politica di Taubira, ma ritengo inammissibili questi insulti razzisti. Sono d'accordo - continua Dati - è un attacco alla République, ai nostri valori e a tutto quello che fa la grandezza del nostro Paese".
Nel 2012 ci sono state 1539 denunce - un incremento del 23% - per minacce e atti razzisti, antisemiti e antimusulmani. L'intolleranza, quando monta, colpisce tutti. Secondo la legge, l'incitamento all'odio razziale, se avviene in pubblico, è punito con una multa fino a 45mila euro e un anno di carcere. Ma la repressione per vie giudiziarie non basta. "È una battaglia culturale, sulle mentalità" aggiunge Taubira. "Cosa sta succedendo alla Francia che una sera di luglio 1998 celebrava il trionfo black-blanc-beur ai Mondiali?" si chiede Le Parisien in prima pagina. Sempre i sondaggi annunciano che il Front National potrebbe diventare il primo partito nazionale alle prossime elezioni europee. La giovane Le Pen, dice la Guardasigilli, veicola un'ideologia "mortifera", che risveglia gli istinti peggiori. La dama della destra le ha risposto ieri sprezzante: "È Taubira che insulta milioni di francesi". È troppo presto per scrivere la parola fine su questa favola.

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