10 ottobre 2013

Via il reato di immigrazione clandestina Il Senato approva l’emendamento del M5s
Primo step per la modifica della legge Bossi-Fini da parte della Commissione Giustizia di Palazzo Madama
Corriere della sera, 10-10-2013
La commissione giustizia del Senato ha approvato un emendamento che elimina il reato di immigrazione clandestina, con l’ok del governo. Durante la visita a Lampedusa, il premier Letta ha annunciato in mattinata che il governo avrebbe affrontato l’argomento .
L’EMENDAMENTO - L’emendamento che di fatto abolisce il reato di clandestinità per gli immigrati che soggiornano in maniera non regolare in Italia (reato introdotto dal governo Berlusconi nel 2009 con il pacchetto sicurezza del ministro Maroni), è stato presentato dai senatori del Movimento Cinque stelle Andrea Buccarella e Maurizio Cioffi . Ma, precisano dal Movimento, «rimangono in piedi tutti i procedimenti per l’espulsione e tutte le altre fattispecie di reato collegati, compresi dalla Bossi-Fini». In sostanza l’immigrato che entra o soggiorna in Italia in maniera non regolare non commetterà più un reato: il suo resterà, com’era prima, un illecito amministrativo che potrà essere punibile solo con un ordine di espatrio, ma non con l’arresto. «Alla prova dei fatti il “reato di clandestinità” non ha risolto nulla aggravando solo i costi per la Giustizia - spiegano dal M5S- con meno sicurezza per le strade, senza combattere il fenomeno e lo sfruttamento legato a quest’ultimo, addirittura aggravandolo».
IL GOVERNO - L’approvazione dell’emendamento che di fatto cancella il reato di clandestinità ha avuto anche l’ok del governo. «In commissione Giustizia del Senato ho espresso parere favorevole all’abrogazione del reato d’immigrazione clandestina, art. 10 bis della Legge Bossi-Fini- spiega il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri in un tweet - La sanzione penale appare sproporzionata e ingiustificata. E la sanzione penale pecuniaria è di fatto ineseguibile considerato che i migranti sono privi di qualsiasi bene». Oltretutto, ha aggiunto, «il numero delle persone che potrebbero essere potenzialmente incriminate sarebbe tale da intasare completamente la macchina della giustizia penale, soprattutto nei luoghi di sbarco.
«REGOLARE I FLUSSI» - «Lo Stato deve regolare i flussi migratori in modo compatibile con le concrete possibilità di accogliere i migranti - ha proseguito il sottosegretario - e questo non solo per ragioni di ordine pubblico ma anche per motivi umanitari. A persone che cercano di sfuggire da situazioni di estrema indigenza e spesso disumane dobbiamo garantire un’ospitalità dignitosa. Occorre invece continuare a punire con severità chi sfrutta e favorisce questi fenomeni migratori incontrollati che possono causare tragedie come quella di Lampedusa» .
PD - «Il parere favorevole del governo e l’approvazione dell’emendamento che abroga il reato di immigrazione clandestina rappresentano due ottime notizie». Così Khalid Chaouki, deputato Pd e responsabile Nuovi italiani del partito. «Con il voto in commissione Giustizia del Senato - prosegue Chaouki - inizia un percorso che, in tempi rapidi, dovra’ cancellare questo odioso reato che criminalizza i sopravvissuti alla drammatica tragedia di Lampedusa e porre le basi per una nuova legge sull’immigrazione. Un plauso al sottosegretario Cosimo Ferri, al governo e ai colleghi del Senato - conclude - per questa prima concreta decisione dopo le ore di commozione e di lutto».
LEGA - «L’abolizione del reato di immigrazione clandestina è una vergogna. È un messaggio che lanciato in questo momento può destabilizzare la sicurezza e i flussi migratori verso il paese. Ci batteremo in aula per reintrodurre il reato di immigrazione clandestina». Dichiara Massimo Bitonci, capogruppo della Lega al Senato. «Il ministro Alfano e tutto il Pdl - prosegue Bitonci - siano coerenti con quanto hanno fatto e detto fino ad oggi e pongano rimedio a questo grave errore anche perché l’introduzione del reato di clandestinità era stato approvato, anche con i loro voti, nella scorsa legislatura con il pacchetto sicurezza del ministro Maroni».



Primi colpi alle leggi-vergogna. Cambieremo la Bossi-Fini
Un emendamento (M5S) in commissione al Senato cancella il reato di clandestinità con il sì del Pd e il parere favorevole del governo
l'Unità, 10-10-2013
Vincenzo Ricciarelli
ROMA Un primo colpo al reato di immigrazione clandestina lo ha messo a segno ieri la commissione giustizia di Palazzo Madama dove è stato approvato, con i voti contrari di Pdl e Lega, un emendamento presentato dai senatori del Movimento Cinque Stelle Andrea Buccarella e Maurizio Cioffi che elimina il reato di immigrazione clandestina contenuto nel pacchetto sicurezza voluto dall’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni. La norma riguarda la delega sulla messa alla prova, già approvata alla Camera, ma modifica solo questa parte della legge Bossi-Fini. All’emendamento aveva dato parere favorevole il governo per bocca del sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri. «La sanzione penale appare sproporzionata e ingiustificata aveva detto il sottosegretario Ferri annunciando l’ok all’emendamento E la sanzione penale pecuniaria è di fatto ineseguibile considerato che i migranti sono privi di qualsiasi bene». Oltretutto, ha aggiunto, «il numero delle persone che potrebbero essere potenzialmente incriminate sarebbe tale da intasare completamente la macchina della giustizia penale, soprattutto nei luoghi di sbarco». «Il parere favorevole del governo e l’approvazione dell'emendamento che abroga il reato di immigrazione clandestina rappresentano due ottime notizie ha commentato Khalid Chaouki, responsabile Nuovi Italiani del Pd inizia un percorso che, in tempi rapidi, dovrà cancellare questo odioso reato che criminalizza i sopravvissuti alla drammatica tragedia di Lampedusa e porre le basi per una nuova legge sull’immigrazione». Di parere ovvviamente opposto la Lega, che del reato di immigrazione clandestina ha fatto una bandiera elettorale. «È una vergogna ha tuonato Massimo Bitonci, capogruppo della Lega al Senato È un messaggio che lanciato in questo momento può destabilizzare la sicurezza e i flussi migratori verso il paese. Ci batteremo in aula per reintrodurre il reato di immigrazione clandestina. Il ministro Alfano e tutto il Pdl ha proseguito Bitonci siano coerenti con quanto hanno fatto e detto fino ad oggi e pongano rimedio a questo grave errore anche perchè l'introduzione del reato di clandestinità era stato approvato, anche con i loro voti, nella scorsa legislatura con il pacchetto sicurezza del ministro Maroni».
Ieri, intanto, il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legislativo che recepisce la direttiva Ue 51 del 2011 che prevede il rilascio del permesso per soggiornanti di lungo periodo ai beneficiari di protezione internazionale, che oggi invece non possono ottenerlo. Per il mancato recepimento della direttiva era stata avviata dalla Commissione europea una procedura d'infrazione nello scorso luglio. Una delle novità più significative del provvedimento è che i titolari di protezione internazionale muniti del permesso di «lungo soggiorno» potranno stabilirsi, a determinate condizioni (ad esempio, per motivi di lavoro), in un secondo Stato membro. L’attuazione della direttiva agevola quindi la mobilità dei rifugiati tra i Paesi dell’Unione Europea. Per ottenere il permesso «lungo» si elimina per gli stranieri beneficiari di protezione internazionale ed i loro familiari l'onere di documentare la disponibilità di un alloggio idoneo. Si esclude anche l’obbligo di superare un test di conoscenza della lingua italiana ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo. Il nuovo status di lungo soggiornante attribuito ai beneficiari di protezione internazionale non interferisce con la protezione dall’espulsione, che rimane circoscritta ai casi di pericolosità per la sicurezza dello Stato ovvero per l'ordine e la sicurezza pubblica, fermo restando il rispetto del principio per cui nessuno può essere rinviato verso uno Stato in cui può essere oggetto di persecuzione.



«Abolire il reato di clandestinità» Primo sì al Senato
Avvenire, 10-10-2103
Roberta D'Angelo
Cominciano a vedersi i primi effetti della tragedia di Lampedusa. Si riapre il dibattito sulla Bossi-Fini e ieri, con il parere favorevole espresso dal sottosegretario Cosimo Ferri, la commissione Giustizia del Senato ha votato un emendamento del Movimento 5 Stelle al testo sulla cosiddetta "messa alla prova", che cancella il reato d’immigrazione clandestina. Se confermata nelle fasi successive, l’abrogazione diverrebbe definitiva: un primo passo verso quelle modifiche auspicate ieri dal premier Enrico Letta, sulle quali però resta più prudente il suo vice Angelino Alfano.
Di fatto, l’ipotesi di rivedere le regole inserite negli anni dal centrodestra è scattata immediatamente dopo il disastro della scorsa settimana. E soprattutto l’automatismo della sanzione penale prevista per i sopravvissuti e per chi li soccorre, considerata dallo stesso Ferri «sproporzionata e ingiustificata». La pena pecuniaria, poi, «è di fatto ineseguibile considerato che i migranti sono privi di qualsiasi bene». Insomma, per il sottosegretario. «il numero delle persone che potrebbero essere potenzialmente incriminate sarebbe tale da intasare completamente la macchina della giustizia penale, soprattutto nei luoghi di sbarco».
Un passo avanti, dunque, rispetto alle aperture dello stesso premier, che sarà a Montecitorio per riferire delle tematiche dell’immigrazione il 22 ottobre, per il quale ci sarà una «discussione approfondita» sui vari aspetti della questione. Lo scontro Pd-Pdl, però, ancora una volta viene a galla già dalle prime battute. Per il presidente del Consiglio, «in Parlamento e nel governo si possono trovare soluzioni migliori» rispetto alla legislazione vigente. «È un tema che affronteremo con il dovuto confronto tra le forze politiche che hanno avuto in passato posizioni diverse e ora hanno trovato una posizione comune su alcune importanti questioni nel campo dell’immigrazione», spiega Letta.
Ma il centrodestra non ne è convinto. Maurizio Gasparri bolla le polemiche come «strumentali»». Ed è il ministro dell’Interno Angelino Alfano a ripetere ancora che «se la modifica della Bossi-Fini servisse ad evitare tragedie come quella della settimana scorsa, se servisse ad evitare il dramma delle carrette del mare procederemmo subito, ma temo che non sia la soluzione del problema».
In parte lo segue il Guardasigilli. «Non facciamo ricadere tutti i problemi sotto la Bossi-Fini. I problemi ci sono perché la situazione è drammatica. Che poi si possano rivedere alcune posizioni sulla Bossi-Fini, parliamone», ragiona Annamaria Cancellieri. Perché, secondo il ministro della Giustizia, «non possiamo dire che gli immigrati vengono qui per la Bossi-Fini ma vengono per la fame, per la guerra». C’è però il contestato reato di clandestinità: «Colpisce pensare che è indagato chi dà aiuto, però in realtà l’atto che fa il magistrato è puramente formale». Di fatto, aggiunge il ministro, «non è mai accaduto che siano stati indagati» i soccorritori, «e poi a volte non hanno voglia di dare aiuto perché dare aiuto significa non andare a lavorare», ovvero perdere una giornata di lavoro.
Il dibattito, dunque, si prevede incandescente. E se il Pd plaude alle aperture di Letta e incassa l’emendamento dei pentastellati con il sostegno del "suo" sottosegretario, il Pdl, con Deborah Bergamini, stigmatizza l’atteggiamento dei democratici: «Ricordo che le stesse forze politiche che oggi attaccano la Bossi-Fini, quando c’è stata l’occasione di sostenere i referendum radicali in materia, non si sono impegnate in alcun modo». Tensione anche nelle opposizioni. M5S e Sel incassano il passo della commissione, ma la Lega si infuria: «Alfano chiarisca la sua posizione – esorta la capogruppo del Carroccio in commissione Erika Stefani – , visto che il governo sembra andare nella direzione opposta alle sue dichiarazioni».



La clandestinità non sarà più reato
il Giornale, 10-10-2013
Francesca Angeli
Roma -Letta ed Alfano insieme a Lampedusa per onorare le vittime del naufragio ma divisi e contrapposti sulla modifica della legge Bossi-Fini. Ieri la Commissione Giustizia del Senato ha fatto un primo passo verso l'abolizione del reato di clandestinità. É stato approvato un emendamento di M5S in questo senso con il parere favorevole del governo, confermato dal sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri proprio mentre il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, da Lampedusa ribadiva la sua contrarietà a qualsiasi modifica della Bossi-Fini, giudicandola inutile.
Ieri a Lampedusa è stata la giornata della vergogna e delle contestazioni. «Vergogna, assassini, andate a vedere come vivono i profughi nel centro d'accoglienza», un gruppetto di pescatori ha accolto così il premier, Enrico Letta e il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, appena sbarcati a Lampedusa insieme con il presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso e il commissario europeo per gli Affari Interni, Cecilia Malmstrom. Letta contestato ha confessato di aver provato «profonda vergogna» dopo aver saputo che i superstiti erano stati indagati per il reato di clandestinità. Ma ha provocato così l'indignazione dei magistrati che si sono sentiti messi sotto accusa. La Procura di Agrigento ha subito fatto notare al premier di «essere obbligata ad iscrivere gli immigrati che arrivano in Italia nel registro degli indagati per immigrazione clandestina come prevedono le regole volute dal Parlamento».
E proprio mentre Letta prometteva di «affrontare il tema della legge Bossi-Fini nel governo» in Parlamento nell'ambito di una discussione in commissione Giustizia è passato un emendamento dei senatori Andrea Buccarella e Maurizio Cioffi che di fatto cancella il reato di immigrazione clandestina. «La sanzione penale -spiega il sottosegretario Ferri- appare sproporzionata ed ingiustificabile». Immediata la reazione della Lega ,contraria alle modifiche approvate con ilvoto favorevole di Pd e Pdl e appoggiate dal parere favorevole del governo e mentre poche ore prima un altro membro del governo, Alfano, osservava che «cambiare la legge Bossi-Fini non è la soluzione».
Intanto purtroppo la conta delle vittime del naufragio continua a salire. Sono 302 i corpi recuperati, 9 i bambini. Per loro si faranno i funerali di Stato mentre ancora non è stato deciso un luogo per la sepoltura.
Barroso si è detto «scioccato» ed ha promesso che mai cancellerà dalla sua mente l'immagine di tutte quelle bare, le bianche in prima fila con i fiori e un orsetto di peluche. Mai dimenticherà quella donna ritrovata in fondo al mare con il figlioletto appena nato, il cordone ombelicale ancora non reciso. E anche la Malstrom esprime un sentimento di vergogna di fronte allo spettacolo di quelle bare «non degno dell'Europa».
Ancora vergogna dunque. Ma dalla vergogna si dovrà passare ai fatti. I lampedusani non si fidano perchè da troppo tempo hanno sentito molte, moltissime parole ma poi in mezzo al mare a soccorrere migliaia di disperati si sono sempre ritrovati soli. Ora sperano che uno spiraglio si sia finalmente aperto. Barroso annuncia 30 milioni di euro aggiuntivi per l'Italia per affrontare l'emergenza. Intanto ieri il Consiglio dei ministri ha varato un decreto che allunga il periodo di permesso per i rifugiati ed ha previsto ulteriori stanziamenti per il fondo immigrazione e per i minori stranieri. Soltanto rattoppi che arrivano tardi a fronte dell'enorme falla che si è aperta in tanti Paesi africani. La soluzione va trovata in Europa. Anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo ha ribadito a Cracovia durante il meeting con i capi di Stato. Il prossimo vertice Ue fissato per il 24 ed il 25 ottobre affronterà il tema immigrazione. Due giorni prima, il 22, toccherà a Letta riferire alla Camera.



I pm chiedono sempre di archiviare alla fine solo multe che nessuno paga
Immigrati, la macchina mangia-soldi della legge della discordia
la Repubblica, 10-10-2013
VLADIMIRO POLCHI
ROMA — In Italia c'è una macchina che non cammina, ma costa cara. È la Bossi-Fini: il complesso meccanismo di contrasto immigrazione irregolare, fatto di espulsioni, Cie e reato di clandestinità, non ha infatti mai girato a pieni regimi. I numeri stanno li a dimostrarlo. Partiamo dal reato-manifesto introdotto nel 2009: dalla procura di Agrigento (ora impegnata con i sopravvissuti di Lampedusa) si ricorda che dall'entrata in vigore del reato di immigrazione clandestina nella sola Città dei Templi sono stati aperti 511 fascicoli, per 12.867 indagati. Un lavoro immane e costoso. Contro il reato l'ufficio giudiziario, guidato da Renato Di Natale, ha sollevato infatti eccezione di costituzionalità, rigettata però dalla Suprema Corte nel 2011. I pm hanno poi richiesto l'archiviazione per gli indagati, puntualmente rigettata dal giudice di pace che ha invece imposto l'imputazione coatta con successiva condanna: una sanzione amministrativa di 5.000 euro. Peccato che ad Agri- gento nessuno ricordi che ne sia stata mai pagata una. In compenso sono lievitati i costi e l'impegno di uomini e mezzi per identificazioni, notifiche, processi, traduzioni e la parcella degli avvocati, che sono sempre d'ufficio e quindi a carico dello Stato.
RÍMPATRI C0L C0NTAGoCCE
In base alla Bossi-Fini, l'allontanamento degli irregolari dovrebbe avvenire o direttamente alle frontiere o dopo l'ingresso sul territorio italiano. Che le armi contro di loro fossero spuntate già si sapeva, a confermarlo è anche una recente ricerca dei sociologo Asher Colombo. Frenano infatti le espulsioni: il loro numero cresce ininterrottamente fino al 2002 (superando quota 44mila), per poi calare e raggiungere poco più di l0mila casi all'anno. Oggi in Italia solo il 28% dei rintracciati in posizione irregolare viene espulso, contro il 49% del 2003. Un calo dovuto in parte alla sentenza del 2004 della Corte costi- tuzionale, che ha sbarrato la Strada ai rimpatri senza un preventivo controllo da parte di un magistrato.
IL REATO BLUFF
A inceppare la macchina repressiva, come dimostra il caso di Agrigento, è anche il reato di clandestinità. All'elevato numero di denunce, non corrisponde infatti un numero altrettanto elevato di espulsioni. Finora solo un denunciato su cinque ha ricevuto la sanzione dell'espulsione, ma per alcune nazionalità la quota scende ulteriormente. È il caso di cinesi, ucraini, egiziani, pakistani, ghanesi, ivoriani, per i quali al massimo solo il 15% dei denunciati ha ricevuto l'ordine di espulsione.
I CIE COLABROD0
Nei 2011 la permanenza media nei centri d'espulsione è stata di 43 giorni per immigrate: il prolungamento dei tempi di trattenimento (a 18 mesi) non sembra finora aver avuto effetto. Qual è l'efficienza dei centri? Bassa, come dimostra un ampio rapporto ("Lampedusa non è un'isola") curato nel 2012 da Luigi Manconi e Stefano Anastasia per l'associazione "A buon diritto": solo il 47% dei trattenuti viene espulso, che poi è lo scopo dei Cie (con un aumento del 6% in un anno, grazie all'accordo sui rimpatri con la Tunisia). Milano e Modena superano quota 60%, Brindisi si ferma al 25%.
I COSTI PER L0 STATO
Sui costi di gestione, quella dei centri si dimostra una macchina mangiasoldi. I centri costano tanto: 985,4 milioni di euro dal '99 al 2011 Non solo. I centri fanno selezione: entrano con più probabilità gli immigrati irregolari facilmente espellibili perché provenienti da Paesi con i quali esistono accordi di rimpatrio di buona qualità. E ancora: c'è una lunga lista d'attesa. Il numero di domande di trattenimento di irregolari presentate dalle questure che non hanno Cie sul proprio territorio è di gran lunga superiore ai posti disponibili. Dal 2003 a oggi la quota di richieste non evase è stata non solo superiore alla metà, ma pari a tre quarti. Si capisce allora perché l'espulsione in ltalia è diventata una sorta di roulette.



Letta-Alfano, una svolta? Dimostratelo sulla Bossi-Fini
Certo che non servirà a impedire nuove Lampedusa, proprio perché nessuna legge ferma certi fenomeni. Ma abrogare la Bossi-Fini è lo stesso un atto dovuto
Europa, 10-10-2013
Stefano Menichini
Può anche darsi che abbia ragione Angelino Alfano, anzi diamolo per certo: non sarà l’abrogazione della Bossi-Fini a impedire tragedie come quella di Lampedusa.
La verità semplice ed evidente a chiunque non voglia fare solo propaganda è che nessuna legge causa o impedisce simili eventi.
Infatti proprio qui sta la colpa maggiore dei partiti e in generale degli «imprenditori della paura»: nello scatenare guerre ideologiche applicate a inarrestabili fenomeni globali, promettendo soluzioni legislative che sono sempre al novanta per cento inapplicabili e nel restante dieci per cento odiose. Comunque inutili ai fini declamati. Sicché al ripetersi degli eventi – all’infittirsi degli sbarchi, o degli afflussi incontrollati, o del proliferare di campi clandestini ai margini delle metropoli, o dell’incrudelirsi di delinquenza importata – i cittadini si sentono traditi e i politici se la cavano con lo scaricabarile. Mentre le vittime, i più deboli della catena, tali erano e tali continuano a essere.
Allora non sarà cancellando la Bossi-Fini, cioè la criminalizzazione dell’immigrazione irregolare, che si eviteranno i prossimi viaggi della disperazione. Come scriveva ieri magnificamente Adriano Sofri, tante altre cose più utili che non richiedono leggi potrebbe fare il mondo ricco che si sente minacciato, per esempio andando oltremare a presidiare con uomini e forze di buona volontà e buone intenzioni le rotte del nuovo schiavismo.
E però il governo Letta-Alfano e il parlamento delle larghe intese devono egualmente cancellare la vergogna di quella legge. Senza illusioni ma anche senza esitazioni. Certo, discutendo e trattando – come ha detto ieri il presidente del consiglio davanti alle bare dei bambini, delle donne e degli uomini morti a Lampedusa – proprio perché non si tratta di sostituire con un’operazione ideologica una operazione ideologica uguale e contraria. Ma devono farlo.
È una questione di dignità nazionale da ripristinare e anche di stagione politica da superare. Altrimenti non si capisce: a che vale dire che «un ventennio è finito» se non si è in grado di cancellarne i frutti più avvelenati?
Francamente: per credere che negli ultimi giorni si sia davvero consumata una «svolta storica» per la nostra democrazia, abbiamo bisogno di qualcosa di più di una manovra di palazzo ben riuscita.



Un gesto, più speranze
Avvenire, 10-10-2013
Marina Corradi
​Quasi trecento bare, alcune delle quali piccole e bianche, allineate in un hangar dell’aeroporto (soltanto lì, in un’isola che sulla carta geografica pare uno scoglio, si è trovato un posto abbastanza grande per contenerle tutte). Il primo impatto con Lampedusa di José Manuel Barroso ed Enrico Letta è stato il silenzio di questa folla di morti. A porte chiuse il presidente del Consiglio si è inginocchiato, davanti alla schiera di casse. È sembrato un atto fuori protocollo. Un gesto cristiano, che ancora sta nella memoria dell’Italia e dell’Europa. E, prima ancora, un gesto umano: nella inumanità di quei numeri tracciati sulle bare, di una ecatombe di miserabili cui la morte ha tolto anche, forse per sempre, il nome.
Ha chiesto scusa, il presidente del Consiglio, delle inadempienze dell’Italia. Ha parlato a nome del Paese, addossandosi anche responsabilità di vecchia data; non cedendo ai distinguo consueti di certa sfinente politica, per cui la colpa è sempre di altri. Davanti a quasi trecento bare il cordoglio di Letta è suonato come quello dello Stato, entità in questi anni apparsa a momenti travolta dalle partigianerie. Nella tragedia, ci ha confortato sentire parlare a nome dell’Italia intera, e sentire a suo nome chiedere scusa. Ma da fuori, intanto, si alzavano le grida e i fischi di chi, sull’isola, comprensibilmente non crede più a presidenti e auto blu, di chi non si fida, perché da troppi anni a Lampedusa non cambia niente.
E adesso, cambierà qualcosa? È la domanda del giorno, il primo, in cui un’autorità comunitaria nella persona del presidente Barroso è arrivata qui, a questa latitudine quasi africana, a promettere che l’Europa non volterà le spalle. E il vicepremier Alfano ha dichiarato che per la prima volta ha sentito quest’Europa «vicina».
Crederci? Da troppo tempo i palazzi di Strasburgo e Bruxelles sembrano fabbriche di normative senza un’anima, senza qualcosa di più grande che permetta all’Unione di essere tale davvero. Il governo italiano si è impegnato a fare dell’immigrazione un tema centrale della Ue, in particolare durante il suo semestre di presidenza nel 2014. Se davvero accadesse, la vicenda dello sciagurato barcone, con il suo carico di anonimi morti e straziati superstiti, segnerebbe finalmente una svolta, dopo vent’anni di comunitaria distrazione.
Certo però, se l’Europa ha latitato, l’Italia resta con una legge in vigore che afferma il reato di "clandestinità". Chiunque entri senza i dovuti permessi è perseguibile, e i sopravvissuti di Lampedusa sono stati tutti, con inusitata celerità per i tempi abituali della nostra giustizia, indagati per "immigrazione clandestina". Enrico Letta ieri ha detto di provarne «vergogna».
Si vedrà cosa si potrà e saprà fare concretamente, con questa strana maggioranza che su tali temi sembra ancora quasi antropologicamente divisa. Intanto, l’analisi dei flussi migratori nel Mediterraneo dice che sempre più i migranti fuggono da zone di guerra o destabilizzate, e devono quindi diventare oggetto di un trattamento "dedicato". Le emergenze africane e mediorientali bussano disperatamente alle porte dell’Europa, ai confini della Grecia e del nostro Sud. Il che vuol dire che prima d’essere, eventualmente, irregolari, questi uomini sono profughi. Può l’Unione e la sua più meridionale frontiera stringersi in una fortezza e badare solo a ben sorvegliare le sue mura?
Fortezza senza un cuore battente di senso, e di memoria delle sue radici, questa è la deriva possibile dell’Europa, allora avviata dal suo stesso vuoto al declino. Oppure si allarga lo sguardo oltre il Mediterraneo, e si affronta l’ora della storia con umanità e responsabilità. È possibile? Vorremmo poter sperare che quel sottile segnale di svolta c’è stato anche nell’inginocchiarsi di un capo di governo italiano davanti a tanti morti innocenti, e nel suo chiedere scusa. Mentre i sommozzatori recuperavano ancora un piccolo corpo, un neonato: figlio di guerra e di fame annegato come un topo in una stiva, figlio mendicante che l’Europa non avrà.



La vergogna e l'accoglienza
la Repubblica, 10-10-2013
GAD LERNER
Il capo del governo italiano che si inginocchia e chiede scusa di fronte a centinaia di feretri senza nome, riconoscendo le colpevoli inadempienze di cui si sono macchiate le nostre istituzioni. Questo ci resterà della giornata di ieri, insieme al turbamento del presidente della Commissione europea cui raccontavano della madre ritrovata senza vita, ancora attaccata col cordone ombelicale alla creatura che stava partorendo. Li seppelliranno nella stessa bara.
La mente corre alla fotografia del cancelliere tedesco Willy Brandt in ginocchio di fronte al memoriale del ghetto di Varsavia, il 7 dicembre 1970, perché anche quelle odierne sono colpe storiche; anche la strage di ventimila migranti nel Canale di Sicilia è una tragedia epocale. Messi proficuamente a confronto con lo sdegno degli isolani che da anni convivono con la sofferenza altrove ignorata o, peggio, liquidata come un fastidio di cui liberarsi, i responsabili della politica hanno dovuto interrompere il penoso scaricabarile sulle reciproche sfere di competenza. Al ministro degli Interni si è spento in gola l'argomentare insulso sulla necessità del "pattugliamento" per impedire le partenze; dopo che già papa Francesco aveva messo a tacere i propagandisti che fino a poco tempo fa si vantavano dei respingimenti in mare.
Enrico Letta ha confidato la sua vergogna nell'apprendere che, in ottemperanza alla legge italiana vigente, i sopravvissuti sono stati incriminati per immigrazione clandestina. E al Senato si è già manifestata una inedita maggioranza in grado di abrogare questa normativa infame, come già decine di migliaia di cittadini avevano richiesto sottoscrivendo l'appello lanciato dal nostro giornale.
La commissaria europea per gli Affari interni, Cecilia Malström, ha finalmente indicato la priorità dettata da questo flusso di migranti che non hanno altra scelta per scampare a guerre e dittature se non quella di assoggettarsi alle organizzazioni criminali (divenute ricche e potenti, si badi bene, anche per l'assenza di vie di fuga garantite dalle istituzioni a ciò preposte). Dunque la Malström ha parlato di "iniziativa umanitaria". Di per sé non vuol dire ancora nulla. Meglio sarebbe dire con chiarezza che va organizzato un corridoio di transito, prima a terra e poi in mare, sotto la tutela delle Nazioni Unite e dell'Unione Europea.
Non c'è un minuto da perdere. Al posto delle imbarcazioni sgangherate dei trafficanti, fra le due sponde del Mediterraneo devono viaggiare traghetti e aerei sicuri, smistati razionalmente fra diversi porti e aeroporti attrezzati per l'accoglienza. Ponendo fine così anche al dramma del sovraccarico di Lampedusa. Ogni giorno che passa senza corridoio umanitario, non solo aggrava le sofferenze dei migranti, ma regala profitti enormi, e quindi ulteriore potere, alle organizzazioni criminali.
Ieri l'Alto commissariato Onu per i rifugiati ha reso noto che nel 2012 sono giunti in Europa (500 milioni di abitanti) circa 332 mila profughi. Di queste persone, 13 mila sono approdate via mare sulle coste dell'Italia (60 milioni di abitanti). Per quanto la guerra in Siria e il disastro del Corno d'Africa abbiano incrementato le partenze nel 2013, si tratta di un flusso senz'altro governabile, purché si appronti il corridoio umanitario. La cui istituzione favorirebbe anche il necessario monitoraggio, l'identificazione certa dei profughi, e una loro distribuzione razionale.
Gli stessi imprenditori politici della paura che in Italia hanno brandito la legge Bossi-Fini come una bandiera, adesso, per mascherare il loro imbarazzo, spesso ricorrono a un argomento specioso: se non possiamo più garantire l'impermeabilità delle nostre frontiere, dicono, allora tanto vale spalancarle. Con la consueta demagogia, anche Beppe Grillo, dopo aver cavalcato per anni gli stereotipi della xenofobia, si era rifugiato ieri dietro a tale paradosso, prima di proporre al Senato l'abrogazione del reato di immigrazione clandestina.
L'allestimento di un corridoio umanitario e il ripristino di una normativa capace di restituire dignità giuridica ai rifugiati sono l'unica risposta possibile a questa falsa contrapposizione mors tua vita mea.
Dopo aver proclamato il lutto nazionale per onorare le vittime di Lampedusa, Letta ieri ha annunciato che verrà loro tributato un funerale di Stato. Ben fatto, ma è una scelta impegnativa: di solito i funerali di Stato sono riservati ai nostri connazionali. Mi auguro che il pellegrinaggio delle autorità nel mezzo del dolore di Lampedusa sia servito a convincerle della improrogabile necessità di adeguare al tempo contemporaneo la nostra nozione di cittadinanza. Non si tratta di negare la distinzione fra italiani e stranieri, sulla quale pure le obiezioni minoritarie alla nomina della ministra Kyenge evidenziano un grave ritardo culturale. Si tratta piuttosto di riconoscere che nel mondo di domani sarà sempre più arduo distinguere fra diritti umani, diritti sociali e diritti politici. A meno di abiurare il principio fondamentale dell'accoglienza per chi fugge in cerca di salvezza.



EUROPA, VIRATA A DESTRA
José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea, trascinato obtorto collo a vedere da vicino i profughi di Lampedusa, ha promesso 30 milioni di euro supplementari all'Italia.
il manifesto, 10-10-2013
Anna Maria Merlo
Una manciata di soldi: trenta denari per il tradimento dell'Italia, che con la sua inefficienza cronica ha squarciato il velo dell'egoismo della fortezza Europa e a messo con le spalle al muro i suoi dirigenti - non solo la Commissione, che conta meno di quanto le viene attribuito, ma soprattutto i capi di stato e di governo dei 28 - mostrando al mondo tutta la falsità delle dichiarazioni ufficiali compassionevoli. L'inefficienza italiana ha svelato quello che anche gli altri fanno, ma cercano di nascondere con le belle dichiarazioni di principio: la realtà è che l'Unione europea non vuole più accogliere rifugiati, volta le spalle ai boat people, si difende con Frontex, l'agenzia guardiacoste, che ha il compito di individuare i barconi e respingerli nei porti di partenza utilizzando le più moderne tecnologie, dal 2 dicembre rafforzata da Eurosur (sur sta per sicurezza).
In Francia i rom, che pure sono cittadini europei, sono diventati il capro espiatorio di tutte le difficoltà. Non sembra esserci più spazio né per il rispetto dei valori universali su cui si è costruita l'Europa, né per la razionalità. Prendiamo la Siria, dove eravamo pronti a intervenire e da dove ogni giorno migliaia di persone fuggono. L'Ue, prima potenza economica mondiale con circa 500 milioni di abitanti, ha accolto 41mila rifugiati siriani, mentre - a titolo di paragone - il piccolo Libano ne ospita 752mila. Fino a giugno di quest'anno, nei 28 paesi della Ue erano state registrate 37mila domande di asilo, concentrate in cinque paesi, domande respinte con una media del 70%. Gli stati temono di creare un «richiamo», se accolgono rifugiati hanno paura che altri ne verranno. L'immigrazione economica, dove è ancora possibile, funziona con il contagocce.
Perché la Ue si è ridotta a questo spazio geografico senza speranza anche per i suoi cittadini, dove solo la finanza sembra stare perfettamente a suo agio? Le scuse non mancano. In Europa ci sono 26 milioni di disoccupati, giovani in testa, la crisi bastona dal 2008, ogni giorno ci sono notizie di chiusure e licenziamenti.
I singoli stati si rimpallano accuse di lassismo e cercano di scaricare il fardello sul vicino. I politici hanno paura e diffondono paura. Tra otto mesi ci sono le elezioni europee e i sondaggi dicono che, ovunque, c'è il rischio di un'impennata dei partiti anti-europei. L'istituto Ifop rileva che in Francia, se si votassero oggi le europee, il Fronte nazionale diventerebbe il primo partito del paese con il 24% delle intenzioni di voto. In Germania il nuovo partito Alternativ für Deutschland è sicuro di sbarcare all'Europarlamento. Così Ukip in Gran Bretagna e formazioni di destra estrema in Olanda o in Danimarca, cavalcano l'onda. Anche i paesi del nord, meno travolti dalla crisi del debito, cercano rifugio nell'illusione della chiusura nazionale, contro l'Europa strozzata dall'ultraliberismo.
Immigrazione e asilo non hanno risposte semplici. Si tratta di attuare politiche di lungo periodo, di investire, di programmare il futuro, tutte iniziative che sfuggono alla politica che ha tempi brevi. Hollande ha promesso ieri di presentare «nei prossimi giorni» una politica globale ai partner europei, fatta di prevenzione, solidarietà, protezione (per gli europei, cioè sorveglianza delle frontiere). Il presidente francese tenta una sintesi, ma la sinistra paga la mancanza di idee aperte al futuro. E l'assurdità delle risposte semplici a problemi complessi, avanzata dalla destra sempre più a destra, prende il sopravvento.



Giusti quei fischi è un grave errore chiedere scusa
Sono gli italiani le vere vittime dell'immigrazione incontrollata Costringerci a subire invasioni è una violenza inaccettabile
il Giornale, 10-10-2013
Ida Magli
La società italiana è fra le più avanzate sul piano scientifico, giuridico, artistico, tecnico. Quello che non possiamo, e non vogliamo fare, è essere costretti a comportarci come se, viceversa, fossimo poveri selvaggi, privi di capacità razionali che di fronte alle calamità si gettano in terra, gridando le proprie colpe al cielo e il proprio dolore al mondo nella speranza che la prossima volta il cielo e il mondo siano più clementi.
I nostri governanti perciò la smettano di comportarsi come sciamani in terra d'Africa, con bandiere a mezz'asta legate al bastone alzato a supplicare gli Dei e i minuti di silenzio invocati col triplice suono del corno. Adesso basta menzogne. Vogliamo affrontare la questione degli immigrati a Lampedusa con la razionalità con la quale siamo allenati a risolvere le questioni in Italia, non con la mentalità di chi in Africa invoca le piogge. I morti di Lampedusa non li abbiamo ammazzati noi. Non erano italiani, venivano in Italia di propria volontà, senza autorizzazione, senza un lavoro, ma anche senza una necessità assoluta di scappare: non erano inseguiti dal nemico, avevano la propria casa e, come quasi ovunque in Africa, non mancavano né di cibo né delle cose indispensabili alla sopravvivenza. L'Africa, infatti, è povera soltanto perché gli africani non fanno nulla per non essere poveri e non sono capaci di organizzarsi.
Si sono imbarcati spendendo grosse cifre sotto la spinta di specifiche organizzazioni criminali che in Africa tutti conoscono benissimo così come sanno che entrare in Italia senza autorizzazione significa mancare a quella che non soltanto in Italia, ma in ogni paese, in ogni parte del mondo, è una legge iscritta fin dalle origini della società umana nel cuore, nella mente e nel diritto di ogni essere umano: la propria casa, la propria tenda, la propria grotta, la propria tettoia, il proprio paravento, è inviolabile. Nessuno vi può e vi deve entrare senza essere invitato da colui che vi abita e non può occupare neanche lo spazio della sua ombra. Non è mai stato necessario spiegarlo perché tutti gli uomini, dall'età della pietra in poi, l'hanno sempre saputo, anche quelli che vengono a Lampedusa. Lo straniero, l'estraneo, possiede un suo «mana», lo porta con sé e, positivo o negativo che sia, non può «contagiarlo» agli altri senza che gliene sia stato dato il permesso. Il territorio dell'Italia è la casa degli italiani. In nessuna casa italiana si può entrare, neanche la polizia lo può, senza autorizzazione. Chi lo fa è un criminale che la giustizia italiana condanna, anche se non ha rubato nulla. Non c'è nessuna casa, anche piccola e povera, che non abbia, in Italia, uno stuoino davanti alla porta: lo stuoino è il segnale, non che devi pulirti le scarpe, ma che, passandoci sopra, ti decontamini per entrare in uno spazio «altro», lo spazio sacro della persona che vi abita.
I nostri governanti, giustamente contestati ieri, esercitano una terribile violenza nei confronti degli italiani costringendoli a subire ogni giorno l'invasione di stranieri e caricando sulle loro spalle le sfortune di tutti costoro come se ne fossero responsabili. I ragazzi che in classe hanno dovuto osservare il minuto di silenzio per i morti di Lampedusa se ne sono meravigliati, hanno chiesto una spiegazione ai loro insegnanti: perché? Non abbiamo mai fatto il minuto di silenzio neanche per i nostri ragazzi morti in Afganistan, eppure erano italiani, erano stati uccisi per servire l'Italia, per servire noi.



La ragazza annegata mentre partoriva l'ultimo orrore del barcone affondato
Ora le vittime "288"e "289" sono nella stessa bara. Lo shock del sub
la Repubblica, 10-10-2013  
FRANCESCO VIV1AN0
LAMPEDUSA — È nato mentre la madre moriva. Lei annegava, prigioniera dentro la prua del barcone che s'inabissava sul fondo del mare di Lampedusa. Lui anche, appena nato e ancora legato alla sua mamma dal cordone ombelicale. La ragazza africana aveva poco meno di vent'anni e portava in grembo quell'esserino di appena sette mesi. Adesso entrambi, madre e figlio—vittime numero "288" e "289" — sono tornati insieme, dentro una bara marrone, sistemata vicino alle quattro bare bianche custodite, come tutte le altre, nell'hangar dell'aeroporto. Li volevano separare: il bambino prematuro con gli altri bambini, la mamma con le casse degli altri adulti, che da giorni attendono di essere seppellite chissà dove. L'interrogativo era se considerarlo un feto oppure no. Alla fine è prevalso il buonsenso e madre efiglio sono stati messi assieme.
Questa triste vicenda è l'ultima drammatica fotografia della tragedia di Lampedusa, dove molte madri sono morte insieme ai loro figli e ad altri ragazzini che si erano imbarcati da soli per arrivare in Italia. «Non dimenticherò mai le centinaia di bare allineate — dice commosso il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso — dentro ci sono neonati, bambini e anche una madre con il piccolo venuto alla luce proprio mentre il barcone affondava. Quell'immagine non se ne andrà mai via dalla mia mente».
Ma c'è un altro uomo, un maresciallo capo dei carabinieri, che non dimenticherà. Renato Sollustri non dorme da due giorni, da quando ha avuto l'ingrato compito di portare a galla quella donna che aveva suo figlio appena nato nascosto dentro i fuseaux bianchi strappati alle ginocchia, sotto i pantaloni abbassati. Rivive cosi quel momento. «Erano le tre del pomeriggio quando finalmente siamo riusciti a entrare dentro l'ultima cabina di prua — racconta il carabiniere sub — dopo avere superato un muro di cadaveri. Prima abbiamo recuperato il corpo di una donna che stringeva al petto un bambino di cinque o sei anni».
Per separarli è dovuto intervenire Giacomone, cosi si chiama il carabiniere alto due metri. Ha faticato non poco per rom- pere quell'ultimo abbraccio. «Accanto a loro c' era un ragazzo eritreo di 17-18 anni: lo preleviamo, lo portiamo fuori dal barcone». Indossa un paio di jeans e una t-shirt azzurra. Sopra una scritta con caratteri maiuscoli: "Italia". Il sogno e la speranza finiti a poche centinaia di metri dalla costa dell' isola.
L'ispezione dei carabinieri sub, quel giorno, non si ferma lì. Le bombole hanno ancora una decina di minuti di ossigeno. Viene avvistato un altro cadavere di mamma: una ragazza con il pancione. O cosi sembrava. «Non saremmo potuti risalire senza provare a fare qualcosa per lei», ricorda il maresciallo Sollustri. I sub s'infilano di nuovo in quel corridoio disseminato di cadaveri e tornano nella cabina di prua. «L'abbiamo portata fuori dal barcone facendo una catena umana con le nostre braccia. Poi l'abbiamo adagiata sul fondo del mare. Con una cima l'abbiamo legata ad altri cadaveri e poi con i palloni li abbiamo accompagnati dal fondo del mare fino alla luce».
A quel punto, la scoperta più atroce. «Quando abbiamo passato il cadavere della donna ai colleghi che erano a bordo del gommone abbiamo avuto un sussulto: dentro i fuseaux c'era il suo bambino appena nato. Non ci potevamo credere. Ci siamo messi a piangere, la mia maschera era allagata di lacrime». Il maresciallo e i suoi colleghi del gruppo interforze in questi giorni hanno recuperato quasi trecento cadaveri. «Ma di fronte a quella giovane donna e al suo piccolo bambino appena nato ci ha fatto perdere la freddezza. In tanti anni che faccio questo lavoro, non mi era mai accaduta una cosa del genere. È stato un lavoro "sporco". Sarei stato felice — dice Sollustri, che ha un figlio di 14 anni, Tommaso — se avessi potuto riportarli a galla vivi. Ma erano morti da cinque giorni e forse il piccolo non ha neanche visto la luce. Solo il fondo nero del mare».
Non si saprà mai se quel bambino sia stato effettivamente partorito durante il naufragio o se sia uscito dal grembo della sua mamma soltanto dopo. Quel che è certo, dicono con orgoglio dall'hangar, che quel piccolo è stato considerate un individuo, conteggiato nel computo delle vittime della tragedia e disposto in una bara assieme alla sua giovane mamma.



Dieci milioni di profughi in fuga da guerre e fame
Secondo l’Onu ogni 4,1 secondi una persona nel mondo diventa rifugiato
Barnier: «Prepariamoci a un afflusso sempre più massiccio»
Solo dalla Siria previsti 3,5 milioni di persone in fuga entro la fine dell’anno
l'Unità, 10-10-2013
Umberto De Giovannangeli
È l’«esercito» dei migranti politici. Fuggono da guerre civili, conflitti tribali, pulizie etniche. Le fila di questo «esercito» crescono di giorno in giorno. Perché crescono di giorno in giorno le aree di guerra, di sofferenza. L’inferno in terra: Siria, Somalia, Eritrea, Darfur, Libia, l’Africa subsahariana...Le più autorevoli organizzazioni umanitarie concordano nell’indicare, in difetto, il bacino di questo «esercito» di potenziali asilanti: 10-15 milioni. Per avere idea di quale miliardario giro d’affari, per le organizzazioni criminali, potrebbe determinarsi attorno a questo «esercito» di esclusi, basta pensare che oggi, per salire su un boat people e partecipare alla roulette del mare, le mafie del traffico di esseri umani, fanno pagare una cifra, a persona, che varia dagli 8mila ai 12mila dollari. Questa cifra, di per sé mostruosa, di 10-15 milioni, è solo una parte del numero complessivo di rifugiati, ormai arrivato a superare i 45 milioni, stando al rapporto Onu Global Trends 2013. Quell’esercito è stato accresciuto dalla guerra civile siriana.
LE CIFRE DI UNA TRAGEDIA
L’Unione europea deve prepararsi a un «afflusso massiccio» di profughi siriani. A lanciare il monito, ieri, a nome della Commissione europea, è stato il vice presidente Michel Barnier durante in dibattito al Parlamento europeo sulla Siria. «Dobbiamo prepararci alla possibilità di un afflusso ancora più massiccio», avverte Barnier, sottolineando come il crescente arrivo dei profughi siriani registrato in diversi Stati membri «non è più una questione strettamente nazionale, ma una questione europea». «La risposta non si trova certamente nella chiusura delle nostre frontiere nazionali, nel raggomitolarsi in se stessi o in un atteggiamento da barricate, non sarebbe nell'interesse dell'Europa ha aggiunto ogni crisi di questa portata ci riguarda tutti e dovremmo essere pronti in uno spirito di maggiore solidarietà». Sono oltre due milioni i profughi registrati dall'Onu nei Paesi confinanti con la Siria, numero che dovrebbe toccare i 33,5 milioni entro la fine dell’anno. L'Alto commissario Onu per i rifugiati ha chiesto all' Europa di accogliere 10.000 siriani.
Dalla Siria all’Eritrea. Altro bacino in crescita per l’esercito di migranti «politici». La mancanza di una politica per l’Eritrea da parte dell'Europa garantisce al regime autoritario di Isayas Afewerki, stabilmente al potere da 20 anni, la legittimazione per reprimere ulteriormente la libertà di stampa, di opinione, di riunione e di credo religioso. Ancora oggi l'Eritrea in tema di libertà di stampa è all’ultimo posto su 179 Paesi. Nel suo ultimo rapporto annuale, Amnesty International descrive l’Eritrea come un Paese dove «l’arruolamento militare nazionale è rimasto obbligatorio e spesso esteso a tempo indeterminato. È rimasto obbligatorio anche l’addestramento militare per i minori. Le reclute sono state impiegate per svolgere lavori forzati. Migliaia di prigionieri di coscienza e prigionieri politici hanno continuato ad essere detenuti arbitrariamente in condizioni spaventose. L’impiego di tortura ed altri maltrattamenti è stato un fenomeno diffuso. Non erano tollerati partiti politici d’opposizione, mezzi di informazione indipendenti od organizzazioni della società civile. Soltanto quattro religioni erano autorizzate dallo Stato; tutte le altre erano vietate e i loro seguaci sono stati sottoposti ad arresti e detenzioni». Per Amnesty, sono questi i motivi principali che inducono cittadini eritrei a continuare a fuggire in massa dal Paese, delle dimensioni di un terzo dell’Italia e con meno di cinque milioni di abitanti. Ma nemmeno lasciare l’Eritrea è semplice. Sempre Amnesty spiega che «per coloro che venivano colti nel tentativo di varcare il confine con l’Etiopia è rimasta in vigore la prassi di “sparare per uccidere”. Persone colte mentre cercavano di varcare il confine con il Sudan sono state arbitrariamente detenute e duramente percosse. Familiari di persone che erano riuscite a fuggire sono state costrette a pagare multe per non finire in carcere».
SOMALIA
La situazione è, se possibile, ancora peggiore in Somalia. Secondo un recente rapporto di Caritas Somalia, almeno 1,2 milioni sono gli sfollati interni a cui si aggiunge un milione di rifugiati che hanno trovato asilo nei Paesi limitrofi (Eritrea, Etiopia, Kenya, Uganda, Tanzania, Gibuti e Yemen). Quella in Somalia è una delle più lunghe e gravi crisi di rifugiati al mondo. Nell'ultimo decennio rileva l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati(Unhcr) solo altri tre conflitti, quelli in Afghanistan, in Iraq e ora in Siria, hanno costretto più di un milione di persone a fuggire dalle proprie case. Indicativo è la conclusione di una ricerca dell’Unhcr: a provocare le migrazioni è soprattutto l’incubo della guerra. Lo dimostra il fatto che 55 rifugiati su cento vengono da cinque Paesi coinvolti nei conflitti: Afghanistan, Somalia, Iraq, Siria, Sudan. Importanti nuovi flussi si registrano anche in uscita da Mali, Repubblica Democratica del Congo e dal Sudan verso Sud Sudan ed Etiopia dal Mali e dal Congo RDC. Durante il 2012, 7,6 milioni di persone sono state costrette alla fuga, di cui 1,1 milioni hanno cercato rifugio all’estero e 6,5 milioni sono rimaste all’interno del proprio Paese. Ogni 4,1 secondi una persona nel mondo diventa rifugiato o profugo interno.



Carta di soggiorno ai rifugiati e 210 milioni per fronteggiare gli sbarchi
Il consiglio dei ministri sblocca fondi per “l’eccezionale afflusso di stranieri” e per i minori soli. Recepita una direttiva europea sui titolari di protezione internazionale
stranieriinitalia, 10-10-2013
Roma – 10 ottobre 2013 - Arrivano fondi per emergenza immigrazione e minori soli e la carta di soggiorno (permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo) anche per i rifugiati. Merito di due provvedimenti varati ieri sera dal Consiglio dei ministri, tutte misure già previste prima della tragedia di Lampedusa che però serviranno all’Italia per gestire meglio l’accoglienza di chi arriva sulle nostre coste.
Il governo ha approvato un decreto legge contenente “disposizioni urgenti in materia di finanza pubblica” che, tra le altre coste, istituisce un fondo per “fronteggiare le esigenze straordinarie connesse all’eccezionale afflusso di stranieri sul territorio nazionale”. Viene dotato di 190 milioni di euro per il 2013, la cui ripartizione è affidata al ministero dell’interno previo consenso del ministero delle Finanze. Altri 20 milioni di euro vengono invece assegnati al fondo per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.
Complessivamente vengono quindi stanziati 210 milioni di euro. Le coperture arrivano per 90 milioni di euro dal Fondo rimpatri, alimentato anche dalle tasse sui permessi di soggiorno,  per 70 milioni di euro dalle entrate dell’INPS derivanti dalla regolarizzazione del 2012, per 50 milioni di euro da una corrispondente riduzione del “Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura”.
Il governo ha poi approvato uno schema di decreto legislativo (che ora verrà inviato alle Camere per i pareri) che recepisce la direttiva 2011/51/UE. L’obiettivo, spiega una nota di Palazzo Chigi, è “favorire l’integrazione dei titolari di protezione internazionale (rifugiati e titolari di protezione sussidiaria), consentendo il rilascio del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo alle medesime condizioni previste per gli altri cittadini stranieri anche ai rifugiati che ad oggi ne sono esclusi”.
I titolari di protezione internazionale con permesso di “lungo-soggiorno” potranno stabilirsi, a determinate condizioni (ad esempio, per motivi di lavoro), in un secondo Stato membro. Inoltre, lo status ulteriore di soggiornante di lungo periodo potrà essere mantenuto anche in caso di cessazione della protezione internazionale.
Per gli stranieri beneficiari di protezione internazionale ed i loro familiari ottenere il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo sarà più semplice rispetto agli altri immigrati. Non dovranno infatti documentare la disponibilità di un alloggio idoneo, né superare il test di conoscenza della lingua italiana.



Permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica.
Confermato dalla Camera, il ddl di conversione del decreto legge n. 93 ora passa al Senato. Il rilascio del permesso di soggiorno sarà sempre subordinato al parere dell’autorità giudiziaria.
Immigrazioneoggi, 10-10-2013
Il decreto legge n. 93, approvato dal Governo il 14 agosto scorso, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, prevede anche una nuova tipologia di permesso di soggiorno da rilasciare alle vittime di violenza domestica quando siano accertate situazioni di violenza o di abuso nei confronti di uno straniero “ed emerga un concreto ed attuale pericolo per la sua incolumità, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla medesima violenza o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità”.
La Camera dei deputati, nel confermare sostanzialmente la proposta del Governo, ha però precisato che il permesso potrà essere rilasciato anche su proposta dei centri antiviolenza e dei servizi sociali specializzati nell’assistenza delle vittime di violenza, ma solo con il parere dell’autorità giudiziaria.
La Camera ha anche aggiunto una disposizione che prevede nel caso di condanna dello straniero per violenza domestica la revoca del permesso di soggiorno e l’espulsione.



Una coperta, un gioco, un panino: la solidarietà per i siriani in stazione
Corriere.it, 10-10-2013
Sumaya Abdel Qader
Giornata in Stazione Centrale. Accorro all’appello fatto da volontari di associazioni umanitarie impegnate per sostenere i profughi siriani. Uno zaino in spalla, pieno di vestiti per neonati, cappotti per bambini, intimo, calzini. Trovo molti altri giovani con zaini carichi in spalla come me. Ci ritroviamo nel piano ammezzato della Stazione. Ci guardiamo intorno e cerchiamo chi ha bisogno. Non chiediamo da dove provengano, non ci interessa, ma sappiamo che la maggioranza sono siriani. Inizialmente abbiamo trovato molta diffidenza. Pochi hanno accettato gli aiuti. Quando abbiamo preso più confidenza e stabilito un rapporto di fiducia con alcuni abbiamo capito il perché della chiusura dei più. Truffe, rapine, stupri, estorsioni, ricatti…è quello che subiscono da settimane in questo loro drammatico viaggio della “speranza”. Ci raccontano del loro sogno di arrivare in Svezia, questo Paese così freddo e asettico rispetto ai loro Paesi di origine è diventato il miraggio che vedono e non riescono a raggiungere. Una mamma continua a rincuorare la figlie dicendole che non appena sarebbero giunte a destinazione le avrebbe comprato i giochi che continua a richiedere guardando le vetrine di Immaginarium.
    “Appena arriviamo in Svezia ti prendo quello, faremo quest’altro, portiamo papà”.
Un’altra piccola bimba di 7 anni è rinchiusa nel silenzio. Non vuol parlare di nulla. Rinnega di essere siriana e di essere mai stati in Siria.
    Mi dice “io non mi ricordo niente”. Eppure i suoi occhi raccontano molto più delle sue parole.
Hanno bisogno di tutto. Molti hanno dovuto buttare le valigie in mare cercando di non affondare nei barconi stracarichi. Altri sono stati derubati. Da qualche giorno si è creata una straordinaria catena di solidarietà. Composta da giovani e donne in particolar modo, di tutte le origini e confessioni.
    Pura solidarietà. Si arriva con ciò che si ha, e si offre: un maglione, una coperta, un gioco, una bevanda calda, un panino.
Molti offrono addirittura un posto dove dormire o un alloggio in albergo. Molti rifiutano. Ci raccontano di storie che hanno sentito, raccapriccianti. Difficile organizzare gli aiuti perché non si sa mai quando i gruppi arrivano e quando partono.
    Fantasmi che fluttuano discreti negli angoli della Stazione, ignari ai più.
Ieri ho passato almeno 8 ore a sentirli ragionare continuamente su quale potesse essere la via più sicura per arrivare in Svezia o in Germania.
    In Italia nessuno vuol rimanere. Un po’ mi ferisce questo fatto.
Non vogliono stare perché sanno che noi (Stato) non possiamo (vogliamo?!) offrire se non poco, troppo poco. Eppure da questa stessa stazione quanti italiani sono transitati in passato? Si avventuravano anche essi in viaggi della speranza.
    Noi siamo loro e loro sono noi.
La catena di solidarietà continua. Arrivano buste con soldi per comprare ciò che serve perché la breve permanenza in Italia sia alleviata.
    “Ai fratelli siriani”, mi scrivono.
Poi, arriva la sera. Noi sotto le calde ed accoglienti coperte. Protetti tra le mura di casa. Sereni di sapere che i nostri figli sono nella stanza accanto. Ma il pensiero di chi tutto ciò non ha tormenta. Difficile dormire sereni sapendo che tanti hanno freddo, fame e paura. Orgogliosa e commossa, però, di sapere che c’è ancora tanta sincera bellezza nell’umanità e la sincera solidarietà di questi giorni lo conferma.
   Caro governo, attendiamo nuove disposizioni.

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