15 ottobre 2013

Nella notte soccorsi 400 migranti in 4 operazioni
Avvenire, 15-10-2013
Altri 400 migranti sono stati salvati nella notte dalle motovedette che operano incessantemente nel Canale di Sicilia e che sono intervenute in quattro distinti interventi.
Il primo barcone ad essere soccorso è stato un  gommone con 80 persone a bordo che si trovava in acque libiche: la centrale operativa delle Capitanerie di porto ha dirottato in zona un mercantile che ha preso a bordo i migranti e li sta ora trasferendo a Pozzallo.
Nella zona tra Malta e Lampedusa, dove venerdì scorso si è verificato il naufragio in cui sono morte quasi 40 persone, un barcone con circa 250 eritrei a bordo è stato soccorso dalle navi della Marina militare e da quelle della Guardia costiera. I migranti sono stati trasferiti sulle motovedette e sono già arrivati a Lampedusa dove sta facendo rotta anche la nave Peluso della Guardia costiera che ha preso a bordo 80 persone che si trovavano su un terzo barcone. Infine, a 35 miglia a sud-ovest di Marsala, la Guardia di Finanza ha soccorso un barchino con a bordo sei tunisini.



“Il Mediterraneo non sia più mare di morte”
Letta: via all’operazione militare e umanitaria nel Canale di Sicilia. Ancora sbarchi aLampedusa
la Repubblica, 15-10-2013
FABIO TONACCI
ROMA — Una nave anfibia con ospedale a bordo, un drone di pattuglia sul Mediterraneo, due elicotteri con visori a infrarossi. E ancora, un aereo per il pattugliamento notturno e un sistema integrato di radar a terra. Più uomini, più mezzi. «E una capacità di controllo in alto mare triplicata rispetto a ora», spiegano al ministero della Difesa. Eccola qua “Mare Nostrum”, l’operazione militare e umanitaria del nostro governo per rafforzare la sorveglianza nel Canale di Sicilia dove ancora ieri passava inosservato un barcone con 137 migranti a bordo, partito dalla Libia e arrivato a Lampedusa. E a largo di Pozzallo venivano soccorse 155 persone.
Dunque, le navi impiegate passano da tre a cinque. Alla fregata Espero e ai due pattugliatori, Libra e Cassiopea, si aggiungono un’altra fregata di classe “maestrale” e soprattutto una Lpd. L’acronimo sta per “Landing platform dock” e identifica una nave anfibia porta elicotteri a lungo raggio, che funge da centro di comando in mare, con un ospedale a bordo e la possibilità di calare gommoni di soccorso. La Marina ne ha a disposizione tre: la San Marco (133 metri di lunghezza e 165 uomini di equipaggio) sarà attiva dal 18 ottobre. Si darà il cambio con la San Giorgio. Prevista poi un’unità navale da mototrasporto costiero, per il supporto logistico e il rifornimento.
Aumentano anche gli “occhi” nel cielo. L’aeronautica ha messo ha disposizione un velivolo Atlantic per il pattugliamento notturno. Fa base a Sigonella, ha una autonomia di 10 ore circa e monta un apparecchio a infrarossi che individua fonti di calore come il corpo umano. E poi il Predator, un piccolo aereo a pilotaggio remoto che vola anche per 24 ore di fila. Ora fa base ad Amendola, vicino a Foggia, ma non è escluso che possa partire da un altro aeroporto. Sono della Marina invece i due elicotteri EH101 con sistema infrarossi e radar di ricerca di superficie e il P180, un bimotore ad elica che si alzerà da Pantelleria o Lampedusa.
«Per noi è intollerabile che il Mediterraneo sia mare di morte», dice il premier Enrico Letta che ha presieduto la riunione a Palazzo Chigi, con gli altri ministri ed i vertici militari, in cui sono stati messi a punto i dettagli dell’operazione. Il costo di “Mare Nostrum”? Al momento non è chiaro. «Ora spendiamo 1,5 milioni al mese — spiega il ministro della Difesa Mario Mauro — potenziando il sistema, si spenderà di più». Con quali soldi? «La missione — puntualizza il ministro dell’Interno Angelino Alfano — si finanzierà con i bilanci dei rispettivi ministeri. L’immigrazione va affrontata su tre livelli: la cooperazione internazionale, affinché non partano le navi dei mercanti di morte; il controllo della frontiera europea; il tema dell’accoglienza e del dispositivo nazionale».
Intanto però a Lampedusa le polemiche non si placano. Prima per la notizia, smentita però dalla procura di Agrigento, della presenza sull’isola dei basisti dell’organizzazione libica che gestisce il traffico di migranti. Poi per la dura accusa alla politica lanciata dai vescovi siciliani riuniti a Siracusa per la conferenza episcopale regionale: «Talune risposte istituzionali — dicono — hanno moltiplicato il numero delle vittime».



Per navi e aerei 4 milioni al mese
«Mare nostrum» userà anche elicotteri e droni
Ci sarà la San Marco con l’ospedale a bordo
Corriere della sera, 15-10-2013
Fiorenza Sarzanini
ROMA — Missione militare umanitaria ma con un obiettivo preciso: stanare gli scafisti. E dunque il dispositivo che sarà operativo dal 18 ottobre e costerà almeno 4 milioni di euro al mese prevede l’impiego della nave San Marco come «base», due fregate, due pattugliatori, oltre a elicotteri e aerei dotati di visori notturni che possano pattugliare costantemente il Mediterraneo.
Si chiama «Mare nostrum» l’operazione varata dal governo dopo i due naufragi al largo di Lampedusa e arriverà in acque internazionali, tanto che il ministro dell’Interno Angelino Alfano chiarisce: «Esistono le regole del diritto internazionale di navigazione e non è detto che, se interviene una nave italiana, i migranti soccorsi debbano essere portati in un porto italiano. Si valuterà in base al luogo dell’intervento». E il suo collega della Difesa Mario Mauro chiarisce che «non c’è ancora una data di scadenza, perché tutto dipenderà da quello che accede e in ogni caso si deciderà dopo la riunione dell’Unione Europea del 24 ottobre che ha all’ordine del giorno proprio l’emergenza legata all’arrivo dei migranti».
Dura poco meno di un’ora la riunione fissata a Palazzo Chigi per mettere a punto i dettagli dell’operazione che era stata annunciata dal premier Enrico Letta la scorsa settimana. E un ruolo fondamentale, oltre che alla Marina Militare, viene assegnato al comando delle Capitanerie di porto che in queste ultime settimane hanno salvato decine e decine di persone. Viene stabilito che il comando in mare sarà assegnato appunto alla San Marco equipaggiata con gli elicotteri e i gommoni, ma soprattutto dotata di un ospedale a bordo che può servire per il primo soccorso di eventuali naufraghi o comunque di persone che vagano a bordo delle piccole imbarcazioni utilizzate dagli scafisti quando arrivano in prossimità della costa.
Saranno proprio i velivoli, soprattutto i droni (naturalmente non armati) e gli Atlantic a poter individuare le cosiddette «navi madri» che i trafficanti utilizzano per caricare il massimo di persone possibile sulle coste libiche e cominciare il viaggio verso la Sicilia.
La scelta del governo appare chiara: non solo potenziare il numero dei mezzi e degli uomini impiegati, ma aumentare la qualità dell’intervento con navi più grandi e maggiormente sofisticate, con velivoli di alta tecnologia che generalmente si usano nelle missioni di guerra. Perché di fronte all’offensiva degli scafisti ormai proprio di guerra si tratta, visto l’incremento di partenze che si sono registrate nelle ultime settimane. E tenuto conto del drammatico bilancio dei naufragi che soltanto nell’ultima settimana ha superato le 400 persone con decine di donne e bambini morti in mare.
Alfano e Mauro assicurano che la missione si integrerà con Frontex (dispositivo europeo che dovrebbe pattugliare il mare, ma sinora ha mostrato vistose lacune) e con Eurosur (sistema di rilevamento che in realtà entrerà in vigore soltanto il 12 dicembre). In realtà appare confermato che sarà questo deciso dal governo italiano l’unico intervento pianificato nel Mediterraneo e non è escluso che i problemi si porranno al momento di individuare il porto dove trasferire i migranti eventualmente soccorsi in acque internazionali. Non a caso in queste ore si stanno intensificando i contatti diplomatici con le autorità maltesi e si sta cercando una sponda dell’Ue in vista del vertice della prossima settimana. Anche per rinnovare la richiesta, già ava



Bloccare gli scafisti e salvare vite umane. L’Italia chiama l’Europa, ma parte subito
Al via "mare nostrum". Uomini e mezzi per evitare nuove stragi
Europa, 15-10-2013
Fabrizia Bagozzi
Al termine dell’incontro con il premier finlandese Jyrki Katainen, è lo stesso Enrico Letta a spiegare il senso della «missione militare umanitaria» che prende il via oggi nelle acque del canale di Sicilia: «Non possiamo aspettare i tempi dei parlamenti e delle istituzioni europee, quando ci sono di mezzo le vite umane dobbiamo agire subito». Sicché, se è vero che il mutamento di segno dei flussi migratori – sempre più i migranti che sbarcano sono profughi – impone «un cambio radicale di normative e approccio in Italia e in Europa», è anche vero che intanto le stragi vanno fermate. E con loro gli scafisti che ci speculano sopra.
Deterrenza e sanzioni per chi traffica e salvataggio e accoglienza per chi è trafficato. A questo proposito l’Italia chiama l’Europa ma parte per prima, mettendo di suo uomini e mezzi, dopo aver inviato a Tripoli un gruppo di funzionari del Viminale per verificare in che modo è possibile collaborare più e meglio nel bloccare i trafficanti.
I dettagli dell’intervento sono stati messi a punto nel pomeriggio di ieri a palazzo Chigi nel corso di un vertice al quale hanno partecipato, oltre al premier, il ministro degli interni Alfano, degli esteri Bonino, della difesa Mario Mauro, degli Affari europei Moavero Milanesi, dei trasporti Lupi.
Una missione (“mare nostrum”) imponente, anche sul piano della copertura
economica. Le forze in campo saranno triplicate, si raddoppieranno i costi del sistema, che passeranno da un milione e mezzo di euro al mese a tre milioni di euro. Si troveranno, ha spiegato Alfano, nei fondi dei singoli ministeri: non c’è bisogno di cercare coperture ulteriori. A pattugliare il Canale di Sicilia, e oltre ai mezzi già in campo, da oggi arriveranno 1.500 uomini e un drappello di navi di varie dimensioni e funzioni. Due fregate, due pattugliatori dotati di elicottero, una unità anfibia e una ospedaliera per prestare soccorso immediato ai naufraghi. Verranno usati anche aerei militari e droni.
Intanto, Letta lavora sul versante diplomatico per preparare il vertice
europeo della prossima settimana, nel quale l’Italia ha ottenuto che si discuta di immigrazione. Accantonata l’idea della modifica del regolamento Dublino 2, il nostro paese chiederà il potenziamento del sistema di pattugliamento europeo Frontex – proponendo anche che il direttore sia italiano e che abbia una sede in Italia, appunto per ragioni di confine – e il rafforzamento degli accordi europei con i paesi di transito e di provenienza. Serve il sostegno di tutti, in particolare dei paesi dell’Europa del nord, meno disposti a rivedere le cose. Ieri il presidente del consiglio si è assicurato quello, non scontato, del premier finlandese Katainen.
L’Ue sta dando segnali di ricevuto, ma ha tempi lunghi e, in ogni caso,
arrivare a una condivisione effettiva del presidio della frontiera sud non sarà banale. Rimane però una delle strade da percorrere. L’altra è potenziare il diritto d’asilo nel nostro paese, perché i migranti salvati dovranno essere accolti. Poi c’è la cancellazione del reato di immigrazione clandestina. Che al momento rimane un’intenzione.



Respinti umanamente
Droni, elicotteri e navi per soccorrere i migranti. Ma il ministro Alfano spiega: «Non è detto che poi verranno portati in Italia». Il rischio è che cominci una versione più pulita dei respingimenti in mare
il manifesto, 15-10-2013
Carlo Lania
ROMA-Verranno utilizzati anche i droni per individuare i barconi carichi di immigrati che navigano nel Mediterraneo. Gli aerei senza pilota fanno parte della missione «Mare sicuro» varata ieri da palazzo Chigi e che prevede l'impiego  di quattro navi della Marina Militare, due pattugliatori e due fregate, ma anche di una nave anfíbia con elicotteri a lungo raggio, un ospedale e ampi spazi per il ricovero dei naufraghi. La missione potrà inoltre contare su due elicotteri Eh 1O1 della Marina militare dotati di strumenti ottici a infrarossi e radar di ricerca di superficie, un velivolo P180 anch'esso dotato di tecnologia per la visione notturna, un'unità navale da trasporto costiero, un velivolo di pattugliamento marittimo che partirá dalla base di Sigonella, e sarà coordinata dal Comando forze navali Marina militare che ha base a Roma.
Dopo aver promesso di iníervenire in tempi rapidi per mettere fine ai naufragi nel Canale di Sicilia, ieri Enrico Letta ha presieduto un vertice sull'immigrazione quale hanno partecipato i ministri degli Interni Alfano, degli Esteri Bonino e della Difesa Mauro, insieme al sottosegretario con delega ai servizi segreti Marco Minniti e all'ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, capo di Stato maggiore della Difesa. Ma che quella che prendera il via oggi sia una vera missione umanitaria oppure una versione solo più umana e decente dei respingimenti in mare è ancora tutto da vedere. Non è sicuro, infatti, che una volta soccorsi in mare gli immigrati verranno poi fatti sbarcare in Italia. «Ci sono le regole dei diritto internazionale della navigazione», ha tenuto a precisare il ministro degli Interni Alfano. «Non è detto che se interviene una nave italiana porti i migranti in un porto italiano. Si valuterà in base al luogo dove avverrà l'operazione». Parole che lasciano intendere come tutto dipenda dalle acque in cui un barcone verra soccorso: se avrà la fortuna di essere intercettato in quelle italiane probabilmente verra accompagnato fino alle coste della Sicilia, aitrimenti la sua destinazione finale potrebbe essere Malta o, peggio, il ritorno in Libia. Un prezzo che, al di là della buone intenzioni, il premier ha evidentemente dovuto pagare all'alleato del Pdl.
«Mare nostrum» non si limiterà comunque al solo intervento sui barconi in navigazione, ma rientra in una strategia più generate per cercare di arginare le partenze. «Abbiano tre livelli per affrontare i flussí migratori», ha spiegato infatti sempre Alfano. «Il primo è la cooperazione internazionale tendente a fare di tutto perche non partano le navi dei mercanti di morte: il secondo è il controllo della frontiera che è europea: il terzo è l'accoglienza e il dispiegarsi dei dispositivo nazionale». 1 costi deli'operazione sono stati calcolati per ora in un milione e mezzo di euro al mese, anche se, come ha spiegato il ministro della Difesa Mauro, non è escluso che si spenderà di più.
Dai punto di vista politico, con la missione varata ieri Letta ha adesso tutte le carte in regola per chiedere all'Europa di fare la sua parte. E non solo dal punto di vista economico.
L'occasione sarà il summit che si terrà il prossimo 24 e 25 ottobre, summit dedicato all'immigrazione e in cui si spera che la Ue possa trovare una politica comune al di là degli interessi nazionali. Tra le questioni da discutere c'è il rafforzamento di Frontex, l'agenzia che ha il compito di presidiare i confini dell'Europa e che Letta vorrebbe avesse una sua base anche in Italia, vista le continue emergenze nel Mediterraneo, ma che però ha già esaurito il budget per il 2013. L'Italia punta però anche ad avere nuovi accordi europei con i paesi d'origine dei migranti, aprendo magari canali legali per l'immigrazione e tornerà probabilmente a battere ancora per una revisione del regolamento di Dublino, in modo da poter avere una diversa distribuzione dei richiedenti asilo. In discussione anche intese per il contrasto dei network criminali. Un punto quest'ultimo sul quale pesa un'incognita non da poco: la sítuazione di instabilità politica che regna in Libia ed Egitto, due dei principali punti di partenza dei barconi carichi fino all'impossibile di disperati in fuga da fame e guerra.



In cerca di futuro
I bambini che nessuno vuole
Il Fato, 15-10-2013
Veronica Tomassini
Siracusa Sono i sommersi, e non sempre salvati. Non c’è un numero che li accolga definitivamente, quanti sono? Quanti ne arrivano? Dove finiscono i vivi? Cerchiamo i bambini, tornando a Siracusa, nel Cie, o quel che lo sostituisce in via Gela. L’inibizione dell’accesso al palazzo eretto sulle campagne a sud della città, non ci impedisce di incontrare Natì (scritto così come lo intendiamo foneticamente), provenienza dal Corno d’Africa, l’unico bambino rimasto nel mausoleo blindato.
TRE, forse quattro anni, gioca al pallone in cortile, con un ragazzo ivoriano, sono rimasti solo uomini, dentro il mausoleo. Poi di nuovo Natì, oltre le grate, in piedi, sul muro di recinzione, sorretto da un carabiniere in tenuta antisommossa. E ancora Natì che mastica mandorle, guardando i poderi che scivolano verso la costa. “Ciao Natì”: la sua felicità parla l’inglese perfettamente, Natì risponde. Crediamo che possa essere felice anche se è un sommerso. Ma non fuggirà, mentre altri lo hanno fatto: ragazzini, dodici, tredici quattordici anni, con il Rosario al collo, vagavano da un centro a un altro, imprendibili, i sommersi che i protocolli ripudiano, sono sempre più veloci dei verbali di affidamento. Egiziani o siriani, partiti dal porto d’Alessandria, falegnami, povera gente, poveri vecchi a benedirli da una proda africana, non studenti, non adolescenti, provati come gli anziani. Copti siriani o egiziani non accompagnati, un buon affare, tutto sommato. Per un comunità di prima accoglienza valgono 70 euro al giorno. Però i bambini si perdono anche.
Noi li cerchiamo al Cie, di quelli incontrati questa estate non abbiamo notizia. Fuggivano da una casa di Melilli, vagavano la notte con la paura degli adolescenti e la pazienza dei vecchi, attraversando antiche mulattiere o terreni coltivati da marrani di solito minacciosi, seguendo la via che era sempre la stessa da una costrizione al-l’altra, per poi scappare ancora. Uscendo dal Cie, lasciamo Natì giocare con i suoi custodi, in tenuta antisommossa. I bambini finiscono anche a Priolo. Sbarcano nel porto, in uno dei fronti accesi, Sampieri, Pozzallo, Siracusa, Ragusa, e nei blindati arrivano nella comunità di accoglienza temporanea “Papa Francesco” autorizzata dalla Prefettura. Quelli che arrivano, devono arrivare tutti, cioè non ci si mette la mano sul fuoco. Ne hanno cento adesso, tra ragazzini e donne, e l’allarme sempre rosso, riferisce dalla direzione Daniele Carrozza. Il Comune di Siracusa dovrebbe contribuire secondo verbale giudiziario al momento dello sbarco e secondo un articolo del codice civile. Il Comune non recepisce.
EPPURE l’avamposto a sud est della Sicilia è a fiamme e fuoco ininterrottamente. Dove finiscono i bambini? I bambini finivano anche nel centro “Nelson Mandela” (siamo ancora a Priolo), nato in appendice alle stragi del mare, il 24 settembre. Neanche un mese e l’ordinanza del sindaco del paese decide lo sgombero e il trasferimento dei 40 occupanti. Il blitz, l’irruzione delle forze dell’ordine, lunghe trattative per convincere i bambini a lasciare la casa - my home, please, urlavano da dentro, i ragazzini che erano bambini - una storia consumata subito e sconsideratamente. I bambini salgono sui blindati, finiscono altrove, tre ritornano a casa, nel centro sigillato. Non è una casa, devono convincersi. Non trovano nessuno, gli altri saranno divisi, un po’ qui, un po’ li.
Dove finiscono i bambini, quando non arrivano, non sappiamo. Il loro sbarco non smette mai di esserlo. L’ordinanza citava la violazione delle norme igienico-sanitarie e mentre si svolgeva il blitz al “Nelson Mandela” e la prefettura di Siracusa prendeva le distanze dalla comunità, la questura chiedeva disponibilità ancora. E ancora blindati, e dentro testoline arruffate che spiavano da dietro i vetri, erano i piccoli abitatori di un mondo segreto, che non conosce numeri: dei salvati e dei sommersi.



Immigrazione:il M5S e le leggi da cancellare
Saleh Zaghloul
10/10/2013 www.olinews.info
Certo che il Movimento 5 Stelle deve chiarire la sua posizione su immigrazione e asilo, certo che non mi piace quello che sostiene sulla disumana situazione delle nostre carceri: su questo ha ragione il Presidente della Repubblica, ma è molto significativo che tra tutti i gruppi presenti al Senato della Repubblica siano stati due senatori del Movimento a presentare l’emendamento (passato in commissione) per l’abrogazione del reato di clandestinità. Questo mi piace e la dice lunga sulla drammatica situazione degli altri gruppi parlamentari. Più i parlamentari del Movimento 5 Stelle capiscono che non è soltanto questione di onesti e disonesti (importantissima, per carità), più si emancipano dal loro capo (Grillo ha già dichiarato che la presentazione dell’emendamento è iniziativa personale), più mi piaceranno. Non basta cancellare il reato di clandestinità ma tutta la legge Bossi – Fini e tutto il decreto Maroni sulla sicurezza per iniziare a ragionare sul miglioramento della Turco Napolitano. In questo concordo con quanto ha scritto Franca Fortunato nel suo articolo pubblicato su Il Quotidiano della Calabria il 09.10.2013: “Alla presidente della Camera Laura Boldrini e alla ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge, e a quante/i volessero seguirle, chiedo con forza di alzare le loro pretese e chiedere autorevolmente la cancellazione della vergogna dei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), del decreto legge sulla “sicurezza” e della Bossi – Fini. Non permettano che la loro esperienza di donne venga neutralizzata dai partiti al Governo e in Parlamento, in nome della “stabilità””.



E ora si indaga sui "basisti" a Lampedusa
Nel mirino ci sarebbero tre maghrebini che guiderebbero gli sbarchi dall'isola
il Giornale, 15-10-2013
Gaetano Ravanà
Agrigento -Prima le indiscrezioni, poi le precisazioni del procuratore della Repubblica di Agrigento, Renato Di Natale. Sul fronte delle indagini sui cosiddetti «Viaggi della speranza» e sui circa 400 morti che si sono registrati a distanza di una settimana nel Canale di Sicilia, non ci sono, al momento novità di rilievo anche se si indaga a 360 gradi e non è da escludere che nelle prossime ore possano esserci degli sviluppi clamorosi.
Le indiscrezioni uscite dal palazzo di giustizia secondo cui ci potrebbero essere dei basisti sulla più grande delle Pelagie, hanno infastidito e non poco il procuratore. «Al momento - ha detto Di Natale - non vi è alcun elemento investigativo per affermare che a Lampedusa ci siano basisti della organizzazione libica che gestisce il traffico di migranti. Stiamo comunque indagando in tutte le direzioni. La Procura - ha aggiunto - indaga su tutto ciò che riguarda il fenomeno dell'immigrazione clandestina ed è evidente che qualunque elemento è preso in considerazione ed è verificato per eventualmente esercitare l'azione penale».
Spetterà agli inquirenti capire se ci sono davvero dei basisti sull'isola (secondo le voci si tratterebbe di tre maghrebini) o è stata soltanto una coincidenza che ieri mattina intorno alle 5, un'imbarcazione in legno di 13 metri ha attraccato al molo Favaloro, dove vengono trainate le «Carrette» dalle forze dell'ordine, con a bordo 137 immigrati tra cui 25 minori. Quello che fa più pensare è l'intercettazione agli atti dell'indagine sul naufragio del 3 ottobre, tra alcuni tunisini e alcuni libici. Nella telefonata gli interlocutori si scambiano informazioni su partenze e arrivi dei pescherecci.
E intanto, nel pomeriggio di ieri è cominciata nel cimitero di Piano Gatta ad Agrigento la tumulazione dei feretri delle vittime del naufragio. Settantotto quelli che sono stati tumulati. Due bare sono state trasferite invece al cimitero di Bonamorone, sempre nel capoluogo, dove sono state accolte all'interno di una cappella di famiglia di un agrigentino. Anche i privati - secondo quanto è stato reso noto dalla Prefettura di Agrigento - hanno messo «a disposizione, in quella che è stata una straordinaria gara di solidarietà, 29 loculi».
E la nave militare Libra ha continuato a caricare i feretri per tutta la giornata di ieri. Un gruppo di familiari dei migranti è rimasto fermo sulla banchina del porto commerciale dell'isola. Sono una cinquantina di eritrei, venuti da Svezia, Germania e Svizzera, e chiedono che vengano aperte le bare per essere certi che dentro ci siano i loro congiunti, riconosciuti solo in foto. Vogliono essere certi che i numeri messi all'esterno delle casse corrispondano ai corpi dei propri cari. Una operazione difficile da eseguire perché le casse sono state zingate.
E malgrado le condizioni meteo marine non ottimali, anche ieri le coste siciliane sono state interessate dagli sbarchi. Ventotto ne sono arrivati lungo le coste del Trapanese, mentre a Pozzallo sono giunti i 133 profughi soccorsi dal pattugliatore Asso 33.



Regole, dubbi, leggende: l’immigrazione spiegata in sette punti
Corriere.it, 14-10-2013
Marco Antonsich
Primo. Non è vero che assistiamo ad un’ondata migratoria senza precedenti. Le Nazioni Unite stimano che oggi i migranti internazionali sono 232 milioni ovvero il 3,2% della popolazione mondiale. Una cifra considerevole, eppure se si guarda al dato del 1960, c’è stato un incremento di meno di un’unità percentuale (0,6-0,8%). Inoltre, tra il 1960 ed oggi, la decolonizzazione prima e il collasso di imperi multinazionali poi (es., l’Unione Sovietica) hanno portato alla creazione di nuovi Stati, trasformando quindi migranti interni (es. un cittadino russo residente in Kazakistan) in migranti internazionali. Il loro numero attuale sarebbe quindi inferiore se si tenesse conto di questo fatto.
Secondo. Non è vero che il Sud del mondo altro non aspetti che di mettersi in rotta verso l’Europa. Le migrazioni Sud-Sud (per esempio, dal Bangladesh all’India o dall’India agli Emirati) sono di un punto percentuale superiore alle migrazioni sud-nord (36% contro 35%). L’Italia è sicuramente in prima linea. Eppure, se si guarda allo stock di popolazione straniera, parlare di invasione risulta eccessivo. Da noi, il numero di nati all’estero si attesta all’8,8% della popolazione totale, in Germania è quasi il doppio (16,4%), in Spagna è il 14.9%, in Francia il 12,6% e nel Regno Unito il 12,9%. In Svizzera la cifra sale a ben il 27,8%. Riguardo ai rifugiati (ovvero coloro per cui è stata accettata la domanda di asilo), noi siamo quasi al fanalino di coda, con un mero 0,09% sulla popolazione totale contro lo 0,9% di Svezia e l’0,8% di Norvegia che guidano la lista.
Terzo. Non è vero che i ‘migranti’ ci costano più di quanto contribuiscano all’economia del nostro Paese. Secondo una stima della Banca d’Italia, nel 2009 le entrate fiscali degli stranieri ammontavano al 4% delle entrate totali contro una spesa a loro vantaggio (in termini di sussidi familiari, spese scolastiche, mediche, ecc.) di solo il 2,5%.
Quarto. Non è vero che chi emigra sono i più disperati. Migrare ha un costo, sia economico, sia umano. Non tutti possono permetterselo. Spesso chi emigra sta meno peggio di chi rimane e tende comunque ad avere un bagaglio di risorse intellettuali e motivazionali relativamente superiore agli altri.
Quinto. Non è vero che l’intensificazione dei controlli può risolvere il problema dell’immigrazione. Maggiori controlli rischiano invece di aumentare il numero di tragedie come Lampedusa. Quando gli Stati Uniti hanno costruito il sistema di protezione lungo il confine col Messico, non è tanto diminuito il numero di migranti, ma il numero di coloro che sono morti nel cercare di aggirare i controlli passando per zone desertiche. Stessa cosa all’indomani dell’accordo Berlusconi-Gheddafi – invece di affogare nel Canale di Sicilia, per un certo periodo i migranti sono andati ad affogare nel fiume Evros, al confine greco-turco.
Sesto. Non è vero che pattugliare meglio i mari porterebbe ad una diminuzione del flusso di migranti. In Italia, in media, solo il 12% degli immigrati irregolari arriva via mare. Il 25% arriva via terra e ben più del 60% arriva con un visto regolare, ma rimane anche dopo la sua scadenza. E ciò, si badi bene, avviene in tutti i Paesi sviluppati, non solo in Italia.
Settimo. Non è vero che migliorare le condizioni economiche dei Paesi di emigrazione frenerebbe i flussi migratori. Nel breve e medio periodo, secondo Hein de Haas, co-direttore dell’International Migration Institute dell’Università di Oxford, ciò favorirebbe un aumento dell’emigrazione, causato dalle accresciute aspirazioni e possibilità economiche dei potenziali migranti. Le migrazioni sono un dato strutturale, legate ai divari economici relativi (non assoluti) tra Paesi. La direzione e l’intensità dei flussi può cambiare, ma pensare di poter azzerare i flussi è vano desiderio. Come la storia, così il futuro dell’umanità si baserà sulle migrazioni.



Mosca, esplode la tensione razziale Raid anti-immigrati, 1.200 fermati
Dura reazione della autorità dopo l'omicidio di un giovane russo
Corriere della sera, 15-10-2013
Fabrizio Dragosei
MOSCA — Un intero quartiere della capitale messo a ferro e fuoco domenica sera da gruppi di giovani nazionalisti che volevano «farsi giustizia» dopo l'accoltellamento di un ragazzo. E ieri la risposta delle autorità per placare gli animi: almeno 1.200 caucasici fermati per «indagini», visto che a Biryulyovo (periferia sud di Mosca), tra le case e nelle vie che circondano il mercato all'aperto dove è successo tutto, nessuno ha dubbi: l'assassino è «uno di loro». Uno che viene dalle montagne del sud 0 dalle steppe dell'est: un caucasico, un chornyj, come dicono qui. Un «nero», un uomo di carnagione scura.
Tutto è iniziato giovedi sera, quando il venticinquenne Yegor Shcherbakov stava tornando a casa assieme alla fidanzata. Sul portone Yegor ha incontrato un uomo. Le telecamere di sorveglianza hanno consentito di ricostruire l'accaduto: poco prima l'uomo, dalle fattezze caucasiche, aveva accompagnato al portone una ragazza e quindi aveva tentato di abbracciarla e baciarla. La donna si era divincolata ed era fuggita nel palazzo, chiudendo la porta dietro di sé. All'arrivo di Shcherbakov, l'uomo ha iniziato a discutere con lui, forse chiedendogli di farlo entrare nel palazzo. Poi ha tirato fuori un coltello. Yegor è fuggito e ha fatto tutto il giro del palazzo per ritornare all'ingresso dove, evidentemente, sperava di liberarsi del suo assalitore. Ma questi lo ha raggiunto e gli ha assestato una pugnalata al cuore, uccidendolo all'istante.
L'accaduto ha impressionato tutti e sabato, ai funerali di Yegor, gli animi si sono infiammati. Cosi domenica l'intero quartiere è piombato sul locale mercato, frequentato da moltissimi caucasici. Giovani armati di bastoni e spranghe di ferro hanno sfasciato vetrine, incendiato automobili, picchiato chiunque capitasse loro a tiro e avessse la pelle scura. La polizia è intervenuta con le squadre antisommossa, ma solo a fatica è riuscita a riportare un minimo di calma, effettuando anche centinaia di fermi.
Ma il sentimento anti-immigrati è fortissimo in Russia e le autorità debbono tenerne conto. Ieri a fianco degli autori delle incursioni si è subito schierato il leader ultranazionalista Vladimir Zhirinovskij. E anche Aleksej Navalny, uno degli esponenti di punta dell'opposizione democratica, ha rispolverato il suo passato nazionalista chiedendo l'immediata introduzione dell'obbligo del visto per i Cittadini delle ex repubbliche sovietiche che oggi entrano liberamente in Russia.
Vladimir Putin, che piü volte si è detto contrario a una poli¬tica di visti (magari per non danneggiare il suo progetto che mira alla creazione di una grande Unione Doganale, una sorta di ritorno all'Urss) deve comunque stare attento a non scoprirsi a destra, lasciando spazio ai nazionalisti.
L'anno scorso in Russia sono entrati ben un milione e mezzo di Cittadini dell'ex Unione Sovietica e un milione di loro hanno ottenuto il permesso di lavoro. Come al solito, gli immigrati servono perché eseguono compiti che nessuno vuole svolgere. Ma creano problemi di sicurezza e riaccendono i sentimenti nazionalisti.
 


L'ignoranza del Nobel
Saleh Zaghloul
10/10/2013 www.olinews.info
Confesso di ignorare i lavori in chimica del prof. Arieh Warshel, che insegna all’Università di Southern California, Los Angeles, CA, USA, vincitore del premio Nobel 2013 in Chimica, doppia cittadinanza americana ed israeliana, nato nel mio paese (in Palestina) nel 1940. Per fortuna non faccio parte della commissione che assegna questo prestigioso riconoscimento.
Ma almeno un pochino ignoranti lo sono anche quelli della commissione Nobel e/o quelli che ne curano il sito (http://www.nobelprize.org/): secondo loro, Arieh Warshel  è nato in Israele nel 1940: peccato che nel 1940 Israele non esistesse ancora.
Ho sempre sospettato che quelli che assegnano il premio Nobel fossero almeno un pochino ignoranti anche perché conosco, nel mio piccolo, almeno quindici scrittori arabi che avrebbero meritato il premio Nobel in letteratura molto più di altri che l’hanno vinto e molto più dello stesso Nagib Mahfuz, l’unico arabo ad averlo ottenuto. Sicuramente ignoravano i lavori di Taha Hussein, di Abderrahman Munif, Mahmud Darwish, Nizar Qabbani, Tayyebb Saleh, Ghassan Kanafani, Hanna Mina, ecc...
P.S. Mi ero stupito quando hanno azzeccato ed assegnato il premio a Dario Fo, la regola è che non ci azzeccano quasi mai, infatti il premio Nobel per la letteratura andava assegnato quest’anno a Roberto Vecchioni. Ma che ne sanno loro delle Luci a San Siro.



 

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