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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
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Anno XII n.4 del 25 gennaio 2014

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Stranieri ed italiani abbandonano il nostro Paese?

Continua calo degli ingressi di immigrati in Italia, mentre sempre più italiani se ne vanno

Nel 2012 si sono iscritte all’anagrafe in Italia 351 mila persone provenienti dall’estero, 35 mila in meno rispetto all'anno precedente (-9,1%). Lo scrive l’Istat in un report pubblicato oggi. Il calo delle iscrizioni dall'estero – spiega l’Istituto Nazionale di Statistica - è dovuto in larga parte al numero di ingressi dei cittadini stranieri, che scende da 354 mila nel 2011 a 321 mila nel 2012. Nello stesso anno, si osserva anche una contrazione delle iscrizioni dall'estero dei cittadini italiani (da 31 mila a 29 mila unità). Nel 2012 si contano 106 mila cancellazioni per l'estero, con un incremento di 24 mila unità rispetto all'anno precedente. L'aumento delle emigrazioni è dovuto principalmente ai cittadini italiani, per i quali le cancellazioni passano da 50 mila nel 2011 a 68 mila unità nel 2012 (+36%). In aumento anche le cancellazioni di cittadini stranieri residenti, da 32 mila a 38 mila unità (+18%). Il saldo migratorio netto con l'estero (cioè la differenza tra iscrizioni dall’estero e cancellazioni per l’estero) è pari a 245 mila unità nel 2012, in diminuzione rispetto all'anno precedente (-19,4%). Si tratta del valore più basso registrato dal 2007.

 



 

 

SOMMARIO

 

 

 

Appuntamenti pag. 2

 

Immigrati in calo pag. 2

 

CIE: nuove proteste choc a Ponte Galeria pag. 3

 

Il Senato cancella il “reato di clandestinità” pag. 3

Il sì di Palazzo Madama / Scheda pag. 4

 

OIM: ecco come svuotare i CIE pag. 5

 

Rifugiati a Roma pag. 6

 

Immigrazione e fecondità pag. 7

 

CNR: Migrazioni in Italia pag. 8

 

Conferenza finale del progetto UP2YOU pag. 9

 

News dall’estero: El Pais pag. 10

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil                                                   

 

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 


Roma, 30 gennaio 2014, sede PD via Sant’Andrea delle Fratte, ore 15

Incontro PD per Forum Immigrazione

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)

Roma, 31 gennaio 2014, Sede della Comunità di San

Paolo, via Ostiense 152b-Roma, ore 17.30

Presentazione del libro di Carlo Borgomeo:

“L’equivoco del Sud” (Edizioni Laterza).”

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)

Roma, 07 febbraio 2014, via del Velabro, 5 ore 11.00

Comitato Direttivo del CIR

(Giuseppe Casucci)


Prima pagina


Logo istat.it

Istat: immigrati in calo del 9% nel 2012. Cresce l’emigrazione


Roma 27 gen. (Adnkronos) - Scende l'immigrazione in Italia: nel 2012 gli immigrati in arrivo sono calati di 351 mila unità, 35 mila in meno rispetto all'anno precedente (-9,1%). Al contrario cresce il fenomeno dell'emigrazione, sia da parte di cittadini stranieri che lasciano l'Italia (+17,9% rispetto al 2011), ma ancor più marcato e' l'incremento degli italiani che si trasferiscono all'estero (68mila nel 2012, il più alto degli ultimi dieci anni, cresciuto del 35,8% rispetto al 2011). Sono i dati Istat contenuti nel Report 2012 su "Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente". Nel 2012, dei 351 mila iscritti dall'estero, 321 mila sono cittadini stranieri. Sebbene in calo rispetto agli anni precedenti, il dato mostra che l'Italia e', come in passato, meta di consistenti flussi migratori dall'estero. La comunità straniera più rappresentata tra gli immigrati e' quella rumena che conta quasi 82 mila iscrizioni; precede quelle cinese (oltre 20 mila), marocchina (quasi 20 mila) e albanese (14 mila). Gli italiani di rientro dall'estero sono circa 29 mila, 2 mila in meno rispetto all'anno precedente. Rispetto al 2011 calano le iscrizioni di cittadini moldavi (-41%), ucraini (-36%), peruviani (-35%) ed ecuadoriani (-27%). Crescono invece gli ingressi di cittadini africani (+1,2%), di alcune cittadinanze asiatiche e, soprattutto, di quelle comunità soggette a conflitti bellici nei Paesi di origine (Nigeria, Pakistan, Mali e Costa d'Avorio). Nel 2012 si contano 106 mila cancellazioni per l'estero, con un incremento di 24 mila unità rispetto all'anno precedente. Per quanto riguarda il fenomeno dell'emigrazione verso l'estero circa 38 mila, su un totale di 106 mila registrate nel 2012, riguardano cittadini stranieri. Il numero di cittadini stranieri che lasciano l'Italia e' in aumento rispetto all'anno precedente (+17,9%), ma ancor più marcato e' l'incremento dei connazionali che decidono di trasferirsi in un Paese estero. Il numero di emigrati italiani e' di 68 mila unità, il più alto degli ultimi dieci anni, ed e' cresciuto del 35,8% rispetto al 2011. Le principali mete di destinazione per gli italiani sono la Germania, la Svizzera, il Regno Unito e la Francia che, nel loro insieme, accolgono quasi la metà dei flussi in uscita. Le migrazioni da e per l'estero di cittadini italiani con più di 24 anni di età (pari a 21 mila iscrizioni e 53 mila cancellazioni) riguardano per

oltre un quarto del totale individui in possesso di laurea. La meta preferita dei laureati e' la Germania. Nel 2012 i trasferimenti di residenza interni al territorio nazionale coinvolgono 1 milione 556 mila persone, con un incremento di 198 mila unità (+15%) rispetto al 2011. I trasferimenti di residenza interni sono da attribuire principalmente a spostamenti di breve e medio raggio. Nel 2012 ammontano a 1 milione 175 mila (pari al 75,5% del totale) mentre risultano pari a 381 mila gli spostamenti di residenza a lungo raggio (24,5%). I tassi migratori netti sono positivi in tutte le regioni del Nord e del Centro e negativi in tutte le regioni del Sud e delle Isole, a conferma della attrattività delle ripartizioni settentrionali rispetto al Mezzogiorno. Continua a crescere la quota di stranieri che cambiano la residenza all'interno dei confini nazionali. Nel 2012 sono 279 mila; la maggior parte degli spostamenti riguarda cittadini rumeni (oltre 64 mila, pari al 23% dei flussi interni degli stranieri).

Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente

Testo integrale

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Tavole e prospetti

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Nuova protesta choc al Cie. Tredici immigrati si cuciono la bocca


Nuova protesta choc nel Cie di Ponte Galeria, a Roma. A quanto si apprende dall'Ufficio del Garante dei detenuti del Lazio, tredici immigrati, tutti marocchini, ieri sera si sono cuciti la bocca, proprio come fecero altri immigrati tempo fa, per protestare contro le condizioni e i tempi di permanenza nel Cie.
Sono tutti marocchini, provenienti da Lampedusa. Sette sono gli stessi che si cucirono la bocca poco prima di Natale. A confermarlo è il direttore del Cie di Ponte Galeria Vincenzo Lutrelli. Gli immigrati hanno annunciato a medici e infermieri, che li seguono 24 ore su 24, che faranno lo sciopero della fame. Le loro condizioni di salute, al momento, sarebbero buone. «I marocchini - aggiunge il direttore Lutrelli - protestano per il protrarsi della loro permanenza nel centro. Si lamentano del fatto che da Natale non è cambiato nulla e dicono di aver avuto notizie da altri loro connazionali che si trovano in altri centri di uscite, mentre loro sono ancora qui».
Il 21 dicembre scorso una decina di immigrati si cucirono la bocca per una settimana circa sempre per protestare contro i tempi di permanenza troppo lunghi nel centro. Una quindicina di immigrati aveva messo in atto contemporaneamente una protesta nel cortile del Cie di Ponte Galeria con i materassi. Gli immigrati avevano interrotto la protesta in cambio dell'impegno a un miglioramento delle loro condizioni. Al loro caso, che aveva avuto una forte eco e aveva coinvolto anche altri Cie, si erano interessati, tra gli altri, il senatore del Pd e presidente della Commissione diritti umani del Senato Luigi Manconi e il deputato del Pd Khalid Chaouki.

Il garante dei detenuti «È evidente che il tempo della politica scorre molto più lentamente rispetto a quello di queste persone, passate dal dramma di un'immigrazione difficile a luoghi con pochissima dignità come i Cie. Spero che dopo le promesse il parlamento approvi presto le norme necessarie a porre fine a questa vergogna». È quanto afferma il Garante dei Detenuti del Lazio, Angiolo Marroni, in riferimento alla nuova protesta nel Cie di Ponte Galeria, dove tredici immigrati si sono cuciti la bocca. 
Il vice sindaco: I Cie vanno chiusi «La nuova clamorosa protesta degli immigrati rinchiusi nel Cie di Ponte Galeria, che ieri sera si sono nuovamente cuciti la bocca, dopo la protesta messa in atto poco prima di Natale, conferma, una volta di più, che si è perso e si sta continuando a perdere tempo prezioso per mettere fine a una vergogna indegna del nostro Paese. Non si possono trattenere persone che non hanno commesso alcun reato in strutture degradate e insalubri come i Cie». È quanto dichiara Luigi Nieri, vicesindaco di Roma Capitale. «Le condizioni vergognose in cui sono costretti a vivere i migranti rinchiusi nei Cie italiani - aggiunge - testimoniano in maniera plastica che la nostra legislazione in materia di immigrazione presenta gravissimi vulnus, è sbagliata e va corretta con urgenza. Queste strutture vanno superate al più presto. Nei prossimi giorni verificheremo le condizioni dei protagonisti della protesta, che sono monitorate dai sanitari presenti nella struttura e risultano in buone condizioni, malgrado abbiano annunciato uno sciopero della fame che purtroppo rischia di provarli ulteriormente»


 


Il Senato cancella il reato di clandestinità, passa il disegno di legge sulla “messa alla prova”

L’ingresso senza permesso diventa illecito amministrativo.


Roma, 21 gennaio 2014 - Alla fine, le forze politiche dicono sì alla mediazione del governo sull’abrogazione del reato di clandestinità e il ddl sulla messa alla prova passa al Senato con 195 voti a favore, 15 contrari e 36 astenuti. La Lega, che la scorsa settimana era arrivata ad «occupare» persino alcuni uffici della presidenza del Senato per protestare contro il non rinvio del testo, sbandiera in Aula mega-striscioni con scritte tipo «No allo svuota-carceri» e «Clandestinità è reato». E spara a zero contro il progetto di legge. Ma è la sola a dire no. Il resto del centrodestra preferisce astenersi. In un provvedimento così complesso e articolato in cui, tra l’altro, si dà la delega al governo a ridisegnare l’intero sistema delle pene in Italia e si istituisce anche per gli adulti l’istituto della messa alla prova, è la norma che abroga il reato di immigrazione clandestina (introdotta a ottobre dal M5S in commissione Giustizia del Senato) a tener banco.

LA RECIDIVA NUOVO REATO - Dopo un braccio di ferro durato settimane anche per l’evidente difficoltà del Nuovo centrodestra a sposare la posizione del Pd, che era affine a quella del M5S e di Sel di una depenalizzazione generale dei vari reati in tema di immigrazione, il sottosegretario alla Giustizia, Cosimo Ferri, lancia la sua proposta che passa, dopo una breve riunione tra capigruppo e contatti informali tra big della maggioranza. Risultato: si abroga solo il reato di ingresso illecito (cioè di chi non ha titoli per farlo) in Italia dello straniero, trasformandolo in illecito amministrativo. Mentre conservano rilievo penale tutte le altre condotte che violano provvedimenti amministrativi adottati in materia. Tradotto: restano reati tutte le altre fattispecie come quella, ad esempio, di aver ignorato l’obbligo di rimpatrio. E si parla di nuovo di reato in caso di recidiva, cioè quando lo straniero espulso torna in Italia. In realtà, se fosse passato il testo licenziato dalla commissione ad ottobre, senza la modifica del governo, la depenalizzazione sarebbe stata più estesa. Ma la maggioranza si sarebbe spaccata. E almeno sull’immigrazione si è voluta evitare l’ennesima frattura (fonte Ansa).


Scheda


Sì di Palazzo Madama all' abrogazione dell’articolo 10-bis del testo unico sull’immigrazione


Roma – 21 gennaio 2014 – Vacilla il reato di immigrazione clandestina. Passerà però ancora del tempo prima di potergli dire davvero addio.
L’aula del Senato ha approvato oggi il disegno di legge delega sulle pene detentive non carcerarie, che tra le altre cose vuole cestinare il fiore all’occhiello delle leggi sull’immigrazione targate centrodestra.

L’articolo 2, comma 3, lettera b, dà infatti mandato al governo di “abrogare, trasformandolo in illecito amministrativo, il reato previsto dall'articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, conservandorilievo penale alle condotte di violazione dei provvedimenti amministrativi adottati in materia”. In pratica, come ha spiegato in aula il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, l’espulsione rimane, ma viene depenalizzato l’ ingresso e soggiorno irregolare in Italia. Inoltre, continuerà ad essere reato non obbedire a un foglio di via o rientrare dopo un’espulsione, così come violare disposizioni amministrative contro gli irregolari, come ad esempio l’obbligo di firma in Questura o la consegna del passaporto. Introdotto nel 2009 dalla legge sulla sicurezza voluta da Popolo delle Libertà e Lega Nord, il reato di clandestinità non manda in galera nessuno, ma fa diventare un criminale chi non ha un permesso di soggiorno e obbliga i tribunali a istruire processi che si concluderanno con un’espulsione. Lo stesso traguardo delle espulsioni amministrative, che pure rimangono in vigore. E senza alcuna garanzia in più che il rimpatrio sia effettivamente eseguito.
Sin dalla sua introduzione, il Partito Democratico e Sinistra Ecologia e Libertà si sono scagliati contro il nuovo reato, ma se finirà in soffitta è grazie a un emendamento dei senatori del Movimento 5 Stelle. Un emendamento sconfessato “nel metodo e nel merito” da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, ma appoggiato dalla maggioranza degli iscritti che hanno partecipato a un referendum lampo lanciato sul sito del leader del movimento. L’emendamento del M5S si limitava ad abrogare il reato di  ingresso e soggiorno clandestino. Il governo, esaudendo le richieste del Nuovo Centro Destra, ha però ritenuto di dover specificare, con un ulteriore emendamento presentato in Aula, che rimane l’illecito amministrativo e che comunque la depenalizzazione vale solo per il primo ingresso.

Conviene ricordare che quello fatto oggi è solo un solo di un primo passo. Innanzitutto, il disegno di legge in Senato ha subito delle modifiche e quindi dovrà tornare alla Camera dei Deputati per l’approvazione definitiva. Se poi a Montecitorio arriveranno altre correzioni, il testo tornerà di nuovo a Palazzo Madama. Soprattutto, bisogna tenere presente che, anche dopo il sì definitivo e l’entrata in vigore, sarà comunque una legge delega. Toccherà quindi al governo scrivere i decreti legislativi per darle completa attuazione. I tempi? Lunghi: fino a diciotto mesi dall'entrata in vigore della delega, senza contare i pareri che sui quei decreti dovranno essere espressi dal Parlamento. Un termine che potrebbe andare oltre la durata dell’attuale esecutivo. Elvio Pasca, www.stranieriinitalia.it



Reato di clandestinità - Il Senato confeziona l’abrogazione ad effetto

Il primo voto del Senato approva la cancellazione del reato penale

Autore: Nicola Grigion, www.meltingpot.org


Come spesso accade la montagna partorisce un topolino. Quando si tratta di votazioni all’interno delle aule parlamentari poi, il pasticcio rischia di diventare un risultato quasi scontato. Bastava semplicemente abrogare l’articolo 10bis così come è stato concepito nel 2009 dalla maggioranza di centro-destra con Maroni al Ministero dell’Interno per mettere una parola fine a questa inutile baggianata del reato di ingresso e soggiorno irregolare che aveva puntato a punire i migranti per ciç che sono invece e non per ciò che fanno. Invece, anche molti tra i tanti che un tempo lo tacciavano come aberrante, non hanno saputo andare oltre una dichiarazione piuttosto patetica di intenti. L’emendamento approvato dall’aula recita come segue:
"abrogare, trasformandolo in illecito amministrativo, il reato previsto dall’articolo 10-bis del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, conservando rilievo penale alle condotte di violazione dei provvedimenti amministrativi adottati in materia". Così la fattispecie prevista dall’attuale Testo Unico, che per la verità si traduce in una sanzione pecuniaria o al limite in un provvedimento di espulsione, viene formalmente sottratta all’ambito penale. I senatori però hanno sentito la necessità di ribadire nell’ultimo periodo un fatto piuttosto scontato per l’ordinamento italiano che neppure la direttiva europea sui rimpatri è riuscita a ridisegnare fino in fondo. L’emendamento approvato ribadisce infatti le implicazioni penali per chi violi gli ordini di allontanamento ed il divieto del reingresso, che con la legge Turco Napolitano prima e la Bossi Fini poi, erano sempre e comunque presenti. A reato simbolico insomma, la politica risponde con una abrogazione simbolica. Ed è forse questo il punto più interessante di questa vicenda. Il testo ora passerà alla Camera e poi, se venisse ulteriormente modificato, tornerà nuovamente al Senato per essere definitivamente licenziato sotto forma di disegno di legge. Un impegno per il Governo che prima della fine di una legislatura instabile e precaria difficilmente potrà tradursi in decreti operativi. Il fatto più interessante allora rimane un altro. La tragedia del 3 ottobre e la discussione che si è aperta intorno al tema del governo dell’immigrazione ha messo evidentemente in crisi quello che fino a poco prima pareva essere un terreno senza crepe. Quello dei confini è oggi un dibattito all’ordine del giorno nell’agenda delle istituzioni su scala continentale. E la discussione al Senato sembra la fotografia di una empasse vorticosa che caratterizza il dibattito politico su questo terreno. La necessità di dare risposte a ciò che è accaduto ha il sapore di un continuo tentativo di ristabilire una nuova legittimità per le politiche di controllo dell’immigrazione che hanno bisogno di ricostruire una nuova iconografia. Una contesa carica di tensioni e irrisolvibili contraddizioni che non ha certo risvolti scontati. E’ però una grande occasione. Un’ "instabilità" che può trasformarsi in varco.
Ma perché questa crepa diventi una breccia ha bisogno di uscire dalle retoriche della politica istituzionale per farsi programma comune dei movimenti. Un’opportunità di ridisegnare insieme la geografia dei diritti dei migranti ed allo stesso tempo una nuova ipotesi di Europa. Una sfida che già dal prossimo 31 gennaio, fino al 3 febbraio,stiamo provando in tanti a giocare con la Carta di Lampedusa


 

CIE

 


Centri di identificazione ed espulsione. Oim: "Ecco come svuotarli"

(http://www.stranieriinitalia.it/) Le dieci proposte dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni. Oropeza: “Devono diventare un’extrema ratio per chi non collabora all’identificazione”


Roma – 20 gennaio 2014 – Via il reato di immigrazione clandestina, meno tempo nei Centri di Identificazione ed Espulsione, più rientri volontari. Sono tre delle dieci proposte avanzate dalla sezione italiana dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni per superare i problemi principali legati alla gestione dell’immigrazione irregolare. “Idee molto pratiche – sottolinea l’Oim -  che si basano su quanto rilevato dai funzionari dell’organizzazione nel corso delle visite condotte nel 2013 nell’ambito del progetto Praesidium in tutti i CIE d’Italia e che nascono allo stesso tempo da un confronto con le altre legislazioni europee e internazionali”. “Queste proposte”, afferma José Angel Oropeza, direttore dell’Ufficio di Coordinamento OIM per il Mediterraneo, “intendono ‘svuotare’ i centri di trattenimento e far si che essi diventino sempre più l’extrema ratio: strutture destinate esclusivamente a quei migranti irregolari che, pur avendo a disposizione alternative dignitose e valide, continuino a rifiutarsi di collaborare nella loro identificazione e di lasciare il territorio italiano. Questi dieci punti intendono garantire con forza il rispetto dei diritti dei migranti.”

Queste le 10 proposte dell’OIM:

"1. L’abrogazione del reato di ingresso e soggiorno illegale - una fattispecie criminosa che non ha avuto alcun effetto deterrente né alcun impatto sull’aumento del numero delle espulsioni effettuate, causando al contrario un appesantimento del lavoro delle Questure e dell’apparato giudiziario in termini di risorse umane ed economiche.

2. Evitare il trattenimento nei CIE di quei migranti che sono stati detenuti e che potevano essere identificati in carcere. La maggior parte dei migranti che ha commesso dei reati comuni (cessione di stupefacenti, furti, rapine ecc..) non viene rimpatriata dal carcere ma trasferita, a fine pena, nei CIE e sottoposta ad un ulteriore periodo di trattenimento. Occorre prevedere un sistema di identificazione che, in cooperazione con i Consolati dei paesi di origine dei migranti, possa essere attivato già durante il periodo di detenzione in carcere.

3. La riduzione del trattenimento nei CIE al periodo strettamente necessario all’identificazione e il rilascio del migrante nel caso in cui sia chiaro che l’identificazione non può avere luogo per motivi a lui non imputabili (con contestuale emissione di un permesso di soggiorno temporaneo). Stando alle dichiarazioni delle forze dell’ordine intervistate durante il monitoraggio dei CIE, il trattenimento fino a 18 mesi appare assolutamente sproporzionato. Quando c’è una buona collaborazione con i consolati dei paesi di origine dei migranti l’identificazione avviene in termini brevissimi.

4. L’effettiva applicazione della Direttiva Europea sui Rimpatri con la promozione della partenza volontaria e la cancellazione automatica del divieto di reingresso nel caso di collaborazione all’identificazione dell’immigrato che si trovi nel CIE.  L’OIM è pronta a condividere anche altre pratiche alternative alla detenzione, già poste in essere da altri paesi come l’istituzione di un garante, la previsione di garanzie finanziarie specifiche, ecc.

5. La promozione di programmi di ritorno volontario assistito e reintegrazione per i migranti irregolari che non abbiano commesso reati. Tale misura permetterebbe – specialmente in un periodo di crisi economica – di supportare quanti desiderano tornare nel proprio paese di origine e garantire la sostenibilità della loro scelta.

6. Il recepimento della Direttiva Europea sui Rimpatri nella parte in cui prevede il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi caritatevoli per coloro che sono particolarmente vulnerabili (casi psichiatrici, malati o migranti che vivono in Italia da molto tempo). E’ fondamentale che ogni decisione riguardante l’espulsione di uno straniero tenga debitamente conto dei principi riguardanti il non-refoulement, il superiore interesse del minore e il diritto all’unità familiare.

7. L’elaborazione di un codice che regoli la vita degli immigrati all’interno dei CIE. Tale codice renderebbe uniforme il trattamento dei migranti all’interno di tutte le strutture presenti sul territorio nazionale regolando alcuni aspetti fondamentali della vita in queste strutture (visite dei familiari, comunicazioni con l’esterno, attività specifiche).

8. La possibilità di prevedere una diversificazione dei soggetti/enti gestori che forniscono i servizi (in particolare l’assistenza legale e sanitaria) all’interno dei centri. Si potrebbe così garantire un maggiore controllo sulla gestione degli stessi centri e un miglioramento degli standard qualitativi dei servizi resi.

9. La promozione di criteri di trasparenza e accessibilità ai centri attraverso l’accesso di organizzazioni di tutela che possano fornire assistenza legale e psicosociale (con particolare riguardo alle vittime di tratta e ai minori non accompagnati).

10. La nomina di un ente/soggetto terzo di garanzia che vigili sul rispetto dei diritti dei migranti e che possa segnalare criticità e occuparsi di casi particolarmente vulnerabili".

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Il documento con i dettagli delle 10 proposte OIM


 

Rifugiati


RomaSette

In città: Rifugiati a Roma, almeno 2.500 senza accoglienza

Erano 1.500 a giugno scorso. Aumenta il numero di coloro che non hanno un alloggio e non sono iscritti al sistema sanitario. L’allarme lanciato da Medici per i Diritti Umani che assiste i senza dimora di Raffaella Cosentino (Redattore Sociale)


Roma, 20 gennaio 2014 - Sono almeno 2.500 i rifugiati che nella Capitale non hanno un posto in accoglienza né una casa e vivono in baraccopoli oppure in grandi edifici occupati e sovraffollati. Ai grandi insediamenti occupati, come la Romanina dove si trovano alloggiate mille persone, la Collatina dove ce ne sono 500 e il palazzo dell’ex Ispra di piazza Indipendenza che ne contiene 500 fra cui molte donne e bambini, si sono aggiunti tanti micro insediamenti con condizioni invivibili. Fra questi ultimi, Ponte Mammolo e Colle Oppio, dove ci sono rispettivamente 100 e 50 persone. Molti sono costretti a dormire nelle stazioni metropolitane come Termini e Ostiense.
A lanciare l’allarme
 in occasione della Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati è l’associazione Medici per i diritti Umani che opera prevalentemente nelle città di Roma e Firenze, dove assiste persone senza dimora. Secondo Medu si tratta di migranti forzati che però non riescono a entrare nei circuiti di accoglienza statali o comunali. I dati si basano sull’attività dell’unità mobile dell’associazione fino a fine 2013. La situazione è peggiorata in modo esponenziale, considerato che i numeri di giugno 2013 attestavano 1.500 rifugiati costretti a vivere per la strada. Sui 731 pazienti visitati dai Medici per i diritti umani tra la stazione Termini, la stazione Ostiense e il centro di prossimità di Tor Marancia, l’87% era di nazionalità non comunitaria e il 56% era richiedente asilo o titolare di protezione internazionale. Per quanto riguarda i paesi di provenienza, i più frequenti sono il Mali, il Gambia, la Guinea, la Costa d’Avorio, la Somalia e l’Eritrea. «Sono particolarmente significativi i dati delle stazioni Termini e Ostiense», spiega Alberto Barbieri, coordinatore di Medu. A Termini i pazienti titolari di protezione o richiedenti sono stati 72, pari al 44% del totale. Di questi, 30 erano richiedenti asilo, 22 avevano la protezione umanitaria, 12 quella sussidiaria e 8 l’asilo politico. Alla stazione Ostiense 29 i richiedenti asilo, 7 con il permesso di soggiorno per motivi umanitari, 22 con lo status della protezione sussidiaria e 14 titolari dell’asilo politico. In totale 72 persone, cioè il 37% del totale pazienti di Ostiense, erano titolari o richiedenti asilo politico.
Nel complesso, risulta
 che la metà dei rifugiati incontrati da Medu per le strade di Roma non è iscritta al servizio sanitario nazionale, pur avendone diritto, nonostante la maggior parte sia in Italia da più di sei mesi. «I tempi medi di attesa per iscriversi sono di due mesi: il diritto alla salute non è violato ma è comunque eroso, il sistema si presenta come una barriera invalicabile» continua Barbieri. Molti dei rifugiati visitati da Medu sono attesa di un posto in accoglienza e hanno già fatto domanda per questo allo sportello comunale di via Assisi. 
[b]«Questa situazione non è importante solo per Roma - precisa il coordinatore di Medu -: la Capitale è lo specchio del livello di accoglienza e di inclusione in Italia. Noi che lavoriamo per la strada vediamo una situazione davvero preoccupante. Almeno 2.500 persone sono in condizione di precarietà abitativa, costretti a vivere in baraccopoli, tendopoli ed edifici occupati o sulla strada. Se si pensa a tutti i luoghi della vergogna, della mancata accoglienza che si sono succeduti a Roma negli ultimi vent'anni, come la Pantanella, l’Hotel Africa a Tiburtina, la buca di Ostiense con i rifugiati afgani, l'ex ambasciata somala di via dei Villini, Selam Palace, l'edificio della Collatina, la baraccopoli di Ponte mammolo, i marciapiedi di via marsala a Termini....sembra un deja vu. Questa città e questo Paese non riescono a uscire dall’ottica emergenziale». Secondo Barbieri «è un problema culturale di approccio al sistema, ma l’annunciato potenziamento del sistema Sprar che a Roma porterà ad ampliare il numero dei posti da 250 a 2.500 è un’opportunità straordinaria per cambiare le cose».
 


 

Approfondimenti


Pubblicato il 22/01/2014

Immigrazione e fecondità: una rivoluzione silenziosa
Vincenzo Scrutinio 


I dati Istat mostrano un ulteriore declino del numero di nati in Italia, nel 2012 pari a circa 534 mila (ma erano stati 562 mila nel 2010 e 546 mila nel 2011; v. anche Gianpiero Dalla Zuanna, “Un futuro senza figli?”, Neodemos, 11/12/2013). Il calo rinforza le preoccupazioni sul rapido invecchiamento della popolazione italiana. Allo stesso tempo, però, vale la pena sottolineare che anche la composizione dei nuovi nati è cambiata in modo sostanziale soprattutto nell’ultimo decennio, con una quota crescente di nati in una coppia con almeno un genitore straniero. 
Differenze di fecondità

A partire dagli anni ‘90 l'Italia è entrata nella categoria di paesi a bassissima fecondità, e la situazione è rimasta quasi inalterata nel decennio successivo con un TFT compreso tra 1,3 e 1,4 figli per donna, ben differenziato però tra italiane (con TFT compreso tra 1,2 e 1,3) e straniere (con TFT compreso tra 2,5 e un forse sottostimato 2,0)[1].Il contributo della fecondità degli stranieri si traduce però anche in una profonda modifica della composizione dei nuovi nati. Nel 2012, circa un nuovo nato su cinque era nato in una famiglia con almeno un genitore straniero rispetto ad 1 su 20 nel 1999. Questa trasformazione non è uniforme sul territorio, come suggerito dalla figura 2, ed è particolarmente evidente nelle regioni centrali e settentrionali dove risiede il maggior numero di stranieri. Al Nord, infatti, circa un figlio su tre aveva almeno un genitore straniero; al Centro la quota si riduce a poco meno di uno su quattro mentre al Sud e nelle Isole non arriva neanche ad uno su dieci. Questo suggerisce che soprattutto le regioni settentrionali dovranno attrezzarsi per far fronte alla grande trasformazione che avverrà nei prossimi anni per quanto riguarda una serie di servizi soprattutto di natura scolastica, con una quota di immigrati di seconda generazione che è destinata a crescere vertiginosamente (v. anche Stefano Molina, “Stallo in tre mosse: il dibattito italiano sulla cittadinanza ai figli degli immigrati ”, Neodemos, 08/05/2013). Vale poi la pena interrogarsi su quali siano i paesi di provenienza. La tabella 1 riporta la distribuzione percentuale delle aree e dei paesi di provenienza dei genitori di questa crescente fetta di popolazione. Il quadro che si presenta è molto eterogeneo: quasi la metà dei genitori proviene da paesi europei con in primo piano Romania (in crescita negli ultimi anni) e Albania (in declino). Anche i genitori di origine africana sono una quota considerevole (circa il 30% del totale), soprattutto quelli provenienti dal Marocco. L'apporto dell'Asia è leggermente inferiore con i cinesi che giocano un ruolo importante (7% circa) ma comunque molto distante rispetto ai gruppi precedentemente menzionati. Infine, l'America e l'Oceania hanno un ruolo minoritario e quasi trascurabile. 
In prospettiva

La crescita dei bambini stranieri, o con almeno un genitore straniero, pone una serie di sfide alla società italiana, a cominciare dal sistema scolastico, che attualmente non appare pronto. In base al rapporto del MIUR, i figli di migranti mostrano, ad esempio, maggiori difficoltà dei loro coetanei italiani, con maggiori tassi di ritardo scolastico (pari, ad es., al 67% nella secondaria superiore, contro il 24% per gli italiani. Differenze analoghe, sia pur meno marcate, si riscontrano anche per gradi di istruzione inferiori). Data la sempre maggiore consistenza di questa popolazione, questa problematica sarà centrale nei prossimi anni. 
Per saperne di più
Demoistat, iscritti in anagrafe per nascita 
Miur (2013) Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano 
[1] La possibile sottostima deriva dal fatto che, dopo gli aggiustamenti censuari, gli stranieri in anagrafesono improvvisamente passati da 4,79 milioni a 4,03, nella notte tra l’8 e il 9 ottobre 2011 (quando, alla mezzanotte, c’è stata l’individuazione della popolazione del Censimento), con un calo del 19%. Se questo calo fosse omogeneamente distribuito, anche le donne in età feconda sarebbero in realtà state meno di quanto si pensava, e i figli da queste generato sarebbe stato frutto di una fecondità corrispondentemente più alta, non lontana da 2,4.


 


Cnr, presentazione del libro "Migrazioni in Italia: un futuro incerto"


(www.primapaginanews.it) Roma - 20 gen (Prima Pagina News) Da paese di migranti, negli ultimi decenni l’Italia è diventata una delle mete principali dei grandi flussi migratori internazionali. Ma l’attuale crisi sta aprendo una nuova fase, con una riduzione del fenomeno immigratorio. A dirlo, Corrado Bonifazi, ricercatore dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr) e autore del libro ‘L’Italia delle migrazioniʼ (Il Mulino), che sarà presentato martedì 21 gennaio alle ore 15.00 a Roma, presso l’aula Marconi del Cnr (piazzale Aldo Moro, 7). “La prima globalizzazione, tra 1870 e 1914, ha spinto a espatriare 14 milioni di italiani, che gettarono le basi delle nostre comunità all’estero che ancora contano 4,2 milioni di componenti. La seconda globalizzazione dei giorni nostri ha fatto salire il numero di stranieri residenti dai 356 mila del 1991 ai 4,3 milioni attuali”, spiega Bonifazi. “Questa crescita ha pochi riscontri nella storia delle migrazioni internazionali. Le ragioni stanno nella crescita economica del nostro Paese, soprattutto al Centronord, ma anche nelle carenze strutturali del mondo del lavoro e nel declino demografico”. Gli italiani in età lavorativa nazionale sono diminuiti di 3,2 milioni di unità tra il 1991 e il 2011, nel contempo il numero degli ultraottantenni è raddoppiato da 1,9 a 3,6 milioni. “La crisi economica potrebbe rappresentare un punto di svolta. In questi ultimi anni si registra un aumento dei pur contenuti flussi degli italiani verso l’estero, dalle 40 mila unità del 2010 alle 68 mila del 2012”, prosegue il ricercatore Irpps-Cnr. “Il saldo migratorio è ancora positivo ma è sceso dalle 493 mila unità del 2007 alle 245 mila del 2012. In particolare, la bilancia migratoria interna del Mezzogiorno è negativa da più di un secolo, con una perdita annua nell'ultimo periodo di 40-50 mila unità annue”. Contrazione degli arrivi e aumento delle partenze interessano del resto tutta l’Europa in recessione. In Spagna il saldo migratorio positivo per 731 mila unità nel 2007 è diventato negativo nel 2011 con una perdita di 50 mila persone, anche in Irlanda si è passati a valori negativi. “Lo scenario mondiale potrebbe cambiare, poiché i poli di sviluppo del Terzo mondo, mantenendo l’attuale trend di crescita, sono destinati a diventare a loro volta mete migratorie”, conclude Bonifazi: “Le maggiori difficoltà potrebbero incontrarle paesi come l’Italia, dove i cittadini in età lavorativa sono destinati a diminuire di 4 milioni di unità tra il 2015 e il 2030 e di altri 7 milioni dal 2030 al 2050, mentre gli ultraottantenni aumenteranno rispettivamente di 1,4 e 2,2 milioni. Uno scenario insostenibile senza un adeguato apporto migratorio, per il quale c’è però bisogno che l’Italia mantenga un livello di reddito elevato che non è scontato”, conclude Bonifazi. Alla presentazione intervengono con l'autore: Luigi Nicolais, presidente del Cnr; Riccardo Pozzo, direttore del Dipartimento scienze umane del Cnr; Antonio Golini, presidente dell'Istat; Gianpiero Dalla Zuanna, senatore e professore ordinario dell’Università di Padova; Berardino Guarino, Fondazione centro Astalli. Modera Marco Ferrazzoli, capo ufficio Stampa Cnr.


 

News dall’estero


Il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro per i giovani di 2 ° generazione in Europa.

Conferenza finale del progetto UP2YOU.


Brussels, 15-16 gennaio 2014 - Partendo dal dato che l’occupazione giovanile straniera si differenzia da quella italiana per una miriade di aspetti: a partire dalle discriminazioni etniche ma anche razziali, religiose e di genere ; dalla retribuzione inferiore , da un inquadramento inadeguato in merito alla qualifica , da orari di lavoro più lunghi e più disagiati, dal non riconoscimento dei titoli di studio, dalle mancate referenze, legate, soprattutto al lavoro irregolare o addirittura sommerso o peggio ancora sfruttato, dai mancati diritti di cittadinanza. Nell’ambito del progetto europeo UP2YOU, legato alla “seconda generazione dei ragazzi di origine straniera in Europa”, che ha visto quale capofila l’IPRS e l’ITAL UIL, oltre ad SOS Razzismo Italia ed a molte Associazione di giovani di origine straniera - presentato a Bruxelles il 16 gennaio scorso - abbiamo rilevato che si tratta di apparenti positività che svaniscono con un’approfondita analisi del contesto migratorio nel quale i ragazzi di discendenza straniera vengono a trovarsi nei singoli paesi di accoglienza - ribadisce Angela Scalzo all’apertura della tavola rotonda che socializzava le buone prassi di inserimento socio economico nel mondo del lavoro Europeo. Una conferenza conclusiva del progetto transnazionale presentata dal presidente e coordinatore del progetto IPRS di Roma , Raffaele BracalentI che ne ha evidenziato, in maniera particolareggiata tutti gli elementi innovativi, evidenziando una carenza di dati quantitativi a favore di esperienze qualitative in ogni singolo Paese coinvolto. Introdotta, in maniera molto partecipativa, dal Segretario confederale ETUC, Luca Visentini, che ha ospitato l’iniziativa presso la Commissione Economica sociale Europea di Bruxelles e che ha assicurato posizioni partecipative e di coinvolgimento dei sindacati facenti parte dell’ETUC.. Più studi, ci informano a livello dei singoli territori italiani che le assunzioni dei giovani stranieri avvengono prevalentemente nei settori in cui si concentra la domanda di lavoro meno qualificata e, conducono, direttamente, i giovani di seconda generazione nella trappola del precariato. Situazione non certo rosea che ci impone di rivedere il sistema di orientamento scolastico, che attualmente canalizza troppo massicciamente la seconda generazione - al momento della scelta della scuola secondaria di II grado - verso gli istituti professionali e gli enti di formazione professionale, dove, come risulta dai dati MIUR, sono iscritti più della metà degli allievi di origine straniera. Occorrerà, altresì, afferma la Scalzo, incoraggiare insegnanti e famiglie a far compiere agli allievi stranieri scelte formative più qualificanti, che predispongano questi ultimi a costruirsi profili professionali più consoni alla odierna società della conoscenza ed all’attuale mercato del lavoro. A seguire . la prima raccomandazione, atta a promuovere urgentemente delle politiche del lavoro che valorizzino l’importante risorsa rappresentata da migliaia di giovani che hanno tutti i requisiti per occupare posizioni occupazionali migliori, evitando la costituzione di un “sotto proletariato” che si accontenta di un lavoro qualsiasi pur di non rimanere disoccupata. Non conviene a nessun Paese europeo, registrare migliaia di giovani economicamente deprivati, socialmente marginali e scontenti del loro attuale destino , meglio, senza alcun dubbio, intervenire prima con soluzioni che solo la politica può produrre. In una società come la nostra, coinvolta fortemente da un evidente declino demografico, perdere una fetta di giovani, sempre più cospicua dal punto di vista numerico, rappresenterebbe sicuramente una grave ipoteca sul nostro futuro, oltre che un mancato arricchimento Multiculturale .

Quali le buone prassi promosse da citare? Ecco alcune delle validissime esperienze sviluppate sui territori coinvolti di Francia, Germania, Spagna ed Italia: Arzu Pehlivan, di una ONG ASM tedesca ha illustrato un progetto di avviamento ed accompagnamento qualificato di origine straniera all’apprendistato attraverso un contatto diretto con le aziende registrando 32 inserimenti su 103 utenti. Interessantissimo il progetto da loro denominato “Giovani Idoli” che utilizza la figura del “Mentore” per aiutare nell’inserimento scolastico i ragazzi dello stesso paese di provenienza con 400 giovani seguiti da 90 mentori.

Mentre Rudra Chakraborty, rappresentante di origine straniera, dell’agenzia BonBoard di Milano ha illustrato l’inserimento dei “talenti” di origine straniera, 11 ad oggi. Eugenia Blasco, esperta dell’AMIC spagnola, ha illustrato le buone prassi citando le similitudini legislative a livello europeo con particolare riferimento alla Spagna ed alla Catalogna in particolare; mentre Ekutsu Mambulu, dell’associazione African Summer School di Verona, scuola di auto-imprenditorialità, ha evidenziato l’importanza dell’applicazione di una politica della “Diversity“ al fine della valorizzazione del patrimonio culturale del soggetto di origine straniera; Fabiana Musicco, esperta dell’EIF in Italia, ha ribadito l’importanza delle risorse multiculturali all’avvio dell’auto- impresa, attraverso il monitoraggio di un progetto FEI che ha registrato risultati sorprendenti in merito alla partecipazione di giovani, nonostante il target iniziale non fosse indirizzato esclusivamente a loro. Interessanti le politiche attive in ambito di utilizzo di risorse di giovani di provenienza straniera sono emerse dall’intervento dell’Assessora del Municipio Roma 2, Emilia la Nave, e quelle della docente della sociologa tedesca Edith Pichler che ne ha sottolineato le enormi potenzialità, legate al back Ground culturale di provenienza, utile a qualificarne l’inserimento scolastico e quello occupazionale.

Definizione di percorsi formativi collegati alle esigenze del mondo del lavoro, ma anche delle specifiche caratteristiche e necessità dell’utenza sono le politiche emerse da ogni singolo paese coinvolto. Importanti i risultati concreti emersi dalla ricerca atti a migliorare l’efficacia delle politiche per la transizione dalla scuola al mondo del lavoro dei giovani figli e discendenti da famiglie immigrate attraverso le politiche di raccomandazione scaturite dalla relazione conclusiva di Alessia Mefalopulos , ricercatrice sociale dell’IPRS. Dati, quest’ultimi, che Alberto Sera, vice presidente del patronato ITAL UIL, ha ripreso magistralmente nella sua relazione conclusiva, al fine di promuovere le seconde generazioni europee, attraverso una serie di attività finalizzate alla creazione ed al consolidamento della rete, di una banca dati informatizzata, per incoraggiare misure di politica attiva, in merito a cittadinanza, formazione, inserimenti lavorativi, attraverso tirocini ed apprendistato professionalizzante, coinvolgendo gli attori dello sviluppo economico, sociale, sindacale e politico di ogni nazione. Di Angela Scalzo


 


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