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Rassegna ad uso esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
iscritti UIL

 

 

 

 

Anno XII n.6 del 13 febbraio 2014

 

Consultate www.uil.it/immigrazione

Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri

 

Naturalizzazioni: Italia fanalino di coda nell’Unione

Cittadinanza: Italia ultima in UE

In quattro anni la popolazione straniera in Italia è aumentata del 56%, ma in quanto acquisizione della cittadinanza italiana l’Italia è fanalino di coda in UE. Su 100 stranieri, solo 1,2 diventano italiani, contro i 5,6 in Svezia, 4,9 in Portogallo e 3, 8 negli UK. Non c’è da meravigliarsi se, secondo fonti del Viminale, le domande arretrate sono tra le 250 e le 300 mila. Non sarebbe meglio trasferire molte funzioni ai comuni?

 

SOMMARIO

 

 

 

Appuntamenti pag. 2

 

Immigrati in tempi di crisi pag. 2

 

Rifugiati. Alla UIL la vicepresidenza del CIR pag. 5

 

Svizzera: allarme nell’Europa pag. 5

 

UE lavoro stagionale pag. 6

Pestaggi ed abusi al CIE di Torino pag. 7

 

Il business sanatoria degli immigrati pag. 8

 

Salute: cresce la TBC in Italia pag.10

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil                                                   

 

Dipartimento Politiche Migratorie

Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751

E-Mail polterritoriali2@uil.


Dipartimento Politiche

Migratorie: appuntamenti


 

 

 

 


Roma, 24 febbraio 2014, ore 15.30, Camera dei Deputati, Sala della Regina

Unione Forense: Tavola Rotonda: “il sistema di Dublino versus la libertà di movimento dei rifugiati in Europa”

(Giuseppe Casucci)

Roma, 25 febbraio 2014, ore 10.00, UIL Nazionale

Gruppo di lavoro per la predisposizione delle Tesi: Immigrazione

(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)


 

Prima pagina


Cittadinanza, Italia ultima in UE

I dati in un dossier della Fondazione Leone Moressa. Nel nostro paese risiedono 670mila naturalizzati, ma la nostra normativa è la più rigida in UE


(http://www.rassegna.it/)

Cittadinanza, Italia ultima in Europa (foto lapaola, da flickr) (immagini di Foto lapaola (da Flickr))In quattro anni la popolazione straniera in Italia è aumentata del 56%. Incide molto il fenomeno delle “badanti”, che ha portato le comunità dell’Est Europa a raddoppiare le presenze. Per quanto riguarda l’acquisizione di cittadinanza, l’Italia è fanalino di coda in Europa: su 100 stranieri, solo 1,2 diventano italiani, contro i 5,6 in Svezia e i 4,9 in Portogallo. La Fondazione Leone Moressa ha messo in relazione i dati sui cittadini stranieri residenti con i dati sulle acquisizioni di cittadinanza in Italia e in Europa, elaborando un Indice di acquisizione di cittadinanza a livello comunale. 
A Prato la più alta concentrazione di immigrati. Secondo i dati Istat, la popolazione straniera media1 nel 2012 è di 4.219.901 persone. Le province con il maggior numero di cittadini stranieri sono Roma (363 mila), Milano (341 mila) e Torino (189 mila). Osservando l’incidenza percentuale degli stranieri sul totale della popolazione, fra le prime dieci Province rientrano prevalentemente Province del Centronord di medie dimensioni. La Provincia con il più alto rapporto fra cittadini stranieri e popolazione complessiva è Prato (14,2%), seguita da Piacenza (13,2%) e Brescia (12,9%). A livello nazionale, invece, il rapporto è del 7,1%. 
Baranzate (MI), un cittadino su quattro è straniero. Per quanto riguarda i Comuni (ed escludendo quelli con meno di 2.000 stranieri residenti), in alcuni Comuni del Centro-Nord l’incidenza supera il 20%, registrando il valore massimo a Baranzate - MI (26,1%). Nelle ultime posizioni si trovano invece i grandi Comuni del Sud, tra cui tre capoluoghi di Regione come Cagliari, Palermo e Bari. Dal 2007 al 2011 stranieri in aumento del 56%. Le nazionalità più presenti in Italia (dati Istat 2011) sono Romania (21,2%), Albania (10,6%) e Marocco (9,9%). 

Dal 2007 al 2011 tutte le nazionalità hanno fatto registrare un sensibile aumento. L’aumento complessivo degli stranieri è stato del 56%, ma alcune comunità hanno fatto registrare incrementi molto più alti: in particolare si è registrato un forte aumento delle comunità di cittadini provenienti dall’est Europa (Romania +183%, Moldova +135%, Ucraina +67%), molto probabilmente legato al fenomeno delle assistenti familiari. 
Acquisizioni di cittadinanza, Italia ultima in Europa. Al 31 dicembre 2011, i cittadini naturalizzati Italiani residenti nel nostro Paese sono 670 mila. Confrontando le acquisizioni di cittadinanza nei Paesi UE nel 2011, l’Italia si colloca in quinta posizione con 56 mila naturalizzazioni. Osservando però l’indice di acquisizione della cittadinanza2 , l’Italia si trova molto al di sotto della media europea: mentre in Europa su 100 cittadini stranieri 3,7 acquisiscono la cittadinanza, in Italia solo 1,2. In Svezia sono 5,6 e in Portogallo 4,9 su 100. Questo dato riflette l’eterogeneità delle legislazioni nazionali, più favorevoli alla naturalizzazione in quei Paesi con un forte passato coloniale (come Regno Unito e Francia) o con una più radicata presenza di stranieri (come Spagna e Germania). 
Nel 2012 ad Aosta il maggior numero di acquisizioni. La Fondazione Leone Moressa ha elaborato un indice di acquisizione della cittadinanza calcolando il rapporto tra acquisizioni di cittadinanza italiana e la somma tra popolazione media straniera e naturalizzazioni. L’indice misura il numero di cittadini stranieri che ottengono la naturalizzazione ogni 100 stranieri residenti. Nel 2012, il primo Comune è Aosta (4,8%), seguita da Lumezzane, BS (4,6%) e Macerata (4,1%). In generale, i primi Comuni sono concentrati al Centro-Nord. Nelle ultime posizioni troviamo invece Comuni di piccole dimensioni concentrati in Lombardia, Lazio e Calabria.


 

 

Inchiesta

 


Linkiesta

Inchiesta sugli immigrati in Italia durante la crisi

Nei distretti industriali c’è un calo degli ingressi, alcuni vanno via. Si stabilizza l’immigrazione

Lidia Baratta


Lavoratori stranieri in agricolturaOperai, muratori, agricoltori. Sempre meno stranieri vedono nel nostro Paese una meta di lavoro felice. Con la crisi, i licenziamenti non fanno differenza di nazionalità. I permessi di soggiorno per lavoro si dimezzano di anno in anno: erano 350mila nel 2010, si sono ridotti a 67mila nel 2012. E riguardano soprattutto i lavori di badante e assistente domiciliare, gli unici ad avere il segno più. I distretti manifatturieri italiani per gli operai stranieri non rappresentano più una porta di ingresso privilegiata nel nostro mercato del lavoro. Solo l’agricoltura viene vista ancora come un’opportunità

disoccupazione stranieriIn effetti, secondo il 19esimo rapporto nazionale sulle migrazioni della Fondazione Ismu, nei prossimi anni si assisterà a un rallentamento dei ritmi di crescita della popolazione straniera presente nei nostri confini: il tasso medio di crescita annua dovrebbe ridursi dall’attuale 7% all’1,3% circa nel 2030-2034. Nel 2020 gli immigrati residenti saranno oltre 7 milioni, nel 2035 poco meno di dieci. Non a caso, molti decidono di emigrare di nuovo: solo nel 2011 200mila stranieri hanno detto addio al nostro Paese. 

1. La stabilizzazione degli immigrati in Italia
Nonostante la domanda di lavoro sia calata, la percentuale degli immigrati in Italia continua a crescere, seppur con percentuali minori, e non per la ripresa degli ingressi illegali dalle frontiere (in questi casi si tratta di richiedenti asilo in fuga dai Paesi d’origine e non di immigrati). Gli stranieri aumentano soprattutto perché non si è arrestata la forte domanda di donne immigrate per il lavoro domestico e di assistenza agli anziani. 

Dal 2008 al 2012 i cittadini stranieri iscritti all’anagrafe sono cresciuti di oltre un milione, arrivando a sfiorare i 5 milioni, quasi l’8 per cento della popolazione residente in Italia. È probabile che molti fossero già presenti nel nostro Paese anche prima del 2008. Ma l’iscrizione all’anagrafe dopo lo scoppio della crisi, così come la crescita dei ricongiungimenti familiari, è un chiaro segnale della volontà di radicarsi e stabilizzarsi nel nostro Paese. Con la contrazione delle assunzioni, certo, crollano i nuovi ingressi, anche se con uno scarto temporale di due o tre anni, il tempo necessario perché la notizia delle crescenti difficoltà di trovare lavoro si diffonda. Per contro, però, non si registra un’impennata dei fenomeni di ritorno nei Paesi d’origine, anche tra i cittadini comunitari. Gli stranieri costituiscono ormai una componente strutturale del mercato del lavoro italiano. Ma, scrivono Emilio Reyneri e Federica Pintaldi in Dieci domande su un mercato del lavoro in crisi, «la dura realtà dell’inserimento nel mercato del lavoro rivela il serio rischio che gli immigrati diventino sempre più delle minoranze etniche, concentrate in attività molto utili, ma poco qualificate o faticose e quindi non gradite ai giovani nativi, il che aggiunge un’ulteriore dimensione al carattere duale del mercato del lavoro italiano». 

2. Il lavoro degli stranieri durante la crisi
Prima della crisi, al contrario dei Paesi dell’Europa centrosettentrionale, il tasso di disoccupazione dei lavoratori immigrati nel nostro Paese superava solo di poco quello degli italiani. Ma al contrario dei Paesi dell’Europa del Nord, dove la domanda di lavoro era orientata verso mansioni qualificate, in Italia la crescita economica degli anni Novanta ha generato una forte domanda di lavoro poco qualificato, non soddisfatta dalla presenza di giovani italiani sempre più istruiti e con crescenti aspirazioni occupazionali, e coperta quindi dagli stranieri. Gli immigrati, anche quelli entrati senza un permesso di soggiorno per motivi di lavoro e successivamente regolarizzati, trovavano facilmente lavoro, ma ai livelli più bassi di qualificazione. Non a caso, fino al 2008 il tasso di disoccupazione dei maschi stranieri era quasi uguale a quello degli italiani e quello delle donne immigrate era superiore di 4-5 punti percentuali rispetto alle italiane. Quando poi la crisi è esplosa, solo per i maschi immigrati il tasso di disoccupazione è cresciuto più di quello degli italiani, fino a superarlo di 3 punti percentuali, mentre il tasso di disoccupazione delle straniere ha seguito più o meno l’andamento di quello delle italiane. La ragione del maggior aumento della disoccupazione dei maschi stranieri rispetto agli italiani sta nella loro concentrazione nei settori più duramente colpiti dalla crisi, cioè le costruzioni e l’industria manifatturiera. Tra il 2008 e il 2012 il tasso di disoccupazione degli stranieri nel nostro Paese è salito di quasi 2 punti percentuali rispetto agli italiani. Peggio, se si considera l’intero periodo a partire dall’inizio della crisi: il numero di lavoratori immigrati è diminuito di 6,5 punti percentuali contro 1,8 punti degli italiani. Secondo i dati Ismu, nel 2012 i nuovi permessi di soggiorno concessi per ricongiungimenti familiari sono stati 120mila, 67mila quelli per lavoro, 31mila per studio e 30mila per altri motivi, di cui solo 4mila per rifugiati o in protezione sussidiaria, 2mila per ragioni umanitarie, 4mila per minori non accompagnati e 563 per vittime di tratta. Escludendo i rumeni e in generale tutti i cittadini non comunitari che non necessitano dei permessi, al primo gennaio 2013 ne risultavano validi un totale di 3,8 milioni di cui la maggior parte (2,1 milioni) ormai a tempo indeterminato. La scarsa attrattività del mercato del lavoro italiano è quindi testimoniata dal nuovo dimezzamento dei permessi concessi per motivi di lavoro rispetto al 2011, quando si erano già ridotti di due terzi rispetto ai circa 350mila del 2010. Per chi rimane in Italia la presenza si fa più stabile e consolidata, con una quota di permessi a tempo indeterminato che raggiunge nel 2012 il 55% a fronte del 52% del 2011 e del 46% del 2010. Le nazionalità che registrano più ingressi per famiglia rispetto a quelli per lavoro sono l’albanese (in rapporto di 3,4 a uno) e la marocchina (2,5 a uno), da più tempo in Italia e ormai insediati stabilmente. Per quanto riguarda i ricongiungimenti familiari, 55mila (il 46%) sono permessi rilasciati ai partner, 43mila (il 36%) ai figli e 21mila (il 18%) ad altri membri. Per quanto riguarda i permessi per lavoro, 2mila (il 3%) sono stati concessi per personale altamente qualificato o ricercatori e 10mila (il 15%) per gli stagionali.

3. Gli immigrati nei distretti

«Non c’è una sostituzione degli stranieri da parte degli italiani nei lavori poco qualificati, con la crisi c’è una soppressione generale dei posti di lavoro», dice Andrea Crisci, funzionario della Confindustria di Vicenza esperto nelle tematiche relative ai lavoratori immigrati. «Nella nostra provincia, una delle più industrializzate d’Italia, l’arrivo massiccio degli stranieri c’è stato negli anni Novanta per poi consolidarsi negli anni 2000, anche con una serie di ricongiungimenti familiari. Ma negli ultimi anni c’è stata una brusca inversione di tendenza: con l’incertezza del mantenimento del posto di lavoro o addirittura con la perdita del posto di lavoro stesso anche tra molti stranieri, abbiamo registrato una riduzione dei nuovi arrivi». Nel Veneto, che ospita tra i più ricchi distretti industriali italiani, ci sono paesi, come Arzignano, nel distretto vicentino della concia, dove la percentuale di stranieri sulla popolazione residente ha raggiunto nei primi anni 2000 anche il 15 per cento. Molti degli immigrati arrivati in Italia hanno trovato impiego nelle piccole e piccolissime imprese legate al made in Italy, dalla Toscana alla Lombardia, soprattutto nel settore metalmeccanico, in quello tessile e del cuoio, e in quello del mobile. In alcune città, come Brescia e Prato ad esempio, la percentuale di stranieri risulta più del doppio della media nazionale. Assumendo manodopera straniera, spesso i datori di lavoro hanno risparmiato, se - come emerge dal Rapporto annuale Istat del 2005 - nel 2001 i salari degli immigrati erano mediamente inferiori del 31% rispetto alla media (soprattutto per gli irregolari). 

La presenza di lavoratori immigrati, scrivono Reyneri e Pintaldi, è stato ed è essenziale per la tenuta di due settori centrali per la struttura produttiva del centro Nord e più in generale per la competitività dell’economia italiana: l’industria manifatturiera e le costruzioni, che si caratterizzano per una forte presenza di immigrati maschi. I due terzi delle industrie manifatturiere italiane sono concentrate al Nord, dove l’alto tenore di vita dei giovani li porta a non accettare il lavoro in fabbrica, che viene quindi coperto dagli immigrati. «Nel nostro territorio tradizionalmente gli stranieri hanno trovato lavoro nel distretto della meccanica di Vicenza, soprattutto in aziende che richiedono un maggior impiego di manodopera non qualificata, come le fonderie», spiega Crisci. «Anche nel distretto della concia di Bassano del Grappa e dintorni c’è stata un’alta percentuale di lavoratori stranieri, provenienti soprattutto dai Paesi africani e dal Bangladesh; ma pure nel distretto del marmo del veronese e del vicentino. Oltre ovviamente all’edilizia, che ha sempre attratto soprattutto lavoratori dell’Est Europa, in particolare dall’ex Jugoslavia, di cui molti serbi». Ma negli ultimi anni anche il ricco Veneto non è più meta di realizzazione dei sogni degli immigrati. E molti lavoratori rifanno le valigie per tornare nei Paesi d’origine. «Ma non in maniera massiccia», precisa Crisci. «Certo, alcuni hanno scelto di rimpatriare insieme ai familiari, parliamo anche di persone presenti ormai da molti anni in Italia. Abbiamo registrato fenomeni di rientro soprattutto per gli immigrati provenienti dalla fascia sub sahariana, molti ghanesi, ma anche persone che vengono dal Bangladesh e dallo Sri Lanka. Ci sono quelli che tornano nei loro Paesi d’origine, ma anche altri che decidono di spostarsi verso il Regno Unito o la Germania, dove magari abitano altri parenti o connazionali». Essendo però il Veneto meta di immigrazione ormai da più di 20 anni, «ci sono famiglie che sono già arrivate alla seconda o alla terza generazione, quindi non più disposte a spostarsi. Quelli immigrati di recente con figli ancora piccoli sono invece più disposti a rifare le valigie. E ci sono anche diversi fenomeni di auto imprenditorialità: molti lavoratori prima dipendenti sono poi diventati piccoli imprenditori, soprattutto nell’edilizia. Sono imprese piccole che lavorano secondo la logica del subappalto. Non si sa però in questo caso cosa decidono di fare i titolari se l’azienda è costretta a chiudere». 



Immigrati, Istat: nel 2013 sono il 7,4% dei residenti +8,3% in un anno


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All’inizio del 2013 i cittadini stranieri iscritti nelle anagrafi dei comuni italiani sono quasi 4,4 milioni, pari al 7,4 per cento dei residenti (+8,3 per cento rispetto al 2012). Sul piano territoriale, la distribuzione degli stranieri residenti si conferma non uniforme, con la maggiore concentrazione nel Centro-Nord (quasi l’86 per cento degli stranieri). Lo rileva il rapporto Istat ”Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, giunto alla sesta edizione. Al 1* gennaio 2013 sono regolarmente presenti in Italia oltre 3 milioni 700 mila cittadini non comunitari, con un incremento di circa 127 mila unita’ rispetto al 2012. Fra il 2011 e il 2012, si registra un nuovo calo, pari al 27 per cento, del flusso di cittadini non comunitari in ingresso nel nostro Paese. La diminuzione dei nuovi arrivi ha interessato gli uomini (-33 per cento) piu’ delle donne (-19,5 per cento), i permessi per lavoro (-43,1 per cento) piu’ delle nuove concessioni per famiglia (-17 per cento).


 

Rifugiati

 


Rifugiati: Roberto Zaccaria nuovo presidente del Cir

Succede a Savino Pezzotta. Nuovo vicepresidente Giuseppe Casucci


(ANSA) - ROMA, 7 FEB - Roberto Zaccaria, ex presidente della Rai, ex deputato e professore ordinario di Istituzioni di Diritto pubblico all'Università di Firenze, è il nuovo presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir). Zaccaria è stato eletto oggi dal Consiglio direttivo dell'organizzazione, insieme al vice presidente Giuseppe Casucci. Zaccaria succede a Savino Pezzotta, che ha definito la sua esperienza di otto anni nel Cir "arricchente sul piano umano, oltre che su quello delle conoscenze": "All'inizio - ha detto - non pesavo sarebbe stata così fondamentale. Abbiamo fatto cose importanti e serie. Abbiamo capito che non è solo una questione di quanti sono ma anche di chi sono, dei bisogni di ogni persona". Come deputato, Zaccaria è stato primo firmatario di una proposta di legge organica sul diritto d'asilo elaborata assieme con il Cir. E' stato presidente della Rai dal 1998 al 2002 e vice presidente dell'Unione delle televisioni pubbliche europee dal 2000 al 2002. In precedenza era stato consigliere di amministratore della Rai e dell'Ente Cinema. È stato consigliere di amministrazione della Banca Toscana dal 1995 al 1998. Giuseppe Casucci, giornalista e sindacalista, è responsabile del dipartimento politiche migratorie della Uil, è redattore della web newsletter 'Focus immigrazione'. (ANSA).


Europa

 

 


Prima pagina: Ansa.it

Svizzera, Allarme dall'Europa Merkel, voto un problema

Portavoce Merkel: 'Tirare conseguenze con Ue'. Questione all'esame del Consiglio europeo


Domenica la Svizzera dovrà votare per decidere se imporre o meno barriere ancora più rigideRoma, 11 febbraio 2014 - Il risultato del referendum in Svizzera solleva ''notevoli problemi'' secondo Berlino. ''Il governo tedesco rispetta l'esito del referendum - ha detto oggi il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert - ma dal nostro punto di vista solleva problemi notevoli''. A questo punto "si dovranno tirare le conseguenze politiche e giuridiche" con l'Ue, ha detto Seibert. "Nostro interesse - ha sottolineato il portavoce - deve anche essere mantenere il rapporto fra Ue e Svizzera più stretto possibile". "L'impatto" del referendum svizzero sulla libertà di circolazione "si sta valutando, anche in termini quantitativi" ma "è molto preoccupante sia per quanto riguarda l'Italia, ma anche per gli altri accordi con la Ue", tra cui quelli fiscali. Lo ha detto il ministro degli esteri Emma Bonino. La questione sara' discussa oggi dal Consiglio Ue. Frontalieri preoccupati dopo referendum  - C'è preoccupazione nel Verbano-Cusio-Ossola, da dove ogni giorno 5 mila italiani varcano il confine per recarsi al lavoro in Svizzera, nei cantoni del Ticino e del vallese. ''E' un referendum che ci penalizza ma che l'Unione Europea ritiene illegale visto che la Svizzera ha firmato con l'Europa accordi sul libero scambio. Il problema è che in Svizzera per screditarci, accomunano i frontalieri ai clandestini''. Così Antonio Locatelli, presidente dei frontalieri del Vco. Non piace l'esito del referendum che ha visto gli svizzeri votare per una riduzione degli stranieri che lavorano oltre confine. ''I primi segnali che ci preoccupano - aggiunge Locatelli - sono gli annunci per le richieste di lavoro, sui quali già vengono inserite preferenze per chi parla le lingue nazionali o per chi è domiciliato oltre confine''.

IL TESTO APPROVATO CON IL SI' AL REFERENDUM - LEGGI

La Commissione europea ''si rammarica del fatto che un'iniziativa per l'introduzione di limiti quantitativi all'immigrazione sia stata approvata. Questo va contro il principio della libera circolazione delle persone tra l'Ue e la Svizzera". Così la Commissione Ue commenta l'esito del referendum svizzero che limita l'immigrazione di massa.

I risultati definitivi sono giunti al termine di un testa a testa che ha tenuto con il fiato sospeso il Paese per tutto il pomeriggio. L'iniziativa, promossa dal partito di destra ed antieuropeista dell'Unione democratica di centro (Udc/Svp) chiede la reintroduzione di tetti massimi e contingenti per l'immigrazione di stranieri. Ponendo in pericolo gli accordi di libera circolazione con l'Unione europea, la maggior parte dei quali dovranno verosimilmente essere rinegoziati. Secondo i dati definitivi, l'iniziativa l'ha spuntata con sole 19.516 schede, ottenendo 1.463.954 voti favorevoli, contro 1.444.438 voti contrari. A schierarsi a favore un totale di 17 cantoni, tra cui il Ticino con la più alta percentuale di Sì (68,17%). Nove i cantoni contrari.



eunews-it

Bruxelles vuole dare ai lavoratori stagionali extracomunitari gli stessi diritti dei cittadini Ue

lavoro-immigrati-big856.jpgPrimo via libera del Parlamento alla direttiva: “Li proteggeremo dallo sfruttamento”.Le Ong: “Sbagliato che domande debbano partire da Paesi Terzi, si includa chi è già in Europa

(di  Marco Frisone) Bruxelles, 6 febbraio 2014 - Dopo lunghi negoziati ed a quasi 3 anni dalla prima proposta lanciata dalla Commissione, il Parlamento europeo ha dato il suo primo sì ad un nuovo regime normativo per migliorare le condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori stagionali provenienti da Paesi extracomunitari. Dall’accordo però si è tenuta fuori la Gran Bretagna Il testo, approvato a larghissima maggioranza nella commissione Libertà civili (Libe), stabilisce che i dipendenti stagionali senza passaporto europeo possano godere degli stessi diritti dei cittadini dell’Unione per quanto riguarda l’età minima di lavoro, la retribuzione, il licenziamento, gli orari, il periodo di vacanze ed i requisiti di salute e sicurezza sul lavoro durante la loro permanenza nello Stato membro. Essi avranno anche il diritto ad iscriversi a un sindacato ed accesso alla sicurezza sociale e altri servizi pubblici, fatta eccezione per le case popolari. Secondo alcune stime della Commissione, ogni anno, il numero di lavoratori stagionali che entrano regolarmente nell’Ue da Paesi non europei è di più di 100mila persone. Di questi, moltissimi lavorano in condizioni umanamente inaccettabili, sono spesso sottopagati e trattati al limite della schiavitù. Qualora il dovesse essere approvato, nella votazione finale prevista per Plenaria di gennaio, la nuova regolamentazione comunitaria rappresenterebbe un primo passo verso il completamento di una direttiva che gestisce l’immigrazione legale temporanea e garantisce al contempo la protezione di tutti i lavoratori dallo sfruttamento. A livello europeo sarebbe anche il primo strumento normativo in materia e potrebbe contribuire a prevenire, almeno in linea teorica, che i soggiorni temporanei dei lavoratori extracomunitari si trasformino in irregolari e permanenti. Qualsiasi domanda di ingresso nell’Ue come lavoratore stagionale – dice il testo approvato – dovrà includere “un contratto di lavoro o un’offerta vincolante di lavoro che specifichi gli elementi essenziali quali la retribuzione e l’orario di lavoro”. A richiesta dei deputati, essa dovrà anche includere una prova che il lavoratore avrà un alloggio adeguato. Qualora l’alloggio sia messo a disposizione dal datore di lavoro, l’affitto non dovrà essere sproporzionato né potrà essere dedotto automaticamente dal salario del lavoratore. Gli Stati membri manterranno comunque il diritto di stabilire quanti lavoratori stagionali saranno ammissibili nel Paese. “Finalmente abbiamo un accordo su una direttiva che protegge i lavoratori stagionali contro lo sfruttamento” ha dichiarato Claude Moraes, relatore del testo approvato. “Sarà uno strumento forte per garantire condizioni di lavoro umane per i dipendenti stagionali ed aiutare i buoni datori di lavoro”. Per Jan Mulder, portavoce del gruppo dei liberali, “le regole comuni europee assicureranno l’accesso legale in Europa e una migliore protezione dei lavoratori migranti contro lo sfruttamento”. Una grande conquista dopo “tre lunghi anni di negoziati”. Nel felicitarsi per l’approvazione del provvedimento, la Ong Picum, Piattaforma per la cooperazione internazionale sui migranti senza documenti, non ha nascosto però che a suo avviso la direttiva così com’è “non affronta sufficientemente il rischio sfruttamento”. Secondo Picum i punti di debolezza sono che “la definizione di lavoratore stagionale resta vaga e sottoposta alla discrezionalità degli Stati”, il fatto che il provvedimento non riguarda i migranti già presenti sul territorio, ma l’application è riservata a chi fa richiesta da Paesi Terzi, e la mancanza di un “meccanismo per aiutare le vittime” dello sfruttamento.


Centri di espulsione

 


DIRITTI & ROVESCI

Pestaggi e abusi al Cie di Torino

Episodi di violenza segnalati alla delegazione parlamentare guidata dal senatore Manconi che oggi ha fatto visita alla struttura di corso Brunelleschi: “Eccessiva militarizzazione, per una realtà inadeguata, illogica e inefficiente. Da abolire”


Pubblicato Domenica 09 Febbraio 2014,

Pestaggi, violenze e abusi al Cie di Torino sono stati segnalati da numerosi trattenuti a Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutele e la promozione dei diritti umani, che ha guidato la delegazione parlamentare in una visita al Centro di identificazione ed espulsione di corso Brunelleschi. Si tratta «di episodi denunciati da un numero non insignificante di trattenuti – spiega allo Spiffero il senatore – coincidenti nei racconti, circostanziati e dettagliati negli avvenimenti che, pur privi di testimonianze documentarie, fanno pensare che vi sia un fondamento di verità». Un «clima pesante, già avvertibile dall’eccessiva militarizzazione» di una struttura circondata da garitte, che ospita al momento una ventina di donne e 50 uomini. Episodi che sono stati prontamente sottoposti all’attenzione di Prefettura e delle altre istituzioni. «La situazione che abbiamo riscontrato a Torino – racconta Manconi al termine dell’ispezione svolta con i colleghi Miguel Gotor e Stefano Esposito – è simile a quella dei Cie di tutta Italia. Luoghi che assomigliano a un carcere, addirittura definiti peggio di un penitenziario dagli stessi trattenuti, ma che non lo è e non deve esserlo secondo il nostro ordinamento». Ma non è questa l’unica contraddizione di strutture «che hanno mostrato proprio nell’assolvimento delle funzioni per le quali sono state pensate l’inadeguatezza, l’inefficienza, l’insensatezza. A partire dal tempo necessario all’identificazione si allunga fino a 18 mesi, al fatto che solo l’1% di immigrati irregolari passa attraverso tali centri, per finire al fatto che solo il 405 di essi viene realmente espulso. Insomma, anche solo sul piano dell’investimento si tratta di un’esperienza del tutto fallimentare». Dopo le clamorose proteste intraprese dagli immigrati nel Cie di Roma e dal deputato democratico Khalid Chaouki, volontariamente rinchiusosi nel Centro di Lampedusa, ad accendere i fari sul centro di Torino sono stati i consiglieri comunali di Pd e Sel che, in una loro mozione, hanno chiesto al governo “di superare nel più breve tempo possibile questa formula disumana e dispendiosa”. Appelli in tal senso sono giunti dal mondo del volontariato - lo scorso 21 dicembre 2013 ha fatto clamore la denuncia di suor Anna del Centro di Via Santa Maria Mazzarello - ma anche degli operatori e delle forze di polizia.  «Un’ospitalità senza desiderio (senza il desiderio di ospitare degli uni e senza il desiderio di essere ospitati degli altri) – conclude Manconi - si risolve così necessariamente in un limbo in cui uomini e donne sono costretti a sopravvivere al minor costo possibile per il tempo necessario al disbrigo di pratiche burocratiche. Queste condizioni che attengono al loro stesso mandato istituzionale fanno dei Cie luoghi in qualche modo non riformabili, di cui è necessario perseguire il superamento attraverso il loro svuotamento di funzioni e di persone. Per questo è importante il primo passo compiuto dal Governo con il nuovo decreto-legge voluto dal Ministro Cancellieri. In esso è prevista l’identificazione dei detenuti stranieri passibili di espulsione sin dal loro ingresso in carcere. In questo modo finirebbe l’inutile trasferimento dal carcere ai Cie di tantissimi stranieri che hanno appena finito di scontare la propria pena: se devono e possono essere espulsi ciò avverrebbe direttamente dal carcere; se vi sono ragioni per cui non debbano o non possano essere espulsi, tornerebbero legittimamente in libertà, avendo saldato i propri debiti con la giustizia italiana».


 

 

Società


Immigrati, l’Italia cresce grazie a loro

di Tania Careddu, 10 febbraio 2014


(http://www.altrenotizie.org/index.php) Cinque milioni. A tanto ammonta il numero degli immigrati in Italia. Che cresce grazie a loro: di pari passo, infatti, all’aumento degli stranieri che vivono nel Belpaese, ciò che permette al fenomeno di continuare e allo Stivale a crescere è l’incidenza delle nascite dei loro bambini. Nel 2012, infatti, secondo quanto riporta il XXIII Rapporto Immigrazione redatto da Caritas e Migrantes “Tra crisi e diritti umani”, i nati da genitori stranieri sono aumentati, raggiungendo quota ottantamila. Nascono principalmente da madri romene, marocchine, albanesi e cinesi. Anche perché, nel corso dell’anno passato, la collettività più densa è proprio quella romena seguita da quella polacca. Mentre, fra quelle non comunitarie, primeggiano la popolazione albanese e quella marocchina. A seguire quella cinese, ucraina, filippina e moldava. Ad accoglierli soprattutto il Nord Italia, seguito dal Centro, dal Sud e dalle Isole. Scelgono la Lombardia, il Veneto, l’Emilia Romagna e il Lazio. Ma è la provincia di Prato quella che detiene la percentuale più alta di incidenza sul totale della popolazione e quella di Roma quella che ne ospita di più. E però la sistemazione che trovano è un alloggio di fortuna, vedi caravan, container, baracche, garage, soffitte e cantine, che non può essere considerato un’abitazione. Perché con la legge Bossi-Fini la perdita del lavoro e la conseguente condizione di irregolarità, li espone maggiormente al rischio di rimanere senza casa, soprattutto nelle regioni meridionali. E quando la casa, invece, ce l’hanno, le condizioni di vivibilità non sono fra le più decorose: sovraffollamento, perché permette di dividere le spese d’affitto e delle utenze, anche perché in un quarto dei casi risultano incapaci di pagare con puntualità, e scarsa qualità. Ma, in fondo, sono proprio le famiglie dei migranti quelle che hanno dovuto fronteggiare la crisi partendo da una evidente posizione di svantaggio. Rispetto alle famiglie italiane, infatti, l’incidenza della povertà è più che doppia, il reddito medio dei nuclei famigliari immigrati è solo del 56 per cento di quello degli italiani, più di un terzo delle famiglie è investito da fenomeni di deprivazione, rispetto al quale, si legge nel Rapporto, gli interventi di Caritas e Migrantes, sono stati tesi alla fornitura di viveri e alla messa a disposizione di vestiario. Non basta: si nota una contrazione della domanda di lavoro riservata ai lavoratori stranieri, soprattutto fra i capifamiglia, nel settore dell’industria e delle costruzioni. Regge, fortunatamente, il settore dei servizi alla persona. Ed è a causa della vulnerabilità e della precarietà delle loro condizioni di vita che commettono azioni criminose, spesso oggetto di strumentalizzazione della politica e dei media. I reati, commessi per lo più dagli stranieri occupati nella manovalanza e diretti a procurare un vantaggio economico immediato, interessano la droga, il patrimonio, quelli contro le persone e la pubblica amministrazione. Ma loro sono anche vittime. Basti pensare al fenomeno della tratta. Oltre all’ambito della prostituzione, realtà ormai consolidata in Italia, la tratta ha assunto nuove forme, manifestandosi nell’ambito economico-produttivo, in particolare nell’agricoltura, nell’edilizia, nelle manifatture, nel lavoro di cura, nell’accattonaggio forzato e nelle attività illegali. Sono costretti a condizioni di vita disumane con orari di lavoro molto lunghi, retribuzioni inferiori a quelle pattuite che avvengono irregolarmente, obnubilati con promesse che non verranno mai mantenute, tipo l’ottenimento del permesso di soggiorno, e sottoposti a rapporti violenti. E i diritti umani fondamentali? Altro che crisi economica.



Lettera43

Sanatoria immigrati, il business dei falsi lavoratori

Clandestini assunti per finta. Costretti a versarsi i contributi. E a dare una 'mazzetta' per avere il permesso di soggiorno.

di Dino Garzoni


La sanatoria 2012 puntava a regolarizzare gli immigrati arrivati in Italia prima del 2012.Sulla carta figuravano come colf, badanti, dipendenti di aziende edili e metallurgiche. In realtà non lavoravano affatto. Ma avevano sborsato una somma che andava dai 500 agli 8 mila euro a testa per risultare formalmente come clandestini e lavoratori in nero. Lo scopo? Beneficiare della sanatoria 2012 per la regolarizzazione del lavoro sommerso e ottenere il permesso di soggiorno.
TRUCCO ANTI-CRISI. Una rete composta da immigrati e imprenditori italiani in rovina disposti a fare carte false e certificare di aver sfruttato manodopera abusiva per racimolare qualche migliaio di euro. A fare da tramite tra le due categorie, una schiera di poliedrici faccendieri, sia italiani sia stranieri, il cui compito era quello di procacciare gli irregolari che volevano 'emergere', appartenenti a diverse etnie: bengalesi, cingalesi, indiani, marocchini, cinesi, albanesi, indiani.
METÀ PRATICHE RESPINTE. Dai registri degli indagati delle procure italiane continuano a emergere i nomi di chi, nella sanatoria indetta oltre un anno fa, ha visto un business vantaggioso per entrambe le parti.
Le presunte irregolarità sono state individuate nel corso degli accertamenti su 134.576 pratiche presentate in tutta Italia tra il 15 settembre e il 15 ottobre 2012 (il «periodo finestra»), di cui 79.315 da colf, 36.654 da badanti e 18.607 da altri lavoratori subordinati. A oggi, quasi la metà di queste pratiche risulta respinta perché in odore di truffa o perché non è stato possibile accertare l’attendibilità dei dati forniti (nelle province italiane più grandi, con una mole di richieste maggiore, gli accertamenti non sono ancora stati conclusi a inizio 2014).

Regolarizzare gli immigrati arrivati prima del 31 dicembre 2011

La sanatoria 2012 puntava a regolarizzare gli immigrati arrivati in Italia prima del 2012.

 

Gli immigrati figuravano anche come dipendenti di aziende, ma molte assunzioni erano false.Per rientrare nella sanatoria, all’immigrato che voleva regolarizzarsi veniva chiesta la prova documentale della propria presenza in Italia da prima del 31 dicembre 2011.
I datori di lavoro, per mettersi in regola ed evitare sanzioni (esclusi quelli condannati negli ultimi cinque anni per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anche in primo grado) dovevano invece dichiarare di avere alle proprie dipendenze manodopera in nero e un reddito minimo di 30 mila euro l’anno, quindi si dovevano impegnare a pagare un forfait di 1.000 euro e almeno gli ultimi sei mesi di contributi per ciascun lavoratore. Somme che nella maggior parte dei casi, secondo gli inquirenti, venivano invece incluse nella 'mazzetta' richiesta al clandestino.
ARRESTI IN TUTTA ITALIA. Dalla seconda metà del 2013, manette e avvisi di garanzia sono scattati in Toscana, Abruzzo, Sardegna, Calabria, Lazio, Liguria.
La più recente inchiesta di cui sono stati resi noti gli esiti, è quella sviluppata dalla squadra mobile di Udine: 52 indagati di cui 41 clandestini (nove bengalesi, sette indiani, sei algerini, cinque marocchini, quattro egiziani, quattro cinesi, tre brasiliani, due albanesi e un nigeriano) e 11 tra datori di lavoro e 'procacciatori'.
Viene loro contestato il reato di favoreggiamento alla contraffazione di documenti finalizzati al rilascio del permesso di soggiorno. Le presunte violazioni sono emerse dalle circa 200 domande presentate nella provincia friulana.
RUOLO CENTRALE AI MEDIATORI. Il sistema ricostruito dagli inquirenti è analogo a quello adottato nelle altre regioni italiane.
Ruolo cardine, come detto, quello svolto dai cosiddetti mediatori. In alcuni casi si appoggiavano a un proprio contatto straniero incaricato di fare circolare la voce nella comunità di connazionali e di trovare chi potesse pagare. In altre occasioni, lavoravano sulla base degli accordi presi con un datore di lavoro disposto a fornire carte false per i lavoratori fittizi, dichiarando un reddito superiore a quello reale o facendo risultare come attiva l'azienda chiusa da anni (in un caso era 'operativa' una ditta chiusa dal 2001).
C’erano poi gli imprenditori tuttofare, come nel caso di un 30enne della provincia di Udine (già noto alle forze dell’ordine) che avrebbe agevolato 17 clandestini facendosi pagare 3 mila euro da ciascuno.
IL GIRO DEI COLLABORATORI. La parte più fruttuosa del business - come dimostra il numero degli episodi contestati - avrebbe però riguardato il settore dei collaboratori domestici.
In uno di questi casi il passaparola sarebbe andato oltre il confine del Friuli Venezia Giulia arrivando alla comunità bengalese di Mestre in provincia di Venezia. Qui un 60enne friulano residente in zona avrebbe ottenuto il supporto di tre mediatori del Bangladesh, ovviamente in cambio di una percentuale. Avrebbe così trovato sei clandestini poi 'assunti' come colf o badanti da altrettanti disabili della provincia di Udine che, in quanto tali, potevano dichiarare un reddito inferiore a 30 mila euro (come previsto dalla sanatoria). In questo caso il 'pizzo' era più economico: 500 euro a testa.

Le truffe alla sanatoria 2012 riguardano tutto il nostro Paese

Gli immigrati figuravano anche come dipendenti di aziende, ma molte assunzioni erano false.

 

Questa è solamente l’ultima delle truffe 'stimolate' dalla sanatoria 2012.
A dicembre 2013 a Olbia sono state chiuse le indagini preliminari a carico di sette persone mentre a Firenze due pregiudicati sono finiti agli arresti domiciliari e 36 persone sono state indagate (25 extracomunitari e 11 imprenditori italiani). Anche in questo caso, datori di lavoro e dipendenti fittizi avrebbero redatto di comune accordo le carte necessarie: il prezzo andava da 500 a 1000 euro per ogni documento falso.
SERIE DI DENUNCE A PRATO. A novembre 2013 un’indagine identica è stata conclusa a L'Aquila con 11 arresti (cinque titolari di aziende agricole e sei intermediari stranieri) mentre a Roma sono scattate sette ordinanze di custodia cautelare (di cui sei in carcere).
Stesso sistema quello smascherato a Prato a settembre 2013, dove cinque garanti italiani e 12 stranieri sono stati denunciati per truffa e falso.
LE INDAGINI SU CROTONE. L’inchiesta condotta dai carabinieri di Crotone, ad agosto 2013, ha invece portato a un arresto e 25 indagati (13 imprenditori agricoli ed edili italiani e 12 indiani). Figura di spicco in questa indagine è quella di un 45enne indiano residente da otto anni in provincia (è accusato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e permanenza nel territorio nazionale di cittadini privi di permesso di soggiorno) che avrebbe indirizzato i propri connazionali verso alcuni degli imprenditori indagati. Per quanto riguarda le 'scartoffie' si sarebbe invece appoggiato a una complice, dipendente della prefettura di Crotone.
STRANIERI NON SUL LAVORO. Un caso simile è esploso a Teramo con 40 indagati, di cui solamente 11 stranieri. Anche qui - come emerso in provincia di Udine - la truffa sarebbe stata perpetrata per la maggior parte da 'colf e badanti' d’accordo con i rispettivi datori di lavoro fittizi. La somma pagata dai clandestini oscillava tra i 3.500 e gli 8 mila euro.
Nel corso dei controlli effettuati dopo la presentazione delle domande di «emersione», nessuno degli stranieri indagati è stato trovato sul posto di lavoro indicato.
Inoltre, nel corso del 2013 altri casi sospetti sono stati segnalati anche a Savona e Genova.
I CLANDESTINI SFRUTTATI. Tutti episodi che si aggiungono ad altre forme di sfruttamento della clandestinità. Tra queste, i racket smascherati periodicamente dalle forze dell’ordine, in cui gruppi di italiani (alcuni impiegati pubblici o professionisti) dietro pagamento promettono agli stranieri agevolazioni o documenti falsi per ottenere il tanto agognato permesso di soggiorno.
Insomma, più che il lavoro sommerso da queste inchieste sembra emergere per l’ennesima volta la propensione tipicamente italiana ad approfittarsi delle norme per fare il proprio interesse. Non è quindi escluso che a breve si aggiungano nuovi casi. 


 

 

 

 

 

Salute


Cresce la Tubercolosi in Italia: flussi migratori e globalizzazione fra le cause principali


10/02/2014 - Ad avvenuto contagio i primi sintomi rivelatori sono disturbi respiratori, come una bronchite persistente. I soggetti più a rischio sono gli immunodepressi, ossia pazienti che consumano farmaci e cortisone. “La Tubercolosi, in termini quantitativi, è una malattia fortemente in crescita – spiega il Prof. Massimo Andreoni, Presidente Simit, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali - Questo perché la globalizzazione, l’estrema facilità degli individui a viaggiare per il mondo, e l’immigrazione, che comporta l’arrivo di persone da zone ad alta endemia, provoca un sempre maggiore aumento dei casi. Ma non si tratta certo di criminalizzare gli immigrati, ma essere coscienti dei nuovi flussi e porre i rimedi immediati, specie dopo il collasso del sistema sanitario sovietico e l’aumento delle presenze dall’Africa e dal Medio Oriente. Trattandosi di una malattia a trasmissione respiratoria – prosegue l’infettivologo - attraverso colpi di tosse e starnuti, la propagazione della malattia aumenta esponenzialmente laddove sono presenti gruppi e luoghi chiusi. L’alta diffusibilità di questa malattia comporta il verificarsi di piccole epidemie, come avvenuto proprio in questi ospedali”. 
Si tratta di una malattia subdola, che può iniziare con una febbriciattola o con un piccolo dimagrimento, e che provoca una tosse spesso insistente, che persiste nonostante la cura di antibiotici. “Ad avvenuto contagio – continua il Prof. Andreoni - i primi sintomi rivelatori sono disturbi respiratori, come una bronchite persistente. In questa fase l’RX del torace permette di fare una diagnosi per capire se si tratta o meno di tubercolosi. Con il passare del tempo la tosse si intensifica sino a provocare espettorati anche emorragici. Tra i consigli degli specialisti della Simit, la presenza costante di uno staff medico che tuteli e sorvegli tutti i principali luoghi di formazione, così da riconoscere sintomi e malattie prima che si propaghino. “I soggetti più a rischio sono gli immunodepressi – chiosa il Presidente Simit - ossia le persone che fanno uso di farmaci che possono comportare un’immunosoppressione. Parliamo di pazienti che si curano da semplice malattie dermatologiche o gastroenterologiche, o che fanno uso di cortisone. Ma siamo tutti a rischio, e noi medici dobbiamo imparare a diagnosticare più velocemente possibile questa malattia”.