05 febbraio 2014

Immigrazione. Continuano ad aumentare gli sbarchi: 2156 solo a gennaio
Dieci volte di più rispetto a 2013 secondo i dati del ministero dell'Interno
stranieriiniitalia.it, 05-02-2014
Roma, 5 febbraio 2014 - Continuano ad aumentare gli sbarchi di immigrati sulle coste italiane, un trend in ascesa confermato dai dati dell ministero dell'Interno: 2156 immigrati nei primi trenta giorni del 2014, circa dieci volte rispetto allo stesso periodo del 2013, quando furono 217.
Si tratta di migranti provenienti dai Paesi del Nord Africa e del vicino Medio Oriente. Complessivamente i migranti giunti sulle coste italiane nello scorso anno sono stati 42.925, il 325% in più dell'anno precedente.La Sicilia si conferma la regione più interessata dal fenomeno.
Nell'ambito della lotta all'immigrazione clandestina, nel 2013 sono state arrestate 200 persone tra scafisti, organizzatori e basisti e sequestrate 158 imbarcazioni.



Scola va da Maroni e sferza la Lombardia sull'immigrazione
Il cardinale in Consiglio regionale La reazione leghista, proteste di M5S
Corriere della sera, 05-02-2014
Andrea Senesi  
MILANO — La dimensione internazionale della Lombardia vale solo per la crescita economica o per l'export e non per le politiche d'accoglienza. Angelo Scola lo dice cosi: «Lo sviluppo delle esportazioni mostra la capacità di andare incontro a mercati lontani e culturalmente differenti.Tuttavia tale capacità sembra venir meno quando si tratta di affrontare equilibrate politiche di integrazione, nel rispetto della legalità». Prima bordata. Il cardinale di Milano, da sempre amatissimo dal popolo ciellino, è seduto a fianco di Roberto Maroni. Sta parlando di un nuovo Umanesimo nella Lombardia che verrà nell'aula del Consiglio regionale. Nessuno sconto, nessuna concessione ai «padroni di casa» leghisti. Le parole sono nette, inequivocabili. Una pausa e poi ecco il secondo affondo: «Gli immigrati rappresentano quindi una potenzialità, ma se non ci decidiamo a tradurre questo processo di meticciato di civiltà in una possibilita effettiva il nostro futuro sarà più difficile».
Bravi a far soldi all'estero, ma chiusi di fronte allo straniero che viene a chiedere aiuto. Roberto Maroni, alla fine, applaude. Ma il passaggio non può lasciare indifferenti i lumbard del Pirellone. Il governatore non replica, scansa commenti e polemiche. Tiene scrupolosamente fede al cerimoniale e accompagna, terminata la lectio in aula, il cardinale in visita ai dipendenti del Pirellone. Poco prima, nel suo intervento di saluto all'ospite, Maroni lo aveva omaggiato richiamando le battaglie «comuni»: «Negli anni le sue profonde riflessioni sull'identità, sulle radici della nostra cultura, sul rapporto fra religione e politica, governo e bene comume, hanno offerto preziosi e condivisibili spunti a chi, come noi, è impegnato quotidianamente nel difficile compito affidatogli dai Cittadini». Il governatore padano aveva anche ricordato le politiche a favore della libertà educativa (la Regione ha appena confermato il finanziamento inaugurate da Roberto Formigoni per gli studenti delle scuole private) e a sostegno delle fragilità sociali, di chi è rimasto indietro «per colpa della crisi». «Ci siamo fin dall'inizio impegnati per sostenere i più deboli, gli anziani, i malati, i non autosufficienti e le loro famiglie: non vogliamo lasciare indietro nessuno. Questo, credo, fa la vera differenza in una società moderna». E poi Expo, il tema dell'alimentazione, la necessità di una maggiore sobrietà nei consumi e negli stili di vita.
Rimane quel richiamo del cardinale. L'immigrazione come un'opportunità da cogliere e l'invito a «tradurre questo processo di meticciato di civiltà in una possibilità effettiva». Parole pesanti come macigni per l'amministrazione a guida leghista, che vuole, tanto per dirne una, escludere dall'assegnazione delle case popolari chi non è residente da almeno 15 anni sul suolo lombardo. Il gruppo consiliare del Carroccio, tempo mezz'ora, produce una nota che non profuma d'incenso: «Al cardinale Scola abbiamo personalmente riferito della necessità di aiutare i popoli a casa loro, affinché non siano costretti all'immigrazione di massa e ad essere sradicati dal proprio territorio».
La visita del cardinale al Pirellone s'era aperta con l'Aventino dei nove consiglieri grillini che avevano abbandonato l'aula all'ingresso del cardinale. Profanata la laicità dell'istituzione, avevano protestato gli eletti a cinque stelle, sfilando verso l'uscita. Una protesta civile, con tanto di spiegazione personale a Scola alla fine della sua visita ufficiale.
Può a ragione esultare invece l'ala cattolica della maggioranza di centrodestra, a cominciare dal ciellino Raffele Cattaneo (Ncd), il presidente dell'assemblea lombarda che più s'è speso per portare la testimonianza di Scola in aula. «L'amicizia civica tra la nostra istituzione e la Chiesa ambrosiana è viva e dopo questa visita ancora più forte». Soddisfatto anche il Pd, in particolare per i passaggi su immigrazione e accoglienza. «Spunti di riflessione che ci auguriamo entrino nell'agenda dei lavori della Regione».
 


Centri di espulsione. Bubbico (Interno): "Pronti a tagliare i tempi di permanenza"
Il viceministro al Consiglio d’Europa: “Innalzeremo gli standard dell’accoglienza”. “Lotta alla tratta priorità per la presidenza italiana dell’Ue”
stranieriinitalia.it, 05-02-2014
Roma – 4 febbraio 2014 -  L'Italia ''è impegnata in questo frangente a considerare la possibilita' di rivedere la disciplina dei tempi di permanenza all'interno dei centri di identificazione ed espulsione (Cie) e ad innalzare gli standard qualitativi dell'accoglienza''.
Lo ha ribadito oggi a Strasburgo il viceministro dell'Interno, Filippo Bubbico, in un’audizione davanti alla commissione Migrazione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (Pace), organismo internazionale impegnato nella difesa dei diritti umani, del quale fanno parte 47 paesi del Vecchio Continente..
Tra le altre cose, il numero due del Viminale ha detto anche che ''i temi migratori e, in particolare, il rapporto tra Europa e Paesi di origine e transito saranno punti caratterizzanti la Presidenza italiana dell'Unione europea nel secondo semestre dell'anno''. In particolare, una delle priorità sarà la “lotta alla tratta di esseri umani”.
''Nel 2013 – ha ricordato il viceministro dell’Interno - le forze di polizia italiane hanno arrestato 200 persone tra scafisti, organizzatori e basisti ed hanno sequestrato 158 natanti''. Naturalmente, ''tutte le imbarcazioni in difficolta' con migranti di cui le autorita' italiane hanno acquisito conoscenza, o per diretto avvistamento, o per effetto di richieste d'aiuto, sono state soccorse''.
Nel corso dell’audizione Bubbico ha parlato anche della nomina di Cècile Kyenge a ministro dell’Integrazione, definendola “significativa”.



Permesso per motivi umanitari quando c’è inserimento lavorativo
CIRDI, 05-02-2014
Il Tribunale di Torino, con l’ordinanza del 14 gennaio 2014, ritiene, meritevole di tutela ai sensi dell’art. 5, co. 6 D.Lgs. 286/98 l’inserimento sociale e lavorativo del richiedente.
In assenza dei requisiti di ordinaria concessione del permesso si soggiorno ai sensi del comma 6 dell’art. 5 del D.Lgs 286/1998 il permesso di soggiorno può essere riconosciuto qualora “ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”
Il Tribunale di Torino, con l’ordinanza del 14 gennaio  2014 ha ritenuto  meritevole di tutela ai sensi dell’art. 5, co. 6 D.Lgs. 286/98 l’inserimento sociale e lavorativo del richiedente: nel caso di specie il ricorrente era giunto in Italia a seguito ed in conseguenza di minacce e successivamente il suo ingresso risulta essersi positivamente inserito. A dimostrazione di cìò vi è la sua partecipazione a corsi di lingua italiana e l’attivazione nei suoi confronti di un tirocinio formativo. In particolare, il ricorrente ha dimostrato attitudini circa l’organizzazione del lavoro e buone capacità di relazionarsi al contesto lavorativo, accrescendo e affermando la sua abilità in ambito lavorativo.



Immigrazione,sgominata banda italocinese
(ANSA) - RAGUSA, 05 FEB - Un'organizzazione italo-cinese che operava nel Ragusano specializzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina è stata sgominata dagli uomini della Squadra Mobile della Questura Iblea. Sei gli arrestati: un cinese già trasferito in carcere e cinque ragusani, compreso un medico dell'Asp 7, posti ai domiciliari. Secondo l'accusa, l'organizzazione riusciva ad ottenere regolari permessi di soggiorno per gli immigrati producendo però documenti falsi.



I cittadini stranieri possono conservare il cognome originario anche dopo la concessione della cittadinanza italiana
CIRDI, 05-02-2014
Con la circolare 14424 dd. 23 dicembre 2013,  il Ministero dell’Interno – Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, ha dato disposizioni affinchè lo straniero che acquisti la cittadinanza italiana possa conservare il proprio cognome originario, senza che questo possa essere modificato mediante l’attribuzione del cognome paterno da parte del decreto di conferimento della cittadinanza.
La questione è sorta poiché  il Ministero dell’Interno –  Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione -, competente per le procedure di cittadinanza, ai fini della stesura del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, utilizzava i criteri della legge italiana per la formazione del cognome, imponendo quello paterno, mentre  in diversi ordinamenti stranieri il cognome registrato alla nascita non coincide con quello paterno: dai paesi latinoamericani che prevedono l’attribuzione al minore sia del primo cognome paterno sia del primo cognome materno, ai paesi di tradizione islamica (come nel caso dell’ Egitto) ove la parte costituente il cognome è formata dal nome del padre, del nonno o del bisnonno; alla Macedonia e Bulgaria che attribuiscono alla persona di sesso femminile il cognome paterno, ma declinato. Ugualmente, in alcuni Paesi dell’Est europeo, come la Polonia, a seguito del matrimonio, le donne abbandonano o aggiungono al cognome originario quello del coniuge.
La questione era stata sollevata dall’ASGI già nel 2009 con una lettera in cui si evidenziavano i profili di illegittimità  di tale prassi per contrasto con i principi del diritto dell’Unione europea in materia di libertà di circolazione e di divieto di discriminazioni e con quelli costituzionali del rispetto dell’identità personale e della vita privata e familiare, quali diritti fondamentali della persona.
La prassi del Ministero dell’Interno aveva inoltre determinato un inutile aggravio burocratico sulle Prefetture e gli Uffici di Stato civile, in quanto successivamente al cambio del cognome in sede di conferimento della cittadinanza, le neocittadine italiane si rivolgevano ai Prefetti per presentare istanza di riattribuzione del cognome originario ai sensi del d.P.R. n. 54 dd. 13 marzo 2012, con conseguenti nuove procedure di trascrizione del cognome presso gli ufficiale di Stato civile (si veda al link: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2848&l=it ) .
Il nuovo orientamento del Ministero dell’Interno giunge anche a seguito di un parere del Consiglio di Stato, che aveva confermato il carattere illegittimo della prassi ministeriale.
Il Ministero dell’Interno fondava la propria prassi  sulle disposizioni della legge n. 218/1985 in materia di diritto internazionale privato, secondo cui la determinazione del cognome di una persona dipende dalla legge dello Stato di cui questi è cittadino, così come dalla legge di ratifica della Convenzione di Monaco del 1980 (legge n. 950 dd. 19.11.1984), secondo cui  in “caso di cambiamento della nazionalità, viene applicata la legge dello Stato di nuova nazionalità”.
Recependo il parere del Consiglio di Stato, la circolare ministeriale sottolinea come la prassi del cambiamento del cognome in sede di conferimento della cittadinanza, appariva contraria ai principi del diritto dell’Unione europea, costituendo tanto un ostacolo alla libera circolazione dei cittadini UE quanto una discriminazione ed una lesione di diritti fondamentali alla personalità e al rispetto della vita privata e familiari, riconosciuti dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e dalla Carta europea dei diritti fondamentali (Carta di Nizza).  Questo anche sulla base degli obblighi derivanti dal rispetto di due sentenze della Corte di Giustizia europea (C-353/06 e C-148/02).
Facendosi riferimento a diritti fondamentali della persona, il Ministero dell’Interno riconosce che i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea non devono trovare applicazione solo nei confronti dei cittadini di altri Paesi UE, ma anche nei confronti dei cittadini stranieri di Paesi terzi che si trovassero nella medesima situazione.
Fondandosi sul parere reso dal Consiglio di Stato, il Ministero dell’Interno rileva come l’incongruenza tra le fonti del diritto comunitario e quelle di derivazione dal diritto internazionale pattizio cui l’Italia aderisce deve risolversi a favore delle prime, determinando la disapplicazione delle seconde. Questo sulla base dell’art. 351 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea per cui gli Stati membri devono assumere le necessarie misure per rimuovere le divergenze col diritto comunitario che possano derivare dall’applicazione di trattati internazionali cui lo Stato membro aderisce.
Per tale ragione, il Ministero dell’Interno ha disposto quindi per la disapplicazione della norma della legge n. 950/84 che veniva interpretata nella direzione di disporre il cambiamento del cognome della neo – cittadina italiana, quando quello originario era difforme dal quello paterno.
Ugualmente, la circolare del Ministero dell’Interno dispone che, nella stesura del decreto di conferimento della cittadinanza italiana, antecedente al giuramento, si dovrà tenere conto delle modalità di trascrizione dei caratteri non ricompresi nell’alfabeto latino conformemente alle disposizioni impartite con decreto del Ministro per la Pubblica amministrazione e l’innovazione del 2 febbraio 2009. Sarà, quindi, consentito al richiedente, al momento della presentazione dell’istanza, indicare gli elementi del proprio nome così come specificati nell’atto di nascita. Il decreto di conferimento della cittadinanza recherà tali generalità.
Fonte: Asgi



Spot multilingue, protesta dell'America conservatrice
Corriere della sera, 05-02-2014
Viviana Mazza  
Gli ingredienti fondamentali sono quelli «classici»: uno degli inni patriottici più popolari del Paese, «America the Beautiful», suona di sottofondo, mentre scorrono le immagini di famiglie unite da cose semplici come un sorriso, un abbraccio, e ovviamente una Coca-Cola. La pubblicità andata in onda domenica scorsa negli Stati Uniti durante il Super Bowl, la finale di football americano guardata da m milioni di spettatori, aveva però anche un sapore un po' diverso: la canzone veniva cantata in otto diverse lingue, incluse spagnolo e arabo, da americani con il cappello da cowboy ma anche con l'hijab. Questi 60 secondi di plurilinguismo sono bastati a irritare un certo numero di spettatori, che hanno riversato le proprie proteste sui social network. «Non ci posso credere! Un inno Cristiano e americano cantato nella lingua dei terroristi», ha twittato qualcuno. In breve tempo è nato l'hashtag #speakamerican e c'è stato chi ha ipotizzato un boicottaggio della Coca-Cola. Commentatori conservatori come Glenn Beck alla radio e Todd Starnes su Fox News hanno accusato l'azienda di «dividere l'America» tirando in ballo questioni quali la riforma dell'immigrazione e l'inglese come lingua primaria. «Se lo spot non ti piace e ti senti offeso allora ti dicono che sei razzista. E se ti piace, invece sei progressista e favorevole all'immigrazione. È un modo per dividerci», ha sostenuto Beck. «Non ho capito le parole — ha osservato Starnes, provocatorio —. Parlo solo inglese».
La Coca-Cola ha replicato di sperare che la pubblicità aiuti a far discutere e riflettere. Molti altri spettatori hanno fatto notare che in questo Paese, da sempre costruito sull'immigrazione, degli americani che guardavano il Super Bowl domenica
uno su 5 parla altre lingue.
Quello che era inizialmente passato inosservato è che lo spot mostra anche la prima coppia gay nella storia del Super Bowl: pattinano insieme alla figlia. L'organizzazione di monitoraggio dei media sui diritti dei gay «Glaad» lo ha definito un «ottimo passo», e ora esorta Coca-Cola, sponsor dei Giochi invernali di Sochi, a mostrare nella «Rússia omofoba» quanto siano «belle le famiglie gay, lesbiche, bisessuali e transgender». E pare che anche li andrà in onda una versione dello spot.



Usa, il business degli immigrati in carcere
Avvenire, 05-02-2014
Elena Molinari
​Fra le riforme auspicate da Barack Obama durante il suo discorso sullo Stato dell’Unione, quella dell’immigrazione ha le maggiori possibilità di vedere la luce nell’anno in corso. E non solo perché in vista delle politiche di novembre il partito repubblicano ha un disperato bisogno di ingraziarsi gli elettori di origine latinoamericana (amici e parenti di stranieri irregolari). A spingere per il passaggio della legge ci sono anche altri, non ovvi, gruppi d’interesse, come i lobbisti dei due principali gestori di carceri private: Corrections corporation of America e il gruppo Geo.
Se i liberal, i gruppi umanitari e lo stesso presidente hanno ottenuto che il disegno di legge preveda un percorso verso la naturalizzazione degli 11 milioni di irregolari già presenti nel Paese – o perlomeno di quelli arrivati negli States da bambini – i conservatori hanno imposto nel testo in discussione un giro di vite sui controlli nelle zone di frontiera, che porterà a un inevitabile aumento degli agenti e degli arresti di irregolari appena giunti. Un nuovo afflusso di detenuti, quindi, stimato dallo stesso Congresso in almeno 14mila in più all’anno, che le due società non vogliono lasciarsi sfuggire. Il suo costo (dal punto di vista dei contribuenti) o potenziale ricavo (considerata la prospettiva delle imprese) sarà di 1,6 miliardi di dollari in dieci anni.
Il rapporto diretto fra l’applicazione della legge e l’aumento dei carcerati è quasi certo. Nella storia recente degli Stati Uniti si sono accumulati abbastanza precedenti da dimostrare che una maggiore presenza di agenti sulle strade dell’Arizona e del Texas si converte automaticamente in più ospiti nei centri di detenzione. La cattura e detenzione “obbligatorie” degli stranieri senza permesso di soggiorno sono scattate negli Stati Uniti nel 1996, e da allora ogni migrante irregolare viene arrestato e imprigionato in attesa che le autorità decidano se deve essere deportato.
Anche dopo la sentenza, però, basta che un immigrato irregolare sia considerato una “minaccia” o che abbia commesso qualsiasi tipo di infrazione perché la sua detenzione si prolunghi per mesi, anche per anni, finché non viene rimpatriato. Dopo il passaggio della riforma del 1996, in due anni il numero degli immigrati nei penitenziari americani è raddoppiato, passando da 8mila a 16mila. Poi è arrivato l’11 settembre 2001, e il concetto di “minaccia alla sicurezza nazionale” si è fatto ancora più arbitrario. Nel 2005, invece, George W, Bush ha lanciato l’operazione “Streamline” che ha imposto tolleranza zero per gli irregolari. Da quel momento il Codice penale, che definisce un crimine l’ingresso illegale negli States, è stato applicato alla lettera, provocando una nuova piena nelle celle federali.
Dal 2009, infine, il Congresso impone che il dipartimento per la Sicurezza nazionale mantenga nelle sue celle almeno 34mila detenuti in media all’anno. La misura era stata pensata per proteggere la nazione dal terrorismo, ma, poiché il dipartimento è responsabile della tutela dei confini, il metodo più efficace a sua disposizione per riempire i 34mila letti è catturare il maggior numero possibile di immigrati irregolari. Contando anche gli immigrati arrestati dal Dipartimento alla giustizia o dai singoli Stati, la popolazione carceraria degli irregolari si aggira attorno ai 400mila. Nel 2012 circa 22mila sono rimasti in cella per più di un anno.
L’obbligo dei 34mila “posti letto” è stato criticato da molte associazioni per la difesa dei diritti umani, e anche dall’attuale ministro per la Sicurezza nazionale Janet Napolitano. Ma per ora resta in vigore, fornendo ai gestori di prigioni il modello perfetto di come una nuova legge si traduce in business. Dal 2010 ad oggi, il valore delle azioni della Geo è raddoppiato. E dal 2005 i ricavi dell’azienda provenienti da appalti federali sono passati dal 5% al 40% delle sue entrate.
Ora, in vista della nuova riforma, entrambe le società stanno costruendo nuove strutture penitenziarie e proponendo nuovi servizi al governo. Fra questi, spicca la novità del “monitoraggio” degli immigrati in attesa di deportazione che non possono essere detenuti. Il disegno di legge sull’immigrazione in discussione al Senato prevede proprio una forma di “detenzione alternativa¸ che descrive alla lettera la nuova proposta della Geo.

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