CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 12 giugno 2014 (1)

Causa C‑491/13

Mohamed Ali Ben Alaya

contro

Bundesrepublik Deutschland

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Verwaltungsgericht Berlino (Germania)]

«Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Direttiva 2004/114/CE – Requisiti di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio – Diniego di ammissione di un soggetto che soddisfa i requisiti previsti dalla direttiva 2004/114/CE – Normativa di uno Stato membro che prevede un margine discrezionale in capo all’amministrazione»





1.         Nell’ambito della sua strategia intesa a promuoversi quale centro mondiale di eccellenza per la ricerca, per gli studi e per la formazione, l’Unione europea si è dotata di taluni strumenti normativi i quali, pur iscrivendosi nell’ambito della sua politica relativa all’immigrazione, hanno la finalità di favorire l’ammissione e la mobilità nell’Unione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio e di ricerca (2).

2.        Tale strategia si inserisce in un contesto globalizzato caratterizzato ormai da una competizione a livello mondiale tra i paesi sviluppati per attrarre i ricercatori e gli studenti stranieri nei loro sistemi educativi (3). La capacità di attrarre questo tipo di persone implica infatti talune sfide di natura politica ed economica. Per un verso, i ricercatori e gli studenti rappresentano una riserva di capitale umano qualificato, o potenzialmente qualificato, percepito come importante per la crescita economica, lo sviluppo e l’innovazione. Per altro verso, il fatto di attrarre ricercatori e studenti stranieri, con il flusso di conoscenza che ne deriva, può contribuire in maniera sostanziale allo sviluppo dei sistemi educativi e di ricerca, con rilevanti ripercussioni economiche (4).

3.        Con la questione pregiudiziale sottopostale dal Verwaltungsgericht Berlin, nella presente causa la Corte è chiamata a precisare la portata di uno degli strumenti normativi adottati dall’Unione per perseguire tali obiettivi, vale a dire la direttiva 2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato (5). Nella causa in esame la Corte dovrà tuttavia effettuare una ponderazione tra il perseguimento dei legittimi obiettivi sopra citati e i rischi connessi ad un impiego abusivo di tale strumento normativo per il conseguimento di obiettivi ad esso estranei.

I –    Ambito normativo

A –    Diritto dell’Unione

4.        I considerando 6, 8, 14, 15 e 17 della direttiva 2004/114 così recitano:

«(6) Uno degli obiettivi dell’azione [dell’Unione] nel settore dell’istruzione è promuovere l’immagine dell’Europa intera in quanto centro mondiale di eccellenza per gli studi e per la formazione professionale. Favorire la mobilità dei cittadini di paesi terzi verso [l’Unione] per motivi di studio è un elemento chiave di questa strategia. Il ravvicinamento delle legislazioni nazionali degli Stati membri relative alle condizioni di ingresso e di soggiorno ne è parte integrante.

(…)

(8)      Il termine ammissione copre l’ingresso e il soggiorno di cittadini di paesi terzi ai fini previsti dalla presente direttiva.

(…)

(14) L’ammissione ai fini previsti dalla presente direttiva può essere rifiutata per motivi debitamente giustificati. In particolare l’ammissione potrebbe essere rifiutata qualora lo Stato membro ritenga, basandosi su una valutazione fattuale, che il cittadino di paesi terzi interessato costituisca una potenziale minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza pubblica. La nozione di ordine pubblico può contemplare una condanna per aver commesso un reato grave. In tale contesto va rilevato che nel concetto di ordine pubblico e di sicurezza pubblica rientrano pure i casi in cui un cittadino di un paese terzo fa o ha fatto parte di un’organizzazione che sostiene il terrorismo, sostiene o ha sostenuto una siffatta organizzazione o nutre o ha nutrito aspirazioni estremistiche.

(15)      In caso di dubbio sui motivi della domanda di ammissione, gli Stati membri possono esigere tutte le prove necessarie per valutarne la coerenza, in particolare in base agli studi prescelti dal richiedente, al fine di lottare contro gli abusi e l’uso improprio della procedura stabilita dalla presente direttiva.

(…)

(17)      Per permettere il primo ingresso nel loro territorio gli Stati membri dovrebbero poter rilasciare a tempo debito un permesso di soggiorno o, se rilasciano permessi di soggiorno unicamente nel loro territorio, un visto (…)».

5.        L’articolo 1 della direttiva 2004/114, dal titolo «Oggetto», dispone che

«[o]ggetto della presente direttiva è definire:

a)       le condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi che si rechino nel territorio degli Stati membri, per un periodo superiore a tre mesi, per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato;

b)       le norme sulle procedure per l’ammissione dei cittadini di paesi terzi nel territorio degli Stati membri ai suddetti fini».

6.        L’articolo 2, lettere a), b), e g), della direttiva 2004/114 contiene, ai fini di tale direttiva, le seguenti definizioni:

«a)      ‘cittadino di un paese terzo’, chiunque non sia cittadino dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, del trattato;

b)      ‘studente’, il cittadino di un paese terzo che sia stato accettato da un istituto di insegnamento superiore e che sia stato ammesso nel territorio di uno Stato membro per seguire, quale attività principale, un programma di studi a tempo pieno che porti al conseguimento di un titolo di istruzione superiore riconosciuto da tale Stato membro, compresi i diplomi, certificati o diplomi di dottorato in un istituto di insegnamento superiore, che può comprendere un corso propedeutico preliminare a tale istruzione, in conformità della legislazione nazionale; (…)

g)      ‘permesso di soggiorno’, un’autorizzazione rilasciata dalle autorità di uno Stato membro che consente ad un cittadino di un paese terzo di soggiornare legalmente sul proprio territorio, conformemente all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1030/2002 [(6)]».

7.        L’articolo 3 della direttiva 2004/114 è intitolato «Campo d’applicazione», e prevede, al suo paragrafo 1, che essa si applichi «ai cittadini di paesi terzi che chiedono di essere ammessi nel territorio di uno Stato membro per motivi di studio. Gli Stati membri possono altresì decidere di applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi che chiedono di essere ammessi per motivi di scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato».

8.        Il capo II della direttiva 2004/114 reca il titolo «Condizioni di ammissione» e contiene gli articoli da 5 a 11. Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2004/114, intitolato «Principio», «[l]’ammissione di un cittadino di un paese terzo a norma della presente direttiva è subordinata all’esame della documentazione comprovante che egli ottempera ai requisiti di cui all’articolo 6 e, a seconda della categoria di appartenenza, agli articoli da 7 a 11».

9.        L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2004/114 stabilisce i requisiti generali d’ammissione e prevede quanto segue:

«Il cittadino di un paese terzo che chieda di essere ammesso per i motivi specificati agli articoli da 7 a 11 deve rispondere ai seguenti requisiti:

a)      presentare un titolo di viaggio valido a norma della legislazione nazionale. Gli Stati membri possono prescrivere che il periodo di validità del titolo di viaggio sia almeno pari alla durata del soggiorno previsto;

b)       ove non abbia raggiunto la maggiore età, ai sensi della legislazione nazionale dello Stato membro ospitante, presentare l’autorizzazione dei genitori per il soggiorno in questione;      

c)      essere coperto da un’assicurazione malattia per tutti i rischi di norma coperti per i cittadini del suo paese nello Stato membro in questione;

d)      non essere considerato una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sanità pubblica;

e)      se richiesto dallo Stato membro, esibire la prova del pagamento delle tasse dovute per l’esame della domanda in base all’articolo 20 della presente direttiva».

10.      Gli articoli da 7 a 11 del capo II della direttiva 2004/114 riguardano i requisiti specifici d’ammissione applicabili agli studenti, agli alunni, ai tirocinanti non retribuiti e ai volontari. L’articolo 7 della direttiva stessa prevede i requisiti specifici applicabili agli studenti. Tale articolo, al suo paragrafo 1, dispone segnatamente quanto segue:

«Oltre ai requisiti generali previsti all’articolo 6, il cittadino di paesi terzi che chieda di essere ammesso per motivi di studio, deve soddisfare anche ai seguenti requisiti:

a)      essere accettato da un istituto di insegnamento superiore per seguire un programma di studi;

b)      esibire le prove richieste dallo Stato membro per dimostrare che disporrà, durante il soggiorno, di risorse sufficienti per provvedere al suo sostentamento, agli studi e al suo ritorno. Gli Stati membri rendono pubblico l’importo delle risorse minime mensili necessarie ai fini della presente disposizione, indipendentemente dall’esame individuale della situazione di ciascun richiedente;

c)      dimostrare, se richiesto dallo Stato membro, di avere conoscenza sufficiente della lingua in cui si tiene il programma di studi prescelto;

d)      se richiesto dallo Stato membro, esibire la prova del pagamento della tassa di iscrizione all’istituto».

11.      Il capo III della direttiva 2004/114, dal titolo «Permessi di soggiorno», contiene disposizioni relative al permesso di soggiorno rilasciato a ciascuna delle categorie di persone considerate da tale direttiva. Ai sensi dell’articolo 12 della direttiva in parola, dal titolo «Permessi di soggiorno rilasciati a studenti»:

«1.       Il permesso di soggiorno è rilasciato allo studente per un periodo pari almeno ad un anno e rinnovabile se permangono le condizioni di cui agli articoli 6 e 7. Ove il programma di studi abbia una durata inferiore a un anno, il permesso di soggiorno dura quanto il programma.

2.       Senza pregiudizio dell’articolo 16, il rinnovo del permesso di soggiorno può essere rifiutato o il documento può essere revocato nei seguenti casi:

a)      il titolare non osserva i limiti all’accesso alle attività economiche contemplati dall’articolo 17 della presente direttiva;

b)      il titolare non procede negli studi con un profitto accettabile in conformità della legislazione o della prassi amministrativa nazionale».

12.      Ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2004/114, dal titolo «Revoca o non rinnovo dei permessi di soggiorno»:

«1.       Gli Stati membri possono revocare o rifiutare di rinnovare un permesso di soggiorno rilasciato in forza della presente direttiva se ottenuto illegalmente o se risulta chiaramente che il titolare non ha mai posseduto o non possiede più i requisiti per l’ingresso e il soggiorno di cui all’articolo 6, nonché, a seconda della categoria di appartenenza, agli articoli da 7 a 11.

2.       Gli Stati membri possono revocare o rifiutare il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza o sanità pubblica».

B –    Diritto nazionale

13.      L’articolo 6 della legge in materia di soggiorno, lavoro e integrazione degli stranieri nel territorio federale (Gesetz über den Aufenthalt, die Erwerbstätigkeit und die Integration von Ausländern im Bundesgebiet; in prosieguo: l’«AufenthG») (7), dal titolo «Visto», prevede al suo paragrafo 3:

«Per i soggiorni di lunga durata è richiesto un visto per il territorio federale (visto nazionale), che deve essere stato rilasciato prima dell’arrivo nel territorio stesso. Tale visto è rilasciato in conformità alle vigenti norme in materia di permesso di soggiorno, di carta blu europea, di permesso di stabilimento e di permesso di soggiorno permanente-UE (...)».

14.      L’articolo 16, paragrafo 1, dell’AufenthG, dal titolo «Studi, corsi di lingua, scolarizzazione», così dispone

«Ad uno straniero può essere concesso un permesso di soggiorno per compiere i suoi studi presso un istituto di insegnamento superiore statale o riconosciuto dallo Stato ovvero in un ente di formazione equivalente. La finalità del soggiorno per il compimento di studi include i corsi di lingua prodromici agli studi stessi nonché la frequenza presso una scuola di preparazione agli studi universitari per studenti stranieri (misure preparatorie agli studi universitari). Il permesso di soggiorno finalizzato al compimento degli studi può essere concesso solo qualora il cittadino straniero abbia ottenuto l’ammissione all’istituto di insegnamento; è sufficiente una ammissione condizionata. Non è richiesta alcuna prova di conoscenza della lingua nella quale viene svolta la formazione se le conoscenze linguistiche sono già state considerate ai fini della decisione d’ammissione o se si prevede che debbano essere acquisite nell’ambito di misure preparatorie agli studi. In occasione della prima attribuzione e al momento della proroga, la durata di validità del permesso di soggiorno per motivi di studio è pari ad almeno un anno e non può eccedere i due anni per gli studi e le misure preparatorie agli studi; essa può essere prorogata qualora l’obiettivo formativo perseguito non sia stato ancora raggiunto e possa ancora esserlo in un arco temporale adeguato».

II – Fatti, procedimento principale e questione pregiudiziale

15.      Il sig. Ben Alaya è un cittadino tunisino nato nel 1989 in Germania, ove risiedono i suoi genitori. Nel 1995 egli ha lasciato la Germania per andare a vivere in Tunisia, ove ha proseguito i suoi studi fino ad ottenere, nel 2010, il suo diploma di maturità.

16.      Dopo la maturità il sig. Ben Alaya si è iscritto all’università di Tunisi per seguire studi informatici e si è nel contempo attivato per poter iniziare a studiare in Germania. Egli è stato quindi più volte ammesso ad effettuare i suoi studi presso la Technische Universität Dortmund ad indirizzo «matematica».

17.      Il sig. Ben Alaya ha formulato varie volte, presso le autorità tedesche competenti, una domanda volta ad ottenere un visto per studenti. Le sue domande sono state tuttavia sempre respinte. L’ultima decisione con cui gli è stata negata la concessione di un visto è stata adottata il 22 luglio 2011 dall’ambasciata della Repubblica federale di Germania a Tunisi ed è stata confermata il 23 settembre 2011. Con tale decisione le autorità tedesche hanno negato il visto basandosi, in sostanza, sull’esistenza di dubbi quanto alla motivazione del sig. Ben Alaya a svolgere i propri studi in Germania. Dette autorità hanno rilevato in particolare che, nelle materie rilevanti ai fini degli studi che intendeva compiere, il sig. Ben Alaya aveva ottenuto solo voti insufficienti. Alla luce di tale circostanza, le citate autorità hanno manifestato dubbi quanto alla capacità del sig. Ben Alaya di intraprendere studi in una lingua straniera ovvero di apprendere la lingua tedesca entro un termine appropriato prima dell’inizio degli studi. Esse hanno inoltre rilevato che non era possibile riscontrare in lui alcuna seria volontà di affrontare le difficoltà connesse allo svolgimento di studi superiori all’estero e che era difficile comprendere come il compimento di studi superiori in Germania gli avrebbe consentito di realizzare la sua aspirazione di lavorare come professore di matematica in Tunisia.

18.      Il sig. Ben Alaya, il quale contesta la presentazione del suo rendimento scolastico effettuata dalle autorità consolari tedesche, ha proposto un ricorso d’annullamento dinanzi al Verwaltungsgericht di Berlino avverso tali ultime decisioni di diniego.

19.      Il giudice citato osserva che per entrare nel territorio tedesco per il compimento di studi, il sig. Ben Alaya necessita di un visto nazionale le cui condizioni di attribuzione sono disciplinate dall’articolo 16, paragrafo 1, dell’AufenthG. Tuttavia, secondo l’interpretazione dei giudici tedeschi, la lettera di tale disposizione concede a tal proposito all’amministrazione un potere discrezionale, per cui essa ha la facoltà, ma non l’obbligo, di concedere un visto per lo svolgimento degli studi alle condizioni indicate nell’articolo citato.

20.      Il giudice del rinvio si interroga in ordine alla compatibilità di tale interpretazione con la direttiva 2004/114. Egli si interroga, in particolare, in ordine alla questione se, nell’ipotesi in cui risultino soddisfatti i requisiti d’ammissione stabiliti dagli articoli 6 e 7 della direttiva 2004/114, come nel caso del sig. Ben Alaya, tale direttiva attribuisca un diritto alla concessione del visto per studenti ai sensi del suo articolo 12, senza riconoscere alcun potere discrezionale all’amministrazione nazionale.

21.      Alla luce di queste considerazioni, il Verwaltungsgericht Berlin ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la direttiva [2004/114] sancisca un diritto, rispetto al quale l’amministrazione non dispone di alcun margine di discrezionalità, al rilascio di un visto per motivi di studio e di un corrispondente permesso di soggiorno ai sensi dell’articolo 12 della direttiva [2004/114], se vengono soddisfatti i requisiti di ammissione, vale a dire le condizioni di cui agli articoli 6 e 7, e non sussiste alcun motivo per rifiutare l’ammissione in base all’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva [2004/114]».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

22.      La decisione di rinvio è pervenuta alla cancelleria della Corte il 13 settembre 2013. Hanno presentato osservazioni scritte i governi tedesco, belga, estone, greco, polacco e del Regno Unito nonché la Commissione europea.

IV – Analisi giuridica

23.      Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede in sostanza se le autorità competenti di uno Stato membro possano negare ad un cittadino di un paese terzo il rilascio di un visto per motivi di studio e, in conformità all’articolo 12 della direttiva 2004/114, il corrispondente permesso di soggiorno, qualora quest’ultimo soddisfi i requisiti d’ammissione di cui agli articoli 6 e 7 della direttiva stessa e non sussistano motivi per rifiutare l’ammissione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114. Il giudice del rinvio chiede altresì se le citate autorità nazionali dispongano di un certo margine discrezionale in sede di esame della domanda d’ammissione.

24.      Dalla decisione di rinvio risulta che il giudice nazionale è propenso ad interpretare la direttiva 2004/114 nel senso che essa attribuisce ad un cittadino di un paese terzo un diritto all’ammissione qualora quest’ultimo soddisfi i requisiti d’ammissione ivi previsti, senza che le autorità degli Stati membri possano esercitare alcun potere discrezionale riguardo a tale decisione. Secondo il giudice del rinvio, in favore di una siffatta interpretazione militerebbero il tenore letterale di talune disposizioni della direttiva 2004/114, gli obiettivi perseguiti dalla stessa nonché il fatto che tale direttiva avrebbe instaurato un’armonizzazione parziale del sistema di ammissione dei cittadini dei paesi terzi per motivi di studio.

25.      Gli intervenienti dinanzi alla Corte assumono posizioni distinte. Infatti, se la Commissione aderisce, in sostanza, alla posizione sostenuta dal giudice del rinvio, tutti i governi che hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte sostengono invece che le autorità degli Stati membri devono disporre di un ampio margine discrezionale per decidere in ordine all’ammissione per motivi di studio dei cittadini dei paesi terzi.

26.      Nella presente causa la Corte è quindi confrontata ad una questione interpretativa della direttiva 2004/114 che deve condurla a stabilire se tale direttiva abbia previsto un elenco esaustivo dei criteri d’ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio nell’Unione o se invece essa si sia limitata a prevedere taluni requisiti minimi, per cui gli Stati membri sarebbero liberi di introdurre unilateralmente criteri diversi rispetto a quelli previsti dalla direttiva stessa ai fini dell’ammissione per motivi di studio. Il quesito pregiudiziale pone altresì il problema del grado di potere discrezionale eventualmente concesso alle autorità degli Stati membri nell’ambito dell’analisi da esse condotta per decidere in ordine all’ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio.

27.      Per risolvere le questioni sollevate dalla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal giudice del rinvio, ritengo necessario procedere ad una analisi complessiva della direttiva 2004/114, che comporta sia un esame letterale del tenore delle sue disposizioni rilevanti, sia un’analisi sistematica, contestuale e teleologica.

A –    Analisi letterale

28.      Il giudice del rinvio ritiene che l’interpretazione accolta da taluni giudici tedeschi e sostenuta dagli Stati membri intervenuti dinanzi alla Corte, secondo cui la direttiva 2004/114 tenderebbe ad uniformare solo taluni requisiti minimi che un cittadino di un paese terzo dovrebbe soddisfare per poter essere ammesso a compiere studi in uno Stato membro, non terrebbe sufficientemente conto del tenore letterale di talune disposizioni della direttiva stessa. Il giudice nazionale si riferisce specificamente agli articoli 5 e 12 della direttiva 2004/114.

29.      In limine può rilevarsi che, come osservato dalla Commissione, il tenore letterale dell’articolo 1 della direttiva 2004/114, pur non essendo decisivo, tende a confortare la tesi sostenuta dal giudice del rinvio. Infatti, ai sensi di tale disposizione, oggetto della direttiva stessa è definire le condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi nel territorio degli Stati membri per motivi, tra l’altro, di studio (8). Orbene, sotto il profilo letterale, condivido l’opinione della Commissione secondo cui una formulazione siffatta potrebbe corroborare la tesi secondo cui la direttiva 2004/114 stabilisce la totalità dei requisiti di ammissione degli studenti e non solo taluni requisiti tra altri che potrebbero essere liberamente aggiunti dagli Stati membri. Tuttavia, non è certo possibile accontentarsi di un siffatto rilievo.

30.      Il primo articolo della direttiva 2004/114 cui si riferisce il giudice del rinvio è l’articolo 5, recante il titolo «Principio», che rappresenta il primo articolo del capo II della direttiva 2004/114 riguardante le condizioni di ammissione ai fini della stessa. Dalla formulazione di tale articolo il giudice citato deduce che l’ammissione per motivi di studio non è una semplice possibilità, bensì un diritto per un cittadino di un paese terzo che soddisfi i requisiti previsti dagli articoli 6 e 7 della direttiva 2004/114.

31.      Tuttavia, se il tenore letterale della versione tedesca di tale disposizione può essere invocato a sostegno della tesi del giudice del rinvio, la formulazione di questa stessa disposizione nelle altre versioni linguistiche presenta, a mio modo di vedere, talune ambiguità (9). Infatti, a mio modo di vedere, la sola certezza che può trarsi dall’analisi letterale della disposizione in oggetto è che l’osservanza delle condizioni previste dagli articoli 6 e 7 della direttiva 2004/114 è obbligatoria e necessaria ai fini dell’ammissione di un cittadino di un paese terzo in qualità di studente. Tuttavia, la formulazione di tale disposizione non consente di prendere definitivamente posizione in ordine alla questione se tali requisiti rappresentino condizioni minime, cui possono essere aggiunte altre condizioni, ovvero se queste siano le sole condizioni che devono essere soddisfatte dal cittadino di un paese terzo richiedente l’ammissione per motivi di studio.

32.      Il giudice del rinvio si riferisce poi all’articolo 12 della direttiva 2004/114. Da tale disposizione emerge che un permesso di soggiorno è rilasciato allo studente che soddisfi le condizioni di cui agli articoli 6 e 7 della direttiva 2004/114 per un periodo minimo di un anno. Orbene, come rilevato dalla Commissione, il ricorso all’indicativo del verbo «essere» conforta un’interpretazione di tale disposizione secondo la quale, quando siano soddisfatte le condizioni in parola, il permesso di soggiorno dovrebbe essere rilasciato. La formulazione di tale articolo parrebbe quindi avvalorare la tesi secondo cui la direttiva 2004/114 stabilisce tutte le condizioni di ammissione per motivi di studio. Infatti, se il legislatore dell’Unione avesse voluto lasciare un margine discrezionale nel rilascio del permesso di cui trattasi, avrebbe utilizzato, come peraltro ha fatto il legislatore tedesco, la locuzione «può essere» rilasciato.

33.      Tuttavia, neppure tale disposizione risulta essere priva di ambiguità. Come infatti osservato dal governo tedesco, essa potrebbe essere del pari interpretata nel senso che si limita a disciplinare la durata del rilascio di un eventuale permesso di soggiorno, senza affrontare la questione dell’opportunità del rilascio stesso. Inoltre, ai sensi della seconda parte della prima frase della medesima disposizione, il permesso di soggiorno è rinnovabile se il suo titolare continua a soddisfare le condizioni di cui agli articoli 6 e 7. L’impiego del termine «rinnovabile» potrebbe lasciar intendere che il permesso di soggiorno è suscettibile di rinnovo qualora persista l’osservanza di tali condizioni, il che potrebbe significare che persino in tal caso il rinnovo non sarebbe automatico, ma potrebbe non aver luogo anche a fronte del ricorrere delle condizioni in parola.

34.      Va citato a tal proposito anche l’argomento del governo belga, secondo cui l’articolo 12 della direttiva 2004/114 non sarebbe neppure applicabile ad un cittadino di un paese terzo che abbia chiesto il soggiorno per motivi di studio e la cui domanda sia ancora pendente, in quanto quest’ultimo non potrebbe essere qualificato come «studente» ai sensi della definizione contenuta all’articolo 2, lettera b), della direttiva 2004/114 (10). Pertanto, secondo tale governo, se si ammettesse che da tale disposizione sorge in capo agli Stati membri un obbligo, tale obbligo consisterebbe unicamente nel rilasciare un permesso di soggiorno ai cittadini di paesi terzi che siano già stati ammessi per motivi di studio.

35.      In conclusione, ritengo che il tenore letterale delle disposizioni della direttiva 2004/114 sia caratterizzato da una certa ambiguità, per cui la sua analisi letterale non fornisce elementi tali da poter stabilire con certezza se la direttiva stessa si limiti a prevedere taluni requisiti minimi che un cittadino di un paese terzo deve soddisfare per poter essere ammesso a compiere i suoi studi nell’Unione o se invece i requisiti da essa previsti abbiano carattere esaustivo. Per rispondere alla questione pregiudiziale posta dal giudice del rinvio si deve pertanto procedere ad una analisi sistematica e contestuale, nonché teleologica, della citata direttiva.

B –    Analisi sistematica e contestuale

36.      La direttiva 2004/114 ha costituito il terzo strumento legislativo adottato dall’Unione nell’ambito della migrazione legale a seguito del trattato di Amsterdam e delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere (11). Essendo stata adottata sul fondamento dell’articolo 63, primo comma, punto 3, lettera a), e punto 4, CE, tale direttiva si inserisce tuttavia ormai nell’ambito della missione conferita all’Unione dall’articolo 79 TFUE di sviluppare una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione dell’immigrazione illegale.

37.      In conformità al suo articolo 21, la direttiva 2004/114 è stata oggetto di una valutazione condotta dalla Commissione con riferimento alla sua applicazione (12). Tale valutazione ha evidenziato numerosi punti deboli, che hanno condotto la Commissione a chiedersi se i cittadini di paesi terzi beneficiassero di un equo trattamento nell’ambito di tale strumento normativo (13). A seguito della constatazione di tali punti deboli, la direttiva 2004/114 è attualmente oggetto di un progetto di rifusione che mira a precisarne e ad estenderne la portata (14).

38.      È dunque in tale contesto che va analizzata l’economia della direttiva 2004/114.

39.      A tal proposito va anzitutto rilevato che dall’articolo 3 della direttiva 2004/114 emerge che tale strumento normativo prevede disposizioni obbligatorie per gli Stati membri esclusivamente per quanto riguarda gli studenti, lasciando agli Stati membri la facoltà di applicare le disposizioni di detta direttiva alle altre categorie di soggetti considerate dalla stessa (15). Orbene, come osservato dal giudice del rinvio, tale distinzione tra le disposizioni riguardanti gli studenti, che sono obbligatorie per gli Stati membri, e le disposizioni riguardanti le altre categorie, la cui trasposizione è lasciata al potere discrezionale di questi ultimi, è indice della ricerca di un certo livello di armonizzazione vincolante per quanto riguarda il sistema di ammissione degli studenti, il che risulta coerente con l’obiettivo della direttiva 2004/14, di favorirne l’ammissione (16).

40.      Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2004/114 prevede la possibilità per gli Stati membri di introdurre o mantenere disposizioni più favorevoli alle categorie di persone cui si applica la direttiva medesima, e quindi certamente agli studenti. Orbene, a mio modo di vedere, questa disposizione non è compatibile con la possibilità per gli Stati membri di aggravare le condizioni d’ammissione per tali categorie di persone. Può ritenersi, in altri termini, che, se ai sensi della direttiva 2004/14 gli Stati membri mantengono la libertà di introdurre disposizioni più favorevoli per le categorie considerate, a contrario, non è prevista in capo agli stessi la possibilità di introdurre disposizioni meno favorevoli, segnatamente per quanto concerne l’ammissione, aggiungendo requisiti non previsti dalla direttiva 2004/114. Le disposizioni degli articoli 3 e 4 di tale direttiva sono peraltro indicative di un «favor» per la categoria degli studenti, che trova conferma nell’analisi teleologica di detta direttiva (17).

41.      Per quanto riguarda specificamente il sistema d’ammissione posto in essere dalla direttiva 2004/114, deve osservarsi che essa contiene una disposizione di principio, vale a dire il citato articolo 5, quindi, all’articolo 6, taluni requisiti generali applicabili a tutte le categorie considerate dalla direttiva e, infine, agli articoli da 7 a 11, una serie di requisiti specifici per ciascuna delle categorie considerate. Tuttavia, contrariamente ad altri strumenti normativi in materia di immigrazione (18), detta direttiva non contiene alcun articolo che elenchi i motivi per i quali può essere respinta una domanda tesa ad ottenere l’entrata ed il soggiorno, ai fini da essa stessa previsti, sul territorio di uno Stato membro (19).

42.      Orbene, ci si chiede se tale assenza debba essere interpretata come indicativa della volontà di autorizzare le autorità degli Stati membri a negare, sulla base di un potere discrezionale incondizionato, l’ammissione per motivi di studio ad un cittadino di un paese terzo che ne faccia domanda, benché questi soddisfi tutti i requisiti previsti dalla direttiva 2004/14.

43.      Non ne sono convinto.

44.      A tal proposito, dai lavori preparatori relativi alla direttiva 2004/114 risulta che la principale preoccupazione che al momento della presentazione del progetto di direttiva era percepita come idonea a controbilanciare l’espressa volontà di favorire, mediante l’adozione della direttiva stessa, l’accesso dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, era quella di tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza pubblica (20). Tale preoccupazione, cui si aggiunge la salvaguardia della sanità pubblica, è stata «codificata» prevedendo, tra i requisiti generali di ammissione, il requisito d’ammissione (negativo) enunciato all’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114. Tale preoccupazione è altresì menzionata al considerando 14 della citata direttiva, che illustra taluni casi in cui un cittadino di un paese terzo costituisce una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza pubblica.

45.      A tale preoccupazione si è aggiunta, nell’ambito del procedimento legislativo (21), la volontà esplicita di evitare che la procedura stabilita dalla direttiva 2004/14 potesse essere oggetto di un uso abusivo o fraudolento. Tale ulteriore preoccupazione, chiaramente legata all’obiettivo di ostacolare lo sviamento degli strumenti normativi nell’ambito della migrazione regolare a fini di immigrazione irregolare, non è stata tuttavia recepita nel tenore letterale degli articoli della direttiva 2004/114. Essa ha invece trovato espressione nell’ambito del suo considerando 15, ai sensi del quale, in caso di dubbio sui motivi della domanda di ammissione, gli Stati membri possono esigere «tutte le prove necessarie per valutarne la coerenza, in particolare in base agli studi prescelti dal richiedente, al fine di lottare contro gli abusi e l’uso improprio della procedura stabilita dalla [suddetta] direttiva».

46.      A mio modo di vedere, è in questa duplice prospettiva che deve intendersi la prima frase del considerando 14 della direttiva 2004/114, secondo cui l’ammissione ai fini previsti dalla direttiva stessa «può essere rifiutata per motivi debitamente giustificati». La frase citata, che tende a compensare in qualche modo l’assenza di indicazioni precise nel tenore degli articoli della direttiva citata quanto alla possibilità di rifiutare l’ammissione, deve essere intesa, a mio avviso, facendo riferimento ai due motivi di preoccupazione indicati, di seguito, nello stesso considerando 14 nonché nel considerando 15. Sono infatti questi due motivi di preoccupazione, vale a dire, per un verso, quello espresso dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera d), della direttiva 2004/114 e, per altro verso, quello inerente al rischio di impiego abusivo della procedura stabilita dalla stessa direttiva, avvalendosi della medesima per accedere al territorio dell’Unione per motivi diversi dallo studio, che sono stati ritenuti sufficientemente gravi da controbilanciare l’obiettivo della direttiva 2004/14 di favorire l’ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, in ragione degli effetti benefici che ne derivano per l’Unione nel suo insieme.

47.      Si deve ancora rilevare, a tal proposito, che dal progetto di direttiva della Commissione emerge che il fatto che il permesso di soggiorno rilasciato per motivi di studio possa avere una validità di un anno e possa essere revocato o non rinnovato nei casi previsti dall’articolo 16 della direttiva 2004/114 era considerato come costitutivo di una garanzia per l’esercizio di un rigoroso controllo a posteriori da parte delle autorità degli Stati membri (22).

48.      Dalle considerazioni che precedono discende, a mio parere, che le autorità degli Stati membri sono legittimate a rifiutare l’ammissione ad un cittadino dei paesi terzi quando non risultino soddisfatti i requisiti previsti dalla direttiva 2004/14 per l’ammissione degli studenti, oppure quando dall’analisi del fascicolo e da ogni circostanza rilevante emerga che sussistono elementi precisi e concreti da cui risulti un impiego abusivo o fraudolento della procedura stabilita dalla direttiva 2004/114. Per contro, esse non sono legittimate a rifiutare l’ammissione per altre ragioni.

49.      In proposito, per quanto riguarda anzitutto l’analisi dei requisiti previsti dalla direttiva 2004/114 per l’ammissione degli studenti, ritengo che gli Stati membri debbano disporre, in sede di esame delle domande di ammissione, di un margine discrezionale nel valutare le stesse. Tuttavia, tale margine discrezionale si riferisce alle condizioni previste dagli articoli 6 e 7 della citata direttiva, nonché alla valutazione dei fatti pertinenti, allo scopo di stabilire se le condizioni enunciate ai detti articoli della direttiva risultino soddisfatte ai fini dell’ammissione dei cittadini di paesi terzi in qualità di studenti (23). Tale margine discrezionale non si estende tuttavia alla possibilità di aggiungere requisiti di ammissione non previsti dalla direttiva 2004/114.

50.      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’eventuale impiego abusivo o fraudolento della procedura stabilita dalla direttiva 2004/114, va rammentato che in ogni caso, secondo la giurisprudenza della Corte, l’applicazione delle norme del diritto dell’Unione non può estendersi fino alla tutela di pratiche abusive e che la prova di una siffatta prassi abusiva richiede, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa dell’Unione, l’obiettivo perseguito da tale normativa non è stato raggiunto e, dall’altra, un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (24).

51.      L’esigenza di effettuare un’analisi volta a verificare un eventuale impiego abusivo o fraudolento della procedura stabilita dalla direttiva 2004/114 esclude l’automaticità dell’ammissione – la quale ricomprende l’entrata e il soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini stabiliti dalla direttiva stessa (25) – anche nei casi in cui le condizioni di ammissione ivi previste siano pienamente soddisfatte, il che risponde alle preoccupazioni espresse dagli Stati membri nelle loro osservazioni depositate dinanzi alla Corte. Tuttavia, l’analisi deve svolgersi nell’ambito di principi chiari e non può lasciar spazio all’arbitrio.

52.      Per quanto riguarda, in particolare, la valutazione del rendimento scolastico la quale, a quanto risulta dalla decisione di rinvio, ha rappresentato l’elemento decisivo a giustificazione del rigetto della domanda del ricorrente nel procedimento principale, se può costituire un elemento che, unitamente ad altri, può essere preso in considerazione per valutare la coerenza della domanda di ammissione, essa non può, a mio modo di vedere, costituire di per sé un motivo di diniego dell’ammissione.

53.      Deve infatti rammentarsi, per un verso, che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2004/114, il primo requisito specifico d’ammissione applicabile agli studenti è l’essere stato accettato da un istituto di insegnamento superiore per seguire un programma di studi. Orbene, ancorché gli Stati membri beneficino di un margine discrezionale tanto nella determinazione della nozione di «istituto», come emerge dalla definizione di tale nozione contenuta all’articolo 2, lettera e), della direttiva 2004/114, quanto nella determinazione dei requisiti d’ammissione ad un tale istituto, spetta però solitamente agli istituti di insegnamento superiore, e non invece al personale diplomatico, valutare la capacità di un futuro studente di completare i propri studi, il che non impedisce in alcun modo agli Stati membri di introdurre nella loro normativa nazionale talune disposizioni che obblighino i detti istituti a subordinare l’ammissione dei cittadini di paesi terzi all’esame e alla dimostrazione di requisiti educativi di un grado determinato (26).

54.      Per altro verso, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2004/114 prevede espressamente la possibilità di non rinnovare, o addirittura di revocare, il permesso di soggiorno qualora il titolare non progredisca sufficientemente nei propri studi. Tale previsione permette di sanzionare a posteriori eventuali impieghi abusivi della procedura prevista dalla direttiva in parola, qualora la persona ammessa non abbia inteso essere autorizzata ad accedere al territorio dell’Unione allo scopo di compiervi realmente degli studi.

C –    Analisi teleologica

55.      La proposta interpretazione della direttiva 2004/114 è avvalorata, a mio avviso, dall’analisi teleologica di tale strumento normativo.

56.      In proposito, la Corte ha già avuto modo di rilevare che, come emerge peraltro dal considerando 6 della direttiva 2004/114, alla base dell’adozione di tale direttiva vi è la volontà di favorire la mobilità verso l’Unione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, nell’ambito di una strategia intesa a promuovere l’Europa intera in quanto centro mondiale di eccellenza per gli studi e per la formazione professionale (27), il che presenta peraltro anche una valenza esterna, in quanto contribuisce alla diffusione dei valori che sono propri all’Unione, quali i diritti dell’uomo, la democrazia e lo Stato di diritto (28).

57.      La direttiva 2004/14 è stata infatti concepita in modo da contribuire al conseguimento di tali obiettivi attraverso il ravvicinamento delle legislazioni nazionali degli Stati membri in materia di condizioni d’ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi ai fini di studio, favorendone l’ammissione (29).

58.      Orbene, un’interpretazione della direttiva 2004/114 che consentisse alle autorità degli Stati membri di rifiutare, sulla base di un potere discrezionale incondizionato, l’ammissione per motivi di studio ad un cittadino di un paese terzo che ne faccia domanda, anche nel caso in cui tale cittadino soddisfi tutti i requisiti previsti dalla direttiva stessa e non dia luogo ad un impiego abusivo della procedura ivi prevista, frustrerebbe l’effetto utile della direttiva citata e rappresenterebbe un ostacolo al perseguimento degli obiettivi che le sono propri.

V –    Conclusione

59.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di risolvere nei termini seguenti la questione sottopostale dal Verwaltungsgericht Berlin:

Gli articoli 6, 7, e 12 della direttiva 2004/114/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato, devono essere interpretati nel senso che le autorità competenti di uno Stato membro possono rifiutare l’ammissione per motivi di studio ad un cittadino di un paese terzo, all’esito dell’esame della corrispondente domanda inoltrata da tale soggetto alle autorità stesse, solo nel caso in cui tale cittadino non soddisfi i requisiti previsti dalla direttiva citata ovvero qualora esistano elementi precisi e concreti dai quali emerga un impiego abusivo o improprio della procedura stabilita dalla direttiva stessa.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – V., in particolare, la direttiva 2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica (GU L 289, pag. 15). Con obiettivi simili, il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la direttiva 2009/50/CE del Consiglio, del 25 maggio 2009, sulle condizioni di ingresso e soggiorno di cittadini di paesi terzi che intendano svolgere lavori altamente qualificati (GU L 155, pag. 17).


3 – V., a tal proposito, la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio − Quarta relazione annuale sull’immigrazione e l’asilo (2012), COM(2013) 422 definitivo, e in particolare il capitolo III.2.


4 – Così, ad esempio, è stato stimato che il valore delle entrate connesse all’esportazione di insegnamento superiore (Education export) nel 2011, nel solo Regno Unito, era pari a circa 17,5 miliardi di sterline [(v. il rapporto del governo del Regno Unito (Department for Business, Innovation and Skills) del luglio 2013, dal titolo «International Education: Global Growth and Prosperity», https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/229844/bis-13-1081-international-education-global-growth-and-prosperity.pdf].


5 – GU L 375, pag. 12.


6 –            Regolamento (CE) n. 1030/2002 del Consiglio, del 13 giugno 2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi (GU L 157, pag. 1).


7 – Nella sua versione del 25 febbraio 2008 (BGBl. I, pag. 162), da ultimo modificata dall’articolo 2, punto 59, della legge 7 agosto 2013 (BGBl. I, pag. 3154).


8 – V., inoltre, il considerando 24 della direttiva 2004/114.


9 – Infatti, l’interpretazione letterale dell’articolo 5 della direttiva 2004/14 ad opera del giudice del rinvio muove dalla constatazione che quest’ultima, nella sua versione tedesca, impiega il tempo presente, in forma passiva, del verbo ammettere [«Ein Drittstaatsangehöriger wird (…) zugelassen», vale a dire, letteralmente, «un cittadino di un paese terzo è (…) ammesso»]. Il giudice del rinvio rileva che, dal momento che il legislatore dell’Unione non ha impiegato la locuzione «può essere ammesso», tale disposizione non riconoscerebbe alcun margine discrezionale quanto all’ammissione. Tuttavia, la versione tedesca è formulata in termini leggermente diversi rispetto alle altre versioni linguistiche, quali le versioni spagnola, inglese, francese e italiana. Contrariamente a queste ultime, la versione tedesca non fa riferimento al concetto di «subordinazione» dell’ammissione alla verifica dei requisiti stabiliti dagli articoli 6 e 7 della direttiva. Inoltre, tutte queste altre versioni linguistiche impiegano il sostantivo «ammissione» e non invece il verbo «ammettere» al tempo presente. Si tratta quindi, a mio modo di vedere, di sfumature nella traduzione della disposizione che possono condurre a diverse interpretazioni della stessa.


10 – Infatti, la nozione di «studente», come emerge da tale definizione, presuppone che lo Stato membro interessato abbia già autorizzato il cittadino di un paese terzo ad entrare e a soggiornare nel suo territorio e abbia quindi già deciso in ordine alla sua domanda di soggiorno per motivi di studio. Orbene, secondo il governo belga, dal momento che l’articolo 12 della direttiva 2004/114 si riferisce esplicitamente agli «studenti», esso non troverebbe applicazione in assenza di una decisione preliminare di ammissione. Secondo il governo belga, pertanto, il permesso di soggiorno di cui all’articolo 12 della direttiva 2004/114 farebbe riferimento al permesso di soggiorno che materializza la decisione che concede il soggiorno e non alla decisione stessa.


11 – In tale ambito erano già state adottate due direttive, vale a dire la direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU L 251, pag. 12) e la direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003 relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU L 16, pag. 44).


12 – V. la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della direttiva 2004/114/CE, del 28 settembre 2011, COM(2011) 587 definitivo.


13 – V. pag. 2 della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, scambio di alunni, tirocinio retribuito e non retribuito, volontariato e collocamento alla pari [Rifusione], presentata dalla Commissione il 25 marzo 2013, COM(2013) 151 definitivo. Tale proposta, attualmente in discussione dinanzi al Consiglio, mira altresì a sostituire la direttiva 2005/71, citata alla precedente nota 2.


14 – V. la proposta di direttiva citata alla nota precedente.


15 – La proposta di direttiva citata supra alla nota 13 non contiene più tale differenza quanto all’ambito d’applicazione della direttiva 2004/14. Infatti, l’articolo 2 di tale proposta rende obbligatorie le disposizioni facoltative della direttiva 2004/114 relative agli alunni, ai tirocinanti non retribuiti e ai volontari ed amplia l’ambito di applicazione generale della direttiva per includervi i tirocinanti retribuiti e le persone alla pari.


16 – V. considerando 6 della direttiva 2004/114 nonché infra, paragrafi 56 e 57.


17 – V. infra, paragrafi 55 e seg.


18 – Quali, segnatamente, il regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) (GU L 243, pag. 1), che è stato oggetto della causa da cui ha tratto origine la sentenza Koushkaki (C‑84/12, EU:C:2013:862) ed il cui articolo 32 elenca i motivi di rigetto di una domanda di visto uniforme. La direttiva 2009/50 prevede anch’essa, al suo articolo 8, un elenco dei motivi di diniego.


19 – Una siffatta disposizione è tuttavia prevista nella proposta di direttiva citata alla nota 13 (v. articolo 18 di tale proposta).


20 – V. il punto 1.5 della proposta di direttiva del Consiglio relativa alle condizioni d’ingresso e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, formazione professionale o volontariato, presentata dalla Commissione il 7 ottobre 2002 [COM(2002) 548 definitivo].


21 – Infatti, la proposta di direttiva della Commissione citata alla nota precedente non faceva inizialmente alcuna menzione della nozione di impiego improprio o abusivo della procedura.


22 – V., a tal proposito, la frase finale del punto 1.5 della proposta di direttiva presentata dalla Commissione nel 2002 e citata alla nota 20.


23 – V., per analogia, sentenza Koushkaki (EU:C:2013:862, punto 60).


24 – V. sentenza O. e B. (C‑456/12, EU:C:2014:135, punto 58 e giurisprudenza ivi citata), nonché le mie conclusioni nella causa Fonnship e Svenska Transportarbetareförbundet (C‑83/13, EU:C:2014:201, paragrafo 81).


25 – V. considerando 8 della direttiva 2004/114.


26 – Una legislazione di tal genere esiste nei Paesi Bassi, ove è previsto che gli istituti che intendono iscrivere cittadini di paesi terzi sono tenuti a sottoscrivere un codice di condotta (Gedragscode Internationale Student in het Hoger Onderwijs) che prevede, tra l’altro, l’obbligo per gli istituti di stabilire preliminarmente i requisiti educativi che rappresentano condizioni di ammissione all’istituto e di controllare, prima dell’ammissione, che i futuri studenti soddisfino tali condizioni (v. articolo 4 del codice nella sua versione del 1° marzo 2013). La sottoscrizione, da parte dell’istituto, del codice di condotta è esplicitamente considerata dal governo come una condizione per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di studio (considerando 8 del codice).


27 – Sentenza Sommer (C‑15/11, EU:C:2012:371, punto 39). V. in tal senso anche i punti 1.2, 1.3 e 1.5 della proposta di direttiva presentata dalla Commissione nel 2002 e citata alla nota 20.


28 – V. punto 1.3 della proposta di direttiva presentata dalla Commissione nel 2002 e citata alla nota 20.


29 – Ibidem.