Newsletter periodica d’informazione
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Rassegna ad uso
esclusivamente interno e gratuito, riservata agli
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Anno XII n.9 del 04 marzo 2014 |
Consultate www.uil.it/immigrazione
Aggiornamento quotidiano sui temi di interesse di cittadini e lavoratori stranieri
8 Marzo Giornata internazionale della Donna Le donne UIL e le donne d'origine straniera si festeggiano insieme
UIL Nazionale, sala Bruno Buozzi, 7 marzo 2014 Ore 9,30 Saluto di: Maria Pia Mannino Responsabile nazionale Pari Opportunità e Politiche di genere Guglielmo Loy Segretario Confederale UIL, Responsabile Dipartimento Politiche Migratorie Nahla Mohammed EFITU- Federazione Egiziana Sindacati Indipendenti Nermin Nagi Sharif UGTL – Unione Generale Lavoratori Libici HIND Muotu UGTM – Unione Generale Lavoratori Marocco Naoufel Charfi Bouguerra UGTT – Unione Generale Lavoratori Tunisini Kaur Sandeep UILTEC ITAL Vicenza
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Appuntamenti pag. 2
Corsivo: ministero e (in)competenze pag. 2
Direttive UE: asilo e permesso unico pag. 3
Discriminazioni: supertassa leghista pag. 4
Unar: bilancio sulle discriminazioni nel 2013 pag. 5
Cedolino: bloccati in Pakistan pag. 6
Indagine conoscitiva sui flussi per lavoro pag. 7
Comunità: i peruviani in Italia pag. 8
Notizie in breve pag. 9
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A cura del Servizio Politiche Territoriali della Uil
Dipartimento Politiche Migratorie
Tel. 064753292- 4744753- Fax: 064744751
Migratorie: appuntamenti
Roma, 4 marzo 2014, ore 10.00, Via Sant’Andrea delle Fratte 16
Forum Immigrazione del PD
(Guglielmo Loy, Giuseppe Casucci)
Roma, 08 marzo 2014, ore 09.30, sede UIL Nazionale
Le donne UIL e le donne d'origine straniera si festeggiano insieme
(Guglielmo Loy, Angela Scalzo, Giuseppe Casucci)
Roma, 15 marzo 2014, ore 10.00, Comune di Roma Viale Manzoni
Convegno Opera Nomadi: il lavoro dei Rom e Sinti in Italia
(Giuseppe Casucci)
Corsivo
Politiche migratorie: ministeri e (in)competenze
A cura del Dipartimento Politiche Migratorie UIL
Roma, 4 marzo 2014 - Leggi e rileggi i nomi dei ministri, dei viceministri e sottosegretari e delle competenze loro assegnate, eppure di Integrazione nella lista resa nota dall’ultimo Consiglio dei Ministri di venerdì 28 febbraio non c’è neppure l’ombra. Cambiamenti anche per quanto riguarda le Pari Opportunità, “declassata” da Ministero a semplice Dipartimento della Presidenza del Consiglio. Così il segnale positivo della parità di genere tra i ministri viene apparentemente contraddetto nelle scelte sui dicasteri. L’UNAR – Ufficio Anti Discriminazioni Razziali - rimane una ramificazione dello stesso Dipartimento. E’ certo positivo che queste importanti tematiche siano rimaste di competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri: ma il downgrading delle Pari Opportunità non è un buon segnale, vista l’estesa presenza di discriminazioni nel nostro Paese a tutti i livelli: da quelle razziali a quelle di genere. Nel nuovo Governo, inoltre, non ha trovato posto l’ex Ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge Kashetu. Nei giorni scorsi giravano voci di un suo recupero al Governo con incarichi di sottosegretario o viceministro, ma si trattava solo di gossip senza fondamento. Dopo tante polemiche ed attacchi ripetuti contro la Kyenge da parte di alcuni esponenti di partito e sul web da parte di razzisti ed incivili, ci ha pensato la logica imperativa della “spending review” a produrre quello che la destra xenofoba non era mai riuscita ad ottenere nel nostro Paese: dare il benservito alla contestata Ministra di origine africana, e liberarsi nel contempo del Ministero dell’Integrazione. La non riconferma della Kyenge, ma soprattutto la cancellazione del Ministero che era stato suo e di Riccardi non appare un segnale razionale da parte di chi si era riproposto di cambiare registro in materia di immigrazione ed integrazione. Infatti questa scelta ha sollevato non pochi malumori nel mondo della politica ed in generale nell’opinione pubblica. Ci si chiede soprattutto quale sarà la nuova politica del PD in materia migratoria e cosa cambierà in materia di gestione dei flussi, integrazione e diritti di cittadinanza. Secondo il Dipartimento Politiche Migratorie della UIL, cancellare il Ministero per l’Integrazione non è un buon segnale, soprattutto visto il forte contributo che viene all’economia italiana dai nuovi cittadini. Vorremmo ricordare al Primo Ministro in carica che gli immigrati producono l’11% del PIL, dichiarano al fisco quasi 43,6 miliardi di € e ne pagano altri 7 miliardi di in Irpef all’anno. Inoltre gli stranieri sono l’unica alternativa che gli italiani hanno al declino demografico ed economico del nostro Paese. Noi crediamo dunque che i milioni di nuovi cittadini hanno diritto ad avere una gestione efficace in materia migratoria e a vere politiche di accoglienza ed integrazione. Il rischio sennò, in assenza di prospettive positive e lavoro, è che decidano di andarsene. Molti già lo fanno (assieme a tanti giovani italiani) e non è un buon segno per la salute della nostra economia. C’è un aspetto, ancora, che il sindacato ha sollevato per anni ai vari Esecutivi che si sono succeduti: in una tematica tanto complessa e mutevole come quella dell’immigrazione, la scelta giusta non può essere ancora quella della centralizzazione. Oggi il Ministero dell’Interno accentra la grande maggioranza delle competenze e funzioni in materia di ingressi, rinnovi dei permessi, ricongiungimenti familiari e cittadinanza. Il risultato è, che malgrado i pregevoli sforzi dei funzionari soprattutto di polizia, i tempi di consegna dei permessi sono ancora lunghi. Nel caso delle richieste di cittadinanza, ci risulta che ci sia un arretrato al Viminale di ben 300 mila domande il che produce ritardi fino a 6/7 anni, quando la legge n. 91 sulla cittadinanza prevede tempi massimi di risposta non superiori ai due anni. Queste farraginosità della pubblica amministrazione non dipendono dalle persone che ci lavorano, ma piuttosto da un sistema che frammenta le competenze in troppi ministeri e – al tempo stesso - centralizza funzioni che potrebbero essere delegate a livello territoriale. Complessità burocratiche e mancanze di coordinamento che finiscono per tradursi in incompetenze del sistema. Sarebbe già un passo in avanti se si creasse un sottosegretariato o una cabina di regia capace di coordinare attività e funzioni tra i vari dicasteri, facendoli dialogare e collaborare ed evitando duplicazioni di funzione ed eccesso di burocrazia. Sarebbe anche una buona scelta il delegare molte attività (quelle non strettamente inerenti a problemi di sicurezza) alle autorità territoriali: dalle prefetture agli uffici preposti nei comuni. Quello che conta è dare un segnale di razionalizzazione di un sistema che da oltre vent’anni sul fronte dell’immigrazione non ha mai governato nulla.
Direttive UE
Permesso
Ue lungo soggiornati per titolari di protezione internazionale:
pubblicato il Decreto
Dall’11 marzo sarà possibile richiedere il permesso a tempo illimitato che consente di lavorare in tutta l’UE
Roma, 28 febbraio 2014 - (www.integrazionemigranti.gov.it) È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 24 febbraio il Decreto legislativo che recepisce la Direttiva 2011/52/UE, a modifica della Direttiva 2003/209/CE, con cui si estende ai beneficiari di protezione internazionale la possibilità di ottenere il Permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo. La nuova normativa entrerà in vigore l’11 marzo. Da quelle data le presone a cui è stato riconosciuto lo status di rifugiato o di protezione sussidiaria potranno richiedere il permesso Ue a tempo illimitato, che consente di lavorare in tutta l’Unione Europea, secondo alcune condizioni più favorevoli rispetto agli altri cittadini stranieri. Chi ne fa richiesta dovrà sempre dimostrare di essere regolarmente presente in Italia da almeno cinque anni (per il conteggio si considera la data di presentazione della domanda di protezione internazionale), di essere residente, di avere la disponibilità di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale. Non sarà invece necessario superare il test di conoscenza di lingua italiana così come, nel caso il documento venga chiesto per un intero nucleo familiare, dimostrare di avere un alloggio idoneo. Relativamente ai requisiti reddituali il decreto tiene conto delle particolari condizioni di vulnerabilità in cui può versare un beneficiario di protezione internazionale, facendo concorrere alla determinazione del reddito, per una misura massima del 10%, la disponibilità di un alloggio concesso a titolo gratuito da un ente assistenziale, pubblico o privato riconosciuto. Sul permesso Ue rilasciato dovrà essere annotato che al titolare è stata riconosciuta la protezione internazionale in Italia, con relativa data di riconoscimento. La possibilità di espulsione rimane circoscritta a motivi legati all’ordine e sicurezza pubblica e alla sicurezza dello Stato, fermo restando il principio di non refoulement che vieta l’espulsione verso uno Stato in cui la persona può essere oggetto di persecuzione. Se espulso da un’altro Stato membro il cittadino straniero può essere riammesso in Italia.
Leggi il Decreto legislativo - Fonte: Gazzetta Ufficiale
Roma, 3 marzo 2014 - Approvati
dal governo due decreti legislativi -
In data 28 febbraio 2014 il Consiglio dei Ministri ha approvato diversi
provvedimenti tra cui due decreti legislativi che recepiscono delle direttive
europee in materia di immigrazione.
Procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico.
La direttiva europea 2011/98 è relativa ad una
procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai
cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato
membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano
regolarmente in uno Stato membro. Il provvedimento impone agli Stati membri
dell’Unione di esaminare con un’unica procedura le domande di autorizzazione a
cittadini stranieri a soggiornare e lavorare nel territorio e di rilasciare, in
caso di esito positivo, un’autorizzazione unica al soggiorno e all’esercizio
del lavoro subordinato. La parità di trattamento tra lavoratori stranieri e
lavoratori di cittadinanza italiana in tutti i settori connessi all'occupazione
(condizioni di lavoro, istruzione e formazione professionale, sicurezza
sociale, etc.) mira da un lato a riconoscere che i cittadini stranieri
contribuiscono, con il loro lavoro e i loro versamenti d'imposta, all'economia
dell'Unione, dall'altro a ridurre il rischio di concorrenza sleale connesso
all’eventuale sfruttamento dei cittadini stranieri. Nell’immediato, il
recepimento della direttiva porterà ad una semplificazione procedimentale, nel
medio periodo garantirà un complesso di diritti dei lavoratori stranieri che
soggiornano in uno Stato membro analoghi a quelli dei lavoratori nazionali in
tutti gli ambiti che abbiano a che fare con l’occupazione, riducendo il rischio
di concorrenza sleale.
Prevenzione e repressione della tratta di esseri umani e protezione delle
vittime
Lo schema di decreto legislativo recepisce la direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime e sostituisce la decisione quadro 2002/629GAI. L’intervento normativo prevede misure:
· repressive, volte al rafforzamento della tutela penalistica dei reati di riduzione e mantenimento in schiavitù o in servitù e di tratta di persone;
· di protezione delle vittime. Si segnalano, la previsione contenente una disciplina di particolare tutela per le vittime minori di età, la previsione di un diritto all’indennizzo per le vittime, l’individuazione del Dipartimento per le Pari opportunità quale organismo di indirizzo e di coordinamento degli interventi in materia, l’adozione di un piano nazionale di azione contro la tratta ed il grave sfruttamento di esseri umani.
Discriminazioni
A Bolgare, in provincia di Bergamo, il sindaco Serughetti e la sua giunta hanno portato alle stelle il prezzo del certificato.
(www.stranierinitalia.it)
Roma – 27 febbraio 2014 – Il certificato di idoneità
alloggiativa è
uno dei tanti pezzi di carta che rendono meno facile la vita degli stranieri in
Italia. Deve farselo rilasciare dal Comune, ad esempio, chi vuole far arrivare
in Italia moglie e figli con un ricongiungimento familiare,
o anche chi chiede la carta di soggiorno.
Nonostante il Consiglio di Stato abbia spiegato che
è illegittimo, alcuni Comuni la chiedono anche per l’iscrizione all’anagrafe.
Come Bolgare,paesino
di seimila anime, un migliaio delle quali immigrate, a una ventina di
chilometri da Bergamo. Il sindaco Luca Serughetti,
tutti e sei gli assessori e undici consiglieri comunali su sedici sono
esponenti della Lega Nord.
L’ultima trovata della giunta leghista di Bòlgher, per dirla in dialetto bergamasco, è una supertassa sugli immigrati. Una delibera approvata il 15 gennaio ha infatti aggiornato i diritti di segreteria, portando il costo del rilascio di un certificato per idoneità alloggiativa a cinquecento (avete letto bene, cinquecento) euro. Non è il primo ritocco: fino al 2011 costava 35 euro, ma poi la stessa giunta l’aveva fatto salire a 150 euro. Per capire lo sproposito, basti pensare che a Roma un certificato di idoneità alloggiativa costa una trentina di euro. E che nella stessa Bolgare chi chiede all’ufficio tecnico del Comune il permesso per costruire un interno appartamento se la cava con 280 euro, poco più della metà dei soldi che deve sborsare un immigrato semplicemente per attestare che la casa dove vive è adatta a ospitare esseri umani. Serughetti e i suoi hanno voluto colpire proprio gli immigrati? È fuori di dubbio, come conferma la stessa delibera. Nelle premesse cita infatti “taluni episodi di delinquenza, microcriminalità e teppismo” verificatisi negli ultimi mesi, che hanno costretto il personale comunale a “gravosi interventi, controlli e verifiche”, a spiegamento di “forze”, “utilizzo di energie fisiche e mentali e funzionali” e “interventi di sistemazione del patrimonio pubblico danneggiato”.
Tutte cose che gravano sulle casse comunali, con spese che vengono “genericamente addebitate ai cittadini tutti”. Ma la giunta ha un’idea geniale: “circoscrivere almeno in parte tale gravame, ritenendo equo parzialmente addebitarlo alle individualità extracomunitarie che chiedono di essere iscritte nell’Anagrafe Popolazione Residente di questo Comune, mediante riscossione dell’importo dei diritti di segreteria richiesti per il procedimento di rilasci o della certificazione di idoneità alloggiativa necessaria ai fini della predetta iscrizione”.
Capito il ragionamento leghista? Qualche teppista ha rotto una panchina nel parco? Un writer scatenato ha imbrattato con lo spray la facciata del palazzo comunale? Criminali senza volto hanno divelto un segnale stradale?Il danno devono pagarlo gli immigrati onesti. E regolari, naturalmente, altrimenti non potrebbero chiedere il certificato di idoneità alloggiativa.
Non bisogna essere principi del foro per capire che la delibera della giunta di Bolgare è esplicitamente discriminatoria e prevedere che cadrà al primo ricorso presentato in tribunale. Chissà però se sarà questo manipolo di creativi amministratori a restituire di tasca propria i soldi strappati ingiustamente agli immigrati e magari a pagare il sovrapprezzo per il disturbo.
Intanto, il sindaco Serughetti gongola per la sua ideona. E alla stampa locale che gliene chiede conto, ipotizzando che così farà scappare gli immigrati, risponde serafico: “Noi non obblighiamo nessuno a restare. Non siamo un centro commerciale che deve mettere nelle condizioni migliori i propri visitatori. Vogliamo solo garantire le condizioni migliori ai nostri cittadini”. Elvio Pasca
Unar: in calo
denunce delle discriminazioni sul lavoro
Marco Buemi: “l’inversione di tendenza è riconducibile ad un maggior impegno delle associazioni
Milano, 3 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Se nel 2012 le denunce di atti discriminatori erano riconducibili in buona parte ai contesti di lavoro (37,7%), nel 2013 questo allarmante primato e' stato raggiunto dai mass media (26,2%) e dalla vita pubblica (21,1%); rispetto al lavoro la percentuale si e' assestata al 16%. Sono alcuni dei dati sulla discriminazione in Italia raccolti dall'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, resi noti oggi, a Milano, in occasione della conferenza stampa 'Lavoro: diversità uguale opportunità “, organizzata da Diversità - lavoro. In questo ambito specifico, e' stato ricordato, l'accesso
all'occupazione rimane il momento in cui si verifica la maggior parte delle discriminazioni (71,9%), che riguardano soprattutto l'età (47,8%) e la razza e l'etnia (37,7%), e vengono segnalati più dalle vittime (55,8%) che dai testimoni (21,2%). "In Italia in materia di diversity management -ha dichiarato Marco Buemi, esperto dell'Unar- c'e' ancora molto da fare, ma il trend di denuncia rilevato nel 2013 dal contact center, rispetto alle discriminazioni nei luoghi di lavoro e' diminuito rispetto all'anno precedente. Questa inversione di tendenza e' sicuramente riconducibile anche all'impegno delle numerose associazioni e organizzazioni che, sul territorio, si sono fatte promotrici di concrete azioni positive di integrazione e sensibilizzazione nel mondo del lavoro e alle diverse iniziative di diversity management che l'Unar promuove capillarmente sul territorio anche con il coinvolgimento delle aziende italiane". Le persone con disabilità, le persone iscritte alle categorie protette, le persone di origine straniera e le persone trans-gender in cerca di lavoro possono sin d'ora accedere al sito www.diversitalavoro.it e consultare le offerte di lavoro che le aziende aderenti al progetto pubblicheranno in vista dei 4 Career forum 2014 in programma a Napoli (5 marzo), Milano (5 giugno), Roma (27 novembre) e, per la prima volta, Catania (13 marzo). Anche quest'anno, nell'ambito di Diversità - lavoro, verrà proposto un calendario di incontri formativi sui temi della diversity e delle pari opportunità cui i manager e i recruiter delle imprese potranno accedere gratuitamente. Le date di questi appuntamenti verranno diffusi nelle prossime settimane. Un premio per le imprese che hanno inserito persone tramite Diversità – lavoro. E' stato, inoltre, consegnato uno speciale riconoscimento il 'Diversity & inclusion award' alle imprese che nel 2013 hanno inserito nella propria azienda persone incontrate durante i Career Forum Diversità - lavoro: American Express, Banca Popolare di Milano, Ibm e Intesa Sanpaolo. "Il tema della disabilità -spiega Rosa Santamaria Maurizio, head of hr Italy and Spain di American Express- incontra spesso pregiudizi in ambito lavorativo: diventa quindi di fondamentale importanza rinforzare e ampliare la cultura di inclusione al fine di superare queste barriere. In quest'ottica, American Express ha istituito già da alcuni anni un Diversity council formato da tutto il senior management team con lo scopo, tra i tanti, di promuovere la cultura dell'inclusione e rendere il luogo di lavoro sempre più favorevole all'inserimento di talenti con disabilità ". "A tal fine, l'azienda -ricorda- non solo ha rinforzato il proprio impegno nell'inserire persone con disabilità, ma ha realizzato sessioni informative a tutti i livelli aziendali, eventi interni con associazioni impegnate nella valorizzazione della disabilità e un piano mirato di comunicazione interna, volti ad aumentare la consapevolezza e il coinvolgimento di tutti dipendenti su questo tema. Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti e da come questo progetto sia stato accolto dai dipendenti, che hanno aderito con grande entusiasmo e forte coinvolgimento a tutte le attività proposte". "Il gruppo Intesa San Paolo -sostiene Aniello Auricchio, responsabile selezione, reclutamento e gestione di Intesa San Paolo- cerca da sempre di combinare, all'interno della vita aziendale, le specificità del personale impiegato, valorizzandone le diversità culturali, generazionali e professionali. Le nostre iniziative di sviluppo, reclutamento ed employer branding perseguono l'obiettivo di promuovere e trasmettere una cultura aperta al nuovo, fondata sul rispetto reciproco e l'apprezzamento del talento del singolo individuo".
Società
Di Elvio Pasca
Roma – 27 febbraio 2014 – Da molti anni, i cittadini stranieri regolarmente residenti in Italia che attendono il rinnovo del permesso di soggiorno possono viaggiare liberamente tra l’Italia e il loro Paese. L’importante, come si legge anche sul sito della Polizia di Stato, è che il viaggio non preveda scali in altri paesi Schengen e che portino con sé, oltre al passaporto, il permesso scaduto e la ricevuta della domanda di rinnovo, il famoso “cedolino”.
Questa regola ha reso meno scomoda l’attesa del permesso di soggiorno, consentendo a centinaia di immigrati di tornare in patria per le vacanze o per urgenti motivi familiari. A quanto pare, però, non vale più per gli immigrati pakistani, una comunità di circa centomila persone. Da qualche giorno ci arrivano in redazione segnalazioni come quella diJaved Akhtar, ex consigliere aggiunto e figura di riferimento per la comunità pakistana di Novellara, in provincia di Reggio Emilia: “Agli aeroporti di Islamabad e Lahore – racconta - la polizia non fa imbarcare per l’Italia chi ha il permesso scaduto e la ricevuta della domanda di rinnovo. Dicono che devono andare a chiedere un visto di reingresso al consolato italiano”. Non sono casi isolati. “Io personalmente conosco cinque persone bloccate – spiega Akhtar - ma mi hanno detto che quando sono andati al consolato hanno trovato tantissimi altri nella stessa situazione. A noi hanno detto che proprio dall’ambasciata italiana in Pakistan sarebbe arrivata la richiesta di bloccare chi tenta di partire solo con il cedolino. Una prassi mai vista finora” . Anche Hayat Irfan, responsabile del centro lavoratori stranieri della Cgil di Carpi, conferma le dimensioni del problema. “Solo io ricevo ogni giorno una ventina di richieste d'aiuto da persone bloccate. Ci sono intere famiglie, lavoratori, studenti, che erano tornati in patria sicuri di poter rientrare senza problemi in Italia e ora sono costretti a chiedere il visto di reingresso. Il problema è che per averlo bisogna aspettare anche un mese”. Da quando è scattata la nuova regola? “A quanto ci risulta, dall’inizio di febbraio. Eppure a chi chiedeva un permesso provvisorio prima di partire le Questure rispondevano che poteva uscire e rientrare in Italia anche con il permesso scaduto e la ricevuta della domanda di rinnovo. Nessuno è stato informato di questa novità e ora ci sono lavoratori bloccati in Pakistan che rischiano di perdere il posto perché non torneranno in azienda alla fine delle loro ferie”.
www.Stranieriinitalia.it ha contattato l’Ambasciata d’Italia a Islamamad. Ecco cosa ci ha risposto la Cancelleria Consolare: “È vero che si stanno verificando diversi casi di cittadini pachistani ai quali non e' consentito di partire con la ricevuta di richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno. Tale ricevuta non e' ritenuta valida dal nuovo "Schengen Border Code" e per tale ragione si stanno verificato questi inconvenienti”.
“Tuttavia – continua la nostra rappresentanza diplomatica - il problema lostiamo risolvendo per ora caso per caso con il rilascio di un visto di re-ingresso per coloro che hanno provveduto a chiedere il rinnovo del permesso di soggiorno entro i termini previsti dalla normativa. Non è quindi una disposizione dell'Ambasciata, ma piuttosto a seguito dei controlli effettuati all'aeroporto”.
Stamattina abbiamo chiesto chiarimenti, tramite l’ufficio stampa, alla Direzione Immigrazione e Polizia delle Frontiere del Ministero dell’interno e siamo in attesa di una risposta. Intanto, sta nascendo un caso diplomatico.
“La nostra ambasciatrice in Italia ha chiesto alle autorità italiane di risolvere questa situazione, almeno facendo rientrare subito i nostri connazionali. Anche se regole sono cambiate, nessuno li ha avvisatiprima di partire” dice a Stranieriinitalia.it Bashir Amrewala, presidente della Federazione del Pakistan in Italia.
“Gli appuntamenti per il visto di reingresso – segnala Amrewala –arrivano fino ad aprile. Intanto la Questura potrebbe convocare queste persone per integrare la loro domanda di rinnovo del permesso di soggiorno e, se non si presentano, rischiano di diventare irregolari”. Ma quante sono le persone bloccate? “Migliaia. A noi risulta che solo ieri, in fila per il visto al consolato italiano, ce n’erano quasi cento”.
(www.stranieriinitalia.it) Roma, 3
marzo 2014 - Dieci mesi per approfondire il tema dell'impiego di lavoratori
immigrati nelle attività industriali, produttive e agricole. Si concluderà
infatti il 31 dicembre prossimo l'indagine conoscitiva su questo tema
deliberata il 25 febbraio dal Comitato parlamentare di controllo
sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di
Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione. Nel programma si
spiega che l'indagine e' stata decisa a seguito del tragico incendio
verificatosi nel dicembre 2013 in una fabbrica di Prato, con l'obiettivo di ''riprendere
ed implementare la breve attività conoscitiva che il Comitato avviò nella
precedente legislatura circa le implicazioni del frequente ricorso ad
irregolari procedure di reclutamento di personale extracomunitario stagionale
nelle attività agricole, all'indomani dei disordini avvenuti a Rosarno nel
gennaio 2010''. Il Comitato intende quindi approfondire il fenomeno dei flussi
migratori in ingresso in Italia, ''attratti da poli produttivi con elevata
disponibilità di manodopera straniera, spesso clandestina o irregolare, con
particolare riferimento agli accordi bilaterali con i Paesi di origine a fini
di riammissione e in materia di lavoro, nonché alla complessiva osservanza del
Testo unico sull'immigrazione e sulla condizione dello straniero ''.
L'indagine punta a verificare le modalità di applicazione del principio della
programmazione dei flussi, analizzare la gestione nel suo complesso del
fenomeno migratorio nonché lo stato di attuazione dei processi di integrazione,
per valutare la congruità delle attuali politiche pubbliche di accoglienza e
contrasto, ma anche dei modelli di incontro tra domanda e offerta di lavoro
finora seguiti.
Fitto il programma delle audizioni: dai ministri competenti ai rappresentanti
diplomatici dell'Italia in Paesi stranieri e di Paesi stranieri in Italia;
esponenti di organismi internazionali ed europei (Commissione
europea,Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni
del Parlamento europeo, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati,
Consiglio di amministrazione di Europol, Agenzia europea per i diritti
fondamentali, ecc.); prefetti; enti locali; forze di polizia; enti preposti ai
controlli in materia di lavoro; camere di commercio, industria, artigianato e
agricoltura; associazioni sindacali; associazioni di immigrati; rappresentanti
di ONG.
Dai territori
di Francesca Quarta, http://www.iltaccoditalia.info/index.asp
// DOSSIER// Il XXIII Rapporto della fondazione Migrantes fotografa il fenomeno: in Puglia, gli stranieri sono principalmente albanesi. Le province più ospitali? Bari, Foggia e Lecce
Bari, 1° marzo 2014 - Sono
infinite le rotte percorse dai migranti. E il flusso continuo coinvolge un
numero sempre crescente di uomini e donne che si spostano dal Sud al Nord del
mondo e verso le sponde dei paesi emergenti. In
Italia, all'inizio del 2013, su quasi 60 milioni di abitanti, 4 milioni sono
stranieri. In Puglia, si contano 96.131 cittadini immigrati residenti (con una prevalenza di donne pari al
54,4%). Il dato pone la nostra
regione al 12esimo posto nella graduatoria italiana per distribuzione geografica di
popolazione immigrata. Guida la classifica la Lombardia che, nel 2013, si
conferma regione con il maggior numero di presenze (oltre un milione), seguita
dall'Emilia Romagna (488.489), dal Veneto (487.030) e dal Lazio (477.544).
I numeri sono quelli proposti dal "XXIII Rapporto Immigrazione 2013",
intitolato – non a caso - "Tra crisi e diritti umani",
in riferimento agli approfondimenti dedicati a crisi internazionali, povertà,
lavoro, tratta, istruzione. Il testo, realizzato dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione "Migrantes", è
stato presentato alcuni giorni fa a Melpignano. Dopo 30 anni di immigrazione in
Italia, i due organismi della Conferenza Episcopale hanno ritenuto di dover
"intraprendere un nuovo percorso per lo studio della mobilità che
privilegi l'osservazione delle varie realtà locali, partendo dalla ricca rete delle
sedi diocesane".
In Puglia,
l'Albania - "storico paese di immigrazione - è ancora quello più
rappresentato (con 22.763 cittadini), seguito da Romania (22.633 – il
dato è però aggiornato al 2011), Marocco (8.547), Cina (4.832) e Ucraina
(2.702)". Come si evince dalla tabella sottostante (pubblicata nel
Rapporto a pagina 39), le province pugliesi che accolgono più stranieri sono,
nell'ordine, Bari, Foggia e Lecce.
Un'analisi dei profili territoriali
"consente di apprezzare che gli stranieri residenti nel Mezzogiorno sono
più poveri e deprivati di quelli del Centro - Nord, ma che, per contro, nelle
aree meridionali è più contenuta la distanza tra le condizioni del disagio
proprie dei migranti e quelle, invece, dei nativi". I migranti, secondo il
Rapporto, si sono comunque ritrovati a fronteggiare la crisi in posizioni di
evidente svantaggio. In Italia, "il rischio di povertà interessa circa la
metà di questo universo (quindi un'incidenza più che doppia rispetto alla
situazione delle famiglie italiane), con tratti particolarmente gravi per
alcune comunità. In regione Puglia, il tasso di disoccupazione è aumentato di
due punti percentuali e molti degli stranieri che perdono il lavoro incontrano
più difficoltà degli autoctoni a reinserirsi. I settori economici maggiormente
interessati dallo sfruttamento lavorativo sono quelli agricolo e
domestico". Gli occupati nati all'estero, per principali nazionalità, sono
rumeni per il 28%, albanesi per l'11%, svizzeri e tedeschi per oltre il 9% e
bulgari per oltre il 5%.
Capitolo giovani e istruzione. Tendenza ormai consolidata è anche la presenza di
alunni con cittadinanza straniera che sono nati in Italia, "ovvero bambini
e ragazzi che in molti casi non hanno mai visitato il paese di cui hanno la
cittadinanza: costituiscono ormai quasi il 50% del totale. Questo significa che
un alunno su due è straniero solo sulla carta". In Puglia sono 16.329 (il
2,5% del totale): il 18% frequenta la scuola dell'infanzia, il 34,4% la scuola
primaria, il 22,7% la secondaria di 1° grado e il 24,2% quella secondaria di 2°
grado. In Italia, la presenza degli alunni "stranieri" per l'anno
scolastico 2012/2013 è di 786.630 unità, ovvero 30.691 in più rispetto all'anno
precedente.
Comunità straniere
Comunità straniere
In Italia lavorano circa 63.700 peruviani, 67% soggiornanti
In questa comunità la più alta percentuale di occupati tra gli extra UE
Roma,
27 feb. (Adnkronos/Labitalia) - In Italia gli occupati di cittadinanza
peruviana sono circa 63.700, il 66,9% dei peruviani in età da lavoro (di 15
anni e oltre). Emerge dall'analisi effettuata
dal Centro studi e ricerche Idos/Immigrazione Dossier Statistico su base dati Istat, per conto del progetto 'Incontro' promosso dal ministero del Lavoro (Direzione generale dell'Immigrazione e politiche di integrazione). In totale, la popolazione peruviana con più di 15 anni ammonta a 95.299 persone e include, oltre agli occupati, una quota del 10,5% di persone in cerca di lavoro (disoccupati) e una quota del 22,6% di persone inattive, ossia che non soltanto non hanno svolto nemmeno un'ora di lavoro nella settimana di riferimento dell'indagine, ma non hanno neanche cercato un lavoro nelle quattro settimane precedenti, ne' si sono dette disponibili a lavorare entro le due settimane successive. Rispetto alla totalità dei non comunitari, i peruviani si caratterizzano per una più alta quota di occupati (66,9% a fronte di una media del 57,6%) e, soprattutto, per una minore incidenza dei non attivi (dieci punti percentuali in meno della media). Coerentemente con la decisa connotazione femminile della collettività, anche nel mercato del lavoro le donne rappresentano il 60% dei lavoratori nati in Perù, un dato che pone questo gruppo, seppure non da solo, in controtendenza all'interno del mercato del lavoro degli immigrati, dove complessivamente, tra gli occupati, le donne si fermano al 40%. A spiegare la forte attrattività esercitata dall'Italia verso le donne del Perù - e negli ultimi anni verso quelle dell'Est europeo - e' la domanda di forza lavoro aggiuntiva nel settore dei servizi, nel quale gli occupati peruviani risultano infatti inseriti nella misura dell'87%, 25 punti percentuali in più della media dei non comunitari nel complesso. Il restante 13% degli occupati peruviani lavora nel settore dell'industria, mentre e' quasi del tutto assente la loro presenza in agricoltura. Per il 30% si tratta di impieghi non qualificati dei servizi domestici (1 su 3), ma si rilevano anche un 25% occupato in professioni qualificate nei servizi alla persona e assimilati (1 su 4) e un 5,3% in professioni qualificate dei servizi sociali e sanitari. Sono invece più basse le quote relative a lavori non qualificati nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, ristoranti (6,6%) e nel trasporto e consegna merci (5,4%). Fortemente concentrati nei servizi, i peruviani hanno raggiunto in questo settore posizioni piuttosto qualificate (ad esempio, in ambito sanitario e infermieristico).
Istruzione: nelle aule scolastiche 18.396 alunni peruviani
Roma, 27 feb.
- (Adnkronos/Labitalia) - Nell'anno scolastico 2012/2013, gli studenti
peruviani iscritti nelle scuole italiane sono stati in totale 18.396. Di
questi, quasi un terzo ha frequentato la scuola secondaria di II grado (33,9%),
il 27,6% la scuola primaria, il 20,7% la scuola secondaria di I grado e il
17,8% la scuola dell'infanzia. Emerge dall'analisi effettuata dal Centro studi
e ricerche Idos/Immigrazione Dossier Statistico su base dati ministero dell'Istruzione,
per conto del progetto 'Incontro' promosso dal ministero del Lavoro (Direzione
generale dell'Immigrazione e politiche di integrazione). Rispetto alle
corrispondenti percentuali rilevate in media tra gli alunni stranieri, i
peruviani si caratterizzano per una frequenza decisamente più elevata nelle
scuole superiori (10 punti percentuali in più), proprio perché, trattandosi di
un'immigrazione spiccatamente al femminile che e' iniziata a partire dalla fine
degli anni '80, i figli oggi iscritti a scuola sono ragazzi in gran parte
adolescenti. In molti casi si tratta di ragazzi che hanno raggiunto le madri in
Italia da grandi e dopo aver frequentato i primi anni scolastici nel paese di
origine; in altri casi, il dato riflette più semplicemente una migrazione ormai
stabile che si manifesta in una componente scolastica di età più avanzata.
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