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Interventi e interviste

Interviste - Ministro Angelino Alfano

06.08.2014

«Ho cacciato l'imam anti-ebrei denunciato da Libero»

Intervista al ministro Alfano del quotidiano Libero

«Ecco perché ho cacciato l`imam dell'odio»
II ministro Alfano espelle l`islamico che ha incitato all`omicidio degli ebrei: un avvertimento per tutti gli altri

di Fausto Carioti

 

Non ha perso tempo il ministro dell'Interno per decidere la sorte dell'imam marocchino Abd Al-Barr Al-Rawdhl, autore dell`incitazione allo sterminio degli ebrei («Allah, contali uno ad uno e uccidili fino all'ultimo») durante un sermone tenuto in una moschea in provincia di Venezia, come documentato ieri da Libero. «Ne ho disposto l'immediata espulsione dal territorio nazionale. Valga da monito per tutti coloro che pensano che in Italia si possa predicare odio», spiegaa cose fatte Angelino Alfano. Gli uomini della Digos di Venezia si sono presentati dall'imam ieri mattina alle 6. L'hanno preso in consegna e gli hanno sequestrato computer ed effetti personali, insieme a tutto ciò che poteva tornare utile all'indagine. Ora è libero, ma sarà espulso non appena arriverà la notifica del provvedimento dal ministero.

Decisione rapidissima, ministro.
«Il comportamento dell'imam era inaccettabile. Il fatto che Libero lo abbia rilanciato in questo modo ha reso ancora più eclatante quello che già era noto ai nostri uffici tramite le attività di analisi e di indagine. Ho provato un sentimento di indignazione e di preoccupazione, che si è tradotto nella necessità di assumere un provvedimento immediato che desse la certezza agli italiani che nel nostro Paese c'è la libertà di professione dei culti, ma non la libertà di professione degli odi».

Vedendo quel video, ascoltando quelle parole, la comunità ebraica italiana si è sentita un bersaglio.
«L'antisemitismo è inaccettabile nel nostro Paese. Sono contento che la comunità ebraica abbia colto l'importanza del nostro provvedimento, che deve essere anche un avvertimento per chiunque creda che in Italia sia possibile esercitare nei luoghi di culto un`attività che non sia liturgica, ma di diffusione dell'odio».

Quale significato deve avere invece la cacciata dell'imam per la comunità islamica?
«Deve rafforzare un concetto importante: l'islam che si esprime nelle moschee divulgando messaggi spirituali e religiosi ha il compito di rigettare esso stesso, per primo, la radicalità di professioni verbali che si possono tramutare in istigazioni alla violenza».

Duecento persone hanno assistito a quella «khtuba», al sermone in cui si invocava lo sterminio degli ebrei. Nessuno si è indignato né ha fatto rapporto alle autorità italiane. Ministro, è chiaro che c'è un problema d'integrazione che non riguarda solo i predicatori.
«I problemi di integrazione cui lei si riferisce sono lo specchio di quanto sta avvenendo in Medio Oriente, dove il mondo islamico e quello ebraico hanno enormi difficoltà di dialogo. Chiaramente da noi questa riproduzione non avviene con la violenza fisica, ma con una violenza verbale che si esprime con termini come quelli dell'imam che abbiamo espulso e che senza dubbio è resa ancora più grave dal silenzio-assenso di chi, lì presente, non si è indignato dinanzi a questi messaggi».

La presenza di bambini al sermone dell'odio è forse il dato più inquietante di questa storia. Il rischio è di far crescere in casa nostra terroristi di domani.
«Con la polizia di Stato siamo impegnati a tutelare tutti i minori, a prescindere dalla loro appartenenza religiosa o etnica, e lo facciamo nelle scuole, nelle strade, nelle chiese, nelle ludoteche... In questo caso, l'espulsione dell'imam è stata decisa anche per impedire che i minori continuassero a sentire simili prediche».

Il presidente della Comunità islamica di San Dona di Piave, Khamel Layachi, sostiene che prediche simili in Italia avvengono «ogni giorno». È così?
«No, non è così. Esercitiamo un controllo valido. Dal 2002, anno in cui è entrata in vigore la legge che consente le espulsioni per motivi di ordini pubblico, sono stati allontanati dal territorio italiano dieci imam, proprio perché ciò che predicavano non è consentito dal nostro ordinamento».

Ci sono altri provvedimenti di espulsione in arrivo, per Khamel Layachi o altri?
«Non posso rispondere a questa domanda, per ovvie ragioni».

Possibile che non esista tuttora un censimento dei luoghi di culto islamici e di chi vi predica?
«Per ragioni di sicurezza la polizia di Stato, in riservatezza, censisce e monitora i luoghi di culto in cui i riti islamici sono celebrati. Il discorso è diverso per quanto riguarda chi predica. L'imam non è una figura gerarchica paragonabile a quelle che esistono nella Chiesa cattolica o in quella ortodossa. È una figura carismatica che non risponde a gerarchle, è una persona che legge il Corano e lo interpreta. Non ha senso quindi parlare di un censimento dei predicatori».

La vicenda riapre comunque il problema della lingua in cui predicano gli imam. Anni fa ci fu una lunga discussione sulla necessità di farli predicare in italiano. Poi, come spesso succede, non se ne fece nulla. Fu un errore?
«Non dobbiamo scordarci mai che esistono le libertà civili. Il reato si configura laddove c'è una istigazione alla violenza, non perché si parla o si predica in lingua araba. Non può esistere una norma che imponga agli islamici di predicare in italiano. Sta agli apparati di sicurezza, secondo i loro criteri e le loro logiche, seguire le prediche anche quando sono fatte in arabo, per scoprire dove si può configurare un reato».

Il provvedimento di espulsione le ha fatto incassare i complimenti dei suoi avversari politici di Forza Italia: non capita spesso.
«Mi fa piacere che ogni tanto si riconosca la bontà del mio comportamento, che è sempre improntato al bene dell'Italia e alla difesa dei valori nei quali credo».

La Lega le chiede però di fare di più, chiudendo la moschea di San Dona' di Piave e imponendo una moratoria sull'apertura di nuove moschee in tutto il Paese. È un provvedimento fattibile?
«Come Stato italiano non dobbiamo compiere eccessi che a loro volta possano sembrare stimolo alla violenza. Dobbiamo avere l'intelligenza di rifiutare l'istigazione all'odio e di consentire la divulgazione di un messaggio religioso tutte le volte in cui esso è davvero pacifico».



Scarica i documenti



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