Anche i familiari a carico di lavoratori stranieri hanno diritto a assegni familiari per i periodi nei quali sono rientrati in patria

I lavoratori stranieri hanno diritto agli assegni familiari per moglie e figli a carico anche per i periodi nei quali questi sono rientrati in patria.

 

È quanto ha stabilito il giudice di Brescia, Ignazio Onni, lo scorso 22 novembre.

La vicenda esaminata è quella di tre lavoratori (due cingalesi e un pakistano, residenti in Italia da molti anni e titolari del permesso di lungo periodo) dipendenti dello stabilimento bresciano di Iveco che, sospesi dal lavoro e trovatisi a dover mantenere moglie e figli con i soli 1000 euro della cassa integrazione, si sono visti costretti a rimandare temporaneamente i familiari in patria dove i figli hanno frequentato la locale scuola. Il Comune di Brescia rilevata l’assenza dei bimbi dalla scuola della città, ha convocato i padri per chiarimenti temendo un’evasione dell’obbligo scolastico e nello stesso tempo ha trasmesso l’informazione all’Inps, il quale ha poi avviato un’azione di recupero delle rilevanti somme pagate come assegni familiari durante il periodo di rientro in patria (in un caso oltre 6.000 euro).

I lavoratori hanno fatto ricorso al Giudice – assistiti dall’avv. Alberto Guariso e con il sostegno della Camera del Lavoro di Brescia e della Fondazione Piccini – chiedendo che venisse loro applicato – in forza della direttiva comunitaria 2003/109 – lo stesso trattamento previsto per i cittadini italiani e comunitari per i quali l’Inps versa l’assegno familiare anche per i familiari che risiedono all’estero, purché sussistano i requisiti di reddito.

Il Giudice ha accolto la domanda rilevando che la tesi dell’Inps “è priva di conforto normativo” poiché la legge non richiede necessariamente (né per gli italiani, né per gli stranieri) la presenza dei familiari sul territorio nazionale. Ora Iveco, che aveva trattenuto le somme per conto dell’Inps, dovrà restituire tutti gli importi trattenuti.

In realtà nel ricorso era stato posto un problema di portata più generale (che il giudice ha ritenuto assorbito nella conclusione di cui sopra) riguardante il comma 6bis dell’art. 2 del DL 13.3.88 n. 69, convertito in L. 13.5.88 n. 153 (introdotto dalla legge di conversione), in cui è previsto che, per quanto riguarda i cittadini stranieri, “[n]on fanno parte del nucleo familiare di cui al comma 6 il coniuge ed i figli ed equiparati di cittadino straniero che non abbiano la residenza nel territorio della Repubblica”, mentre per i cittadini italiani e comunitari questa esclusione non è prevista (fanno cioè parte del nucleo, ai fini del computo degli assegni, anche i familiari residenti all’estero).

Tale differenza si pone in contrasto con le clausole di parità previste dal diritto comunitario (per i lungosoggiornanti – come erano i lavoratori ricorrenti a Brescia – l’art. 11 direttiva 2003/109 e per i titolari di permesso unico l’art. 12 direttiva 2011/98) e pertanto non può trovare applicazione, dovendo essere garantito agli stranieri l’accesso alla prestazione in questione alle medesime condizioni previste per gli italiani.

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