Legislatura 17ª - 1ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 294 del 07/07/2015


 

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

SULL'ATTO DEL GOVERNO N. 170

 

La Commissione, esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo,

premesso che:

- il compito di sviluppare una politica comune in materia di asilo, protezione sussidiaria e protezione temporanea è affidato all'Unione europea dall'articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. A tal fine, è prevista l'istituzione di un sistema europeo comune di asilo, che definisce uno status uniforme a favore di cittadini di Paesi terzi, valido in tutta l'Unione. Tale sistema comprende: a) le procedure comuni per l'ottenimento e la perdita dello status uniforme in materia di asilo o di protezione sussidiaria; b) i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo o di protezione sussidiaria; c) le condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo o protezione sussidiaria; d) il partenariato e la cooperazione con Paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea;

 - in assenza di un apposito intervento legislativo, la materia del diritto di asilo è interamente attuata e regolata dall'insieme delle norme sulla protezione internazionale previste a livello europeo e recepite nell'ordinamento italiano - in base all'articolo 7 della legge n. 154 del 2014 - in un testo unico delle disposizioni legislative vigenti, predisposto dal Governo in attuazione dell'articolo 10, terzo comma, della Costituzione;

- i problemi connessi alla gestione dei flussi migratori appaiono estremamente complessi e di difficile soluzione, anche normativa, soprattutto a causa di oggettive carenze infrastruttrurali e di una congiuntura economica particolarmente sfavorevole;

- il pieno rispetto della normativa europea richiede tuttavia un intervento coerente e che assicuri la tutela dei diritti fondamentali universali della persona,

considerato che:

- la direttiva n. 32 mira a creare un sistema coerente per garantire che tutte le decisioni in materia siano adottate in modo più efficiente ed equo e che tutti gli Stati membri esaminino le domande in base a norme comuni di elevata qualità: la direttiva fissa, pertanto, le regole per la presentazione delle domande di asilo e un termine generale di sei mesi come durata della procedura; prevede norme più rigorose per la formazione del personale, nonché disposizioni specifiche per le persone che necessitano di un’assistenza particolare;

- la direttiva n. 33, relativa alle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo, in attesa che la domanda venga esaminata, contiene disposizioni che garantiscono l'accesso all'alloggio, al vitto, all'assistenza sanitaria e all'occupazione, nonché a cure mediche e psicologiche. Inoltre, prevede un elenco dei presupposti per il trattenimento; riduce il trattenimento per le persone vulnerabili (in particolare i minori) e istituisce garanzie giuridiche, quali l'assistenza legale gratuita e informazioni scritte all'atto della presentazione di un ricorso contro un provvedimento di trattenimento; stabilisce misure specifiche a tutela delle persone vulnerabili,

esprime, per quanto di competenza, parere favorevole con le seguenti osservazioni:

- al fine di recepire in modo completo l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva n. 33, l’articolo 3, comma 3, dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che le informazioni che devono essere fornite ai richiedenti riguardino anche le organizzazioni o i gruppi di persone che forniscono specifica assistenza legale, nonché le organizzazioni che possono aiutarli o informarli riguardo alle condizioni di accoglienza disponibili, compresa l’assistenza sanitaria;

- anche in considerazione dell’esigenza di trasferire i richiedenti asilo in altri Stati, il Governo dovrebbe avvalersi della facoltà data agli Stati dall’articolo 6, paragrafo 5, della direttiva n. 33. Pertanto, dovrebbe essere modificato l’articolo 4, in modo da prevedere, anche in applicazione dell'articolo 17 del regolamento cosiddetto "Dublino III", che il questore abbia facoltà di rilasciare un documento di viaggio al richiedente, per gravi motivi umanitari connessi con l’esigenza di cure particolari o con la presenza di familiari in altro Stato o con trasferimenti o ricollocazione in altri Stati, incluso un altro Stato dell’Unione europea competente ad esaminare la domanda;

- al fine di dare effettiva e completa attuazione all’articolo 6, paragrafo 6, della direttiva n. 33, che vieta agli Stati di esigere documenti inutili o sproporzionati o di imporre altri requisiti amministrativi ai richiedenti prima di riconoscere loro i diritti garantiti dalla direttiva stessa, l’articolo 5, comma 1 dovrebbe essere integrato in modo tale che la mancata indicazione, da parte del richiedente, di un domicilio in Italia, al momento della manifestazione di volontà di presentare la domanda di protezione internazionale, non precluda, in ogni caso, l’accesso alla presentazione della domanda e alle misure di assistenza predisposte per i richiedenti;

 - al fine di rispettare le riserve di legge previste dall’articolo 10, comma 2, e dall'articolo 16 della Costituzione, il comma 4 dell’articolo 5 dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che il prefetto esercita la facoltà di fissare un luogo di residenza o un’area geografica per il richiedente con atto scritto e motivato, tradotto in lingua comprensibile al richiedente, nei casi concreti in cui sussistano motivi di pubblico interesse, di ordine pubblico o, ove necessario, per il trattamento rapido e il controllo efficace della domanda;

 - al fine di recepire l’articolo 8, paragrafi 2 e 4, della direttiva n. 33 e di evitare dubbi interpretativi sull’articolo 6, comma 4, dovrebbe essere modificato l’articolo 6, comma 2, in modo da prevedere che il trattenimento del richiedente in un centro di identificazione ed espulsione possa essere disposto o prorogato soltanto nel caso in cui non sia possibile applicare una delle misure alternative meno coercitive previste all’articolo 14, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998;

 - al fine di dare effettiva attuazione alla definizione di rischio di fuga quale presupposto del trattenimento, in base all’articolo 8, paragrafo 3, lettera b), della direttiva n. 33, l’articolo 6, comma 2, lettera d), dovrebbe essere modificato nella parte in cui si fa riferimento all’inottemperanza dei provvedimenti di cui all'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998, per limitare tale ipotesi ai soli casi dei provvedimenti indicati nello stesso articolo 14, nei quali il rischio di fuga sia concreto, ovvero soltanto ai provvedimenti indicati nel comma 5-ter, purché sussistano fondati motivi per ritenere che lo straniero che non abbia ottemperato all’ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato, se fermato in occasione di controlli da parte delle autorità di polizia, presenti la domanda al solo scopo di impedire o ritardare l’esecuzione dei provvedimenti di espulsione, o ancora a quei provvedimenti indicati nel comma 7 dello stesso articolo 14 (indebito allontanamento dal centro di identificazione);

 - al fine di dare completa attuazione all’ipotesi in cui l’articolo 8, paragrafo 3, lettera d), della direttiva n. 33, l’articolo 6, comma 3, dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che il richiedente che era già trattenuto in un centro di identificazione resti nel centro dopo la presentazione della domanda soltanto se, oltre agli altri requisiti previsti nel medesimo comma, la persona, prima del trattenimento, abbia già avuto l’effettiva opportunità di accedere alla procedura di asilo;

 - al fine di dare piena attuazione all’articolo 9, paragrafi 2, 3 e 4, della direttiva n. 33, e di dare effettiva attuazione al diritto di difesa previsto nell’articolo 24 della Costituzione e tenendo conto della riserva di giurisdizione in materia di misure restrittive della libertà personale prevista dall’articolo 13 della Costituzione, al fine di evitare incertezze circa l’applicabilità della disciplina generale del trattenimento, prevista nell’articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998,  l’articolo 6, comma 4, dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che il provvedimento del questore con cui si dispone il trattenimento e la richiesta di proroga del trattenimento stesso siano adottati con atto scritto e motivato e, contestualmente all’invio al tribunale, siano comunicati al richiedente, insieme ad una traduzione in lingua a lui comprensibile, e al suo difensore, se già nominato, salva nomina di un difensore d’ufficio da parte dello stesso questore, e in modo da prevedere che il tribunale decida sulla convalida o sulla richiesta di proroga, sentiti in ogni caso il difensore e il richiedente;

 - appare necessario evitare che la durata complessiva del trattenimento del richiedente o di chi ha impugnato la decisione della Commissione territoriale sia molto superiore al periodo massimo di trattenimento consentito nei confronti degli altri stranieri espulsi e trattenuti ad altro titolo. In caso contrario, si rischierebbe di scoraggiare l’esercizio del diritto ad un ricorso effettivo, garantito dall’articolo 46 della direttiva n. 32. A tal fine, si ritiene che: a) il comma 5 dell’articolo 6 debba essere modificato in modo da prevedere che il riferimento all’articolo 28-bis, comma 3 del decreto legislativo n. 25 del 2008, come modificato dallo schema di decreto legislativo in esame - che rende oggettivamente abnorme il termine massimo del trattenimento - sia sostituito con il riferimento all’articolo 28-bis, comma 2, come modificato dallo stesso schema di decreto legislativo in esame, il che comporta una durata massima del primo periodo di trattenimento del richiedente asilo di 18 giorni; b) il comma 6 dell’articolo 6 debba essere modificato in modo da non considerare il trattenimento disposto per tutto il tempo in cui il richiedente è autorizzato a rimanere in conseguenza del ricorso giurisdizionale, prevedendo che il richiedente nei cui confronti il giudice abbia disposto la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata sia comunque ammesso ad una delle strutture di accoglienza territoriale di cui all’articolo 13 del decreto e prevedendo altresì la facoltà per il giudice di disporre, su richiesta del questore, in base alla concreta e attuale pericolosità del richiedente, l’applicazione di una delle misure meno coercitive previste dall’articolo 14, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 286 del 1998; c) il comma 7 dell’articolo 6 dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che la richiesta di proroga del trattenimento del richiedente, incluso il trattenimento in corso, possa essere disposta per un periodo di trenta giorni, prorogabili con successive richieste di proroga, ciascuna di trenta giorni, per una durata complessiva del trattenimento, disposto ai sensi dei commi 4 e 6, non superiore a 90 giorni;

 - al fine di consentire l’effettiva presentazione della domanda di protezione internazionale anche a chi si trovi detenuto o internato, in custodia cautelare, in un istituto penitenziario italiano, nonché di avvalersi della facoltà di prevedere il trattenimento in carcere del richiedente, prevista dall’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva n. 33, l’articolo 7 dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che, se lo straniero o l’apolide detenuto o internato in un istituto penitenziario durante l’esecuzione di  una pena detentiva o di misura di sicurezza detentiva o della misura della custodia cautelare in carcere manifesti la volontà di presentare domanda di protezione internazionale, la direzione dell’istituto ne dia immediata comunicazione alla competente questura per la successiva verbalizzazione e sia prevista, nello stesso istituto, l’audizione con la commissione compente. Occorre, inoltre, che il detenuto fruisca di tutte le misure previste per i richiedenti dal decreto legislativo stesso e, dopo la presentazione della domanda, sia collocato in un luogo di detenzione separato dagli altri detenuti;

- si osserva che l’articolo 8, il quale disciplina i centri di prima accoglienza, non stabilisce un termine massimo di permanenza e, al contrario, prevede la possibilità che i richiedenti asilo possano seguire in tali centri, durante il periodo di permanenza, l’iter della procedura di asilo. In sostanza, viene riproposto lo stesso schema procedurale attualmente vigente per i CARA, mentre un'altra norma dello stesso decreto ne stabilisce il superamento. Altro aspetto che presenta notevoli criticità riguarda l’estensione dei casi di possibile trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) dei richiedenti asilo. Attualmente, infatti, il trattenimento è previsto in una serie di casi afferenti alla sicurezza pubblica, mentre lo schema di decreto estende la misura anche nel caso sussista rischio di fuga del richiedente. Inoltre, la valutazione sulla sussistenza del rischio di fuga è effettuata, caso per caso, quando il richiedente ha in precedenza fatto ricorso a dichiarazioni o attestazioni false sulle proprie generalità, al solo fine di evitare l’adozione o l’esecuzione di un provvedimento di espulsione, oppure abbia ricevuto un provvedimento di allontanamento. Tale valutazione spetterebbe quindi al questore, con un margine di ampia discrezionalità. In questi casi, secondo quanto prevede lo schema di decreto legislativo, la permanenza del richiedente nei luoghi di detenzione potrebbe protrarsi fino a 12 mesi. Si rileva, altresì, che i membri delle commissioni territoriali dovrebbero essere di comprovata competenza in materia di diritti umani e protezione internazionale e - almeno quelli di più recente nomina - dovrebbero ricevere obbligatoriamente una formazione iniziale. Infine, la previsione per cui le commissioni territoriali possono omettere l’audizione del richiedente asilo, laddove riscontrino, sulla base degli atti, la possibilità di riconoscere la protezione sussidiaria, sembra presupporre implicitamente la possibilità, per le commissioni territoriali, di rifiutare lo status di rifugiato sulla base della semplice analisi degli atti e senza ascoltare il richiedente la protezione internazionale. Tale previsione comporterebbe però una violazione dell’articolo 14, comma 2, della direttiva n. 32;

 - al fine di dare piena attuazione all’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva n. 33 e di  evitare in modo sistematico quelle frequenti situazioni di promiscuità che comportino violazioni del divieto di trattamenti degradanti previsto dall’articolo 3 CEDU e lesioni sproporzionate al diritto alla vita privata e familiare garantito dall’articolo 8 CEDU, dovrebbe essere modificato il comma 1 dell'articolo 7, in modo da prevedere che alle famiglie trattenute sia fornita una sistemazione separata che ne tuteli l’intimità;

 - al fine di dare completa ed effettiva attuazione all’articolo 17, paragrafi 1 e 3, della direttiva n. 33, i commi 1 e 3 dell'articolo 8 dovrebbero essere modificati in modo da prevedere con chiarezza che l’accoglienza nei centri governativi decorra dal momento in cui gli stranieri o apolidi sprovvisti di mezzi di sostentamento, presenti alla frontiera o nel territorio dello Stato, manifestino la volontà di presentare domanda di protezione internazionale e, a causa di un numero contestuale di domande molto elevato, non sia possibile un loro immediato invio al sistema di accoglienza territoriale di cui all’articolo 13; appare inoltre necessario che, al comma 4 del medesimo articolo 8, sia soppresso l’inciso "avvio della procedura di esame della medesima domanda";

- al fine di dare effettiva attuazione a quanto disposto dall'articolo 18, comma 1, lettera b), della direttiva n. 33, il quale prevede che, in via ordinaria, i richiedenti asilo debbano essere alloggiati in centri di accoglienza che garantiscano una qualità di vita adeguata e tenendo conto che il successivo comma c) consente anche l'utilizzo di case private, appartamenti ed altre strutture idonee, l'articolo 8 dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che i centri governativi siano destinati esclusivamente alle esigenze di prima accoglienza e di identificazione nel caso di afflussi massicci e che i richiedenti siano in ogni caso trasferiti, nel minor tempo possibile, nelle strutture dell'accoglienza territoriale di cui all'articolo 13 o, in caso di indisponibilità di posti, presso le strutture straordinarie di cui all'articolo 10;

- al fine di dare effettiva attuazione al principio generale del diritto alla libera circolazione dei richiedenti asilo nel territorio o nell'area loro assegnata, di cui all'articolo 7, paragrafo 1, della direttiva n. 33, il comma 2 dell'articolo 9 dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che coloro che si trovano nei centri governativi di cui all'articolo 8, nei cui confronti si sono concluse le operazioni e gli adempimenti indicati nel comma 4 del medesimo articolo 8 - e sono in attesa di trasferimento nelle strutture di accoglienza territoriale di cui all’articolo 13 -, non siano più soggetti alle limitazioni di uscita dal centro di cui all'articolo 9, comma 2;

- al fine di dare piena ed effettiva attuazione all’articolo 17, comma 2, della direttiva n. 33, assicurando al sistema di accoglienza certezza ed equità ed evitando altresì la casualità nella collocazione dei richiedenti, ovvero il prodursi di quegli interventi emergenziali che hanno purtroppo caratterizzato per molti anni la situazione italiana e che, specie in relazione all'accoglienza dei nuclei familiari e delle situazioni vulnerabili, hanno comportato la violazione  al diritto alla vita privata e familiare, garantito dall’articolo 8 CEDU, i commi 1 e 2 dell'articolo 13 dovrebbero essere modificati in modo da prevedere che la realizzazione e la gestione dei progetti di accoglienza territoriale da parte dei Comuni, singoli o associati, siano considerate funzioni amministrative conferite ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, secondo principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, e che la loro realizzazione e la loro gestione, almeno per i servizi minimi omogenei da garantirsi su tutti il territorio nazionale, siano integralmente finanziate dallo Stato e che, con decreto del Ministro dell’interno, sentita la Conferenza unificata, siano fissate le modalità di erogazione del finanziamento statale agli enti locali per la realizzazione e la gestione delle misure di accoglienza;

- al fine di dare attuazione all’articolo 18, paragrafo 6, della direttiva n. 33, all’articolo 11 dovrebbe essere aggiunto un ulteriore comma, in cui si preveda che, in ogni caso, i richiedenti siano messi nelle condizioni di informare i loro avvocati o consulenti legali del trasferimento nei centri indicati negli articoli 8, 10 e 13 e del loro nuovo indirizzo;

- al fine di evitare l’elusione delle norme sulla riduzione o revoca delle condizioni di accoglienza, prevista nell’articolo 20 della direttiva n. 33, l’articolo 12 dovrebbe essere riformulato in modo da prevedere che l’allontanamento ingiustificato dai centri comporti non già la decadenza dalle condizioni di accoglienza, bensì la revoca delle condizioni di accoglienza nei modi previsti dall’articolo 22;

- al fine di assicurare che i centri di accoglienza garantiscano una qualità di vita adeguata, come esige l’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), della direttiva n. 33, e allo scopo di dare attuazione all’articolo 18, paragrafo 7, della stessa direttiva, l’articolo 13, comma 2 dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che ogni servizio di accoglienza debba comunque attuare un’assistenza integrata, che garantisca una qualità di vita adeguata alla situazione e ai bisogni specifici di ogni richiedente e che assicuri servizi minimi, che comportino almeno un alloggio adeguato, un vitto rispettoso delle diverse tradizioni culturali. Appare, inoltre, necessario che le persone le quali operano presso ogni centro ricevano una formazione adeguata, con appositi corsi di formazione e di aggiornamento, periodicamente organizzati dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, dal servizio centrale dello SPRAR, anche in collaborazione con l’UNHCR e con esperti e università, e siano soggette agli obblighi di riservatezza sulle informazioni di cui vengono a conoscenza nel corso della loro attività;

- in considerazione del considerando n. 26 della direttiva n. 33 e dell’articolo 29, paragrafo 2, della medesima direttiva, appare necessario che, all’articolo 15, sia previsto, con riguardo al Piano d’accoglienza, un riferimento esplicito alla determinazione dei posti necessari in accoglienza, nonché delle quote di distribuzione a livello regionale e comunale, nelle strutture di cui agli articoli 8, 10 e 13, e del relativo fabbisogno finanziario;

- in attuazione dell’articolo 23 della direttiva n. 33, è necessario che l’articolo 17 sia modificato in modo tale che siano date indicazioni di una procedura olistica e multidisciplinare per la valutazione e la determinazione del superiore interesse del minore;

- al fine di dare effettiva attuazione all’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva n. 32 e all’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva n. 33, l’articolo 18, comma 1 dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che eventuali visite mediche, per accertare l’età del minore non accompagnato, possano essere disposte una sola volta e soltanto nei casi in cui, in base a sue dichiarazioni generali o altre indicazioni pertinenti, si nutrano dubbi circa l’età del richiedente, e che tali visite siano effettuate col consenso del minore non accompagnato e del suo tutore e nel pieno rispetto della dignità della persona, mediante l’esame meno invasivo possibile ed effettuato da professionisti qualificati, che consentano, nella misura del possibile, un esito affidabile, previa comunicazione al minore non accompagnato, in una lingua che è ragionevole supporre egli possa capire, della possibilità che la sua età possa essere determinata attraverso una visita medica, del tipo di visita previsto e delle possibili conseguenze dei risultati della visita medica, ai fini dell’esame della domanda e dell’eventuale rifiuto di sottoporsi a visita medica, il quale comunque non impedisce la decisione sulla domanda e, in ogni caso, non può costituire il solo motivo di rigetto della domanda stessa in riferimento; infine, appare necessario prevedere che il decreto di accertamento dell’età, adottato dal giudice che ha autorizzato l’accertamento medico, riporti il margine di errore e le modalità di impugnazione del provvedimento;

- al fine di dare effettiva attuazione all’articolo 24, paragrafo 4, della direttiva n. 33, l’articolo 18, comma 2, dovrebbe essere modificato in modo da prevedere che le persone che operano presso ogni centro ricevano una formazione specifica sulla situazione dei minori non accompagnati, con appositi corsi di formazione e di aggiornamento da parte del servizio centrale dello SPRAR, su incarico del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, anche in collaborazione con l’UNHCR e con esperti e università, e siano soggette agli obblighi di riservatezza sulle informazioni di cui vengono a conoscenza nel corso della loro attività;

- in riferimento all’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva n. 33, tenendo conto che l’esigenza di un’adeguata misura di sorveglianza e controllo del livello delle condizioni di accoglienza si può concretizzare attraverso la creazione di un sistema strutturato di monitoraggio dei centri di accoglienza, appare opportuno modificare l’articolo 19, prevedendo l’istituzione di un Ufficio di monitoraggio dedicato presso il Ministero dell’Interno e apposite Commissioni di controllo e vigilanza presso le Prefettura - UTG;

- al fine di dare corretta attuazione al paragrafo 1 dell'articolo 20 della direttiva n. 33, che prevede che la revoca delle condizioni di accoglienza sia misura che può essere assunta solo in casi eccezionali, debitamente motivati, nonché al paragrafo 5 del medesimo articolo, che prevede che i provvedimenti di revoca o riduzione siano assunti sempre in modo proporzionale, il comma 1, lettere a) ed e), e il comma 3 dell'articolo 22 dovrebbero essere modificati in modo da prevedere la possibilità che il prefetto adotti una misura di riduzione dei servizi di accoglienza; che tutti i provvedimenti siano assunti dalla prefettura competente sulla base di attenta valutazione dei fatti accaduti e dei comportamenti dei richiedenti, desumibili anche da relazioni psicologiche e sociali da parte dell'ente gestore del centro di accoglienza e prevedendo altresì che, nel caso in cui il richiedente sia rintracciato o in caso di sua presentazione spontanea, sia data la facoltà al richiedente stesso di condurre un colloquio, nel quale l'interessato possa esporre le proprie ragioni e che il provvedimento prefettizio tenga conto delle eventuali ragioni addotte dal richiedente e di tutte le informazioni pertinenti;

- tenendo conto che l'articolo 4 della direttiva n. 32 richiede che gli Stati membri provvedano affinché l'autorità preposta alla valutazione delle domande di asilo disponga di mezzi appropriati e di personale competente in numero sufficiente, l’articolo  24, comma 1, lettera c), dovrebbe essere riformulato, prevedendo che la nomina dei componenti delle Commissioni territoriali sia effettuata dal Presidente della Commissione Nazionale, previa verifica delle competenze richieste dalla legge; che la funzione di Presidente, delle Commissioni territoriali e delle relative sezioni sia svolta in via esclusiva; che il rappresentante degli enti locali sia un esperto di diritti umani; che i membri delle Commissioni e delle relative sezioni partecipino ai lavori delle Commissioni solo dopo aver partecipato ad un corso di formazione, in modo da prevedere che la competenza all'esame della domanda del richiedente non detenuto né trattenuto spetti, in ogni caso, soltanto alle Commissioni territoriali competenti per il territorio in cui si trovano le strutture dell’accoglienza territoriale di cui all’articolo 13 o, in mancanza di posti, le strutture straordinarie di cui all’articolo 10, nelle quali il richiedente è inviato per l’accoglienza dopo l’uscita dai centri di prima accoglienza e non già presso questi ultimi centri governativi;

- al fine di dare piena attuazione all’articolo 15, paragrafo 3, lettere a) e d), della direttiva n. 32, i quali prevedono che l’autorità che esamina le domande disponga di personale competente che conosca i criteri applicabili in materia di diritto d’asilo e che abbia acquisito una conoscenza generale dei problemi che potrebbero compromettere la capacità del richiedente di sostenere il colloquio, come pure la conoscenza del contesto personale e generale in cui nasce la domanda, compresa l’origine culturale, il genere, l’orientamento sessuale, l’identità sessuale o la vulnerabilità del richiedente, l’articolo 24, comma 1, lettera c), del decreto legislativo dovrebbe essere riformulato in modo tale da prevedere in ogni caso che: a) la Commissione nazionale per il diritto di asilo sia composta anche da due membri  effettivi e da due supplenti, di cui uno competente in materie giuridiche ed uno in materie sociali, antropologiche o politiche, designati dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, previa pubblica valutazione comparativa tra candidature presentate tra  docenti universitari, aventi una specifica e documentata preparazione ed esperienza in materia di diritto di asilo, di diritti umani e di diritti degli stranieri; b) tutti i componenti delle Commissioni territoriali siano nominati dalle rispettive amministrazioni a seguito di una  pubblica valutazione comparativa tra le candidature presentate, svolta dalla Commissione nazionale, durante la quale sia verificato il possesso di una specifica e documentata preparazione ed esperienza sul campo, ove possibile anche in sede internazionale, in materia di diritto di asilo, di diritti umani e di diritti degli stranieri; c) i membri effettivi che appartengono ad una pubblica amministrazione siano collocati fuori ruolo durante l'esercizio delle loro funzioni;

- al fine di conformarsi alla consolidata evoluzione giurisprudenziale che ha riconosciuto al permesso di soggiorno umanitario, di cui all’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo n. 25 del 2008, la natura di diritto soggettivo, l’articolo 24, comma 1, lettera g), dovrebbe essere integrato in modo da prevedere che la Commissione territoriale, qualora valuti non sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale, accerti se vi siano le condizioni per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari di durata biennale rinnovabile e, d’ufficio o su richiesta della questura, in sede di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, provveda a svolgere l’istruttoria per l’acquisizione degli elementi necessari alla verifica della permanenza dei presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, con applicazione, al procedimento, delle garanzie indicate nell’articolo 33, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 25 del 2008;

- al fine di dare attuazione all’articolo 12, paragrafo 1, lettera d), della direttiva n. 32, dopo l’articolo 24, comma 1, lettera g), del decreto legislativo dovrebbe essere inserita un'ulteriore disposizione per introdurre, all’articolo 9 del decreto legislativo n. 25 del 2008, un nuovo comma, il quale preveda che il richiedente e i suoi difensori o consulenti legali abbiano accesso alle informazioni indicate nell’articolo 8, comma 3, del decreto legislativo n. 25 del 2008 e alle informazioni rese dagli esperti consultati ai sensi dell’articolo 8, comma 3-bis, del decreto legislativo n. 25 del 2008, introdotto dallo schema di decreto legislativo in esame, allorché si tratti di informazioni che siano state prese in considerazione allo scopo di prendere la decisione;

- al fine di dare completa ed effettiva attuazione all’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva n. 32, l’articolo 24, comma 1, lettera i), dovrebbe essere modificato in modo che sia riformulato il comma 1 dell’articolo 10-bis del decreto legislativo n. 25 del 2008, introdotto dallo schema di decreto legislativo in esame, per prevedere che le informazioni di cui all’articolo 10, comma 1, siano fornite allo straniero che abbia manifestato la sua volontà di presentare la domanda anche nei centri di identificazione ed espulsione; inoltre, occorre prevedere che, ai valichi di frontiera e nei punti di sbarco, sia sempre presente materiale informativo sulla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e che coloro i quali intendono presentare domanda di protezione internazionale o presentino bisogni di protezione ricevano adeguata informazione sulle modalità per presentare la domanda e sulle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale;

- al fine di dare effettiva e completa attuazione all’articolo 4, paragrafo 3, e all'articolo 15, paragrafo 3, lettere a) e d), della direttiva n. 32, all’articolo 24, comma 1, dopo la lettera i), dovrebbe essere introdotta una nuova lettera, in modo che, alla fine dell’articolo 12, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 25 del 2008, sia previsto che la persona incaricata di condurre il colloquio, che deve avere  acquisito una conoscenza generale dei problemi che potrebbero compromettere la capacità del richiedente di sostenere il colloquio, non indossi uniformi;

- si rileva che l'articolo 14, paragrafo 2, della direttiva n. 32 prevede che il colloquio tra il richiedente e l’autorità accertante, al fine di una decisione sul merito della domanda, possa essere omesso solo in due casi, ovvero quando "l’autorità accertante è in grado di prendere una decisione positiva riguardo allo status di rifugiato basandosi sulle prove acquisite" oppure quando "l’autorità accertante reputa che il richiedente asilo sia incapace o non sia in grado di sostenere un colloquio personale a causa di circostanze persistenti che sfuggono al suo controllo". Appare pertanto necessario sopprimere l’articolo 24, comma 1, lettera l): la norma prevede un'ipotesi ulteriore di omissione dell'audizione, qualora la Commissione territoriale ritenga di avere sufficienti motivi per riconoscere lo status di protezione sussidiaria, sulla base degli elementi in suo possesso, nel caso di richiedenti che provengano da Paesi individuati in un apposito elenco predisposto dalla Commissione Nazionale. La soppressione si rende necessaria anche tenendo conto del fatto che, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera f), della direttiva 2011/95/UE, per persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria deve intendersi il cittadino di un Paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno;

- al fine di dare effettiva attuazione all’articolo 16 della direttiva n. 32, all'articolo 24, comma 1, lettera m), numero 1),  dovrebbe essere previsto che il comma 1-bis dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 25 del 2008, introdotto dallo schema di decreto legislativo in esame, preveda anche che nel colloquio sia assicurata al richiedente la possibilità di spiegare l’eventuale assenza di elementi o le eventuali incoerenze o contraddizioni nelle sue dichiarazioni;

- al fine di dare completa ed effettiva attuazione all’articolo 17, paragrafo 3, della direttiva n. 32, all'articolo 24, comma 1, lettera n), numero 1), dovrebbe essere riformulato il comma 1 dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 25 del 2008, come sostituito dallo schema di decreto legislativo in esame, in modo da prevedere anche che sia chiesto al richiedente di confermare che il contenuto del verbale rifletta correttamente il colloquio e che gli sia data anche la possibilità di formulare, in calce al verbale, chiarimenti su eventuali errori di traduzione o malintesi contenuti nel verbale;

- al fine di dare completa ed effettiva attuazione all’articolo 17, paragrafo 5, della direttiva n. 32, all'articolo 24, comma 1, lettera n), numero 2), dovrebbe essere riformulato il comma 2-bis dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 25 del 2008, introdotto dallo schema di decreto legislativo in esame, in modo da prevedere anche che il richiedente e il suo avvocato ricevano la trascrizione della registrazione prima che la Commissione adotti la sua decisione e che, entro un termine di cinque giorni dal ricevimento della trascrizione, espressamente indicato in calce al testo trascritto, il richiedente possa fare pervenire alla Commissione osservazioni su eventuali errori di traduzione o malintesi contenuti nella trascrizione;

- al fine di dare effettiva e completa attuazione all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva n. 32, nell’articolo 24 dovrebbe essere introdotta una nuova lettera, che modifichi l’articolo 15 del decreto legislativo n. 25 del 2008, in modo da prevedere anche che la formazione delle commissioni territoriali e del personale sia attuata con appositi corsi di formazione e di aggiornamento, periodicamente organizzati dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, in collaborazione con la Commissione nazionale per il diritto di asilo, con l’EASO e con l’UNHCR e con esperti e università, nei quali siano ricompresi gli elementi di cui all’articolo 6, paragrafo 4, lettere a), b), c), d) ed e), del regolamento (UE) n. 439 del 2010 e si tenga conto anche della pertinente formazione organizzata e sviluppata dall’EASO;

- al fine di evitare l’elusione dell’articolo 31, paragrafo 3, lettera b), della direttiva n. 32, nell’articolo 24, comma 1, lettera t), dovrebbe essere previsto che, al comma 3 dell’articolo 27 del decreto legislativo n. 25 del 2008, modificato dal decreto legislativo in esame, l’ipotesi indicata nella lettera b) sia riformulata in modo che il termine di conclusione dell’esame delle domande possa essere differito soltanto qualora le domande simultanee di protezione internazionale, presentate alla medesima commissione territoriale, rendano molto difficile il rispetto del termine di sei mesi, anche dopo il provvedimento del Presidente della commissione nazionale che abbia riassegnato la competenza all’esame delle domande, ai sensi dell’articolo 4, comma 5-bis, dello stesso decreto legislativo n. 25 del 2008;

- al fine di recepire in modo completo il diritto al ricorso effettivo previsto dall’articolo 46, paragrafi 1 e 3 della direttiva n. 32, all'articolo 24, comma 1, lettera cc), si dovrebbe altresì prevedere che, nell’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 25 del 2008 sia stabilito che l’oggetto del ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria riguardi anche i provvedimenti di inammissibilità della domanda e di rifiuto di riprendere l’esame sospeso di una domanda e che, durante il giudizio, il giudice svolga un esame completo, valutato al momento del giudizio stesso, circa gli elementi sulla situazione di fatto e di diritto del ricorrente e le sue esigenze di protezione internazionale o di protezione umanitaria;

- al fine di recepire pienamente l’articolo 20, paragrafi 1, 3 e 4, della direttiva n. 32, che impone agli Stati di garantire che l’assistenza e la rappresentanza legali non siano oggetto di restrizioni arbitrarie e non siano ostacolati il diritto ad un ricorso effettivo e l’accesso alla giustizia, l’articolo 26 dovrebbe essere integrato in modo da prevedere che: a) il ricorso presentato dal richiedente che è trattenuto in un centro di identificazione od espulsione o che, essendo sprovvisto di mezzi di sostentamento, è ospitato in un centro governativo di prima accoglienza o  in altra struttura del sistema territoriale di accoglienza, non comporti il pagamento del contributo unificato; b) la competenza per i ricorsi spetti al tribunale ordinario in composizione monocratica del luogo di domicilio del richiedente al momento della notifica; c) il giudice nel giudizio sul ricorso ascolti comunque l’interessato se ne ha fatto richiesta, con l’assistenza di un interprete; d) il termine previsto per la decisione del tribunale sul ricorso si applichi anche per la decisione degli altri giudici di appello e di cassazione sulle impugnazioni delle sentenze.

Si segnala, infine, che l’articolo 7 della legge n. 154 del 2014 (legge di delegazione europea 2013 - secondo semestre) contiene una delega al Governo per la predisposizione di un testo unico delle disposizioni legislative vigenti che, in attuazione dell’articolo 10, terzo comma, della Costituzione, recepiscono gli atti dell’Unione europea che regolano il diritto di asilo, la protezione sussidiaria e la protezione temporanea. L’esercizio di tale delega consentirà di assicurare maggiore certezza del diritto e di condurre a sistema il complesso impianto normativo che regola la materia.