13 maggio 2015

Migranti e quote oggi il piano Ue: a Roma tocca l'11,8% Tre Paesi si sfilano
All`esame della Commissione il progetto per l`accoglienza dei rifugiati. Si tirano fuori Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca
Il Messaggero, 13-05-2015
Valentina Errante
I numeri dovrebbero esserci e l`Agenda sull`immigrazione, presentata oggi dalla Commissione Ue, potrebbe ottenere il via libera. Anche senza il voto di Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, che rimarranno fuori dal piano Juncker previsto solo per 25 dei 28 paesi membri. Il testo non ha subito grandi modifiche, ma piccoli "aggiustamenti" che, in futuro, potrebbero riguardare anche le cifre stanziate per l`emergenza. Le trattative andranno ancora avanti, ma adesso i ritocchi al testo iniziale soddisfano in qualche modo il nostro Paese. A cominciare dalla percentuale di migranti destinata al nostro territorio dall`Ue. In questa prima fase il documento riporta solo la "chiave di distribuzione" con le percentuali e si sa già che è l`11,84 per cento. Anche sugli hotspots (centri per la prima accoglienza e screening sullo status di rifugiato) e il timore di un "commissariamento" da parte dell`Ue, alcuni passaggi sono già stati rivisti.
PIANO PER 25
Gran Bretagna, Danimarca e Iranda hanno ottenuto "l`opting out", quindi rimarranno fuori dal piano che coinvolgerà tutti gli altri paesi, anche sul fronte della distribuzione dei richiedenti asilo. L`Agenda dovrà ottenere il 60 per cento dei voti, almeno 15, e, in base al regolamento, non è previsto il diritto di veto. Secondo i calcoli i numeri ci sono. Le trattative, però, andranno ancora avanti; fino alla fine di giugno. il 15 e il 16 se ne discuterà al vertice tra i ministri della Giustizia e dell`Interno dei paesi membri. E anche le somme destinate al progetto potrebbero essere riviste. Il voto finale, che renderà immediatamente operativo il cosiddetto Piano Juncker, è invece in calendario per il 25 giugno, quando si incontreranno i capi di Stato e di governo e la Commissione indicherà anche le cifre di richiedenti da redistribuire in Europa. Se il testo iniziale aveva creato qualche tensione, l`ultima stesura, che include le percentuali di migranti destinate a ciascun paese, soddisfa anche l`Italia. Al nostro Paese sarebbe destinato l`11,84 per cento dei migranti. Nella fase iniziale, tra l`altro, l`Italia, insieme alla Grecia, rimarrebbe fuori dalla distribuzione. La divisione sul territorio è stata fatta sulla base del Pil, del tasso di disoccupazione e del numero di richiedenti asilo già accolti da diversi Stati. Secondo Eurostat, siamo dopo la Germania (47.600 nel 2014, +82% del 2013), la Svezia (33.000 nel 2014, +25%) e la Francia (20.600 nel 2014, +27%) uno dei quattro Paesi Ue che lo scorso anno ha accolto di più.
LO SCREENING
Anche su quello che sembrava un rischio di "commissariamento" del nostro sistema dell`Immigrazione da parte dell`Europa le trattative avrebbero portato a un accordo. L`Italia avrebbe ottenuto che l`invio di team stranieri, inizialmente deputati a "controllare" il rispetto delle procedure, assumano invece un ruolo di collaborazione. I punti caldi, che in questi anni hanno creato le maggiori tensioni, riguardano soprattutto l`identificazione e il foto segnalamento e le commissioni deputate ad esaminare le richieste di asilo. Sarà l`Italia a stabilire dove accogliere i delegati europei. Potrebbero essere Taranto, Augusta, Pozzallo, Porto Empedocle, Lampedusa o San Giuliano in Puglia.



L`INTERVISTA Cataldi: da rifugiati politici a "soldati" della camorra, è allarme sociale
«Sottrarre i migranti dalla morsa dei clan»
Il docente dell`Orientale: azione di prevenzione per evitare ogni degenerazione
Roma, 13-05-2015
MARCO ALTORE
NAPOLI. «Le morti nel Mediterraneo e la difficile integrazione dei migranti nel nostro territorio stanno scuotendo la società civile. Bisogna trovare una soluzione per evitare il disagio sociale ed altre perdite umane». A dirlo è Giuseppe Cataldi, ordinario di diritto internazionale presso l`Università degli studi di Napoli "L`Orientale" e titolare della cattedra Jean Monnet Ad Personam "La tutela dei diritti umani nell`Unione europea".
Professore, i migranti che arrivano in Italia sono tanti, secondo lei qual è lo stato di chi vive in Campania? «Il problema principale è che ci sono molti migranti in attesa di asilo o protezione umanitaria che vengono "parcheggiati" in alberghi o strutture di accoglienza in attesa della conclusione delle pratiche amministrative. I tempi sono lunghi e le strutture di accoglienza vengono pagate ma i migranti stanno lì senza far niente e diventano facili prede della criminalità organizzata».
Come arginerebbe il collegamento tra migranti e malavita?
«Con un`azione di prevenzione e repressione organizzata a livello internazionale, con lo snellimento delle procedure amministrative e una fitta rete di accoglienza e soccorso ai migranti in difficoltà».
A Napoli, e in molte città italiane, vi è il fenomeno dell`ambulantato che crea concorrenza sleale con gli esercenti regolari. Come giudica ciò?
«Se lo Stato è forte nell`accoglienza e solidarietà può essere forte anche nella pretesa del rispetto delle leggi da parte di chi entra nel territorio. La concorrenza sleale è un fenomeno illegale e va perseguito».
Il Governo più volte ha detto alle istituzioni europee che c`è bisogno di un`azione comune più forte sul tema migranti. Possibile che solo l`Italia debba farsene carico?
«La risposta a situazioni di emergenza è il filo conduttore della politica migratoria italiana. Ciò dal 1989, quando fu approvata la legge Martelli, fino ai giorni nostri. Sulla questione migranti più volte si è invocato l`intervento dell`Ue che a sua volta, a causa della contrapposizione tra i suoi Stati membri, ha dato sempre prova di immobilismo. La missione italiana "Mare Nostrum", che ha permesso di salvare numerose vite, è stata sostituita dall`operazione "Triton" che, pur svolgendosi in spazi marini prossimi alle coste italiane, è gestita e finanziata dall`Europa. A differenza del Consiglio, la Commissione pare voglia adottare un approccio diverso e l`Agenda approvata nei giorni scorsi prevede lo sviluppo di una strategia basata sugli aiuti ai Paesi di origine e transito, sull`accoglienza dei migranti e sul sequestro e distruzione dei barconi dei traf- ficanti. Speriamo sia la volta buona».
Il fenomeno migranti si è accentuato dopo la crisi in Siria, l`avanzamento dell`Isis e la fine del regime di Gheddafi. Quante responsabilità ha l`occidente?
«Tantissime sia nel non rendersi conto del malcontento contro i dittatori dell`area sia nel non bloccare il traffico di armi e migranti. Oggi abbiamo "Stati falliti" e quindi la mancanza di interlocutori credibili».
All`Orientale è stato istituito, su sua iniziativa, il Centro di Eccellenza sui Diritti dei Migranti nel Mediterraneo. Con quali obiettivi?
«Il Centro mira a sviluppare studi, ricerche e attività di formazione nel settore delle migrazioni con riferimento all`area mediterranea in linea con gli obiettivi del programma Erasmus + per l`azione Jean Monnet. Il Centro si propone, inoltre, come un forum aperto a tutte le parti interessate e destinato alla creazione di nuove proposte normative in tutti gli ambiti della vita personale, familiare, e sociale delle comunità migranti nel Mediterraneo».



L`ipocrisia dell`Europa si chiama diseguaglianza
il sole 24 ore, 13-05-2015
Kenneth Rogoff
L'emergenza dei migranti che sta vivendo l`Europa rivela un vizio di fondo, se non un`enorme ipocrisia, nell`attuale dibattito sulla disuguaglianza economica. Un vero progressista non sosterrebbe l`idea di pari opportunità per tutti gli abitanti del pianeta, anziché soltanto per quelli che hanno avuto la fortuna di nascere e crescere in Paesi ricchi?
Molti leader di pensiero nelle economie avanzate per ora no la mentalità del diritto. Tale diritto, però, si ferma al confine, e anche se una maggiore redistribuzione della ricchezza all`interno dei singoli Paesi viene ritenuta un imperativo assoluto, le persone che vivono in Paesi emergenti o invia di sviluppo sono lasciate fuori.
Se le attuali preoccupazioni circa la disuguaglianza fossero espresse esclusivamente in termini politici, questo ripiegamento su se stessi sarebbe comprensibile; dopotutto, i cittadini dei Paesi poveri non possono votare in quelli ricchi. Invece, la retorica del dibattito sulla diseguaglianza nei Paesi ricchi tradisce una certezza morale che opportunamente ignora i miliardi di persone che in altre parti del mondo vivono in condizioni molto peggiori.
Non bisogna dimenticare che, anche dopo un periodo di stagnazione, la classe media nei Paesi ricchi, vista in una prospettiva globale, resta comunque una classe alta: Soltanto circa il15% della popolazione mondiale vive in economie sviluppate. Eppure, i Paesi avanzati sono a tutt`oggi responsabili di oltre il 4o% dei consumi globali e dell`esaurimento delle risorse. Aumentare le tasse sulla ricchezza è senz`altro un modo per ridurre la disuguaglianza all`interno di un Paese, ma non risolve il problema della povertà profonda nel mondo in via di sviluppo.
E neppure lo risolve appellarsi a una superiorità morale per giustificare il fatto che una persona nata in Occidente usufruisca di così tanti vantaggi. Senza dubbio, delle istituzioni politiche e sociali solide sono il fondamento di una crescita economica sostenuta, anzi rappresentano un ingrediente essenziale per la buona riuscita dello sviluppo.
Tuttavia, la lunga storia di sfruttamento coloniale dell`Europa rende difficile immaginare come sarebbero evolute le istituzioni asiatiche e africane in un universo parallelo in cui gli europei fossero arrivati solo per commerciare, non per conquistare.
Molte questioni politiche appaiono distorte quando si osservano con una lente che mette a fuoco solo la disuguaglianza interna di un Paese e ignora quella globale. L`affermazione marxiana di Thomas Piketty che il capitalismo sta fallendo perché la disuguaglianza nazionale è in aumento in realtà dice il contrario. Quando si dà lo stesso peso a tutti i cittadini del mondo, le cose appaiono sotto una luce diversa. Le stesse forze della globali7zazione che hanno contribuito alla stagnazione dei salari della classe media nei Paesi ricchi, altrove hanno affrancato  dalla povertà milioni di Persone. La disuguaglianza globale si è ridotta negli ultimi tre decenni, il che implica che il capitalismo ha avuto
un successo straordinario. Potrà aver eroso il livello delle rendite di cui i lavoratori nei Paesi avanzati godono in virtù dell`essere nati lì, ma ha fatto di più per aiutare i lavoratori a reddito medio; concentrati in Asia e nei mercati emergenti.
Consentire una più libera circolazione delle persone attraverso le frontiere bilancerebbe le opportunità in modo più rapido rispetto al commercio, ma un`ipotesi del genere incontra resistenza. I partiti politici anti-immigrazione hanno preso piede in Paesi come Francia e Regno Unito.
Certo, i milioni di disperati che vivono in zone di guerra e in Paesi falliti non hanno molta altra scelta se non chiedere asilo in un paese ricco, a prescindere dai rischi che ciò comporta. Le guerre in Siria, Eritrea, Libia e Mali hanno avuto un ruolo enorme nell`attuale impennata di profughi che cercano di raggiungere l`Europa. E se anche questi Paesi dovessero stabilizzarsi, l`instabilità di altre regioni si imporrebbe al loro posto.
Le pressioni economiche rappresentano un`altra forte spinta alla migrazione. I lavoratori dei Paesi poveri accolgono con favore l`opportunità di lavorare in un Paese avanzato, anche con salari da fame. Purtroppo, il dibattito in corso nei Paesi ricchi verte perlopiù, sia a destra che a sinistra, su come tenere gli altri fuori dai propri confini, una soluzione che potrà essere pratica, ma non è giustificabile da un punto di vista morale.
Inoltre, la pressione migratoria è destinata ad aumentare se il riscaldamento globale evolverà secondo le previsioni dei climatologi. Quando le regioni equatoriali diventeranno troppo calde e aride per sostenere l`agricoltura, nel Nord del mondo l`aumento delle temperature renderà invece l`agricoltura più produttiva. I mutamenti climatici potrebbero, quindi, incrementare la migrazione verso i paesi più ricchi fmo a livelli che farebbero impallidire quelli dell`emergenza attuale, soprattutto tenuto conto che i paesi poveri e i mercati emergenti sono perlopiù ubicati in prossimità dell`equatore e in zone climatiche più vulnerabili.
Essendo la capacità di accoglienza e la tolleranza dei paesi ricchi verso l`immigrazione ormai limitate, è difficile immaginare di poter raggiungere in modo pacifico un nuovo equilibrio in termini di distribuzione della popolazione globale. Esiste, quindi, il rischio che il risentimento nei confronti delle economie avanzate, responsabili di una quota fin troppo sproporzionata d`inquinamento e consumo di materie prime globali, possa degenerare.
Mentre il mondo diventa più ricco, la disuguaglianza inevitabilmente si profilerà come un problema molto più vasto rispetto a quello della povertà, un`ipotesi che avevo già avanzatooltre un decennio fa. Purtroppo, però, il dibattito sulla disuguaglianza si è concentrato a tal punte su quella nazionale da oscurare il ben più grande problema della disuguaglianza globale. Questo è un vero peccato perché i paesi ricchi potrebbero fare la differenza in tanti modi, ad esempio fornendo assistenza medica e scolastica gratuita on- line, più aiuti allo sviluppo, una riduzione del debito, l`accesso al mercato e un maggiore contributo alla sicurezza globale. L`arrivo di persone disperate sulle coste dell`Europa a bordo di barconi è un sintomo della loro incapacità in tal senso.



Europa e spera
Sull`immigrazione l`Ue si smuove, ma l`Italia dismetta il fatalismo
il Foglio, 13-05-2015
Immigrazione: l`Italia sollecita una strategia comune dei Dodici. De Michelis pone al vertice Cee la questione dei visti e dei controlli alle frontiere". Così titolava, nel 1990, un importante quotidiano italiano riportando le notizie da Bruxelles. Della questione "visti e controlli" per come la poneva l`Italia, però, se ne fece poco o nulla. Tredici anni dopo, nel 2003, ministro dell`Interno Beppe Pisanu, stesso approccio del governo italiano e stessa alzata di spalle da quella che nel frattempo era diventata l`Unione europea. Nel 2015, sarà bene non ripetere lo schema consueto. Da anni, durante i talk-show o nei comizi elettorali, la politica italiana si carica a molla discettando di quanto Bruxelles dovrebbe fare e invece non fa, oppure del fatto che ciascun paese membro dell`Ue dovrebbe accettare la sua quota di richiedenti asilo, salvo poi recarsi ai vertici europei e tornare con poco o nulla in mano. Finalmente ín queste ore, di fronte all`aggravarsi dell`instabilità della Libia, e più in generale confrontandosi con un nuovo flusso di disperati dalla sponda meridionale del Mediterraneo che pare strabordare a nord delle Alpi, nel Vecchio continente si inizia a ragionare su una soluzione comune. Addirittura con il coinvolgimento dell`Onu per stabilizzare la situazione in Libia. Oggi poi, sul tavolo della Commissione Ue, arriverà la cosiddetta Agenda Junker sull`immigrazione: si prevede di rafforzare le opera- zioni di salvataggio in mare (riavvicinandosi alla soluzione pasticciata di Mare Nostrum), di rendere più agguerrito il contrasto alle organizzazioni di trafficanti di esseri umani, di consolidare le relazioni con i paesi di origine e transito dei flussi migratori e - questa sì un`apparente novità - di distribuire i rifugiati già presenti in Europa oltre che i nuovi richiedenti asilo. Sui princìpi tutti d`accordo, ci mancherebbe, ma poi nel Consiglio Ue che dovrà approvare definitivamente questo pacchetto peseranno di più i diversi tipi di veto di alcuni stati. Il governo italiano, prima di celebrare svolte simboliche sulla redistribuzione pro quota dei rifugiati, farà bene nelle prossime settimane a evitare forme di eccessivo "connnisfffiamento"Ié% fase di screening`,(lek`richieste d`OR), ricordando Per esempio che alre;Seato attuale Roma non sarà magari la più generosa in assoluto in termini di richieste di asilo accettate ma - per forza di cose, vista la sua collocazione geografica - si confronta con transito e attesa degli immigrati appena sbarcati. Più in generale, ancora non si vede un governo italiano consapevole che l`immigrazione tutto è fuorché un`emergenza: entro il 2060, ha fatto sapere ieri la Commissione, nel nostro paese ci sarà il flusso più alto di immigrazione netta di tutto il continente, con 15,5 milioni di ingressi previsti. Il prossimo che la chiama "emergenza" o che invoca "l`Europa" è in cerca di alibi.



La Germania apre alle quote di migranti
Una persona su tre chiede asilo a Berlino che vuole diminuire la pressione alle frontiere
il sole 24 ore, 15-05-2015
Beda Romano
BRUXELLES
I recenti naufragi nel Mediterraneo centrale e le crisi politiche nel Medio Oriente. stanno lentamente modificando il modo in cui l`Unione europea sta affrontando l`immigrazione clandestina. Molti Paesi riconoscono ormai che il problema non è più solo una emergenza stagionale, ma è una crisi strutturale. Nuove cifre pubblicate ieri da Eurostat spiegano perché Paesi come la Germania, contrari in passato a quote obbligatorie di immigrati, abbiano cambiato idea.
Secondo il braccio statistico dell`Unione europea, i Ventotto hanno concesso l`asilo nel 2014 a 185mila persone, con un aumento del so% rispetto al 2013. Una persona su tre proviene dalla Siria. In quasi la metà dei paesi dell`Unione, i siriani hanno rappresentato l`anno scorso metà di tutti coloro a cui i governi coinvolti hanno concesso l`asilo. Il 6o% dei siriani accolti in Europa sono stati registrati in Germania e Svezia. Gli altri più importanti Paesi di provenienza sono l`Eritrea e l`Afghanistan.
Per quanto riguarda gli eritrei (14.600 cittadini in tutto), i principali Paesi di accoglienza sono stati la Svezia, l`Olanda e il Regno Unito. Quanto agli afghani (per un totale di 14.100 persone), questi hanno trovato residenza per la maggior parte in Germania e in Italia. In particolare, proprio il governo italiano ha concesso l`asilo nel 2014 a 20.630 p ersone. I gruppi nazionali più importanti sono quelli provenienti dal Pakistan, dall`Afghanistan e dalla Nigeria.
L`Unione europea è diventata il porto di approdo di molte persone alla ricerca di fortuna e provenienti dal Sud e dall`Est. In questo contesto, la Commissione europea pubblicherà oggi linee-guida per meglio affrontare l`immigrazione legale ed illegale. Finora, il fenomeno è stato gestito sulla base del Principio di Dublino, che dà al Paese di primo sbarco la responsabilità di accogliere l`immigrato. La situazione sulle coste del Mediterraneo ha cambiato le prospettive.
La Commissione dovrebbe proporre quote per Paese nella ricollocazione di immigrati già presenti nell`Unione. Per anni la Germania ha respinto questa ipotesi. Oggi Berlino ha cambiato idea perché ha registrato un fortissimo aumento delle richieste di asilo (del 60%nel solo 2014). Le quote per Paese sarebbero un modo per alleggerire la pressione sulla Repubblica Federale. Altri Paesi, tuttavia, restano visceralmente contrari, in particolare il Regno Unito, ma anche gli Stati membri dell`Est Europa.
Sempre secondo Eurostat, i Ventotto hanno registrato l`anno scorso 626mila richieste di asilo, con un balzo annuo del 44%. L`incremento negli ultimi anni è stato graduale, ma continuo: il numero di richiedenti era di 25omila nel 2010 e di 3oomila nel 2011. Ormai, una persona su tre chiede ospitalità alla Germania: 202.645 in tutto l`anno scorso. Seguono in ordine dì importanza la Svezia e la Francia. L`Italia ha registrato un aumento delle domande d`asilo del 143% rispetto al 2013.
«Il nostro tentativo è di cambiare atteggiamento - spiega un alto responsabile europeo - e passare dall`organizzazione delle responsabilità all`organizzazione della solidarietà». Con parole diverse, Bruxelles vorrebbe che l`immigrazione fosse gestita con azioni comuni e non in una otticanazionale. A differenza del passato - qualche anno fa fu tentatala stessa strada senza successo - può contare sui grandi Paesi dell`Unione, più sensibili alla questione perché ormai anche loro in prima linea.
Le proposte che verranno presentate oggi dovranno essere approvate dai Paesi membri. Il negoziato non sarà facile. A giocare nelle scelte sarà anche l`invecchiamento delle popolazione. Sempre ieri, la Commissione ha pubblicato un rapporto dal quale emerge che l`Italia avrà nel 2o6o il flusso più elevato di immigrazione netta nell`Unione: 15,5 milioni di persone (flusso accumulato di ingressi). Seguono ìl Regno Unito con 9,2 milioni, la Germania con 7 milioni, la Spagna con 6,5 milioni.
 


Tutte le bombe generano «barconi» per fermarli davvero serve giustizia
Avvenire, 13-05-2015
Marco Tarquinio
Gentile direttore,
sono molto meravigliato che delle persone istruite e di una certa responsabilità pensino, progettino e dicano sul serio che bisogna “danneggiare” o “distruggere” i barconi dei trafficanti di esseri umani nel Mediterraneo (e altrove), anche se nessuno sembra ritenere che sia l’unica soluzione. Anche a me era venuta questa idea, come una reazione immediata, istintiva a un fenomeno vergognoso e certamente da arrestare. Però, in pochi secondi, ho fatto due semplici considerazioni: la prima è che “fermare i barconi” è la cosa che viene in mente a chi vede arrivare i barconi e non si rende conto che, in effetti, il problema non sono i barconi. Mi spiego meglio: immaginiamo che ci siano molti suicidi di persone che si buttano dalla finestra, per reagire basterebbe forse costruire palazzi senza finestre? Distruggere i barconi – e quanti, poi, tutti? – servirebbe solo ad aumentare i prezzi dei viaggi e a sviluppare la fantasia dei trafficanti. Perché la seconda considerazione è che le migrazioni e lo sciacallaggio dei trafficanti non dipendono dalla disponibilità di barconi, ma dalla disperata necessità di salvare la pelle e dalla coscienza perversa di chi approfitta degli esseri umani in queste condizioni. Io direi che, se proprio dobbiamo “distruggere”, potremmo provare a distruggere le barriere ideologiche, economico/finanziare, sociali che abbiamo imposto nei secoli ai popoli delle migrazioni forzate. Se i popoli africani fossero stati liberi di svilupparsi autonomamente (cioè secondo le proprie risorse e la propria cultura) e in pace, ora staremmo parlando di barconi in partenza da Lampedusa – o magari da Venezia – per la Libia, la Tunisia e l’Egitto.
padre Sergio Cerracchio sj - Napoli
Le immagini che lei ha scelto, caro padre Cerracchio, sono efficaci e suggestive. Le riprendo e le continuo a mio modo. È vero: c’è chi vorrebbe una casa–mondo non soltanto senza finestre, ma anche senza porte e con piani (e stanze dello stesso piano) che non comunicano tra loro. Una casa di soli “muri” contrapposti, costruiti di duro mattone e di durissimo sospetto. Una casa–mondo che si fa casa–caserma, e dalla quale si muove solo la guerra, e mai davvero la pace che è senso e mèta di cammini di liberazione, di giustizia e – per noi cristiani – di comunione. Questa triste casa–mondo purtroppo già esiste: ce ne rendiamo conto ogni volta che cerchiamo di rompere le regole che la (s)governano e di far prevalere le regole che possono portarci a smontare le «barriere» che lei individua (e dunque anche le logiche feroci dei signori della guerra, degli sciacalli che si arricchiscono sulla pelle dei poveri, dei padroni della finanza irresponsabile). Ma questa constatazione, caro padre, non ci demotiva, tutt’altro. Ci sprona a tenere viva e a rendere abitabile l’idea e la realtà di una casa–mondo diversa. E a mantenerne spalancate le finestre. Considero un pungolo altrettanto forte l’immagine che lei propone delle possibili “rotte rovesciate” dei barconi dei profughi in un altrettanto possibile Mediterraneo capovolto, dove la riva desiderata diventerebbe quella meridionale, quella nordafricana. Non è un’idea stravagante. C’è stato in effetti un tempo – non molto lontano dal nostro – in cui gli italiani migravano in Africa del Nord, e non solo nella colonia libica appena conquistata, ma in Tunisia, e in Egitto... Eravamo noi, erano i nostri nonni e bisnonni, a lasciare la terra natia per ricominciare in un altrove da sognare comunque come un “oltre”: oltremare, oltreoceano, oltralpe... Quella migrazione per forza (per dura fame di pane, per altrettanto dura fame di libertà e per amore di futuro) s’interruppe – nel secondo dopoguerra del Novecento – non solamente per l’avvio di una spettacolare crescita sul nostro lato del mare, ma per lo squilibrio contemporaneamente realizzato o aggravato sull’altra sponda, a nord e a sud del Sahara, e questo – come lei giustamente sottolinea – per le tante occasioni di sviluppo vanificate in terra d’Africa da scelte e giochi delle superpotenze, delle nazioni ex coloniali e di governanti locali ciechi e incapaci, o cinici ed egoisti, o anche tutte queste cose insieme. Penso che sia questo il meccanismo maligno, ancora in pieno e sferragliante funzionamento, che va “bombardato” e distrutto. Solo così si ferma il “popolo dei barconi”, perché finché ci saranno persone in fuga dall’ingiustizia e dalla violenza, sempre nuovi – anzi vecchi, vecchissimi – barconi continueranno a essere messi in mare... Certo, bisogna rendere difficili, anzi impossibili, gli affari ai mercanti di esseri umani. Ma non credo che, per riuscirci, servano prima di tutto – e siano sufficienti – le armi. Ci vogliono idee buone, concretezza, autentico e reciproco rispetto, capacità di coinvolgere – come ha ricordato il presidente Mattarella – il popolo libico e i suoi capi. È bene ricordarlo mentre l’Onu si sta orientando a legittimare possibili “azioni di polizia internazionale”. Un concetto in cui, oggi, rinchiudiamo e nobilitiamo gli atti di forza riconosciuti come inevitabili e proporzionati, “giusti” relativamente al male che si deve scongiurare. Ma proprio in momenti come questo, è importante tenere a mente che sono specialmente le bombe a generare la disperazione del “popolo dei barconi”, e che è una tragica illusione pensare che altre bombe possano quasi automaticamente accendere la speranza. Ogni guerra, anche quella più circoscritta e tesa a difendere l’innocente minacciato, anche quella condotta per fermare un aggressore, genera altra guerra, porta morte e distruzione, fa vittime innocenti e con inesorabile e spietata regolarità trasforma gli inermi e gli incolpevoli in “scudi umani”. Accadrà ancora. Ogni guerra, piccola o grande, ci avvelena e ci corrompe, perché produce lutti, odi e risentimenti, e li moltiplica. Un prezzo che a volte diventa inevitabile pagare per questa nostra umanità mai sazia di errori, ma che non dovrebbe accendere entusiasmi e neppure fanfare, ma totale e dolente solidarietà verso gli uomini e le donne, in divisa e no, che ne portano il peso. Grazie, caro padre Sergio, per avermi portato a scrivere di nuovo su tutto questo. E per avermi indotto a ricordare, ancora una volta, che c’è una “giustizia” da realizzare che viene prima di ogni “legalità” che si dichiara di voler perseguire, e che la giudica. C’è una giustizia che giudica, nella coscienza stessa dell’umanità, ogni azione e ogni inerzia di persone, gruppi e popoli. Che condanna i tagliagole e i nuovi negrieri con i loro complici. E non assolve preventivamente la comunità delle nazioni che si riconosce nell’Onu.



Immigrazione: l'Europa afona ha ritrovato la sua voce?
l'Huffington Post, 13-05-2015
David Sassoli
Vicepresidente parlamento europeo
In un mese molto è cambiato in Europa. Solo poche settimane fa, alcune considerazioni non sarebbero state date per scontate, né accettate come base di discussione comune. Le tragedie che si sono verificate nel Mediterraneo, l'instabilità presente in alcune aree, la feroce attività degli scafisti, il richiamo a difendere i diritti umani e la minaccia che flussi migratori incontrollati espongano ad alti rischi i Paesi di frontiera hanno consentito alle istituzioni europee, per la prima volta, di dotarsi di una base comune di riflessione e iniziativa.
Non era scontato. Ma il Consiglio straordinario di aprile e la risoluzione votata a larga maggiorana dal Parlamento europeo hanno consentito al presidente Juncker e all'Alto rappresentate Mogherini di adottare una linea di forte discontinuità rispetto all'inerzia degli ultimi anni. Quello che fino a poco fa sembrava impossibile da raggiungere si è messo in moto nel giro di poche settimane. Oggi è possibile dire che l'Europa parla la stessa lingua. E anche a Lisbona, nel corso dell'Assemblea parlamentare dell'Unione per il Mediterraneo abbiamo colto questo cambiamento di marcia. Nella riunione dei presidenti dei 33 parlamenti presenti, è stato naturale parlare della necessità di condividere l'accoglienza dei richiedenti asilo fra i 28 Paesi europei, della partecipazione economica alle attività di soccorso, identificazione e trasferimento e di rendere l'operazione Triton simile a Mare Nostrum.
Nella dichiarazione finale, che i presidenti delle assemblee legislative si sono impegnati a sostenere presso governi e capi di Stato, sono stati accolti tutti gli emendamenti presentati dal Parlamento europeo. Davvero nella capitale portoghese, nel confronto con i Paesi della sponda sud, l'Europa ha parlato con una lingua sola. In particolare, ha sostenuto la necessità di "una condivisione equa delle responsabilità", in un quadro regolamentare "basato sul principio della solidarietà". E ancora: "sostegno speciale", da parte dei Paesi che non si affacciano sul Mediterraneo, alle nazioni esposte al maggior numero di arrivi.
Se il tema dei flussi marittimi interessa particolarmente Italia, Malta, Grecia, Cipro e Spagna, quello dei flussi terrestri deve prevedere le medesime condizioni di solidarietà. È il caso della Turchia, esposta ad una forte pressione da parte di migranti provenienti dalle zone del conflitto siriano. Ma non solo: premono alle sue frontiere minoranze religiose in fuga da molte aree mediorientali che senza la protezione turca rischierebbero l'estinzione. Il Libano, con un milione e mezzo di profughi, ha chiuso le frontiere; la Giordania ne ospita 2 milioni e mezzo. La Turchia è l'unico Paese che può consentire un sostegno concreto. Ma sia chiaro, arrivare in Turchia è arrivare in Europa.
Le migrazioni modificano i riferimenti geografici e impongono nuove responsabilità. Dopo l'assemblea di Lisbona, la presidenza dell'Unione per il Mediterraneo passa dal Portogallo al Marocco. Da un Paese europeo ad uno nordafricano. Da una sponda all'altra. Una politica per il Mediterraneo non è soltanto un affare europeo, a patto che l'Europa continui a parlare con una voce sola. L'alleanza fra Parlamento europeo e Commissione Europea si è consolidata nella messa a fuoco di interessi continentali. L'Agenda immigrazione che presenterà Juncker approderà al Consiglio europeo di giugno. Ed è là che i governi, con i i loro interessi e i loro umori, dovranno dimostrare di essere all'altezza della situazione per non far tornare afona la voce dell'Unione.



Il campo nomadi di Ponte Mammolo e le ruspe di Salvini a Roma
l'Huffington Post, 13-05-2015
La polizia in assetto anti sommossa ha sgomberato un campo di profughi eritrei, somali e di altre nazionalità a Ponte Mammolo, a Roma. Era lì da molti anni. Le condizioni sociali e materiali erano difficilissime. Ma molte organizzazioni di volontariato - come Prime Italia - sono state in prima fila a portare il loro aiuto. Papa Francesco era stato a sorpresa poco tempo fa a visitare il campo e a portare il suo messaggio di umanità e carità.
Poi sono passate le ruspe e hanno buttato giù tutto. L'umanità e la carità sono passate in archivio. Non è stato Matteo Salvini a mandarle le ruspe, ma la Prefettura con il consenso del Comune di Roma. "Stiamo smantellando un ghetto" ha rivendicato con una nota l'Assessorato alle Politiche Sociali della giunta Marino. Che fosse un ghetto, nessun dubbio. Che andasse trovata presto una soluzione più dignitosa, alternativa a questo insediamento, anche. Che bisognasse usare le ruspe abbiamo più di un dubbio. Le ruspe andrebbero lasciate a Salvini, mentre una giunta di sinistra dovrebbe distinguersi per riuscire a trovare soluzioni umane e sostenibili - di accoglienza e di integrazione - per chi scappa dalla guerra. Non mettiamo in dubbio che in altre occasioni l'abbia fatto, ma a Ponte Mammolo pare proprio di no. E non bastano le promesse dell'ultim'ora a cancellare la brutalità di un gesto che lascia solo dolore e rabbia.
E mentre l'Assessorato della giunta comunale di Roma rivendicava "lo smantellamento del ghetto", quelli che da quel ghetto erano stati cacciati, si sono trovati in mezzo una strada, senza un ricovero e con il cibo rifornito dalle organizzazioni di volontariato, tra cui la Comunità di Sant'Egidio, che ha espresso tutte le sue riserve per l'azione dello sgombero.
Si poteva costruire una soluzione umana e dignitosa, senza aspettare le ruspe. Di tempo ce n'è stato tanto, ma non è stato fatto. E questo è un fallimento. A pagarne le spese sono i profughi e i rifugiati.



SOSPESI NEL LIMBO
SOSPESI NEL LIMBO – Due giorni di mobilitazione creativa a Roma per sostenere la campagna #Maipiucie
Continua il lungo viaggio di Sospesi Nel Limbo, il progetto nato dalla collaborazione tra ZaLab e LasciateCIEntrare, realizzato con il sostegno di Open Society Foundation per rilanciare in tutta Italia la campagna MAI PIU' CIE!
Questa volta vi aspettiamo con una serie di eventi e incontri a Roma, nei giorni del 15 e 16 maggio.
 15.05.2015
Ore 21: proiezione del docufilm Limbo di Matteo Calore e Gustav Hofer
Piccolo Apollo - Centro Aggregativo Apollo 11
c/o Itis Galilei ingresso laterale di via Bixio 80/b – Roma  
Interverranno:
i due autori Matteo Calore e Gustav Hofer
Valentina Brinis di A Buon diritto - www.abuondiritto.it/
Gabriella Guido di LasciateCIEntrare - www.lasciatecientrare.it/
 16.05.2015
A partire dalle ore 18: musica, danza e mongolfiere luminose introdurranno la proiezione
con Titubanda e Termini Underground
Piazza Vittorio
Ore 21: proiezione di Limbo
Piccolo Apollo - Centro Aggregativo Apollo 11
c/o Itis Galilei ingresso laterale di via Bixio 80/b – Roma  
A seguire dibattito con l’autore Matteo Calore, Andrea Segre e Gabriella Guido di LasciateCIEntrare
Ingresso alle proiezioni con tessera Piccolo Apollo 4€ + biglietto di ingresso 4€.
LIMBO di Matteo Calore e Gustav Hofer
Immaginatevi che una delle persone a voi più care, un compagno, una madre, un figlio o un fratello, venga improvvisamente portata via dalla polizia e imprigionata lontano da casa, con il rischio di essere per sempre espulsa dall’Italia. Tutto questo non per aver commesso un reato o un atto violento, ma solo per non avere i documenti in regola.
Un pericolo tanto angosciante quanto reale per le famiglie di molti immigrati inseriti nella nostra società, ma in conflitto con la burocrazia.
Limbo racconta le storie di quattro uomini che da un giorno all’altro vengono portati in un Centro di Identificazione ed Espulsione, racconta delle loro famiglie che attendono, imprigionate in un vero e proprio “limbo” di sapere se i loro cari torneranno a casa o saranno allontanati per sempre dall’Italia.
Storie in cui i figli sembrano solo poter subire i destini di sofferenza dei genitori e le donne devono reggere il peso di una legge che genera clandestinità e marginalità sociale.
SOSPESINELLIMBO:
SOSPESI NEL LIMBO è un lungo viaggio che attraverserà tutta l’Italia, da nord a sud, per rilanciare la campagna #MAIPIUCIE attraverso giornate ricche di eventi, conferenze, flash mob, spettacoli e proiezioni del film documentario di Matteo Calore e Gustav Hofer.
SOSPESI NEL LIMBO è un ampio progetto di comunicazione che racconterà un Italia poco rappresentata ma estremamente attiva e vivace. L’italia delle associazioni, dei centri sociali e dei gruppi informali che da anni sono direttamente impegnati nella difesa delle minoranze, convinti che la violazione dei loro diritti sia innanzitutto una sospensione della democrazia che riguarda tutti noi.
SOSPESI NEL LIMBO è anche uno strumento di informazione e sensibilizzazione. Un sito web che raccoglierà articoli, foto, video, racconti e piccoli reportage per mettere in luce la complessità e l’inefficacia del sistema Italiano di gestione delle migrazioni, un sistema che si improvvisa malamente anno dopo anno nel nome di una dichiarata emergenza che è ormai più regola che eccezione, e che ha come unico orizzonte quello securitario.
SOSPESI NEL LIMBO è tutte queste cose insieme e nasce dall’urgenza di ripensare da zero le politiche migratorie nel nostro paese, nel rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali.
Per maggiori informazioni sul progetto Sospesi nel Limbo:  
sospesinellimbo.com
www.zalab.org
Per maggiori informazioni sulla campagna Mai più CIE:
www.lasciatecientrare.it
A presto,
ZaLab

https://www.facebook.com/events/1635584003339614/

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