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Lavoro per i detenuti è investimento su sicurezza

19 Aprile 2016

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Alfano agli Stati generali dell'esecuzione penale: «Con il ministro Orlando impegno senza sosta contro la radicalizzazione in carcere»

C'e una forbice enorme tra il 5-10% dei detenuti che commettono recidiva dopo aver lavorato in carcere e l'80-90% della recidiva di chi non ha lavorato. E' il dato presentato dal ministro Alfano, intervenuto, oggi, nel carcere romano di Rebibbia agli Stati generali dell'esecuzione penale.

«Spesso l'idea di offrire sicurezza ai cittadini è stata vista come antagonista a quella di offrire una rieducazione al detenuto» ha commentato il ministro. «Ci dobbiamo chiedere se a chi ha sbagliato nella vita, l'ordinamento democratico intende offrire o meno una seconda chance. E questa seconda chance si può conciliare e sposare col dolore della vittima?». Il rischio di chi governa, aggiunge Alfano, è di «sbagliare questo punto di equilibrio. Un Paese capace di trovare questo equilibrio è un Paese avanzato».
Secondo il ministro, dunque, «chi lavora in carcere trova un'altra vita fuori. Quelli che non lo fanno, escono e commettono un altro reato. Il realismo ci impone di affermare che l'investimento nel lavoro in carcere è un investimento per la sicurezza della società».

Il responsabile del Viminale ha ragionato, poi, sulla possibilità di inserire alcune forme di attenuazione e allentamento del 41 bis: «Non credo ci siano molte altre strade per evitare che i boss possano mandare messaggi all'esterno». «Con il massimo riguardo alle attenzioni umanitarie di chiunque - ha aggiunto - questa non è materia su cui ritengo si possano fare passi indietro».

Infine, un «no all'equazione islamismo-terrorismo: la regola secondo cui bisogna separare con nettezza chi prega da chi spara vale ancor di più nell'ambito delle carceri, dove è più alto il rischio di radicalizzazione». «Con il ministro Orlando e il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - ha concluso Alfano - lavoriamo senza sosta per il monitoraggio della radicalizzazione in carcere. Di recente abbiamo arrestato ed espulso più di un soggetto grazie al contributo delle comunità islamiche che hanno segnalato le mele marce».

Ultimo aggiornamento:

Sabato 23 Aprile 2016, ore 12:12