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Alfano: «Fermare a tutti i costi i mercanti di morte»

8 Giugno 2016

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Così il ministro dell’Interno dopo l’estradizione in Italia di Yehdego Medhane Mered, boss eritreo della tratta di migranti

«L’arresto e l’estradizione in Italia di Mered Yehdego Medhane è un risultato straordinario conseguito grazie a un’intensa attività investigativa e di cooperazione transnazionale». Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno Angelino Alfano, commentando l’operazione della Polizia di Stato – Squadra Mobile e Servizio Centrale Operativo - coordinata dalla Procura della Repubblica di Palermo, con il supporto di altri Paesi europei.

«La nostra linea – ha sottolineato il ministro Angelino Alfano – rientra in una più ampia strategia di lotta alle organizzazioni criminali contro uno dei crimini più efferati come la tratta degli esseri umani che, a fronte di ingenti profitti economici, arrivano a segregare e torturare i migranti. E’ necessario fermare a tutti i costi i mercanti di morte e, per raggiungere questo obiettivo, è necessario il coinvolgimento anche dell’Unione Europea».

L’operazione

Estradato in Italia dal Sudan dove si era rifugiato, Yehdego Medhane Mered, il boss 35 enne eritreo della tratta di migranti. Grazie a un’operazione tra i servizi d’intelligence del Sudan, della National Crime Agency del Regno Unito, della Procura distrettuale di Palermo e investigatori del Servizio centrale operativo e delle Squadre Mobili di Agrigento e Palermo della Polizia di Stato, da tempo impegnati nel contrasto al traffico di migranti nella Sicilia occidentale.

Mered è ritenuto uno dei più attivi trafficanti di esseri umani operanti sulla rotta libica-subsahariana, destinatario di un provvedimento cautelare emesso, nell´aprile del 2015, dall’ Autorità giudiziaria palermitana.
Ha diretto non solo le attività nel continente africano, ma ha anche mantenuto costantemente aggiornati i fiancheggiatori operanti in Italia sugli arrivi dei natanti, al fine di far proseguire i migranti nel viaggio per le destinazioni finali.

Sposato con una connazionale residente in Svezia e padre di un figlio di due anni, aveva intenzione di allontanarsi dalla Libia e raggiungere la famiglia, appena ottenuto documenti validi e un sicuro “deposito” per le somme di denaro accumulate.

Il 'Generale', così veniva chiamato dai suoi complici, ricopriva un ruolo apicale nel traffico di esseri umani in seno al network criminale ramificato su più continenti.

Ultimo aggiornamento:

Venerdì 10 Giugno 2016, ore 14:20

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