Pubblicato il 23/11/2017

N. 05450/2017REG.PROV.COLL.

N. 07105/2017 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 7105 del 2017, proposto da:
Imran Nawaz, rappresentato e difeso dagli Avvocati Andrea Cavaliere e Simonetta Geroldi, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;

contro

Questura Brescia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, e presso la stessa domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. per la LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE I n. 875/2017, resa tra le parti, concernente RICORSO AVVERSO IL DINIEGO AL RINNOVO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura Brescia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017 il Cons. Solveig Cogliani e udito per l’Amministrazione l’Avvocato dello Stato Isabella Piracci; nessuno è comparso per la parte appellante;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


I - Con il ricorso in appello NAWAZ IMRAN censura la sentenza resa in forma semplificata con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia – Sede di Brescia ha respinto il ricorso proposto in primo grado avverso il decreto del Questore di Brescia del 31 marzo 2015 con cui era negato il permesso di soggiorno.

L’appellante – premesso che il provvedimento di diniego gli era stato notificato in aeroporto con contestuale respingimento alla frontiera e che, solo dopo l’emissione della ordinanza cautelare, aveva fatto ingresso in Italia con regolare visto ed aveva sottoscritto regolare contratto di lavoro – censura la sentenza predetta, chiedendone la sospensione dell’esecutorietà in quanto il giudice di prime cure non avrebbe considerato la carenza del provvedimento in ordine al giudizio rivolto al futuro sull’inserimento del ricorrente medesimo.

A conferma delle affermazioni svolte l’appellante produce certificazione di assunzione dal dicembre 2016 ed INAIL.

Si è costituita l’Amministrazione per resistere.

II – Osserva il Collegio che – avendone dato notizia alle parti – la causa può essere decisa in forma semplificata.

III – Ai fini della decisione rileva che in primo grado la parte non ha prodotto i documenti a sostegno della regolarità della propria posizione lavorativa, come correttamente osservato dal giudice di prime cure, limitandosi a fornire gli estratti del posta pay. Nella specie, pertanto, non sono certamente utilizzabili nel presente grado d’appello i nuovi elementi probatori prodotti: essi, infatti, contravvengono al divieto di nuove prove in appello posto dall'art. 104, comma 2, cod. proc. amm. e, pertanto, ne va dichiarata l’inammissibilità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 gennaio 2010, nr. 90; Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2008, nr. 3649). Né nella specie si tratta di atti venuti ad esistenza dopo la sentenza di primo grado (Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 12/07/2012 n° 4120); neppure la parte appellante ha dedotto di non aver potuto produrre i documenti nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (Cons. Stato, Sez. IV, 9 settembre 2016 n. 3837).

IV - Peraltro, non può non rilevarsi che la successiva assunzione documentata nel giudizio di appello per la prima volta, non ha formato oggetto di valutazione da parte della Questura anteriormente all'adozione del provvedimento impugnato in primo grado, per cui è evidente che al riguardo l'amministrazione non è stata posta in grado di esercitare il proprio potere/dovere di valutazione e che tale mancanza non può inficiare la legittimità del provvedimento.

V - Certo, il Collegio è ben consapevole che, secondo quanto prodotto da ultimo, l’appellante ha intrattenuto dal 2016 un rapporto di lavoro da cui sembra percepire una retribuzione, tuttavia, non risulta – alla luce delle osservazioni svolte – superabile l’affermazione espressa della sentenza del Tribunale amministrativo regionale di Brescia in ordine alla mancanza della dimostrazione dell’attività lavorativa svolta dopo il rientro in Italia in fase di tutela monitorata dinanzi al primo giudice, come da questo disposto in via istruttoria, nè tanto meno alla Questura di Brescia (anteriormente all’adozione del provvedimento impugnato).

VI – Vale, peraltro, ribadire che è acquisizione ormai consolidata di questa Sezione che <l’articolo 5, comma 5, del D.L.vo n. 286/98, nell’imporre all’amministrazione di prendere in considerazione i nuovi e sopraggiunti elementi favorevoli allo straniero, si riferisce a quelli esistenti e formalmente rappresentati o comunque conosciuti dall’amministrazione al momento dell’adozione del provvedimento, mentre nessuna rilevanza (salvo quella di giustificare un eventuale riesame della posizione dello straniero da parte dell’amministrazione, qualora sollecitato dall’interessato) può essere attribuita a fatti sopravvenuti o rappresentati successivamente. In altre parole, il giudizio circa la legittimità del provvedimento impugnato va condotto necessariamente con riferimento al momento dell’adozione dell’atto medesimo> (da ultimo, ex multis, 22 maggio 2017, n. 2390; 2 novembre 2017 n. 5082).

Dunque, anche nel caso di specie la “nuova” (rispetto alla documentazione esistente agli atti dell’Amministrazione, al momento dell’adozione del diniego de quo) circostanza del rapporto di lavoro in corso dal 2016, semmai potrà essere oggetto di una ulteriore istanza di riesame da formulare eventualmente, da parte dell’appellante, alla Questura di Brescia.

VII - Per quanto sin qui precisato l’appello deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), respinge l’appello.

Compensa tra le parti le spese della presente fase di giudizio.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere, Estensore

Ezio Fedullo, Consigliere

 
 
L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
Solveig CoglianiLanfranco Balucani
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO