Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 30 maggio 2017 (1)

Causa C165/16

Toufik Lounes

contro

Secretary of State for the Home Department

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Divisione del Queen’s Bench (Sezione per questioni di diritto amministrativo), Regno Unito]

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione – Articolo 21 TFUE – Direttiva 2004/38/CE – Aventi diritto – Cittadino dell’Unione che ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante pur conservando la sua cittadinanza d’origine – Effetti dell’acquisizione da parte del cittadino dell’Unione della cittadinanza dello Stato membro ospitante sul beneficio dei diritti conferiti dalla direttiva 2004/38 – Diritto di soggiorno, in tale Stato membro, di un familiare di detto cittadino, cittadino di uno Stato terzo»






I.      Introduzione

1.        Ci si chiede se un cittadino dell’Unione, che abbia esercitato i propri diritti di libera circolazione e soggiorno conformemente alla direttiva 2004/38/CE (2) e che abbia successivamente acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante, possa ancora avvalersi per proprio conto e/o per conto del suo coniuge, cittadino di uno Stato terzo, dei diritti e delle libertà conferiti dalla suddetta direttiva, tenuto conto dell’ambito di applicazione personale della direttiva stessa.

2.        Tale è, in sostanza, la questione sollevata dal rinvio pregiudiziale in esame.

3.        Tale questione si pone infatti nella misura in cui, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, sono «aventi diritto» a quanto da essa previsto «qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché [i] suoi familiari (...) che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo» (3).

4.        Si chiede dunque alla Corte se, per un cittadino dell’Unione, la circostanza di ottenere la cittadinanza dello Stato membro nel quale si è recato e ha soggiornato ai sensi di tale direttiva sia idonea a privarlo, al pari del suo coniuge, cittadino di uno Stato terzo, dei diritti che ha precedentemente acquisito in forza di quest’ultima e di cui, fino ad allora, ha pienamente beneficiato.

5.        Tale è la posizione adottata dal Secretary of State for the Home Department (ministro dell’Interno, Regno Unito) nella presente causa e difesa dal Regno Unito.

6.        Nella controversia che l’oppone al sig. Toufik Lounes, di cittadinanza algerina, il ministro dell’Interno, infatti, ha respinto la sua domanda di titolo di soggiorno, per il motivo che sua moglie, cittadina dell’Unione, ha acquisito la cittadinanza britannica per naturalizzazione, il che l’escluderebbe ormai dall’ambito di applicazione personale della direttiva 2004/38.

7.        Si tratta di un caso fino ad oggi non ancora esaminato, ma che, come precisa il giudice del rinvio, rientra nell’ambito di una causa pilota nel Regno Unito (4).

8.        L’emananda sentenza non risolverà tutte le difficoltà che solleva l’ambito di applicazione personale della direttiva in esame. Essa rivestirà anzitutto un’importanza pratica, in quanto le ipotesi in cui cittadini dell’Unione intendono essere naturalizzati nello Stato membro ospitante possono essere frequenti, e inoltre un’importanza teorica, in quanto tale decisione contribuirà, sviluppando la giurisprudenza della Corte, a edificare lo status di cittadino dell’Unione.

9.        A tal proposito, la sentenza del 12 marzo 2014, O. e B. (5), in cui la Corte ha interpretato l’ambito di applicazione personale della suddetta direttiva, a mio avviso è rivelatrice della modalità di ragionamento che essa intende seguire in una controversia quale quella di cui trattasi e consente, di conseguenza, di sviluppare una griglia di interpretazione utile ai fini della risposta che occorre fornire al giudice del rinvio nell’ambito della causa in esame.

10.      Nelle presenti conclusioni illustrerò, dunque, le ragioni per le quali un cittadino dell’Unione che, come la sig.ra Perla Nerea García Ormazábal nella causa di cui trattasi, abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro nel quale si sia recato e abbia soggiornato sulla base della direttiva 2004/38, non rientra più nella nozione di «avente diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, cosicché quest’ultima non è applicabile né a lui stesso né al suo familiare, cittadino di uno Stato terzo.

11.      Spiegherò nondimeno come l’effetto utile dei diritti conferiti dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE imponga che, in una situazione quale quella di cui trattasi, al cittadino dell’Unione che ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro in cui ha soggiornato effettivamente, ai sensi e nel rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 16 della suddetta direttiva, e condotto, in tale occasione, una vita familiare con un cittadino di uno Stato terzo, non sia applicabile un trattamento meno favorevole di quello di cui ha beneficiato in detto Stato, ai sensi della direttiva 2004/38, prima della sua naturalizzazione, e di quello che gli sarebbe riconosciuto ai sensi del diritto dell’Unione se si recasse in un altro Stato membro.

 II.      Contesto normativo

 A.      Diritto dell’Unione

 1.      Disposizioni del Trattato FUE

12.      Ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, «[o]gni cittadino dell’Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dai trattati e dalle disposizioni adottate in applicazione degli stessi».

 2.      Direttiva 2004/38

13.      L’articolo 1 di tale direttiva dispone quanto segue:

«La presente direttiva determina:

a)      le modalità d’esercizio del diritto di libera circolazione e soggiorno nel territorio degli Stati membri da parte dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

b)      il diritto di soggiorno permanente nel territorio degli Stati membri dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari;

(...)».

14.      Ai sensi dell’articolo 2 di detta direttiva:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)      “cittadino dell’Unione”: qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro;

2)      “familiare”:

a)      il coniuge;

(...)

3)      “Stato membro ospitante”: lo Stato membro nel quale il cittadino dell’Unione si reca al fine di esercitare il diritto di libera circolazione o di soggiorno».

15.      L’articolo 3 della direttiva 2004/38, rubricato «Aventi diritto», al paragrafo 1 prevede quanto segue:

«La presente direttiva si applica a qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza, nonché ai suoi familiari ai sensi dell’articolo 2, punto 2, che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo».

16.      L’articolo 16 di tale direttiva, rubricato «Norma generale per i cittadini dell’Unione e i loro familiari», così recita:

«1.      Il cittadino dell’Unione che abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nello Stato membro ospitante ha diritto al soggiorno permanente in detto Stato. Tale diritto non è subordinato alle condizioni di cui al capo III.

2.      Le disposizioni del paragrafo 1 si applicano anche ai familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che abbiano soggiornato legalmente in via continuativa per cinque anni assieme al cittadino dell’Unione nello Stato membro ospitante.

(...)».

 B.      Diritto del Regno Unito

17.      La direttiva 2004/38 è stata recepita nel diritto del Regno Unito dall’Immigration (European Economic Area) Regulations 2006 (2006/1003) [regolamento del 2006 sull’immigrazione [Spazio economico europeo (SEE)]; in prosieguo: il «regolamento 2006/1003»]. Tale regolamento utilizza i termini «cittadino del SEE» in luogo dei termini «cittadino dell’Unione».

18.      Nella sua versione iniziale, l’articolo 2 del summenzionato regolamento definiva la nozione di «cittadino del SEE» come «qualsiasi cittadino di uno Stato del SEE», con la precisazione che il Regno Unito era escluso dalla nozione di «Stato del SEE».

19.      Dopo due modifiche successive (6), l’articolo 2 del regolamento 2006/1003 attualmente dispone quanto segue:

«Si intende per: “cittadino dello SEE” qualsiasi cittadino di uno Stato dello SEE che non sia anche cittadino britannico».

20.      Gli articoli 6, 7, 14 e 15 di tale regolamento garantiscono il recepimento degli articoli 2, 7 e 16 della direttiva 2004/38, riprendendoli in sostanza.

 III.      Fatti e questione pregiudiziale

21.      La sig.ra García Ormazábal, cittadina spagnola, si è recata nel Regno Unito durante il mese di settembre del 1996 per la prosecuzione degli studi, prima di essere assunta a tempo pieno presso l’ambasciata turca a Londra a partire dal mese di settembre del 2004. Il 12 agosto 2009 ha acquisito la cittadinanza britannica per naturalizzazione e si è vista rilasciare un passaporto britannico, pur conservando anche la sua cittadinanza spagnola.

22.      Il sig. Lounes, di cittadinanza algerina, ha fatto ingresso nel Regno Unito il 20 gennaio 2010, in possesso di un visto per scopo di visita valido sei mesi; successivamente si è trattenuto illegalmente nel territorio britannico oltre tale periodo. Nel 2013 la sig.ra García Ormazábal ha avviato una relazione con il sig. Lounes. La sig.ra García Ormazábal e il sig. Lounes hanno contratto matrimonio religioso il 1° gennaio 2014, successivamente matrimonio civile a Londra in data 16 maggio 2014. Da allora essi risiedono nel Regno Unito.

23.      Il 15 aprile 2014 il sig. Lounes ha chiesto al ministro dell’Interno il rilascio di una carta di soggiorno in qualità di familiare di un cittadino dello SEE, ai sensi del regolamento 2006/1003, che recepisce la direttiva 2004/38 nell’ordinamento del Regno Unito.

24.      Il 14 maggio 2014 il sig. Lounes ha ricevuto la notifica di un avviso, accompagnato da una decisione di allontanamento dal Regno Unito, con la motivazione che aveva superato la durata del soggiorno autorizzato in tale Stato in violazione dei controlli in materia di immigrazione.

25.      Inoltre, con lettera del 22 maggio 2014, il ministro dell’Interno ha informato il sig. Lounes che la sua domanda di carta di soggiorno era stata respinta. Tale lettera dichiarava che, a seguito della modifica dell’articolo 2 del regolamento 2006/1003 ad opera dei regolamenti 2012/1547 e 2012/2560, la sig.ra García Ormazábal non era più considerata una «cittadin[a] dello SEE» in quanto aveva acquisito la cittadinanza britannica in data 12 agosto 2009, ciò benché avesse conservato anche la cittadinanza spagnola. La sig.ra García Ormazábal pertanto non beneficiava più dei diritti conferiti dal primo regolamento nonché dalla direttiva 2004/38 nel Regno Unito. Dunque, il sig. Lounes non poteva richiedere una carta di soggiorno in qualità di familiare di un cittadino dello SEE ai sensi di detto regolamento.

26.      Dalla decisione di rinvio risulta, infatti, che i cittadini britannici aventi anche la cittadinanza di un altro Stato membro dello SEE erano precedentemente considerati cittadini dello SEE ai sensi dell’articolo 2 del regolamento 2006/1003 e potevano dunque beneficiare dei diritti conferiti da tale regolamento. Orbene, non sarebbe più così dall’entrata in vigore della modifica di cui trattasi. Il sig. Lounes, pertanto, ha proposto ricorso avverso la decisione del 22 maggio 2014 dinanzi al giudice del rinvio.

27.      Quest’ultimo esprime dubbi sulla compatibilità con il diritto dell’Unione e, in particolare, con l’articolo 21 TFUE e la direttiva 2004/38, dell’articolo 2 del regolamento 2006/1003, come modificato dai regolamenti 2012/1547 e 2012/2560.

28.      In proposito, il giudice del rinvio precisa che tale modifica fa seguito alla sentenza del 5 maggio 2011, McCarthy (7), nella quale la Corte ha dichiarato che la direttiva 2004/38 non è applicabile ad un cittadino dell’Unione che non abbia mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione, che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro del quale possiede la cittadinanza e che possegga, inoltre, la cittadinanza di un altro Stato membro.

29.      Orbene, nel caso di specie, sarebbe pacifico che, prima di ottenere la cittadinanza britannica, la sig.ra García Ormazábal ha esercitato la propria libertà di circolazione e ha acquisito un diritto di soggiorno nel Regno Unito in qualità di cittadina spagnola ai sensi della direttiva 2004/38.

30.      In tale contesto, il giudice del rinvio s’interroga dunque sulla questione se, come sostiene il ministro dell’Interno, la sig.ra García Ormazábal e il suo familiare abbiano perso il beneficio dei diritti conferiti dalla summenzionata direttiva nel Regno Unito dalla data in cui questa è stata naturalizzata in tale Stato membro, oppure se, come sostiene il sig. Lounes, pur avendo ottenuto la cittadinanza britannica, la sig.ra García Ormazábal debba ancora essere considerata «avente diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, cosicché, al pari del familiare che l’accompagna, può sempre avvalersi dei diritti garantiti da tale testo normativo. Il giudice del rinvio si chiede inoltre se la risposta alla questione in esame possa differire a seconda che la sig.ra García Ormazábal disponesse di un diritto di soggiorno per un periodo superiore a tre mesi concesso ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2004/38 o di un diritto di soggiorno permanente nel Regno Unito, fondato sull’articolo 16 della medesima direttiva.

31.      Ciò premesso, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Divisione del Queen’s Bench (Sezione per questioni di diritto amministrativo), Regno Unito] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, qualora una cittadina spagnola e dell’Unione:

i)      si rechi nel Regno Unito, esercitando il proprio diritto di libera circolazione ai sensi della direttiva 2004/38,

ii)      soggiorni nel Regno Unito, esercitando il proprio diritto ai sensi dell’articolo 7 o dell’articolo 16 di tale direttiva,

iii)      acquisisca successivamente la cittadinanza britannica, in aggiunta alla cittadinanza spagnola, divenendo così titolare di doppia cittadinanza, e

iv)      alcuni anni dopo aver acquisito la cittadinanza britannica, contragga matrimonio con un cittadino di uno Stato terzo con il quale risiede nel Regno Unito,

essa – residente nel Regno Unito e in possesso sia della cittadinanza spagnola sia di quella britannica – e il suo coniuge siano entrambi beneficiari di detta direttiva, ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 1».

 IV.      Analisi

32.      Con la propria questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede alla Corte se un cittadino dell’Unione che, come la sig.ra García Ormazábal, abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro nel quale ha soggiornato in maniera effettiva e permanente, ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2004/38, rientri nella nozione di «avente diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, cosicché il suo coniuge, cittadino di uno Stato terzo, possa effettivamente reclamare un diritto di soggiorno derivato in detto Stato.

33.      La Corte è dunque interrogata, in sostanza, sulla questione se, sulla base delle disposizioni del diritto dell’Unione, uno Stato membro sia legittimato a rifiutare il diritto di soggiorno a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, qualora quest’ultimo, dopo aver esercitato i propri diritti di libera circolazione e soggiorno conformemente alla direttiva 2004/38, abbia acquisito la cittadinanza di tale Stato, pur conservando la propria cittadinanza d’origine.

34.      Prima di affrontare l’esame di tale questione, occorre fare un’osservazione preliminare.

35.      Infatti, ritengo importante segnalare che, contrariamente a quanto sembra suggerire il governo del Regno Unito, la situazione in esame non può essere assimilata a una situazione meramente interna. Sebbene la sig.ra García Ormazábal sia attualmente una cittadina britannica, il riconoscimento di un diritto di soggiorno a favore di suo marito, cittadino di uno Stato terzo, non rientra soltanto nell’ambito di applicazione delle disposizioni della sua normativa nazionale.

36.      In primo luogo, in una situazione quale quella di cui trattasi, l’elemento di collegamento con il diritto dell’Unione e, in particolare, con le disposizioni della direttiva 2004/38 è evidente.

37.      Infatti, è in forza dello stesso esercizio dei suoi diritti di libera circolazione e soggiorno che la sig.ra García Ormazábal ha potuto beneficiare di un diritto di soggiorno permanente nel Regno Unito ed è sul fondamento di tale titolo di soggiorno permanente e regolare, rilasciato sulla base dell’articolo 16 della summenzionata direttiva, che ha acquisito la cittadinanza britannica, ciò conformemente alla normativa di detto Stato (8).

38.      Esiste dunque un nesso inscindibile tra l’esercizio dei diritti che detta direttiva ha conferito alla sig.ra García Ormazábal e l’acquisizione da parte di quest’ultima della cittadinanza britannica. Di conseguenza, ritengo che attualmente il Regno Unito non possa, per la sola ragione che è stata naturalizzata in tale Stato, prescindere dai diritti che la sig.ra García Ormazábal ha esercitato sulla base del diritto derivato dell’Unione, così come non può prescindere neppure dalla circostanza che la stessa ha conservato la propria cittadinanza d’origine, ossia la cittadinanza spagnola.

39.      È dunque evidente che la situazione di un cittadino dell’Unione che, come la sig.ra García Ormazábal, si trovi, a causa della propria naturalizzazione, in una situazione che può comportare la perdita dei diritti conferiti dalla direttiva 2004/38 rientra, per la sua natura e le sue conseguenze, nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione.

40.      In secondo luogo, occorre ricordare che, sebbene la determinazione delle modalità di acquisto e di perdita della cittadinanza rientri effettivamente, e in conformità al diritto internazionale, nella competenza di ciascuno Stato membro, da una giurisprudenza costante risulta nondimeno che tale competenza dev’essere esercitata nel rispetto del diritto dell’Unione (9). Nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 2 marzo 2010, Rottmann (10), relativa a una decisione di revoca di una naturalizzazione, la Corte ha così dichiarato che tale competenza, qualora sia esercitata nei confronti di un cittadino dell’Unione e qualora leda i diritti riconosciuti e tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione, può essere sottoposta a un controllo giurisdizionale condotto alla luce del diritto dell’Unione.

41.      Di conseguenza, la circostanza che una materia esuli dalla competenza degli Stati membri non osta a che, in una situazione quale quella in esame che rientra manifestamente nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, le norme nazionali di cui trattasi debbano rispettare quest’ultimo.

42.      Ciò premesso, occorre ora esaminare la questione sottoposta dal giudice del rinvio.

43.      Il suo esame richiede anzitutto l’analisi del punto se la sig.ra García Ormazábal possa essere assoggettata all’ambito di applicazione della direttiva 2004/38, in qualità di «avente diritto», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di quest’ultima, a quanto da essa previsto.

44.      Tale analisi preliminare si impone al fine di stabilire se un cittadino di uno Stato terzo, come il marito della sig.ra García Ormazábal – il quale è effettivamente, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, lettera a), della direttiva, un familiare di quest’ultima – possa fruire di un diritto di soggiorno derivato, fondato sulla direttiva 2004/38.

45.      Ricordo infatti che le disposizioni della suddetta direttiva non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di un paese terzo (11). Come risulta da una costante giurisprudenza, gli eventuali diritti concessi ai cittadini di Stati terzi dalle disposizioni del diritto dell’Unione riguardanti la cittadinanza dell’Unione sono non già diritti originari, bensì diritti derivati dall’esercizio della libertà di circolazione e di soggiorno da parte di un cittadino dell’Unione. In tal senso, il diritto di soggiorno derivato in favore di un cittadino di uno Stato terzo esiste, in linea di principio, solo quando è necessario per assicurare al cittadino dell’Unione l’effettivo esercizio dei suoi diritti di libera circolazione e soggiorno in quest’ultima (12).

46.      Se si dovesse ritenere che le due persone interessate non rientrino o non rientrino più nella nozione di «aventi diritto» a quanto previsto dalla suddetta direttiva, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della medesima, occorrerebbe allora verificare se il sig. Lounes possa nondimeno beneficiare di un diritto di soggiorno derivato fondato direttamente sulle disposizioni del Trattato FUE riguardanti la cittadinanza dell’Unione.

 A.      Sulla qualifica di «avente diritto» della sig.ra García Ormazábal ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38

47.      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva di cui trattasi, sono «aventi diritto» a quanto da essa previsto «qualsiasi cittadino dell’Unione che si rechi o soggiorni in uno Stato membrodiverso daquello di cui ha la cittadinanza, nonché [i] suoi familiari (...) che accompagnino o raggiungano il cittadino medesimo» (13).

48.      La succitata disposizione fa quindi della cittadinanza un criterio che determina l’ambito di applicazione personale di detta direttiva, cosicché l’acquisizione da parte della sig.ra García Ormazábal della cittadinanza dello Stato membro ospitante ha evidentemente comportato nei suoi confronti un cambiamento di regime giuridico. Il Regno Unito si fonda su tale assunto al fine di dimostrare che alla sig.ra García Ormazábal, a causa della sua naturalizzazione, non è più applicabile la definizione in esame.

49.      Sebbene sia evidente che la sig.ra García Ormazábal fosse assoggettata all’ambito di applicazione della direttiva 2004/38 quando ha esercitato la propria libertà di circolazione lasciando la Spagna, ossia il suo Stato membro d’origine, al fine di recarsi durante il mese di settembre del 1996 nel Regno Unito per soggiornarvi, prima in qualità di studentessa, successivamente come dipendente presso l’ambasciata turca (14), la circostanza che, in data 12 agosto 2009, abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante, nel quale soggiorna in maniera continua e ininterrotta dal 1996, la esclude attualmente dall’ambito di applicazione ratione personae della direttiva in parola.

50.      Infatti, anche se, conformemente a una costante giurisprudenza, le disposizioni di detta direttiva non devono essere interpretate restrittivamente, è pur vero che la formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, quale interpretato dalla Corte, ne limita effettivamente l’ambito di applicazione personale ai cittadini dell’Unione che soggiornino in uno Stato membro diverso da quello di cui hanno la cittadinanza.

51.      Estendere l’ambito di applicazione personale della direttiva a un cittadino dell’Unione che, al pari della sig.ra García Ormazábal, abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante, condurrebbe dunque a porre in discussione gli stessi termini dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 e una giurisprudenza ben consolidata della Corte.

52.      Occorre, infatti, fare riferimento all’interpretazione adottata da quest’ultima riguardo all’ambito di applicazione personale della direttiva nella sentenza O. e B., interpretazione che, a mio avviso, è rivelatrice della modalità di ragionamento che la Corte intende seguire in situazioni quali quelle di cui trattasi e consente di indirizzare la risposta alla questione sottoposta dal giudice del rinvio.

53.      Tale causa riguardava il rifiuto da parte delle autorità olandesi di concedere ai sig.ri O. (15) e B. (16) un’attestazione che certificasse il loro regolare soggiorno nei Paesi Bassi in quanto familiari di un cittadino dell’Unione, il quale, dopo aver esercitato il proprio diritto di libera circolazione sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, aveva fatto ritorno nel proprio Stato membro d’origine.

54.      Il giudice del rinvio interrogava in particolare la Corte sul punto se le disposizioni della direttiva 2004/38 e l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE dovessero allora essere interpretati nel senso che ostavano a che uno Stato membro rifiutasse il diritto di soggiorno.

55.      Conformandosi alle sentenze del 7 luglio 1992, Singh, (17) e dell’11 dicembre 2007, Eind (18), la Corte ha quindi precisato le condizioni in base alle quali i cittadini di Stati terzi, familiari di un cittadino dell’Unione, possono beneficiare, ai sensi del diritto dell’Unione, di un diritto di soggiorno derivato al fine di risiedere con tale cittadino dell’Unione nello Stato membro di cui quest’ultimo possiede la cittadinanza.

56.      La Corte ha escluso l’applicabilità della direttiva di cui trattasi dichiarando che un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, non può avvalersi, sulla base della direttiva in parola, di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui tale cittadino abbia la cittadinanza (19).

57.      A tal fine, la Corte si è basata su un’interpretazione letterale, sistematica e teleologica delle disposizioni di detta direttiva.

58.      I termini dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, così come la formulazione degli articoli 6, 7, paragrafi 1 e 2, e 16, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva – i quali disciplinano il diritto di soggiorno di un cittadino dell’Unione e il diritto di soggiorno derivato dei suoi familiari o in «un altro Stato membro», o nello «Stato membro ospitante» – confermerebbero effettivamente che tali disposizioni riguardano la situazione giuridica di un cittadino dell’Unione che ha esercitato il proprio diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza (20).

59.      Inoltre, la ratio della direttiva dimostrerebbe che essa non è diretta ad essere applicata a un cittadino dell’Unione che fruisca di un diritto di soggiorno incondizionato per il fatto che soggiorna nello Stato membro della propria cittadinanza.

60.      Infatti, come risulterebbe dai termini dell’articolo 1, lettera a), della direttiva di cui trattasi, quest’ultima avrebbe ad oggetto unicamente la disciplina delle modalità di esercizio del diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (21). Orbene, nella misura in cui, conformemente a un principio di diritto internazionale, i cittadini nazionali beneficiano di un diritto di soggiorno incondizionato nel loro Stato in forza del diritto nazionale – in quanto quest’ultimo non può rifiutare loro il diritto di fare ingresso nel suo territorio e di risiedervi (22) – la Corte ha considerato, di conseguenza, che «la direttiva 2004/38 è unicamente diretta a disciplinare le modalità di ingresso e di soggiorno di un cittadino dell’Unione negli Stati membri diversi daquello di cui abbia la cittadinanza» (23).

61.      Quindi, anche se l’acquisizione della cittadinanza dello Stato membro ospitante rientra, a mio avviso, nell’estensione dell’integrazione del cittadino dell’Unione in detto Stato perseguita dalla direttiva in parola, si deve nondimeno rilevare che, tenuto conto dell’ambito di applicazione personale di quest’ultima, tale modifica dello stato civile esclude ipso facto il cittadino dell’Unione dalla possibilità di beneficiare dei diritti conferiti dalla direttiva.

62.      Sebbene ciò possa sembrare paradossale, è pur vero che estendere l’ambito di applicazione personale di detta direttiva a un cittadino dell’Unione che, al pari della sig.ra García Ormazábal, abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante, condurrebbe a porre in discussione gli stessi termini dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38 e una giurisprudenza ben consolidata della Corte.

63.      Occorre quindi ammettere che, malgrado l’evidente legame tra l’esercizio dei diritti che tale direttiva ha conferito alla sig.ra García Ormazábal e l’acquisizione da parte di quest’ultima della cittadinanza britannica, la sua situazione giuridica è stata profondamente modificata a causa della sua naturalizzazione con riferimento sia al diritto dell’Unione che al diritto nazionale.

64.      Nella misura in cui la sig.ra García Ormazábal non rientra più nella nozione di «avente diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della suddetta direttiva, neppure suo marito rientra in tale nozione, dato che, come si è visto (24), i diritti conferiti dalla direttiva di cui trattasi ai familiari di un beneficiario degli stessi non sono diritti personali, ma unicamente diritti derivati da quelli di cui fruisce il cittadino dell’Unione.

65.      Alla luce di tali elementi, un cittadino dell’Unione che abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro nel quale ha soggiornato, effettivamente e permanentemente, ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2004/38 non rientra nella nozione di «avente diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, cosicché quest’ultima non è applicabile né a lui né ai suoi familiari.

66.      Ciò significa che un cittadino di uno Stato terzo che si trovi in una situazione quale quella del sig. Lounes non può beneficiare, sulla base delle disposizioni della direttiva 2004/38, di un diritto di soggiorno derivato nello Stato membro di cui sua moglie ha ormai la cittadinanza, ossia, nel caso di specie, il Regno Unito.

67.      Ciò non implica tuttavia che questi sia privato della possibilità di ottenere un diritto di soggiorno derivato sulla base delle disposizioni del Trattato e, in particolare, dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE.

 B.      Sulla sussistenza di un diritto di soggiorno derivato fondato sulle disposizioni dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE

68.      Ricordo che, ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, e fatte salve le sue misure di attuazione, gli Stati membri devono consentire ai cittadini dell’Unione, non aventi la cittadinanza di tali Stati, di circolare e soggiornare nel loro territorio con i loro coniugi ed, eventualmente, taluni altri familiari non aventi la cittadinanza dell’Unione.

69.      Tale disposizione è interpretata in maniera estremamente dinamica dalla Corte in situazioni in cui, a causa del ritorno del cittadino dell’Unione nel proprio Stato membro d’origine, la direttiva 2004/38 cessa di essere applicabile nei suoi confronti, cosicché né lui né i suoi familiari possono più richiedere di beneficiare dei diritti conferiti dalla direttiva in parola.

70.      Al fine di garantire l’effetto utile dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE in simili situazioni, la Corte applica per analogia le disposizioni della direttiva 2004/38.

71.      Nella sentenza O. e B. la Corte sancisce il principio di un diritto del cittadino dell’Unione al ritorno nel proprio Stato membro d’origine le cui condizioni, per quanto attiene alla concessione, in tale Stato, di un diritto di soggiorno derivato al cittadino di uno Stato terzo, suo familiare, non possono essere più restrittive di quelle previste dalla summenzionata direttiva.

72.      In tale ipotesi è il soggiorno effettivo nello Stato membro ospitante del cittadino dell’Unione e del suo familiare, cittadino di uno Stato terzo, ai sensi e nel rispetto delle condizioni enunciate, rispettivamente, all’articolo 7, paragrafi 1 e 2, o all’articolo 16 della summenzionata direttiva, che attribuisce, nel momento in cui si verifichi il ritorno di tale cittadino dell’Unione nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza, un diritto di soggiorno derivato sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, al cittadino dello Stato terzo con il quale detto cittadino abbia condotto una vita familiare nello Stato membro ospitante. La Corte tende ad evitare ogni forma di intralcio tale da inibire il diritto fondamentale di libera circolazione sancito dal diritto dell’Unione garantendo che le condizioni di concessione del suddetto diritto di soggiorno, nello Stato membro d’origine del cittadino dell’Unione, non siano più rigorose di quelle previste dalla direttiva 2004/38 ai fini della concessione di un simile diritto di soggiorno derivato a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che abbia esercitato il proprio diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui possiede la cittadinanza.

73.      La Corte si è basata in tal caso sui principi da essa precedentemente enunciati nelle sentenze del 7 luglio 1992, Singh, (25) e dell’11 dicembre 2007, Eind (26).

74.      Le due cause summenzionate riguardavano cittadini dell’Unione che, dopo aver esercitato i loro diritti di libera circolazione e soggiorno nel territorio dell’Unione, facevano ritorno nel proprio Stato membro d’origine per soggiornarvi.

75.      Sebbene la direttiva 2004/38 non fosse applicabile, la Corte ha dichiarato che, allorché il cittadino dell’Unione ha esercitato la propria libertà di circolazione e ritorna nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza, il suo coniuge, cittadino di uno paese terzo, deve beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in quest’ultimo Stato, in condizioni «almeno equivalenti a quelle di cui può disporre, in forza del Trattato CEE o del diritto derivato, nel territorio di un altro Stato membro» (27). Egli deve quindi disporre almeno degli stessi diritti di ingresso e di soggiorno che gli riconoscerebbe il diritto dell’Unione se il cittadino interessato scegliesse di entrare e di soggiornare in un altro Stato membro.

76.      Le due sentenze succitate dimostrano in sostanza che, se un cittadino dell’Unione, dopo essersi recato e aver soggiornato in un altro Stato membro, rientra nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza, quest’ultimo non può concedere al proprio cittadino e ai familiari che l’accompagnino o lo raggiungano un trattamento meno favorevole di quello che era loro applicabile nello Stato membro ospitante.

77.      La ratio decidendi di tale soluzione era connessa al rilievo secondo il quale, se il cittadino dello Stato terzo non disponesse di un siffatto diritto, il lavoratore, cittadino dell’Unione, potrebbe essere dissuaso dal lasciare lo Stato membro di cui ha la cittadinanza al fine di esercitare un’attività lavorativa subordinata nel territorio di un altro Stato membro a causa della mancanza della certezza, per detto lavoratore, di poter proseguire, dopo il suo rientro nel proprio Stato membro d’origine, una vita familiare eventualmente iniziata, per effetto del matrimonio o del ricongiungimento familiare, nello Stato membro ospitante (28). Era quindi riconosciuta l’idea che potesse sussistere, in siffatte circostanze, una forma di intralcio all’uscita dallo Stato membro d’origine.

78.      Nella sentenza O. e B. la Corte traspone mutatis mutandis tale analisi (29). Per evitare una simile forma di intralcio, di natura tale da inibire il diritto fondamentale di libera circolazione garantito dal diritto dell’Unione, la Corte sancisce allora il principio di un diritto al ritorno nello Stato membro d’origine le cui condizioni, per quanto riguarda la concessione, in detto Stato, di un diritto di soggiorno derivato al cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, non possono essere più rigorose di quelle previste dalla direttiva 2004/38.

79.      La soluzione elaborata dalla Corte nella sentenza O. e B., nella misura in cui prende in considerazione un’applicazione per analogia delle disposizioni della direttiva 2004/38 in caso di ritorno del cittadino dell’Unione nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza, mi sembra trasponibile alla presente causa.

80.      È vero che tale causa presenta differenze di fatto rispetto a quella di cui la Corte è attualmente investita.

81.      Nella causa che ha dato luogo alla sentenza O. e B. il cittadino dell’Unione, infatti, ha lasciato lo Stato membro ospitante per ritornare nel proprio Stato membro d’origine.

82.      In una situazione quale quella in esame, la sig.ra García Ormazábal non ha lasciato effettivamente lo Stato membro ospitante, in quanto vi risiede e ha scelto di acquisire la cittadinanza di tale Stato. Dunque non vi è stato alcuno spostamento fisico.

83.      Tuttavia, mi sembra che le due cause si avvicinino in quanto, scegliendo di essere naturalizzata nello Stato membro ospitante, la sig.ra García Ormazábal ha manifestato la volontà di vivere in quest’ultimo nello stesso modo in cui sarebbe indotta a vivere nel proprio Stato membro d’origine, tessendo legami durevoli e solidi con lo Stato membro ospitante e integrandosi stabilmente in esso. Di conseguenza, ritengo che possa essere instaurato un parallelismo tra il ragionamento della Corte nella sentenza O. e B. e quello che è chiamata ad adottare nella presente controversia.

84.      In una situazione quale quella di cui trattasi, ritengo peraltro che una trasposizione per analogia delle disposizioni della direttiva 2004/38 s’imponga a fortiori dal momento che, come si è visto, sussiste un legame inscindibile tra l’esercizio dei diritti che la suddetta direttiva ha conferito alla sig.ra García Ormazábal quando si è recata e ha soggiornato nel Regno Unito e l’acquisizione da parte di quest’ultima della cittadinanza britannica. Ricordo che è sulla base del titolo di soggiorno permanente concesso dall’articolo 16 di detta direttiva che la stessa ha acquisito, conformemente alla normativa nazionale applicabile, la cittadinanza britannica.

85.      La sig.ra García Ormazábal ha dunque «spinto al limite» la logica della sua integrazione nello Stato membro ospitante chiedendo la propria naturalizzazione, conformemente all’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione non soltanto all’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ma altresì nel contesto della direttiva 2004/38, in quanto il considerando 18 di quest’ultima mira a fare del titolo di soggiorno permanente un «autentico mezzo di integrazione» per l’interessato nella società dello Stato membro ospitante (30). Il suo soggiorno, che si è svolto ai sensi e nel rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 16 della direttiva in parola, attesta manifestamente l’effettività di quest’ultimo e va di pari passo con lo sviluppo e il consolidamento della sua vita familiare in tale Stato membro (31).

86.      Ormai privarla dei diritti di cui ha finora beneficiato per quanto attiene al soggiorno dei suoi familiari, perché ha ricercato, mediante la naturalizzazione, un’integrazione più intensa nello Stato membro ospitante, annullerebbe l’effetto utile dei diritti che le derivano dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE.

87.      Una simile soluzione sarebbe, a mio avviso, illogica e fonte di contraddizioni.

88.      Infatti, l’integrazione più intensa che la sig.ra García Ormazábal ha perseguito nello Stato membro ospitante mediante la naturalizzazione condurrebbe in definitiva a privarla dei diritti che le sono stati riconosciuti dal diritto dell’Unione riguardo a suo marito, il che rischierebbe manifestamente di nuocere alla prosecuzione della sua vita familiare in tale Stato e dunque, in conclusione, all’integrazione che ha perseguito. Quanto concesso in un modo sarebbe tolto in un altro.

89.      Per proseguire la vita familiare da lei iniziata, la sig.ra García Ormazábal sarebbe allora costretta a lasciare il territorio di detto Stato per recarsi in un altro Stato membro al fine di poter reclamare nuovamente i diritti conferiti dalla direttiva 2004/38 e, in particolare, la possibilità di soggiornare con il proprio coniuge.

90.      Di conseguenza, in tali condizioni, ritengo che l’effetto utile dei diritti conferiti dall’articolo 21, paragrafo 1, TFUE richieda che un cittadino dell’Unione, quale la sig.ra García Ormazábal, che abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro ospitante a seguito e in ragione di un soggiorno svoltosi ai sensi e nel rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 16 della summenzionata direttiva, possa proseguire la vita familiare che ha condotto fino ad allora in tale Stato con il proprio coniuge, cittadino di uno Stato terzo. Il trattamento di cui la sig.ra García Ormazábal ha beneficiato non dev’essere meno favorevole di quello che le è stato riservato nel contesto di detta direttiva prima della sua naturalizzazione e di quello che il diritto dell’Unione le riconoscerebbe se in conclusione si recasse in un altro Stato membro.

91.      Alla luce di tali elementi, ritengo, di conseguenza, che l’articolo 21, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che, in una situazione quale quella in esame, in cui un cittadino dell’Unione ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro nel quale ha soggiornato effettivamente, ai sensi e nel rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 16 della direttiva 2004/38 e sviluppato, in tale occasione, una vita familiare con un cittadino di uno Stato terzo, le condizioni di concessione a quest’ultimo di un diritto di soggiorno derivato, in detto Stato, non dovrebbero, in linea di principio, essere più rigorose di quelle previste da tale direttiva ai fini della concessione di un diritto di soggiorno derivato a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, che abbia esercitato il suo diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza.

92.      Nella misura in cui, a mio avviso, non può essere rifiutato un diritto di soggiorno derivato al sig. Lounes sulla base dell’articolo 21, paragrafo 1, TFUE, ritengo che non occorra valutare se un cittadino dell’Unione quale la sig.ra García Ormazábal possa in proposito basarsi sulle disposizioni dell’articolo 20 TFUE, in quanto l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione di cui questa beneficia, a mio parere, è salvaguardato.

 V.      Conclusione

93.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alla questione sottoposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Divisione del Queen’s Bench (Sezione per questioni di diritto amministrativo), Regno Unito] nel modo seguente:

1)      Un cittadino dell’Unione che abbia acquisito la cittadinanza dello Stato membro nel quale ha soggiornato, in maniera effettiva e permanente, ai sensi dell’articolo 16 della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, non rientra nella nozione di «avente diritto» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, cosicché quest’ultima non è applicabile né a lui né ai suoi familiari.

2)      L’articolo 21, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che, in una situazione quale quella in esame, in cui un cittadino dell’Unione ha acquisito la cittadinanza dello Stato membro nel quale ha soggiornato effettivamente, ai sensi e nel rispetto delle condizioni enunciate all’articolo 16 della direttiva 2004/38 e sviluppato, in tale occasione, una vita familiare con un cittadino di uno Stato terzo, le condizioni di concessione a quest’ultimo di un diritto di soggiorno derivato, in detto Stato, non dovrebbero, in linea di principio, essere più rigorose di quelle previste da tale direttiva ai fini della concessione di un diritto di soggiorno derivato a un cittadino di uno Stato terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, che abbia esercitato il suo diritto di libera circolazione stabilendosi in uno Stato membro diverso da quello di cui ha la cittadinanza.


1      Lingua originale: il francese.


2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU 2004, L 158, pag. 77).


3      Il corsivo è mio.


4      V. punto 65 della domanda di pronuncia pregiudiziale.


5      Sentenza del 12 marzo 2014, O. e B. (C‑456/12; in prosieguo: la «sentenza O. e B.», EU:C:2014:135), i cui principi sono stati ricordati nella sentenza del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a. (C‑133/15, EU:C:2017:354).


6      Tali modifiche sono state introdotte dall’Immigration (European Economic Area) (Amendment) Regulations 2012 (2012/1547) [regolamento modificativo sull’immigrazione (Spazio economico europeo) del 2012 (2012/1547); in prosieguo: il «regolamento 2012/1547»], successivamente dall’Immigration (European Economic Area) (Amendment) (n. 2) Regulations 2012 (2012/2560) [secondo regolamento modificativo sull’immigrazione (Spazio economico europeo) del 2012 (2012/2560); in prosieguo: il «regolamento 2012/2560»].


7      C‑434/09, EU:C:2011:277, punto 43.


8      Ciò è stato confermato dal governo britannico nelle sue memorie.


9      V. sentenze del 7 luglio 1992, Micheletti e a. (C‑369/90, EU:C:1992:295, punto 10); dell’11 novembre 1999, Mesbah (C‑179/98, EU:C:1999:549, punto 29); del 20 febbraio 2001, Kaur (C‑192/99, EU:C:2001:106, punto 19); del 19 ottobre 2004, Zhu e Chen (C‑200/02, EU:C:2004:639, punto 37), e del 2 marzo 2010, Rottmann (C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 39).


10      C‑135/08, EU:C:2010:104, punto 48.


11      V. sentenza O. e B., punto 36 e giurisprudenza ivi citata.


12      V., in tal senso, sentenza del 13 settembre 2016, Rendón Marín (C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).


13      Il corsivo è mio.


14      La sua situazione si distingue dunque da quelle considerate nell’ambito delle cause che hanno dato luogo alle sentenze del 5 maggio 2011, McCarthy (C‑434/09, EU:C:2011:277), e dell’8 maggio 2013, Ymeraga e a. (C‑87/12, EU:C:2013:291), nelle quali i cittadini dell’Unione non avevano mai esercitato il proprio diritto di libera circolazione e avevano sempre soggiornato nello Stato membro di cui possedevano la cittadinanza.


15      Il sig. O., cittadino nigeriano, nel 2006 aveva sposato una cittadina olandese, con la quale aveva vissuto in Spagna per due mesi, prima che quest’ultima facesse ritorno nel proprio Stato membro d’origine, trascorrendo regolarmente le proprie vacanze in Spagna presso il marito fino al 2010. A luglio del 2010 il sig. O., titolare di un documento di soggiorno valido fino a settembre del 2014 in Spagna in qualità di familiare di un cittadino dell’Unione, si è stabilito nei Paesi Bassi. La sua domanda di titolo di soggiorno è stata respinta.


16      Il sig. B., cittadino marocchino, aveva convissuto per alcuni anni con la propria compagna olandese nei Paesi Bassi, prima di essere dichiarato persona non gradita nel mese di ottobre del 2005. Egli si è allora stabilito in Belgio ove la sua compagna lo raggiungeva ogni fine settimana. Nel mese di aprile del 2007, essendosi visto rifiutare il soggiorno in Belgio, ha fatto rientro in Marocco ove ha sposato la propria compagna. Nel mese di giugno del 2009, dopo che la decisione che lo dichiarava persona non gradita è stata revocata dal Minister voor Immigratie, Intregratie en Asiel (ministro dell’Immigrazione, dell’Integrazione e dell’Asilo, Paesi Bassi), il sig. B. si è quindi stabilito nei Paesi Bassi, ma la sua domanda volta ad ottenere un titolo di soggiorno è stata respinta nel mese di ottobre del 2009.


17      C‑370/90, EU:C:1992:296.


18      C‑291/05, EU:C:2007:771.


19      Punti da 37 a 43 della sentenza O. e B.


20      Punto 40 della sentenza O. e B.


21      Punto 41 della sentenza O. e B.


22      V. sentenze dell’11 dicembre 2007, Eind (C‑291/05, EU:C:2007:771, punto 31), nonché del 5 maggio 2011, McCarthy (C‑434/09, EU:C:2011:277, punti 29 e 34).


23      Punto 42 della sentenza O. e B.; il corsivo è mio.


24      V. paragrafo 45 delle presenti conclusioni.


25      C‑370/90, EU:C:1992:296.


26      C‑291/05, EU:C:2007:771.


27      Sentenza del 7 luglio 1992, Singh (C‑370/90, EU:C:1992:296, punti 19 e 21)


28      V. sentenza dell’11 dicembre 2007, Eind (C‑291/05, EU:C:2007:771, punti 35 e 36).


29      Punto 46 della sentenza O. e B.


30      Non condivido quindi il punto di vista formulato dal governo britannico all’udienza, secondo cui la direttiva 2004/38 non mira a garantire l’integrazione di detti aventi diritto.


31      V., in proposito, il ragionamento della Corte nella sentenza O. e B. (punti da 53 a 56) a proposito del titolo di soggiorno concesso sulla base dell’articolo 7 di detta direttiva.