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Serious Games e migranti. Il videogioco come ponte tra popoli e culture

15 Marzo 2017

Ultimo aggiornamento:

Mercoledì 15 Marzo 2017, ore 17:42
Se ne è parlato a Roma all’inaugurazione di Let’s Play con il sottosegretario Manzione, progettisti di videogames e associazioni

Servizio di Giancarlo Messina

​Cosa c’entra di modo dei videogiochi con l’attualissima questione dei migranti? E se ne è coinvolto, in che modo questo settore può essere d’aiuto nell’approcciare un tema così complesso e all’apparenza distante?
Sono queste alcune domande su cui si è dibattuto questa mattina al primo panel in programma “'Serious Games e migranti. Il videogioco come ponte tra popoli e culture” che ha inaugurato "Let’s Play”, l’evento dedicato al mondo dei videogiochi che si tiene a Roma fino al 19 marzo.

Moderati dal giornalista free lance Alessio Jacona sono intervenuti alcuni protagonisti interessati a diverso titolo: Domenico Manzione, sottosegretario all’Interno, François Dumont, direttore comunicazione Medici Senza Frontiere, Gabriele Ferri dell’Amsterdam University of Applied Sciences, Fabio Respighi e Stefano Volpicelli di Digitai Tales.

Sì, come fa intuire il titolo del dibattito, il mondo dei giochi c’entra, e in questo caso si tratta di un “gioco serio” se pensiamo che tra coloro che sono genericamente definiti “migranti” sono giunti in Italia, solo nel 2016 - ha sottolineato Manzione - migliaia di minori non accompagnati.
Ragazzi che nella maggior parte dei casi fuggono da situazioni di sofferenza, ma che a volte semplicemente decidono di intraprendere il  “viaggio della loro vita” alla ricerca di un cambiamento, investendo per questo tutte le risorse  personali in un’avventura che, a volte inconsapevolmente, li rende vulnerabili.
Per questi ragazzi - parliamo di 12-18enni - lo smartphone da tenere sempre con sé, ad esempio, non è certo gadget per essere alla moda, ma uno “strumento di sopravvivenza su cui investire”, fa notare Gabriele Ferri.

Cosa sappiamo di loro? Occorre pensare allo sviluppo di giochi mobile oriented per questo preciso target di utenti, è la proposta dei progettisti di Digital Tales: possono aiutarli ad affrontare la sfida con maggiore consapevolezza. Tramite degli avatar che rispondono al loro profilo reale i ragazzi possono simulare alcune situazioni del pre, durante e post viaggio.

Con questo tipo di prodotti possono anche essere raggiunti obiettivi più ampi come la raccolta di ‘big data’ utili ad un’accoglienza più mirata, poiché con i comportamenti simulati si può conoscere la propensione al rischio dei ragazzi.
Nel campo dell’innovazione tecnologica, l’associazione Medici Senza Frontiere sta invece sperimentando dei visori a 360 gradi negli eventi con il pubblico in grado di far “sperimentare” le condizioni reali dei migranti e «trasformare l’esperienza emotiva in un cambio di percezione sul fenomeno migratorio».

Il mondo dei giochi elettronici insomma «può essere utilissimo» ha detto in conclusione Manzione:  «La cultura del gioco offre la possibilità di parlare di se, di farsi conoscere, e può nel futuro ribaltare l’approccio dell’accoglienza dei minori non accompagnati».

 

Ragazzi al Let's Play di Roma

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