Elio Croce
Diario
7-6-96 Ieri alle due del pomeriggio hanno
portato venti soldati feriti, vittime di un attacco a una colonna di sette
camion pieni di militari diretti a Kitgum. Il bilancio complessivo è di
settanta morti e più di cento feriti. I ribelli hanno incominciato
sparando un RPG al primo mezzo e poi attaccando tutto il convoglio, su un
fronte di due chilometri, con una serrata sparatoria. La colonna era seguita da
un’autoblindo, ma, quando questa è arrivata per dare soccorso ai
primi camion, i ribelli erano già spariti. In ospedale hanno portato
solo i feriti più gravi: gli altri li hanno curati nelle caserme. Alcuni
avevano le braccia fracassate, altri le gambe spezzate, altri ancora
l’intestino perforato, altri i glutei squartati. Uno, giunto in ospedale
con la scatola cranica scoperchiata, è in coma, ma non è ancora
morto. Nell'attacco sono morti anche due ufficiali. Un tenente è qui
ferito.
Oggi i nosti soldati di Lacor hanno preso tre ragazzi che dicono scappati dai guerriglieri mentre attraversavano a nuoto un fiume in piena. Avrebbero svelato i piani dei ribelli. Avrebbero anche detto di essere entrati dal Sudan con tante armi avute dagli arabi. Il piano sarebbe quello di bloccare le strade di Kampala, Arua e Kitgum; successivamente dovrebbero arrivare rinforzi dal Sudan, con l’aiuto dell'aviazione Sudanese, per prendere definitivamente la caserma di Gulu.
Gli arabi
sudanesi ragionano come Museveni: per risolvere l'annoso problema del Sudan
pensano di dover eliminare le basi in cui i ribelli sudanesi trovano appoggio
logistico e armi. In modo analogo la pensa Museveni, mutatis mutandis: si deve aiutare a tutti i costi il
Sud Sudan perchè ottenga l'indipendenza dal Nord Sudan arabo,
così che i nostri ribelli non possano, ogni volta che si trovano in
difficoltà, avere rifornimento di armi e rifugio.
I ragazzi fermati
dai soldati avrebbero aggiunto che tutti i presidi militari della zona che son
fuori saranno inesorabilmente attaccati, e che anche il Lacor Hospital farebbe
bene a mandar via i militari di guardia. La popolazione non avrebbe niente da
temere, a condizione di non collaborare con i militari. Stando ai ragazzi, i
ribelli avrebbero bisogno dell’appoggio della gente e dei giovani in
particolare; questi saranno armati con le armi via via conquistate negli
scontri con Local defence ed NRA.
7-6-96, ore
4.20 pm Secondo il
giornale New Vision, gli anziani acholi chiedono centocinquanta milioni di
scellini per partecipare ai colloqui di pace. I soldi servirebbero per
procurarsi un ufficio a tre stanze, per comprare una piccola macchina e un
pulmino, e per pagare i loro salari e quelli di una dattilografa e di un
autista. Possibile che certi acholi prendano una cosa così seria e
tragica come occasione per fare soldi?! Si vede proprio che non vogliono la
pace ma che la cosa continui cosi’ per anni: più a lungo dura e
più soldi arrivano. Sbatterei in prigione tutti quelli che hanno fatto
questa proposta. Neanche a farlo apposta, il capo di questi anziani è
proprio quello che anni fa ha presieduto la cerimonia di unzione di Joseph Kony
come capo di questa Armata del Signore. Il problema di fondo sta in questa
strutturale superbia del popolo acholi, che prima di riconoscere una sconfitta
accetterebbe di essere distrutto. Si spezzano ma non si piegano, e questo lo
dimostra il fatto che da dieci anni vivono nell'erba, vengono uccisi, non
c'è sviluppo... ma non importa. L'importante è non cedere: che
crepino tutti. Le altre tribù, come i Lango e i Teso, sono state
più furbe: hanno accettato la situazione, e intanto vivono in pace. Al
potere penseranno piu’ tardi.
8-6-96,
ore 8 pm Ho saputo
da padre Tarcisio di Pajule che anche sulla strada che da Kitgum porta a Lira,
a quattro chilometri da Pajule, c'è stata una imboscata, anche se non
così cruenta come quella dell'altro ieri sulla strada di Kitgum. Ma
avrebbe potuto essere peggiore di quella se un ragazzo non avesse avvertito i
militari della presenza dei ribelli. Il convoglio - di civili – e’
stato accompagnato allora da una scorta militare, con una mitraglia anti-aerea
piazzata su un camion. I ribelli, che sembra fossero una quarantina, hanno
subito puntato sul mitragliere e lo hanno ferito in modo grave; non so se sia
ancora vivo. Nonostante questo, i ribelli hanno avuto la peggio e sono fuggiti nell'erba.
Un ribelle ferito, che cercava di scappare carponi, e’ stato ucciso. A
una ragazza sui quindici anni, che sparava sui soldati, invece, si è
inceppato improvvisamente il mitra. Lei, allora, con prontezza di spirito e
molto coraggio, ha alzato le braccia, stingendo il fucile in segno di resa, e
si è salvata. Era una povera ragazza di Palabek, anche lei vittima e
ostaggio dei ribelli.
10-6-96,
ore 8.50 pm Ieri
sera ho sentito il rombo di un aereo. Sono uscito per vedere cosa fosse, ma era
nuvoloso e pioveva. Ho sospettato subito che fosse un aereo da ricognizione
sudanese. Oggi ne ho avuto conferma da un ufficiale dell’esercito. Mi ha
raccomandato, se la cosa si dovesse ripetere, di correre a spegnere le luci
dell'ospedale, perchè questo aereo sudanese non le scambi per quelle
delle caserme. Mi ha confermato inoltre che si trattava proprio di un Antonov
in ricognizione, in vista di un successivo bombardamento.
11-6-96,
ore 8.10 pm Hanno
appena portato tre feriti: mi hanno detto che sono vittime di una mina
anticarro. Stavano venendo a Gulu su un camioncino con di più venti
persone a bordo, quando tra Anaka e Koc Goma il mezzo è saltato in aria
uccidendo più di venti persone, tra qui il Jago di Anaka e alcuni della
sua scorta. I particolari li scriverò domani. Il padre Piffer, parroco
di Anaka ha detto per radio che è andato a raccogliere sul posto
diciassette morti. Padre Piffer ha fatto quella strada lunedì mattina
per venire a prendere delle medicine a Gulu, e l’ha rifatta ieri
pomeriggio per ritornare ad Anaka. Bisogna proprio ringraziare gli angeli
custodi, che per le nostre imprudenze sono obbligati a fare gli straordinari...
13-6-96,
Festa di S. Antonio di Padova Ho sentito che hanno ammazzato due di quegli anziani che
dovevano andare a fare colloqui di pace. Non si conoscono ancora i particolari.
Li hanno trovati uccisi e non si sa da chi. Chi dice che siano stati uccisi dai
ribelli, chi dai militari di Museveni. Sono ancora oscuri anche i motivi di
questa esecuzione.
14-6-96,
Solennità del Sacro Cuore di Gesù Oggi abbiamo avuto una giornata di
ritiro, seguito da un lauto pranzo preparato da padre Larem a Layibi. Tornati a
Lacor verso le 2 del pomeriggio, abbiamo trovato un camion, pieno di militari
pesantemente armati, con un carico di quattro morti e sette feriti. Mi hanno
riferito che a Parabongo (a quindici chilometri da qui) un altro camion
militare è saltato su una mina. Trasferiva le donne e bambini dei
militari in un altro campo. Non conosco ancora i particolari; so solo c'erano
sei donne molto malconce e un giovane - non so se militare - con una gamba a
brandelli e l'altra ridotta male. Il dottor Stefano mi ha detto che gliela
aveva lasciata, ma che temeva di dovergliela amputare in seguito.
Sul
camion c'erano anche tre bambine, di cui una di sei mesi; sembra incolume.
L’ho subito portata all'orfanatrofio perchè mi hanno detto che sua
mamma era morta sul colpo. L'hanno chiamata Aloyo, che vuol dire: "ho
vinto la morte". Le altre due sono sui tre anni. Una è in stato di
shock, ma speriamo che non abbia riportato danni neurologici; l'altra ha perso
forse un dito.
Padre
Piffer da Anaka mi ha detto, via radio, che è andato a raccogliere altri
due cadaveri sul posto dove l'altro giorno è scoppiata la mina. Non si
erano accorti che mancavano all'appello altre due persone, e le hanno trovate
solo oggi, sbalzate dall'urto della mina a una decina di metri di distanza.
Cosi’ le vittime dell'altro ieri salgono a ventitré: una è
morta anche qui in ospedale.
I
feriti stanno occupando anche il reparto dei tumori, che ha letti liberi in
questo momento, dato che la gente del Sud è diminuita, per la paura di
venire su da noi. Ciò nonostante abbiamo una paziente, con un tumore,
venuta dal Ruanda.
Il giornale New
Vision oggi parla dell'esecuzione dei due anziani. Dice che si chiamano tutti e
due Lagony e sono rispettivamente di Koch Goma e di Pagik. Sono stati uccisi
dai ribelli mentre si facevano il bagno in un rigagnolo. Uno dei due - secondo
il giornale - era il confidente di Joseph Kony e forse è caduto in
disgrazia perchè nei suoi discorsi lo sottovalutava e “lo
esponeva” (ma non ho capito a che cosa; forse il New Vision si riferisce
al fatto che Kony non accetta trattative con Museveni, come invece diceva nel
periodo prima delle elezioni). Per me, questa esecuzione è stata fatta
da qualche faccendiere che vuole che le cose continuino cosi’: c'è
ancora gente che vuole ingrassare succhiando il sangue di questa povera
tribù Acholi.
Gli anziani
rimasti, adesso, sono pieni di paura, e ho sentito dire che stanno preparando i
passaporti per andare in Kenya a riprendere Alice Lakwena. Dicono che solo lei,
grazie ai suoi poteri magici, potrà portare la pace tra gli Acholi.
Questi sarebbero i nostri anziani incaricati di dare inizio ai colloqui di pace:
l'unica possibilita’ di pace è la stregona Alice con i suoi
poteri.... Stiamo freschi!
Anche i soldati,
dopo la batosta ricevuta sulla strada di Kitgum, sono giù di morale e
non vogliono andare a farsi ammazzare per niente.
I Vescovi hanno indetto per dopodomani, domenica, una giornata di
preghiera per impetrare la pace nel Nord Uganda. Speriamo che il Signore senta
il grido del suo popolo, venga in nostro aiuto e ci doni la pace.
15-6-96, ore
7.45 am Alle 2e 45
di questa notte c'è stata una intensa sparatoria, con uso di RPG e,
forse, di bombe a mano. Con il cuore che mi batteva forte, mi sono infilato i
pantaloni per andare a vedere cosa stesse succedendo, convinto però che
non potevano essere i guerriglieri, dato che non attaccano mai una postazione
militare in una notte senza luna. Sono uscito nell'oscurità totale,
quando ormai era tornato il silenzio. Ho sentito pero’ voci che
chiedevano aiuto, al cancello. Era gente che vive non tanto distante da qui;
portavano una donna con difficoltà di parto. Il guardiano del cancello
ovviamente era sparito, e cosi ho aperto io e li ho accompagnati in
maternità. Anche lì tutto sbarrato. Ho chiamato, ma inutilmente:
le infermiere tutte sparite . Alla fine, dopo essersi assicurate che ero
veramente io, mi hanno aperto e hanno soccorso la donna che si lamentava per le
doglie.
Ho chiesto alla gente che ha portato la donna chi avesse sparato, e mi hanno detto che erano stati i militari e che avevano sparato su di loro. Il tutto mi e’ sembrato un po’ strano: non credo che alla prima occasione si mettano a sparare RPG o a tirare bombe a mano. L'incidente non ha avuto conseguenze, ma avrebbe potuto finire in tragedia.
Ore 8.15 Mi e’ stata appena data
un'altra versione dei fatti. I ribelli sono arrivati nelle botteghe del mercato
qui fuori dal ospedale. Cercavano un tale di nome Lowum, che tempo addietro era
stato con loro e poi era scappato con la cassa.
Il proprietario
di una bottega, sentendo rumori, ha aperto la porta. A questo punto i ribelli
hanno lasciato perdere Lowum e si sono messi a rubare tutto quello che
potevano, compreso un sacco di zucchero di 50kg. Erano una ventina, per alcuni;
per altri, una quarantina. Andando via hanno aperto il fuoco.
Una donna, presa
come ostaggio e poi rilasciata con una lettera per la gente, avrebbe detto che
i ribelli avevano puntato un mortaio contro l'ospedale, e che poi, pero’,
il capo ha fatto cambiare direzione, dicendo che all'ospedale avrebbero pensato
un altro giorno. Un colpo effettivamente è caduto vicino ad Adimola, a
un buon chilometro da qui. Avrebbero tirato anche una bomba a mano.
Sembra non sia
vero che i soldati abbiano sparato su quei poveri diavoli che portavano la
donna in ospedale. Sembra anzi che non abbiano sparato affatto. Tutto è
accaduto nell'arco di cinque minuti. Solo ora capisco il rischio che ho corso
anch'io aprendo il cancello prima di capire che cosa veramente stesse
succedendo.
La bambina che
ieri ho portato alla Babies's Home sta bene e mangia anche la gnuka. Ho saputo
che la mamma della bambina aveva perso tutte e due le gambe ed è morta
subito. Viaggiavano su un pick-up civile. La ruota posteriore ha pestato la
mina. I morti rimasti sul posto sono sette. Altri tre sono morti durante il
trasporto all'ospedale. Anche il giovane a cui avevano tagliato la gamba
è morto. Il giovane era un mercante, mentre tutte le donne erano mogli
di militari.
Questa sera, in
seguito all'incidente di stanotte, l'ospedale si è riempito di nuovo di
rifugiati. Non li ho contati, ma superano i duemila.
16-6-96 Oggi e’ domenica, e si prega
per la pace. Intanto, pero’, a mezzo giorno, hanno portato sei militari,
feriti - dicono - in uno scontro coi ribelli a Otuwal, vicino ad Aboke, nella
regione della tribù Lango. Si parla di tre morti e tanti feriti tra i
militari, e di molti morti anche tra i ribelli. Penso alla paura delle suore di
Aboke e alle duecento ragazze della loro scuola. Nel ‘93 i ribelli
avevano portato via le ragazze, e di alcune di loro non si sa ancora niente.
Ho saputo che
ieri i ribelli hanno attaccato anche la caserma di Alero, vicino ad Anaka.
Questa volta, pero’, solo a colpi di mortaio, sparati da lontano. Si vede
che hanno gente esperta, perchè hanno colpito proprio l'accampamento. Ci
sono stati dei feriti, ma non li hanno portati da noi, perchè non erano
gravi. Non so ancora se ci siano stati morti.
Anche in
ospedale, alle 3, abbiamo avuto una lunga preghiera per la pace, nell'Assembly
Hall, animata dai giovani di Padre Ramon. Erano presenti le studentesse, suore
bianche e nere, infermiere e altra gente da fuori. Non era presente neanche un
medico, nè bianco nè nero. Forse erano tutti indaffarati, ma
e’ più probabile che non siano venuti perchè semplicemente
credono che la pace sia frutto dei loro sforzi, piuttosto che dono e grazia di
Dio nostro Padre. Poveri illusi! Noi invece crediamo che la pace sia un suo
dono, e per questo preghiamo che abbia pietà di noi e che ascolti il
nostro grido disperato.
17-6-96 Da Kitgum hanno fatto sapere che
sono entrati tre grossi gruppi bene armati. Speriamo che non comincino a fare
disastri come hanno fatto qui da noi a Gulu.
Ci siamo accorti
che Aloyo, la bambina che ho portato all'orfanatrofio, si lamentava ogni volta
che veniva messa in piedi. L’abbiamo portata in ospedale, e la
radiografia ha rivelato una fessurazione della tibia sotto il ginocchio. Le
hanno ingessato cosi’ tutta la gamba, e ora non si lamenta più.
18-6-96 Questa mattina si sentivano forti
rumori verso Alero. Sembra che i soldati abbiano seguito i ribelli e abbiano
teso loro una imboscata. I ribelli, pero’, l’hanno evitata
magistralmente, forse avvisati da qualche locale. Questa sera hanno portato un
soldato ferito, ma non l’ho ancora visto e non so da dove venga. Da
Stefano (di Kitgum) ho saputo che oggi sono scoppiate due mine: una sulla
strada che porta a Padibe, ha ucciso un somalo impegnato in aiuti (o in
traffico di armi - chi lo sa); l'altra, subito dopo Padibe, vicino a Lokung, ha
fatto alcuni feriti. E' la prima volta che mettono mine in quella zona. Si vede
che sono rientrati dal Sudan ben equipaggiati e vogliono chiudere le strade che
vanno al confine.
Ieri, sul New
Vision, era scritto che il mandante dell'uccisione dei due anziani incaricati
dei Peace Talks sarebbe addirittura il fratello di uno dei due: Lagony Otti, un
killer tristemente famoso per aver ucciso a sangue freddo, l’anno scorso,
ad Atiak, centosessanta persone, e che in questo periodo ha condotto le
imboscate e le stragi piu’ cruente. Evidentemente, non potendo attendersi
che la forca, non ha alcun motivo per volere la pace e preferisce continuare a
fare il capo di questi criminali.
20-6-96 Alle cinque di questa sera, mentre
ero vicino al cancello dell'entrata dell'ospedale, ho sentito una fucilata,
come un sibilo, sparata da molto vicino, davanti alle botteghe appena fuori
dall'ospedale. Ho pensato ad un colpo partito per sbaglio, ma subito dopo mi
hanno spiegato cos’era successo. Si era appena fermato davanti ai negozi
un camion pieno di militari, quando un soldato si e’ puntato il mitra
sotto il mento si è sparato. La pallottola gli ha fatto scoppiare il
cervello. Hanno detto che non voleva più andare a combattere e
così l’ha fatta finita. Requiescat in pace.
Oggi hanno sono
incominciati a passare per Gulu via Anaka i convogli diretti in West Nile.
Padre Piffer ha detto che ad Anaka sono passati più di cento e quaranta
camion. Credono che la strada sia più controllabile da quella parte.
Speriamo bene!
Questa mattina
ho fatto la conta delle persone che sono entrate per dormire: settecento
cinquanta, quasi tutti ragazzi e ragazze da cinque ai quindici anni, e qualche
donna con i bambini piccoli.
21-6-96 Il Boma Ground, la spianata che era
stata allestita per la venuta del Papa, è pieno di camion. Alcuni
aspettano di andare in West Nile; tantissimi altri sono appena ritornati dal
West Nile, dopo essere stati bloccati, per parecchie settimane, a Pakwac. Pare
che ad Arua i prezzi delle merci siano cresciuti tantissimo, e che molti
prodotti siano ormai introvabili. Ora con la ripresa dei trasporti speriamo che
la situazione si normalizzi.
Intanto
alcuni dei ribelli che si sono arresi in questi giorni, avrebbero detto che
Kony è in ritiro e sta aspettando consiglio dagli angeli su cosa deve
fare riguardo ai colloqui di pace. Sarebbe anche in attesa di Alice Lakwena per
decidere insieme il da farsi.
22-6-96 Anche oggi si sono avute partenze
di grandi convogli per il West Nile. Un altro convoglio di molti camion
e’ partito per Atiak. Sulle strade non è successo niente,
ne’ ieri ne’ oggi.
Ieri è morto di Aids il fratello del Dr. Basil. Oggi, sabato pomeriggio, c'e stato il funerale, a cui ha partecipato buona parte del personale dell'ospedale. Io sono stato invece a completare il lavoro sul generatore, che abbiamo completamente rifatto. Siamo spessissimo senza corrente elettrica, e senza questo generatore piccolo il consumo del diesel sarebbe eccessivo. Sembra funzioni, anche se, non avendo le istruzioni, ho dovuto mettere in fase della pompa di iniezione un po’ a naso.
24-6-96, Festa di S. Giovanni Battista. Ieri hanno combattuto vicino alla
nostra missione di Opit. Padre Filippini, che è ancora lì da
solo, ci ha detto che l’esercito ha bombardato da un elicottero, e
così alcuni ragazzi presi in ostaggio tempo fa son riusciti a scappare.
Hanno raccontato delle atrocità che i ribelli fanno subire agli ostaggi
che tentano la fuga. Uno dei ragazzi ha raccontato che dieci suoi compagni di
sventura sono stati uccisi con un colpo alla nuca e poi decapitati. Lui era con
loro appena da una settimana, ma gli avevano già dato un fucile
mitragliatore.
Martedì
25-6-96 Ho saputo
da Padre Piffer che il convoglio di quasi duecento camion con rimorchio diretto
ad Arua è impantanato verso Koc Goma: le forti piogge di questi giorni e
il traffico di mezzi pesanti rendono la strada impraticabile, con solchi e
buche da far paura. Il primo camion col rimorchio è messo di traverso, e
gli altri, essendo la strada molto stretta, non possono fare altro che
aspettare il bel tempo e il grader che tiri fuori quello impiantato. Intanto i ribelli, se vogliono
fare qualcosa, hanno tutto il tempo di organizzarsi. Padre Piffer mi ha anche
detto che la mina che ha fatto più di venti morti qualche giorno fa ha
fatto una grossissima buca nella strada: doveva essere molto potente. La sua
auto e almeno altre tre erano passate in quel punto lo stesso giorno, ma si
vede che erano troppo leggere, e la mina non è scoppiata.
Brown,
il militare incaricato dei pazienti qui a Lacor, mi ha detto, ieri, che a
Onywange un ragazzo si è consegnato col fucile e tre caricatori,
perchè era stufo di di continuare a scappare e di stare con Kony. Era
con i ribelli già da cinque anni e avrebbe partecipato a molti dei loro
sanguinosi attacchi. Il ragazzo ha rivelato che Lagony, il killer, è
ritornato in Sudan. L'ordine da lui dato di uccidere il fratello sarebbe stato
uno sbaglio: l’obiettivo avrebbe dovuto essere un altro Lagony. Quanto ai
colloqui di pace, pare che i ribelli siano disposti a trattare solo con Betty
Bigombe. Intanto i militari continuano nell'inseguimento e non danno loro
tregua. Forse è per questo che Lagony è ritornato in Sudan.
Speriamo che ci rimanga.
Sembra
che sabato scorso i ribelli siano andati a battere al cancello della nostra
casa di Layibi. Erano le dieci di sera, e il guardiano è andato a
chiamare Fratel Beppi. Dopo un po’, pero’, i ribelli se ne sono
andati. Hanno ripulito, invece, due negozi fuori dal collegio, obbligando
alcune ragazze a trasportare la merce rubata. Le ragazze sono state liberate
ieri, dopo due giorni.
Da
molto tempo al collegio di Layibi non hanno alcuna protezione militare
nè di polizia.
27-6-96 Oggi si vota per il Parlamento.
Nella municipalità di Gulu sono in lizza Betty Bigombe e Mao, un ragazzo
di ventinove anni, avvocato; dicono che quando parla incanti tutti. La Bigombe ha
chiamato d'urgenza Matthew alle baracche per lamentarsi con lui del fatto che
in ospedale sembra siano tutti per Mao e non riconoscano tutto quello che lei
ha fatto per l’ospedale.
Questa
mattina, intanto, a Onywange, alcuni ribelli avrebbero portato via
un’urna elettorale, dicendo che anche loro volevano votare e l'avrebbero
riportata entro sera.
Alle
undici di questa mattina hanno portato un soldato ferito ad una gamba. Era
saltato su una mina anti-carro a Koc Ongako, sulla strada di Anaka,
all’una di notte, mentre viaggiavano con un camion Leyland. Uno dei
soldati è morto sul colpo; altri sei sono stati feriti in modo leggero,
e lui forse perderà una gamba.
Intanto
i ribelli, attraverso il loro portavoce – Wanyama, uno di Tororo -, che
parlava da Nairobi, hanno fatto sapere che oggi riprenderanno le
ostilità.
Le
elezioni sono finite, e non sappiamo ancora chi abbia vinto nella
municipalita’ di Gulu. I risultati di quasi tutti i seggi, compreso
quello in ospedale, erano a favore di Mao, anche se non di molto. La Bigombe,
pero’, ha incluso nella Municipalita’ tutti i militari che operano
nella zona e che attualmente sono più di seimila. La mossa a me non pare
molto onesta, perchè non rispetta la scelta della gente di Gulu. Vedremo
chi vincerà.
Sono
le due del pomeriggio e non sono ancora stati resi noti i risultati ufficiali:
la Bigombe non ha ancora finito di raccogliere i voti dai vari distaccamenti
militari. Intanto la tensione dei sostenitori di Mao aumenta e speriamo che non
sfoci in rivolta. Mao è un avvocato e se la Ministra vince con
l'imbroglio, non gliela lascerà passare facilmente, anche perchè
la popolazione acholi di Gulu ha scelto lui.
Ore
10 pm I risultati
delle elezioni non sono stati ancora proclamati. La tensione questa sera era alta,
e Gulu è assediata da poliziotti con visiere, sfollagente e bombe
lacrimogene. Mao non vuole accettare il risultato, ma il commissario e la
Ministra sostengono che tutto e’ stato regolare. Lei ha raccolto i voti
dei militari della Mobile Force registrati nella Municipalita’ di Gulu,
anche se ora sono lontani da qui. Con questo escamotage - forse legale, forse no -
l'elicottero ha recuperato quattromila voti per la Bigombe e solo diciotto per
Mao.Mao e’ stato cosi’ superato per almeno duemila voti. Quando la
Bigombe darà l'annuncio della vittoria ci saranno certamente dei
disordini. Il potere inebria, ma non capisco come faccia la Bigombe ad esservi
così attaccata e a non essere ancora stanca di vivere sempre in mezzo al
pericolo.
A Lira,
più o meno gli stessi problemi con Cecilia Ogwal. Dicono che la polizia,
per tenere l'ordine, abbia ucciso già due persone.
29-6-96, Oggi
Solennità di S. Pietro e Paolo, Hanno portato alcune persone rimaste ferite in un
incidente d'auto vicino a Palenga: un taxi si è rovesciato; non so se
facesse parte di un convoglio.
I risultati delle
elezioni non sono stati ancora ufficializzati, ma la BBC ha annunciato la
vittoria di Betty Bigombe. Intanto, in un comunicato stampa, Mao denuncia le
irregolarità di queste votazioni e dichiara che di non rassegnarsi a una
sconfitta causata da brogli elettorali. I poliziotti sono sempre in
pre-allarme.
Da Anaka, via radio,
Padre Piffer fa sapere che questa mattina un’altra auto è saltata
su una mina, sempre nella zona di Koc Omà: ci sono stati sette morti.
Data l'insicurezza delle strade, domani, domenica, non ritornerà a Gulu.
Così, non dovendo fare straordinari, anche gli angeli custodi potranno
fare il riposo festivo...
Sembra che i ribelli
siano allo sbando, e che per mostrarsi forti vogliano rendere questa strada
insicura e la vita dei convogli diretti in West Nile difficile. C'è
anche tensione tra la gente perchè, passate le elezioni, starebbe per
avere inizio, come promesso, l'operazione dei militari: fino ad oggi nessuno sa in che cosa
consisterà, ma tutti hanno ancora la memoria fresca di quella fatta nel
'93. Dicono che incomincerà il 3 luglio.
30-6-96, Domenica Questa notte, all’una, sono
arrivate due autoblindo con un altro mezzo, che chiamano "Mamba" e
che serve ad individuare eventuali mine. Sono venuti perchè chiamati via
radio dai nostri soldati di Lacor, dato che i ribelli erano in zona, forse in
fuga da Alero, dove ieri hanno combattuto.
2-7-96 Ieri Radio Uganda ha annunciato che
nella municipalita’ di Gulu le elezioni devono essere rifatte per le
irregolarità commesse dai militari. Mi sembra una decisione accettabile
e saggia, e penso che vada a vantaggio anche del prestigio e della
credibilità di Museveni, che non ha accettato il risultato, anche se era
a favore di una sua amica, quale è la Bigombe. Comunque, la gente dice
già che non andrà a votare: tanto sarà inutile; vinceranno
ancora loro, ma questa volta il trucco sarà più difficile da
scoprire. Comunque la Ministra non si vede più in giro. Dicono che
è depressa e vittima delle decisioni di qualche militare: per parte sua,
sarebbe stata disposta ad accettare la sconfitta, e forse se ne è andata
in America. Museveni intanto ha nominato i ministri del suo governo: lei
è fuori, e al suo posto e’ stato scelto il nostro avvocato Owiny
Dolo.
Ieri sera e’
aumentato sensibilmente il numero di persone venute a dormire in ospedale. Il
motivo è che c’e’ un grosso gruppo di ribelli accampato nei
pressi del fiume Toci. Non si sa ancora il motivo; alcuni dicono che è il
gruppo del famoso Otti Lagony, che vuole arrendersi. Sarebbero sui trecento. I
militari hanno occupato tutti i loro santuari, come le montagne di Kilak,
vicino a Pabò, e anche le colline di Got Atoo, dove Kony si ritirava per
fare i sacrifici propiziatori e avere l'illuminazione. Anche Zoka Forest, altro
loro santuario e rifugio, è ora occupata dai soldati. Sembra che il
nuovo comandante, Salim Salè, faccia sul serio. E' il fratello di
Museveni.
3-7-96, Festa di S.
Tomaso Apostolo Ieri,
alle tre del pomeriggio, hanno combattuto a Olwal, sulla strada che va al
nostro dispensario di Amuru. Qui hanno portato due soldati feriti.
La gente che ieri sera
è entrata per dormire era ancora più numerosa dell'altro ieri.
Avendo chiesto il perche’, mi e’ stato spiegato che i soldati
stanno spingendo la gente ad abbandonare i propri villaggi e ad andare in
città a Gulu. A parere di altri, invece, sono i ribelli a dire alla
gente di andar via in vista della cosiddetta operazione. Che cosa abbiano in mente di fare
nessuno lo sa. Io credo che, trovandosi in brutte acque, temono che i civili,
se restano nei propri villaggi, possano indicare ai soldati i loro nascondigli.
Mi hanno riferito come
sono andate le cose a Olwal. I militari erano andati per scovare i ribelli che
si trovano su una montagna nei dintorni di Amuru. E’ stato, pero’,
come entrare in un alveare: i ribelli si sono avventati sui soldati, che non
hanno trovato di meglio che darsi alla fuga. I piu’ lenti tra loro ci
hanno rimesso la pelle o sono stati feriti. I ribelli hanno continuato
l'inseguimento fino a Olwal, dove i soldati avevano l'accampamento. Hanno dato
fuoco alla caserma e svaligiato le botteghe del centro, ferendo anche alcuni
civili. Tra questi, una povera donna, molto anziana, e’ stata colpita da
una pallottola nella schiena, e l'hanno portata qui da noi. Questo spiega
l’alto numero di persone venute a dormire in ospedale ieri sera.
4-7-97 Questa mattina abbiamo contato le
persone venute a passare la notte in ospedale: erano 1050, quasi tutti giovani,
maschi e femmine, dai tre ai sedici anni, e qualche mamma con un grappolo di
bimbi al seguito. Gli adulti ora dormono fuori.
10-7-96 E' da sabato che manco da Gulu.
Sono dovuto andare a Kampala per fare acquisti per un nuovo fabbricato.
Dovra’ ospitare le infermiere che hanno finito la scuola, quando
torneranno come staff per iniziare a lavorare. Suor Lina non saprebbe dove sistemarle;
cosi’ abbiamo deciso, anche se siamo senza soldi, di fare una casa con
tre appartamentini di due stanze l'uno e servizi.
La novità, qui
al Lacor, è che ci sono i poliziotti al posto dei militari. Speriamo che
ci difendano, se vengono i ribelli, e che non facciano come quando i ribelli
rapirono le ragazze della scuola Senior del Sacred Heart. In quel caso i poliziotti
sparirono tutti; si giustificarono, poi, dicendo che non erano intervenuti per
paura di colpire le ragazze... Grande balla! I ribelli faticarono almeno un
quarto d'ora per riuscire a sfondare la porta del dormitorio, e in tutto quel
tempo i poliziotti avrebbero potuto, senza pericolo per le ragazze, far fuori
un reggimento; altro che una una ventina di ribelli...
Il giorno dopo che ero
partito per Kampala, il 7 Luglio, domenica, di pomeriggio, quattordici persone,
tra cui cinque bambini, sono rimaste seriamente ferite quando un camion del
convoglio che andava nel West Nile ha fatto esplodere una mina nella zona
Palabutak, nei pressi di Koc, a una ventina di chilometri da noi, sulla strada
di Anaka. Il convoglio era appena partito dopo una sosta forzata, qui a Gulu,
che ormai si prolungava da due settimane. I feriti sono stati portati qui da
noi o, nei casi meno gravi, all'ospedale governativo. Il camion - un Leyland -
era il quinto della lunga fila di oltre cinquanta camion e altri veicoli. Il
convoglio non aveva potuto lasciare prima Gulu per via delle condizioni di un
tratto di strada vicino ad Anaka. Domenica tentava l'avventura, sperando che i
precedenti tre o quattro giorni di sole avessero asciugato quella zona
paludosa. I soldati danno la colpa al conducente: lo accusano di non aver
rispettato le istruzioni; ossia di non aver seguito le tracce lasciate dalle
ruote dello "spazza-mine", come lo chiamano qui. Alcuni testimoni
hanno detto che il gran botto causato dalla mina ha provocato un grande panico
tra la gente: si e’ pensato che i ribelli avessero attaccato il convoglio
come avevano fatto il 14 febbraio, sulla strada del Parco, causando la morte di
più di centoventi persone e la distruzione di una quarantina di mezzi,
tra pullman, camion e vetture. Molti, tra passeggeri ed autisti, si sono
cosi’ dileguati in un baleno nella boscaglia. Ci sono stati molti
tamponamenti, e molti veicoli sono rimasti seriamente danneggiati. Dopo
l'incidente il convoglio, di cui faceva parte anche il camion della nostra procura
di Ombaci, ha ripreso il viaggio verso Pakwac.
Pare intanto che ad
Arua i prezzi continuino a salire, e che abbiano raggiunto livelli altissimi.
12-7-96 Questa mattina hanno portato due
persone, vittime di una mina.
Padre Paolo ha fatto
sapere, da Opit, che ci sono movimenti di ribelli nella sua zona. Padre Michele
segnala a sua volta, da Pajule, un gruppo di duecento ribelli. Ieri sera,
effettivamente, in quella zona - la sessa in cui è stato ucciso Padre
Egidio Biscaro e ferito Padre Agostani - sono stai uccisi due civili. Padre
Michele ha aggiunto che almeno un centinaio di ribelli sono diretti verso
Kalongo; raccomanda, cosi’, a Padre Tocalli di prendere le dovute
precauzioni. Sembra che questo gruppo sia entrato dal Sudan, dalle parti di Padibe.
Dicono che ci sia anche Kony, rientrato in Uganda per tirare su il morale delle
sue truppe, in questo periodo sempre in fuga.
Nella nostra zona di
Gulu i ribelli si sono divisi in piccoli gruppi e per loro la vita è
diventata difficile, anche perchè - almeno a detta dei militari - sono
state chiuse tutte le vie di accesso al Sudan. Hanno comunque i militari sempre
alle calcagna, e non possono far altro che scappare.
Secondo alcuni, un
gruppo molto forte sarebbe entrato dal Sudan, passando nella zona di Atiak.
Alla gente viene raccomandato di non mettersi in viaggio, perchè le
strade diventeranno presto pericolose: veri e propri campi di battaglia.
Padre Piffer, da Anaka,
fa sapere che il convoglio per Arua partito da Gulu mercoledi’ scorso
è ancora impantanato in una zona paludosa poco prima di Anaka. Dice anche che ieri un’altra auto
è saltata su una mina. Ci sono stati sei morti. Noi, qui in ospedale,
non ne sapevamo ancora niente, ne’ sono mai arrivati feriti.
In serata il convoglio
di cui dava notizia Padre Piffer è ritornato indietro, perchè era
impossibile attraversare una palude. Ditte di trasporti disposte ha rifare la
strada in quelle zone pericolose, impiegando grossi mezzi, non ne trovano.
Forse tenteranno di passare ancora per la via del Parco, come facevano prima.
13-7-96 Questa mattina i militari hanno
portato un ferito, che dicono essere un ribelle. Io non lo ho ancora visto e
non ho visto neanche Brown. Non ho quindi ulteriori notizie.
ore 3.30 pm Hanno appena portato in elicottero
otto o nove soldati feriti. Vengono dalla zona di Pajule e sono stati attaccati
questa mattina, verso le dieci, mentre era in corso un rastrellamento in un
posto chiamato Atut. Un ferito mi raccontava che è stata una battaglia
molto cruenta, che i ribelli hanno avuto molti morti e che la vista del campo
di battaglia era raccapricciante (in Acholi, lik). Tra i soldati, solo tre morti, ma
molti feriti. Quelli portati in ospedale, anche se non gravissimi, sono
comunque mal messi. Due di loro hanno il femore spezzato. Un altro, colpito al
braccio, ha avuto un polmone trapassato dal proiettile, che si e’
conficcato poi nella spina dorsale: ha un imponente enfisema polmonare, ma,
fortunatamente, non ci sono conseguenze neurologiche. Un altro ancora ha un
braccio spappolato al di sopra del gomito; non si sente neanche la vena, ma
puo’ muovere ancora le dita. Stefano lo ha già operato e dice che
erano recise sia la vena sia l'arteria. Un altro, infine, ha avuto la trachea
recisa da una pallottola, che e’ poi andata a fermarsi nella spalla senza
ledere altri vasi. Degli altri non so ancora.
Un ufficiale mi ha
detto che i ribelli avebbero attaccato Kalongo. Non abbiamo pero’ notizie
dirette, dato che la comunicazione radio è per questa sera, dopo cena.
ore 8. 30 pm A Kalongo i ribelli non sono
arrivati, ma dicono che c'è tanta tensione e paura. Hanno attaccato,
invece, il campo profughi sudanesi di Agago, dove lavorano quelli dell'AVSI,
rubando tutte le medicine del dispensario, perche’ - hanno detto - tra
loro era scoppiato il colera. Hanno anche bruciato un camion dell'AVSI.
Padre Raffaele,
parlando via radio da Namokora, diceva che Atut è una montagna Sacra per
Kony e i suoi seguaci, e, se è vero che oggi proprio lì hanno
ricevuto una batosta dai soldati di Museveni, anche il prestigio di Kony
sarà compromesso.
14-7-96 Domenica. Oggi a Gulu abbiamo
ospiti cinque vescovi, in rappresentanza di tutte le parti d'Uganda, venuti
appositamente per pregare per la pace insieme al popolo acholi, come messaggeri
di pace mandati dal Signore in risposta al grido disperato della sua gente. La
funzione si è svolta in cattedrale, davanti alle autorità civili.
C’era anche il nuovo ministro Owiny Dolo, che ha preso il posto della
Bigombe, e anche il vescovo protestante di Kitgum.
Tra i vescovi cattolici
c'era il vescovo di Masaka, Mons. Ndungo, il vescovo di Soroti, Mons. Erasmo
Wandera, Mons. Malanda, vescovo di Fort Portal, e il nuovo vescovo di Nebbi,
Mons. John Odama, fino ad ora Rettore del seminario di Alokolum. E' per merito
suo che questa giornata ha avuto luogo, dato che all'ultimo raduno della
Conferenza Episcopale ha svegliato tutti i vescovi parlando della tragedia che
il popolo acholi sta vivendo. E sarà stato senz'altro convincente,
perchè le cose che ha detto le ha vissute in prima persona, insieme alla
gente e ai suoi seminaristi. Come un buon pastore, non ha abbandonato le
pecore, e anzi il seminario è diventato per tutta la zona di Alokolum
l'ovile dove tutti cercavano scampo da quei lupi diabolici che sono i ribelli.
E c’e’ da dire che Odama non è un acholi ma un logbara.
Appartiene cioe’ a una tribù contro cui gli Acholi, dopo la caduta
di Amin, ne hanno fatte di tutti i colori.
La funzione ha avuto
dei momenti molto commoventi, specie durante la preghiera dei fedeli, in cui la
gente ha potuto esprimere la propria tragedia, i propri sentimenti più
vivi. Quando pregavano i bambini, molti dei presenti si asciugavano le lacrime.
Nella prima fila c’era una quindicina dei nostri pazienti mutilati, molti
dei quali donne e bambini. Hanno fatto ovviamente molta impressione e suscitato
reazioni di sdegno e appelli perche’ si smetta di uccidere, si abbassino
le armi e si cominci a trattare.
Il D.A.S. di Gulu ha
precisato che l'operazione ci sarà ma i civili non devono avere paura ne’
vendere le proprie galline: i soldati non le toccheranno, e il Governo chiede
solo sincerità e collaborazione. Ha detto inoltre che a presidio della
città e delle istituzioni sono stati mandati i poliziotti, in modo che
tutti i militari possano essere impiegati sul campo.
La funzione è
durata quattro ore ma non è apparsa lunga e tutti hanno avuto il tempo
di parlare. Ha preso la parola anche il nuovo ministro. Ha detto che soluzioni
in tasca non ne ha, ma che sarà sempre a disposizione. Si e’
raccomandato anche alla gente perche’ l’operazione non serva a coprire regolamenti di
conti tra famiglie, come e’ successo altre volte, ma che tutti si
uniscano per convincere i loro figli a deporre le armi e tornare a casa.
Mons. Odama ha concluso
dicendo che il seme della Pace è stato seminato e che il Signore sembra
lo abbia benedetto innaffiandolo subito con una grande pioggia.
Un ufficiale acholi, un
certo Anywar Paul, incaricato delle paghe dei soldati, mi diceva, riguardo alla
battaglia di ieri, che è stata una operazione molto ben riuscita, che ha
consentito di recuperare un grosso cesto di mine anti-uomo e tantissime
munizioni. Prevedendo che Kony si sarebbe diretto verso questo monte Atut, dove
di solito fa sacrifici e sortilegi, hanno organizzato un’imboscata. A
detta dell’ufficiale, Kony c’e’ caduto in pieno e ha avuto la
peggio. Vedremo cosa se ne sapra’ in seguito.
ore 8.30 pm Sono appena stato alla radio. Da
Pajule ci hanno fatto sapere che oggi, verso le tre del pomeriggio, i ribelli
hanno attaccato ancora il campo di rifugiati sudanesi di Agago, uccidendo
piu’ di ottanta persone e bruciando magazzini, dispensario e uffici.
Sembra una vera e propria spedizione punitiva contro questi poveri profughi.
Hanno poi reso difficili i soccorsi ai feriti piazzando mine anti-carro sulla
strada Lira-Kitgum. Una di queste ha fatto saltare un camion. Speriamo che,
dopo tutte le nostre preghiere, questo sia l’ultimo colpo di coda di
questo drago diabolico.
15-7-96, ore 8.30 pm Da Kalongo, via radio hanno fatto
sapere che questo pomeriggio un gruppo di ribelli ha attaccato il Centro
Commerciale di Patongo, rubando dai negozi tutto quello che era possibile
rubare. Non sono entrati nella Missione perchè sapevano già di
non trovare molto, dato che l'avevano già ripulita per bene la volta
scorsa, pochi giorni prima di Pasqua, portando via anche la radio e bruciando
la Suzuki e il trattore. Particolari di questo assalto non ne abbiamo ancora,
ne’ abbiamo notizie dei nostri padri e delle nostre suore.
17-7-96 Ieri le radio erano tutte
inutilizzabili: la propagazione era ridotta a zero, e non siamo riusciti a
comunicare con nessuno. Questa sera, invece, si sentiva discretamente, e da
Kalongo ci hanno fatto il punto della situazione. L'attacco avvenuto a Patongo
non ha fatto vittime. I nostri padri e suore appena hanno sentito sparare, come
se avessero le ali ai piedi, si sono allontanati nella savana di almeno tre
chilometri, e così hanno fatto tutti quelli del centro. I ribelli si
sono quindi limitati a svaligiare le botteghe, e, da bravi puritani, a rompere
tutte le bottiglie di birra che hanno trovato; si sono poi allontanati senza
fare altri guai.
Il bilancio della
strage al campo dei profughi sudanesi sale invece a novantasei morti e una
trentina di feriti, portati all'ospedale di Kitgum. Il campo è molto
esteso: una striscia di terra lunga venti chilometri, per circa ventimila
rifugiati. Per quanto riguarda le cose materiali, hanno bruciato il
dispensario, con gli uffici, i magazzini e i tendoni, rubando tutte le medicine
e saccheggiando le poche cose in possesso dei rifugiati. Hanno anche bruciato
una vecchia Toyota Land Cruiser, un trattore e alcune motociclette.
Il fatto che fa
riflettere è stato il completo disinteresse da parte dei militari. Quelli
dell'Avsi, subito dopo il primo attacco, hanno sollecitato le autorità
militari ad intervenire e portare soccorso alla gente del campo. Lo stesso
hanno fatto subito dopo la seconda ondata, ma ancora inutilmente. E così
pure dopo il terzo attacco, conclusosi con la strage. Solo allora i militari si
sono mossi, ma ormai era troppo tardi.
Adesso il problema del
campo è che tutta questa gente è ammucchiata in un unico posto,
senza riparo nè cibo. Così è scattata ancora
un’operazione di emergenza e, per decisione dell’UNHCR, la
ricostruzione del Campo Profughi, sempre sotto la direzione e la
responsabilità dell'Avsi.
Un soldato mi diceva
che stanno adottando misure molto drastiche contro quei militari che si
rifiutano di combattere. A questo proposito, Padre Paolo, da Opit, questa sera
si lamentava, per radio, del fatto che, nonostante il pullulare di migliaia di
soldati, oggi i ribelli erano sulla strada che porta a Gulu e, a quattro
chilometri da Opit, hanno bruciato una vettura. Questa mattina, a diciassette
chilometri dalla missione, verso Awere, poco prima del ponte sull'Acwa, avevano
fatto razzia di ragazzi e ragazze dagli otto ai quindici anni. Padre Paolo ha
anche confermato che ieri notte parte del gruppo che ha attaccato il campo dei
rifugiati ha attraversato il fiume ed è entrato nel distretto di Gulu;
non sappiamo ancora dove siano diretti, se verso la tribù Lango o ancora
dalle nostre parti.
A Padre Fidel, venuto
da Roma per tenere dei corsi di ritiro su Comboni, e in questi giorni a Gulu,
hanno cancellato il corso che avrebbe dovuto tenere a Kalongo per tutti i
Comboniani dell'Est Acholi, perchè anche le strade che vanno a Kalongo
attraverso il territorio Lango sono poco sicure.
Questa mattina il mio
operaio falegname di nome Felix, mentre veniva al lavoro e’ venuto a
sapere che due giorni fa, nella zona di Paico, i Lakwena - ossia i ribelli -
hanno rapito suo fratello, che era andato nel villaggio di origine per qualche
giorno, e lo hanno ucciso sulla strada che va a Kitgum. La notte stessa un
carro armato è passato sul cadavere coi cingoli. Felix mi ha chiesto un
mezzo per andare a recuperare il corpo. Gli ho dovuto dire di no, perchè
non posso rischiare la vita del nostro personale e neanche mettere in pericolo
un’ambulanza per uno che è già morto. Gli ho invece
suggerito di cercare qualcuno disposto ad andare sul posto con un furgone; io
poi contribuiro’ alle spese per il trasporto.
18-7-96, 8.30 pm Padre Paolo ci fa sapere, via
radio, da Opit che oggi c'e’ stato grande movimento dalle sue parti. I
soldati stavano inseguendo un gruppo di ribelli che volevano ritornare nelle
nostre zone, forse a loro più familiari. Noi, dall'ospedale, abbiamo
sentito solo dei forti colpi di artiglieria verso le tre e mezza del
pomeriggio. Un altro gruppo sembra che voglia ritornarsene in Sudan attraverso
l'East Acholi, via Lokung; o almeno così pensano i nostri di Kitgum.
Forse anche Kony è con loro.
19-7-96 Alcuni ribelli ieri hanno
attraversato la strada per Kampala all'altezza di Bobi, ed erano per questo i
colpi di artiglieria che abbiamo sentito. Alcuni carri armati hanno sparato
cannonate da Koc Ongako verso Bobi, che in linea d'aria dista cinque o sei
chilometri da qui. Forse pero’ non avevano la bussola ; cosi’ hanno
mancato completamente il bersaglio. Non dovevano essere acholi: quelli, con o
senza bussola, hanno un senso dell'orientamento formidabile. Le cannonate sono
arrivate nelle vicinanze di Layibi, nel punto in cui dalla strada asfaltata
Gulu-Kampala parte la stradina per il collegio. Hanno mancato il bersaglio
di otto chilometri! Passi che sbagliano gittata, ma che sbaglino direzione in
quel modo e’ incredibile! In tutto sette colpi. Uno, sulla strada
sterrata a cinque metri dalla strada asfaltata, ha fatto una grossa buca di
almeno tre metri di diametro, profonda un metro e mezzo; un altro si è
infilato sotto l’asfalto, e sembra non sia esploso.
Questa mattina ho
trovato i militari che scavavano per recuperare il proiettile. Ho chiesto chi
avesse sparato quei colpi. Mi hanno risposto che erano stati i ribelli. Ho
replicato dicendo che quelle balle potevano raccontarle al loro comandante, non
a me. Davano colpi di piccone senza la minima paura, con un bel gruppo di
curiosi intorno. Ho chiesto se quel proiettile potesse scoppiare. Hanno risposto
categoricamente di no, aggiungendo che comunque l'ospedale di Lacor era vicino.
Ho detto loro che, nell’ipotesi che non arrivassero prima in Paradiso, io
ero lì con l'ambulanza pronta.
Gli altri cinque colpi
sono caduti tutti nel raggio di duecento metri. Non hanno fatto, per fortuna
ne’ danni ne’ vittime; solo, molto panico tra la gente della zona.
Poteva andare molto peggio, considerando che ad appena settecento metri
c'è il nostro collegio con ottocento ragazzi delle superiori e una
scuola elementare con più di mille ragazzi. Fortuna che il Presidente in
questi giorni è in Kenya; altrimenti non so cosa avrebbe fatto a quegli
artiglieri irresponsabili.
Fratel Bepi, di Layibi,
mi raccontava che ieri, quando ha sentito le cannonate fischiare sopra la testa,
credeva che fossero razzi sparati dai ribelli contro l'elicottero e il piccolo
aereo da combattimento dei militari. E’ un aereo molto manegevole e
veloce, di fabbricazione italiana – credo -, adatto a piombare
d’improvviso sui ribelli. Due di questi aerei, pero’, si sono
schiantati al suolo in varie circostanze, con grande soddisfazione dei ribelli,
e incremento di prestigio del loro capo: ritengono infatti che la caduta sia
dovuta ai poteri magici di Kony. Uno è caduto mentre tentava di
decollare dalla pista della nostra missione di Kalongo. Portava in giro gente
di Museveni, impegnata in una campagna elettorale a tappeto per la sua
rielezione a Presidente. Era sovraccarico di armi e di passeggeri e non
è riuscito ad alzarsi a sufficienza: si è schiantato contro una
pianta. Solo il pilota, pero’, ha riportato danni: ha avuto qualche
vertebra incrinata, ma ha fatto ugualmente in tempo a mettersi in salvo prima
che l'aereo si incendiasse.
L’altro aereo
e’ precipitato durante una esercitazione condotta da un pilota italiano.
Due aerei si sono toccati in volo: quello portato dai piloti ugandesi è
precipitato, e i piloti sono morti; il pilota Italiano, invece, è
riuscito a fare un atterraggio di fortuna e si è salvato. Erano partiti da
Entebbe, e facevano le loro esercitazioni nel parco Queen Elizabeth, vicino al
Ruenzori; molto lontano da qui, ma non abbastanza, evidentemente, per sfuggire
ai poteri di Kony...
I militari che questa
mattina cercavano di recuperare il proiettile inesploso, questa sera erano
ancora lì a scavare.
Anche oggi sulla strada
di Kampala si è sentita “musica”. Il nostro camion, che era
andato per mattoni proprio su quella strada, è tornato indietro
perchè sparavano nei pressi di Koro Abili, dove padre Albertini ha una
cappella circondata da un bel boschetto di pini, a due passi dalla strada. Un
altro gruppo cercava di attraversare la strada per dirigersi verso il parco di
Murchinson Fall.
Stephen Okec settimane
fa è andato a Londra per assistere un suo figlio ammalato di AIDS, avuto
dalla sua prima donna. Oggi abbiamo saputo che il figlio è morto e che
la salma arriverà martedì prossimo.
Nonostante tutto,
questa sera la gente è in festa, perchè la Bigombe si è
ritirata dalla corsa per il seggio di parlamentare del collegio di Gulu. Lo
scopo e’ quello di allentare la tensione tra la gente e in seno al
Governo. E’ partita per gli StatiUniti, per un Post-Graduate degree - non
si sa ancora in che campo. La gente festeggia la sofferta vittoria di Mao. La
persona non e’ di quelle che possano piacermi molto: è pieno di
presunzione e va in giro a dire che questa vittoria è il primo passo
sulla strada che lo portera’ presidenza. La gente ha rifiutato la Bigombe
per il solo fatto che era dalla parte di Museveni – dalla parte,
cioe’, di un non acholi. Del fatto che per dieci anni e’ rimasta a
occuparsi dei problemi della zona, rischiandopiu’ di una volta la vita,
alla gente non importa. Aveva poi altre due colpe, imperdonabili da queste
parti: era una donna, e qui non si prendono ordini dalle donne (eccetto che
dalla dottoressa Lucille), e ha sposato un Banyankole – di quella
tribù che, per mano di Museveni, ha tolto il potere ai fieri Acholi. Nel
neo-eletto vedono invece l'uomo capace di portare questo popolo distrutto
nuovamente al potere.
Nonostante gli scontri
di questi giorni, non hanno portato qui neanche un ferito: segno che militari e
ribelli evitano il confronto diretto. Meglio così.
Il comandante in capo
assicura che entro dicembre sarà tutto finito. Ai ribelli ha promesso
centomila scellini per ogni fucile che consegnano e duecentomila per ogni land
mine che riescono a segnalare. Potrebbe essere un modo per risolvere due
problemi in un solocolpo: la guerriglia e le difficolta’ economiche.
20-7-96 I ribelli, dopo aver tentato inutilmente
per ben tre giorni di attraversare la strada di Kampala e rientrare nelle
nostre zone di Anaka e Alero, sono ritornati sui propri passi. Padre Paolo, di
Opit, ci diceva che due gruppi sono tornati nella sua zona e che un elicottero
dei militari oggi continuava a perlustrarla.
Oggi abbiamo
festeggiato anche il il cinquantesimo di vita religiosa di Suor Innocenza; una
festa intima e simpatica, con la presenza di Mons. Matthew Odong, tutti noi
comboniani e anche alcune suore nere. Il vescovo non c'era, perchè
invitato dal nuovo Ministro Owiny Dolo a presiedere al Pece Stadium una
preghiera Ecumenica per la Pace.
21-7-96, ore 8 am. Questa notte, verso le undici, si
sono uditi degli spari, ma non ho dato loro peso, dato che erano lontani.
Così anche verso le tre di notte, quando ho sentito altre raffiche di
mitra - questa volta molto più vicine – non ho avuto
difficolta’ a riaddormentarmi.
Alle sette, mentre in
ospedale iniziava la messa, una figlia di Manano, nostro autista, è
arrivata tutta agitata dicendo che questa notte i ribelli avevano portato via
suo padre. Il suo villaggio è a meno di un chilometro di distanza
dall'ospedale, e mentre tutta la sua famiglia già da mesi dorme in
ospedale, lui e il figlio maggiore, che ormai è sposato, dormono a casa
propria. Verso mezzanotte sono andati a bussare alla sua porta. Lui ha aperto,
anche perchè, se non lo avesse fatto, avrebbero buttato giù la
porta o addirittura dato fuoco alla capanna coperta di paglia. I ribelli si
sono impossessati subito della sua radio e poi hanno raccolto tutti i vestiti
che hanno trovato (una grossa valigia, con le sue cose più belle e di
valore e i vestiti dei suoi bambini, è nascosta nel deposito delle
officine dell'ospedale). Lo stesso hanno fatto nella capanna dove abita suo
figlio. Non sapevano poi come raggiungere un certo posto, dove sembra avessero
il loro campo, e così hanno chiesto al figlio di guidarli. A questo
punto, Manano si è offerto lui diportarli, e sono partiti. Volevano
venire verso l'ospedale per ripulire i negozi, ma Manano ha detto loro che era
pericoloso, dato che l'ospedale e’ pieno di poliziotti e di soldati. Si
sono diretti cosi’ verso Alokolum. Prima di arrivare dalle nostre parti
avevano ripulito due negozi a For God, vicino alla missione.
Altri ribelli hanno
sparato al Senior Quarter di Gulu. Altri ancora sono passati dietro la nostra
fabbrica di mattoni di Layibi, a Bwoc, e anche da lì hanno potato via
della gente. Dalla Technical School di Minakulu questa notte hanno portato via
trenta ragazzi; tra questi c'era anche il figlio di Elia, quello che lavora
alla Procura, ma è riuscito a fuggire, con altri quattro.
Sentita la notizia di
Manano, sono subito andato a trovare la moglie e i figli, cercando di far loro
coraggio. Ho detto loro che non devono aver paura, perche’ Manano
è un uomo esperto, che ha fatto per tanti anni il soldato, e che
all'inizio di questa guerriglia, nel 1986, era anche lui con i ribelli. Ho
raccomandato di pregare il Signore perche’ lo faccia tornare presto a
casa.
Ore 7.30 pm Manano è tornato e, anche se
stanco, sembra tranquillo; di solito però - come abbiamo visto in altri
casi simili – lo shock arriva piu’ tardi. E' zoppicante,
perchè durante la marcia forzata di stanotte, camminando al buio, con un
pesante sacco in testa, e’ caduto in una buca. Dopo essere partiti dal
villaggio, i ribelli volevano che lui indicasse loro la strada per una certa
località, a lui sconosciuta. Ci sono stati momenti di tensione,
finche’ i ribelli non si sono convinti che Manano diceva la
verità. Si sono allora fermati in un altro villaggio e hanno chiesto le
indicazioni a una donna incinta; poi l'hanno lasciata andare. Hanno camminato
tutta la notte e finalmente, a mattino inoltrato, sono arrivati a destinazione,
al campo base, vicino a Koc Goma, a piu’ di quaranta chilometri da qui.
Manano ha raccontato che lì hanno capanne, donne e bambini, e che gli
hanno offerto il the coi biscotti. Non facevano altro che mangiare biscotti;
rubati dai negozi, ovviamente. Il loro piano, per questo mese, sarebbe quello
di bloccare la strada asfaltata che viene a Gulu da Kampala e le strade che
portano in West Nile. Avrebbero anche detto di rassicurare quelli del Lacor
Hospital: non faranno niente contro di loro, perchè l'ospedale aiuta
tutti, senza distinzioni. L'East Acholi, poi, non farà parte del loro
campo di azione; la gente potrà quindi muoversi su quelle strade senza
paura.
8.30 pm Padre Paolo fa sapere, da Opit, che
anche oggi ci sono stati scontri verso la zona Lango di Alito.
Padre Piffer, da Anaka, dice che la gente ha tanta paura e che i ribelli passano di villaggio in villaggio portando via il poco cibo rimasto.
Fratel Bepi di ritorno
da Lira, dove ha portato Padre Fidel per fare anche lì una due-giorni su
Comboni, ha dovuto fermarsi per due ore a Minakulu perchè la strada non
era sicura.
Come è successo altre volte
dopo il passaggio dei ribelli, questa sera l'ospedale si è di nuovo
riempito di gente, che spera di trascorrere una notte più tranquilla che
fuori.
New Vision riporta
oggi le dichiarazioni di un ex poliziotto, preso come ostaggio dai ribelli
l'anno scorso e poi diventato guardia del corpo e segretario personale di
Joseph Kony. Secondo il poliziotto, Kony e’ entrato in Uganda la scorsa
settimana con l’obiettivo di rapire diecimila persone. Dopo un
addestramento in Sudan, scatterebbe, prima di dicembre, un’offensiva
contro l'esercito per rovesciare il governo di Museveni. Il piano prevederebbe
di rapire gente di varie eta’ e da vari gruppi: non solo Acholi, ma anche
Langi, Karamojong, Teso e Madi. Il piano sarebbe stato ispirato da Dio stesso
per rovesciare l’attuale “diabolico regime”. L’ex
poliziotto ha aggiunto che per arrivare alla frontiera ugandese hanno camminato
per cinque giorni, dovendo continuamente evitare le postazioni del SPLA. Erano
circa ottocento uomini; c’erano anche un centinaio di ragazze adibite al
trasporto delle mine anti-carro. Quindici di questi ribelli furono uccisi, per
ordine di Kony, perchè deboli di spirito e incapaci di camminare. Il
gruppo sarebbe lo stesso che si e’ reso responsabile del massacro di 108
persone nel campo di rifugiati sudanesi di Agago. Secondo il poliziotto, Kony e
i suoi ufficiali indottrinano la gente rapita e prigioniera a un punto tale da
dissuaderli completamente dal tentare la fuga. Le autorità militari
sudanesi sarebbero arrabbiate nei confronti del famigerato colonnello Lagony
per aver questi perso le colline di Kilak; per questa ragione hanno rifiutato
di fornire ai ribelli i missili anti-aerei.
22-7-96 Alle dieci di ieri sera hanno
portato in ospedale un poliziotto che – stando alla versione dei colleghi
- avrebbe tentato di uccidersi con una fucilata al petto. Secondo il Dr.
Stefano, pero’, le ferite sono state causate da due proiettili sparati
all'altezza della milza. L’ipotesi di un tentato suicidio sembra quindi
inverosimile.
A mezzanotte,
quando si era appena concluso l’intervento sul poliziotto, sono arrivati
altri due feriti, vittime di un agguato sulla strada di Koc, vicino al
dispensario che abbiamo costruito l'anno scorso. (Per inciso, non abbiamo
ancora consegnato il dispensario al DMO, e devo cosi’ pagare lo stipendio
del guardiano.) I due erano stati fermati dai ribelli verso le cinque di ieri
pomeriggio, mentre erano diretti a Gulu con altre persone, a bordo di un pick-up.
Cinque dei passeggeri sono stati uccisi. I due portati in ospedale sono isoli
sopravvissuti. Uno ha una pallottola nella spalla e una in una gamba; l'altro
non lo ho visto. La macchina è stata bruciata. Non sembra che la
situazione sia sotto controllo come vogliono farci credere.
23-7-96 Ieri notte alle dieci e mezza i
ribelli hanno svaligiato una bottega, proprio di fronte al nostro dispensario
per adulti. Hanno sfondato una porta sul retro, portando via tutto e obbligando
il proprietario, Morokole (di nome e di fatto), ad aiutarli. La moglie non
l'hanno importunata. Andando via, poi, hanno lanciato una granata, che è
scoppiata sulla strada tra la bottega e il dispensario, e hanno esploso nutrite
raffiche di mitra dirette - sembra - proprio contro la nostra entrata
principale. Alcuni proiettili hanno colpito il muro esterno del dispensario e
altri, passando attraverso la griglia di mattoni, sono finiti contro il muro
della sala d'aspetto. Mi sono svegliato con il cuore che batteva forte e mi
sono vestito; poi, non sentendo rumori ne’ di cancelli ne’ di voci,
mi sono rimesso a letto vestito.
Questa mattina,
alle sei, ho trovato tutti i poliziotti a consiglio con i militari Brown e
Mansur, e non sapevano ancora cosa fosse successo fuori. Allora, facendosi
coraggio e armati fino ai denti, i militari sono usciti per una ispezione. Ho
saputo poi da Brown che i poliziotti mandati per difenderci, ai primi spari, si
sono dileguati, lasciando l'entrata e tutto l'ospedale incustoditi. Brown e
Mansur, che sono qui a guardia dei militari ricoverati, hanno organizzato la
difesa con gli altri otto soldati, non avendo neanche la possibilità di
comunicare via radio con le baracche, forse perchè le batterie erano
scariche.
Ho fatto le mie
rimostranze, per questa fuga, al comandante dei poliziotti. Con una faccia
tosta che mi ha fatto perdere la pazienza, mi ha risposto che i suoi uomini
stavano semplicemente "taking cover" – “prendendo
posizione” – e che “taking cover” non voleva dire
scappare. Ho replicato, seccato, che se per loro "taking cover"
significava andare a nascondersi sotto i container e in mezzo alle canne di
bambù potevano anche andarsene: avremmo badato noi stessi a difenderci,
invece di dormire tranquilli pensando che pazienti e personale fossero protetti
dai poliziotti.
I giornalisti italiani
arrivati ieri sera da Kampala erano ancora in piedi a ridere e scherzare con
Romano e il Dr. Stefano quando sono incominciati gli spari. C’e’
voluta una telefonata del Dr. Matthew, che ingiungeva loro dispegnere la luce e
stare zitti, per riportarli con i piedi per terra.
Matthew è andato
a parlare col comandante dei militari, Salim Saleh, e col suo aiutante, Kazini,
quello che ha avuto la brillante idea di mettere a difesa dell'ospedale la
polizia. Non è ancora tornato, ma speriamo che prendano sul serio la
questione della protezione dell'ospedale. Devono capire che in caso contrario i
nostri medici se ne andranno altrove, a scapito non soltanto dei militari
feriti, ma anche dell'assistenza sanitaria delle loro famiglie.
23-7-96 Altra versione dei fatti. Dicono
che ieri, alle sette e mezza, i ribelli erano già in giro. Si sono fatti
passare per soldati regolari della Mobile di Anaka. Dopo aver bevuto qualche
birra nell’hotel di Paul Obita (nostro Health Educator), in compagnia di
Mansur, Intelligence Officer dei soldati e residente in ospedale, uno di loro
si è fatto accompagnare dallo stesso Mansur in visita ai militari
ricoverati, facendo credere che tra questi ci fosse un loro compagno. Finita la
visita se ne sono andati per un po’. Hanno fatto ritorno verso le dieci,
conoscendo ormai perfettamente il contenuto delle varie botteghe e le posizioni
dei nostri poliziotti.
In questo momento
– sono le 3.20 pm - dicono che la gente della zona dell'aeroporto
e’ in fuga per un passaggio di ribelli. Un altro gruppo, proveniente
dalle zone di Alero e diretto verso Patiko, ha attraversato la strada di Pabo
dopo il centro di Keyo.
Questa mattina Manano
è stato chiamato dal comandante Kazini per un rapporto sulla sua avventura.
Anche Morokole e’ tornato: lo avevano portato via stanotte i ribelli,
dopo avergli svaligiato la bottega. E’ stato rilasciato nella zona dopo
Alokolum, dove nel ‘93 i ribelli mi avevano bruciato il camion. Era molto
più scosso di Manano, anche perchè ha perso quasi tutto, e
piangeva come un bambino.
Sul Monitor di ieri un
grosso titolo; "Residenti nel panico mentre i ribelli fanno un incursione
a Gulu". L’articolo dice che le forti esplosioni hanno rifugiare la
gente sotto i letti o nella savana. Uno della zona di Layibi avrebbe riferito
che erano sulla sessantina, tutti bene armati, e che gli avrebbero chiesto dove
si trovassero i militari di Museveni. Sempre secondo il Monitor, i ribelli
volevano far saltare la centrale elettrica di distribuzione e i grossi
trasformatori, e avrebbero obbligato un tale a indicare loro la strada per
arrivarci. Il capo ha poi dato ordine a un compagno di sparare al
trasformatore; questi avrebbe sparato sei RPG da quindici metri didistanza,
senza però fare centro. Un mio autista, Ojok, che abita vicino a questa
stazione elettrica dice che son tutte balle e che gli RPG. sono stati sparati
in tutt'altra direzione.
Intanto, il nuovo
Ministro di Stato Residente al Nord, Alfonso Owiny Dollo, in un meeting,
domenica sera, al Gulu District Counsil Hall, con anziani e giovani,
parlamentari della zona, autorità tradizionali e capi dei vari
dipartimenti di Gulu e Kitgum, ha invitato tutti a suggerire vie e modi per
porre fine a questa guerra. Secondo lui, è ora che da entrambe le parti
cessino le ostilità: tutta questa storia e’ un problema per il
benessere dell’intera nazione, e non soltanto per il popolo Acholi. Il
suggerimento piu’ significativo tra quelli avanzati nel meeting e’
che Museveni revochi il famoso ultimatum dei sette giorni.
Quell’ultimatum, che porto’ al ritiro di Kony dalle trattative di
pace, sarebbe stato dato su consiglio di chi, piu’ che alla pace, tiene
al mantenimento dei propri sporchi traffici.
Questa sera la gente
e’ venuta a dormire in ospedale ancora più numerosa di ieri sera.
La signora Helen, dell’ufficio imposte, sposata con un direttore di banca
e quindi abbastanza ricca, mi ha portato un televisore con videoregistratore e
una grossa radio stereo da custodire: ha paura che i ribelli gliela portino via.
Ho chiarito, prendendo il tutto, che se i ribelli, piuttosto che andare da lei,
vengono da me e portano via radio e televisore, e’ problema suo.
24-7-96 La notte è passata
tranquilla, anche perchè hanno mandato, a proteggerci, un bel gruppo di
militari scortati da una autoblindo, che ha parcheggiato di fronte al
dispensario nuovo. I giornalisti italiani hanno documentato con la telecamera
l'esodo della marea di gente che ha passato la notte in ospedale. Erano
senz'altro piu’ di duemila persone.
Sul New Vision di oggi,
altro grosso titolo in prima pagina: "Lacor attaccato dai ribelli".
Il giornale racconta poi la storia, un po’ come l'ho descritta nella
seconda versione – che i ribelli erano, cioe’, già nei
paraggi nel pomeriggio, si sono fatti scambiare per militari regolari di un
distaccamento di Anaka e ci è cascato anche il nostro Intelligence
Officer (“Intelligence Officer della mutua” - direbbe Romano). Ad
ogni modo, come che siano andate le cose, abbiamo ottenuto che vi sia di nuovo
una guarnigione fissa per la nostra sicurezza e anche, almeno in questi giorni,
un’autoblindo piazzata davanti all'ospedale.
Questa sera i militari
hanno portato tre feriti, uno dei quali è un ribelle che si è
consegnato, nella zona di Opit, dopo giorni di latitanza, perchè aveva
una gamba fuori uso. Gli altri due sono soldati. Dicono che, mentre venivano da
Opit a Gulu in camion, un loro compagno ha perso l’equilibrio per via di
una buca; dal mitra - senza sicura,
per il timore di un attacco improvviso – e’ partita una raffica,
che li ha feriti.
Da Anaka, invece, Padre
Piffer ci fa sapere che un camion militare è saltato su una mina: ci
sono stati alcuni morti, e i superstiti sarebbero stati portati via dai
ribelli. Questo pomeriggio si sentiva sparare verso Bwobo Nam, a sei o sette
chilometri da noi, e adesso che sono le nove e mezza di sera si sentono dei
forti colpi di artiglieria e di armi leggere, sempre dalla stessa direzione,
verso Est, dalle parti di Anaka.
25-7-96, ore 3.00 pm. Hanno appena portato quindici
feriti; altri due erano arrivati questa mattina. Sono soldati, rimasti vittime
di un attacco a sorpresa mentre stavano accampandosi sulle colline di Opidi.
E’ la stessa zona – piu’ o meno – in cui, nel 1987,
andai a recuperare, in cambio di medicine, sale e sapone, centotrenta ragazze,
tra allieve infermiere e studentesse della Scuola Secondaria del Sacred Heart,
prese in ostaggio dai ribelli.
Non sono ancora riuscito
a sapere come siano andate le cose, perchè tra i feriti non c'era nessun
acholi, ma solo gente del Sud che non parla inglese, ma solo Kiswahili o
Banyankole, la lingua dei Tutsi. Sono solo riuscito a capire, con
quell’acca di kiswahili che conosco e con quel po’ di inglese che
sanno loro, che ieri stavano inseguendo i ribelli fin da mezzogiorno. Verso le
tre del pomeriggio hanno avuto uno scontro pesante. Pensavano, a quel punto, di
essere riusciti a disperderli. Cosi’, verso le nove di sera, stanchi per
la giornata, stavano organizzando l’accampamento per la notte.
I ribelli, che si erano
divisi in due gruppi, sfruttando il chiaro di luna, li hanno circondati e
attaccati, cogliendoli impreparati.
Secondo la testimonianza
di un ferito, venticinque soldati sono stati uccisi. Tra questi, due
Comandanti. Tantissimi altri sono rimasti feriti. Solo cinque ribelli sarebbero
morti nello scontro. Solo oggi, nella tarda mattinata, i feriti sono stati
recuperati dall'elicottero e portati a Gulu. Quelli arrivati in ospedale
diciotto ore dopo l'attacco non sembrano gravi, anche se forse più di uno
perderà qualche arto. Sono stati colpiti da schegge di bombe e da
proiettili. A un ferito son saltati quindici centimetri di un osso della gamba;
dato pero’ che il piede era ancora caldo, Stefano gli ha applicato un
fissatore esterno, sperando che non si infetti il tutto e che non si debba,
alla fine, procedere all’amputazione. Un altro e’ stato colpito al
collo: il proiettile gli ha leso una vertebra e, uscendo, gli ha aperto un
grande squarcio sotto l'ascella, ma non ha provocato altri danni.
Non sono riuscito ad
avere altre informazioni, neanche da Brown. Mi ha detto solo che un grosso
gruppo di ribelli ha bloccato la strada del Parco – quella che porta ad
Arua, nel West Nile. I militari hanno allora mandato tutti i mezzi disponibili
- carri armati, autoblindo e Mamba “spazza-mine” - sulla strada che
dal ponte di Karuma va nel West Nile.
26-7-96, ore 12.10 am. Sono appena rientrato in camera.
Alle 11.30 pm l'ospedale è stato risvegliato da una sparatoria
impressionante che veniva da tutte le direzioni. Per quasi una mezz'ora i
ribelli hanno sparato senza risparmio colpi con mitraglietta, mitraglia
pesante, mortai e RPG, e bombe a mano. Io sono uscito quasi subito e mi sono
portato vicino al reparto di radiologia, per avere così sotto controllo
il cancello dell'entrata principale. I militari non sapevano cosa fare, e non
hanno risposto al fuoco. L'ospedale sembrava circondato. Dopo un po’
è arrivato Matthew, con Mansur: voleva entrare nell’ufficio per
tentare di telefonare alla caserma. Le trasmittenti infatti - a detta di Mansur
- erano state lasciate, dietro promessa di restituzione entro sera, ad altri
militari andati a combattere sul luogo della batosta di ieri. Mathew aveva
tentato di telefonare a me, ma io ero già uscito; così ha dovuto
andare dalle suore a chiedere la chiave dell'ufficio, dove c'è il
telefono. Abbiamo provato a chiamare il centralino di Gulu, che è ancora
a scambio manuale, ma inutilmente: probabilmente l'operatore dormiva, come al
solito. Mansur non sapeva cosa fare, e non si sentivano mezzi pesanti venire in
nostro soccorso. Ha pensato allora di sparare due colpi di mortaio in aria -
segnale convenuto, con quelli della caserma, per i casi di difficolta’.
Visto poi che dopo mezzanotte era tornato il silenzio, si e’ limitato a riorganizzare
le postazioni di difesa.
I poliziotti questa
volta non sono scappati.
Ho potuto constatare
l'utilità del muro di cinta, che ora ho quasi finito: restano da
completare solo il lato sulla strada principale e l'entrata.
Non ho mai sentito una
sparatoria così lunga: si vede che i ribelli hanno munizioni da
sprecare; o forse volevano dimostrare quanto siano forti per intimorire i
militari e la popolazione. Quelli che dormono sotto le verande dell'ospedale
erano spariti tutti, lasciando lì ogni cosa: stuoie, stracci, coperte.
Non ho idea di dove si siano cacciati; forse sono entrati nei reparti e si sono
infilati sotto i letti. Domani mattina sapremo i particolari e forse anche i
motivi di quello che è successo questa notte.
Ore 7.30 Fuori dall'ospedale c'è un
convoglio in sosta, con sette camion, due spazza-mine e un’autoblindo.
E’ arrivato ieri, verso le due di notte, da Atiak. Quando erano nei
pressi del seminario di Lacor un’autoblindo è saltata su una mina,
anche se seguiva i due spazza-mine. Un maggiore, che era sull’autoblindo,
e’ morto.
Dicono che i ribelli
abbiano bruciato anche tante capanne a Katikati, vicino al bivio per Alokolum,
a due chilometri da qui. Piu’ tardi andrò a vedere.
L'azione di questa
notte, qui intorno all'ospedale, sembra sia stata fatta per tenere impegnati i
nostri militari e quelli della caserma ed attaccare indisturbati il convoglio
proveniente da Atiak. Il convoglio era stato intercettato dai ribelli nella
zona di Pabò e segnalato ai ribelli della nostra zona. Cosi’,
questi hanno avuto tutto il tempo di piazzare la mina.
L'ultima sparatoria
nella direzione del seminario di Lacor e’ stata opera dei militari
– credo – che si difendevano dall'imboscata dei ribelli. Non hanno
ancora portato nessun ferito, ne’ per colpi d’arma da fuoco
ne’ per mine - cosa strana, tenendo conto del pandemonio di questa notte.
Ore 8.30am Ho fatto un giro al seminario di
Lacor. Lì ho saputo che i ribelli hanno portato via ventitre ragazze
della scuola Senior Saint Mary's e hanno proseguito bruciando case e portando
via ragazzi e ragazze dai villaggi lungo il percorso. Anche il villaggio di
Otto, un mio operaio, è stato completamente bruciato. Il convoglio che
veniva da Atiak ha visto la scia delle pallottole e i bagliori delle capanne e
si e’ fermato per studiare la situazione. Il comandante - quel maggiore
che ha poi perso la vita - stava in piedi con il busto che sporgeva dalla
botola dell'autoblinda. Pochi metri più avanti, quando il mezzo è
saltato sulla mina, è stato sbalzato fuori. Si e’ rotto il femore,
con una frattura esposta che probabilmente gli ha reciso la femorale: è
morto prima dell'arrivo in ospedale, verso l'una e mezza.
Ho saputo che ieri
avevano piazzato un distaccamento di polizia e di militari nella zona di
Katikati; proprio lì hanno attaccato i ribelli. Tre poliziotti hanno
perso la vita e un soldato è stato ferito. Poi i ribelli hanno
svaligiato le botteghe di Katikati e quelle di Lacor Seminary. Sembravano
condotti da qualcuno molto pratico della zona: hanno anche derubato, infatti,
uno che aggiusta radio, sostenendo che aveva molti soldi, e hanno bruciato la
casa e le capre del RC, una sorta di prefetto della zona. Misono accorto che
c’erano scie di sangue sulla strada: segno che anche i ribelli hanno
avuto dei feriti.
I giornalisti italiani
non credevano di finire proprio al fronte e sono un po’ sconvolti. In
Italia si erano informati non so da chi, ed avevano ricevuto assicurazioni che
la zona era tranquilla.
In questo momento Bruno
e il Dr. Matthew hanno un incontro con il personale medico; poi sentiremo le
reazioni. L'ospedale ieri era presidiato da cento militari e una ventina di
poliziotti. Oggi festeggiamo anche l'onomastico di Suor Anna; per tirarle un
po’ su il morale, non avendo lei dormito tutta notte, le ho detto che
anche i ribelli erano venuti per farle, a loro modo, gli auguri.
Ho saputo adesso che
anche in città hanno fatto molto baccano e hanno marciato lungo la
strada del centro. Nella zona della caserma della polizia hanno anche ucciso
una donna.
Circola una versione dei
fatti di stanotte secondo la quale l’obiettivo sarebbe stato il Lacor,
per fare bottino di medicine e infermiere, ma i ribelli sarebbero stati
respinti. Non sanno che i nostri soldati non hanno sparato neanche un colpo.
Ore 8.30pm Questa sera alle cinque ho portato
i giornalisti italiani a Lacor Seminary perche’ potessero intervistare
qualche seminarista. Il vescovo aveva promesso, ancora avantieri, che avrebbe
avvisato il rettore, Mons. Odong. Quando siamo arrivati, il rettore non ne sapeva
niente. Ci ha fissato comunque un appuntamento per lunedì.
Mi hanno riferito altri
particolari dell'accaduto di oggi. Un gruppo di ribelli capitanati da una
donna, dopo aver preso in ostaggio molti ragazzi e ragazze nei villaggi, si
sono diretti verso l'ospedale. Poco dopo si sono imbattuti nel distaccamento di
soldati e polizia arrivati lì la sera prima. I soldati, per loro
fortuna, avevano gia’ preparato le trincee; anche per questo hanno avuto
relativamente poche perdite. Non si aspettavano pero’ di essere attaccati
così presto. Alcuni di loro, cosi’, verso le undici, erano ancora
a bere.
I ribelli sono arrivati
all’improvviso, con forti grida e kijira da parte delle loro donne. (Il
“kijira” e’ l’urlo di festa che le donne emettono
facendo vibrare la lingua). I militari, anche se colti di sorpresa, hanno
opposto un’energica resistenza, grazie alle loro mitraglie pesanti e,
sopratutto, all’apporto di quei compagni che erano andati a bere in un
villaggio poco più sopra; essendo fuori tiro, questi hanno potuto
rispondere ai primi colpi dei ribelli, disorientandoli. Alla fine, pero’,
pare che abbiano abbandonato ugualmente l'accampamento e si siano dispersi. I
ribelli ne hanno così bruciato i rifugi, fatti di frasche, con un telo
per tetto. Hanno bruciato poi le capanne dei dintorni. Gli ostaggi, nel
frattempo, avevano colto l'occasione per sparire nell'erba.
Il bilancio dei morti e
feriti non e’ ancora noto, ma si parla di tre poliziotti e un militare
morti e altri quattro militari feriti. Quanto ai ribelli, nessuno sa niente,
anche se, secondo alcuni, molti sono rimasti feriti. Il corpo di un giovane
ribelle giaceva immobile sul ciglio della strada tra Katikati e il seminario. I
militari – mi hanno detto - gli avevano tolto il fucile, alcune bombe a mano
e un paio di manette. Vedendolo, mi sono impietosito e ho deciso di portarlo
all'ospedale per seppellirlo nel nostro cimitero. Con l'aiuto di sette o otto
dei miei operai ho fatto fare in fretta la buca, mentre io e altri tre andavamo
a prendere il cadavere. Probabilmente era stato colpito in testa, dato che era
tutta insanguinata. Portava al collo una cordicella con un piccolo contenitore:
dentro, "la medicina" che avrebbe dovuto proteggerlo. Lo abbiamo
sepolto come si conviene ad un cristiano e abbiamo recitato per lui qualche
Requiem.
Intanto, la polizia e
tutti i militari si sono trasferiti sotto l'ospedale, dove abbiamo la
piantagione di eucalipti. Speriamo che questa notte non ci sia un altro
attacco.
Delle ragazze del Saint
Mary's College non sappiamo ancora niente. Si sa solo che sono state portate
via da un gruppo diverso da quello che ha attaccato la postazione militare.
L'autoblindo saltata
sulla mina ha dovuto essere soccorsa e portata in caserma da un pesante
carro-attrezzi militare, perchè tutto il treno anteriore delle ruote era
distrutto. Forze lo spazza-mine era troppo leggero per quel tipo di mina e non
l'ha fatta saltare.
27-7-96 Come era da aspettarsi, le persone
venute questa notte a dormire in ospedale erano piu’ di tremila. Oltre ai
soliti ragazzi c'erano anche tantissimi adulti - donne e uomini.
Ho incontrato Brown. Mi
ha detto che c’erano altri dieci cadaveri di ribelli nell'erba, se volevo
andarli a seppellire. Poco prima dell'una, durante una pausa del lavoro, sono
ritornato nella zona di ieri e ho recuperato uno di questi cadaveri. Era stato
trascinato per le gambe vicino ad un termitaio, come si poteva dedurre dalla
nuca impiastricciata di fango. Aveva intorno al collo dei ramoscelli
intrecciati. I miei uomini mi hanno detto che erano ramoscelli di
“Bomo’, ma non hanno saputo spiegarmene il significato. Sapevano
solo che normalmente questa pianta e’ introdotta nei pollai per liberare
le galline dai pidocchi. Una donna anziana, invece, mi ha detto che e’ la
pianta usata per legare insieme la placenta e il cordone ombelicale di due
gemelli, e che probabilmente quel ragazzo aveva un fratello gemello. Il ragazzo
era a torso nudo e con un paio di pantaloni da civile. E' stato colpito alla
schiena e ormai, dopo quasi due giorni, cominciava a decomporsi e aveva gli
occhi e la bocca piena di vermi. Abbiamo sepolto anche lui nel nostro cimitero,
vicino al suo compagno. Avevo proposto di fare una fossa e seppellirlo
lì vicino, senza portarlo al cimitero; mi hanno pregato pero’ di
non farlo, perchè avevano paura che lo spirito del morto venisse a far
loro del male.
Degli altri cadaveri
nessuno sapeva niente.
Il meeting sulla
sicurezza che questa mattina il Dr. Bruno e il Dr. Matthew hanno avuto con i
medici è andato molto bene, e nessuno sta pensando di cambiare aria. Il
Dr. Matthew, che ieri aveva avuto un colloquio con Salim Saleh, comandante
supremo a Gulu, ha assicurato ai medici che d’ora in avanti l'ospedale
sarà presidiato da un contingente militare capace di fare fronte anche a
un attacco di quattrocento ribelli.
Ore 8.30 pm Padre Raffaele fa sapere, da
Namokora, via radio, che anche nei dintorni di Kalongo ieri ci sono stati dei
combattimenti e che oggi i ribelli hanno attraversato la strada che da Kalongo
va a Kitgum, diretti a Nord.
Padre Paolo, da Opit,
dice invece che è tutto tranquillo e che si stanno consegnando tanti
ribelli, molti dei quali anche feriti.
Il Fratel Gianni, da
Arua, ci informa che il convoglio che da Karuma andava ad Arua ha impiegato
diciannove ore per percorrere i cento chilometri che lo separavano da Pakwac; e
questo non per motivi di sicurezza, ma solo per la lunghezza della carovana che
aspettava a Karuma da tre settimane. Il suo autista, che prendeva parte al
convoglio, ha raccontato che ad ogni foratura o rottura di qualche mezzo
dovevano fermarsi tutti ad aspettare.
Siamo senza luce, e
John, il ragazzo incaricato dei generatori e delle pompe dell'acqua, è
stato fermato dai poliziotti mentre tentava di uscire ad accendere il
generatore di emergenza per la notte; secondo loro la situazione era rischiosa.
Ho dovuto andare io stesso a convincerli che lo lasciassero andare a fare il
suo lavoro. Li ho lusingati dicendo che, dopo la lezione che ieri loro stessi
avevano dato ai ribelli, questi non sarebbero tornati così facilmente;
spero di non sbagliarmi... Li ho trovati, comunque, morti di paura, convinti
che questa notte sarebbero stati attaccati di nuovo. Dicono infatti che ieri,
venerdì, i ribelli hanno riposato come il corano comanda, e che questa
notte, dopo un giorno passato ad implorare Allah, torneranno per la rivincita.
I ribelli si starebbero islamizzando, e andrebbero già in giro a dire
alla gente di non lavorare il venerdì. Speriamo che non comincino ad
obbligare la gente a farsi circoncidere - cosa improbabile, comunque,
perchè gli acholi non ne vogliono sapere di circoncisione. Quale che sia
la situazione, si ha l’impressione che gli Arabi stiano usando Kony per
destabilizzare l'Uganda e per arrivare un giorno ad avere il predominio sututto
il corso del Nilo; se non fino al lago Vittoria, almeno fino al Lago Alberto,
con tutto il West Nile.
Alcuni soldati, con la
mitraglia pesante, sono al cancello principale. Gli altri sono fuori dalle
mura.
Manano è tornato
da Kampala portando su tre carrozzelle, una delle quali costruita appositamente
per George, il ragazzo senza gambe e senza il braccio destro, e pagata dai
Vigili del fuoco di Linate grazie alla sensibilazzione fatta, tra i colleghi,
da Lorenzo Demartin. Le altre due le ha mandate Angelo Brugnoni: una per Konsi,
una ragazza di dieci anni rimasta senza gambe dopo essere saltata su una mina
il Venerdì Santo di quest'anno; l'altra per Charles, a cui delle gambe
son rimasti solo due moncherini di dieci centimetri. Questi bambini sfortunati
ora sono all'orfanotrofio, dove possono continuare la scuola e vivere
più tranquilli che nei loro villaggi.
Dopo le notizie di ieri
e di oggi, apparse sui giornali della Capitale, i medici che dovevano venire al
Lacor per il loro anno di tirocinio hanno fatto sapere a Manano, nostro
autista, mandato a Kampala appositamente per loro, che non erano ancora pronti,
nonostante che gli accordi presi fossero molto chiari. Speriamo che la
situazione cambi, in modo che Manano, la prossima volta che scenderà a
Kampala, li trovi pronti.
Delle ragazze di Saint
Mary's non si sa ancora niente.
Domenica 28-7-96 La notte qui da noi è
passata tranquilla. Appena fuori Gulu, invece, al bivio per Kitgum e Patiko,
dove ci sono il cantiere e il campo base degli stradini cinesi, c'è
stata una sparatoria contro i militari che proteggono il campo. I ribelli,
muovendosi verso Patiko, hanno portato via gente, bruciato un centinaio di
capanne e ripulito tutte le botteghe di Bungatira e di Obia. In una delle
capanne sono morti bruciati due bambini. Sarebbero rimasti uccisi anche alcuni
ribelli e, tra i civili, una donna anziana.
In
ospedale hanno portato solo due dei feriti: una donna che, nel tentativo di
mettersi in salvo, si era slogata una spalla, e un’altra con un
proiettile in un fianco. Quando il Dr. Stefano ha visto le lastre e’
rimasto di stucco: il proiettile - da mitraglia antiaerea, del diametro di
quattordici millimetri e della lunghezza di quasi dieci centimetri – si
era conficcato nelle ossa del bacino, passando tra un nervo e l’arteria
femorale, senza provocare altre lesioni, se non la frattura di quelle ossa. La
donna e’ stata operata immediatamente. Puo’ dirsi in qualche modo
fortunata.
Questa mattina il
reparto di chirurgia era particolarmente indaffarato anche per altri casi: un
bambino, caduto da una pianta di mango, con il femore rotto; una donna con il
braccio e il petto scottati dall'acqua bollente che il marito le aveva tirato
addosso; una ragazza con un proiettile nella coscia, in seguito al raid dei ribelli
tre giorni fa ad Olwal, sulla strada che va al nostro dispensario di Amuru. Un
tenente, poi, mentre andava in motorino a Koc Ongako, avendo scambiato per
ribelli alcuni uomini in uniforme, ha pensato bene di gettarsi in un fosso,
guadagnandosi una lussazione al ginocchio, la frattura di alcune dita di una
mano e un bel po’ di contusioni. E' stato poi soccorso da quegli stessi
uomini in divisa – in realta’, suoi commilitoni.
Sembra che tutta questa
pressione su Gulu e dintorni abbia lo scopo di distogliere le truppe
governative dalle zone che i ribelli hanno perso: le colline di Kilak - ad
esempio -, uno dei loro santuari.
29-7-96 Anche questa notte è passata
tranquilla, benche’ sisianosentite raffiche di mitra in lontananza. Ho
fatto contare le persone entrate in ospedale per dormire: erano
duemilacinquecentocinquanta.
ore 12am. Mansur, il nostro Intelligence
Officer, è venuto a chiedermi in prestito un mezzo che lo portasse in
caserma: secondo alcuni autisti, ritornati sui propri passi, ci sarebbero quindici
cadaveri allineati sulla strada nei pressi di Parabongo, poco distante da Pabo,
dove abbiamo il dispensario. Altri dicono che quei morti siano vicino a un
campo di stradini, chiamato Pida Patiko, e che, invece, i morti nel campo di
Pabo non si contano: si tratterebbe di civili, uccisi questa notte. Speriamo
che esagerino.
Si dice che i ribelli
stiano cucinando, in questo momento, vicino a Keyo, sulle sponde del fiume
Toci, a meno di sette chilometri da noi. Lo stesso Mansur mi ha raccontato che
gli era stata consegnata una lettera in cui si diceva che i ribelli avrebbero
fatto un blitz all’ospedale di Lacor per catturare civili e infermiere da
portare in Sudan per l’addestramento. Per questa ragione, il comandante
della caserma, ieri sera, aveva mandato rinforzi: quattro plotoni, centotrenta
uomini in tutto.
Proprio ora hanno
portato due militari, feriti questa mattina, poco dopo le otto, in uno scontro
coi ribelli, a pochi chilometri dal ponte di Karuma sul Nilo. Il fatto e’
avvenuto nei pressi di quella cappella dedicata a San Giuseppe, che fa parte
della parrocchia di Aber, con la facciata in una sorta di stile tardo-romanico.
I militari avevano li’ un distaccamento. Auto e pullman diretti a Kampala
sono tornati indietro, ma non abbiamo ancora particolari di quanto è
successo. Si direbbe pero’ che stiano attuando il piano annunciato a
Manano la notte che lo portarono via – quello, cioe’, di bloccare
la strada Gulu-Kampala.
Ore 7.00pm. E' arrivato il convoglio di
Kampala, con i pullman e i camion e tutte le altre auto, scortato da dieci
autoblindo del tipo Mamba, con cinque mitraglie pesanti ciascuna. Confermano
quello che ho già scritto, anche se non si conoscono ancora tutti i
particolari dello scontro. Si parla di settantacinque militari uccisi. Alcuni
pero’ dicono che lo scontro è avvenuto sulla strada che porta ad
Arua, due chilometri dopo il bivio.
E’ arrivato un
pick-up da Atiak, con un ferito trovato a Pabo. Abbiamo così avuto
notizie delle nostre suore di Pabo e di quanto e’ accaduto da quelle
parti. I ribelli sono arrivati a Pabo dopo aver fatto prigionieri sette uomini
nella zona della scuola protestante. Lì il comandante, secondo la
testimonianza del superstite, ha ordinato loro di sedere a terra, mentre gli
altri avevano incominciato ad incendiare le capanne. Ai primi bagliori delle
capanne in fiamme i militari della vicina caserma hanno aperto il fuoco; lo
stesso comandante ha dato ordine allora, ai suoi, di uccidere a sangue freddo i
prigionieri e di disperdersi.
Non sono arrivati al
nostro dispensario e le nostre suore non sono state quindi disturbate; penso
pero’ che abbiano passato momenti molto brutti. Vivono ancora da sole,
perchè il prete, dopo essere stato temporaneamente rapito dai ribelli,
non ha più il coraggio di rimanere in parrocchia e abita in Episcopio
col Vescovo.
Gli ostaggi sono morti
tutti sul colpo, tranne quello che hanno portato qui e che mi ha riferito
questa storia agghiacciante.
A Parabongo, invece,
ieri - stando a quanto mi riportano alcuni testimoni oculari -, i ribelli hanno
radunato tutta la gente della zona e hanno dichiarato, in una specie di
comizio, che la grande offensiva era incominciata e che entro questo mese
chiuderanno tutte le strade che portano a Gulu o nel West Nile. Hanno detto che
non vogliono vedere biciclette in giro e hanno intimato alla gente di ritirarsi
di almeno cinque chilometri dalla strada principale; in caso contrario, la
risposta non si sarebbe fatta attendere.
Questo lo hanno detto
ieri, e questa notte hanno preso diciassette uomini, li hanno legati e, dopo
averli fatti sedere sul margine della strada principale, li hanno uccisi ad uno
ad uno colpendoli in testa con un macete.
Si parla di altre stragi
come questa, lungo il percorso che porta a Pabo, con un totale di almeno quaranta
vittime.
Delle ventitre ragazze
del Saint Mary's non si sa ancora niente.
Come se non bastassero i
ribelli, certe volte anche i militari ce la mettono tutta per far soffrire
questa povera gente. E’ capitato anche questa notte. Il fatto è
successo nel villaggio del mio magazziniere. Me lo racconta lui stesso: Sono
le due di notte. Vengo svegliato da qualcuno che bussava. Non rispondo:
l’ora non e’ opportuna. Ci sono delle voci. Dapprima, confuse. Poi
pero’ sento che mi chiamano, e chiedono aiuto. E’ Abalo, la moglie
di Marcello Obita
– un mio muratore morto un mese fa di AIDS -. "Acaye”,
dice,”vieni a salvarmi, perchè vogliono uccidermi. Tu che sei RC
lasci che mi uccidano davanti alla tua porta?” Cosi’ esco e vedo un
militare con il mitra spianato e la donna di Obita col suo bambino in braccio.
Il soldato mi intima di dire alla donna di rientrare nella capanna, e che lui
non le fara’ niente di male. Io gli chiedo che cosa ci faccia in giro a
quell'ora; gli dico di non disturbare quella povera donna, che da neanche un
mese ha perso il marito, e che, se vuole andare a donne, vada in citta’
dove vendono birra, e li’ trovara’ le puttane. Dico poi alla donna
di rientrare nella sua capanna, ma lei ha paura che l'uomo la possa seguire.
Cerco di convincere quel tale, ubriaco e drogato, a ritornare sulla strada,
dove i suoi compagni sono di guardia, e la donna a rientrare nella sua capanna,
nella speranza che nel frattempo qualcuno mi senta e venga in nostro aiuto. Ho
saputo poi che alcuni giovani stavano osservando la scena di nascosto, ma
nessuno ha avuto il coraggio di venire allo scoperto. A un certo punto il
soldato prende la donna, tentando di trascinarla nella sua capanna. La donna
pero’ riesce a liberarsi e si rifugia nella mia capanna. Mia moglie, capendo
che il militare seguira’ la donna, si nasconde sotto il letto. Il
militare entra nella capanna e io dietro di lui. Il militare allora comincia a
gridare che devo uscire, che altrimenti mi uccidera’, che dopo tutto gli
acholi sono tutti ribelli e che solo ieri gli hanno ucciso il Maggiore, e che
se la donna spera di essere difesa da me ha fatto male i suoi conti, dato che
lui ha ricevuto l'ordine di uccidere gli acholi e uccidendo me non farebbe
altro che il suo dovere. Io cerco ancora di convincere Abalo ad andarsene nella
sua capanna, con la speranza che poi riesca a trovare il modo di scappare.
Vorrei poter disarmare il soldato, ma sono zoppo e, visto che ha tolto la
sicura del mitra ed e’ ubriaco, decido di uscire. Mia moglie, da sotto il
letto, riesce a scappare senza che il militare se ne accorga. L'uomo si avventa
sulla donna facendole cadere a terra il bambino in malo modo. Il bambino
scoppia a piangere. Nel frattempo escono dal loro nascondiglio i giovani che
assistevano di nascosto alla scena. Li rimprovero per non essere venuti subito
in mio aiuto e cerchiamo di organizzarci. Due di loro, con una corda si
piazzano ai lati della porta. Il bambino continua a piangere forte, mentre la
madre viene violentata. Il tempo passa, ma il soldato non esce. Poi si fa
silenzio. Il bambino ha smesso di piangere. Sentiamo che la madre lo sta
consolando. Il soldato, sotto l’effetto dell’alcol, si e’
addormentato profondamente. Il cognato di Abalo e altri due si avventano su di
lui e lo legano come si deve. Sono ormai le quattro di mattina e decidiamo di
aspettare l'alba per consegnarlo ai suoi capi. Non gli facciamo niente, per
paura che poi gli altri militari se la prendano con noi, quasi che fossimo
ribelli. Quando arriviamo al loro quartier generale, sotto gli eucalipti, i
soldati lo prendono e cominciano a pestarlo. Ascoltano la nostra versione dei
fatti. Poi la sua. Lui si difende dicendo che era d'accordo sia con la donna
che con me, tant’e’ che gli avevo anche prestato la mia capanna
perche’ se la facesse con quella donna. Dopo averlo battuto per bene, lo
portano in caserma. Dicono alla donna di farsi fare un certificato medico come
prova della violenza subita, per quando lo porteranno in tribunale.
Questo fatto, purtroppo
molto comune tra i soldati, ci ha fatto riflettere sui rischi che corrono le
nostre infermiere dentro le mura dell'ospedale, per via di questa massiccia
presenza di militari. Il Dr. Matthew si è proposto cosi’ di andare
direttamente da Salim Saleh, comandante supremo, perchè questo fatto sia
punito in modo tale da scoraggiare gli altri militari da comportamenti simili.
Dopo i fattacci di oggi
il numero di persone entrate per dormire supera di gran lunga quello di ieri. A
occhio e croce, sono entrate più di cinquemila persone.
Da venerdi siamo senza
luce. Sembra che durante l’attacco di qualche giorno prima i ribelli
abbiano danneggiato proprio il trasformatore grande, e che pero’ gli
addetti ai lavori se ne siano resi conto solo venerdi ‘ - appunto -
quando ha incominciato a fumare. Per noi e’ un bel guaio e una grossa
spesa in più, dal momento che dovremo usare solo i nostri generatori.
30-7-96 Anche questa notte siamo stati
svegliati verso l'una e mezza da mitragliate e forti esplosioni, provenienti
dalla zona della caserma o dai dintorni. Non sappiamo ancora che cosa sia
successo. Dicono solo che i ribelli hanno fatto sapere che attaccheranno la
città per undici giorni senza sosta.
Il nostro autista Bosco
e’ arrivato un po’ in ritardo, perchè la sparatoria di
questa notte è avvenuta nella sua zona – a Lalia, cioe’,
sulla strada di Lokome, dove c’e’ un altro distaccamento militare.
Bosco ha detto che i ribelli erano accampati già da ieri sera vicino
alla nuova parrocchia di St. Maurice, ma la gente li aveva presi per soldati
regolari.
Dopo la battaglia i
ribelli cercavano disperatamente un po’ di gente che li aiutasse a
portare via i feriti: a giudicare dalle tracce di sangue lasciate, dovrebbero
essere numerosi. I ribelli rimasti uccisi nel luogo dello scontro sarebero tre;
uno solo dei militari e’ rimasto ucciso. Nel fuoco incrociato ha perso la
vita anche un insegnante del collegio femminile del Sacred Heart che abitava in
quella zona.
Qui in ospedale non
hanno portato feriti. Ho sentito dire, pero’, che ne hanno portato sei
all'ospedale governativo di Gulu. Sono ragazzi della scuola T.T.C. di Unyama.
Sono rimasti feriti ieri sera: i ribelli erano in cerca di qualcosa da
mangiare, e loro, presi dal panico, si sono messi a correre. Purtroppo due
studenti sono rimasti uccisi.
Un soldato che ho
incontrato all'aeroporto sostiene
che i ribelli avrebbero attaccato dapprima i militari di guardia agli
hangar, dove e’ custodito, oltre al resto, anche un grosso aereo per il
rifornimento delle truppe nel West Nile. Trovando pero’ la difesa troppo
forte e preparata, avrebbero deciso di attaccare, invece, il distaccamento di
Lalia, dove c'è anche il cantiere della SIETCO, la compagnia cinese.
Pensavano che potesse essere un bersaglio facile, perchè il giorno prima
c'erano solo Home Guard e qualche poliziotto. Nella tarda serata, pero’,
in previsione di un attacco, erano stati mandati rinforzi. I ribelli,
cosi’, hanno avuto la peggio.
Nell'attacco di Karuma
sarebbero morti circa trecento soldati. Altri sarebbero stati fatti
prigionieri. Dicono che i ribelli abbiano portato via anche
un’autoblindo.
Per il resto la giornata
è filata via tranquilla, tranne che per qualche momento verso mezzo
giorno, quando la gente si è messa a correre per un allarme dato da
qualcuno proveniente da Lacor Seminary: i ribelli stavano passando in gran
numero; non sisa bene in quale direzione. Ho saputo più tardi che i
ribelli avevano lasciato una lettera per il rettore del seminario. C’era
scritto che non più tardi di venerdì sarebbero tornati a prendere
i seminaristi: avevano bisogno, infatti, di gente seria, brava e intelligente
come i seminaristi per portarli in Sudan per un training e per poi tornare a
conquistare il potere. Il rettore, spaventatissimo, non ha fatto altro che
correre a destra e a sinistra, senza però ottenere nulla, se non un
supplemento di paura e di ansia.
Gli uomini
dell'intelligence della caserma sono venuti a sapere che i ribelli hanno
intenzione di attaccare il nostro ospedale proprio questa notte. Oltre ai
rinforzi, hanno mandato cosi’ anche due Mamba al Custom Corner,
nell’eventualita’ che i nostri militari abbiano bisogno di
appoggio.
Mi auguro che la notizia
non sia trapelata. Ugualmente, pero’, si notano segni di tensione e di
stanchezza nel nostro personale, anche perchè ormai sono parecchie notti
che veniamo svegliati sul più bello, con metodi che non sono tra i
più ortodossi. A parte questo, comunque, la gente che lavora qui regge
bene, anche grazie al fatto che non e’ pienamente al corrente di quello
che sta succedendo e non avverte il peso della responsabilità. Questa
invece grava in pieno sul Dr. Matthew, che, in assenza del Dr. Corti, e’
il Direttore Sanitario. Se ci fosse un’incursione in ospedale toccherebbe
a lui affrontare i ribelli, dato che questi rispettano rigorosamente l’ordine
gerarchico e vogliono avere a che fare direttamente con chi comanda.
Abbiamo fatto sistemare,
intanto, le chiavi dei depositi di medicine sulla finestra di Suor Lina,
nell’eventualita’ che entrino i ribelli e che si debba adoperarle.
E' stata rilasciata una ragazza del St. Mary's College. E' figlia di un parrocchiano di Holy Rosary, che ieri l’ha portata qui per una visita medica. Abbiamo potuto sapere, cosi’, qualche altro particolare della faccenda: le ragazze si trovavano nel dormitorio della scuola. I ribelli presidiavano porte e finestre e non ebbero difficolta’ a portarle via tutt’e ventiquattro. Tre riuscirono a scappare quasi subito. Lei, con le altre venti, continuo’ a camminare per sentieri sconosciuti. Puo’ dire solo che erano oltre Pabo.
Kony era in mezzo a
loro, vestito da civile, coi capelli ben curati. Secondo la ragazza era molto
elegante. Viaggia con il suo attendente, che gli porta sempre appresso una
bella sedia; ogni volta che si fermano, Kony si siede. Mangiavano si e no una volta
al giorno - cibi cotti, alcuni, ma i più roba cruda.
La ragazza aveva trovato
tra i ribelli un suo amico d'infanzia, catturato a suo tempo dai ribelli, ma
ora perfettamente integrato tra di loro. Questi, vedendo che l’amica, con
i piedi ormai pieni di piaghe, non ce la faceva più a camminare, si era
adoperato in suo favore direttamente con Kony, che aveva accettato cosi’
di liberarla nei pressi di Pabo, con altre compagne. Si son tenuti le
piu’ carine, e Kony ha anche detto che le avrebbero portate in Sudan.
I feriti che non ce la
fanno a camminare o che sono troppo pesanti da trasportare vengono ammazzati
(la stessa ragazza era stata testimone di una di queste esecuzioni). I ribelli,
poi, preferirebbero prendere in ostaggio i ragazzi, perchè più facili
da addestrare, controllare e convincere con la menzogna ad attaccare e
uccidere.
La BBC, nel corso di Focus
on Africa, parlando
dell'attacco di Karuma, ha detto questa sera che secondo il Governo ci
sarebbero stati quaranta morti tra i militari e diciotto tra i civili. Il
portavoce dei ribelli, da Nairobi, ha detto invece che i militari uccisi
sarebbero più di ottanta e che loro non hanno ammazzato nessun civile;
e’ stata attaccata una postazione militare e se nello scontro è rimasto
ucciso qualche civile non si sentono responsabili: loro non attaccano nè
fanno mai male ai civili. Il portavoce ha aggiunto poi che l’obbiettivo
deiribelli e’ rappresentato dalle caserme; soprattutto quella di Gulu,
dove sono raccolti più militari che in tutte le altre dell’Uganda
messe insieme. E’ per questo che tengono sotto pressione Gulu, e non ci
sarà tregua finchè non avranno sconfitto l'esercito di Museveni e
conquistato le caserme.
Quando il corrispondente
della BBC ha chiesto al portavoce le ragioni della strage fatta giorni fa tra i
rifugiati Sudanesi, questi ha risposto che quella strage era stata fatta
dall'esercito di Museveni e non da ribelli di Kony, e che Museveni usa spesso
questi metodi per screditare Kony ed il suo esercito agli occhi della gente e
dell'opinione pubblica mondiale. Purtroppo questo modo di pensare è
molto comune tra i nostri acholi, anche tra quelli istruiti, come i preti, ad
esempio. Quando, tempo fa, i ribelli seminavano il terreno di mine anti-uomo e
le strade di mine anti-carro, provocando tante vittime e tanto disagio alla
gente che viaggiava, un prete acholi faceva gli stessi ragionamenti, sfidandomi
a dimostrare che erano i ribelli a mettere giù le mine, bruciare i
veicoli e ammazzare gente. Gli risposi di chiedere a Mons. Celestino o a Padre
Santo – acholi come lui, entrambi portati via come ostaggi dopo che le
loro auto erano state bruciate - se la responsabilita’ fosse degli uomini
di Kony o di quelli di Museveni.
Altro esempio: ieri un
mio operaio mi diceva che i ribelli erano nella sua zona e non facevano niente
alla popolazione, e che era gente per bene. Gli ho chiesto allora che mi
spiegasse come mai il giorno prima avevano fatto quella stragi di civili sulla
strada di Pabo. Mi ha risposto che a commettere quelle azioni erano stati i
militari e non i ribelli. Il tragico della faccenda è che sono
pienamente convinti di quello che dicono e incapaci di guardare in faccia la
realtà e giudicare i fatti con obiettività. Quando li sento
parlare così mi viene dentro una tale irritazione che mi è molto
difficile controllarmi, e dico cose che forse non dovrei dire.
31-7-96 Contrariamente alle previsioni e
alle paure di ieri sera, la notte è passata tranquilla, e almeno fin ora
non abbiamo sentito che i ribelli abbiano attaccato da nessuna parte. Sappiamo
solo che sono molto vicini a noi, verso Alokolum, e che stanno preparando il
pranzo. Avrebbero anche lasciato un messaggio in cui dicevano che questa notte
sarebbero andati in citta’, a Gulu, per eseguire il loro ultimo lavoro. Oggi,
intanto, dopo le minaccie di ieri, il rettore del seminario ha deciso di
mandare via i seminaristi e chiudere il seminario.
Ieri hanno portato un
ferito, di nome Oryem John, da Parabongo. Era un superstite della strage fatta
lunedì dai ribelli. Aveva la testa fracassata e ormai piena di vermi.
Purtroppo questa notte è morto. Ed è il fratello di Suor Alice
Amal, suora africana delle Mary Immaculate Sister, che lavora a Kampala. Il
tipo di ferita conferma quanto ci avevano riferito: che quegli ostaggi sono stati
uccisi a colpi di machete.
Verso sera ci è arrivata una
lettera da Pabo, scritta da Suor Bibiana: le suore stanno bene, ma la
situazione sta peggiorando."Troppe uccisioni e case incendiate" -
dice. Le suore sono lì ad aspettare, con le scuole chiuse, e “i
nostri amici " – dice – “vogliono venire a prendere le
medicine”. Sono due giorni che non lavorano e se la situazione non
migliora non riapriranno il dispensario. Anche le strade – aggiunge -
sono piene di mine, e ieri ne sono state rimosse più di cinque. Conclude
dicendo: "preghiamo gli uni per gli altri: le nostre vite sono nelle mani
di Dio solo."
Scende la sera, la luna e’ piena e di un colore cupo come di sangue. Quasi come un triste presagio. La gente dei dintorni ormai dorme tutta in ospedale. Con la paura cresce anche l'angoscia che ti impedisce di dormire. Non ci resta che pregare la Regina della pace che ci protegga. Quando, questa sera, parlando coi miei operai, ho chiesto loro se i ribelli avrebbero attaccato anche l’ospedale, mi hanno risposto che avevano sentito dire che non l’avrebbero attaccato, in segno di riconoscenza per quello che avevo fatto – l’aver seppellito i loro morti - e che, per quel gesto, mi ringraziavano. Mi fido poco delle loro promesse, perchè "sono menzogneri fin dall'inizio", come dice la scrittura. Forse è meglio mettersi sotto la protezione di Gesù e di Maria, sua Madre.
Ore 11.30pm E' incominciata una grande
sparatoria, nella direzione delle baracche o dell’aeroporto, con
mitraglie, granate e mortai. Dura già da un quarto d'ora. Hanno lanciato
un bengala che sta illuminando anche l'ospedale - mi pare dalla zona del Negri
College.
Sono le 11.46 pm,
ed è tornato il silenzio. ma io non riesco a dormire e mi sento addosso
la malaria.
1-8-96 Ore 7.30am Non conosco ancora i particolari,
ma sembra che i ribelli volessero portar via i ragazzi del Negri College; non
ci sono riusciti, pero’, perchè il collegio era protetto da un
gran numero di soldati e di poliziotti. Andando poi via in direzione della
Farm, avrebbero bruciato delle capanne e portato via qualche civile. Sembra che
da nessuna delle due parti ci siano state vittime o feriti.
8.30am I ribelli sono appena passati sotto
la nostra piantagione di eucalipti. Sono passati anche nel villaggio di capanne
che avevo costruito anni fa, verso la Farm, spaccando tutte le porte. Non hanno
trovato nessuno dei nostri dipendenti, perchè dormono tutti in ospedale.
Il mio capo-operai Ayella non si e’ ancora fatto vedere, e pare che siano
passati anche dal suo villaggio. Si parla di quattro persone, non ancora
identificate, trovate morte nella zona sotto l'ospedale, dove c'è una
grande prateria, a est della Farm del Vescovo, in cui di solito pascolano le
mucche.
Vengo a sapere in
questo momento che uno di loro è un ragazzo delle Elementari di
St.Joseph e che tutti sono stati ammazzati a colpi di zappa in testa.
Ore11.30 Sono andato a raccogliere le
quattro vittime di questa notte. Erano nel villaggio di Alex, mio operaio, a
meno di un chilometro e mezzo dall’ospedale, e sono stati ammazzati a
colpi in testa, con il rovescio della zappa. Erano con le mani legate dietro la
schiena, in una pozza di sangue e avevano la testa fracassata e deformata dalle
botte. Due erano parenti della nostra cuoca Teresa; gli altri, parenti del
segretario parrocchiale. Il villaggio è stato completamente bruciato, e
abbiamo messo le salme nel loro cortile all'aperto, in attesa di seppellirli.
Cose da far
rizzare i capelli! La gente e’ come inebetita.
Il bilancio di
oggi non e’ ancora definitivo: fino adesso è di quattro morti, ma
dicono che ce ne siano degli altri in giro. Sono rimasti anche feriti alle
gambe due militari.
Dalle baracche,
ieri sera alle undici, avevano mandato un messaggio via radio, dicendo che
avrebbero inviato due plotoni di rinforzo per l'ospedale. Non sono pero’
mai arrivati, perchè subito dopo la loro partenza, poco prima del Negri
College, si sono imbattuti nei ribelli, che hanno aperto il fuoco su di loro
ferendo i due soldati. Così è incominciata la battaglia. Me
l’ha riferito Brown.
Le capanne
bruciate sono venti - tutte nelle vicinanze del cimitero della missione, sulla
strada che va alla Farm. Non riusciamo ancora a spiegarci la crudeltà
usata per l'esecuzione di queste povere persone. Qualcuno pensa che sia stata
una vendetta, ma fino ad ora non se ne conoscono i motivi.
Erano senz'altro
due gruppi: uno con l’obiettivo di portare via le ragazze della TTC e
quelle del Sacred Heart – da sole, più di settecento -, e l'altro
con l’obiettivo di rapire i ragazzi del Negri College. Non avendocela
fatta, forse hanno scaricato la loro ferocia su quei poveri innocenti. I due
gruppi di ribelli si sono incontrati nuovamente nei prati della Farm e sulle
prime si sono sparati addosso; poi si sono riconosciuti.
Sulla strada che
ho fatto per andare a recuperare le salme di qui poveri disgraziati, i
militari, su segnalazione della gente del posto, avevano recuperato tre mine
antiuomo.
Questa sera
è arrivato da Keyo un uomo, ferito alle gambe da una mina antiuomo,
fortunatamente in modo non grave, perchè la forza della mina si è
scaricata sul cerchione della bicicletta su cui viaggiava. Era un pezzo ormai
che non piazzavano mine antiuomo; si vede che hanno ricevuto nuovi rifornimenti
dal Sudan.
Speriamo che
questa notte, essendo sacro ai Musulmani il venerdì, passi tranquilla e
ci lasci il tempo di recuperare; altrimenti uno per volta crolleremo anche noi.
Oggi ho avuto la
malaria, con trentotto e mezzo di febbre, e ho preso le clorochina. Stasera
pero’ il dr. Matthew, visto che ho ancora febbre, mi ha consigliato di
incominciare con la medicina cinese, perchè – ha detto - non posso
permettermi, in questa situazione, di tirarla per le lunghe.
Abbiamo saputo,
dal nipote del dr.Corti, che Lucille è ormai alla fine: è
assopita e non risponde più. Io prego ancora che ricuperi, ma se la
volontà di Dio è un'altra, che il Signore la porti con se’
nella sua gloria. E’ il premio meritato per questa serva fedele, per come
ha alleviato le sofferenze di Cristo stesso in tutti i malati che ha incontrato
nelle corsie di questo ospedale. Prego anche che faccia una morte serena,
circondata dai suoi cari, e che venga accompagnata alla dimora eterna da
Gesù, Giuseppe e Maria, con Padre Ambrosoli e tutti i nostri cari
defunti che ci hanno preceduto.
Sia chiaro,
comunque, che Lucille appartiene al Lacor, e qui deve tornare, per rimanere
sempre qui tra la gente che ha amato, come esempio perenne di dedizione al
Malato e come persona da imitare.
2-8-96
Venerdì. La
notte è passata tranquilla, e le persone entrate a passare la notte in
ospedale ed uscite questa mattina dal cancello prima delle sette erano tremila
novecentocinquanta, ma considerando quelli rimasti ancora in ospedale. i
parenti del nostro personale etc., con una stima per difetto, possiamo senz'altro
dire che il numero complessivo degli ospiti superi i cinquemila.
Ore12.10 pm. L'ambasciata italiana, con una
telefonata, ci ha comunicato la morte di Lucille. Siamo tutti immersi nel
dolore per questa perdita, e il solo conforto che possiamo avere in questa
situazione di pericolo in cui ci troviamo è di saperla in Paradiso, con
la certezza che farà di tutto per proteggere il suo ospedale e tutti
quanti noi da queste orde di selvaggi impazziti. Siamo vicini a Piero in questo
suo doloroso distacco, sicuri che quel rapporto di stima e di amore che ha
caratterizzato tutta la loro vita continuerà per l'eternità.
E’ stata una vita di dedizione reciproca, di cui noi, che siamo vissuti
insieme a loro in questi ultimi anni, possiamo rendere testimonianza.
Un pensiero di
partecipazione al dolore di Dominique - "la mia bambina" la chiamava
e ne parlava con orgoglio con tutti, e cercava di colmarne mancanza fisica
tappezzando tutta la casa di foto di lei. Sua immensa gioia è stato il
giorno del matrimonio di Dominique con Contaldo, e non finiva mai di lodarlo e
ringraziarlo. Anche ai fratelli, alle sorelle e a tutti i nipoti un pensiero di
condoglianze e un grazie per tutto quello che avete fatto per sostenere
moralmente e finanziariamente l'opera di Piero e Lucille, orgoglio della
nazione ugandese, ma anche orgoglio di tutti voi. E voglio ringraziare ancora
una volta Lucille per l'amore che ha sempre avuto nei miei confronti,
considerandomi come un suo figlio.
Con grande dolore
e affetto
Elio
ore 8.30pm Padre Piffer, via radio, da Anaka,
ci fa sapere che e’ chiuso in casa e che fuori ci sono più di
trecento ribelli, ed hanno ordinato alla gente di stare tutti in casa e di non
muoversi per le strade nè in macchina nè in bicicletta.
Mi e’ stata
data una spiegazione della brutale esecuzione di quei quattro poveri diavoli.
Tempo addietro, dal villaggio che ieri hanno bruciato, i ribelli, in una delle
loro scorribande, avevano rapito un ragazzo. Successivamente questi era
riuscito a scappare e a tornare a casa. Quando, l'altra notte, sono arrivati i
ribelli lui era a letto con una gamba gonfia in seguito al morso di un
serpente. Visto che non era in grado di camminare, i ribelli l’hanno
massacrato di botte e, credendolo morto, l’hanno lasciato li’.
Hanno preso poi altri quattro dello stesso villaggio e, legate loro le mani
dietro la schiena, li hanno condotti in un altro villaggio in campagna e li
hanno ammazzati nel modo che ho già descritto ieri.
Questo ci
da’ un’idea dei metodi usati per terrorizzare questi poveri ragazzi
rapiti. Si capisce perchè non tentino di fuggire e come, forse per
salvare la loro stessa vita e quella dei loro famigliari, accettino di eseguire
gli ordini dei loro capi demoniaci, compiendo azioni di una crudelta’
impensabile per un adolescente.
Sabato 3-8-96 La notte è passata
tranquilla. Ieri invece i ribelli avrebbero voluto attaccare il distaccamento
militare di Koc Ongako. Poche ore prima, pero’, i militari avevano
lasciatoil campo. Così i ribelli hanno scaricato la loro ferocia e la delusione
sui civili, ammazzandone almeno sette e bruciando parecchie capanne. Dovunque
passino commettono atrocità indescrivibili e la gente è ormai
esasperata e terrorizzata, e tutte le nostre istituzioni - la missione, il
catecumenato e perfino la cattedrale - sono diventate altrettanti rifugi dove
la gente passa la notte.
Questa sera verso
le cinque hanno portato un militare con tutt’e due le gambe a brandelli,
vittima di una mina antiuomo. Non so ancora da dove arrivi. Una gamba
l’ha persa, mentre l'altra il dottor Stefano ha cercato di salvarla.
Oggi, abbiamo
sentito che i ribelli hanno tentato di assaltare il convoglio diretto in West
Nile, via Karuma-Pakwac, attraverso il Parco, ma sono stati respinti e sembra
non ci siano state vittime.
Questa mattina,
alle 6.45, abbiamo avuto la S.Messa in suffragio di Lucille, con le suore e le
solite persone che vengono a pregare a quell'ora, mentre alle 11 abbiamo avuto
una messa solenne all'aperto, nel cortile interno dell'ospedale, presieduta dal
vescovo, con tanti altri sacerdoti sia bianchi sia neri. L'omelia del vescovo
ha messo in risalto la completa dedizione dei Corti, e in particolar modo di
Lucille, nel curare gli ammalati - dedizione incondizionata al malato, durata
dal giorno dell’arrivo a Lacor, nel 1961, fino al momento
dell’ultima partenza, due mesi fa. Ha sottolineato anche l'esempio che ci
hanno dato quanto a vita cristiana: la loro assiduita’ alla Messa e ai
sacramenti, ma soprattutto la loro fedeltà matrimoniale, fatta di
sacrificio, amore e tenerezza reciproca - "cosa che noi africani e acholi
non abbiamo ancora imparato”, ha detto. E ha aggiunto: “Anche in
questo, quindi, i Corti ci sono stati di grande esempio. Amando Dio e il
prossimo più di loro stessi hanno vissuto nel modo giusto i comandamenti
del Signore. Alla base di tutta questa vita spesa per gli altri, alla base di
questa grande opera che è l'ospedale sta la fedeltà nel seguire
la chiamata MISSIONARIA da parte del Signore - quella di venire in questa terra
Acholi e servire Lui nel povero e nel sofferente. Il Signore ha fatto grandi
cose per noi dandoci Lucille. Per questo lo ringraziamo, lo benediciamo e lo
lodiamo nei secoli".
Il momento
più commovente si e’ avuto alla preghiera dei fedeli, in cui la
gente comune poteva esprimere con la preghiera i propri sentimenti. Più
d’uno non è riuscito ad arrivare in fondo, bloccato dalla
commozione e dalle lacrime. E’ successo a suor Lidia e a Corinna, cuoca
di Lucille per tutti questi anni. E’ successo anche ad Apollonia, maestra
di prima elementare di Dominique, che ha detto: "Signore, Dio onnipotente,
voglio ringraziarti con tutto il mio cuore per il dono che ci hai fattocon la
Dottoressa Lucille. Ti voglio ringraziare in particolare per l'amore che
Lucille ha avuto per noi. Quando sono venuta a salutarla, prima che partisse,
mi disse: <<Io sono contenta: morirò come la mia gente;
perchè tanti acholi muoiono di questa malattia, e anch'io ringrazio il
Signore di poter morire come loro. E ringrazio il Signore perche’
Dominique ha scelto di essere medico come me. Chiedo quindi a te, che sei stata
la sua prima maestra, di pregare il Signore che metta nel suo cuore il
desiderio di tornare indietro, con suo marito, per continuare il lavoro che io
ho incominciato>>. Prego il Signore che ascolti la preghiera che Lucille
ha fatto quando ancora era tra noi, e prego che Dominique e suo marito ci
pensino e decidano di venire a lavorare in questo ospedale, soddisfacendo
così il grande desiderio di Lucille".
La gente, di
fronte alla notizia della morte di Lucille, esprimeva dolore e rammarico,
collegandoli immediatamente a qualcosa di grande che Lucille aveva fatto a
ciascuno, individualmente. E le persone da lei beneficate sono centinaia di
migliaia. Solo quelle operate personalmente da lei superano le trentamila.
Queta sera, per esempio, tornando dal centro di Gulu, ho dato un passaggio a
uno sconosciuto. Mi diceva che non potrà mai dimenticarla, perchè
qualche anno fa, quando aveva portato in ospedale sua sorella in fin di vita, e
tutti ormai la consideravamo spacciata, la Dottoressa Lucille si era messa
disperatamente a lavorare sul suo caso e - con grande soddisfazione di tutti i
parenti – era riuscita a rimettere in piedi la donna, che vive tuttora in
buona salute.
Domenica
4-8-96 Il numero di
persone che entrano in ospedale per dormire continua ad aumentare. Questa
mattina non le ho fatte contare ma superano le cinquemila unita’. La
ragazza che ci aiuta in casa mi diceva che ormai la gente non dorme più
nei villaggi, e viene tutta in ospedale; solo qualche uomo dorme ancora vicino
al proprio villaggio, nascosto in qualche avvallamento.
La notte è
passata tranquilla, anche se disturbata per lungo tempo dal rumore di grossi
mezzi da guerra e di pezzi di artiglieria pesante, che passavano appena fuori
dal nostro cancello, nella direzione di Pabo.
Oggi c'è
stata la messa per Lucille in Cattedrale, presieduta, anche lì, dal
Vescovo Martino. Stesse espressioni di affetto e di dolore per la perdita di
questa donna ECCEZIONALE. Nella preghiera dei fedeli una donna diceva:
"Signore Gesù, che hai detto che non c'è amore più
grande che dare la vita per quelli che si amano, questo è
particolarmente vero oggi per la dottoressa Lucille, che ha donato e
sacrificato tutta se stessa e la sua stessa vita, prodigandosi senza riserve e
senza risparmio per alleviare le sofferenze e per salvare la vita degli altri -
contrariamente a quello che avviene oggi nella nostra terra acholi, dove molti
usano la loro vita e la loro forza solo per uccidere gli altri senza pieta’.
Mentre dai, o Signore, la giusta ricompensa alla tua fedele serva Dottoressa
Lucille, preghiamo anche per questa gente cattiva perché tu voglia
toccare loro il cuore e perche’ la smettano di bruciare i nostri villaggi
e di uccidere. Per questo ti preghiamo".
Un grido di gioia
poi ha riempito la Cattedrale quando il Vescovo ha annunciato che il Dottor
Corti, superando le assurde difficolta’ burocratiche legate alle leggi
italiane, aveva ottenuto il permesso di trasportare in Uganda la salma di
Lucille. Grati al Signore di poterla avere per sempre tra noi, non ci resta che
aspettarla ed esprimerle ancora una volta la nostra riconoscenza per l'amore
che ha avuto per gli acholi e per tutto il popolo ugandese.
Ore 4pm Abbiamo saputo che ieri i ribelli
hanno attaccato il centro di Minakulu, distante una trentina di chilometri da
Gulu, sulla strada che va a Kampala. Dicono che hanno fatto tanti morti civili
e distrutto e razziato le botteghe.
Questa notte o
questa mattina presto, poi, i ribelli avrebbero ucciso altri civili, sempre
sulla strada di Kampala, ma a Koroabili, dove Padre Albertini ha la chiesetta
circondata da un parco di pini e dove io mando tutti i giorni il camion coi
mattoni, per finire il muro di cinta. Si parla di diciassette morti allineati
sulla strada: sono stati uccisi come quelli sulla strada di Pabo, a randellate
in testa. Stessa sorte è toccata ad altri undici civili, un po’
più avanti, tra Palenga e Bobi, dove abbiamo fatto il reparto di
maternità.
I mezzi e
l’artiglieria pesante che sono passati questa notte sono andati ad
attaccare un covo di ribelli - il loro quartier generale, si dice - su una
montagna chiamata Guru Guru, che si trova andando ad Amuru. Non sappiamo ancora
quali risultati abbia avuto l’operazione, ma, a detta dei militari il
campo sarebbe stato distrutto e i ribelli, guidati – pare – dallo
stesso Kony, dispersi. Dicono che questa mattina si sentivano i colpi di
artiglieria fino qui, ma io non li ho sentiti.
Ore 8.30pm Il dottor Matthew questa mattina
è andato a Lira, ma non è ancora tornato e ormai è buio.
Forse avrà fatto tardi e avrà pensato bene di dormire a Lira,
perché la strada è poco sicura. Ma avrebbe potuto avvertirci via
radio, e noi saremmo stati più tranquilli.
Padre Piffer, da
Anaka, ha detto che questa mattina alle dieci il suo catechista, mentre con
altri quattro andava in bicicletta a pregare alla cappella di Porongo, e’
stato fermato dai ribelli. Sono stati pestati, e le loro bici sono state
bruciate, perché non avevano ubbidito agli ordini - di non viaggiare,
cioe’, nè in bici nè in macchina nei giorni di
venerdì e di domenica.
Padre Paolo, per
parte sua, ci segnala, da Opit, che i ribelli sono ancora in zona, dopo una
breve assenza, e che avrebbero scritto una lettera promettendogli una visita
per questa notte.
I militari hanno
appena portato un loro commilitone, ucciso per sbaglio, da loro stessi. Il
fatto è avvenuto appena fuori dal cancello del Sacred Haert alle sette e
mezza di questa sera. Era ubriaco e si era messo a minacciare con il fucile la
gente e a molestare le donne. I militari di guardia alle ragazze del collegio,
allora, si sono messi a inseguirlo. Lui ha reagito minacciando anche loro; al
che uno deisoldati ha cercato di fermarlo sparandogli alle gambe. Il colpo,
pero’, l’ha preso in pieno petto e l’ha ucciso sul colpo. Era
uno del Sud, e faceva parte di un drappello che la gente aveva scambiato per un
gruppo di ribelli, perché tornavano stanchi e sporchi, nel tardo
pomeriggio, da una perlustrazione nella zona di Koc.
Lunedì
5-8-96 La notte
è passata tranquilla. Nella zona di Layibi, invece, dove la nostra
strada si immette su quella di Kampala, questa notte i ribelli hanno svaligiato
le botteghe, rompendo le bottiglie di birra e scolandosi invece quelle di
cocacola. Dove non sono riusciti ad entrare per la porta, sono entrati dal
tetto sollevando le lamiere. Poi sono ripartiti, sparando, come fanno sempre,
raffiche di mitra all'impazzata e bruciando tutte le capanne che trovavano
lungo il tragitto.
Finalmente, alle
undici, è arrivato il Dr. Matthew e ci ha spiegato il suo ritardo. Alle
cinque era già arrivato nella zona di Palenga, ossia a soli dieci
chilometri da Gulu, quando è stato fermato dai militari perché
poco più avanti era in corso una battaglia. Hanno deciso allora di
tornare indietro e dormire a Lira. I ribelli avevano sparato ad una macchina
del DMO Office e ad un camion, e poi avevano incendiato i due veicoli. Matthew
dice che avevano anche ucciso alcuni civili. Ha detto di aver visto, ieri
mattina, i morti di Koroabili e che anche quelli dopo Palenga erano allineati
sulla strada con la testa sfracellata.
Sembra proprio che
vogliano chiudere la strada di Kampala. Ormai non si riesce più a star
dietro a tutti i macelli che i ribelli stanno facendo un po’ dapertutto.
Padre Piffer, da
Anaka, fa sapere che il suo catechista è stato lasciato libero e che gli
hanno ordinato di dire al Padre di stare in casa e di non muoversi.
Padre Paolo, da Opit,
ha raccontato che questa notte c’e’ stata una dura battaglia nella
direzione di Got Atoo. Sembra che i ribelli abbiano tentato di riconquistare
questa montagna, che per Kony e’ sacra, e che avevano perso qualche
settimana fa. Secondo voci sentite qui a Gulu, avrebbero ucciso parecchie delle
Home Guards che tenevano quella zona. Mi hanno detto che anche sette soldati
sono morti nello scontro.
Noi intanto siamo
senza luce, senza telefono e senza fax. Siamo tornati cioe’ alla
situazione in cui eravamo quando è cominciata la guerriglia, nel 1986.
Martedì
6-8-96 In ospedale
la notte è passata tranquilla. I ribelli erano impegnati, infatti, a
razziare le botteghe e bruciare i villaggi dalle parti della stazione
ferroviaria di Gulu. Non hanno trovato gente perchè ormai quelli che si
trovano nel raggio di cinque o sei chilometri vanno a dormire tutti in
città. Hanno sparato sui maiali che hanno trovato in zona, ma non sono
riusciti a colpirne neanche uno e hanno fatto sapere che se trovano ancora
maiali in giro ammazzeranno i loro proprietari. Cosi’ oggi – a
quanto pare - il prezzo della carne di maiale è crollato.
Ieri sera si sentivano
delle cannonate verso Alero. Brown mi diceva che lo scopo era quello di
tagliare la strada a un gruppo che voleva andare verso nord. Sembra che in
questi giorni sia lo stesso Presidente a condurre le operazioni.
Ieri sera l'elicottero
bombardava nella zona di Koroabili. Dicono che siano stati colpiti civili in
fuga, al posto dei ribelli; non si sa ancora quanti morti ci siano stati.
Giorni fa i ribelli
sono entrati nel mercato di Cwero, che si trova sulla strada di Kitgum, prima
del fiume Aswa, sparando sulla folla. Si sono poi scusati con la gente, dicendo
che avevano creduto ci fossero anche dei militari. Intanto pero’ erano
morti in tanti e molti erano feriti. Questi sono stati portati all'ospedale governativo.
I pazienti adulti che
vengono al dispensario sono drasticamente diminuiti e non superano i cento al
giorno - segno evidente che la gente ha paura e non si muove. Anche nel reparto
di medicina, per la prima volta, forse, nella storia dell'ospedale, ci sono dei
letti vuoti. La parte del leone invece la fa la chirurgia, che ormai con i suoi
“enne” pazienti sta invadendo il reparto dei tumori e anche quello
della TBC.
Ore 4.00pm. Arrivano notizie di combattimenti
sulla strada di Kampala e su quella che va ad Anaka.
Da Koc Ongako hanno
recuperato un Unimog - quel mezzo corazzato, con sopra quattro mitraglie
pesanti, che noi tutti credevamo indistruttibile. Questo pomeriggio, invece,
e’ stato attaccato e distrutto, e i soldati hanno dovuto portarlo a casa
col carro attrezzi.
Alle 6.00pm ero in
città e ho visto. vicino al mercato un grande assembramento di gente. Ho
saputo poi che aspettavano l'arrivo dei militari con il corpo di un ribelle
ucciso, questo pomeriggio, in battaglia a Kweyo, a cinque chilometri da noi,
sulla strada di Anaka. Era il Lt. Colonel Beba Beba – con Otti Lagony,
uno degli ufficiali piu’ importanti delle truppe di Kony. L'hanno tirato
giù dal camion e mostrato alla folla. Io non l'ho visto, perché
sono ritornato a casa, ma mi hanno detto che aveva la testa spaccata.
L’avrebbero preso mentre stava piazzando una mina. Sarebbe responsabile,
tra l’altro, dello sterminio fatto nel campo dei profughi sudanesi, del
saccheggio e della distruzione della missione di Iceme e del sequestro di
trenta ragazze lango della scuola superiore di Apala.
Da Kweyo hanno portato
due civili feriti: un uomo, con tutte le due gambe rotte da un proiettile -
subito operato da Stefano, che ha applicato due fissatori esterni –, e
una donna, con un proiettile in pancia, andato a fermarsi vicino alla colonna
vertebrale.
Oggi i poliziotti hanno ricevuto una lavata di capo dal Comandante Regionale della polizia, perché, oltre ad essere quasi sempre ubriachi - a cominciare dal comandante -, di notte, invece di fare la guardia, stanno a fare l'amore con le nostre inservienti. Queste ragazze, addette alle pulizie dell'ospedale e alla lavanderia, vengono dalla savana; per lo più sono analfabete, ma non per questo ingenue, anzi, di solito, sono molto sveglie e intraprendenti. Si lasciano abbindolare da questi uomini – bei modi e bella divisa – cosi’ diversi dai rozzi militari, sporchi, prepotenti e appestati di AIDS. Pare che il giorno che hanno attaccato i poliziotti, a neanche un chilometro da qui, alcune di loro erano in quell'accampamento. Cosi’ oggi Suor Lina ha chiamato le ragazze e, individuate le leaders, le ha licenziate in tronco. Queste, non solo portavano da bere ai poliziotti all’interno dell’ospedale, ma davano anche loro i nomi delle ragazze disponibili.
Purtroppo con questa
marea di gente tutta ammassata in condizionidi promiscuita’, nascosta in
tutti i buchi, è difficile il controllo. Ho sentito dire che ci sono in
ospedale anche quelle donne di malaffare che prima erano fuori, nei luoghi dove
c'era da bere, e i poliziotti, senza doversi piu’ scomodare, ne
approfittano. Io credevo che i poliziotti fossero tutti degli angeli e che i
militari fossero tutti dei diavoli: ho dovuto ricredermi.
Stanno pensando di
cambiarli e mandarne altri più disciplinati. Per quanto servono,
potrebbero anche portarli via definitivamente.
Ogni sera alle sette e mezza la
nostra cappella si riempie di bambini che recitano il Rosario guidati da
Mariano, mio autista del trattore, per chiedere alla Madonna protezione e per
pregare per la pace. Penso che questi, con Lucille, che dal cielo guarda
giù, siano le nostre guardie più efficaci.
ore 8.30 pm.La gente che viene a dormire in
ospedale aumenta sempre di più. E’ormai terrorizzata, ma accetta
con passività e fatalismo quello che capita, senza reagire. Tutti si
aspettano qualcosa di grosso come vendetta per l'uccisione di questo Beba Beba.
Per prudenza abbiamo consigliato alle cinque ragazze ventenni del gruppo
magentino di venire a dormire da noi nella Guest House. Almeno qui sono un
po’ più protette.
Abbiamo saputo che ci
sono stati forti combattimenti vicino alla nostra missione di Minakulu, proprio
sulla strada di Kampala. Mentre i ribelli stavano saccheggiando un camion, sono
stati presi di sorpresa da una pattuglia di militari a bordo di uno di questi
Mamba con cinque mitraglie pesanti a bordo; i soldati hanno fatto una
carneficina, uccidendo almeno una ventina di ribelli, tra cui anche una
ragazza. La strada di Kampala oggi è rimasta chiusa; abbiamo quindi pensato
di bloccare il Dr. Ble, che doveva arrivare dall'Italia proprio domani,
consigliandogli di ritardare almeno una settimana per vedere come andranno le
cose.
Padre Piffer, da
Anaka, ci dice, via radio, che loro se ne stanno buoni e non si muovono e mi
chiede informazioni sui colpi che ha sentito sparare da lontano verso di noi.
Da Opit Padre Paolo ci fa sapere che tutta la gente dei dintorni è
venuta a dormire nella Missione perché la zona era infestata da tanti
piccoli gruppi di ribelli. Secondo alcune voci sarebbero entrati diecimila
ribelli dalle parti di Padibe, ma da Kitgum questa sera dicono che la cosa non
e’ confermata.
Mercoledì
7-8-96 Questa
notte, verso le due, si sono sentite delle raffiche di mitra appena fuori
dall'ospedale. I militari di guardia al cancello hanno sparato a due tipi
sospetti che giravano in zona, ma senza colpirli. I due sono scappati.
Ieri sera alle nove
è venuta da me la moglie di John, l'incaricato dei generatori e delle
pompe dell'acqua, perché suo marito non era ancora tornato a casa: era
molto preoccupata. Mi ha detto che alle sette era andato a spegnere la pompa
giù alla missione e che non era tornato più. Mi pregava quindi di
andare a vedere che cosa gli fosse successo. Con il Toyota sono andato a vedere
giù alla pompa. L'ho trovata ancora in funzione: ho capito che John
li’ non era mai arrivato. Sono tornato indietro e ho cercato di
confortare la moglie dicendole che forse John aveva deciso di andare in
città e che poi, essendo tardi, si era fermato da sua sorella. E’
riapparso questa mattina dicendoci che, mentre andava a spegnere la pompa, a
meta strada e’ stato fermato dai militari che fanno la guardia al
collegio del Sacred Heart e messo sotto custodia fino a questa mattina.
Oggi abbiamo saputo
dal Dr. Corti che la salma di Lucille molto probabilmente arriverà ad
Entebbe domenica sera. Ci pregava quindi di informarci sulla possibilità
di venire a Gulu in aereo. Il dr. Matthew ha contattato il comandante delle
baracche per vedere se possono darci un elicottero per portare su la salma.
Questa sera le nostre
stazioni radio non avevano niente da segnalare: calma su tutti i fronti. Si
vede che dopo la giornataccia di ieri si sono presi tutti un giorno di riposo.
C'è anche da dire che ormai la luna è al suo ultimo quarto; la
notte sta diventando quindi molto buia impedendo ai ribelli di muoversi
liberamente senza torcia.
Paolo ci fa sapere da
Opit che lì, per sicurezza, hanno chiuso tutte le scuole.
Con oggi sono
esattamente due mesi che ho cominciato il Diario, e anche solo dal numero delle
pagine che ho scritto mi accorgo di quante cose sono successe in questi due
mesi. Se avessi incominciato il diario ai primi di febbraio - da quando,
cioe’, i ribelli hanno fatto il primo attacco a Purongo, uccidendo
quattordici persone, incendiando più di cento capanne e dando alle
fiamme un autocisterna piena di carburante e un camion e rimorchio nuovo di
proprietà della Cocacola - avrei potuto scrivere tantissimi altri
episodi con i nostri batticuore e le nostre paure.
8-8-96 Oggi ancora calma su tutti i
fronti. L'unica cosa da segnalare è che da questa sera i poliziotti
faranno la guardia fuori dalle mura dell'ospedale, non solo per la faccenda
legata al loro comportamento, ma anche perche’ come guardia non valevano
proprio niente - tutti nascosti nei posti più impensabili, fuori tiro e
fuori pericolo.
Abbiamo avuto la
conferma dal Dr. Corti che la salma di Lucille arriverà domenica. I
funerali saranno il venerdì dopo la festa dell'Assunta. Oggi sul New
Vision c'era ancora un bell’articolo su Min Atim – la loro Mamma.
Questo pomeriggio
è morto Lam, il nostro Gate Keeper, Aveva un Kaposi diffuso causato
dall'AIDS, ma ha lavorato quasi fino all'ultimo. Mesi fa era in coma per una
meningite in forma acuta e la Dr. Silvia lo ha risvegliato somministrandogli il
Fluconazolo. Io e suo figlio, che lavora con me in officina meccanica, avevamo
deciso di comprare questa medicina, anche se troppo cara, perchè era
l'unica che poteva guarirlo, almeno temporaneamente. Avevo comprato cosi’
quaranta pastiglie al prezzo –buono, pare - di sei dollari a pastiglia.
Aveva due mogli. L'ultimo suo figlio, di neanche un anno, è morto della
stessa malattia un mese fa. Ha lasciato otto figli, cinque femmine e tre maschi
tutti sotto i venti anni.
Abbiamo saputo che in
un incidente d’auto, in una rotonda di Kampala, ieri sera tardi sono
morti due preti della diocesi di Arua: Mario Ajiga e Padre Dema Lawrence, che
avrebbe dovuto sostituire, come rettore del seminario Maggiore di Alokolum,
Mons. Odama, diventato Vescovo della nuova diocesi di Nebbi. Era un bravo
prete, giovane e ben preparato. Era andato a Kampala per prendere i tecnici del
G.I.M. di Germignaga, che dovevano installare i panelli solari in tutto il
seminario. Con un taxi stavano ritornando a casa loro, ad Arua. Il conducente,
arrivando a tutta velocità nella rotonda, non è riuscito a
controllare la macchina, che si e’ schiantata contro un albero.
9-8-96 Venerdi’. La notte, qui a Lacor, è
passata tranquilla. Ho sentito, invece, che i ribelli hanno saccheggiato ancora
le botteghe di Layibi.
Ore 11.00am. Sono appena arrivati diciassette
feriti, vittime di un agguato fatto al pullman diretto a Kampala. Apparteneva
alla compagnia Otada di Lira. Erano le nove quando è partito da Gulu, ed
era la prima macchina che passava. Sono stati assaliti subito dopo Palenga,
poco prima di arrivare al dispensario di Bobi, nella famosa valle che io chiamo
"la valle della morte", perchè teatro di tantissimi attacchi
dello stesso genere. I ribelli hanno sparato un colpo di Bazooka sulla parte
anteriore del pullman, accompagnato da raffiche di mitra. Fortuna che il
driver, sebbene ferito, ha continuato la corsa, e, benche’ dopo trecento
metri il pullman si sia bloccato per i danni subiti, la distanza è stata
sufficiente per dare il tempo alla gente di scappare nella savana. Altra
fortuna è stata che dalle vicine baracche di Palenga sentendo gli spari
sia partito subito un Mamba, che ha disperso i ribelli e ha portato il primo
soccorso ai feriti.
I feriti, portati da
un camion militare, sono per il momento diciassette. Si dice pero’ che
potrebbero essere di più, perchè molti sono ancora dispersi nella
savana. Un ragazzo durante il trasporto è morto. Una donna di settanta
anni ha avuto tutte e due le gambe spezzate da un proiettile. Degli altri non
so ancora.
Ore 12.35 Dall'ospedale sento un forte botto.
Un mio operaio corre da me e mi dice che deve essere scoppiata una mina vicino
alla missione, perchè ha visto levarsi una grande nuvola di polvere.
Prendo l'ambulanza e mi precipito sul posto, lontano due chilometri dal noi.
Incontro due macchine che avevano caricato già i feriti; mi dicono
però che ci sono ancora un paio di morti da caricare. Arrivo sul posto
della sciagura; trovo un sacco di gente ancora sconvolta dall'accaduto. Un uomo
mi porta il corpicino senza vita di un bimbo che non arrivava a due anni. Dico
alla gente di guardare bene nell'erba dei dintorni. Trovano i cadaveri di altre
tre donne e una bambina, forse di quattro anni, che respira ancora, e allora a
tutta velocità in ospedale. Ma muore prima di arrivare.
La mina è scoppiata sulla strada che porta in città, duecento metri dopo il "For God" - ossia dopo l’ingresso della missione. La macchina era un pick-up Datsun, pieno di gente e di roba, che andava a Pabo. Apparteneva a un certo Ocaya, che è ancora in ospedale per ferite riportate in un altro agguato, in cui un altro suo camioncino era stato bruciato e la gente a bordo uccisa. Lui si era salvato perchè ha convinto i ribelli a non sprecare munizioni per niente, che’ con la ferita che aveva sarebbe morto lo stesso.
La mina, posta quasi
in mezzo alla strada, ha spaccato la macchina in due, tranciando di netto il
mozzo della ruota posteriore e facendo a pezzi il differenziale. L’auto
e’ stata catapultata ad almeno quindici metri, con una capriola che ha
scaraventato i passeggeri tutt’intorno.
Mentre ero
all'obitorio è arrivato il marito di una donna rimasta uccisa dalla
mina. Mi ha raccontato che sua moglie stava andando a Pabo al funerale di suo
fratello, e si era portata dietro anche i due figli più piccoli; uno
è morto con lei nello scoppio, mentre l'altro è in coma nel
reparto di rianimazione.
Quello che e’
successo oggi sulla strada che porta in città ci ha colto di sorpresa.
Nessuno avrebbe immaginato che la cattiveria di questi maledetti potesse
arrivare a tanto: minare una strada frequentatissima che porta a un ospedale.
Questa mattina alle otto il Dr. Matthew aveva portato i suoi tre bambini, con
altri quattro o cinque del nostro personale, a scuola in città. Suor
Emma, col Toyota, era passata due volte. Eugenio, nostro autista, era passato
appena cinque minuti prima per andare a prendere il sangue alla Banca del
Sangue, che si trova in città, presso l'Ospedale Distrettuale. Il nostro
camion è passato almeno quattro volte, carico di mattoni. Sono passati
in quel punto decine e decine di taxi, che di solito, stracarichi, portano la
gente in ospedale. Tarcisio, del gruppo magentino, sempre con un Toyota era
passato almeno sei volte. Tarcisio ha perso l'occasione di diventare famoso e
di essere nominato in tutto il mondo.
I responsabili del
gruppo magentino, abituati a vedere la guerra solo in televisione, mi davano
dell’esagerato quando li invitavo alla prudenza e a limitare i viaggi al
puro necessario. Spero che, con quello che hanno visto e sentito oggi, scendano
dal fico e incomincino a ragionare. Sono sicuro che Lucille, dal cielo, oggi ha
obbligato i nostri angeli custodi ha fare gli straordinari.
Il bilancio di questa
tragica giornata è di dieci morti per la mina, tra cui due bambini
piccoli, e non so ancora quanti feriti.
Dal luogo
dell’agguato al bus sono arrivati da noi diciassette feriti di cui uno
è morto prima di sera e un altro è morto prima dell'arrivo
all'ospedale.
10-8-9 Sabato. La notte in ospedale è
passata tranquilla, ma al Labour Line di Gulu i ribelli hanno tormentato e
depredato ancora la gente.
Questa sera abbiamo
avuto il farewell party del Dottor Stefano. Ha organizzato tutto lui perchè
tutti noi siamo, in questo periodo, un po’ fusi, senza gran voglia di
pensare a feste di addio. E’ stato comunque molto bello poter stare
insieme sereni anche in situazioni come queste. Questo periodo è stato
molto brutto, ma Stefano, con la sua risata da ippopotamo e la sua grande
umanità, ha tenuto allegri tutti quanti; e con questo suo modo di
socializzare, mangiando braciole allo spiedo e bevendo birra in compagnia, ha
tenuto uniti, in questi brutti momenti, tutti i medici. Di questo dobbiamo
essergli grati. In questi tre mesi la sala operatoria ha lavorato a un ritmo
molto serrato; lui ha fatto 182 interventi, ma in più vi sono da
considerare quelli fatti dagli altri medici. Il Dott. Matthew ieri sera ha
detto che erano anni che la chirurgia non lavorava così tanto ed in condizioni
così difficili. Speriamo che Lucille, di lassù, sia orgogliosa di
come funziona la sua Sala Operatoria.
11-8-96 Domenica La notte è passata
tranquilla, senza spari ne’ incendi, e senza ruberie. A Gulu
città, invece, questa mattina è partita un’operazione
militare. Hanno fatto rastrellamenti contemporanei in tutti gli angoli della
città, raccogliendo tutti, anche quelli venuti dai villaggi per passare
la notte in condizioni piu’ sicure, senza distinzione ne’ di sesso
ne’ di età, e portandoli al Kaunda Ground, il grande prato dove
nel '93 era venuto il Papa. Dopodiche’, con un gruppo di ex ribelli,
hanno cominciato a esaminare tutti, uno per uno. Pare che almeno una ventina
siano stati riconosciuti come ribelli e condotti in caserma dopo essere stati
messi a dorso nudo.
Al Holy Rosary, nostra
parrocchia che si trova proprio nel centro di Gulu, i militari sono arrivati
durante la prima messa delle sette. Hanno chiuso le porte e hanno fatto
annunciare al microfono che dopo Messa tutta la gente presente sarebbe stata condotta
al Kaunda Ground per uno screening. Ovviamente sono state cancellate tutte le
altre messe per totale mancanza di gente. La città pure è rimasta
deserta tutto il giorno, con botteghe e mercato chiuso.
Questa mattina
è morta in ospedale la mamma della nostra Tutor della scuola infermiere.
Nel pomeriggio e’ stata sepolta a casa sua, nella cassa fatta dai miei
falegnami. Oltre alle infermiere erano presenti, al completo,i medici e le
suore. Dopo la sepoltura hanno portato da mangiare e da bere per tutti.
Stamattina è morta per una forte emottisi anche una ragazza, moglie di
un mio operaio di nome Oceng, figlio di quel Martino che anni fa ci
regalo’ la terra per estendere lo "Ot Welo" - ossia il posto
dove i parenti dei pazienti possono cucinare e dormire. Questo posto, con la
crescita del numero dei letti che sie’ avuta in questi ultimi anni,
è ormai del tutto insufficiente, e dovremo quanto prima, se la
Provvidenza ci aiuta, pensare ad un'altra significativa estensione.
12-8-96
Lunedì. Ore 8.30. Abbiamo saputo che Piero, con la salma di Lucille, e’ arrivato
bene. All’aeroporto, ad attendere la salma, c’erano molti dei
nostri - comboniani e comboniane - con tanta altra gente. Con un corteo di
tante macchine, l'hanno accompagnata fino a Mbuya, nostro quartier generale, e
l'hanno posta nella nostra chiesa. Questo pomeriggio, con l'aereo, la
porteranno a Gulu, dove poi venerdì verrà sepolta nel posto da
lei scelto – vicino, cioe’, alla grotta della Madonna
dell'ospedale.
Verso le due di questa
notte si sono sentiti degli spari lontani, dalla città. Stamattina
abbiamo saputo che i ribelli hanno bruciato ancora capanne nella zona di
Kirombe, vicino alla Tailoring School di Suor Adeliana, nella stessa zona dove
tempo fa avevano bruciato più di cento capanne. Hanno detto di voler
attaccare le prigioni per liberare i ribelli arrestati dai soldati nella retata
di ieri mattina. Hanno promesso alla gente di ritornare a bruciare il resto
delle capanne questa notte. Ho chiesto a una donna di quella zona se i militari
fossero venuti in loro soccorso; mi ha risposto che si meravigliava che io non
sapessi ancora che ci sono due governi, quello che governa di giorno e quello
che governa di notte e che fa il bello e il cattivo tempo.
In seguito a una
dichiarazione riportata dal New Vision di ieri, quelli di Magenta hanno deciso
saggiamente di andare via. Il giornale riferiva le parole di un volontario di
una ONG italiana: "Le uccisioni nel Nord sono fatte da psicopatici zeloti
che sono solo professionisti della morte. Le armi sono diventate un culto che
dilaga sempre più. Questi assassini non tengono in conto neanche la loro
vita. Questa è la rude gioventù dei Schultsenfein di Adolf
Hitler". Questa dichiarazione anche se fosse stata inventata di sanapianta
dal giornale - come è probabile -, rende pericolosa la permanenza di
ogni italiano: i magentini hanno pensato bene di partire, e così anche
le tre ragazze tedesche - Monica, Anita e Katia - che l'anno scorso lavoravano
qui da noi come volontarie e quest'anno, colpite dal mal d'Africa, erano
ritornate per un mese di ferie.
Ore 3.00 pm. Alle due e quaranta è
arrivato l'aereo che portava la salma della dottoressa Lucille, accompagnata
dal dr. Corti, dal dr. Isaac e dal dr. Martin (che ha finito la
specialità in chirurgia e si spera ritorni qui a lavorare). Ad
attenderli eravamo tutti noi, con suore, bianche e nere, dottori e infermiere
dell'ospedale. Un grosso nodo alla gola impediva a tutti di parlare: solo
abbracci tra le lacrime. Arrivati in ospedale, il grido di dolore si è
alzato ancora più forte: tutti accorrevano per vedere la loro dottoressa
- pazienti, gente comune, dottori, infermiere, operai -, tutti che piangevano
con lacrime autentiche: un modo spontaneo per esprimere il dolore e
l’amore per la loro dottoressa; una scena da non poter resistere alla
commozione.
La salma è
stata posta nella cappella del Lacor, e fino a tarda sera la gente non ha
smesso di visitarla e di pregare. In mattinata, a Mbuya, hanno celebrato una
Messa di suffragio, presenti autorità, dottori, e la grande
comunità della tribù acholi che si trova a Kampala.
Prima di andare a
dormire abbiamo aperto la bara e abbiamo fatto un’apertura sulla lastra
di zinco. Abbiamo ricomposto il volto della Lucille e richiuso l'apertura con
un vetro, cosicché la gente da lei tante volte beneficata potesse per un
ultima volta contemplare il suo bel volto.
13-8-96
Martedì, ore 7.30am. Anche questa
notte, alle 3.30, siamo stati risvegliati da forti spari di mitraglia e di
mortai. La sparatoria sembra avvenuta al Custom Corner o alla Gulu High School,
lì vicino. La battaglia è durata una buona mezz'ora: altri spari
si sono sentiti anche questa mattina verso le sei e mezza. Notizie più
precise le avrò dai miei operai quando verranno a lavorare.
Ore 12.30. Sono andato a prendere il corpo di
una povera donna di almeno sessant'anni che questa notte è rimasta
uccisa mentre nel suo villaggio divampava la battaglia. Una raffica di mitra,
sparata da pochi metri – intenzionalmente, pare - ha trapassato i muri di
paglia e fango della sua capanna, dove dormiva, stesa per terra, con una
nipotina. I proiettili l’hanno colpita ai glutei e all'addome. E’
morta quasi subito. Era una parente di Betty Bigombe; per questo l'hanno voluta
portare al villaggio di origine, che confina con l'ospedale.
Il posto dove è
avvenuto questo scontro si chiama Kasubi ed è sulla parte destra della
strada che dalla città va giù alla caserma. Mi hanno riferito che
qualche colpo di mortaio ha anche colpito il cancello d’ingresso delle
caserme. Secondo testimoni oculari, i militari morti sarebbero stati almeno
undici; secondo le fonti ufficiali, uno solo. Qui sono arrivati cinque soldati
feriti abbastanza gravemente.
Anche i ribelli hanno
avuto dei morti e dei feriti, e la gente lì ha visti mentre lì portavano
via; sul campo di battaglia non hanno lasciato nessuno.
Un altro gruppo di
ribelli voleva portare via gli studenti della Gulu High School, ma arrivati
nelle vicinanze sono stati respinti dai militari che erano di guardia nel
cortile della scuola. I ribelli allora hanno ripiegato, scendendo per la valle
del fiumiciattolo Oitino. Arrivati all'altezza delle baracche, hanno aperto il
fuoco contro le caserme. La risposta dei militari è stata immediata. La
missione, anche se lontana, era sulla linea di fuoco, e così un colpo di
mortaio è caduto nel cortile del catecumenato, pieno zeppo di rifugiati;
le schegge, oltre a rovinare il muro esterno, hanno attraversato le finestre
– fortunatamente senza colpire nessuno. "La Madonna ci ha
protetti" mi hanno detto quei poveri rifugiati, indicandomi la piccola
grotta che sovrasta il catecumenato.
Anche i nostri
militari di Lacor, forse per non essere da meno degli altri colleghi o per
farsi coraggio, hanno tirato qualche colpo di mortaio.
Sembra che i ribelli
avessero scritto una lettera dicendo che avrebbero attaccato le baracche per
due giorni consecutivi - ossia il 13 e il 14 di Agosto.
Per tutta la Giornata
gente innumerevole, di tutte le provenienze e di tutti i ceti, è venuta
come in pellegrinaggio a rendere omaggio alla salma e vedere ancora una volta
il volto di Min Atim. Tutti con dei debiti di riconoscenza da saldare, tutti
con una storia da raccontare, tutti pieni di dolore e con una lacrima da
versare per aver perso questa donna ECCEZIONALE. Sempre pronta, precisa e
disponibile nel curare i loro malanni, per amore di questa gente ha sacrificato
TUTTO, e alla fine anche la vita.
14-8-96
Mercoledì Contrariamente
a quanto promesso dai ribelli, la notte è passata nel silenzio e abbiamo
potuto dormire senza interruzioni di sorta. Ogni tanto ci vuole; così
possiamo recuperare e ritemprare menti e nervi. Le persone entrate la notte
scorsa per dormire erano seimila seicentoquarantatre. Anche oggi la
quantita’ di persone venute a rendere omaggio alla salma della dottoressa
Lucille e’ incalcolabile.
Gulu è piena di
militari: continuano la loro operazione che consiste nel sequestrare gente -
per lo più ragazzi - e portarli alle baracche per uno screening o forse
per un arruolamento.
Questa sera, con
grande meraviglia, ho visto Suor Bibiana, incaricata del dispensario di Pabo,
ed Anna, sua fedele infermiera. Sono arrivate da Pabo, sfidando le mine della
strada per partecipare ai funerali della Dottoressa Lucille e anche per
celebrare la festa dell'Assunta, come facevano i cristiani di una volta, quando
le missioni erano poche, e si percorrevano anche cento chilometri a piedi pur
di partecipare a queste grandi feste religiose e ai sacramenti. Sentivano anche
loro il bisogno del sacramento della riconciliazione, della messa e della santa
comunione. Ormai sono parecchi mesi che a Pabo non ci sono piu’ preti. Il
Parroco, Padre Santo, sacerdote Acholi, che ha passato una notte in mano ai
ribelli, non se la sente più di ritornare, e non possiamo dargli torto.
Le suore sono ancora lì, e sono un segno di speranza per quella gente
tribolata. Dicono di essere circondate dai ribelli, che pero’ non le
disturbano sapendo gia’ come non vi siano, li’, medicine utili per
loro.
15-8-96 Festa
dell'Assunta Anche
questa notte è passata senza spari ne’ incendi. Alcuni dicono che
i ribelli hanno voluto questi giorni di tregua perchè non vogliono
disturbare i funerali della dottoressa Lucille, in segno di rispetto e
riconoscenza per questa grande donna: una volta che ci si affidava a lei, in
ospedale, si poteva essere sicuri che sarebbe stato fatto tutto il possibile.
Per radio, da tutte le stazioni questa sera ci facevano le condoglianze, e I
nostri padri si dicevano spiacenti di non potere partecipare ai funerali per
l'insicurezza delle strade; tutti pero’ si sarebbero uniti a noi con una
messa di suffragio celebrata nelle rispettive missioni.
16-8-96
Venerdì. Funerali di Lucille Questa notte, a mezzanotte esatta, sono stato svegliato da
forti colpi di mortaio e mitraglia sparati dai nostri soldati appena fuori dal
cancello. Avevano visto dei villaggi in fiamme dalle parti di Kweyo e,
cosi’, per intimorire e mettere in fuga i ribelli, hanno tirato quei
colpi. Mezz'ora dopo invece si sono sentiti spari di mortaio e scoppi di bombe
a mano nella direzione di Layibi. Sessanta ribelli, emersi dalla boscaglia in
quella zona, che si dirigevano verso il centro di Gulu, sono stati subito
intercettati da una pattuglia di militari; e’ scoppiato un finimondo che
è durato più di mezz’ora. I militari hanno preso tre
ribelli ancora vivi e il Col. Kazini, Division Commander delle caserme al posto
di Cefe Ali, ha dato l'ordine di portarli al mercato perchè la gente li
finisse a sassate. Non è la prima volta che questo Kazini si comporta
così, e anche molti militari sono in disaccordo con questo modo di fare
giustizia. Questo è un crimine che mi pare si chiami "istigazione a
delinquere".
Tra i fermati c'era un
certo Odoki J. Bosco, fratello di un nostro operaio di Layibi, che lavora al
terrazzo. Stanotte era stato preso con la forza dai ribelli e obbligato a
portare tre fucili. Per sua disgrazia, arrivato nella palude, sulla strada
asfaltata dopo Layibi, dove di solito lavano le macchine, è stato preso
dai soldati, che non hanno voluto sentire ragioni, finché questa mattina
è stato portato al mercato e trucidato assieme agli altri. E’ da
dire che tutti a Gulu lo conoscevano, perchè faceva il sarto e lavorava
con una vecchia Singer sotto i portici delle botteghe. Aveva ventinove anni.
L'altro era un ragazzo
di quindici anni, di nome Okello George, che i ribelli avevano preso solo il
giorno prima a Koc Ongako. Uno solo era un vero ribelle, di nome Otim John,
anche lui però preso con la forza un anno fa e convinto a combattere per
Kony.
Qui in ospedale questa
mattina hanno portato anche quattro militari feriti, ma tre sono morti subito e
l'altro e grave. Alle dieci hanno portato un altro ferito, con tutte e due le
gambe trapassate da una raffica di mitra. Mansur mi ha anche detto che un altro
ribelle ferito si trovava al Custom Corner e aveva gli intestini di fuori, ma
era ancora vivo. Ho mandato allora immediatamente un’ambulanza a
prenderlo, ma i militari nel frattempo lo avevano portato alle baracche, e
sappiamo che ha fatto la fine degli altri suoi compagni.
Erano già le
dieci e alla cattedrale la messa funebre era già iniziata, ma ugualmente
ho cercato il Dr. Charles e Sabina, l'anestesista, e li ho portati a vedere il
militare ferito alle gambe.
Questa sera, alle sei
e mezza, si sono sentiti parecchi colpi di artiglieria a distanza ravvicinata.
Erano i militari che volevano disperdere un gruppo di ribelli nascosti in un
boschetto vicino a Ognwange, vicino al seminario di Alokolum.
La sepoltura di
Lucille si è svolta con la partecipazione di tantissima folla e di molte
autorità, sia civili sia militari. La messa era presieduta dal Vescovo
Martino, con ventiquattro altri sacerdoti, dodici bianchi e dodici neri. Dopo
la messa ci sono stati i discorsi, primo dei quali quello del Dottor Matthew,
con una breve storia della vita della Lucille. Hanno poi parlato, Louis Otika,
RDS, Michael Odwar, sindaco di Gulu, Stephen Lanek, LC5 Chairman.
Quest’ultimo abita appena fuori dall'ospedale e, avendo conosciuto bene
Lucille, ha esaltato le sue doti; ha anche magnificato la fama del Lacor, che
– a suo dire -, grazie a Lucille e al Dr. Corti, e’ diventato,
quanto a dimensioni, il secondo ospedale ugandese dopo quello universitario di
Mulago, e, quanto a qualità di servizio, il primo in assoluto. Dopo ha
parlato anche il DMO, responsabile della Sanità per il nostro distretto.
Una volta calata la
bara nella fossa, sopra la bara sono state poste le corone di fiori: prima dal
Dr. Corti, poi dai rappresentanti delle varie comunità e dipartimenti e
una anche dal Maj. General Salim Saleh. Anche la gente, per l'ultimo addio,
è stata invitata a gettare un fiore nella fossa invece dell’usuale
pugno di terra. La bara è stata coperta da un grosso strato variopinto
di petali.
Il funerale si è concluso con un pranzo per tutti i convenuti, e con la danza e il rullo di tamburi come quando muore un capo. Si è toccato con mano come Min Atim era amata dalla gente: si può ben dire che è stata la donna più stimata e amata di Gulu e dintorni.
17-8-96 Sabato. La notte è passata senza spari.
Una ragazza qui rifugiata per dormire, nascosta vicino all'entrata sotto un
cespuglio, ha dato alla luce un bambino e, senza che nessuno se ne accorgesse,
lo ha preso e buttato in uno dei gabinetti a perdere. Fortuna che una donna che
era li’ l'ha vista e ha chiesto aiuto: sono riusciti a prendere il
bambino prima che annegasse e a salvarlo. Ora il bambino sta bene. Non so
ancora perchè questa povera ragazza non volesse la sua creatura.
La zona di Anaka
pullula di ribelli, e i militari cercano inutilmente di contenerli e stanarli.
Anche questa mattina hanno portato qui due militari, feriti a Koc Ongako
durante le solite operazioni.
I ribelli questa notte
hanno portato via alcuni ragazzi della zona di Pece, vicino allo stadio.
Questo pomeriggio hanno
portato in ospedale tre civili, vittime di una mina anticarro. Due erano
gia’ morti; l’autista deve aver preso una gran botta in testa,
perchè era in uno stato di incoscienza e di grande agitazione. Ora
è in rianimazione.
Giovedì, con un
lungo convoglio di tanti camion scortati da militari dotati anche di
spazzamine, avevano portato cibo per i rifugiati Sudanesi che si trovano nel
campo profughi di Ajumani, nel territorio della tribù Madi. Oggi,
tornando indietro, a Pawel, vicino Pabo, uno dei camion è saltato su una
mina, nonostante che non fosse il primo e che davanti a tutti ci fosse lo
spazza-mine.
18-8-96 Domenica. Anche questa notte è passata
senza spari. Alla Messa celebrata in ospedale, Padre Cipriano, vicerettore del
seminario di Lacor, durante la predica, commentando il vangelo della donna che
presenta a Gesù la figlia indemoniata chiedendone la guarigione,
commentava che tutti noi abbiamo bisogno di essere guariti, e continuava:
"I ribelli uccidono, il governo uccide, e adesso ci siamo messi anche noi
civili a uccidere, come abbiamo fatto l'altro giorno al mercato di Gulu, dove
tre supposti ribelli sono stati uccisi a sassate dai passanti. Tutti hanno
riconosciuto che uno era un sarto di Gulu, ma ciò nonostante, accecati
dalla sete di vendetta e riempiti di odio fratricida, lo hanno ugualmente
lapidato, e cosi hanno fatto anche a un ragazzo, anche lui preso prigioniero
dai ribelli poco prima. Tutti noi abbiamo un po’ di Kony nel cuore e
dobbiamo chiedere al Signore che ciperdoni e che liberi anche noi dallo spirito
di odio e di vendetta che ha preso possesso dei nostri cuori. Smettiamola di
uccidere e impariamo dalla Dottoressa Lucille, che da un posto tranquillo come
il Canada è venuta tra noi per guarire le nostre malattie e per salvare
le nostre vite - non per uccidere, come facciamo noi".
Ho sentito che anche
Padre Gerner, dal pulpito della sua parrocchia di Holy Rosary, confinante col
mercato di Gulu, dove è avvenuto il linciaggio, si è scagliato
contro quelli che hanno lapidato quei poveri cristi e ha rifiutato i sacramenti
a tutti quelli che hanno collaborato o assistito, senza intervenire, al
delitto.
Ho portato a casa la
donna che mesi fa aveva perso su una mina tutte e due le gambe e il bimbo che
aveva in grembo già da sei mesi. Quando siamo arrivati al villaggio di
Larò, dopo il Senior Quarter di Gulu, tutti sono accorsi e sono
scoppiati in lacrime e grida, perchè molti non l'avevano ancora vista in
quello stato. Una scena straziante, come se avessi portato a casa un morto:
un’inutile denuncia sugli effetti delle mine, per questi ribelli
deficienti e per i fabbricanti delinquenti.
Ieri è
ritornata una ragazza del Saint Mary's College di Lacor. Veniva dal Sudan, dove
è riuscita a scappare dalle mani dei ribelli. Non avevano ancora
raggiunto Juba, ed erano ancora a Palotaka, appena oltre il confine,
perchè Garang stava dando loro la caccia, per vendicare i morti fatti da
Kony nel campo profughi. Avevano quindi difficoltà a raggiungere Juba e
superare le zone controllate dal SPLA. Ha detto che ormai le altre nove ragazze
sono diventate mogli di ribelli, e sara’ quindi molto difficile per loro
fuggire.
19-8-96
Lunedì. La
notte è passata ancora senza spari; speriamo che continui cosi’.
Anche sulla strada di Kampala sembra sia tornata la calma. Ieri hanno portato i
nuovi trasformatori della corrente elettrica; speriamo che cosi’ torni la
luce, perchè con I soli generatori la spesa e’ troppo alta: in
media consumiamo duecento litri di nafta al giorno.
Questa notte due
grossi gruppi di ribelli sono passati da Seven Corner, a due chilometri dal
Lacor Seminary. Hanno fatto sapere che sono diretti in Sudan per unirsi alle
truppe di Juma Oris, riarmarsi e ritornare per conquistare tutto il Nord
Uganda. Questo su richiesta del capo dell'esercito sudanese.
Verso mezzo giorno si
son sentiti degli spari dalla zona di Oluba o da quella di Ognwange, dopo
Alokolum. Ho saputo poi che i ribelli, che questa notte erano passati a Seven
Corner, sono ritornati sui propri passi, scontrandosi coi militari di Museveni.
Alcuni di loro - dicono - hanno continuato verso Got Atoo, la loro montagna
sacra. Ho sentito anche che i governativi hanno avuto uno scontro ad Acet,
vicino ad Opit, dove almeno docici ribelli sono morti e altri sono stati fatti
prigionieri.
Questa sera alle otto
hanno portato da Ognuange un soldato ferito. Un proiettile gli ha attraversato
la mascella da parte a parte. Non lo hanno portato prima perchè
l'elicottero era andato a raccogliere i feriti e i prigionieri ad Acet.
Alle nove di questa
sera è stata sparata una raffica di mitra appena fuori dall'ospedale
vicino al mercato. Non si sa ancora chi sia stato.
20-8-96
Martedì.
Hanno di nuovo incominciato a sparare sulla strada Gulu-Kampala: domenica sera,
verso le sette, hanno sparato ad un camion del Water Department, nella stessa
zona dove avevano sparato al pullman, tra Bobi e Palenga. Su cinque occupanti,
tre sono rimasti uccisi, tra cui uno, di nome Aron, che conoscevo bene: l'unico
che qui a Gulu capiva qualcosa di elettronica e aggiustava radio. Con lui
è morto anche l’autista, che tempo addietro era venuto a farci un
pozzo, e un ragazzo, che non sanno ancora chi sia. Gli altri due sono riusciti
a scappare incolumi. Fratel Michael era passato da li’ la mattina,
diretto a Kampala. La strada rimane molto pericolosa e non so quanto valga la
spesa rischiare.
Suor Lina, che alle
otto di questa mattina era andata all'aeroporto per portare il Dr. Isaac e il
Dr. Martin e prendere il dottor Ble, che arrivava da Kampala, ha soccorso una
donna che aveva appena perso le gambe su una mina nella zona dell'aeroporto. I
parenti della donna hanno voluto portarla nell’ospedale governativo,
perchè pensano di risparmiare i ventimila scellini che chiediamo noi per
il ricovero completo, anche se, come in questi casi, va avanti per mesi. Alle
due del pomeriggio Padre Gino ha portato un'altra donna senza gambe, anche lei
saltata su una mina. Purtroppo è morta dissanguata prima che la
tirassero giù dalla macchina. Veniva dalla zona di Patiko, dietro la
fattoria della Diocesi.
Hanno portato da Oluba
– teatro, ieri, di una grande battaglia - tre bambini, anche loro feriti
dallo scoppio di una mina, per il quale due donne hanno perso la vita. Non sono
gravi: hanno solo ferite superficiali. Non si sa quanti uomini abbiano perso i
ribelli, ma sul campo hanno lasciato cinque morti. Si direbbe che i ribelli
abbiano avuto un nuovo rifornimento di mine antiuomo, perchè era
già un bel pezzo che non le usavano.
Ore 6 pm. Hanno portato qui la donna saltata
su una mina che questa mattina Suor Lina aveva portato all'ospedale
governativo. Dalle dieci di stamattina fino a questa sera non l'aveva vista
nessun medico; solo le infermiere, che le avevano fatto una flebo. Era ancora
avvolta nei suoi stracci e nessun bendaggio le era stato fatto. Qui, cinque
minuti dopo il suo arrivo, le avevano già fatto una flebo e il cross
matching,
l’avevano lavata e portata in sala operatoria, dove il Dr. Charles
l'attendeva e ha incominciato subito l'amputazione. (Speriamo che se la cavi, ma
mi ha dato l'impressione di essere completamente dissanguata.) Il perchè
di questa differenza di comportamenti se lo chiedeva anche Museveni durante una
delle sue visite in ospedale. Si domandava come mai qui nel nostro ospedale il
personale e i dottori lavorino, mentre negli ospedali del governo non solo non
hanno nessuna voglia di lavorare, ma rubano anche le medicine. Diceva che non
poteva trattarsi solo di soldi, perchè dopo tutto non c’era una
gran differenza, e concludeva di voler portare le suore anche negli ospedali
governativi, a cominciare dal suo paese nel sud dell'Uganda. In genere i
dottori sono tutti ben preparati e quando lavorano con noi si impegnano e sono
anche abbastanza responsabili; quando, pero’, vanno a lavorare nelle
strutture governative, seguono l'andazzo generale e perdono il senso del dovere
che il Dr. Corti e la Dottoressa Lucille, con il loro esempio, hanno cercato di
inculcare. Certe volte poi, anche se sono pieni di buona volonta’, si
scoraggiano perche’ non trovano l'appoggio nella struttura, dove molto
spesso non c'è niente che funzioni, cominciando dalla mancanza di
medicine, di acqua, di luce e delle minime misure igieniche.
21-8-96
Mercoledì, ore 8.30 am. Questa notte hanno portato via cinquanta studenti della
scuola Samuel Baker. Tra questi ragazzi ci sono anche i figli del Tutor della
nostra scuola-infermiere, due fratelli del mio capo-operai Ayella, due figli
del mio autista Eugenio. Ora sono andati alla scuola, che si trova sulla strada
di Kitgum, a circa tre chilometri dalla città, per saperne di
più. Anch’io ho alcuni studenti in quella scuola, ma non ne so
ancora niente. Fra qualche giorno dovevano andare in vacanza. Mi pare che tempo
fa gli studenti abbiano rifiutato la protezione armata da parte dei militari e
della polizia.
Ore 6.30 pm. Dalle notizie avute sino ad ora gli
studenti ancora in mano dei ribelli sarebbero ancora trentasette. Molti erano
ragazzi di prima Senior, e solo pochi di quarta. Sono stati portati via questa
notte alle tre. I ribelli hanno preso prima un maestro, e da lui si sono fatti
condurre dove dormivano quelli di prima Senior. Questo fatto conferma quello
che hanno detto giorni fa, ossia la loro intenzione di rientrare in Sudan con
tanti ostaggi, per poi ritornare.
Verso le due del pomeriggio
abbiamo sentito tanti colpi di artiglieria in direzione di Ognwange.
La donna della mina
sta bene, e anche l'emoglobina le è salita a cinque e mezzo - da quattro
che era ieri, quando l'hanno portata.
Suor Balbina e la sua
fedele infermiera hanno tentato di rientrare a Pabo, ma sono tornate indietro
perchè a Seven Corner stavano passando i ribelli. Tenteranno di nuovo
domani. Anche il camion che avevo mandato per la ghiaia è ritornato
indietro. Questa situazione mi rallenta tutti i lavori e rende rischioso ogni
viaggio per l'approvvigionamento di tutto quel che occorre per l'ospedale
– in particolare, materiali da costruzione.
22-8-96
Giovedì. Oggi
quelli dell'‘UEB hanno finito di sistemare i nuovi trasformatori, e
finalmente è ritornata la luce che mancava da quando i ribelli spararono
sul trasformatore principale della centrale di distribuzione. Purtoppo sono
ancora all’aperto, senza nessuna protezione, e se i ribelli vogliono
possono farli saltare ancora, senza nessuna difficoltà.
Dei ragazzi della
Samuel Baker non si sa ancora niente. Sembra che i ribelli si dirigano verso
nord per entrare poi in Sudan. Dicono che Kony sia al confine, con altri
duecento prigionieri. Ma sembra che trovi difficoltà a proseguire, per
via della frontiera sigillata dagli uomini di Garang, che ha giurato vendetta
per quello che Kony ha fatto ai profughi sudanesi.
Questa sera Padre
Paolo, da Opit, ci informava che Suor Dorothy, incaricata del dispensario, era
partita alla volta di Gulu con un camion militare, per accompagnare una donna
senza una gamba per lo scoppio di una mina antiuomo, e per fare rifornimento di
medicine e di materiale da medicazione. Qui in ospedale non abbiamo visto
ancora nessuno, e sono già le nove di sera.
Oggi è
ripartito per l'Italia il Dottor Corti. Si fermerà li’ per qualche
settimana e poi andrà a trovare i parenti di Lucille in Canada.
23-8-96
Venerdì.
Anche questa notte è passata tranquilla e senza spari, ma la gente
continua a rifugiarsi per la notte in ospedale, e verande, tettoie e posti al
coperto sono tutti stipati. Mentre la gente dorme è difficile passare,
perchè sono tutti uno vicino all'altro e non si sa dove mettere i piedi.
Alle undici e trenta
è arrivata finalmente la donna saltata sulla mina ad Opit. Al posto di
Suor Dorothy, che aveva deciso all’ultimo momento di restare ad Opit, la
accompagnava un infermiere. Era partita ieri sera su un camion militare, ma
hanno dovuto dormire per strada, presso un distaccamento militare,
perchè la strada non era sicura. L'infermiere ha cercato di farle durare
la flebo più a lungo possibile. Poche centinaia di metri prima
dell'ospedale il mezzo che la trasportava è rimasto anche senza nafta;
sono andato allora a recuperarla io. Alla fine, questa povera giovane è
arrivata in ospedale con una gamba a brandelli e con febbre molto alta, segno
forse di una setticemia in corso. L'arto incominciava già ha puzzare per
un inizio di cancrena.
Un'altra donna
accompagnava il suo bimbo di pochi mesi, fortunatamente rimasto incolume.
L'infermiere di Opit mi ha detto che domenica mattina un'altra ancora era morta
dissanguata per lo scoppio di una mina. Le vittime sono quasi sempre donne e i
bambini.
24-8-96 Sabato. Questa sera Padre Piffer, da Anaka
ci diceva che tutti erano pieni di paura perchè nei dintorni si aggirano
millecinquecento ribelli affamati.
Una lettera, trovata
nel villaggio di un certo Odong Lokaliri, dove settimane fa i ribelli avevano
ucciso con la zappa quei quattro poveri diavoli, ci ha messo tutti in allarme.
La lettera, indirizzata a questo Lokaliri, raccomandava di custodire bene le
vacche perchè sarebbero venuti a prenderle; aggiungeva che volevano
anche i corpi di quei quattro poveri disgraziati. Con questa lettera in mano, i
militari di guardia all'ospedale hanno ottenuto dalle baracche dei rinforzi.
Un ragazzo della
scuola Samuel Baker è riuscito a scappare mentre guadavano un fiume. Ha
detto che i ribelli sono a corto di munizioni e che quindi la fuga ora è
meno rischiosa, e molti colgono l’occasione propizia per scappare. Sono
diretti in Sudan e per questo vogliono prendere tanti ostaggi. La notte
è rischiarata dalla luna che sta crescendo, e così stanno
crescendo anche le nostre angosce e le nostre paure. Il numero delle persone
che dormono in ospedale continua ad aumentare.
25-8-96 Domenica. La notte, contrariamente alle
previsioni, è passata tranquilla, e solo in lontananza si sono sentiti
degli spari. Pare che i militari approfittino del fatto che le case sono
deserte per rubare, fingendosi ribelli. Pare anche che da tre mesi che non
ricevano paga.
26-8-96
Lunedì. Le
strade sembrano tornate sicure e anche sulla strada di Kampala il traffico
è ritornato quasi normale, anche se è appena una settimana che
hanno sparato a un camion e fatto tre morti. Bastano pochi giorni per
dimenticare e riprendere come se non fosse successo niente. Per l'insicurezza
delle strade i prezzi delle merci avevano preso a salire anche qui a Gulu; lo
zucchero, per esempio, che era a quarantacinque mila scellini, è
arrivato a settantacinque mila scellini.
Purtroppo anche questa
notte hanno catturato tanta gente a Obia High Land, appena fuori Gulu. I
ribelli andavano di casa in casa, in silenzio, e portavano via la gente. Non
sappiamo ancora quanti ostaggi siano stati presi; si sa solo che almeno trecento
giovani hanno ormai varcato la frontiera del Sudan e sono riusciti a sfondare e
sbaragliare le linee di Garang.
Padre Piffer sostiene
che ad Anaka ci siano almeno millecinquecento ribelli. Invece ad Opit, dopo la
batosta ricevuta lunedì scorso, quando almeno cento ribelli sono stati
uccisi, sembrano scomparsi nel nulla. I militari della caserma di Opit erano
venuti a sapere di un attacco imminente e così hanno atteso i ribelli e
hanno teso loro una trappola. Quella stessa notte i ribelli hanno attaccato
l'accampamento, avanzando e sparando all'impazzata. I militari hanno aspettato
che fossero completamente penetrati nel campo, dopo di che hanno risposto al
fuoco. Purtroppo si sono accorti solo in seguito che avevano ucciso cento
giovani ragazzi. La tattica infernale dei ribelli incalliti è proprio
quella di mandare avanti questi ragazzi ignari, che, infatuati non so da cosa e
sprezzanti del pericolo, si buttano all'attacco. Sta proprio in questa
spavalderia, oltre che nella sorpresa, la ragione per cui molte volte riescono
a sbaragliare contingenti militari numericamente più numerosi e meglio
armati.
Oggi il mio
capo-operai Ayella è venuto a chiedermi una macchina per andare a
prendere sua moglie, che era moribonda. Da tre settimane era ricoverata in
medicina con sospetta TBC. Stava già migliorando quando, venerdì,
la mamma e i fratelli della moglie sono venuti a prelevarla, e all'insaputa del
marito l'hanno portata dallo stregone. Quando Ayella se n’e’
accorto, ha capito subito quali fossero le loro intenzioni, ma non è
riuscito a sapere dove l'avevano portata. Solo questa mattina sono venuti i
fratelli della moglie a dirgli che si trovava in fin di vita in una capanna nei
sobborghi di Gulu.
Quando è
arrivato sul posto, con la macchina che gli ho dato, ha saputo che sua moglie
era morta la sera prima, dopo che lo stregone le aveva somministrato uno dei
suoi intrugli.
Oggi ho portato due
bambine all'orfanotrofio - una di pochi mesi, di nome Atim, e l'altra forse di
due anni, di nome Ajok. Un mio operaio mi ha segnalato che una giovane donna
stava morendo in un villaggio poco distante dall'ospedale. Questa povera donna,
senza marito, ha abbandonato il suo villaggio vicino a Pabo, zona piena di
ribelli ed è venuta a Gulu credendo di trovare qui una sorella, che
però, nel frattempo, era andata da un'altra parte. Si è trovata
qui con due figli, senza parenti, senza soldi e senza mangiare e per di
più, poco dopo, si è ammalata. Anche se accolta in un villaggio,
non è stata portata in ospedale, e anche la bambina più piccola,
nutrendosi ancora con solo latte materno, ha incominciato a deperire. Ora la
madre è in ospedale e speriamo di salvarla. Arrivato in orfanotrofio mi
ha commosso l'accoglienza che gli altri bambini hanno fatto a queste due
creature, e il vedere nei loro occhi l'espressione di gioia e di gratitudine
per aver portato loro queste due nuove sorelle.
27-8-96
Martedì.
Questa notte i guerriglieri hanno bruciato tante capanne nella zona di Lalia,
che si trova tra la strada per Kitgum e quella per Lokome. Verso le due di
notte ho sentito anche qualche raffica di mitra.
Manano, nostro autista
di fiducia, è ritornato questa sera da Mbarara dove a portato un nostro
tirocinante per cercare, in quella Università, dei giovani medici
disposti a venire, in questa situazione, a fare il loro tirocinio qui al Lacor.
Quelli di Mulago assegnati il mese scorso al Lacor hanno preferito infatti
posti più sicuri e sono andati altrove. Sembra che ne abbia trovati
addirittura otto. Vedremo quanti poi arriveranno a destinazione. Ho anche
approfittato dell'occasione per mandare Romano, prezioso tecnico Philips in
pensione e volontario qui a Lacor, ad impiantare con due miei apprendisti
elettricisti un nuovo apparecchio per raggi X a Kiamahunga, poco distante da Mbarara,
dove nella missione del nostro Padre Tomaino sta sorgendo un grande ospedale.
28-8-96
Mercoledì, S. Agostino. Questo pomeriggio si sono sentite delle mitragliate. Ho
saputo che i ribelli erano gia’ da ieri sera nella zona di Bungatira.
Hanno portato via gente e messo su una loro radio trasmittente. Solo questo
pomeriggio i militari sono riusciti a disperderli.
In città, a
Gulu, oggi hanno arrestato una ragazza in blue jeans, tutta ben vestita e
imbellettata, e piena di soldi. Era una spia dei ribelli, che, facendosi
passare per una puttana di lusso, sperava che qualche ufficiale dell'esercito
la portasse dentro le caserme, per fare da testa di ponte, con altre colleghe,
per un eventuale attacco dei ribelli.
Questo pomeriggio
quasi pestavo un cobra accoccolato vicino a un tombino della fogna. Io sono
passato senza vederlo; se n’è accorto l’operaio che mi
seguiva, quando il cobra ha alzato minaccioso la testa contro di lui. Poco
tempo fa ne avevo ammazzato un'altro delle stesse dimensioni – circa un metro
-, sotto la nostra veranda. Si vede che c'è n’e’ una nidiata
da qualche parte. Secondo il mio libro dei serpenti, si tratta di un Forest
Cobra, può arrivare alla lunghezza di due metri e settanta, il suo morso
è mortale, ma - secondo il libro - non morde quasi mai.
La luna piena di
questi giorni rischiara il cielo quasi a giorno. Speriamo che i ribelli stiano
buoni e di non essere svegliati al suono dei mortai.
29-8-96
Giovedì. Anche
oggi hanno portato una donna saltata su una mina antiuomo. Viene da Paragongo,
vicino a Pabo. E’ incinta da quattro mesi e ha perso una gamba: speriamo
che il bambino si salvi. A Pece Acoyo, che si trova sulla strada di Opit, ad
appena quattro chilometri da Gulu, questa notte hanno bruciato parecchie
capanne e portato via quindici mucche.
30-8-96
Venerdì, ore
8.30 am. Questa
notte i ribelli, approfittando del chiaro di luna, hanno svaligiato le botteghe
del centro di Lacor Seminary; poi, andando via, hanno incendiato le capanne che
si trovano ad Onywange, di là dal fiume Toci. Non si sa ancora
perchè abbiano bruciato le capanne di quella zona, ma si ritiene che il
motivo sia l’ospitalità data ai militari - come se dipendesse
dalla popolazione! -, i quali solo ieri hanno lasciato quella zona.
I ribelli hanno anche
seminato qualche mina. Una è stata messa appena fuori dalla porta di una
bottega: l'hanno scoperta perchè hanno visto la terra smossa. Un'altra,
sepolta in un sentiero, l'hanno scoperta perchè la pioggia ha portato
via la terra con la quale l'avevano ricoperta. Speriamo che non ce ne siano
altre. Ormai la gente è diventata più guardinga e i casi di
incidenti si sono ridotti, ma, ugualmente, ogni tanto c'è qualcuno che
ci rimette una gamba e alle volte anche la vita.
Un mio operaio, che
abita vicino alla zona colpita dai ribelli, ha detto che sono arrivati verso
l'una e mezza di notte, in silenzio, e prima di bruciare ogni capanna
intimavano agli occupanti di uscire. Il mio operaio era stato svegliato dagli
scoppi dei bambù, usati come struttura portante del tetto, in fiamme.
Gli scoppi - mi ha detto - sono simili a fucilate non troppo lontane.
Ore 10.30 am. Da Ogwange è arrivata la
prima vittima di una mina antiuomo. E’ lo zio del Dottor Cipriano.
Fortunatamente era in bicicletta e la forza della mina si è scaricata
sulla ruota posteriore salvandogli le gambe. Ugualmente, ha una brutta ferita
proprio dietro il ginocchio.
31-8-96 Sabato. Anche questa notte siamo stati
svegliati alle due e mezza da colpi di mortaio, sparati non si sa ancora da
chi, ma molto probabilmente dai militari della caserma. I ribelli hanno
bruciato dodici capanne vicino alla strada che dal nostro orfanotrofio va
all'aeroporto. Sembra che i militari delle vicine baracche abbiano risposto a
colpi di mortaio o di cannone. Un proiettile di mortaio ha colpito, spaccandolo
in due, un eucalipto che si trovava nel cortile dell'orfanotrofio, a quindici
metri dal dormitorio dove dormono i nostri orfani. Alcuni testimoni dicono che
l'attacco era diretto da una donna feroce, che portava un bimbo di pochi mesi
in un marsupio legato sul davanti. Ad appiccare il fuoco al tetto di paglia
delle capanne erano ragazzi sui tredici o quattordici anni. I ribelli se ne
sono andati portando via una donna che tre giorni fa aveva preso in affitto una
capanna. Da come questa donna parlava ai ribelli hanno dedotto che fosse una
loro spia. Durante la sparatoria un civile è stato ferito, ma solo
leggermente. Questa mattina la gente sta scappando anche da Koc Ongako, dove
pare che i ribelli stiano bruciando capanne.
Nella zona del Lacor
Seminary, dove i ribelli hanno operato ieri, i militari, dietro segnalazione
della gente, hanno dissepolto altre otto mine anti-uomo.
Questa mattina abbiamo
contato settemila duecentoventinove persone venute per passare la notte qui in ospedale.
Ore 8.30 pm. Questa sera alle cinque e mezza
sono andato a raccogliere una ragazza saltata su una mina antiuomo. Lei, di
quindici anni, e sua sorella, di tredici, hanno finito la scuola ieri, e oggi
andavano in vacanza a casa loro. Fanno, rispettivamente, la settima e la sesta
elementare. Due loro fratelli erano venuti da Anaka in bicicletta per prenderle
e portarle a casa. Quando sono arrivati a Langol, dopo Onywange, la ruota
posteriore di una delle biciclette ha urtato la mina. Erano le due del
pomeriggio. La ragazza che stava sul porta pacchi ha avuto tutti e due i
polpacci dilaniati. Ha perso tantissimo sangue, ma le ossa sembrano ancora
intatte. Il ragazzo invece ha riportato solo una ferita dietro il ginocchio.
Era un pezzo che non facevo
più quella strada, e ho visto le capanne bruciate ieri dai ribelli sulla
strada che dopo il fiume Toci va a Langol. Le hanno bruciate per un tratto di
almeno dieci chilometri. Non c'è più anima viva in quelle zone, e
i villaggi bruciati e vuoti incutono un senso di desolazione e paura. Questi
quattro giovani si sono trovati soli e sperduti in mezzo a questa strada
deserta, due di loro feriti - la ragazza gravemente -, senza trovare nessuno
che desse loro una mano. Hanno provato a portare la ragazza con l'altra
bicicletta pian piano, ma dopo un po’, essendoci anche il fratello
ferito, hanno deciso di fermarsi e di mandare quello rimasto illeso a chiedere
aiuto all’ospedale che distava ancora quindici chilometri.
Questo pomeriggio hanno portato
anche due soldati, feriti nella zona di Opit.
Domenica 1 settembre 1996. Padre Rocco questa mattina e’ andato a pregare nella
cappella di Unyama, ma non ha trovato nessuno: durante la notte i ribelli erano
passati di lì e avevano ammazzato con un colpo di baionetta un ragazzo,
dopo avergli chiesto indicazioni sulla strada che porta ad Atede. Padre Rocco
ha celebrato allora la messa nel villaggio del ragazzo, e ne ha curato la
sepoltura.
Questa sera Padre Paolo, da Opit,
diceva che ha sentito un gran rumore di spari proprio dalla zona di Atede.
Lunedì 2 settembre 1996. Questa mattina si sentivano forti colpi di artiglieria,
ancora in direzione di Atede, sulla strada di Opit. Alle 10.30 i militari hanno
portato due soldati feriti ieri ad Atede, in un agguato sulla strada - dicono.
Ho saputo questa sera che
nell'agguato di oggi i ribelli hanno ucciso anche il marito della donna che
cucina per i bambini malnutriti della pediatria. Era un Home Guard che ha
lavorato per parecchi mesi anche qui al Lacor. Si chiamava Olanya Wally.
Oggi a Parabongo, nei pressi di
Pabo, hanno bruciato un camioncino pieno di casse di birra e Pepsi, diretto ad
Ajumani. Non hanno fatto vittime, ma hanno ripetuto all'autista che non
vogliono vedere per strada né macchine né biciclette.
Oggi è venuto Kazini a vedere
i suoi soldati feriti. Brown me l’ha presentato. Kazini ha detto che mi
conosceva e mi ringraziava per il lavoro che sto facendo, che ha ricevuto
rinforzi e che quindi avrebbe mandato altri due gruppi di soldati nella zona
dell'Ospedale, per migliorarne la protezione e la difesa.
Sono stato a trovare la ragazza che
sabato pomeriggio era saltata sulla mina e che avevo soccorso. Sta
riprendendosi lentamente: era dissanguata, ma le hanno fatto dato solo mezzo
litro di sangue, dato che, col pericolo dell’AIDS, è meglio
limitare al massimo le trasfusioni. Comunque, mi ha ringraziato di averla
soccorsa e, siccome senza il mio aiuto – ha detto - sarebbe morta, quando
sarà guarita vuole stare con me. Non ho capito in quale ruolo; ma
è una bella ragazza, e ad altri una proposta del genere non
dispiacerebbe.
Martedì 3 settembre 1996. Questa mattina i ribelli sono
passati ad Awer, un centro a sette chilometri da Lacor, dove c'è il
bivio della strada che va ad Amuru.
Questa sera sono venuti a chiamarmi
perchè andassi a prendere una donna, malmenata dai ribelli perchè
alla loro richiesta di soldi ha risposto che non ne aveva. E' stata colpita in
testa e sulla schiena, ma non mi sembra grave.
In questi giorni piove moltissimo, e
la gente che viene a dormire in ospedale arriva tutta bagnata. Fanno veramente
pena, specialmente i piccoli, e sono tutti pieni di tosse e bronchiti. Povera
gente! Quando finirà questo
castigo?
Mercoledì 4 settembre
1996. Dopo la grande pioggia di ieri
sera la notte è passata
tranquilla. La luna sta calando, e speriamo che cosi’ diminuisca anche il
pericolo di essere attaccati.
8:45. Sul giornale Rupiny di oggi dicono che Kony ha
intenzione di bruciare la Banca UCB
e di venire a rubare le medicine all'ospedale di Lacor. Un dipendente
della banca, Moses Bongomin, che qualche giorno fa era stato preso dai
ribelli e poi liberato, avrebbe
detto che i ribelli vogliono attaccare i soldati della banca e poi bruciarla
con tutti i soldi che contiene. In gran parte sono i soldi che servono a pagare
gli stipendi dei militari. Vogliono vedere poi se i militari vanno ancora a combattere, senza paga,
come loro stanno facendo ormai da dieci anni.
Avrebbero aggiunto che presto
verranno all'ospedale di Lacor, che dei militari non hanno paura e che non
c'era niente che potesse loro impedire di entrare a prendere le medicine e
tutto il resto. Il giornale spiega che per questo motivo da Venerdì
hanno aumentato il numero di soldati di guardia all'ospedale.
Se però succede come questa
sera, che tra poliziotti e militari quasi si sparavano, anche se aumentano il numero non serve
a molto. Il comandante dei poliziotti, completamente ubriaco, appena varcato il
cancello, si è messo a discutere con un soldato. Sono venuti alle mani.
Il poliziotto, tirata fuori una bottiglia di birra, l'ha rotta in testa al
soldato, ferendolo seriamente. Il militare ha tentato allora di sparargli, ma
è stato fermato da Acaye, il mio magazziniere. Poi, siccome sanguinava
abbondantemente, è stato portato subito in pronto soccorso. Certo e’ che domani
bisognera’ prendere provvedimenti, perchè non è la prima
volta che il capo dei poliziotti si ubriaca.
Giovedì 5 settembre
1996 Questa notte, alla periferia di
Gulu, verso Bungatira, i ribelli hanno bruciato alcune capanne. Devono aver
anche attaccato i soldati, perchè si sentivano raffiche di mitra e forti
colpi di mortaio o di cannone.
Venerdì 6 settembre
1996. Anche questa notte si sono sentite raffiche di mitra e
anche alcuni colpi più forti, di cannone. Venivano dalla direzione di Laiby, sulla strada che va a
Kampala. I militari sparavano in direzione di una foresta chiamata Zambia, che
si trova vicino a Koc Goma, ma non abbiamo ancora notizie precise. I ribelli
non dovrebbero essere da quelle parti, ma nella zona di Opit. Sembra
pero’ che i militari ne stiano inseguendo un gruppo. Ieri, sul New
Vision, c'era
scritto che Lagony Otti trova difficoltà a passare in Sudan; un
po’ per la piena dei fiumi causata dalle forti piogge di questi giorni,
un po’ per il dispiegamento di forze, da parte dei militari, in
prossimita’ dei valichi di frontiera che i ribelli sono costretti a
usare. Trovando la strada
sbarrata, Lagony avrebbe allora ordinato ad alcuni dei suoi di creare
azioni di disturbo alla periferia di Gulu, in modo da distrarre le truppe di
Museveni. Spera cosi’ di trovare un varco per il Sudan, dove andra’
a rifornirsi di armi.
Questa mattina ho fatto contare le
persone entrate per dormire: erano tremila trecentocinquanta. Il numero
è sceso drasticamente, forse per le minacce dei ribelli di attaccare
l'ospedale. Padre Paolo e Suor Dorothy sono venuti da Opit per prendere
medicine. Dicono che lì ci sono tantissimi soldati. Anche di ribelli
pare ce ne siano ancora molti. Hanno detto che, strada facendo, hanno
incontrato anche alcuni carri armati. Fino adesso la Missione e’ stata
rispettata, ma c'è sempre tanta paura. La gente ha paura di muoversi, e cosi’ il dispensario
è semivuoto.
Sabato 7 settembre 1996. La notte è trascorsa senza problemi. Questa mattina
pero’ i militari hanno bloccato tutta la gente entrata in ospedale per
dormire e ne hanno voluto controllare documenti e carte di identità.
Oggi la gente sembra più numerosa di ieri.
Questo pomeriggio hanno portato
quattro soldati feriti e un ragazzo che ha perso una gamba, per una mina
anti-uomo, a Bungatira. I governativi stavano inseguendo un gruppo di ribelli
che, avendo trovato il fiume Aswa in piena, non son potuti passare nell'Est
Acholiland, sono ritornati sui propri passi e ora sono ancora nella zona di Koc
Goma. Speriamo che abbiano poche munizioni e finiscano anche la scorta di
queste maledette mine. Speriamo insomma che spariscano dalla circolazione, in
modo da permettere a questa povera gente di ritornare ai propri villaggi e
salvare il raccolto – gia’ scarso - di quest'anno.
Domenica 8 settembre 1996. Anche questa mattina, alle cinque, si sentivano forti
colpi di artiglieria, sempre nella zona di Koc, segno che i militari non
mollano e vogliono stanare questo gruppo di ribelli ormai isolato dagli altri.
Prima di mezzogiorno hanno portato
ancora un ferito, saltato su una mina. E’ un poveretto di più di
sessant'anni, che abita a Pece, nella periferia di Gulu. Questa notte i ribelli
sono passati da quelle parti e hanno piazzato la mina proprio davanti alla
porta della sua capanna. Ha perso il piede e gli è stata amputata la
gamba, sotto il ginocchio.
Stasera Brown mi ha chiesto di far
spegnere le luci, perchè i ribelli erano nella zona di Alokolum, dove
c'è il Seminario Nazionale. Avrebbero fatto sapere che era loro
intenzione attaccare l'ospedale. Ormai la notte è buia e senza luna, e
sta piovendo a dirotto. Penso quindi che anche ai ribelli convenga starsene tranquilli e al riparo in una
delle tante capanne attualmente abbandonate.
Da Opit, Padre Paolo fa sapere che
la gente ha paura e si è rifugiata nella missione. Padre Pifer, per
parte sua, dice che se qualcuno non crede che esista il purgatorio vada ad Anaka e si convincerà.
Padre Paolo replica che a Opit sono un girone più in basso.
Lunedì 9 settembre 1996. Stamattina hanno contato tremila
trecentosessanta persone entrate in Ospedale per passare la notte.
Ieri sera tardi, i
militari avevano mandato rinforzi, sia per l'ospedale sia per circondare il
gruppo di ribelli che si trova a Onywange, a pochi chilometri da qui. Il gruppo
e’ formato da circa trecento uomini; avranno la vita dura, circondati
come sono da più di tremila
soldati.
Hanno appena portato
undici persone ferite da una mina anti-carro. Si trovavano sul cassone del trattore del Seminario
Nazionale di Alokolum, che questa mattina era andato a prendere della canna da
zucchero a Bwobo, a un paio di chilometri dal seminario. La mina era stata
sistemata appena fuori dal guado del fiume Toci. All’andata non e’ successo
niente, ma al ritorno, col cassone carico di canna da zucchero e di gente, la
mina e’ scoppiata, scaraventando lontano canna e passeggeri. Anche noi
mandiamo spesso il trattore e il camion da quelle parti, per il trasporto dei
mattoni. Io stesso sono passato di lì sabato scorso, andando a
soccorrere la ragazza ferita dalla mina.
Degli undici feriti,
solo uno, che si trovava proprio sopra la ruota che ha fatto esplodere la mina,
perdera’ una gamba; gli altri hanno solo contusioni ed escoriazioni, ma
nessuno sembra grave.
Oggi è la
festa di S. Pietro Claver, apostolo degli schiavi. Tutti noi comboniani ci
siamo trovati in cattedrale per celebrare questo grande santo e per ricordare
il giorno in cui la maggior parte di noi ha fatto la propria professione
religiosa. Per me, e’ il trentesimo anniversario dei voti.
Abbiamo pregato
perche’ ci liberi dalla schiavitù della guerriglia, a causa della
quale ragazzi e ragazze acholi vengono rapiti, e sono poi costretti a uccidere
o sono venduti come schiavi nei mercati arabi del Sudan.
Oggi è arrivato il Prof.
Bonini, chirurgo di grande capacità ed esperienza. Ha insegnato
all'Università di Mulago negli anni settanta. In questi hanni ha
lavorato nell'ospedale di Arua. Dovrebbe fermarsi per almeno due anni e
insegnare chirurgia ai giovani medici. E' arrivata anche suor Manfreda, dopo
tre mesi di vacanza in Italia.
Martedì 10 settembre
1996 Vicino a Koro Abili, dopo la
cappella di Padre Albertini, hanno sparato a un camioncino Dyana Isusu pieno di
gente diretta al mercato di Ngai, sulla strada per Iceme. Qui in ospedale hanno
portato solo due persone ferite, tra cui l'autista, a cui e’ stato
amputato un piede, e il bigliettaio,
con una pallottola in uno stinco. Di quelli che si trovavano nel
cassone, sembra che uno sia morto, mentre gli altri sono stati rapiti. I
ribelli hanno anche rubato la merce e bruciato il camioncino. Suor Emma, di
ritorno da Kampala in bus, ha potuto vedere il camioncino ancora fumante.
Un agguato simile si e’ avuto
nei pressi di Parabongo, sulla strada che va a Pabo. Un uomo è stato
colpito alla testa, ed e’ morto sul colpo. Era un maestro della Senior School di Pabo, che era stato
dimesso dal nostro ospedale proprio questa mattina. I ribelli hanno anche
bruciato l’auto, che apparteneva a un tale di Pabo. Tutti gli altri
passeggeri sono stati rapiti. Suor Bibiana, incaricata del dispensario di Pabo,
che faceva la stessa strada su un’altra auto, ha fatto in tempo a
fermarsi e tornare indietro. Rientrava a Pabo, dopo una settima di ritiro
spirituale a villa Teresa, qui in ospedale.
Padre Paolo ha portato, da Opit, una
donna ferita da una mina. E’ ritornato poi alla missione. Dalle sue parti
un gruppo di ribelli sta facendo disastri, e anche ieri due donne sono morte
per le mine e altre due sono state uccise a botte. Ad Acet ha visto le capanne del campo militare
in fumo. Forse i ribelli hanno voluto vendicare la batosta subita, in quello
stesso posto, alcune settimane fa. Il campo era stato minato dai militari, e un
centinaio di ribelli – per lo piu’ ragazzi - erano rimasti uccisi.
Ieri, con la mediazione del
presidente iraniano, Rafsanjani, Uganda e Sudan hanno riallacciato le relazioni
diplomatiche. I Sudanesi hanno riaperto l'ambasciata a Kampala. L’Uganda
si e’ impegnata a non aiutare più Garang; il Sudan a non armare
più Kony. Hanno messo cosi’ sullo stesso piano il diritto di
indipendenza del popolo nero del Sud Sudan e la rivolta senza senso di un pugno di criminali.
Non so cosa ne pensi Garang, ma
questo avviene anche per colpa sua e per le divisioni che esistono tra le varie
tribù nere del Sudan. La tribù Denka, a cui appartiene Garang, ha
lo stesso atteggiamento dei Tutsi, che si credono nati per comandare su mandato
divino.
Personalmente ho poca fiducia negli
arabi e ancora meno in Rafsanjani,
che finanzia il terrorismo internazionale, è il più
importante sponsor militare del Sudan e rifornisce i nostri ribelli di armi,
munizioni e mine. Temo che con questo accordo siamo caduti dalla padella alla
brace. L’accordo non è piaciuto neanche agli americani e non
sappiamo quali conseguenze aspettarci. Museveni, presidente dell'Uganda,
sostiene che è pronto a collaborare con chiunque - iraniani, russi,
Major o Clinton – finche’ questo torna a beneficio dell'Uganda. Ha detto anche che presto le linee
aeree iraniane metteranno voli per Entebbe e l'Uganda potrà
approfittarne per esportare in Iran i suoi prodotti agricoli e quelli
zootecnici, come carne di capra, di pecora o di manzo.
Mercoledì 11 settembre
1996. Oggi sembra tornata la calma.
Speriamo che abbiano finito di piazzare mine ed ammazzare innocenti! Vedremo se
quest'accordo tra Uganda e Sudan porterà dei frutti di pace... Intanto
sembra quasi certo che le persone rapite ieri nell'agguato di Parabongo siano
state uccise tutte. Quelle prese in ostaggio sulla strada di Kampala sono state
invece liberate. Suor Bibiana diceva che ieri i ribelli hanno ucciso anche due
che se ne andavano a Pabo in bicicletta.
Fratel Mario Rosignoli questa sera
si è unito al grande convoglio di camion pieni di viveri per i rifugiati
sudanesi, diretto a Nimule. Era venuto a Gulu, con un aereo delle Nazioni
Unite, dalla sua missione di Kocioa, a riprendere l’auto, che era qui in
riparazione. Questa sera alle nove non era ancora arrivato a casa. Speriamo
bene: che non debba passare la notte in macchina o peggio!
Ci hanno comunicato oggi che
domenica notte il Dr. Corti si è sentito male: ha avuto un piccolo
infarto ed è stato ricoverato in ospedale con l'ordine di completo
riposo. Speriamo che recuperi presto e non ci faccia brutti scherzi,
perchè abbiamo ancora molto bisogno di lui. Almeno per altri
vent'anni.
Giovedì 12 settembre 1996.
Anche se qui in
ospedale non abbiamo sentito niente, nella periferia di Gulu, a Te Gwanda - la
zona, dietro la Banca UCB, che si estende verso lo stadio di Pece - i ribelli
hanno bruciato molte capanne e i militari hanno sparato alcuni colpi di mortaio
per disperderli. Sembra che non sia stato ucciso nessuno. Fa bene, ogni tanto,
passare una notte senza essere svegliati
da colpi di mitraglia; anche per
dare tempo ai nostri nervi di recuperare. Non si può vivere
giorno e notte in continua tensione.
ore 10 AM Hanno portato un uomo da Unyama, con molte ferite in tutto
il corpo. La figlia mi ha detto che i ribelli volevano ucciderlo con una scure,
ma non l'hanno trovata; cosi’ lo hanno colpito con la punta di una
lancia. Il Dr. Bonini, che l'ha subito operato, ha detto che non se la sarebbe
cavata da solo, ma che, comunque, le ferite all'addome e al torace non sono
troppo gravi.
Anche nei pressi della strada di
Kitgum, a sette chilometri da Gulu, i ribelli hanno bruciato molte capanne.
Hanno anche ucciso due persone, facendole a pezzi con la scure.
Ieri sera sono stati anche attaccati
gli ultimi due camion del convoglio partito da Gulu diretto a Nimule –
quello al quale si era unito Fratel Mario. Questi due mezzi erano partiti in
ritardo e stavano cercando di raggiungere il convoglio scortato dai militari. A
Parabongo pero’, in una zona in cui sono state attaccate altre auto, si
sono imbattuti nei ribelli, che hanno bruciato i veicoli carich, ciascuno, di
cinquanta tonnellate di farina di granturco. Degli autisti non si sa ancora
niente.
Il bilancio del raid di questa notte
alla periferia di Gulu è di almeno centocinquanta capanne bruciate, un
uomo e una donna bruciati vivi in una capanna, sette persone rapite.
ore 4 P.M. Hanno appena portato da Te Gwanda
un uomo ferito che si credeva fosse stato rapito dai ribelli. Era stato
gettato, invece, nell’erba, privo di sensi, a poca distanza dal luogo
dell’aggressione. Ha il volto tumefatto e la mascella rotta, il cuoio
capelluto pieno di tagli profondi. Speriamo che non gli abbiano sfondato la
scatola cranica.
Fratel Mario ci fa sapere, da
Kocioa, che è arrivato sano e salvo a casa, ma che per fare i cento
chilometri del tragitto ha impiegato
dodici ore. E’ arrivato, cioe’, a casa questa mattina alle
cinque. I camion si sono impantanati un paio di volte: a Pawel, dopo Pabo, e
vicino ad Atiak. Per tirarli fuori dalle buche, le riempivano coi sacchi di
granturco, e ogni volta ci volevano due o tre ore. Lui ne approfittava per dire il rosario e per farsi un
pisolino. Usare il granturco destinato ai rifugiati sudanesi in questo modo
potra’ sembrare a qualcuno uno spreco assurdo, ma penso che per la gente
di quella zona, con la fame che c'è, sia stata una provvidenza, e che,
una volta passati i camion, si siano dati tutti all'assalto di tutto quel
bendidio, senza lasciare per terra neanche un granellino. Fratel Mario non sapeva
ancora dei due camion bruciati; ha detto solo che ha avuto difficoltà a
sorpassarli per andare a riprendere il convoglio. Anche questa volta i suoi
angeli custodi hanno dovuto fare lo straordinario.
A Opit e Anaka oggi tutto
tranquillo.
venerdì 13 settembre 1996. La notte è passata
tranquilla, senza novità. Questa mattina i militari hanno circondato
tutta la zona e hanno radunato gli abitanti dei villaggi vicini per uno screening. Alcune spie dei ribelli si
sarebbero infatti infiltrate tra la gente dell’ospedale. Hanno fermato
una dozzina di ragazzi, perchè privi di documenti di identità e
sconosciuti alla gente.
Padre Pifer fa sapere che oggi i
ribelli hanno ucciso otto persone nella sua parrocchia di Anaka. Stavano
andando in bicicletta per la strada di Alero, quando, a Langol, sono stati
fatti fuori per aver disobbedito al divieto di viaggiare sulle strade, a piedi,
in macchina o in bicicletta. Anche Padre Paolo dice che oggi, lungo la ferrovia
di Opit, sono state uccise sei persone, forse per la stessa colpa. Questa
mattina abbiamo contato tremila novecentoquarantacinque persone entrate ieri
sera per dormire.
Sabato 14 settembre 1996. Esaltazione della Croce. Oggi l'elicottero militare è
passato parecchie volte sopra di noi, carico di bombe, diretto verso est, in
direzione di Anaka - segno che hanno individuato la presenza dei ribelli in
quelle zone e stanno combattendo. Nelle vicinanze, invece, non sono stati
segnalati ribelli. Il nostro camion, cosi’, dopo una settimana di
inattività forzata, a causa dell'insicurezza, è riuscito a
portare a casa un carico di mattoni.
Il paziente ferito con la punta di
lancia, che era stato operato giovedì scorso dal Dr. Bonini, è
morto.
Domenica 15 settembre 1996. Festa della
Madonna Addolorata.
Sembra che i ribelli cerchino ancora un varco per ritornare in Sudan con gli
ostaggi. Fino a questo momento non si sono visti i frutti dell'accordo tra
Sudan e Uganda, e pare che Kony sia a Juba, protetto e riverito.
ore 5.30PM Hanno appena portato cinque militari feriti oggi, alle tre
del pomeriggio, in un attacco a Pagak, dove c'è una cappella ormai in
rovina, costruita nel 1922 dai primi missionari. (A ricordo di Padre Santo
Pizzocolo, cappellano dell’ospedale, morto nel 1993, che ha sempre avuto
un debole per quella cappella, dove la domenica, nonostante gli ottanta anni e
gli acciacchi, andava a dire la messa, sto costruendo una cappella più
grande, a base ottagonale; in un domani potrà servire anche come chiesa
di una futura parrocchia. La pagano i parenti di Padre Santo, tra cui la nipote
Rossanna e Mons. Denti, segretario del vescovo di Mantova). I feriti sono stati colpiti tutti alla
schiena: evidentemente stavano scappando. Sono stati attaccati da piu’ di
cinquecento ribelli, mentre loro erano un centinaio. Mi hanno detto che tra i
militari non ci sono stati morti, e che invece i ribelli hanno subito molte
perdite. Il Dr. Bonini è già in sala operatoria.
Questa sera sono passati alcuni
carri armati diretti verso Pabo.
Padre Pifer dice che va male, in quel
di Anaka, e che tutti hanno paura di muoversi.
Questa sera, festa della Madonna
Addolorata, sono andato a dire il rosario insieme ai giovani che ogni sera si
raccolgono in chiesa per impetrare dalla Regina della Pace protezione e PACE.
Cantavano i canti dell'Avvento, in acholi: "Bin Yesu Rwot, bin dong ka
larowa" - "Vieni Signore Gesù, vieni presto a salvarci".
Cantavano anche "Attende, Domine, et miserere, quia peccavimus tibi". La Regina della Pace non
può non ascoltare queste suppliche, gridate da un popolo ormai disperato
e da questo gruppo di bambini innocenti.
Convertirci è l'unico rimedio
alla guerra. E' un'antifona che la Madonna ci sta ripetendo ormai da decenni
nelle sue apparizioni, ma questo messaggio lo rifiutiamo e alla nostra salvezza
preferiamo la nostra distruzione. Sono convinto che il popolo Acholi stia
pagando per i suoi peccati, ma che stia pagando, come vittima di espiazione,
anche per i peccati di tutto il genere umano.
Regina della Pace, prega per noi e
abbi pietà di noi e del mondo intero!
ore 10 PM E' ritornato il convoglio che giovedì aveva portato
gli aiuti a Nimule. I camion si sono fermati fuori dall'ospedale per scaricare
il cadavere di un autista ucciso
giovedì scorso dai ribelli nell'attacco ai due camion che tentavano di
raggiungere il resto del convoglio. Lo hanno trovato ancora in cabina, mezzo
bruciato e già in avanzata decomposizione. E' stato posto nella camera
mortuaria; domani sara’ trasportato a Kampala. Degli altri tre autisti,
due sono stati feriti; il terzo è stato portato via dai ribelli, e
ancora non se ne sa niente.
Lunedì 16 settembre 1996 Il pakistano incaricato degli aiuti ai sudanesi e
dell’organizzazione del convoglio
mi ha detto che era ritornato sul posto dell’attacco, il giorno
dopo, per recuperare il cadavere e i camion - solo parzialmente bruciati, e
ancora ricuperabili. E’ dovuto scappare, pero’, perchè i
ribelli erano ancora in giro, tant’e’ che son tornati a bruciare
completamente i camion.
Oggi Sr. Anna, Sr. Francesca e
Adilla sono andate a Kampala per fare gli esercizi. Sono partite alle dieci,
subito dopo che i guerriglieri avevano sparato al bus di linea che va a
Kampala, nella zona tra Bobi e Minakulu Acholi. Il conducente e’ riuscito
a proseguire, e cosi’ ha salvato la vita a molti. Un uomo e’ morto.
I feriti - una quindicina, alcuni in gravi condizioni - sono stati portati nel
nostro ospedale di Aber. Non sappiamo se tra di loro ci sia anche qualcuna
delle nostre allieve infermiere, partite stamattina per le vacanze. Padre Varesco,
di Aber, ci dara’ notizie domani.
Tra gli altri, hanno portato due
sorelle: erano sedute una accanto all'altra e una pallottola ha trapassato il
ginocchio di una, fracassandolo, ed e’ penetrata in una gamba dell'altra,
fermandosi nella caviglia. Erano studentesse del nostro collegio del Sacred
Heart ed avevano finito la scuola; cosi’ pensavano di andare per un
pò in vacanza giù a Kampala, dove si respira aria migliore e non
si rischia sempre di essere rapiti o uccisi.
Padre Paolo, da Opit, ci ha detto
che oggi, all’altezza della cappella di Atede, un poveretto che portava
la moglie incinta e con difficoltà di parto, in bicicletta, al
dispensario si e’ imbattuto nei ribelli. Lui e la moglie sono stati
uccisi sul posto, sempre per aver infranto il divieto di viaggiare sulle
strade.
Oggi è arrivato da Kampala
Fratel Ferrari, per un check-up, dato che nei giorni scorsi ha avuto delle
coliche renali.
Martedì 17 settembre 1996 Oggi è arrivato Fratello
Udeschini da Ladonga, per farsi alcuni esami per una presunta diverticolite.
Sono partiti Padre Alfredo Matevi e Padre Maffeis, che era qui ormai da tre
mesi per una brutta caduta con la moto: si era rotto una spalla e alcune
costole e si era perforato la pleura.
Hanno ancora sparato sulla strada di
Kampala; questa volta tra Kandini e il ponte di Karuma. Pare che la sparatoria
sia durata due ore. Non abbiamo ancora particolari, e qui non è arrivato
nessun ferito.
Il World Food Program ha distribuito
viveri, zappe, coperte e pentole ai rifugiati. Per i continui attacchi la gente
e’ stata costretta a lasciare i propri villaggi, spesso distrutti dalle
fiamme, e si è adattata a vivere alla meglio, vicino alle nostre
istituzioni o in città, a Gulu. Migliaia di persone - uomini, donne e bambini,
anche neonati - dormono sul freddo pavimento delle nostre verande o dei
reparti, nelle chiese o sotto i portici delle botteghe di Gulu, si’ e no
con una coperta, contesa a volte da più membri della stessa famiglia. Il
pericolo di epidemie è sempre in agguato, anche perchè mancano
acqua e gabinetti. Per fortuna tutti i giorni viene un forte temporale e lava
via tutto; qui in ospedale ci meravigliamo che l’odore di “genere
umano” si mantengano molto al di sotto dei livelli di sopportazione. Molti
poi non hanno neanche da mangiare, perchè i loro villaggi sono lontani.
Alcuni vivono in queste condizioni da mesi.
Finalmente organizzazioni come la
Croce Rossa Internazionale, la FAO, Oxfam e altre sono venute a farci visita e
hanno promesso un intervento di emergenza immediato. Il governo, che pure ha
dei fondi per situazioni del genere non ha fatto mai niente, e forse - o senza
forse - ha fatto sparire quei fondi.
Mercoledì 18-9-96 Ho fatto fare un censimento di tutta
la gente presente stamattina in ospedale. Ecco i risultati:
Pazienti 458
Assistenti dei pazienti 1343
Allieve infermiere 113
Nursing Aid 117
Parenti nursing Aid 48
Infermiere e relativi parenti 178
Gente rifugiata stabilmente
residente 176
Medici e relative famiglie 90
Infermiere caposala e parenti 47
Suore Mary Immacolate di Villa
Teresa e personale 22
Suore Comboniane e Comboniani 11
____
Totale gente residente fissa 2643
Gente rifugiata solo
per la notte 5040
Totale popolazione presente in
ospedale
____
18 settembre 1996 :
7683
I ribelli ieri sera hanno
attraversato la strada di Kampala e sono ritornati dalla nostra parte, ossia
nella zona di Koc. Si sono sentiti per lungo tempo colpi di artiglieria verso
Keyo e Roc, con l'elicottero che andava avanti e indietro carico di bombe.
Questa notte, verso le due, si sentivano forti colpi, che a prima impressione
sembravano tuoni. Erano seguiti da lampi intensi, che sbiancavano la notte
quasi di continuo. Bombardavano la zona di Roc con l'elicottero, illuminando
con i razzi il campo d'azione.
Il generale Salim Saleh lamenta che
i militari e i loro comandanti non hanno voglia di combattere e non eseguono
gli ordini, e dice che è per questo che non si riesce a porre termine a
questa ribellione. Non riesce a spiegarsi per quale motivo tutte le volte che i
ribelli sono ormai circondati e senza possibilità di fuga riescano sempre
a trovare un varco e a sparire nel nulla. Ha anche detto che una grande
offensiva da parte di Kony è prevista per novembre e che la gente deve
essere pronta a difendersi da sola se i militari si comporteranno come si
stanno comportando attualmente.
I giornali attaccano anche Museveni,
che prima delle elezioni scommetteva di far fuori Kony entro sei mesi. I sei
mesi sono scaduti il 6 settembre e Kony sembra vivo e vegeto piu’ che
mai, e tiene testa ai cinquanta mila soldati di Museveni.
Quelli del Sud dicono che la
guerriglia non potra’ finire finché gli Acholi non accetteranno
l'idea di essere governati da uno
del Sud. Gli Acholi dicono che il governo è pieno di pregiudizi contro
di loro e considera tutti quelli del Nord dei primitivi bellicosi; non si cura cosi’
delle loro sofferenze e quasi quasi è contento di questa sventura. Altri
invece vedono questa guerra essenzialmente come un problema tra Uganda e Sudan,
e Kony come una pedina in mano ai fondamentalisti islamici arabi. Il vero
problema è che chi comanda e ha in mano il potere è lontano da
questa terra Acholi, non ha nessuna sofferenza diretta dalla guerra, ma forse
solo vantaggi. Gli orrori di cui Kony si rende responsabile, i massacri e le
vere e proprie mattanze che compie sono molto remoti e non toccano minimamente
gliuomini di potere. Sono cose che al massimo leggono sui giornali o vedono in
TV. Senz'altro disapprovano quando sentono di gente innocente uccisa, di persone mutilate dalle mine, di
ragazze violentate, di villaggi bruciati e di proprietà distrutte e
saccheggiate. Forse si commuovono, anche, davanti ai bambini senza gambe e
senza braccia. Ma tutto finisce
lì.
Per la nostra gente, invece, non
è una storia vista in televisione di "innocenti civili", ma
una storia che dice "mia madre è stata uccisa" o "mia
sorella è stata violentata" o "mio fratello è stato
ammazzato" o "la mia capanna è stata bruciata" o
"una mina mi ha ridotto senza gambe" o "la mia bottega è
stata svaligiata e distrutta". Qui si parla in prima persona singolare,
non in terza persona plurale come fanno i giornalisti e la televisione. Non si
può più continuare così; non si possono piu’ porre
condizioni pregiudiziali a che si smetta di farsi del male.
Questa sera hanno portato un altro
militare saltato su una mina nella zona di Awac: ha perso un piede.
Ore 10.30 PM Si sentono forti colpi di
artiglieria, non so se si tratti di colpi di mortaio o di cannone.
E' arrivato Romano, da Kiamahunga,
dopo quasi quattro settimane di
assenza. E’ stato veramente una provvidenza per Padre Paolino, che ne ha
approfittato per fargli aggiustare un sacco di cose, oltre che l'apparecchio
per i raggi X.
Giovedì 19 settembre
1996. Festa di S. Gennaro. Il sangue di san Gennaro si è
liquefatto anche questa volta – segno, per i napoletani, di un'altro anno
di prosperità. Speriamo che anche per noi sia segno di un'anno migliore
di quello presente.
Questa mattina i militari hanno
trovato una mina, piazzata dai ribelli sulla strada che va al seminario di
Lacor, ad appena un chilometro dall'ospedale. L'hanno scoperta grazie ad un
uomo, preso come ostaggio dai ribelli durante la notte, ma poi riuscito a
fuggire. Dicono che abbia ricevuto da Kazini i duecentomila scellini che aveva
promesso a tutti quelli che avrebbero consentito di localizzare una mina.
I ribelli sono passati vicino a noi
e hanno portato via alcune persone da Abuga. Tra queste, anche Francis Onek, un
mio muratore.
Ieri sera i militari sparavano da
lontano sui ribelli, che, passando dalle parti di Alokolum e di Bwobo,
bruciavano capanne.
Questa mattina due Mamba, con
quattro mitraglie pesanti ciascuno sulla piattaforma, che ritornavano da
Onywange, sono finiti nel fiume Toci. Il primo stava tentando di evitare la
buca scavata dalla mina che l'altro giorno ha fatto saltare il trattore del
seminario, e per la velocità ha perso il controllo finendo in acqua; il
secondo, che seguiva a ruota, per schivare il primo è finito
anch’esso nel fiume, dalla parte opposta del ponticello. I militari, per
sottrarsi alla compassione dei curiosi, hanno chiuso la strada che porta ad
Alero.
Questa sera ho portato in
città una ragazza, cui era morto di malaria il figlio di cinque mesi
appena. Era in ospedale da due giorni. In città, a Gulu, ho potuto
vedere la massa di gente che entra da tutte le direzioni in cerca di protezione
e rifugio. Anche l'ospedale oggi sembra più affollato del solito.
Venerdì 20 settembre 1996 Questa notte hanno sparato a lungo
con colpi forti ma isolati. Mi hanno detto che militari sparavano con la
mitraglia da venti millimetri per fare capire ai ribelli che conveniva loro
starsene lontani, se avevano cara la pelle.
Francis Onek, il mio operaio preso
l'altro ieri dai ribelli, è ritornato ieri sera. Ha detto che intorno
alle dieci di sera è stato sorpreso in capanna e obbligato a portare i
polli che i ribelli, lungo il cammino, raccoglievano nei villaggi. I ribelli
erano solo dieci, tra cui cinque ragazzini, ma tutti armati; lui e i suoi non
hanno avuto il coraggio di reagire, anche se erano in quattordici –
incluse, pero’, due ragazze. Durante il tragitto, i ribelli continuavano
a dire loro che se non volevano rimanere per strada dovevano camminare svelti,
e che li avrebbero liberati prima di arrivare al campo; erano buoni –
dicevano -, perche’ se a prenderli fosse stato il gruppo che bruciava le
capanne, gli ostaggi non sarebbero più tornati indietro. Rubavano solo
polli e farina per la polenta, anche se ovviamente non si lasciavano sfuggire i
soldi, se ce n’erano.
Il gruppo che è passato da
Onywange bruciando capanne ha anche ammazzato tre uomini. Uno lo hanno preso e
ucciso nel tardo pomeriggio mentre con la bicicletta si portava a casa un sacco
di cassawa. Ieri mattina i parenti sono andati a recuperare il corpo, ma uno di
loro, un giovane, è saltato su una mina nascosta vicino al cadavere, e
ha perso un piede. Il fatto e’ avvenuto tra Bwobo Nam e Langol sulla
strada per Alero.
Suor Bibiana, del dispensario di
Pabo, è ancora in giro, perchè dal giorno in cui sono stati
bruciati i due camion non ci sono più macchine che vanno in quella
direzione, e la zona è infestata dai ribelli. Per tornarsene a Pabo, Sr.
Bibiana sta aspettando l'occasione di un convoglio che porti viveri ai
rifugiati sudanesi con la scorta dei militari.
La Madre Generale Suor Marietta ha
lasciato libere le suore di decidere se rimanere o meno alla missione di Pabo,
anche perchè sono ancora senza prete. Per il momento hanno deciso di
rimanere; hanno chiesto solo, se possibile, di avere un mezzo per potersi
muovere in caso di necessità.
Le persone entrate in ospedale per
passare la notte erano cinquemila e settecento: per la stragrande maggioranza,
donne, giovani e bambini.
Sabato 21 settembre 1996 . Questa notte sono stato svegliato da Fratel Ferrari e da
Fratel Udeschini perche’ Fratel Bazzanella chiamava aiuto. Ho trovato il
Fratello che aveva una emiparesi sul lato sinistro del corpo, con il braccio e
la gamba paralizzati. Abbiamo subito chiamato il Dr. Matthew, che ha
immediatamente incominciato la terapia
del caso. Stamattina la sensibilità del braccio sembrava ulteriormente
diminuita, mentre quella della gamba era stazionaria.
Ore 2.30 PM Hanno portato da Pabo cinque uomini
feriti. Ieri sera, verso le dieci i ribelli hanno preso d'assalto il centro di
Pabo e le adiacenze della Missione, ma senza entrare nel dispensario ne’
nel compound
della missione. Hanno radunato tutti quelli che hanno potuto e, dopo aver
lasciato liberi donne e bambini, hanno scelto i ragazzi da portare via e ucciso
a colpi di scure gli altri uomini. I morti sono stati diciassette; quattro sono
i sopravvissuti portati in ospedale, due dei quali in coma per fratture al
cranio.
Uno dei feriti e’ stato
colpito con un tizzone ardente che gli ha procurato anche varie ustioni. Era
andato a dormire, con la moglie e i bambini, in una capanna vicina alla
missione, ritenendolo un posto più sicuro. La moglie mi ha raccontato
che i ribelli, non trovando una scure lo hanno colpito col calcio del fucile e
con quel tizzone ardente che gli ha procurato le ustioni.
Uno dei feriti in coma è un
militare, che a quell'ora era ancora a bere nel centro di Pabo.
Le ragioni di questa spedizione
punitiva sarebbero state sempre le stesse: i ribelli non vogliono gente nei
centri, vicino alle strade e vicino alle baracche dei militari. Non vogliono neanche
vedere macchine o biciclette per strada.
I militari delle vicine baracche si
sono limitati a sparare in aria per spaventarli, ma i ribelli, conoscendo ormai
questa tattica, hanno proseguito imperterriti nel loro lavoro. Il giorno prima
avevano gia’ bruciato tante capanne a Pawel.
Padre Paolo, da Opit, dice che anche
li’ la situazione è molto tesa, e hanno paura che tornino a
bruciare villaggi. Ad Anaka le cose non vanno meglio: Padre Pifer fa sapere che
i ribelli continuano a uccidere.
Domenica 22 settembre 1996 Fratel Bazzanella questa mattina ci ha fatto prendere un
grande spavento: mentre era a colazione, ha avuto un fortissimo mal di testa e
ha perso conoscenza, diventando pallido e cianotico. Chiamato immediatamente,
il Dr. Matthew ha misurato la pressione e l'ha trovata molto alta: oltre i 210
su 80. Ha detto che non riusciva a capire la causa di questa crisi, e che
comunque il Fratello era arrivato molto vicino a S. Pietro. Evidentemente,
però, S. Pietro lo ha rimandato indietro, avendo visto che abbiamo
ancora bisogno di lui.
Oggi abbiamo avuto anche la giornata
di fine anno col gruppo ciellino. Si e’ parlato dell'amicizia, che, per
essere tale, deve essere un'avvenimento di amore capace di corrispondere al
destino dell'altro. La lezione è stata tenuta da Martin, un maestro, responsabile del movimento
qui a Gulu. Ha incominciato il suo discorso dicendo che, in mancanza dei
cavalli di Kampala, vanno bene anche gli asini di Gulu.
Lunedì 23 settembre 1996. Siamo stati svegliati alle tre da
forti spari. Abbiamo saputo poi che i ribelli avevano bruciato ventiquattro
capanne vicino alla missione, appena al di la’ delle case dei maestri
delle elementari di S. Joseph. La zona era protetta dai militari, ma questi si
sono accorti della presenza dei ribelli solo quando hanno visto i bagliori
delle capanne in fiamme. A quel punto hanno cominciato a sparare, e i ribelli
si sono dati alla fuga . Uno pero è stato colpito in testa ed è
morto sul colpo. Sopra i vestiti da civile indossava la divisa militare. Aveva
addosso il mitra, quattro caricatori, una bomba a mano e una mina antiuomo. Si
vede che i suoi compagni erano in fuga o non si sono accorti che era stato
ucciso; altrimenti non avrebbero lasciato tutte quelle armi.
Gli abitanti dei villaggi bruciati
erano tutti a dormire in missione e, anche se molte cose le avevano con
se’, hanno perso casa e scorte di cibo.
Ore 6.15 E' morto il mio capo-operai Dickson
Ayella Gennaro, che era con me ormai da dieci anni e faceva così bene il
suo mestiere che ormai potevo dargli qualsiasi lavoro sicuro che lo avrebbe
fatto bene. Lo avevo aiutato quando era studente di Ingegneria Civile, e, dopo
aver terminato il College, ha sempre lavorato fedelmente con me. Appena due
settimane fa ha preso una dissenteria con perdite di sangue talmente grave che
non sono più riusciti a fermarla. Dopo una settimana è stato
portato in ospedale; forse pero’ era troppo tardi, e sabato ha avuto un
blocco renale che l'ha portato, oggi, alla tomba.
Con lui ho perso un amico e un mio stretto
collaboratore. Non ne voleva sapere tanto di chiesa, ma era generoso e aiutava
quelli che vedeva nel bisogno. Aveva un debole per le donne, e ne ha messe
incinte tante. Molte di queste le aveva prese in moglie, non per avere
più donne ma perche’ non se la sentiva di lasciarle tribolare da
sole, con un figlio da mantenere e da allevare. Si complicava cosi’ la
vita e la convivenza con le altre sue donne, aumentando i suoi, già
innumerevoli, problemi. Sosteneva, per questo, di essere buono e, allo stesso
tempo, sfortunato, dato che, ogni volta che toccava una donna, in una delle sue
tante scappatelle, questa restava incinta.
Un mese fa gli era morta la sua
penultima donna. Era ammalata da tanto tempo, e sembra sia morta di AIDS. Era
una infermiera che lavorava in sala operatoria. Si chiamava Rose. Non è
mai riuscita a portare a termine una gravidanza, perchè in
prossimita’ del termine abortiva sistematicamente.
L'ultima donna di Ayella si chiamava
Susan. Era quella che badava al magazzino degli attrezzi e che faceva l'appello
degli operai. Lo ha lasciato e se ne è ritornata a casa sua dopo avergli
dato, una sera, una bastonata in testa capace di procurargli una profonda
ferita. Anche lei - diceva lui – era rimasta incinta per un incidente:
una sera, dopo il lavoro, se ne stava tornando a casa, quando fu sorpresa un
forte temporale, proprio vicino alla casa di Ayella. Entro’ per ripararsi
dalla pioggia e, dato che questa non smetteva, rimase lì a dormire. Dopo
qualche settimana si accorse di essere incinta. Lui non aveva nessuna
intenzione di tenerla come moglie, ma lei minaccio’ che si sarebbe uccisa
se lui non l’avesse presa in moglie. Così, per compassione, si
accollo’ un altro problema. Susan ha ora due bambini da lui.
Questa mattina, visto che peggiorava,
gli ho proposto di mettersi l’anima a posto. Dopo aver pregato con lui e
avergli dato il crocefisso da baciare, sono andato a chiamare il nostro
cappellano, Padre John. Ayella ha ricevuto cosi’ l'estrema unzione e il
perdono dei suoi peccati e delle sue debolezze. Sono sicuro che il Signore gli
usera’ misericordia.
Alle quattro del pomeriggio, con
tutti gli operai, abbiamo detto il rosario perchè la Madonna lo
accompagni in questo ultimo suo viaggio e pregato perchè il Signore lo
accolga tra i suoi santi. Non ha
rifiutato mai la paternità dei suoi figli e tutti i suoi soldi li
spendeva per la loro educazione. Nei suoi trentotto anni ha collezionato ben
diciannove figli. Di donne, dopo la partenza di Susan, gli era rimasta la
prima, che aveva anche finito di pagare e dalla quale ha avuto otto figli. Era
un uomo onesto che non ha mai approfittato della fiducia che avevo in lui per
fregarmi. Se aveva bisogno di qualcosa me la chiedeva. Ora prego San Giuseppe
che me ne mandi un'altro bravo come lui.
Purtroppo questa libertà
sessuale è così radicata nella cultura degli acholi che è
molto difficile che cambino comportamento. Neanche la paura dell’AIDS
e’ riuscita a cambiare i loro costumi. Non c'è da meravigliarsi
quindi che anche Ayella si sia trovato siero positivo. Nessuno però si
aspettava una fine così rapida, perchè era ancora forte e robusto
e avrebbe potuto andare avanti per anni.
Martedì 24 settembre 1996.
Le persone entrate
ieri sera per dormire in ospedale erano cinquemila seicento.
Oggi abbiamo fatto il funerale di Ayella, con la
partecipazione di tutti gli operai, non solo dell'ospedale, ma anche della
missione, e tanti altri ancora, perchè era molto conosciuto e
rispettato. Tutti convenivano che era un uomo onesto, e che, pur avendo esagerato
con le donne, non aveva mai rifiutato di aiutarle nell’allevare i figli
nati dalle relazioni con lui.
Questa mattina sono andato anche a
raccogliere il corpo del guerrigliero rimasto ucciso ieri. Era stato denudato e
il sole gli aveva procurato delle larghe ustioni. Gli avvoltoi gli avevano
già mangiato gli occhi. Lo abbiamo sepolto nel cimitero dell'ospedale,
accanto ad altri due suoi compagni, che avevo recuperato e sepolto settimane
fa. Al polso destro aveva una cinghietta simile a quella dell'altro ribelle
sepolto: forse è un segno di riconoscimento; o forse e’ un
portasfortuna, visto che sono stati ammazzati tutti e due.
Sembra che il guerrigliero sia stato
riconosciuto dai ragazzi che fanno da tassisti in bicicletta - i Boda Boda. Era
stato portato via dai ribelli in febbraio. Conoscevano il nome, ma nessuno di
loro sapeva quale fosse il suo villaggio, o non volevano dirlo.
Oggi sulla strada di Alero i ribelli
hanno ucciso altre quattro persone sorprese a viaggiare con la bicicletta. I
parenti delle vittime, per paura delle mine, non si arrischiano ad andare a
raccogliere i cadaveri.
Hanno deciso di chiudere le strade
per Anaka, sia quella che passa per Alero che quella che passa per Koc Goma,
perchè diventate troppo pericolose. Ora per venire a Gulu si
dovra’ passare per la via del Parco Nazionale, che porta giù al
ponte di Karuma. Un reverendo protestante ha detto che lungo la strada per
Alero ha visto tantissimi corpi ormai in putrefazione.
L' RDC - il Resident District
Commissioner - ha detto che in
questo mese di Settembre, non ancora finito, il numero di civili uccisi dai
ribelli supera il migliaio.
Questa sera ho trentotto di febbre e
mi sento ancora addosso la malaria. Ho preso la clorochina e, se domani
avro’ ancora febbre, passerò alla medicina cinese.
Mercoledì 25 settembre
1996 Questa
mattina, con il convoglio, è arrivata Anna, l’infermiera del
nostro dispensario di Pabo. Ha detto che non si può più vivere
lì e che ha abbandonato il dispensario. I ribelli continuano ad uccidere
ed incendiare villaggi. I militari sono a due passi, ma non fanno niente. Anche
ieri notte i ribelli sono arrivati nel centro e hanno svaligiato una bottega,
portando via anche i panelli solari. In missione non sono ancora entrati, ma
ormai la zona viene abbandonata perchè e’ troppo pericolosa.
Suor Bibiana è ancora qui e
non so cosa ne pensi, ma, se le cose stanno così, sarà difficile
che tornino a Pabo. Anche le scuole sono ancora tutte chiuse.
Stanotte i ribelli hanno attaccato
la zona di Aiyul e il Corner Mission, poco distante dalla nostra missione,
uccidendo parecchie persone e bruciando molte case. Hanno tentato anche di
portare via le ragazze della scuola superiore "Y.Y. Okot", ma i
militari che erano nei paraggi sono intervenuti, dando il tempo alle ragazze di
fuggire e disperdendo poi i ribelli. Erano ormai quasi tre mesi che non
disturbavano l’Est Acholi. Pare che siano entrati da Palabek in
duecentocinquanta.
Giovedì 26 settembre
1996 Oggi la giornata è passata
senza fatti di rilievo. Padre Pifer, di Anaka, per venire a Gulu è
passato per il Parco ed è arrivato questa sera nella missione di Aber,
tra i Lango. Domani spera di arrivare a Gulu col convoglio militare.
La mia malaria è passata con
la sola clorochina.
Venerdì 27 settembre 1996 Anche oggi i militari hanno portato
un soldato che aveva perso una gamba saltando su una mina. E' successo nelle
vicinanze della montagna sacra di Kony, chiamata Got Atoo, dove sembra che i
ribelli abbiano un forte contingente.
Sulla strada di Alero i ribelli
hanno ucciso il direttore della scuola elementare di Alero Labala, che in
bicicletta veniva a Gulu per ritirare i salari dei suoi maestri.
E' anche arrivato da Anaka Padre
Pifer, che da tre mesi non si muoveva da li’. Ha raccontato cose allucinanti.
Un giorno si presenta da lui un soldato Alur che vuole confessarsi perchè e’ stufo di quella
vita sempre in pericolo e ha la tentazione di farla finita. Finita la
confessione, il soldato si inginocchia poco distante per la penitenza. Il padre
non fa neanche il tempo ad alzarsi dal confessionale che sente un colpo. Il
pover’uomo, appoggiata la canna sotto il mento, si è sparato.
Prima di andare da Padre Pifer aveva consegnato a un suo commilitone
ottantamila scellini da mandare a sua moglie, a Nebi, nel West Nile.
Sabato 28-9-96 Ieri sera, verso le dieci e mezza,
si sono sentite delle forti raffiche di mitra appena fuori dall'ospedale. Sono
durate poco: sparavano per niente.
Le nostre suore Bibiana e Delfina,
si sono accodate al convoglio che porta aiuti ai campi profughi sudanesi della
zona di Ajumani. Volevano ritornare a Pabo e vedere come era la situazione, per
poi decidere se restare li’ o venire via, chiudendo il Dispensario.
Oggi è venuto a trovarmi un
militare, mia vecchia conoscenza, che
un volta era Home Guard qui da noi. Mi ha portato una bicicletta in
pegno, perchè voleva un prestito di cinquantamila scellini per mandare a
scuola sua figlia, che studia in una Senior School di Lira. Fa parte della
Mobile Force e dice che da due mesi non ricevono paga. Quando la ricevono,
prendono solo quaranta mila scellini al mese. I salari degli uomini della
Mobile Force dovrebbero essere moltopiu’ alti, anche perchè il
Presidente da’ loro un supplemento per il fatto che sono sempre in
movimento e in pericolo. Tutti quei soldi, pero’ - mi diceva -, se li mettono in tasca gli
ufficiali, che non rischiano niente; li utilizzano per costruirsi la casa, e,
se questa cuccagna dovesse finire, resterebbero coi lavori a metà.
Cosi’, fanno in modo che questa situazione continui, progettano nuove
operazioni e nuove strategie e parlano della creazione dei cosiddetti
"villaggi protetti" – in realta’, campi di
concentramento. Nuove strategie e nuove operazioni sono sinonimi di nuovi soldi
da intascare.
Domenica 29 settembre 1996 Questa notte hanno incominciato
molto presto a sparare e hanno
continuato fino alle sette di questa mattina. I colpi di mitraglia e di
artiglieria pesante venivano dalle zona delle baracche. Abbiamo saputo solo
dopo che i militari stavano facendo un’esercitazione notturna. Intanto i
bambini dell'orfanotrofio, che e’ molto vicino alle baracche, sono stati
svegli tutta la notte a pregare, stesi per terra, pieni di paura, aspettando il
peggio.
Padre Paolo, da Opit, ci fa sapere
che questa mattina all'alba i ribelli hanno attaccato le baracche e il centro di Opit. Ci sono stati molti
morti tra i civili. Le strade che portano a Gulu sono pericolose e sono state
chiuse. La missione, questa sera, si era riempita di gente, che occupava tutti
i posti disponibili: chiesa, catecumenato, scuole e tutti i reparti del
dispensario.
Da Kalongo ci informano che questo
pomeriggio c'è stato uno scontro sulla strada che va a Kitgum. La strada
ora è chiusa.
Qui a Gulu, P. Ramon e Suor Dorina
hanno dato vita a un Movimento per la Pace, che consiste in una
sensibilizzazione anche a livello personale, per convertire, con l'aiuto di
Dio, noi stessi e il nostro modo di pensare e di agire. Strumenti di questa
riconciliazione con Dio sono la preghiera del rosario, il digiuno, la
promozione di incontri per la pace a livello distrettuale e interconfessionale.
Lunedì 30 settembre 1996 Fratel Bazzanella ha passato una
brutta notte: ieri sera ha preso un lassativo ed ha avuto, prima del previsto,
crampi intestinali e scariche frequenti, ancora piu’ fastidiose, per via
della sua emiparesi. Questa mattina, poi, subito dopo colazione, ha avuto una
crisi simile ha quella di domenica scorsa. Ho chiamato subito il Dr. Matthew,
ma quando questi è arrivato il Fratello aveva gia’ ripreso
conoscenza. Il Dottore non riesce a spiegarsi questa crisi.
Fratello Udeschini è partito
in aereo, questa mattina, per tornare a Ladonga. Non gli hanno trovato nessuna
diverticolite; si tratta forse di Ameba, dovuta possibilmente alle fragole non
ben lavate che mangia senza limiti.
Oggi è stata una giornata
tranquilla e non si sono state notizie brutte da segnalare. Questo pomeriggio
hanno portato da Aber Padre Bruno Marcabruni, che si sente molto debole, per un
check up generale. La Comboni House, che abbiamo costruito per i nostri
ammalati, si sta dimostrando provvidenziale per i nostri confratelli.
Quest'anno è sempre stata occupata da almeno uno di loro.
Da
Kalongo dicono che ci sono movimenti tra li’ e Pajule. Il numero dei
ribelli in quelle zone si aggirerebbe sui trecento.
Padre Paolo dice che a Opit la gente
oggi ha passato tutta la giornata in missione, perchè non si
arrischiavano a tornare a casa.
Anche la luna ha incominciato a
calare e così speriamo che calino anche gli attacchi notturni dei
ribelli.
Romano Sala sta facendo i bagagli,
perchè domani deve partire. Stiamo cercando di convincerlo a ritornare
presto. Sono rimasto senza capo-operai per le costruzioni, e ora rimango anche
senza lui, che mi risolveva tutti i problemi delle apparecchiature
elettromedicali. Per di più, Joseph, il suo aiutante, che ha imparato
molto bene il mestiere (oltre che il dialetto di Monza), andrà per un
anno a finire gli studi all’Uganda Technical College di Lira.
Ricadrà tutto di nuovo sulle mie spalle. Speriamo che la Provvidenza
mandi qualcuno ad aiutarmi.
Martedì 1
ottobre 1996 Questa
mattina il Dr. Bonini opera di ernia il nostro Padre John Benetazzo.
La notte è
passata tranquilla. In ospedale son venute a dormire cinquemila
cinquecentosettanta persone. I poliziotti hanno fatto dei controlli,
soprattutto dei giovani, perché ieri notte è sparita
l’autoradio della 127 di Hellen, quella che si occupa delle patenti,
parcheggiata qui da noi. Hanno individuato alcuni sospetti e decideranno cosa
fare. E’ chiaro che in una marea di gente del genere possano entrare
anche persone male intenzionate, che approfittano della nostra tolleranza
– del lasciare, cioe’, la gente libera di trovarsi il rifugio
più idoneo. In queste situazioni non si sa cosa fare.
Questa mattina i
ribelli hanno bruciato molte capanne nella zona vicino al Custom Corner.
Domani
porterò Romano a Kampala. E' la festa degli angeli custodi e speriamo
che facciano bene il loro lavoro anche questa volta. Molte altre volte hanno
dovuto fare gli straordinari.
Sabato 5 ottobre
1996 Sono appena tornato da Kampala, e il
viaggio è andato meglio del previsto: stamattina eravamo rimasti un
pò perplessi, leggendo sui giornali che i ribelli avevano attraversato
la strada asfaltata ad Amwa, nella zona Lango, pochi chilometri prima di
arrivare a Kamdini, e che la strada era stata chiusa. Avevamo anche letto dei
nuovi metodi usati dai ribelli – quello di tagliare la testa delle
vittime - e che in quei giorni ne avevano decapitate parecchie.
Le nostre infermiere
caposala, che hanno finito uno stage e che dovevano venire su da Kampala,
questa mattina al Bus Park hanno trovato un'altra sorpresa: la tariffa per Gulu
era quasi triplicata, da nove mila scellini era salita a venticinque. Questo -
hanno detto - per via del rischio che corrono mezzi e autisti dei pullman sulla
strada di Gulu.
Giovedi’ notte
qui in ospedale hanno passato dei momenti non molto belli. Verso le due e mezza
di notte sono stati svegliati da due forti boati dovuti allo scoppio di due
colpi di mortaio. Uno e’ caduto tra il reparto TBC e il dormitorio per i
parenti dei pazienti, dove ora dormono anche centinaia di rifugiati. La Madonna
e Lucille ci hanno sicuramente protetti, perchè è scoppiato
nell'unica zona libera – zona in cui abbiamo intenzione di costruire
altri dormitori e le cucine per i parenti dei pazienti. Se fosse scoppiato
venti metri più avanti avrebbe colpito il dormitorio; venti metri
più in su, il reparto TBC, con le conseguenze che possiamo immaginare.
L'altro colpo è finito nell'accampamento dei militari, fuori le mura,
sotto la piantagione di eucalipto. Anche lì non ha fatto danni, perchè
di notte i soldati dormono altrove.
Secondo la versione
di Brown, all'una di notte i ribelli sono arrivati in silenzio nella zona di
Obiya, sotto l'ospedale, e hanno obbligato un anziano di nome Andrea, trovato
in un villaggio, ad accompagnarli fino alla zona del mercato dell'ospedale,
evitando le postazioni militari. Sono arrivati al mercato, che si trova proprio
di fronte all'ospedale, di la’ dalla strada, hanno ripulito due botteghe,
sono ripartiti ancora in silenzio e, arrivati nella valletta che si trova
andando verso il seminario, hanno piantato il loro mortaio e hanno sparato due colpi, puntandone la bocca
verso l'ospedale e verso l'accampamento militare. Solo allora i nostri bravi
militari e poliziotti si sono accorti della loro presenza e hanno risposto al
fuoco. I ribelli, allontanandosi, hanno bruciato quattro capanne. Alcuni
ostaggi, portati via e poi rilasciati la mattina seguente, avrebbero detto che
tra gli stessi ribelli era nata una accesa discussione, e molti di loro
disapprovavano il fatto di avere puntato il mortaio contro l'ospedale. Dicevano
che non era giusto disturbare l'ospedale, perchè è neutrale e
aiuta tutti senza distinzione. Avrebbero ancora detto di essere grati a fratel
Elio, che seppellisce i loro morti. Speriamo sia vero.
Altra versione dei
fatti di giovedì notte: il colpo caduto in ospedale sarebbe stato
sparato dai soldati. Io credo alla prima versione, perchè, vista la
direzione del proiettile, è l'unica verosimile. Mi è stato
riferito, comunque, che il comandante dei militari è stato sbattuto in
prigione per aver lasciato che i ribelli gli arrivassero sotto il naso senza
che le sue sentinelle se ne accorgessero. Questa sera però lo ho visto
ancora in giro, seduto davanti a un bar, che beveva; non si e’ trattato
quindi di una gran punizione.
In tutto i ribelli
erano appena una ventina.
Mentre ero a Kampala
ho saputo che Kony si è autopromosso Major General. E' una cosa abbastanza tipica qui in
Africa, e in modo particolare qui in Uganda, la tendenza dei leaders a promuoversi
ad alti gradi, a seconda delle guerre combattute o delle atrocità
commesse. Cosi’ Idi Amin Dada nomino’ se stesso Field Maresciallo e
Presidente a vita; Museveni, per parte sua, si è autopromosso Lt.
General, decorandosi anche con due medaglie al valor militare. Viste quindi le
atrocità compiute da Kony qui nel Nord e la sua capacita’
diresistere all’esercito per ben dieci anni, mi sembra che la sua scelta
abbia una logica.
Ieri, le suore di
Pabo - Suor Bibiana e Suor Delfina -, hanno chiuso il dispensario e hanno
lasciato la missione. Hanno affidato tutto ai parrocchiani, che si sono
impegnati a custodire bene la missione, con la speranza che le cose migliorino
e che le suore ritornino.
Domenica 6
Ottobre 1996,
Festa di S. Bruno. Oggi
abbiamo festeggiato Padre Bruno Marcabruni, che è ancora qui con noi.
Fino a ottantacinque anni compiuti diceva sempre che stava benissimo e che si
sentiva ringiovanire; solo oggi ha confessato che da qualche mese non
può più dirlo: gli sembra anzi quasi di invecchiare,
perchè non può più sgambettare per la missione e per
l'ospedale come faceva pochi mesi fa. A scacchi però è ancora
formidabile: oggi ha fatto due partite con Brother Michael, che si crede un
fuori classe, e hanno pareggiato, vincendone una ciascuno.
Questo mese è
anche il mese del Rosario e sono rimasto meravigliato nel sentire echeggiare
per tutto l'ospedale le Ave Maria dei vari gruppi rifugiati riparati sotto le
varie verande. In questi momenti la preghiera sgorga spontanea e diventa un grido
autentico di aiuto. E' l'unica ancora di salvezza che ci resta.
Dall'espressione del volto e dal tono della voce, specialmente delle ragazze,
si capisce che stanno pregando e che chiedono disperatamente alla Madonna
protezione contro questi diavoli scatenati di ribelli e contro i pericoli che
in ogni momento sanno di correre.
I militari Acholi,
quando erano al potere, ne hanno fatte di tutti i colori, incominciando dal
West Nile, subito dopo la sconfitta di Amin, e continuando poi nel Sud, nel
famoso triangolo di Lwero: uccisioni, saccheggi, furti e ogni sorta di violenza
erano all'ordine del giorno. Sono convinto che ora stiamo pagando anche per
questo; spero che questi dieci
anni di sofferenza bastino per scontare il nostro peccato e il nostro debito.
Mi sono accorto, nel
mio ultimo viaggio a Kampala, che, al di la’ del Nilo, nessuno capisce la
nostra situazione e il dramma che la popolazione Acholi sta vivendo. Ieri, al
ritorno, passatoil ponte di Karuma, ho avuto l'impressione di entrare in un'altro
mondo e ho avuto un momento di angoscia.
Lunedì 7
ottobre 1996, Festa della Madonna del Rosario. La gente entrata a dormire e’ aumentata sensibilmente. Questa
mattina hanno contato settemila e ottanta persone, che, con i malati, i parenti
e il personale residente in ospedale, danno un totale che ammonta comodamente a
diecimila unità. La gente ormai dorme anche nel cortile, perchè
non trova più posto sotto le verande e nei reparti. Fanno proprio
pieta’, anche per via dei forti temporali che quasi ogni notte bagnano
tutti come pulcini - anche quelli sotto le verande. Domani pensiamo di aprire
anche le sale d'attesa e le verande del dispensario.
Oggi, con l'aereo,
sono arrivati da Kampala anche Padre Ponziano e Suor Francesca. Dovevano essere
a Gulu alle nove, ma sono arrivati alle quattro del pomeriggio perchè
l'aereo ha dovuto prima portare d'urgenza gli alti ufficiali dell'esercito,
chiamati dal Presidente Museveni - a Gulu già da alcuni giorni, per un incontro su questa guerra
che non riescono a concludere.
Padre Ponziano
è ricoverato in ospedale, perchè gli hanno trovato la pressione
alta: duecentoquaranta la massima, centotrenta la minima. E' appena tornato
dalle vacanze dove è ingrassato di dieci chili. Arrivato a Kampala, ha
subito incominciato ad accusare dei disturbi e degli strani dolori al petto.
Ora, prima di ritornarsene alla missione di Opit, starà qui con noi per
alcuni giorni sotto osservazione.
Martedi’ 8
Ottobre 1996 Questa
sera, ulteriore aumento del numero di rifugiati in ospedale. Nel pomeriggio
c'è stata una battaglia, col supporto di artiglieria ed elicottero,
subito dopo il fiume Toci, vicino a Bwobo, dove i ribelli hanno bruciato
villaggi e portato via gente. Tutti quelli della zona di Alokolum e di Lacor
Seminary sono venuti cosi’ a dormire da noi.
Abbiamo avuto una
riunione per prendere in esame l’attuale situazione dell'ospedale, con
più di diecimila persone tra le sue mura, e cercare soluzione ai
problemi pratici - dove trovare il riparo per tanta gente e come garantire un minimo
di igiene, in modo che non scoppino epidemie. Abbiamo deciso, intanto, di
aprire le sale d'aspetto e le verande dell'ambulatorio della pediatria, e anche
quello della clinica prenatale. Abbiamo anche programmato di costruire al
piu’ presto almeno trenta nuovi gabinetti a perdere, e di chiedere alle
Nazioni unite o alla Croce Rossa Internazionale se possano darci dei grossi
tendoni - quelli generalmente usati come magazzini in situazioni di emergenza,
quali l’apertura improvvisa di un campo profughi.
Questo pomeriggio
hanno portato una ragazza che ieri sera ha perso un piede su una mina nella
zona di Parabongo, vicino a Pabo. Ha quindici anni e un figlio di quattro mesi.
Mi è stato
riferito anche che il mio autista Eugenio Nyeko - ormai sulla settantina -, che
abita ad Obya Palaro, alla periferia di Gulu, dove parte la strada per Kitgum,
è stato portato via dai ribelli questa notte. E’ stato già
rilasciato, pero’, a Lokome, quindici chilometri più a nord.
Quando rientrera’ al lavoro mi racconterà i particolari.
Mercoledì
9 Ottobre 1996, Festa dell'Indipendenza. Bosco è tornato a lavorare e mi ha raccontato la sua
avventura. I ribelli sono arrivati a casa sua alle dieci di sera e hanno
battuto alla sua porta intimando di aprire. Aperta la porta una decina di
ribelli sono entrati nella sua capanna e gli hanno subito chiesto di portare
loro gli stivali e di tirare fuori il fucile. Lui ha risposto che non era un
militare, e che faceva invece l’autista dell'Ospedale di Lacor. Il capo,
allora, ha dato ordine agli altri ribelli di non legarlo e di non dargli
neanche carico da portare – segno di riconoscenza a fratel Elio, che
seppellisce i loro morti -, ma di ucciderlo se avesse tentato di scappare. Sono
usciti dalla capanna ed hanno incominciato a camminare. I prigionieri erano in
tutto venticinque persone, venti uomini e cinque donne; tutti - tranne il mio
autista - legati e carichi come somari della roba saccheggiata nelle botteghe
vicine. Hanno camminato tutta la notte, fino alle quattro del mattino, quando
il capo ha dato ordine di fermarsi. I prigionieri hanno depositato il loro
carico davanti al comandante - batterie, zucchero, sale, biscotti, sapone:
tutto ai piedi del gran capo. Dopo di che, scelta e trattenuta una ragazza, i
ribelli hanno ordinato agli altri prigionieri di ritornarsene a casa. Erano
nella zona di Lokome e potevano vedere in lontananza la missione e la casa dei
Fratelli di Martin de Porrez.
Ieri sera, sono
entrate a dormire in Ospedale ottomila quattrocentosette persone. Dormire all'addiaccio, bagnati dalla
pioggia, ammucchiati come bestie, braccati dai ribelli, coi villaggi bruciati e
abbandonati per forza, con la fame e la carestia che ne seguono, certo non sono
le più alte espressioni di indipendenza e di libertà.
Come ci si
può immaginare, la giornata è passata in sordina, e questa sera
non si sentono i tamburi e la musica dei balli come succedeva anni or sono.
Tutta la gente, nel raggio di sette o otto chilometri, dorme nelle nostre
istituzioni e in queste condizioni non ha tanta voglia di far festa e celebrare
l'Indipendenza.
La battaglia di
ieri, con l'elicottero, nella zona di Onywange, è stata frutto di un
grande equivoco: l'elicottero ha scambiato alcuni militari per ribelli e ha
cominciato a bombardarli. Fortunatamente, come avviene di solito, sparavano a
casaccio e non hanno colpito nessuno. Qui in ospedale hanno portato solo un
uomo ferito ad una gamba: l’hanno scambiato per ribelle mentre era nel
suo campo a raccogliere un pò di cassava.
Dall'ospedale di
Aber ci fanno sapere che la notte scorsa sono stati visitati da gente armata in
cerca di soldi. Erano le due, quando alcuni uomini in perfetta uniforme
militare e bene armati si sono presentati al cancello. Hanno costretto il
guardiano notturno a condurli alla casa delle suore. Queste però
già da parecchi giorni preferivano andare a dormire in posti "top secret". Gli uomini
armati si sono fatti accompagnare allora in ospedale, nell'ufficio dell' amministrazione,
dove c'e’ la cassaforte. Hanno tentato di forzarla, ma inutilmente. Alla
fine se ne sono andati, dopo aver spaccato altre porte. Volevano solo soldi;
erano quindi, molto probabilmente, militari in cerca di qualcosa per passare la
festa dell'Indipendenza più allegramente.
Giovedì 10
Ottobre 1996, Festa di Comboni. Oggi, per la prima volta, abbiamo festeggiato Comboni come
beato. Tutti noi, Comboniani e Comboniane, abbiamo avuto mezza giornata di
ritiro, concluso con una messa celebrata in Cattedrale insieme agli altri
fedeli. Nella messa abbiamo pregato Comboni perche’ abbia pietà
del popolo che ha tanto amato e interceda per il ritorno della pace in questa
terra e in quella del Sud Sudan. La festa si è conclusa con un lauto
pranzo preparato dalle suore delle varie comunità.
Ore 8.30 P.M. Le notizie che ci hanno comunicato
stasera via radio, purtroppo, non sono affatto buone. La notte scorsa
centocinquanta ragazze sono state portate via dal collegio di Aboke, tenuto dalle suore comboniane. I
ribelli poi hanno fatto irruzione nella casa delle suore, rubando, e devastando
tutto quello che non prendevano. Infine hanno bruciato il Pik-up Mitsubishi e
altre due macchine della vicina missione degli Apostles of Jesus, di Moroto.
Non si sa ancora niente delle ragazze.
Un fatto simile era
successo nel giugno del 1989. Anche allora i ribelli avevano portato via un
centinaio di ragazze, e di alcune di loro non si e’ piu’ avuta
notizia.
Povere suore di
Aboke! Posso immaginarne la sofferenza, e sono sicuro che darebbero la vita per
le ragazze. Speriamo, e preghiamo che il Beato Comboni perche’, nel
giorno della sua festa, le protegga e ce le riporti a casa sane e salve.
Anche da Pajule
cattive notizie: a Porogali, a sei chilometri da Pajule, i ribelli hanno
fermato e bruciato un camion dell'Avsi; trasportava le cose di Eugenio Cocozza,
chirurgo, che si trasferiva da Hoima a Kitgum per dare una mano ai due
ospedali, attualmente privi di altri chirurghi. Non sanno ancora niente
dell'autista e dei passegegri del camion. Il turn boy è riuscito a scappare, e
questa sera dormiva nella missione di Pajule. P. Tarcisio
diceva che alle otto di sera si
vedevano ancora i bagliori del camion in fiamme.
Nella zona di
Kalongo la situazione non è migliore. Un gran numero di ribelli si
aggira nei dintorni di Patongo e di Kalongo, e Padre Paolo Ottolini dice che
stasera c’era, tra la gente, una tensione mai vista prima. Tutti si
stavano rifugiando su in montagna. Per parte loro, non potevano far altro che affidarsi al Signore e
alla protezione di Padre Ambrosoli.
Venerdì 11
Ottobre 1996 Fratel
Bettini ci comunica, da Lira, che sono state liberate cento e venti ragazze,
mentre trenta sono state trattenute. Il merito della liberazione va a suor
Rachele, che ha seguito i ribelli, passando fiumi in piena e paludi,
finche’ non li ha raggiunti e convinti a rilasciare le ragazze.
Purtroppo, dal gruppo ne hanno scelte trenta - le più belle -, e quelle,
nonostante tutte gli sforzi, i pianti e le preghiere, suor Rachele non è
riuscita a portarle via. La suora avrebbe detto anche che non erano andati poi
tanto lontano e che erano ancora in zona.
Padre Paolo di Opit
dice che questa mattina ha sentito per almeno quattro ore i rumori di una grande battaglia, con due
elicotteri che continuavano ad andare avanti indietro per fare rifornimento di
bombe. Speriamo che qualche altra ragazza sia riuscita cosi’ a fuggire
dalle mani dei ribelli.
Tra le ragazze prese
ieri come ostaggi c'erano anche una figlia di Cesario, nostro Gate Keeper, e la
figlia di Valentino, Post Master di Gulu. Nessuna delle due e’ stata
trattenuta dai ribelli.
Del camion con
rimorchio dell'Avsi non è rimasto niente: e’ bruciato
completamente. Portava, oltre che medicine, tutta la roba di Eugenio Cocozza,
con valigie ed effetti personali della sua numerosa famiglia, compresi i mobili
che avevano a Hoima. L’autista e altri due che erano sul camion sono
riusciti a scappare e sono arrivati sani e salvi alla missione di Pajule.
Certo e’ che
Comboni non doveva permettere queste cose proprio il giorno della sua festa, e
io proporrei di metterlo in castigo con la faccia al muro finché non fa
ritornare sane e salve le ragazze rimaste nelle mani dei ribelli - cosa che
faceva anche lui, del resto, con San Giuseppe, eletto Economo della Missione
dell'Africa Centrale, quando questi ritardava a far trovare i soldi per pagare
i debiti.
Sabato 12 Ottobre
1996. Delle ragazze
del collegio di Aboke rimaste in mano ai ribelli non sappiamo ancora niente.
Padre Paolo, da Opit, ci diceva che elicottero e soldati sono tutti alla
ricerca delle ragazze. Sembra comunque che si trovino ancora nelle vicinanze,
anche se ci sono state segnalazioni da Minakulu, secondo le quali i ribelli
stavano per attraversare la strada
Gulu-Kampala per venire nella nostra zona, a loro più familiare.
Oggi ho parlato con
Emmy Allio, corrispondente qui a Gulu di New Vision. Mi ha detto che ha
intervistato le ragazze liberate grazie al coraggio di suor Rachele e che
domani il suo giornale, in edizione speciale, racconterà, attraverso la
loro testimonianza, l'avventura di questa donna coraggiosa, che non ha esitato
a seguire i ribelli e ad offrirsi come prigioniera in cambio delle ragazze.
Domenica 13
Ottobre 1996 Questo
pomeriggio hanno portato tre militari, feriti ieri nella zona di Opit. Non sono
gravi, ma due hanno le caviglie spappolate.
Verso le sei del
pomeriggio si sono sentite tre scariche di mitra, sparate appena fuori
dall'ospedale. Si è saputo dopo che due militari di guardia all'ospedale
si contendevano, a suon di mitraglia, una ragazza, cameriera al "Lacor
Refreshment", gestito da Stephen Okec. Un soldato ha avuto tutte e due le
cosce trapassate da un proiettile.
Questa sera è
arrivata da Aboke suor Rachele. Anche oggi ha girato nella zona dove l'altro
ieri è avvenuta la battaglia e il bombardamento con l'elicottero. Hanno
visto tanto sangue, ma nessuna traccia di corpi. Spera che le ragazze non siano
state ferite durante i bombardamenti. E' venuta per parlare con Salim Saleh e
Casini. Ha detto che l'hanno
subito accolta e l'hanno fatta parlare per telefono direttamente con il
presidente Museveni, che le ha promesso di incontrarla martedì ad Aboke.
Suor Rachele vuole riuscire a parlare con il presidente del Sudan,
perchè chieda a Kony di rilasciare le ragazze. Salim Saleh ha cercato di
metterla in contatto con il portavoce di Kony, Dominic Wanyama, che si trova a
Nairobi, ma al telefono rispondeva solo la segreteria telefonica.
Ci ha raccontato un
pò tutta la sua triste avventura. Nella zona Lango già da diversi
giorni girano voci sulla presenza dei ribelli e sul fatto che questi abbiano
tre obiettivi: le prigioni di Loro, l'ospedale di Aber e la scuola delle nostre
suore di Aboke. Suor Rachele, il giorno della Festa dell’indipendenza,
corre da un posto all’altro per chiedere aiuto e protezione ai militari.
A Iceme le promettono che entro sera manderanno una cinquantina di soldati.
E’ ormai buio,
e non si vedono militari, ma le suore sono sicure che le guardie promesse
arriveranno, e così vanno a dormire dicendo ai loro guardiani di
avvisarle quando i soldati dovessero arrivare. Verso le due di notte il
guardiano va dalle suore dicendo loro che i ribelli sono già nel cortile
della scuola. Le suore escono subito, ma vedono i fasci di luce delle torce che
ormai circondano il dormitorio delle ragazze. Sperano che le porte di ferro
resistano e così si nascondono nell'erba, in attesa, pregando la Madonna
e il Comboni di proteggere le loro bambine. Non sentono nessuna voce o grido da
parte delle ragazze ma solo i colpi inferti alle porte per aprirle. Vedono poi
i ribelli che si dirigono verso la loro casa; li sentono sfondare le porte; poi
vedono la macchina in fiamme. Pensano che i ribelli non siano riusciti a
sfondare le porte dei dormitori delle ragazze e abbiano desistito.
Partiti i ribelli,
che ormai albeggia, le suore vedono venir loro incontro una decina di ragazze -
anch'esse prese prigioniere e poi rilasciate perchè troppo piccole -,
che raccontano, in lacrime, che tutte le altre loro compagne sono state portate
via. I ribelli, visto che non riuscivano ad entrare dalla porta del dormitorio,
hanno rimosso completamente una finestra, rompendo il muro. Fortunatamente non
si accorgono degli altri tre dormitori, dove dormono le ragazze della quarta,
quinta e sesta Senior.
Alle sette suor
Rachele, con un insegnante di nome John Bosco, si mette sulle tracce dei
ribelli. Il loro passaggio e’ segnato da carte di caramelle, pacchetti di
biscotti ed erba calpestata.
Sono costretti a
guadare paludi, immersi nell’acqua fino al collo.
Per strada trovano
una povera mamma, cui pure hanno portato via la figlia, che che chiede di
unirsi alle ricerche.
Arrivati in cima a
una collina, avvistano i ribelli e le ragazze che si inerpicano per un'altra
collina, più avanti. La suora comincia a sventolare il velo e gli altri
due ad agitare le braccia per farsi notare. Attirata l’attenzione dei
ribelli, con le mani in alto si incamminano verso di loro. A un certo punto li
perdono anche divista, ma se li vedono comparire, come per incanto, di fianco,
su due file, con i mitra puntati. Suor Rachele, trovandoseli faccia a faccia,
ha un momento di paura, ma, senza starci troppo a pensare, dice loro che
e’ li’ per riavere le ragazze indietro e che vuol parlare con il
comandante. Il comandante si fa subito avanti e rassicura la suora, dicendole che
non e’ il caso di aver paura ne’ di preoccuparsi. Suor Rachele
offre settecento mila scellini in cambio delle ragazze, ma il capo, dopo aver
ispezionato il borsello della suora, glielo restituisce con tutti i soldi.
Intanto si e’
fatto mezzogiorno, e, continuando a camminare, il capo risponde alle suppliche
della suora ripetendole di non preoccuparsi.
Attraversano i
binari della ferrovia che viene a Gulu, nella zona di Accokkere. Il capo ordina
di fare una sosta. Hanno già sistemato il panello solare per poter usare
la radio e mettersi in comunicazione chissa’ con chi, e la suora spera
– e sogna – di poter intercedere direttamente con Kony per le sue
ragazze. La sosta però è disturbata, quasi subito, dal rumore di
un elicottero militare. Ordinano allora alle ragazze di nascondersi sotto dei
rami e alla suora di levarsi il velo. Passato l'elicottero, levano
immediatamente le ancore ed riprendono a camminare.
Durante tutto il
tragitto trovano ad aspettarli, a intervalli fissi, gruppetti di ribelli, che,
appena raggiunti, si uniscono al gruppo piu’ grande. In questo modo, la
comitiva e’ sicura della via e di non trovare brutte sorprese.
Altre due o tre
volte si ritrovano con l'elicottero sopra la testa, e sempre ripetono gli
stessi riti. Alla fine, quando incomincia ad imbrunire, viene dato ordine di
fermarsi in un grande villaggio. Tutti allora si rilassano e, fatta sedere la suora, le danno un
catino per lavarsi e le offrono tè e biscotti. Il capo poi, davanti a
tutti i ribelli in ginocchio, incomincia a pregare con espressioni che la suora
non riesce a decifrare. Anche gli altri, uno per volta, levano invocazioni o
preghiere di altro genere, anche queste incomprensibili.
Il capo tiene in
mano un rosario e molti dei ribelli ne hanno uno al collo. Finita la preghiera,
e fatta anche un po’ di catechesi sull'importanza di questa, si mette a
scrivere per terra, sulla polvere, come se fosse Cristo in persona. Scrive un 139 e poi un 109, e dice alla suora che puo’
partire con centonove ragazze; per le altre, non dipende da lui, ma da Kony
stesso, liberarle. La suora chiede allora di essere messa in contatto con Kony
in persona, ma il capo, spiegando che non sono in grado di comunicare
direttamente con Kony, la invita a scrivergli una lettera. Suor Rachele si
getta in ginocchio supplicando che lascino libere tutte le ragazze - non
puo’ riportarne a casa solo una parte - e prega che al loro posto
prendano lei come prigioniera.
La portano dalle
ragazze, ma le ha trovate già separate. Le ragazze supplicava la suora
di non abbandonarle. La suora butta ancora in ginocchio, supplicando il capo -
di nome Mariano - di rilasciarle tutte e di risparmiarle questo dolore. Il capo
si innervosisce e minaccia di portar via tutte le ragazze se la suora non se ne
tornera’ a casa con le centonove. Vista la piega che le cose rischiano di
prendere e che ormai si fa scuro, Suor Rachele si avvicina al gruppo delle
ragazze trattenute e, dopo avere pregato con loro e averle raccomandate alla
Madonna e al Comboni, le lascia, tra grida di pianto, con la morte in cuore.
Chiede al capo una torcia e, ottenutala, dopo averlo ringraziato per aver
rilasciato - sia pure in parte - sue ragazze, si incammina, con il maestro e
col gruppo, sulla via del ritorno.
Dopo un po’,
per il buio, perdono la strada. Per non correre altri rischi, decidono
cosi’ di fermarsi e di passare la notte nella savana. Il maestro,
intanto, va in perlustrazione, alla ricerca di qualche villaggio. Verso le
dieci è di ritorno, ed e’ in grado di guidare la suora e le ragazze
in un villaggio abitato, dove possono passare la notte al riparo, dentro due
capanne. Alle sei della mattina seguente si mettono nuovamente in marcia e
raggiungono Otwal, centro abbastanza grosso vicino ad Aboke, dove poco
piu’ tardi sono raggiunte da Suor Alba e dalle altre suore, che, con il
trattore, riportano tutti a casa.
Suor Rachele dice
che, alla fine del tragitto, i ribelli erano almeno duecento, molti dei quali
ragazzi e donne. Queste ultime - dice - erano le più cattive.
Lunedì 14
Ottobre 1996 La persone entrate a dormire questa
notte erano settemila ottantatre.
Suor Rachele
è ritornata ad Aboke. Uscita dalla messa, ha incontrato la figlia di
Cesario e la figlia della cuoca del reparto di pediatria; si sono abbracciate
strette e hanno incominciato a piangere. Domani dovrebbe incontrare il
presidente Museveni ad Aboke.
Fratel Mario, da
Kocioa, ci ha fatto sapere che la scorsa notte i ribelli hanno attaccato
Pakele, che si trova nella terra della tribù Madi, e che hanno tenuto la
città sotto un fuoco infernale fino questa mattina alle otto. Loro, al
seminario dei profughi sudanesi, non sono stati disturbati, ma ugualmente hanno
avuto molta paura, pensando a quanto era successo, pochi mesi prima, nel campo
dei profughi di Acholpii.
Si tratta
sicuramente dei ribelli che si trovavano giorni fa nella zona di Pabo, che
è confinante con la regione dei Madi. Hanno attaccato verso le cinque di
mattina, prendendo di sorpresa il piccolo distaccamento militare di guardia ai
quartieri generali delle Nazioni Unite e del Lutheran World Federation,
incaricati dei centomila profughi
Sudanesi. I ribelli hanno dato alle fiamme quattordici automezzi, compresi
alcuni camion, dopo aver sottratto alcune radio-trasmittenti installate sugli
stessi veicoli. Nessuno dello Staff delle Nazioni Unite è stato ferito o
ucciso, ma un mucchio di roba è stata presa o distrutta. Hanno invece
ucciso quattro soldati, tra cui il capitano del distaccamento. Sono ripartiti
indisturbati, verso le otto, carichi di ogni bendidio.
Delle ragazze di
Aboke rimaste coi ribelli non si hanno notizie.
Martedì 15
Ottobre 1996, Festa di S. Teresa d'Avila. Delle ragazze di Aboke, ancora niente. Ci sono voci
che alcune siano scappate e si trovino in mano ai militari, ma nessuno sa
niente.
Nei dintorni di
Lacor da alcuni giorni è tutto calmo. Il gruppo grosso deve essere dalle
parti di Kitgum e dalle parti di Anaka, in viaggio verso il Sudan, con il
bottino di persone, capre e vacche che hanno fatto tra i Lango.
Mercoledì
16 Ottobre 1996.
Questa mattina Padre Pifer, che si trova da solo nella missione di Anaka, ha
mandato un SOS tramite la missione di Kalongo, che ha il radio telefono, dato
che noi, con la nostra radio, non possiamo sentire le chiamate. (Queste nuove
radio sono state installate in tutte le missioni della diocesi, a spese della
Conferenza Episcopale Italiana.)
Kalongo ha chiamato subito il seminario, anch’esso dotato di una
radio simile. Il rettore, Padre Matthew Odong, ha subito contattato i militari
per esplorare la possibilità di avere l'elicottero, visto che tutte le
strade di accesso alla missione di Anaka sono, per il momento, chiuse. I
militari hanno risposto positivamente e
organizzato il trasporto del Padre Pifer. E' arrivato alle quattro e
mezza questa sera.
Da una settimana
aveva febbre altissima e vomito, e non riusciva a trattenere niente. Si
è curato come poteva, pensando che fosse malaria, ma, nonostante tutto
quello che ha preso, compreso il chinino, la febbre non gli è scesa. Per
di più, aveva forti dolori all'addome e pensava ad una ostruzione
intestinale, visto che ormai da dieci giorni non andava di corpo. I nostri
medici gli hanno trovato un principio di intossicazione da farmaci e un
deperimento generale (non mangiava ne’ beveva da una settimana). Visto
che non si trattava di occlusione intestinale né di altre cose brutte,
gli hanno liberato l'addome con un buon clistere e con una purga di sale
inglese. Dagli esami del sangue e delle urine è risultato che si
trattava effettivamente di malaria. Ora ha solo bisogno di riposo e di mangiare
un pò da cristiano.
Questa sera abbiamo
saputo che i ribelli hanno fatto
un'imboscata al convoglio di macchine che da Pakwac, per andare a Kampala,
aveva scelto la via del Parco, attraverso Paraa, ritenuta più sicura della
solita strada Karuma-Pakwac. Purtroppo, a cinque chilometri da Pakwac, appena
entrati nel Parco, sono stati assaliti dai ribelli. Nell'attacco sono rimaste
uccise diciannove persone, e dieci
veicoli sono stati bruciati.
Giovedì 17
ottobre 1996. Stamattina
mi hanno riferito che i ribelli hanno attraversato la strada per Pabo e che
sono diretti verso il Sudan. Pochi giorni fa sarebbe passato un primo gruppo di
ribelli proveniente dalla zona dei Lango, in avanscoperta. Il grosso, di circa
trecento uomini, con molti prigionieri presi tra i Lango, tante capre e almeno
trenta mucche, sarebbe passato stanotte. Speriamo che nel gruppo non ci siano
anche le ragazze di Aboke.
Un prigioniero che
ieri è riuscito a scappare, nella zona di Opit, avrebbe detto che le
ragazze sono ancora nella zona di confine tra le terre Lango e Acholi e che non
sarebbero ancora sulla via del Sudan.
Padre Paolo dice che
questa mattina ci sono stati aspri combattimenti tra Opit e Gulu. Nella
battaglia sono rimasti uccisi anche due ufficiali dell'esercito. Sembra che un
loro distaccamento sia stato attaccato a sorpresa. Non vorrei che un gruppetto
di ribelli riesca a distogliere i militari, e che questi lascino passare il
grosso, con le ragazze e tutto il resto.
Anche il Presidente
è ritornato a Gulu per dirigere le operazioni, perchè ormai si
sono aperti troppi fronti, che, se non controllati in tempo, rischiano di far
saltare anche lui.
Secondo voci non
confermate, ieri i ribelli avrebbero attaccato anche la stazione di polizia di
Pakwac, che si trova di là
dal Nilo; si dice che abbiano fatto prigionieri alcunii poliziotti e bruciati i
loro veicoli.
Il Monitor sostiene
che quelli che a tendere l'imboscata al convoglio di Arua siano stati i ribelli
di Juma Oris, chiamati WNBF - West Nile Bank Front. Sarebbero entrati in Uganda
attraverso il Lago Alberto, arrivando nel Parco Nazionale di Murchinson Falls
su barche partite da Porto Mhagi, nello Zare – li’ dove il Nilo
entra nel Lago Alberto.
La quantita’
di persone che entrano a dormire in ospedale non accenna a diminuire. Oggi ho
avuto la visita di due signore di MSF per vedere come migliorare le condizioni
igieniche delle migliaia di rifugiati. Mi hanno già promesso una
quarantina di piastre per la costruzione di gabinetti di emergenza. Vedranno poi se possono procurarmi
anche dei tendoni sotto quali la gente possa ripararsi durante la notte.
Verranno anche a controllare il tasso di inquinamento dei nostri sei pozzi con
pompa a mano e degli altri quattro con pompa ad immersione. Se le falde
risulteranno inquinate provvederanno anche a fornirci un sistema di
clorificazione delle acque.
Sta diffondendosi,
tra la gente dei villaggi e della città, una strana diarrea con sangue
che nessun antibiotico sembra in grado di contrastare. Non si può ancora
parlare di epidemia, ma la cosa sta preoccupando sia l'Ufficiale Sanitario
distrettuale che i medici di MSF. Oggi per esempio sono stati ricoverati per
questa diarrea l’ex fisioterapista dell’ospedale, Matthew Okia, la
sorella di Alex, il laboratorista che prepara i vetrini per gli esami
istologici, e la moglie di Ayella, mio capomastro, morto a fine settembre.
Questi sonoi ricoverati che conosco, ma il reparto è pieno di casi
simili. Dicono che questa diarrea è molto seria e che, se trascurata,
puo’ portare alla morte; per quanti sono HIV-positivi, poi, è
ancora più pericolosa.
Stanno arrivando in
ospedale anche dei casi di meningite, ma le autorità sanitarie
distrettuali non hanno preso ancora dei provvedimenti.
Venerdì 18
Ottobre 1996 Anche
oggi notizie cattive e contraddittorie. Dalla zona di Padibe dicono che sono
entrati dal Sudan altri ribelli. Secondo un'altra voce, invece, Joseph Kony
avrebbe ricevuto ordini da Khartoum per far tornare in Sudan, in gran fretta,
tutte le truppe sparse nel nord Uganda, per contrastare una massiccia offensiva
del SPLA.
Museveni, per parte
sua, il giorno dell'Indipendenza, durante la celebrazione tenuta a Kololo,
avrebbe detto che l'unica alternativa alla pace e’ la guerra contro il
Sudan, che non ci si può fidare degli arabi e che non si possono
prendere accordi con il presidente del Sudan, Omar El Bashir.
Qualcuno dice che
Museveni sia in difficolta’. Qualche altro che e’ Kony in
difficolta’ e che tenta di rientrare in Sudan prima che la sconfitta sia
irreparabile.
Kony avrebbe dato
l'ordine di lasciare libere le ragazze di Aboke. Secondo Padre Paolo gira voce
che almeno dieci delle ragazze di Aboke siano riuscite a fuggire.
A Opit, intanto,
hanno obbligato la gente ad abbandonare i villaggi e radunarsi nel centro del
paese. Hanno riempito gia’ tutte le scuole e le nostre istituzioni.
Domani cominceranno a costruire le capanne; poi, per il resto delle strutture e
per il cibo, aspetteranno le Nazioni Unite. La prospettiva certamente non
è rosea.
Una nostra studente
infermiera, di nome Pasca, è venuta da me perchè chiedessi ai
nostri di Arua se abbiano notizie di suo padre, Obwona Peter, Head Master della
nostra T.T.C. di Ladonga. Le era arrivata voce che il padre si trovasse nel convoglio
attaccato dai ribelli. Purtroppo nessuno ha saputo dirmi niente.
Il professor Bonini
ha messo in trazione il collo di una ragazza, con un attrezzo di fortuna che
lui stesso mi ha fatto realizzare: l’ha fissato alla scatola cranica
mediante due perni infilati nei fori che aveva praticato sopra le orecchie. La
ragazza e’ rimasta completamente paralizzata per essere scivolata mentre
portava in testa una grossa pentola piena di terra: avrebbe dovuto servirle per
lisciare le pareti e il pavimento della sua capanna. E' cosciente e riesce a
respirare senza aiuto esterno; tutto il resto sembra morto. Bonini dice che, se
il midollo non si è ancora spezzato, dopo pochi giorni si dovrebbero
vedere i risultati. Ma non ci spera troppo.
Sabato 19 Ottobre
1996 Fratel Bazzanella
questa mattina è cascato per terra, facendosi un gran bernoccolo sulla
fronte e una bella contusione su una spalla. Lo avevo messo sul vaso; finiti i
suoi bisogni, invece di chiamare ha fatto tutto da solo ed è riuscito
anche ad uscire dal gabinetto. Nel bel mezzo della stanza, pero’, forse
la gamba ha ceduto, ed è cascato. Per fortuna non si è rotto
niente.
Padre Paolo lancia
un SOS. La gente, obblligata dai militari a radunarsi nel centro di Opit, dai
villaggi della zona, non sa dove andare ed è obbligata a dormire sotto
le stelle o - peggio ancora - sotto la pioggia. Padre Paolo spera che le
Nazioni Unite e la Croce Rossa Internazionale provvedano con urgenza.
Dei ribelli non ci sono tracce: sembrano
dileguati nel nulla. Speriamo che non stiano architettando qualcosa di brutto.
Il Presidente
è ancora a Gulu per cercare di tirare su il morale delle truppe. Non
so se ci riuscirà. Dice che ha bisogno di soldati come
quelli che aveva quando nel 1996 è arrivato al potere: militari
disciplinati e determinati a lottare per la libertà e per la
giustizia.
Il Dr. Bruno
è ritornato da Kampala. L'ambasciata Italiana ha promesso di contribuire
alle spese per la costruzione di una trentina di gabinetti a perdere per fare
fronte all'emergenza igienica causata dalla massa di gente rifugiata in
ospedale. Si è impegnata a contribuire con duecentocinquanta dollari per
gabinetto. Il World Food Program, per parte sua, ha promesso di mandare, quanto
prima, dei grossi tendoni da usare come dormitori. Meglio che niente.
Il New Vision di
oggi smentisce la notizia, data dal Monitor, secondo la quale l'attacco
avvenuto nel Parco sarebbe opera dei ribelli del West Nile Bank Front, penetrati dallo Zaire attraverso il
Lago Alberto. Secondo il New Vision i ribelli che attaccarono il convoglio
erano quelli del gruppo di Lagony Otti, Operation Comander nella nostra zona e
in quella di Anaka. L'attacco sarebbe stato condotto da un certo Matata, alla
guida di una ottantina di ribelli.
Domenica 20 Ottobre 1996, Giornata Missionaria Mondiale. Sembra proprio che Peter Obwona,
Head Master della T.T.C. di Ladonga e papà della nostra allieva
infermiera Pasca, sia stato ucciso nell' imboscata sulla strada del Parco. L'
RDC di Gulu ha ricevuto un messaggio dalla polizia di Masindi, con cui si
invitava a provvedere al trasporto del suo corpo. Per mancanza di documenti di
riconoscimento, non avevano potuto identificarlo prima. Ancora ieri sera avevo
chiesto per radio, ai nostri di Arua, informazioni al riguardo: non ne sapevano
niente, ma mi avevano rassicurato dicendo che se il loro Head Master di Ladonga
fosse stato coinvolto nell'incidente loro senz'altro sarebbero stati avvertiti.
Pare sia morto a Masindi, dove era stato ricoverato all'ospedale per un trauma
cranico. Non capiamo ancora perchè sia stato portato a Masindi, quando
il nostro ospedale di Angal era molto più vicino. Forse alcune macchine,
al momento dell'imboscata, hanno fatto in tempo a invertire la marcia e a
ritornare a Paraa, e poi a Masindi, con gli eventuali feriti.
Oggi anche il Papa,
all'Angelus, in piazza San Pietro, ha pregato per le ragazze di Aboke,
invitando i ribelli a lasciarle libere. Speriamo che accolgano il suo
messaggio.
Non solo ad Opit, ma
ovunque, i militari stanno obbligano la gente ad abbandonare i villaggi
dispersi nella savana e radunarsi nei centri presidiati dai soldati. Molta
gente sta già arrivando, priva di tutto, a Gulu, sperando di trovare
più facilmente qui rifugio e protezione che in centri fuori mano come
Pabo e Opit.
Lunedì 21
Ottobre 1996. Stanotte
è morta la mamma di Sabina, la nostra anestesista. Soffriva da tempo di
una grave insufficienza renale. Domani la porteremo al suo villaggio di Iceme,
nella terra dei Lango, vicino ad Aboke, dove dieci giorni fa i ribelli hanno
rapito le studentesse delle nostre suore. Speriamo che le strade siano senza
mine e senza ribelli. Sono ormai alcune settimane che non arriva nessuno ferito
da mine.
Questa sera sono
passati sei camion militari pieni di civili. Venivano da Pabo, dove è in
corso il rastrellamento di tutta la gente che si trova sperduta nella savana.
Non so ancora dove li portassero, ma la scena sembrava quella vista molte volta nei film sull'ultima
Guerra Mondiale.
Gli operatori
televisivi della State House del Presidente stanno facendo le riprese della
massa di gente che entra in ospedale per dormire o che dorme ammassata sotto le
tettoie o nei reparti. Mi hanno promesso di mandarmene una copia.
Martedì 22
Ottobre 1996. Il
Presidente è a Gulu ormai da una settimana. Sembra che abbia trasferito
qui la State House e che abbia detto di voler rimanere fin quando Kony non
sarà sconfitto.
Oggi abbiamo avuto
la visita di molti parlamentari - compreso Mao, nostro parlamentare di Gulu.
Ho visto Pasca, la
nostra allieva infermiera, che mi ha raccontato i pochi particolari che hanno
potuto sapere sull’uccisione di suo padre. Hanno portato il corpo a Gulu
solo ieri e hanno dovuto seppellirlo subito perchè era in stato di
decomposizione avanzata: era dal 16 ottobre nella cella mortuaria dell'Ospedale
governativo di Masindi, ad una
temperatura media di trenta gradi e in balia delle mosche. Era stato portato lì con i corpi
delle altre vittime da un tedesco, responsabile della riabilitazione del Parco
di Paraa. Lo avevano trovato sul luogo dell'imboscata, con le mani legate
dietro la schiena e un colpo tirato alla
nuca. Gli altri che erano stati uccisi nello stesso modo - compresi
alcuni ragazzi - avevano addosso la carta di identita’, e la loro
identificazione non aveva presentato problemi.
Ho cominciato a
costruire il tendone donato dal World Food Program.
Secondo il maggiore
Kakooza Butale, Consigliere per la guerra del Presidente, che questa mattina
è venuto a trovarci in ospedale, la faccenda diventerà presto
seria: nel loro meeting sulla sicurezza hanno concluso che l’unica
soluzione possibile, di fronte a questa guerriglia, è di dichiarare
guerra al Sudan, e la intraprenderanno piu’ presto possibile. Primo
passo: liberare il campo di battaglia, raccogliendo tutta la gente sparsa nella
savana in grandi campi strettamente controllati dei militari. Tutti quelli che
resteranno fuori saranno considerati ribelli. Mi incoraggiava quindi a finire
in fretta di montare i tendoni e a chiederne altri, perchè la gente
rifugiata in ospedale aumenterà e avrà non solo bisogno di riparo
ma anche di roba da mangiare. Il bello deve ancora venire...
Spero che Kony si
accorga che è diventato una semplice pedina in mano al governo Sudanese,
l’ennesimo ugandese in esilio assetato di potere. (Con lui
c’e’ anche il Dr. Obonyo, che, fino a quando non era stato chiamato
come ministro della sanità da Tito Okello, era il consulente di urologia
qui a Lacor, e veniva da Kampala ogni settimana per fare lezione ai nostri
tirocinanti, Forse è per la lunga relazione che abbiamo avuto con lui
che i ribelli fino adesso non sono entrati in ospedale.)
Se l’Uganda
dichiarera’ guerra al Sudan non sara’ sola, ma avra’ a fianco
vecchi nemici del Sudan come l'Etiopia e l'Egitto, e l'aiuto tacito degli USA e
del Sud Africa.
Questo pomeriggio
nella zona di Parabongo, vicino a Pabo, i ribelli hanno sparato ad un
camioncino, uccidendo il proprietario e ferendo ad una mano l’autista.
Gli altri passeggeri sembra siano riusciti a scappare. Il camioncino è
stato poi bruciato.
Stamattina abbiamo
contato settemila duecentotrenta persone entrate in ospedale per la notte.
Stasera hanno
portato anche un soldato saltato su una mina mentre inseguiva i ribelli nella
zona di Koc Goma. Ci ha rimesso un piede.
Mercoledì
23 0ttobre 1996. Nel
pomeriggio sono passati parecchi mezzi militari diretti verso Pabo: tre
carriarmati, una autoblindo, tre o quattro Mamba con le mitraglie spianate e
tanti altri camion e camionette. Pare che in nottata i ribelli abbiano
attaccato un grosso distaccamento militare sulla strada per Pabo, ma non
abbiamo particolari certi in merito. Si dice che siano stati uccisi parecchi
soldati. Feriti pero’, qui in ospedale, non ne abbiamo ancora visti.
Ho quasi finito di
erigere il tendone. Quelli del World Food Program sono venuti stamattina a
vedere il lavoro e si sono meravigliati nel vedere il loro tendone quasi
finito. Ce ne hanno promessi cosi’ altri tre o quattro, e anche aiuto in
cibo. Dopo tutto hanno sede a Roma, e si sentono quasi obbligati a fare qualcosa
dove lavorano gli italiani. Sono rimasti impressionati sentendo che in un posto
così ridotto come può essere il nostro ospedale vivano più
di diecimila persone.
Sono venuti anche
degli esperti di campi profughi di MSF Olandese e mi hanno portato trenta
piastre di plastica per i gabinetti a perdere che dobbiamo costruire. Hanno
fatto anche i prelievi dell’acqua delle sei pompe a mano e dei quattro
pozzi con pompa elettrica sommersa. Avremo il risultato fra qualche giorno.
Giovedì 24
Ottobre 1996, ore 8.45 Pm. C'è in corso una sparatoria in grande stile. Non so ancora cosa
stia succedendo, ma penso che si tratti di un equivoco. Ero alla radio, e
Fratel Bepi, da Laiby, mi ha chiesto di mettermi in contatto con le baracche
per avere notizie di Padre Pifer, che c’era andato a mezzogiorno per
chiedere se fosse possibile ritornare ad Anaka in elicottero e non era ancora
rientrato. Sono andato al cancello e ho chiesto se per favore potevano
informarsi del padre con la loro radio. Guardando sopra le mura ho visto come dei
bagliori di una capanna in fiamme e subito dopo ho sentito spari. I nostri
soldati al cancello, eccitati, hanno preso a sparare anche loro, ed è
successo un finimondo. Dalle baracche, comunque, hanno prontamente mandato un
Mamba.
Ora è tornata
la calma. Domani sapremo che cosa sia veramente successo.
Nel fuoco incrociato
si vedevano anche dei proiettili sparati verso l'ospedale e quindi - forse -
c'era in giro anche qualche ribelle. Non ci dovrebbero essere nè morti nè feriti, perchè i
nostri al cancello sparavano in aria, e tutti i civili dei dintorni sono dentro
le nostre mura.
La notte scorsa sono
ripassati i camion militari che ieri, con altri mezzi pesanti, erano andati
verso Pabo. Si dice fossero pieni di morti, e questo spiegherebbe il passaggio
notturno. Alcuni, venuti da Parabongo, sostengono che ieri all'alba i ribelli
hanno attaccato il centro dove la gente era stata radunata per forza (e dove
avrebbe dovuto essere protetta dai militari) e hanno fatto una strage. Si parla
di venticinque soldati ed una
ottantina di civili uccisi. Il fatto strano è che qui non è
arrivato nessun ferito, e nessuno ne parla. I casi sono due: o sono balle, o i
militari cercano di tenere nascosto il fatto perchè non vogliono far
sapere ai parlamentari ancora in giro da queste parti che la nuova strategia
dei villaggi protetti ha preso il via con un fiasco.
Nel pomeriggio si
è fermato davanti all'ospedale un lungo convoglio. Gli autisti del
convoglio militare e quelli dei camion con gli aiuti per i rifugiati sudanesi
si sono rifiutati di proseguire e sono tornati indietro a Gulu. Un militare che
era sul camion, per non andare al fronte, si è sparato due colpi di
mitra al polso.
Padre Bruno è
ritornato nella sua missione di Aber completamente rimesso. A preso il suo
posto Padre Villalba di Kigumba, venuto qui a curarsi una brutta malaria da cui
non riesce a guarire.
Anche fratel Michael
è qui per un’infezione causata da pulci penetranti. Sentendo
prurito tra le dita dei piedi, ha creduto si trattasse di un piccolo ascesso e
lo ha punto con un ago, permettendo cosi alle uova di diffondersi nei tessuti
del piede e procurandosi l’infezione. Il nostro infermiere gli ha tolto
una pulce da un calcagno ormai grossa come un chicco di caffè.
Venerdì 25
ottobre 1996. Rilettura
dei fatti di ieri sera. Alle 8.30 di sera una capanna poco lontana da noi ha
preso fuoco accidentalmente. Nello stesso
momento due militari, del
distaccamento di stanza qui, a settecento metri da noi, dove abbiamo il
villaggio per i nostri dipendenti, stavano contendendosi una ragazza. Uno di
questi ha sparato una sventagliata di mitra in pancia al rivale, uccidendolo
sul colpo. Gli altri soldati che assistevano alla scena si sono avventati su
quel disgraziato, che però è riuscito a fuggire. Hanno cominciato
allora a corrergli dietro, sparando.
I soldati di guardia
all'ospedale, vista la capanna in fiamme e sentiti gli spari e le urla degli
altri soldati, si sono creduti assaliti dai ribelli ed hanno preso a sparare a
loro volta, dal cancello. Quelli che inseguivano l’omicida, vedendo il
fuoco della capanna e sentendo gli spari provenienti dall'ospedale, hanno
creduto anche loro di essere assaliti e hanno risposto al fuoco sparando in
direzione dell'ospedale. I nostri, sempre più convinti di essere attaccati,
hanno preso posizione nelle parti più protette dell'entrata e si sono
messi a sparare all'impazzata, riducendo il nostro cancello ad un colabrodo.
Qualche raffica di mitra ha colpito la casetta del guardiano; un'altra ha
colpito il nuovo dispensario, rompendo qualche vetro e bucando le lamiere del
tetto. Una raffica, poi, è stata sparata verso le botteghe che si
trovano dalla parte opposta della strada, e un proiettile ha trapassato la
porta di ferro e tutte due le caviglie del proprietario della bottega, che si
accingeva a venire a passare la notte in ospedale.
I militari che hanno
l'accampamento sotto l'ospedale, nella foresta di eucalipto, sentendo tutto
quel baccano, hanno pensato bene di dare man forte sparando alcuni RPG (Rocket
Propel Granate), che però, invece di scavalcare l’ospedale, sono
caduti dentro le mura. Uno e scoppiato tra due container in cui dormivano
alcuni miei operai con le loro famiglie. Le schegge non sono riuscite a
perforare la lamiera del container e hanno scalfito un poco il muro di cinta.
Il secondo RPG
è finito sul tetto del gabinetto del vecchio dispensario dei bambini, a
pochi metri dal quale, sotto le tettoie, dormono centinaia di rifugiati. Questa
granata ha bucato il tetto in lamiera del gabinetto, che ora i rifugiati usano
come ripostiglio delle loro masserizie e, senza scoppiare, e’ atterrata
sulla loro roba. Se anche fosse scoppiata non avrebbe fatto tanto danno,
giacchè era dentro il gabinetto; se pero’ fosse atterrata cinque
metri più in la’, avrebbe colpito in pieno il cortile interno del
dispensario nuovo, dove dormono più di un migliaio tra donne e bambini.
Penso proprio che
qualcuno dall'alto ci protegga - e tra questi, in primo luogo, Lucille. Il
rosario poi che sale verso il cielo dai vari gruppi di persone sparse in
ospedale non può lasciare la Madonna indifferente e quasi la obbliga a
proteggerci.
E' proprio il caso
di dire: "Dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio".
Il maggiore
incaricato della sicurezza di Gulu, visto il comportamento dei suoi soldati, ha
fatto arrestare i comandanti e ha affidato la responsabilità della
difesa dell'ospedale a Brown - forse quello effettivamente più impegnato
a proteggere l'ospedale e i soldati ricoverati. Alcuni, tra i militari, insistono
ancora che i ribelli c'erano davvero e che sonostati respinti grazie al loro
pronto intervento. Si vede che hanno strumenti sofisticati che riescono a
vedere i nemici anche attraverso le lamiere e i muri...
Ho completato il
tendone donato dal World Food Program e la gente lo sta già usando.
Penso che possa accomodare trecento persone. Non è gran cosa, ma
speriamo di averne presto degli altri.
Il convoglio che
ieri si era rifiutato di proseguire, oggi è partito verso Ajumani,
accompagnato da carriarmati e autoblindo. C'erano almeno trenta camion con
rimorchio e altre macchine di commercianti, che ne hanno approfittato per
portare rifornimenti alle loro botteghe ormai vuote.
Sabato 26 Ottobre
1996. Dopo
l'incidente di ieri la gente entrata per dormire è leggermente aumentata
di numero; erano in tutto settemila seicentonovantacinque persone.
Solo oggi il New
Vision accenna allo scontro avvenuto mercoledì a Parabongo. Dice che
nella feroce battaglia ventitré ribelli sono stati uccisi. Molti anche i
feriti gravi, tra cui il colonnello Otti Lagony, famoso comandante dei ribelli.
Secondo la versione di Kazini, Comandante della Quarta Divisione
dell’UPDF ( Uganda People Defence Force), i militari hanno lamentato solo
pochi feriti. I corpi dei ribelli uccisi sarebbero ancora sul campo di
battaglia. Kazini afferma inoltre che l'esercito ha introdotto una nuova
tattica, chiamata "Combined Arm Element" (CAE), che lo stesso
Museveni ha iniziato. Questo CAE è un metodo per contrastare la
guerriglia e liberare i prigionieri. Comporta l'uso di elicotteri armati di
bombe, carriarmati, autoblindo e Mamba, e di fanti che si muovono veloci.
Nonostante la
presenza del Presidente, l' UEB non è riuscita a darci la luce, e sono
già due settimane che siamo senza. Una grossa spesa in più che
l'ospedale deve sostenere per questo disservizio.
Mercoledì
30 ottobre 1996. Sono
appena tornato da Kampala e la strada e quasi tutta rimessa a nuovo. Siamo
partiti all’1.45 PM, e sono arrivato al Lacor alle 5.15 PM. Ho un
pò pestato sull'acceleratore, perchè non volevo essere nella zona
pericolosa col buio. Nel tratto tra Minakulu e Gulu la strada era deserta e
faceva un po’ paura. La gente ormai è poca, perchè è
stata obbligata ad abbandonare i
villaggi.
L' impressione che
ho avuto nella capitale è che la faccenda del Nord, anche se lontana,
comincia a preoccupare un po' tutti, perchè i disordini aumentano e si
sente che lo status quo e’ minacciato. Anche i capi si vedono sfuggire di mano la
situazione. Non passa ormai giorno senza che i giornali parlino della
situazione del Nord.
Giovedì 31 ottobre 1996 Stasera Padre Pifer, di Anaka, e
Padre Paolo, di Opit, dicevano tutt’e due di trovarsi in un
caravanserraglio.
Qui i militari hanno sequestrato
tutti i camion che trovavano in giro in città. Non si sa ancora bene il
motivo, ma serviranno per portare al di la’ del Nilo la gente raccolta
nei villaggi o per il trasporto di truppe al confine col Sudan. I giornali, in
questi giorni, non fanno altro che parlare di questo: attaccare il Sudan come unica
possibilita’ di risolvere il problema della ribellione del Nord e
dell'Acholi.
Qui a Gulu sembra che i militari abbiano rilevato tutti i poteri originariamente in mano alle autorita’ civili. Hanno fatto anche interrompere le telecomunicazioni, come telefono e fax, e ora aspettiamo che ci tolgano anche le radio interne e che chiudano le strade: cosi nessuno potrà più sapere cosa succede nel mondo esterno.
La situazione è
particolarmente tesa anche per i disordini causati dai Tutsi nello Zaire, dove,
tra i fautori di questa nuova guerra, tutti mettono, al primo posto, il nostro
Museveni. Diventa sempre più chiaro che i Tutsi vogliono l'egemonia in
tutti i paesi della regione dei Grandi Laghi. Considerando che sono una
minoranza, stanno facendo un gioco molto pericoloso, ma possono farlo
perché sicuri dell'appoggio di Inghilterra e Stati Uniti, che hanno
grandi interessi sia riguardo allo Zaire sia riguardo al Sudan. Questa è
quindi una guerra Anglo-Americana, condotta usando e appoggiando la minoranza
Tutsi, cui non sembra vero di conquistare il potere su tutta la regione.
Dei ribelli nessuno parla, quasi che
non facciano parte di questo scacchiere.
Oggi è arrivato anche il
container che era a Kampala da quasi tre mesi, perchè non si riusciva a
trovare nessun trasportatore. Abbiamo scaricato tutto e il camion è
potuto ripartire gia’ questa sera.
E’ arrivato anche
l'ambasciatore tedesco ed è nostro ospite, anche perchè con noi
abbiamo Fratel Michael Dietrich, che è l'unico cittadino tedesco nella
zona di Gulu. L’Ambasciatore e' venuto per un seminario di tre giorni sui
diritti umani, organizzato e finanziato appunto dalla ambasciata tedesca.
Venerdì 1 Novembre 1996,
Festa di tutti i Santi. E' arrivato un ragazzo, sui dieci anni, che ha perso una mano giocando
con una bomba trovata nei campi, su un termitaio. Veniva da Parabongo, vicino a
Pabo, e mi ha detto che credeva che fosse già esplosa. Fatti simili sono
sempre più frequenti e chissà per quanto tempo ancora ne avremo.
Il Consigliere per gli affari politici
e militari del Presidente - il Maj. General Salim Saleh in persona - ieri
è andato a parlare agli studenti del nostro Laiby College e ha dato loro
una lezione sulla difesa. Quelli che seguono sono gli appunti presi da uno
studente.
: LEZIONE SULLA DIFESA CIVICA
1)
Mantenere l'ordine e le leggi.
2)
Cibo e acqua.
3)
Operazioni di salvataggio.
4)
Protezione e nascondigli.
5)
Orientamenti del governo in stato di guerra.
Mantenere l’ordine e le
regole
a) Gulu è zona di guerra. Non
c'è più autorità governativa, ma solo autorita’
militare e legge marziale.
b) La gente deve badare a se stessa.
Bisogna selezionare le proprie compagnie e adottare misure di sicurezza da zona
in guerra. Ad esempio: se si va a bere, badare bene alle persone a cui ci si
accompagna; mai chiusi in casa, ma all'aperto, per essere pronti in caso di
bombardamento.
c) Limitare i movimenti di sera e di
notte. L’ordine dato ai soldati è di sparare prima di ogni altra
cosa, e solo dopo chiedere chi va là?.
d) I civili e non combattenti
dovrebbero formare dei tribunali del popolo non per punire, ma per correggere i
comportamenti antigovernativi.
Cibo
Cercare
di trattare il cibo in modo che non deperisca (ad esempio: seccare cassava e
granturco). Le zone protette sono sempre in movimento; quindi, appena
possibile, zappare e coltivare nel luogo dove ci si e’ accampati.
Piantare cassava, patate dolci, fagioli etc. In zone di guerra non ci sono
alloggiamenti fissi per i militari, come caserme o grossi accampamenti,
perchè sarebbero facile bersaglio per i nemici. Ognuno quindi pensi per
se’, scavando buche dove immagazzinare la roba da mangiare avvolta in
sacchetti di naylon. I soldati sono stati formati alla violenza e alla
distruzione. Le case saranno distrutte. I soldati non proteggeranno nessuno;
tocca all'individuo proteggere se stesso. Neanche Dio vi proteggerà.
Acqua
Imparate come trovare l'acqua. Tutta
l'acqua è potabile - rossa o verde che sia. Se possibile bollitela. Se non c'è acqua, bevete la
vostra urina. Se non c'è urina, succhiate le foglie degli alberi con
spine.
La sicurezza del campo
Controllate tutti i membri del campo
dopo ogni eventuale bombardamento. Registrate i nuovi arrivi. Riducete al
minimo il movimento dei venditori del mercato e state attenti ai mercanti. Non
discutete tra voi il movimento di truppe – ne’ dell’UPDF,
ne’ del LRA. Se vi chiedono, dite sempre che non sapete niente. Non fate
eccessivo rumore e badate che non ci siano attorno a voi delle radio spia. Siate sicuri che nessuna informazione
raggiunga gli Arabi. Imparate ad identificare gli spari delle varie armi da
fuoco. Prolungati rumori da arma da fuoco generalmente sono solo per
spaventare: non scappate, quindi. Non correte quando stanno sparando nella tua
zona, ma stendetevi a terra. Correte molto velocemente e a zig zag quando non
sparano più. Per le donne con bambini: legate le gambe dei bambini ai
fianchi, quando li portate sulla schiena. Quando abbandonate un campo, portate
via tutti i bambini anche se non sono i vostri.
Rifugi e Nascondigli.
Attualmente il Lacor Hospital
è stato preso dai militari e le medicine sono riservate all'esercito.
Nascondetevi tra i cespugli intorno a casa. Durante il giorno mandate i vostri
bambini a giocare nella foresta intorno, così che se ci sono ribelli che
vogliono catturarvi possano essere scoperti e segnalati. Scavate trincee vicino
ai vostri villaggi per proteggervi in caso di attacco aereo. Siamo in grado di
abbattere in due settimane tutti gli aerei di cui il Sudan dispone, nel caso
che ci attacchino. Gulu è in una posizione ideale per questi
combattimenti, perchè non ci sono colline che impediscano o confondano
il tiro. Abituatevi a vivere con morti e feriti perchè ce ne saranno
molti. Il Presidente è l’autorita’ suprema che detiene ogni
potere. A Gulu ci saranno più soldati che civili. I civili che vogliano
lasciare il distretto sono liberi di farlo, ma facciano in fretta, fin tanto
che sono in tempo.
Giornalisti
Riporteranno quello che il governo
vuole. Quelli che vogliono fare i reporter dalla parte di Kony possono chiedere
il permesso ed andare a stare con lui. Il governo non li punirà neanche dopo la guerra.
Pregare
Tutte le azioni di culto e le varie
preghiere devono essere effettuate all'aperto e devono finire entro un' ora.
Operazioni di salvataggio.
I maschi che si trovano in un campo
devono correre e riferire se ci sono feriti. Biciclette, moto, automobili e
camion possono essere requisiti in qualsiasi momento e da qualsiasi comandante.
Fin qui la lezione di Salim Saleh.
I soldati, ieri, hanno comperato
tutta la farina delle botteghe di Gulu. Non si sa ancora cosa questo voglia
dire, ma sembra il preludio di qualcosa di molto brutto. Anche l'uccisione
dell'arcivescovo cattolico di Bukavu da parte delle truppe tutsi e’ un
cattivo segno. Sui giornali di ieri, intanto, Salim Saleh ha chiesto al
Parlamento l’autorizzazione ad attaccare le posizioni dei ribelli che si
trovano in Zaire e in Sudan. Mentre i tutsi rwandesi attaccano lo Zaire dal Sud,
i nostri tutsi vogliono attaccarlo dal Nord. Sembra qualcosa di molto ben
coordinato. Le truppe del Rwanda hanno attaccato Goma, città strategica
dello Zaire, e sono decisi ad arrivare fino alla capitale Kinshasa, col solito
pretesto di far fuori Mobutu ed instaurare un governo democratico, con
presidente e maggioranza di governo di etnia tutsi.
Pare che le truppe zairesi, man mano
che i tutsi avanzano, si ritirino senza combattere perchè demotivate,
mentre la gente accoglie in tripudio i nuovi padroni. La gente zairese è
stanca di Mobutu, che in tutti questi anni di potere ha pensato solo a se
stesso ed ad ammassare oro e diamanti nelle banche svizzere, facendo dello
Zaire uno dei paesi più malmessi dell'Africa. Fortuna che è un paese
con molta terra fertile e la gente almeno non morirà di fame.
Non so proprio come faranno i nostri
tutsi ad arrivare a Kinshasa, visto che Bukavu dista da li’ più di mille e cinquecento
chilometri e non ci sono strade di collegamento.
Il mondo, in tutto questo, sta a guardare,
fingendo di indignarsi e di invitare le parti al cessate il fuoco. Anche
l'Inghilterra cerca di salvare la faccia pregando il Rwanda di ritirare le
truppe che hanno invaso lo Zaire a sostegno dei tutsi banyamulenge, quasi che
il piano non fosse noto da tempo e che non fosse caldeggiato proprio da inglesi
e americani.
Oggi i ribelli del West Nile Bank
Front hanno fatto saltare un ponte sulla strada che va da Maraca a Moyo.
Domenica al Boma Ground si
terrà una preghiera ecumenica per impetrare la pace. L'Arcivescovo di
Kampala, Mons. Wamala, ha invitato tutta la cristianità ugandese ad
unirsi a noi di Gulu nella preghiera e nel digiuno perchè questa guerra
finisca.
Sabato 2 novembre 1996, Giorno
dei Morti. Alle
6.30 del mattino c'era già in giro l'elicottero. I militari avevano
individuato nella zona di Anaka una sick bay - un posto, cioe’, in cui i
ribelli curano i loro feriti. L'elicottero trasportava truppe per circondarli
ed eventualmente attaccarli. Speriamo che poi i ribelli non si vendichino
attaccando il nostro ospedale, che cura i feriti governativi.
Ieri sera a Keyo una pattuglia di
soldati è stata attaccata. Nella battaglia hanno perso la vita un
militare e tre ribelli, mentre altri sono stati feriti. Un soldato ferito
è stato portato qui da noi. Poteva andare molto peggio, ma sono stati
salvati dal vicino distaccamento
di Awer, dal quale, appena udite le raffiche di mitra, hanno cominciato a
sparare colpi di mortaio, disperdendo i ribelli.
Tra il bivio per Arua e il ponte sul
Nilo hanno attaccato il bus che veniva da Lira, diretto a Kampala. Erano le
otto di mattina. Un primo bus, anche se colpito e con qualche ferito a bordo,
è riuscito a proseguire. Del secondo, invece, che seguiva a poca
distanza, hanno ucciso l’autista, e il mezzo e’ finito fuori
strada. Nell'incidente hanno perso la vita dodici persone e altre sedici sono
state ferite e portate al nostro ospedale di Aber. Il camion di Laiby era
ancora di là dal Nilo, ma l’autista – che poi ci ha riportato
i fatti - ha sentito tutta la sparatoria.
I ribelli, dopo l'attacco, hanno
cercato di rubare tutto quello che potevano sul bus. I militari che si
trovavano al di là del ponte sono intervenuti subito, mandando
un’autoblindo. Arrivati sul posto dell'agguato, non vedendo più i
ribelli, i soldati hanno proseguito per un giro di ispezione, lasciando il bus
incustodito. I ribelli però sono tornati sui loro passi ed hanno ucciso
a sangue freddo altre undici persone. Quanto ai militari del posto di blocco
del bivio per Arua e a quelli del distaccamento poco lontano, sembra che non
siano intervenuti per niente.
Per il momento non abbiamo altri
particolari, ma si esclude che possano essere stati i militari ad effettuare
l’imboscata. Era appena partito, infatti, un convoglio per Arua, con
più di cento camion scortati da un centinaio di soldati.
Questa sera hanno portato un altro
soldato ferito con tre buchi in pancia.
Al Seminario di Gulu sui Diritti
Umani, finanziato dalla Repubblica Tedesca, si e’ detto che sono i preti
acholi a sostenere ancora come disastri, incendi, mine e uccisioni non siano
sempre da accreditare ai ribelli di Kony, ma siano spesso opera dei militari di
Museveni.
Domenica 3 novembre 1993 Oggi, giornata per la pace. Da tutte le parrocchie i vari
gruppi sono partiti a piedi diretti al Kaunda Ground – lo stesso in cui
nel ‘93 è venuto il Papa. Anche da Lacor Hospital è partito
un grosso gruppo di giovani infermieri, al quale ci siamo uniti anche io e il
Dr. Matthew. Quelli della Missione di San Joseph portavano una grandissima
croce di legno, molto pesante, e, per abbreviare la fatica, hanno fatto i
cinque chilometri del tragitto a passo di carica.
La preghiera è stata molto
sentita e partecipata da migliaia di persone. Era organizzata dal Gruppo inter
confessionale ACHOLI FOR PEACE AND
RECONCILIATION, concepito e realizzato da Padre Ramon e Suor Dorina.
C'erano ovviamente i cattolici, gli anglicani, altri gruppi protestanti, come i
Morocole, e anche i musulmani.
La preghiera è stata
presieduta dal nostro vescovo, Martino Luluga, e dal vescovo protestante, Oboma
Allan. Si sono susseguiti discorsi e preghiere, e tutti hanno domandato al
Signore di aver pietà del popolo acholi e di liberarlo dalle sofferenze
presenti e da questa guerriglia. Stephen Okech, come presidente di questo nuovo
movimento, prima che cominciasse la preghiera, ha fatto appello a tutti
perche’ le differenze politiche e religiose siano dimenticate in uno
sforzo comune per il ritorno del popolo acholi alla saggezza, alla
normalità e alla prosperità di una volta. Ha richiamato anche i
governanti ugandesi e sudanesi alla sincerità e alla trasparenza e li ha
invitati a mettere in pratica il trattato di pace da poco firmato a Teheran,
cosicché i due popoli possano ancora vivere in armonia. Stephen Okech ha
anche ammonito gli Acholi che vivono fuori dall'Uganda perche’ smettano
di farsi usare come strumenti di morte e
distruzione della loro stessa gente e ha fatto un appello a Kony
perche’ non infligga altre sofferenze ai civili innocenti di questa
terra.
La preghiera è stata molto
bella, anche perchè non è degenerata in un’esibizione
politica, e tutti hanno parlato di pentimento e di riconciliazione. La parte
del leone l'hanno fatta i protestanti, perchè, da bravi oratori,
sapevano denunciare i peccati che la tribù acholi aveva commesso contro
il resto dell'Uganda, ma in modo tale da portare effettivamente la gente a
riconoscere il male fatto e a chiedere perdono. Un pastore protestante di nome
Justine Olwedo, in particolare, ha messo bene in evidenza le ragioni e le colpe
che, secondo lui, hanno condotto il popolo acholi nella attuale situazione. Ha
premesso che quanto si accingeva a dire era frutto di un’ispirazione, e
che non poteva fare a meno di parlare, anche se alcune cose avrebbero potuto risultare
forti e dolorose.
Inserisco il riassunto dei discorsi
che hanno fatto. Sono in inglese perchè non ho avuto ancora il tempo di
tradurli.
TEXTS OF THE INTRODUCTORY SPEECH AND
SOME (summary) OF THE REFLECTIONS AND PRAYERS FOR PEACE DURING THE PRAYER FOR
PEACE AND RECONCILIATION IN NORTHERN UGANDA ORGANISED BY THE GROUP ACHOLI FOR
PEACE AND RECONCILIATION.
Gulu 3rd November 1996
Dear brothers and sisters who have
come today for this celebration, and all the people of God in Uganda and all
over the World who are united with us in prayer today: May the Peace of the
Risen Lord be with you all!
I stand in front of you on behalf of
the group who have organised this prayer, called Acholi for Peace and
Reconciliation.
I speak for the Acholi who have
suffered throughout these years, who have died because of violence and its
consequences, and for those who may continue to die.
For all these years only few of us
spoke about our situation. Many people have spoken for or against Acholi. Now
time has come for us to share our feelings, our thoughts, our hopes and our
faith with people of good will, Christians of different denominations, united
to struggle for the most important gift of life, which is peace. Our being
united today is already a big step on the way to peace.
Our strong belief and conviction is
that violence will always generate violence, instead, love generates love. So
our main strategy is non-violence, which is not passivity, selfishness and
uncommitment, but, on the contrary, a strong challenge and a task of promoting
the most important values of human life, namely, justice, truth, freedom and
love.
We are neither blind nor indifferent
to the situation around us.
We believe that we are children of
God and that our duty is to respect and promote the dignity of each person and
care for their needs.
Our God is a God of Justice and
Love. We believe that His power
will help us uncover hidden malice and violence, especially that
perpetrated against the poorest in society, those who are often denied their right
to speak.
Against a very common belief that
there is no space for truth in politics, we strongly affirm that only truth
will make us free.
We believe that transparency in our
own personal and communitarian life will radically change our society for the
better.
We believe that freedom is a divine
gift to all mankind conducive to human development. Only in respecting and
accepting each other can we, human beings, develop all the gifts God has given
us.
Justice, Truth and Freedom cannot
exist without Love which, as St. Paul says, is the most important of all gifts.
We strongly believe in the power of selfless love, love up to the extreme:
Jesus taught us to love our enemies, love those who persecute us and bless
them. We realise that this task is very demanding, but possible, though we are
poor and weak human beings.
We acknowledge our sins and our
responsibilities for the present situation, and we ask the Lord to accompany us
on our journey of conversion.
We know we can find the resources in
our rich culture, with its rites and wisdom especially in promoting peace and
reconciliation. Yet, we believe that our main strength lays on our faith. You
see how prayer has united us here today, people of different Christian
denominations as real brothers and sisters. The Word of God helps us to share
our richness and to appreciate each other's life, rights and gifts as God
given. Prayer has been our strength throughout our struggles and sufferings.
This, we believe, is already a big miracle of peace.
And united today we feel strong
enough to cry out for the sufferings of the years gone by. Many of us have been
killed, our youth abducted, orphans have been left helpless, we have lost our
houses, properties and important values. As if it were not enough, we still
continue to suffer violence in apparent isolation from the rest of the country.
If this is our past and present, we
cannot but look at the future with fear. We do not know when and if our voice
will be heard again, and so, today, we appeal to all people of God, to all
people of good will all over the World, to join us in our non-violent struggle.
We strongly say in front of God and
all men, that we do not believe in
war as a way of solving conflicts, and we neither want nor support this war at all.
We still hope, ask, and implore that
negotiations between Uganda and Sudan Governments be continued in a spirit of
sincerity, in view of promoting good neighbourliness and permanent peace in the
region, and we ask that international bodies be called to mediate for peace.
We also strongly appeal to our
people of Acholi, wherever they may be, to stop being or allowing themselves to
be used by others as instruments of violence in our districts.
May the Lord help us to carry our
heavy cross. May the Lord console us in our desperation; and may the Lord bless
all our efforts and good will.
Acholi for Peace and Reconciliation
TESTIMONY OF MRS. MARY OCAN
(translated from Lwo)
Dear children of God here gathered
today for this very important prayer, I stand in front of you on behalf of all
women of our district. We as women have a very important role to play in our
homes and in our country. We take care of pour children since their conception
into their birth and growth. We are the ones who teach them respect, obedience,
humility, hope and faith so that they may do the works that please God. We keep
them healthy and see for their education. That is why we should always tell
them the truth and should condemn any wrongdoing of theirs.
If I am now to speak on the problems
and sufferings that now affect us in our country, I should begin by explaining
to you that I am one of those suffered mothers whose children have been
kidnapped and taken to the bush by rebels. When I heard the sad news I felt so sad
in my heart, the pain was just too big to bear. My child was still under
treatment for a terrible cough.
I had put my hopes in that child of
mine, and I love him very much.
I knelt down and prayed to God like
this: "All powerful God, I place this child you gave to me into your
hands".
After that prayer I felt as if my
heart was set at peace, and I was assured that my child will one day return to
me with God's help.
In my prayer I ask God for all those
who are in the bush, I pray that God may enter in their hearts and change their
life so that they may really do what God wants. I pray that they may return to
their homes in peace.
Now I wish to speak to my fellow
women, for we are called to bring peace in our homes and in our country. Each
one of us must struggle to teach those at Home and outside that fighting does
not bring peace. Instead sharing with others and praying to the same God and
Master is what will eventually bring peace.
To our children in the bush I want
to tell you that we mothers love you so much, even more than those children who
are with us at Home, for we miss you a lot, we cannot get time to talk to you,
and there is so much you could be doing to help us here. I beg you in the name
of the Lord Our God, come back among us, come out of that terrible life you are
living now. We your mothers still have a lot of trust in you, for you can begin
a new life with the help of the prayers that we are constantly offering for
you. I remind you of the beautiful parable of the prodigal son and his forgiving
father. When the child came back his father welcomed him with great love (Luke
15:11-37)
We your parents do not make
judgements on you. That is not our task. God is the only just judge (Luke
6:37-38), therefore come back without fear.
Praised be Our Lord Jesus Christ for
ever and ever. AMEN
WITNESS OF PASTOR JUSTINE OLWEDO
This is a summary of the reflections
of Pastor Justine Olwedo of the Pentecostal Church on the present situation in
Acholi.
He affirms that these points have
been shown to him by God as a private revelation.
Some of these points were collected
during his talk at North View Hotel, Gulu, on 15 October 1996, and repeated,
though in a shorter form during his speech at the Prayer for Peace in Northern
Uganda that took place at Kaunda Grounds on 3rd November 1996.
There are a number of root causes of
our insurgency situation in the North. God showed me 9 main causes of the curse
that has fallen upon our land. I wish to show them so that we repent from them
and gain again God's pardon and grace.
The first cause of our problems is
Witchcraft and idol worship: The Holy Bible (Ex 20) tells us very clear that
God is not pleased with witchcraft. He forbade his people from such practices.
The same witchcraft is condemned in the book of the Acts of the Apostles. Yet
we see that witchcraft practices are so common in our land, that even so called
believers in Christ keep on consulting witch doctors and going to them for
medicines. Christians keep offering sacrifices at Kilak, Labeja, etc. This is a
great sin that angers God and that has brought a curse on our land.
The true religion came to our land
with the missionaries who announced the Good News of Jesus to us. If we are
faithful to Christ we cannot go back to our ancestral beliefs.
Second cause is BLOODSHED. Again the
Bible (Genesis 4) condemns the hideous crime of manslaughter which took place
at the very dawn of humanity, when Cain killed his own brother Abel. The blood
of Abel cried out to God and he answered by cursing Cain. So with our tribe. We
have also fallen into killing our own tribes men and people of other tribes
without mercy. I still remember how a at Luwero the owner of a kraal was made
to dig his own grave and was thereafter killed and buried there while all his
property was stolen. My own brother who was a soldier went from Gulu to Moroto and there he killed
a leper in cold blood. You who
hear such things, don't you think that there is no curse to fall on those who
have perpetrated such crimes. The consequences of the sins of murder that our
tribesmen have committed necessarily affect all the members of our tribe. A
curse is upon our tribe because we have committed a lot of atrocities in former
times and even now.
The third cause of our situation is
the spirit of revenge and unforgiveness which prevails among us. We are taught
to revenge. We forget that God said that Revenge is his alone.
The fourth cause of our problems is
the neglect of widows and orphans, the lack of concern for the poor and
welcoming the strangers. The Bible is full of teachings about the importance of
charity and concern for the poor ones in society. Yet we find that among us,
though there are many good and welcoming people, yet often people of this kind are neglected but
sometimes they are purposely made to suffer.
Among many incidents I can mention
the one of a boy who raped a leper woman in Gulu. We have also sinned a lot
against strangers who used to live peacefully among us for a good while. The
Headmistress of Sacred Heart was killed in their own compound just because she
was a Madi. The same discrimination against other tribes has brought a lot of
sufferings on people. That again is the cause of the curse that has fallen upon
our tribe.
The fifth cause is Rebellion (JEMO)
against God and against those in authority. The Bible says that all authority
come from God and that we should respect that authority. The book of Exodus
tells us of the curse that fell upon the people who murmured against Moses.
The sixth cause is Jealousy, envy
and unforgiveness. These are common feelings that people seldom wish to uproot
from their hearts, yet they are the cause of great confusion in our lives and
prevent us from doing the will of God and to promote harmony among people.
The seventh is false promises. Our
motto says "For God and my Country". Yet we see that our actions show
something different. God is forgotten almost completely and the interests of
the country and its people at large are not considered. Instead we see how
individuals think of their own interests first...
The eighth cause is Hard-heartiness.
The bible again says that people's hearts in the latter days will be hard
(Lk10:13-15, Isaac 48) People are hard to believe the teachings of God and they
refuse to convert. This is also bringing God's punishment.
The ninth sin of Acholi is Robbery,
Looting, Stealing. Again the Bible says (Habbakuk, Zachariah 5:1-4) that God
condemns stealing. A curse upon the one who lives on looted property. Those
goods will stand as a witness against him/her.
We remember how our people welcomed
our soldiers and people who went south and came back with lots of looted goods
from our brothers in the south. I saw myself how people prospered overnight due
to looting. Do you think that God can be happy about that. All these things are
the cause of our problems now.
But God says in the psalm 50: If you
repent from your sins and start a new life, your sins though may be red as
crimson will become white as wool. God can remove this curse that is upon us if
we only reject all those things of the past and start doing the things that God
wants from us in Christ. Let us therefore ask his forgiveness and recommit
ourselves to God. 2Chron 14:10
Come to our help, Lord Our God.
The Canon Opwonya summarised in a
prayer for forgiveness the reflections put above. He also added that those
killings perpetrated by Ugandan
Soldiers during the two World Wars are also adding to our curse. There is a
monument in Gulu called World War II Memorial, in Pece. We should therefore ask
God our forgiveness and we should reconcile ourselves with people of other
tribes as well so that Peace may return.
Mr. Lutara reflected on Peace is a
gift from God. It comes from Him to us if we repent from our sins.
Se i protestanti sanno parlare non
posso dire che sappiano altrettanto pregare. Mi viene in mente quando
Gesù raccomandava di non pregare come fanno i pagani che moltiplicano le
parole e non la finiscono più...
Un altro reverendo anziano ha
incominciato ad elencare le colpe degli Acholi incominciando da quando sono
arrivati i primi missionari e continuando fino ai giorni nostri: mentre il
comandamento del Signore e’ di non commettere adulterio, ora lo hanno
cambiato predicando di usare il condom.
Anche i Musulmani hanno fatto una
preghiera ad Allah citando due sure del Corano:
(Surah 1 Fathihah 1-7 e Surah 2 Al Bakra 155-157).
Surah 1 Fathihah 1-7
1. Nel nome di Allah, il
Benedicente, il Misericordioso.
2. Date lode ad Allah Signore dei
mondi.
3. Il Benefico, il Misericordioso.
4. Padrone del giorno del giudizio.
5. Tu solo noi veneriamo, a Te solo
domandiamo aiuto.
6. Mostraci il giusto sentiero.
7. Il sentiero di quelli che tu hai
favorito; non il sentiero di quelli che meritano la tua ira e neanche di quelli
che si perdono.
Surah 2 Bakra
155-157
155. Sicuramente vi proveremo con la
paura e con la fame, con la
perdita della vostra salute e della vostra vita e dei vostri raccolti. Ma siate
ugualmente contenti e risoluti nel rendere lode a Lui.
156. Chi dice, quando la sfortuna lo
colpisce: Noi siamo di Allah e a lui ritorneremo.
157. Questi saranno coloro che
riceveranno benedizioni dal Signore a Misericordia. Questi saranno rettamente
guidati.
Hanno concluso dicendo che quello
che stiamo passando non è altro che una prova mandata da Allah per mettere
alla prova la nostra fedeltà, e ci premierà dandoci di nuovo la
prosperità, se accettiamo con rassegnazione questa prova.
Non hanno aggiunto altro.
Il Master of Cerimony e
l'organizzatore di tutto era il nostro Padre Ramon. A noi, su invito del Cardinale
Wamala Arcivescovo di Kampala, si sono uniti nella preghiera e nel digiuno
tutti i cristiani di Uganda. La preghiera, iniziata alle undici, è
finita alle tre e mezza, dopo quasi cinque ore, ma non si è sentita la
stanchezza, anche se eravamo tutti a digiuno.
Lunedì 4 Novembre 1996. E’ una bellissima giornata:
ha piovuto quasi tutta notte, e l'aria e’ tersa. In novembre dovrebbe
già essere incominciata la stagione secca e queste piogge che si
protraggono sono fuori della norma. Anche se portano degli inconvenienti e
forse anche qualche polmonite ai rifugiati che devono dormire bagnati, almeno
aiutano a lavare i cortili dall'orina e dagli escrementi che purtroppo con
tanta gente sono inevitabili. Spero che quando avrò completato la
quarantina di gabinetti a perdere che sto costruendo anche questo problema, in
parte, si risolva. Lavando l’aria, i temporali aiutano anche a frenare la
propagazione della meningite, che ha già incominciato a fare le sue
vittime. Speriamo che le autorità sanitarie procurino al piu’
presto i vaccini, perchè se scoppiasse un'epidemia con assembramenti di
queste dimensioni la situazione diventerebbe tragica.
Oggi Uganda e Sudan dovrebbero
firmare gli accordi per normalizzare i loro rapporti - tutt’altro che
pacifici, da quando, verso la fine di aprile dell'anno scorso, hanno rotto le
relazioni diplomatiche, ed e’ stata chiusa l'ambasciata sudanese a
Kampala, accusata di aiutare i ribelli di Kony. L’accordo dovrebbe essere
firmato a Teheran, alla presenza del presidente iraniano Rafsanjani.
Sempre oggi, ho saputo che i nostri
soldati sono entrati in Sudan a caccia dei ribelli di Kony. Non so se questo
sia stato fatto col permesso di Khartoum o se si tratti di una vera e propria
provocazione perchè il Sudan dichiari guerra all'Uganda. Quel che
e’ certo e’ che anche l'Eritrea è sconfinata in Sudan con
truppe e carriarmati.
Anche nel 1986, mentre Tito Okello e
Museveni firmavano i trattati di pace a Nairobi, gli uomini di Museveni approfittarono del cessate il fuoco
per prendere Kampala e il potere. Speriamo che la preghiera e il digiuno che
abbiamo fatto ieri ci ottengano il miracolo della pace e che i trattati firmati
oggi siano sinceri.
Brown, che
è diventato il capo-operazioni qui a Lacor, mi ha detto che questa sera
ha fatto venire un Mamba per sicurezza, perchè ha sentito dai suoi
informatori che i ribelli puntano ad effettuare rapimenti nei luoghi in cui la
gente si rifugia per la notte. L'ospedale e tutte le nostre istituzioni sono
quindi possibili obiettivi. Altre autoblindo pattugliano la strada del
seminario e quella di Laiby.
Oggi ci sono
stati i funerali di Suor Rina, una santa suora delle Immacolate Sister. Aveva
un cancro al seno ed è morta dopo due anni di malattia sopportata con
rassegnazione e senza mai lamentarsi. Aveva sessantacinque anni. Ha presieduto
il funerale il Vescovo stesso, perchè venivano dallo stesso villaggio di
Ladonga, dove abbiamo la nostra missione, e dove Padre Sartori, alla fine degli
anni quaranta, ha costruito la basilica dedicata alla Madonna mediatrice di
tutte le grazie e sultana d'Africa. Il vescovo ha raccontato che suor Rina,
dopo essere diventata maestra, ha deciso di farsi suora, ma sua mamma, donna
molto energica, non ne voleva sapere. La ragazza allora scappo’ di casa e
si rifugio’ dalle suore comboniane.
La mamma non si arrese, e denuncio’ le suore per aver stregato sua
figlia e le accuso’ di tenerla prigioniera nella loro casa. La Corte
diede ragione alla ragazza perchè – secondo la sentenza del
giudice inglese - a ventun’anni questa era in grado di decidere
autonomamente.
Suor Rina -
testimoniavano le sue consorelle - è stata sempre esemplare in tutto e
ha dedicato la sua vita all'educazione della gioventù. Aveva sempre il
sorriso sulle labbra anche quando era sopraffatta dal dolore.
Mercoledì
6 Novembre 1996 Ieri
la giornata è passata tranquilla, anche se si e’ saputo che i
ribelli hanno bruciato le capanne a Kandini nella zona dei Lango, sulla strada
di Kampala, vicino al ponte sul Nilo. Sono arrivati verso le sei e mezza del mattino,
quando era già chiaro, e hanno dato fuoco alle capanne di paglia. I
militari del vicino accampamento sono scappati, e lo stesso hanno fatto i
poliziotti incaricati di proteggere il piccolo centro. I ribelli si sono poi
ritirati senza fare altri danni ne’ saccheggiare le botteghe.
Questa sera
abbiamo assistito a qualcosa che sembrava uno spettacolo di fuochi di
artificio. Dalle caserme sparavano dei bengala che illuminavano tutta la zona,
e poi altri razzi, anch'essi luminosi, nella stessa direzione, come se
volessero simulare un attacco notturno. Lo spettacolo è durato quasi
un'ora. Qualcuno ha detto che si festeggiava la vittoria di Clinton.
Giovedì
7 Novembre 1996 I
fuochi di artificio di ieri non erano propriamente esercitazioni - come pensavamo
noi - ma una vera battaglia notturna, con l'ausilio di razzi traccianti. Un
grosso gruppo di ribelli stava passando nella zona di Keyo, poco distante da
noi.
Anche a Cwero
i ribelli hanno bruciato molte case e fatto almeno una decina di vittime. Una donna
arrivata dal luogo del massacro mi ha detto che suo figlio si è salvato
perchè ha chiesto ai ribelli di permettergli, prima di ucciderlo, di
pregare e mettersi a posto l'anima. I ribelli hanno accettato; fortunatamente,
nel frattempo, hanno sentito i colpi sparati dall'esercito in arrivo e sono
scappati senza ucciderlo. La
stessa donna mi diceva che tra i ribelli c'erano alcuni con dei tatuaggi tipici
delle tribù del Sudan e altri vestiti come gli arabi, con la giarabia.
Da Opit,
questa sera, Padre Ponziano ci diceva che avevano ricoverato in dispensario una
decina di giovani feriti, a cui i ribelli avevano tagliato un piede, e che
domani cerchera’ di portali qui a Lacor.
Un gruppo di
notabili di Gulu oggi ha voluto spiegazioni su quello che i militari vanno
dicendo in giro per le scuole, allarmando la gente. Hanno chiesto a Salim Saleh
se la situazione sia veramente così critica come la si descrive - che
tutti, cioe’, devono prepararsi i propri rifugi anti aerei e munirsi di
tappi di cotone per orecchie e naso; e se non convenga - stando cosi’ le
cose - far evacuare tutti i funzionari governativi che non siano acholi e tutta
l'altra gente in pericolo. Sembra che Salim Saleh abbia negato di aver diffuso
allarmi del genere, ma l'esito dell’incontro non e’ ancora noto.
Il numero di
persone entrate in ospedale per la notte era cinquemila trecentocinquanta.
Credo che il calo sia dovuto al lungo temporale che ieri sera ha impedito alla
gente di raggiungere l’ospedale. Intanto io sono preso dalla preparazione
di nuove tende e dalla costruzione di una quarantina almeno di gabinetti di
emergenza. Fare i lavori in questo periodo non è facile perchè
materiali da costruzione come mattoni, sabbia, e sassi non si trovano
più nei dintorni, e lontano non è prudente andare.
Oggi è
arrivato da Kocioa, con l'aereo, Padre Matevi, ancora con una tremenda malaria
resistente. La sua comunità dorme ancora in capanne di paglia e non usa
neanche le zanzariere; nessuna meraviglia, quindi, se ogni quindici giorni
prende la malaria. E' arrivato più morto che vivo, molto disidratato e
con trentanove di febbre. Anche questa volta gli hanno dato la medicina
cinese.
Venerdì
8 Novembre 1996. Alle
quattro del pomeriggio, con la macchina della missione, hanno portato da Opit
quattro degli uomini a cui i ribelli avevano tagliato un piede. Hanno
raccontato che erano in un villaggio chiamato Latin Onyee, nella zona di
Lalogi, seduti a discutere e a bere, quando sono stati circondati da un gruppo
di ribelli che, in un primo tempo, avevano scambiato per governativi. I ribelli
hanno individuato i proprietari delle biciclette e, portatili sulla strada
principale, hanno tagliato loro un piede ciascuno, con una scure; dicevano di
aver vietato di viaggiare in macchina e in bicicletta, e che tutti coloro che
non rispetteranno i loro ordini faranno la stessa fine. Gli esecutori erano
ragazzi di quattordici o quindici anni.
Padre
Ponziano ci ha fatto sapere che la macchina che ha portato i feriti è
ritornata a Opit senza problemi. Degli altri cinque che hanno avuto tagliato il
piede non si sa niente e si pensa che siano morti dissanguati.
Padre Mattevi
è sfebbrato, ma stenta a bere e non ha ancora voglia di mangiare.
Sabato 9
Novembre 1996 Oggi
ci ha fatto visita il Colonnello Kazini, che accompagnava una troupe televisiva
norvegese che intendeva effettuare delle riprese sulle vittime delle mine e
delle amputazioni. Durante il giro per i reparti, un soldato, con una brutta
frattura al braccio, che avrebbe dovuto essere operato in questi giorni, ha
osato lamentarsi con Kazini per il fatto che i soldati ricoverati in ospedale
vengono dimenticati e che non hanno neanche i soldi per comperarsi il sapone.
Kazini, senza neanche discutere, e di fronte alla troupe, ha dato ordine di
arrestarlo e portarlo alle baracche. A nulla sono valse le proteste del Dr.
Matthew. Il poveretto è stato caricato su una camionetta e portato alle
baracche.
Anche Brown
mi ha mandato a dire che ha ricevuto improvvisamente l'ordine di lasciare
l'ospedale di Lacor e di raggiungere un'altra unità, sempre a causa
delle lamentele dei ricoverati per la mancanza di sapone. Brown si sarebbe
discolpato dicendo che non stava a lui comprare il sapone se non gli venivano
dati i soldi necessari.
Da gente ben
informata ho saputo che questo Kazini si droga, che ha spesso crisi isteriche e
che il più delle volte prende decisioni avventate. Un tipo del genere
è molto pericoloso.
Questa sera
in città i militari requisivano i camion, per trasportare truppe verso
la frontiera del Sudan. Anche il camion di Laiby era stato preso, ma poi fratel
Bepi è riuscito a riaverlo.
Padre Matevi
sta già meglio ed ha incominciato a prendere qualche cucchiaio di brodo,
ma è ancora disidratato.
Domenica
10 Novembre 1996 Hanno
portato da Aber Padre Bruno quasi in coma. Ha ancora una brutta malaria. Padre
Andres, che lo ha accompagnato, ha raccontato che la notte scorsa Padre Bruno
aveva perso i sensi. Pensavano che morisse da un momento all’altro e gli
hanno somministrato i sacramenti. Qui, dopo il test per la malaria, risultato
positivo, il Dr. Matthew gli ha fatto una flebo di due litri di soluzione
organica e gli ha dato la medicina cinese. Sta già meglio.
Ore 8.30
PM I militari hanno
appena portato dieci feriti. Venivano da Kitgum e sembra siano stati feriti al confine col Sudan, nella zona
di Palabek. Il Dr. Bonini e il Dr. Martin sono in sala operatoria e ne avranno
per parecchio tempo, perchè cinque dei feriti sono gravi: uno ha la
parte sinistra del corpo paralizzata per una pallottola che gli ha sfiorato il
cervello, due sono stati colpiti al torace e altri due all'addome. Gli altri
sono stati feriti agli arti e si puo’ aspettare domani per operarli.
Il fatto
è capitato ancora venerdì, quando almeno duecento nuovi ribelli
sono entrati dal Sudan. Pare che questi siano bene armati e vogliano portare
rinforzi e munizioni ai ribelli rimasti nella nostra zona di Gulu.
Lunedì 11 Novembre 1996 Questa mattina ho assistito
all'esodo della gente. Per una buona mezz'ora una fiumana ininterrotta di persone
usciva dal cancello con i propri miseri fagotti in testa. Le mamme fanno
veramente compassione, con un
bambino in braccio, uno legato sulla schiena e uno tenuto per mano; e, in
più, un fagotto e una stuoia di papiro in testa. E' una cosa
impressionante: non accenna a diminuire e non si ha idea di quanto debba
durare.
Il pilota di
un Antonov polacco, atterrato ieri sera a Gulu per portare non so cosa,
è venuto in ospedale per caricare le batterie del suo aereo, che
altrimenti non sarebbe potuto ripartire. Le caserme infatti non hanno neanche
un carica-batterie.
Il giornale
di oggi dice che gli Stati Uniti hanno promesso all'Uganda equipaggiamento
militare del valore di 20 milioni di dollari per far fronte all'invasione
islamica sudanese. Oltre all'Uganda gli Stati Uniti aiuteranno, per la stessa
ragione, anche Etiopia ed Eritrea. Sullo stesso giornale era scritto che
l'Uganda nega di aver firmato gli accordi di pace a Teheran.
Secondo il
pilota polacco, l'esercito Ugandese avrebbe armi adatte a respingere qualsiasi
attacco aereo dal Sudan.
Domani su
tutto il territorio Ugandese incominceranno gli esami di settima elementare.
Speriamo che i ribelli non disturbino.
Questo
pomeriggio, all'una e mezza, tra Boby e Palenga, hanno sparato a un bus
proveniente da Kampala. Non ci sono stati nè morti nè feriti,
perchè l’autista ha proseguito veloce. Solo la carrozzeria
è stata bucata in varie parti. Sul bus c'era anche un nostro
tirocinante, Michael, che, quando, mesi fa, hanno incominciato a sparare, non
se l’e’ sentita di rimanere da noi ed è andato a completare
il tirocinio a Mulago. Veniva a Gulu per avere il certificato del periodo
passato a Lacor. Ha raccontato di essersi buttato subito a terra sotto il
sedile, con le pallottole che fischiavano sopra di lui. Un ribelle si è
piazzato in mezzo alla strada, puntando un RPG contro il mezzo, ma
l’autista gli si è diretto contro, facendolo scappare. Poche
centinaia di metri prima avevano incontrato una pattuglia di soldati
governativi, e c’erano quindi molti dubbi su chi avesse realmente
effettuato l’imboscata.
Il dr.
Corrado Bruno era passato da quello stesso posto, verso le 12.30 PM, diretto a
Kampala.
Martedì
12 Novembre 1996. Alle
tre del pomeriggio, sempre nella zona di Boby e Palenga, hanno bruciato un camioncino
proveniente da Kampala, pieno di roba. L’autista si è accorto in
tempo della presenza dei ribelli, e così i passeggeri hanno fatto in
tempo ad abbandonare roba e camion e a scappare. I ribelli hanno ripulito il
camion e poi l'hanno bruciato. Non ci sono state vittime. Le nostre suore di
Lira e Padre Pisoni erano passati verso mezzogiorno in quello stesso punto,
diretti a Gulu. Un giorno o l'altro avremo da aggiungere alla lista dei martiri
comboniani qualche altro nome. Morire martire è una grazia speciale che
Dio concede a chi vuole, non a chi
la merita.
Abbiamo
saputo che si sta combattendo nella zona di Awac. Questo significa che le nuove
truppe entrate dal Sudan sono riuscite a passare il Fiume Achwa e sono
già nella nostra zona, a dispetto delle dichiarazioni di Salim Saleh e
di Kazini.
Mercoledì
13 Novembre 1996, ore 1.00 PM. Cominciano ad arrivare i feriti della battaglia di ieri avvenuta
ad Awac. Un soldato è morto subito dopo il suo arrivo in ospedale. Una
donna, ferita con due dei suoi bambini, mi ha raccontato che ieri, verso le sei
del pomeriggio, ribelli e governativi si sono incontrati quasi per caso ed
e’ scoppiata la battaglia. Lei si e’ nascosta nell'erba alta, coi
bambini. Presa tra due fuochi, e’ rimasta ferita; anche il figlio piu’
piccolo e’ stato colpito. Sono rimasti nascosti tutta la notte. La
mattina, durante un rastrellamento, i militari li hanno trovati. Li hanno
scambiati per ribelli e hanno sparato, colpendo il bambino più grande
alle gambe e a un braccio. Accortisi dell’errore, hanno soccorso lei e i
bambini, trasportandoli alle baracche di Gulu con l'elicottero. Sullo stesso
elicottero - secondo la donna - c'erano almeno undici corpi di soldati morti, mentre molti altri erano feriti.
Al nostro ospedale hanno portato solo quel soldato che poi è morto e la
donna coi due suoi bambini.
Pare che, di
due carriarmati che si dirigevano verso Awac, uno sia saltato su una mina,
mentre l'altro sarebbe caduto nel fiume Unyama.
Dopo i due
incidenti di ieri e avantieri sulla strada per Kampala, oggi sono ripresi i
convogli.
Le persone
venute a dormire in ospedale sono calate di numero: quattromila novecento
ottanta. Forse, per la relativa calma di questa ultima settimana.
Non sappiamo
come andra’ a finire con i nuovi entrati dal Sudan, che sembrano ben
forniti anche di mine.
Domani
porterò Fratel Bazzanella e Padre Matevi a Kampala. Partiranno per
l'Italia, e per Fratel Bazzanella vedranno se si possa fare qualcosa in
più per la paralisi, il mal di stomaco e la continua stanchezza.
Domenica
17 novembre 1996 Oggi
sono ritornato da Kampala, e la capitale mi ha dato l'impressione di una
città in pieno sviluppo, con tantissime costruzioni nuove e tante altre
in fase di ristrutturazione. C’e’ un gran numero di negozi e di
supermercati nuovi, forniti di tutto. Molte industrie automobilistiche, come
Toyota, Volvo, Mercedes e tante altre, stanno aprendo le loro filiali. E' una
città lontana mille miglia dai nostri problemi, dalla nostra tragedia e
dall'olocausto del nostro popolo acholi. La guerra del Nord non la sfiora
minimamente. Neanche all'estero se ne parla mai. Secondo Padre Agostoni, la
ragione di questa contraddizione va cercata nel fatto che la Banca Mondiale
vuole che, in Africa, Uganda e Ghana appaiano come esempi di sviluppo,
prosperità e stabilità economica, capaci di richiamare capitali
dall'estero per investimenti sicuri.
Venerdì
scorso, all'aeroporto di Entebbe, quando ho portato Fratel Bazzanella, che
partiva per l'Italia, ho visto un gruppo di militari americani. Si dice che
siano venuti a studiare la possibilità di un intervento umanitario in
favore degli hutu in fuga o intrappolati nello Zaire. La verita’ e’
che le grandi potenze si sono già divise la regione dei Grandi Laghi e
lo Zaire con le sue miniere ricche di oro e di diamanti, usando come pretesto
il dramma di hutu e tutsi e cercando camuffare l’intervento da missione
umanitaria.
Mercoledì
scorso è ritornato dall'Italia anche il dr. Piero e ci ha portato le
castagne come usava sempre fare la Lucille quando rientrava in autunno. Qui in ospedale non ho trovato
novità da segnalare. Nei dintorni dell'ospedale non è successo
niente di nuovo. La gente che viene qui a dormire è diminuita, ma si
tratta sempre di oltre quattromila persone.
A Kampala mi
hanno raccontato la storia dell'agguato avvenuto sulla strada del parco, vicino
a Pakwac, in cui il 16 ottobre è rimasto ucciso con altre diciannove
persone il direttore della Scuola Magistrale di Ladonga, papà della
nostra allieva infermiera Pasca. All'agguato e’ riuscito a sfuggire un
poliziotto della stazione di polizia di Pakwac. Pochi giorni dopo, mentre era
al mercato di Pakwac, ha riconosciuto un tale vestito da militare che era nel
gruppo che ha effettuato l'agguato. Poliziotti e militari hanno arrestato
l’uomo e l’hanno costretto a parlare. Ha confessato che il colpo
era stato organizzato da alcuni militari delle caserme di Pakwac, e che si
erano divisi il bottino (nelle sole caserme sono effettivamente riusciti a
ricuperare ancora sette milioni e ottocentomila scellini). Avrebbe confessato
anche che hanno ucciso quelle diciannove persone perchè erano stati
riconosciuti e non volevano lasciare testimoni. I giornali non hanno mai
parlato di questo fatto e nessuno sa cosa sia avvenuto dei militari coinvolti
nella faccenda.
Martedì 19 novembre 1996 Le persone venute a dormire in ospedale sono state
quattromila trecentottanta. Il numero sta diminuendo perchè i ribelli
sono lontani da noi e anche perchè da una settimana non piove e tutti
-specialmente gli uomini - preferiscono trovarsi un nascondiglio vicino a casa
piuttosto che dormire in ospedale pigiati come sardine.
Ad Anagura,
sulla strada di Kitgum, vicino ad Attanga, a 45 Km. da Kitgum, venerdì
scorso c'e' stata una violenta battaglia, in cui almeno settanta soldati
sarebbero rimasti uccisi. Anche i ribelli hanno subito delle perdite: i morti
sarebbero stati sedici. L'agguato sarebbe stato fatto dai cinquecento ribelli
entrati di recente dal Sudan e capeggiati da un certo George Omona, che sembra
avere preso il posto di quel macellaio di Otti Lagony, rimasto ferito tempo fa
in uno scontro. Non ho ancora i particolari.
Questa sera
hanno portato altri undici soldati feriti. Vengono da Koc Goma; verso
mezzogiorno sono stati assaliti mentre inseguivano un gruppo di ribelli che
venerdi' scorso aveva rapito alcuni studenti in una scuola tecnica di Acaba,
nel distretto di Apac. Sembra che quasi tutti gli studenti durante la
sparatoria siano riusciti a scappare. Il prof. Bonini ha detto che solo un paio
dei feriti erano da operare subito; gli altri potevano aspettare domani. Uno
era stato colpito di striscio alla fronte: la pallottola aveva prodotto un
profondo solco, fratturandogli la scatola cranica, ma senza ledere il cervello.
Un altro era stato colpito di striscio al torace, senza conseguenze,
però, per cuore e polmoni. Altri ventuno feriti sarebbero stati curati
nelle baracche e solo uno sarebbe morto.
Padre Pifer
ci informa che la notte scorsa hanno attaccato il centro di Anaka e la gente
ora dorme tutta all'aperto, nell'erba.
Mercoledì
20 Novembre 1996 Oggi
è arrivato Padre Ponziano, da Opit, con suor Dorothy, del dispensario.
Padre Paolo
dice che i ribelli sono molto vicini alla missione. La gente è piena di
paura e gremisce la chiesa e le altre sale della parrocchia: in tutto, mille
ottocento persone. Gli sono arrivati anche alcuni con le gambe maciullate, ma
non c'erano mezzi per portarli da noi in ospedale, dato che la macchina l'ha
presa Padre Ponziano, oggi ancora a Gulu.
Da Awac
è arrivato un uomo piuttosto anziano cui i ribelli hanno tagliato una
gamba per averlo sorpreso in bicicletta. Lui stesso mi ha raccontato il fatto.
I ribelli lo hanno preso e hanno obbligato una donna, che si trovava in un
campo vicino, minacciando di ucciderla, a strappare a morsi la gamba di questo
disgraziato. Essendo inutili i tentativi della donna, le hanno dato in mano una
scure, con cui ha dovuto completare il lavoro.
Anche i
militari ci hanno portato un ferito, da Kitgum, cui si e' dovuta amputare una
gamba. L'arto era in pessime condizioni da tre giorni e già puzzava.
Bonini mi ha
raccontato che un soldato, suo paziente, a cui aveva dovuto costruire un ano
artificiale temporaneo, quando gia' cominciava a star meglio, una notte, fuori
di se', si è messo a urlare dicendo che non poteva andare avanti
così e se l'è strappato, provocando un'emorragia che l'ha fatto
morire in pochi minuti.
Giovedì
21 Novembre 1996 Sono
rimasto meravigliato questa mattina a vedere tutte le quattro sale operatorie
in funzione. Mi avevano chiamato
per aggiustare una autoclave. Stava operando anche il nostro chirurgo
maxilofacciale Komakec: aggiustava le mascelle a pezzi dei militari feriti
arrivati l'altro ieri.
I militari
oggi hanno portato ancora un ferito; una pallottola gli ha squarciato
completamente la pancia, e aveva le budella di fuori, sebbene illese. Anche
questo era in giro da tre giorni e veniva da Kitgum.
Padre
Ponziano è ritornato alla sua missione, ma appena arrivato a Opit e'
dovuto ripartire subito e ci ha portato i quattro che erano stati feriti a
Lalogi l'altro ieri. Tre uomini sono stati pestati di santa ragione dai
ribelli, mentre una povera donna incinta di sei mesi e madre di sei figli
è saltata su una mina rimettendoci
una gamba - e l'altra non sanno ancora se riusciranno a salvargliela.
Pare che i ribelli, che hanno attaccato anche il distaccamento militare, siano
gli stessi che venerdì
scorso avevano attaccato Anagura. Nello scontro di Lalogi sono morti nove
ribelli e altri sono rimasti feriti - tra questi, anche il loro capo, Omona.
La donna
è messa male e la sua gamba sta andando in cancrena.
Padre
Ponziano ha detto che i ribelli questa mattina hanno ripulito le botteghe del
centro di Opit; i militari, a poche centinaia di metri da li', non si sono
neanche scomposti.
Il New Vision
di oggi dice che le ragazze sequestrate dai ribelli la notte del 10 Ottobre dal collegio delle nostre suore
di Aboke sono ancora in Uganda, nascoste in qualche loro campo. Dicono che il
piano è di portarle in Sudan da Kony, ma che non ci sono ancora
riusciti. Mentre di solito i vari comandanti si contendono come mogli le
ragazze rapite, queste di Aboke vengono trattate in modo speciale e non vengono
toccate, perché considerate proprietà di Joseph Kony. Una ragazza
che è riuscita a scappare raccontava che i ribelli dicono che una volta
arrivati al potere, a Kampala, metteranno da parte tutte queste mogli e
sposeranno altre donne.
Il giornale
riportava anche un'intervista col Chief of Staff, Brigadiere Chefe Ali, che
è stato comandante delle baracche di Gulu per quattro anni. Alla domanda
sul perche' Museveni non riuscisse a concludere la guerra qui tra gli Acholi ha
risposto che la colpa era da dare alla scarsa organizzazione delle truppe e, in
particolare, ai soldati che non eseguivano gli ordini dei loro comandanti.
Richiesto poi di un commento sulle accuse che certuni fanno - ossia del piano
segreto del Governo di eliminare gli Acholi, ritenuti possibili rivali del
potere -, Chefe Ali si è offeso e scaldato, negando nel modo più
assoluto l'esistenza di un piano del genere e di un odio da parte dell'esercito
nei confronti degli Acholi. Ha detto che loro vogliono solo un Uganda migliore,
in cui tutti si sentano come fratelli. Ha aggiunto che tra le cause della mancata
conclusione della guerriglia ci sono le difficolta' logistiche che incontrano
gli stessi amministratori civili acholi per via del territorio vasto e
scarsamente abitato e della completa mancanza di strade. Tuttavia - ha concluso
- con la riorganizzazione dell'esercito in atto e la presenza di ufficiali
esperti come il presidente Museveni e il Maj. General Salim Saleh la fine della
guerra tra gli acholi dovrebbe essere a portata di mano.
Venerdì
22 Novembre 1996 Oggi
anche Padre Bruno, ormai guarito e ristabilito dalla sua malaria, è
ritornato alla missione di Aber. Presto pero' partirà per l' Italia per
subire un'operazione alla prostata.
Questa sera
mi sento addosso la malaria. La luna è quasi piena e la notte è
molto chiara. Penso che da febbraio questo e' il primo periodo di luna piena
senza spari, attacchi o incendi di capanne. I ribelli sono lontani da noi e
forse non hanno ricevuto i rifornimenti dal Sudan. E' un pezzo che non si sente
parlare di Lagony Otti. Forse è veramente ferito, e il suo gruppo che
agiva nel nostro territorio si è disperso. Forse il Sudan, con lo
scoppio della guerra in Zaire, e' stato distratto e' ha preferito mandare armi
e uomini da quelle parti. Forse la preghiera e il digiuno per la pace del 3
novembre stanno portando i loro frutti. Fatto sta che Gulu e dintorni da un
mese sono in pace.
Sabato 23
Novembre 1996 Oggi mi sono arrivate da Lira le orfanelle cieche che
studiano alla scuola per ciechi tenuta dalle suore Mary Immacolate. Mi hanno
detto che per paura dei ribelli la scuola e' stata chiusa prima del tempo.
Sembra che in questi tempi i ribelli di Kony preferiscano disturbare la
tribù Lango. Forse perchè si sono accorti che continuando a
compiere misfatti e massacri tra gli acholi - nella propria terra, tra la propria
gente - non riescono ad avere l'opinione pubblica dalla loro parte, e
convincono sempre più il resto dell'Uganda della pazzia di Kony e dei
suoi seguaci e del fatto che questa faccenda vada giudicata come un affare
privato degli acholi.
La malaria forse
mi è passata. La notte scorsa avevo 38 di febbre e non ho dormito
neanche un po'. L'ho curata con la clorochina.
Padre Pifer,
da Anaka, dice che la gente, quando si avvicina la sera, vive nell'angoscia e
nel terrore. Ci informa che questa mattina, vicino a Koc Goma, i ribelli hanno
fatto una strage. Una ottantina di soldati in pattuglia sono stati colti di
sorpresa in un agguato e fatti fuori tutti, eccetto di due che sono riusciti a
scappare.
Domenica
24 Novembre, Festa di Cristo Re. Suor Manfreda, questa mattina, mentre si apprestava ad
accendere il fuoco per fare la colazione, ha notato vicino alla stufa a legna
una bomba a mano. Spaventatissima, mi ha mandato subito a chiamare. Si trattava
di una bomba a mano con manico di legno, come quelle usate dai tedeschi
nell'ultima guerra mondiale, dimenticata o persa da un poliziotto di guardia,
che invece della guardia era andato a cercarsi un posticino dove dormire in
pace al calduccio della stufa. Ho fatto chiamare subito il loro capo
raccomandandogli di ammonire severamente i suoi poliziotti, perchè con
tutti i bambini rifugiati che dormono in ogni buco e sotto le nostre tettoie
giocattoli di questo genere possono diventare fatali.
Oggi a
mezzogiorno hanno portato su, dalla missione di Aber, Padre Andres, giovane
prete comboniano messicano. Da una settimana ha la febbre alta, anche se ha
fatto il trattamento contro la malaria. Forse si tratta di una forma
resistente, e avrà bisogno anche lui della medicina cinese. Dopo il
consulto medico del dottor Corti e del professor Bonini la diagnosi era di
sospetta appendicite acuta, ma dopo una ecografia hanno scoperto che si
trattava di un ascesso al fegato, causato dall'ameba, che si prende normalmente
mangiando verdure crude non lavate a dovere - con l'amuchina, possibilmente.
Lunedì
25 Novembre 1996 Oggi
c'era a Gulu anche Kagame presidente del Rwanda. Anni fa era a Gulu come capo
dei servizi segreti dell'esercito. L'elicottero militare, con grosse bombe sui
fianchi, ha continuato a girare nelle vicinanze dell'ospedale. Secondo alcuni
il motivo e' che i ribelli sono vicini; secondo altri erano in corso
rilevamenti fotografici. Io credo invece che Museveni abbia portato in giro
Kagame per fargli rivedere dopo qualche anno posti familiari. Comunque sia, il
risultato e' che stasera la quanita' di persone entrate a dormire è
sensibilmente aumentata.
Padre Andres
comincia a stare meglio dopo aver incominciato il trattamento contro l'ameba
con il Flagil.
Martedì
26 novembre 1996 Oggi
abbiamo avuto la visita del British High Commissioner in Uganda, Edward Clay,
con sua moglie Anne. Il dr. Corti, il dr. Matthew e il dr. Corrado l'hanno
accompagnato a visitare l'ospedale e le vittime della guerriglia, sfigurate
dalle mine e dai sistemi di punizione usati dai ribelli. E' venuto a Gulu come
Guest of Honor, per la celebrazione della festa di Cristo Re, a cui è
dedicato il Collegio Magistrale delle suore Mary Immacolate. Durante il suo
discorso, davanti a una gran folla, ha avuto parole di fuoco per i ribelli di
Kony, specialmente la pratica di sequestrare le ragazze e l'uso indiscriminato
delle mine antiuomo. Tutte cose - ha aggiunto - che sono conto i diritti
umani. Ha anche approfittato
per far conoscere l'impegno che la Gran Bretagna mantiene con l'Uganda riguardo
agli aiuti in vari campi - inclusa l'istruzione scolastica. A Gulu ha
incontrato anche Museveni e il vice presidente del Rwanda, Paul Kagame.
Lasciando l'ospedale, ci ha lasciato un assegno di sette mila dollari come
contributo per la costruzione di case per le nostre caposala. Meglio che
niente, anche se aspettavamo qualcosa in più.
Padre
Varesco, da Aber, mentre mi chiedeva delle condizioni di Padre Andres, ci ha
comunicato che la notte scorsa i ribelli hanno attaccato l'ospedale della
missione ed hanno ucciso un poliziotto di guardia che era li' di guardia. Tutta
la gente - compreso Padre Varesco - si è rifugiata a dormire all'aperto,
nell'erba.
Mercoledì
27 Novembre 1996 Stanotte,
alle due e un quarto, siamo stati svegliati da forti colpi sparati appena fuori
dall'ospedale. Erano i ribelli e sono arrivati fino al mercato dove c'è
un club di bevitori. Un bambino di neanche due anni è stato ferito
all'addome da una pallottola passata attraverso i muri della capanna in cui
dormiva con la madre. Portato solo alle sei di questa mattina in ospedale
(benche' questo disti poche centinaia di metri dalla capanna), è morto
subito dopo il suo arrivo.
Un colpo di
mortaio è cascato vicino alla cappella delle nostre suore, a dieci
centimetri dal marciapiede della veranda. Ai primi colpi le suore si sono
radunate in chiesa a pregare. Il colpo di mortaio si è piantato nel
terreno senza esplodere. Se fosse scoppiato avrebbe potuto rompere i vetri
della cappella e senz'altro ferire le suore. Per me sono veri miracoli, dovuti
alla protezione della Madonna, che tutte le sere la gente rifugiata prega col
rosario, e anche di Lucille, che riposa nella tomba a una decina di metri di
distanza.
Un altro
ragazzo è stato ucciso a Kati Kati. I ribelli sono piombati nella sua
capanna e, dopo averlo fatto uscire, volevano obbligarlo ad uccidere sua madre.
Ha risposto che preferiva morire lui. Allora lo hanno preso, gli hanno legato
le mani dietro la schiena e gli hanno sparato un colpo in fronte. Era uno
studente di Senior 3 - corrispondente al nostro primo liceo.
Stavano anche
per saccheggiare una bottega che vende medicine, ma l'intervento tempestivo di
un'autoblindo e di un carroarmato giunti quasi subito dalle baracche ha
disperso i ribelli e impedito che facessero altri guai.
Autoblindo e
carroarmato non venivano a salvare noi ma andavano a recuperare un mezzo
blindato, proveniente da Atiak, che ieri sera aveva scortato un convoglio di
cibo per i rifugiati Sudanesi; arrivato però a Seven Corner, a cinque
chilometri da noi, è saltato su una mina. Stamattina ho visto il mezzo
recuperato dal carro-attrezzi militare, e da come era conciato dubito che i
suoi passeggeri si siano salvati.
Dopo quasi un
mese di relativa pace alcuni - specialmente uomini - avevano ricominciato a
dormire nei propri villaggi. Dopo questo incidente, questa sera, avremo ancora
il pienone, come nelle settimane scorse.
Alcune
persone sostengono che ieri e' stata recapitata ai nostri militari una lettera
trovata vicino al Seminario Nazionale di Alokolum. Era dei ribelli, e c'era
scritto che sarebbero appunto venuti all'ospedale e che i militari li stessero
ad aspettare. I militari si sono messi a ridere e hanno deriso i latori della
lettera. Intanto, pero', oggi hanno fatto fagotto e se ne sono andati, lasciando
qui solo quarantacinque poliziotti pieni di paura. Si sono portati via anche un
Tenente Colonello ancora ricoverato nel reparto di rianimazione: gli era
scoppiata tra le mani una bomba lanciatagli dai ribelli, mentre cercava di
repingerla. E' rimasto cieco e ha la testa piena di schegge e le mani
gravemente ferite.
Non so
perche' se ne siano andati. Spero solo che non vogliano lasciarci alla merce'
dei ribelli. Non ci resta che
confidare nella protezione della
Madonna.
A
mezzogiorno, a Seven Corner, è saltato su una mina un camioncino che
andava a Pabo. Fortunatamente non ci sono state vittime, perché la mina
era una di quelle di piccola potenza.
Ho sentito dire che oggi altri quattro
gruppi di ribelli sono entrati nel distretto di Gulu attraversando il fiume
Aswa a Poranga. Avrebbero fatto sapere che due gruppi andranno a disturbare la
tribù Lango, mentre altri due attaccheranno Gulu (attualmente a corto di
soldati, mandati al Sud per contenere o attaccare l'esercito zairese). Quelli
della tribù Lango hanno già cominciato a mandare via gli acholi
dal loro territorio. Speriamo si limitino a questo e non facciano come gli hutu
con i tutsi, in Rwanda. Padre Paolo, ad Opit, e Padre Tarcisio, a Pajule, non
sanno dire niente al riguardo.
Giovedì
28 Novembre 1996 Come
previsto, questa mattina il numero di persone entrate ieri sera a dormire in
ospedale era cresciuto: ammontava a seimila duecento unita'. Il Presidente
Museveni è ancora a Gulu e oggi ha tenuto un discorso di due ore agli
anziani e ai leaders del distretto, nella Hall del Consiglio Distrettuale.
Tutte le botteghe di Gulu avevano la radio a tutto volume per sentire il
discorso del Presidente, trasmesso in diretta con trasmittente in modulazione
di frequenza. E' la prima volta che a Gulu si sente la radio in modulazione di
frequenza.
Museveni ha
strigliato per bene le sue truppe, e ha rimproverato loro di non prendere
abbastanza sul serio il leader del LRA, Joseph Kony, prolungando cosi' le
inutili sofferenze del popolo acholi.
Le ha accusate di dormire e di non dare sufficiente credito alle
denuncie dei civili circa la presenza dei ribelli. Ha accusato anche gli
ufficiali dell'esercito di arricchirsi grazie a questa guerra. Ha detto di
essere a Gulu per riorganizzare le truppe dell'UPDF e farla finita con Kony una
volta per tutte: "Starò qui a Gulu finché i banditi saranno
stati fatti fuori tutti" - ha dichiarato. Ha accusato anche qualche acholi
e qualche politico locale di essersi arricchiti in questa situazione di guerra e invitato a smetterla di fare
affari sulla pelle dei morti. Ha invitato ancora i ribelli e anche i loro capi
ad arrendersi e beneficiare dell'amnistia. Ha proseguito promettendo fondi per
la ripresa e lo sviluppo del Nord. Ha detto che avrebbe fatto arrivare
attrezzature dagli altri distretti per la costruzione rapida di nuove strade
che consentano di raggiungere velocemente le basi dei ribelli. Ha concluso
dicendo che la difesa dell'ospedale di Lacor e' stata riorganizzata con un
nuovo distaccamento e ha giurato che se i militari si lasceranno sconfiggere il
loro comandante sarà messo al muro.
Ogni volta
che il Presidente fa discorsi di questo genere segue un escalation della
violenza da parte dei ribelli, e la
situazione di solito precipita a scapito della gente e dei soldati.
Al
discorsodel Presidente erano presenti anche il RDC, Louis Otika, il DLC
Chairman, Stephen Lanek, e il comandante della Quarta Divisione, Col. James
Kazini.
Noi intanto
continuiamo a pregare per la pace.
Anche Padre
Carlo è venuto da Kitgum per parlare con noi e vedere se c'era la
possibilità di entrare in contatto con qualcuno dei ribelli, per
invitarli alla resa. Lui e il Padre Ramon sono stati anche da Museveni, che li
ha incoraggiati nell'iniziativa, ipotizzando addirittura un suo sostegno
finanziario a un Kony che trovi asilo in qualche altro paese. I Padri hanno
proposto che questi messaggi siano diffusi per radio, in modo che i ribelli
sparsi nella savana siano invogliati a uscire allo scoperto e a rivolgersi a
intermediari di fiducia, come le autorità civili, i preti, le suore, i
pastori o gli stessi familiari.
Venerdì
29 Novembre 1996 Padre
Paolo, da Opit, ci informa che oggi i ribelli hanno ucciso undici persone
perchè sorprese in bicicletta. Quattro sono state uccise lungo la ferrovia
che viene a Gulu; le altre sulla strada che porta in città.
Questa sera
è arrivata da Aboke anche Suor Rachele perchè ha sentito dire da
Padre Gerner, che si trova a Kitgum, che una delle loro ragazze è
riuscita a scappare. Nessuno però sa dove si trovi. E' andata cosi' a
chiedere alle baracche se sapessero qualcosa. Sarebbe voluta andare
direttamente da Museveni, che è ancora qui.
Si
tratterebbe cosi' della seconda ragazza di Aboke che riesce a fuggire. Quella
che è già a casa sua, a Lira - Eveline Sandra Akot - ha
raccontato a Suor Rachele che le ragazze sono ancora tutte in Uganda, e che,
pur avendo avuto molte occasioni di scappare, in occasione di attacchi
dell'esercito, non se la son sentite di
rischiare. Quelle che riescono a riprendere, infatti, le uccidono, come
hanno fatto con un'altra loro compagna di sventura: l'hanno fatta uccidere a
bastonate in testa dalle sue stesse compagne.
Recentemente
- ha detto Eveline - le ragazze sono state divise in due gruppi: uno capeggiato
da Otti Lagony e l'altro da Mariano Lagira, lo stesso che le ha portate via da
Aboke. I ribelli avrebbero ricevuto l'ordine da Kony di non approfittare di
loro e di non violentarle. Un ribelle che ne aveva violentato una e' stato
ucciso immediatamente. I ribelli dicono che le ragazze devono arrivare intatte
da Kony, che deve usarle per fare dei sacrifici. Non si sa cosa intendano dire.
Due ragazze
sarebbero rimaste ferite durante un attacco da parte dell'esercito ma non in
modo grave, e riescono ancora a camminare.
Sr. Rachele
intende incontrare ad ogni costo i capi dei ribelli, come Lagony o Lagira.
Secondo la suora quest'ultimo sarebbe ancora dalle parti Lalogi, vicino ad
Opit. Avrebbe avuto conferma di questo da un ragazzo sfuggito ai ribelli da
pochi giorni e incontrato oggi alle baracche di Gulu. Il ragazzo sembra
credibile, giacche' e' stato in grado di descrivere un difetto che questo
Lagira ha al labbro superiore e che lei stessa aveva notato nelle terribili ore
delle trattative per la liberazione delle ragazze.
Nessuno sa
come trovare il modo di contattare questi capi. La suora ha sentito dire che,
secondo Lagony, Mariano avrebbe fatto male a lasciare libere le altre ragazze:
avrebbe dovuto prendere i soldi e uccidere la suora.
Suor Rachele
è stata anche a Nairobi, ed ha cercato di incontrare Wanyama, portavoce
di Kony, ma non è riuscita mai a trovarlo. E' andata poi
dall'ambasciatore sudanese a Nairobi, il quale, da buon Mussulmano, è
stato molto gentile e ha negato che il Governo di Khartoum sia in combutta con
Kony. Ha assicurato che, se le ragazze arriveranno in Sudan, farà di
tutto per recuperarle e riconsegnarle a Suor Rachele.
Ho letto sul
New Vision che in Karamoja un
gruppo di anziani hanno preso parte a un rito con una lunga preghiera litanica
di maledizione contro Kony e perchè finiscano le sofferenze che Kony sta
infliggendo al popolo acholi. Ha presieduto il rito lo stregone Adwong Obia
Jorjo, sacrificando oltre settanta capre perchè gli Spiriti facciano in
modo che il capo del Lord Resistence Army venga ucciso in battaglia o
dall'Aids. Gli anziani avrebbero detto che dopo questa celebrazione la caduta
di Kony è inevitabile e che non si sorprenderebbero se venissero a
sapere, gia' prima della fine del mese, che Kony è morto. I Karamojong hanno tutto l'interesse a
che torni la pace e a che la
tribù acholi incominci di nuovo ad allevare vacche. Potrebbero
così a loro volta riprendere le razzie di bestiame, interrotte, per
mancanza di materia prima, nel lontano 1986.
Sabato 30
Novembre 1996 La ragazza
che era stata segnalata a Suor Rachele non era, in realta', una del suo gruppo.
Suor Rachele, delusa, se ne tornata ad Aboke.
Nel
pomeriggio, all'una e mezza, hanno portato un ragazzo di tredici anni, saltato
su una mina antiuomo. Io non l'ho visto, ma il Dr. Corti, che è subito
accorso, è rimasto molto impressionato. Con tutti i casi passati per
Lacor, non aveva visto ancora nessuno così orrendamente mutilato e
ridotto cosi male. Aveva tutt'e due le gambe, fino all'altezza delle cosce, a
brandelli, con tibie e femori a pezzi e senza muscoli; ferite anche all'addome
e in tutto il corpo. Le schegge gli avevano rovinato il volto, danneggiandogli
irrimediabilmente gli occhi, e anche una mano era partita. Era ormai
dissanguato e non e' servita a niente la presenza del Dr. Corti, del Prof.
Bonini e di Richard, il nostro anestesista. E' morto prima di entrare in sala operatoria. Forse è
meglio così, perchè sarebbe rimasto anche cieco.
Il fatto è successo questa mattina alle nove vicino alla scuola T.T.C. di Onyama, sulla strada di Kitgum, prima della foresta di Abera, a sette chilometri da Gulu. Il ragazzo stava camminando lungo un sentiero della savana. Altri quattro erano passati prima di lui. Sua madre, che lo seguiva da vicino, è rimasta fortunatamente illesa. I ribelli erano passati per quel sentiero il giorno prima.
Oggi è
stato ricoverato in ospedale anche il dr. Basil. Veniva dall'ospedale di Aber,
dove attualmente lavora. La diagnosi non è ancora sicura, ma sembra che
abbia una pneumocisti Carini. E' stato ricoverato anche un nostro ex
laboratorista - il quinto con diagnosi di TBC. Aveva lasciato l'ospedale senza
dire niente dopo che gli era stato negato un aumento di stipendio. Aveva
già messo incinte almeno tre delle nostre ragazze. Speriamo che non
abbia anche l'Aids.
Questa sera
verso le cinque è stato preso un ragazzo sui sedici anni che girava
vicino alla casa delle infermiere chiedendo di parlare con una certa Oyella. Ha
detto di venire da Patuda, un centro poco distante da qui. Quando è arrivata
questa Oyella, non lo ha riconosciuto. Il ragazzo, allora, ha chiesto di Acan
Grace, una ragazza che fa la cuoca nella Guest House. A quel punto sono stati
chiamati i poliziotti di guardia, che hanno cominciato a interrogarlo. Hanno
scoperto che veniva da Opidi e che sotto i vestiti aveva una divisa militare
dei ribelli. Non sappiamo ancora come sia andata a finire la faccenda.
Siamo arrivati alla fine di novembre
e le previsioni apocalittiche di Salim Saleh non sembrano avverarsi. Speriamo
che le cose migliorino e questa guerra finisca.