Elio Croce

Diario

                       

7-6-96 Ieri alle due del pomeriggio hanno portato venti soldati feriti, vittime di un attacco a una colonna di sette camion pieni di militari diretti a Kitgum. Il bilancio complessivo è di settanta morti e più di cento feriti. I ribelli hanno incominciato sparando un RPG al primo mezzo e poi attaccando tutto il convoglio, su un fronte di due chilometri, con una serrata sparatoria. La colonna era seguita da un’autoblindo, ma, quando questa è arrivata per dare soccorso ai primi camion, i ribelli erano già spariti. In ospedale hanno portato solo i feriti più gravi: gli altri li hanno curati nelle caserme. Alcuni avevano le braccia fracassate, altri le gambe spezzate, altri ancora l’intestino perforato, altri i glutei squartati. Uno, giunto in ospedale con la scatola cranica scoperchiata, è in coma, ma non è ancora morto. Nell'attacco sono morti anche due ufficiali. Un tenente è qui ferito.

 

Oggi i nosti soldati di Lacor hanno preso tre ragazzi che dicono scappati dai guerriglieri mentre attraversavano a nuoto un fiume in piena. Avrebbero svelato i piani dei ribelli. Avrebbero anche detto di essere entrati dal Sudan con tante armi avute dagli arabi. Il piano sarebbe quello di bloccare le strade di Kampala, Arua e Kitgum; successivamente dovrebbero arrivare rinforzi dal Sudan, con l’aiuto dell'aviazione Sudanese, per prendere definitivamente la caserma di Gulu.

 

Gli arabi sudanesi ragionano come Museveni: per risolvere l'annoso problema del Sudan pensano di dover eliminare le basi in cui i ribelli sudanesi trovano appoggio logistico e armi. In modo analogo la pensa Museveni, mutatis mutandis: si deve aiutare a tutti i costi il Sud Sudan perchè ottenga l'indipendenza dal Nord Sudan arabo, così che i nostri ribelli non possano, ogni volta che si trovano in difficoltà, avere rifornimento di armi e rifugio.

 

I ragazzi fermati dai soldati avrebbero aggiunto che tutti i presidi militari della zona che son fuori saranno inesorabilmente attaccati, e che anche il Lacor Hospital farebbe bene a mandar via i militari di guardia. La popolazione non avrebbe niente da temere, a condizione di non collaborare con i militari. Stando ai ragazzi, i ribelli avrebbero bisogno dell’appoggio della gente e dei giovani in particolare; questi saranno armati con le armi via via conquistate negli scontri con Local defence ed NRA.

 

7-6-96, ore 4.20 pm Secondo il giornale New Vision, gli anziani acholi chiedono centocinquanta milioni di scellini per partecipare ai colloqui di pace. I soldi servirebbero per procurarsi un ufficio a tre stanze, per comprare una piccola macchina e un pulmino, e per pagare i loro salari e quelli di una dattilografa e di un autista. Possibile che certi acholi prendano una cosa così seria e tragica come occasione per fare soldi?! Si vede proprio che non vogliono la pace ma che la cosa continui cosi’ per anni: più a lungo dura e più soldi arrivano. Sbatterei in prigione tutti quelli che hanno fatto questa proposta. Neanche a farlo apposta, il capo di questi anziani è proprio quello che anni fa ha presieduto la cerimonia di unzione di Joseph Kony come capo di questa Armata del Signore. Il problema di fondo sta in questa strutturale superbia del popolo acholi, che prima di riconoscere una sconfitta accetterebbe di essere distrutto. Si spezzano ma non si piegano, e questo lo dimostra il fatto che da dieci anni vivono nell'erba, vengono uccisi, non c'è sviluppo... ma non importa. L'importante è non cedere: che crepino tutti. Le altre tribù, come i Lango e i Teso, sono state più furbe: hanno accettato la situazione, e intanto vivono in pace. Al potere penseranno piu’ tardi.

 

8-6-96, ore 8 pm Ho saputo da padre Tarcisio di Pajule che anche sulla strada che da Kitgum porta a Lira, a quattro chilometri da Pajule, c'è stata una imboscata, anche se non così cruenta come quella dell'altro ieri sulla strada di Kitgum. Ma avrebbe potuto essere peggiore di quella se un ragazzo non avesse avvertito i militari della presenza dei ribelli. Il convoglio - di civili – e’ stato accompagnato allora da una scorta militare, con una mitraglia anti-aerea piazzata su un camion. I ribelli, che sembra fossero una quarantina, hanno subito puntato sul mitragliere e lo hanno ferito in modo grave; non so se sia ancora vivo. Nonostante questo, i ribelli hanno avuto la peggio e sono fuggiti nell'erba. Un ribelle ferito, che cercava di scappare carponi, e’ stato ucciso. A una ragazza sui quindici anni, che sparava sui soldati, invece, si è inceppato improvvisamente il mitra. Lei, allora, con prontezza di spirito e molto coraggio, ha alzato le braccia, stingendo il fucile in segno di resa, e si è salvata. Era una povera ragazza di Palabek, anche lei vittima e ostaggio dei ribelli.

 

10-6-96, ore 8.50 pm Ieri sera ho sentito il rombo di un aereo. Sono uscito per vedere cosa fosse, ma era nuvoloso e pioveva. Ho sospettato subito che fosse un aereo da ricognizione sudanese. Oggi ne ho avuto conferma da un ufficiale dell’esercito. Mi ha raccomandato, se la cosa si dovesse ripetere, di correre a spegnere le luci dell'ospedale, perchè questo aereo sudanese non le scambi per quelle delle caserme. Mi ha confermato inoltre che si trattava proprio di un Antonov in ricognizione, in vista di un successivo bombardamento.

 

11-6-96, ore 8.10 pm Hanno appena portato tre feriti: mi hanno detto che sono vittime di una mina anticarro. Stavano venendo a Gulu su un camioncino con di più venti persone a bordo, quando tra Anaka e Koc Goma il mezzo è saltato in aria uccidendo più di venti persone, tra qui il Jago di Anaka e alcuni della sua scorta. I particolari li scriverò domani. Il padre Piffer, parroco di Anaka ha detto per radio che è andato a raccogliere sul posto diciassette morti. Padre Piffer ha fatto quella strada lunedì mattina per venire a prendere delle medicine a Gulu, e l’ha rifatta ieri pomeriggio per ritornare ad Anaka. Bisogna proprio ringraziare gli angeli custodi, che per le nostre imprudenze sono obbligati a fare gli straordinari...

 

13-6-96, Festa di S. Antonio di Padova Ho sentito che hanno ammazzato due di quegli anziani che dovevano andare a fare colloqui di pace. Non si conoscono ancora i particolari. Li hanno trovati uccisi e non si sa da chi. Chi dice che siano stati uccisi dai ribelli, chi dai militari di Museveni. Sono ancora oscuri anche i motivi di questa esecuzione.

 

14-6-96, Solennità del Sacro Cuore di Gesù Oggi abbiamo avuto una giornata di ritiro, seguito da un lauto pranzo preparato da padre Larem a Layibi. Tornati a Lacor verso le 2 del pomeriggio, abbiamo trovato un camion, pieno di militari pesantemente armati, con un carico di quattro morti e sette feriti. Mi hanno riferito che a Parabongo (a quindici chilometri da qui) un altro camion militare è saltato su una mina. Trasferiva le donne e bambini dei militari in un altro campo. Non conosco ancora i particolari; so solo c'erano sei donne molto malconce e un giovane - non so se militare - con una gamba a brandelli e l'altra ridotta male. Il dottor Stefano mi ha detto che gliela aveva lasciata, ma che temeva di dovergliela amputare in seguito.

 

Sul camion c'erano anche tre bambine, di cui una di sei mesi; sembra incolume. L’ho subito portata all'orfanatrofio perchè mi hanno detto che sua mamma era morta sul colpo. L'hanno chiamata Aloyo, che vuol dire: "ho vinto la morte". Le altre due sono sui tre anni. Una è in stato di shock, ma speriamo che non abbia riportato danni neurologici; l'altra ha perso forse un dito.

 

Padre Piffer da Anaka mi ha detto, via radio, che è andato a raccogliere altri due cadaveri sul posto dove l'altro giorno è scoppiata la mina. Non si erano accorti che mancavano all'appello altre due persone, e le hanno trovate solo oggi, sbalzate dall'urto della mina a una decina di metri di distanza. Cosi’ le vittime dell'altro ieri salgono a ventitré: una è morta anche qui in ospedale.

 

I feriti stanno occupando anche il reparto dei tumori, che ha letti liberi in questo momento, dato che la gente del Sud è diminuita, per la paura di venire su da noi. Ciò nonostante abbiamo una paziente, con un tumore, venuta dal Ruanda.

 

Il giornale New Vision oggi parla dell'esecuzione dei due anziani. Dice che si chiamano tutti e due Lagony e sono rispettivamente di Koch Goma e di Pagik. Sono stati uccisi dai ribelli mentre si facevano il bagno in un rigagnolo. Uno dei due - secondo il giornale - era il confidente di Joseph Kony e forse è caduto in disgrazia perchè nei suoi discorsi lo sottovalutava e “lo esponeva” (ma non ho capito a che cosa; forse il New Vision si riferisce al fatto che Kony non accetta trattative con Museveni, come invece diceva nel periodo prima delle elezioni). Per me, questa esecuzione è stata fatta da qualche faccendiere che vuole che le cose continuino cosi’: c'è ancora gente che vuole ingrassare succhiando il sangue di questa povera tribù Acholi.

 

Gli anziani rimasti, adesso, sono pieni di paura, e ho sentito dire che stanno preparando i passaporti per andare in Kenya a riprendere Alice Lakwena. Dicono che solo lei, grazie ai suoi poteri magici, potrà portare la pace tra gli Acholi. Questi sarebbero i nostri anziani incaricati di dare inizio ai colloqui di pace: l'unica possibilita’ di pace è la stregona Alice con i suoi poteri.... Stiamo freschi!

 

Anche i soldati, dopo la batosta ricevuta sulla strada di Kitgum, sono giù di morale e non vogliono andare a farsi ammazzare per niente.

 

I Vescovi hanno indetto per dopodomani, domenica, una giornata di preghiera per impetrare la pace nel Nord Uganda. Speriamo che il Signore senta il grido del suo popolo, venga in nostro aiuto e ci doni la pace.

 

15-6-96, ore 7.45 am Alle 2e 45 di questa notte c'è stata una intensa sparatoria, con uso di RPG e, forse, di bombe a mano. Con il cuore che mi batteva forte, mi sono infilato i pantaloni per andare a vedere cosa stesse succedendo, convinto però che non potevano essere i guerriglieri, dato che non attaccano mai una postazione militare in una notte senza luna. Sono uscito nell'oscurità totale, quando ormai era tornato il silenzio. Ho sentito pero’ voci che chiedevano aiuto, al cancello. Era gente che vive non tanto distante da qui; portavano una donna con difficoltà di parto. Il guardiano del cancello ovviamente era sparito, e cosi ho aperto io e li ho accompagnati in maternità. Anche lì tutto sbarrato. Ho chiamato, ma inutilmente: le infermiere tutte sparite . Alla fine, dopo essersi assicurate che ero veramente io, mi hanno aperto e hanno soccorso la donna che si lamentava per le doglie.

 

Ho chiesto alla gente che ha portato la donna chi avesse sparato, e mi hanno detto che erano stati i militari e che avevano sparato su di loro. Il tutto mi e’ sembrato un po’ strano: non credo che alla prima occasione si mettano a sparare RPG o a tirare bombe a mano. L'incidente non ha avuto conseguenze, ma avrebbe potuto finire in tragedia.

 

Ore 8.15 Mi e’ stata appena data un'altra versione dei fatti. I ribelli sono arrivati nelle botteghe del mercato qui fuori dal ospedale. Cercavano un tale di nome Lowum, che tempo addietro era stato con loro e poi era scappato con la cassa.

 

Il proprietario di una bottega, sentendo rumori, ha aperto la porta. A questo punto i ribelli hanno lasciato perdere Lowum e si sono messi a rubare tutto quello che potevano, compreso un sacco di zucchero di 50kg. Erano una ventina, per alcuni; per altri, una quarantina. Andando via hanno aperto il fuoco.

 

Una donna, presa come ostaggio e poi rilasciata con una lettera per la gente, avrebbe detto che i ribelli avevano puntato un mortaio contro l'ospedale, e che poi, pero’, il capo ha fatto cambiare direzione, dicendo che all'ospedale avrebbero pensato un altro giorno. Un colpo effettivamente è caduto vicino ad Adimola, a un buon chilometro da qui. Avrebbero tirato anche una bomba a mano.

 

Sembra non sia vero che i soldati abbiano sparato su quei poveri diavoli che portavano la donna in ospedale. Sembra anzi che non abbiano sparato affatto. Tutto è accaduto nell'arco di cinque minuti. Solo ora capisco il rischio che ho corso anch'io aprendo il cancello prima di capire che cosa veramente stesse succedendo.

 

La bambina che ieri ho portato alla Babies's Home sta bene e mangia anche la gnuka. Ho saputo che la mamma della bambina aveva perso tutte e due le gambe ed è morta subito. Viaggiavano su un pick-up civile. La ruota posteriore ha pestato la mina. I morti rimasti sul posto sono sette. Altri tre sono morti durante il trasporto all'ospedale. Anche il giovane a cui avevano tagliato la gamba è morto. Il giovane era un mercante, mentre tutte le donne erano mogli di militari.

 

Questa sera, in seguito all'incidente di stanotte, l'ospedale si è riempito di nuovo di rifugiati. Non li ho contati, ma superano i duemila.

 

16-6-96 Oggi e’ domenica, e si prega per la pace. Intanto, pero’, a mezzo giorno, hanno portato sei militari, feriti - dicono - in uno scontro coi ribelli a Otuwal, vicino ad Aboke, nella regione della tribù Lango. Si parla di tre morti e tanti feriti tra i militari, e di molti morti anche tra i ribelli. Penso alla paura delle suore di Aboke e alle duecento ragazze della loro scuola. Nel ‘93 i ribelli avevano portato via le ragazze, e di alcune di loro non si sa ancora niente.

 

Ho saputo che ieri i ribelli hanno attaccato anche la caserma di Alero, vicino ad Anaka. Questa volta, pero’, solo a colpi di mortaio, sparati da lontano. Si vede che hanno gente esperta, perchè hanno colpito proprio l'accampamento. Ci sono stati dei feriti, ma non li hanno portati da noi, perchè non erano gravi. Non so ancora se ci siano stati morti.

 

Anche in ospedale, alle 3, abbiamo avuto una lunga preghiera per la pace, nell'Assembly Hall, animata dai giovani di Padre Ramon. Erano presenti le studentesse, suore bianche e nere, infermiere e altra gente da fuori. Non era presente neanche un medico, nè bianco nè nero. Forse erano tutti indaffarati, ma e’ più probabile che non siano venuti perchè semplicemente credono che la pace sia frutto dei loro sforzi, piuttosto che dono e grazia di Dio nostro Padre. Poveri illusi! Noi invece crediamo che la pace sia un suo dono, e per questo preghiamo che abbia pietà di noi e che ascolti il nostro grido disperato.

 

17-6-96 Da Kitgum hanno fatto sapere che sono entrati tre grossi gruppi bene armati. Speriamo che non comincino a fare disastri come hanno fatto qui da noi a Gulu.

 

Ci siamo accorti che Aloyo, la bambina che ho portato all'orfanatrofio, si lamentava ogni volta che veniva messa in piedi. L’abbiamo portata in ospedale, e la radiografia ha rivelato una fessurazione della tibia sotto il ginocchio. Le hanno ingessato cosi’ tutta la gamba, e ora non si lamenta più.

 

18-6-96 Questa mattina si sentivano forti rumori verso Alero. Sembra che i soldati abbiano seguito i ribelli e abbiano teso loro una imboscata. I ribelli, pero’, l’hanno evitata magistralmente, forse avvisati da qualche locale. Questa sera hanno portato un soldato ferito, ma non l’ho ancora visto e non so da dove venga. Da Stefano (di Kitgum) ho saputo che oggi sono scoppiate due mine: una sulla strada che porta a Padibe, ha ucciso un somalo impegnato in aiuti (o in traffico di armi - chi lo sa); l'altra, subito dopo Padibe, vicino a Lokung, ha fatto alcuni feriti. E' la prima volta che mettono mine in quella zona. Si vede che sono rientrati dal Sudan ben equipaggiati e vogliono chiudere le strade che vanno al confine.

 

Ieri, sul New Vision, era scritto che il mandante dell'uccisione dei due anziani incaricati dei Peace Talks sarebbe addirittura il fratello di uno dei due: Lagony Otti, un killer tristemente famoso per aver ucciso a sangue freddo, l’anno scorso, ad Atiak, centosessanta persone, e che in questo periodo ha condotto le imboscate e le stragi piu’ cruente. Evidentemente, non potendo attendersi che la forca, non ha alcun motivo per volere la pace e preferisce continuare a fare il capo di questi criminali.

 

20-6-96 Alle cinque di questa sera, mentre ero vicino al cancello dell'entrata dell'ospedale, ho sentito una fucilata, come un sibilo, sparata da molto vicino, davanti alle botteghe appena fuori dall'ospedale. Ho pensato ad un colpo partito per sbaglio, ma subito dopo mi hanno spiegato cos’era successo. Si era appena fermato davanti ai negozi un camion pieno di militari, quando un soldato si e’ puntato il mitra sotto il mento si è sparato. La pallottola gli ha fatto scoppiare il cervello. Hanno detto che non voleva più andare a combattere e così l’ha fatta finita. Requiescat in pace.

 

Oggi hanno sono incominciati a passare per Gulu via Anaka i convogli diretti in West Nile. Padre Piffer ha detto che ad Anaka sono passati più di cento e quaranta camion. Credono che la strada sia più controllabile da quella parte. Speriamo bene!

 

Questa mattina ho fatto la conta delle persone che sono entrate per dormire: settecento cinquanta, quasi tutti ragazzi e ragazze da cinque ai quindici anni, e qualche donna con i bambini piccoli.

 

21-6-96 Il Boma Ground, la spianata che era stata allestita per la venuta del Papa, è pieno di camion. Alcuni aspettano di andare in West Nile; tantissimi altri sono appena ritornati dal West Nile, dopo essere stati bloccati, per parecchie settimane, a Pakwac. Pare che ad Arua i prezzi delle merci siano cresciuti tantissimo, e che molti prodotti siano ormai introvabili. Ora con la ripresa dei trasporti speriamo che la situazione si normalizzi.

 

Intanto alcuni dei ribelli che si sono arresi in questi giorni, avrebbero detto che Kony è in ritiro e sta aspettando consiglio dagli angeli su cosa deve fare riguardo ai colloqui di pace. Sarebbe anche in attesa di Alice Lakwena per decidere insieme il da farsi.

 

22-6-96 Anche oggi si sono avute partenze di grandi convogli per il West Nile. Un altro convoglio di molti camion e’ partito per Atiak. Sulle strade non è successo niente, ne’ ieri ne’ oggi.

 

Ieri è morto di Aids il fratello del Dr. Basil. Oggi, sabato pomeriggio, c'e stato il funerale, a cui ha partecipato buona parte del personale dell'ospedale. Io sono stato invece a completare il lavoro sul generatore, che abbiamo completamente rifatto. Siamo spessissimo senza corrente elettrica, e senza questo generatore piccolo il consumo del diesel sarebbe eccessivo. Sembra funzioni, anche se, non avendo le istruzioni, ho dovuto mettere in fase della pompa di iniezione un po’ a naso.

 

24-6-96, Festa di S. Giovanni Battista. Ieri hanno combattuto vicino alla nostra missione di Opit. Padre Filippini, che è ancora lì da solo, ci ha detto che l’esercito ha bombardato da un elicottero, e così alcuni ragazzi presi in ostaggio tempo fa son riusciti a scappare. Hanno raccontato delle atrocità che i ribelli fanno subire agli ostaggi che tentano la fuga. Uno dei ragazzi ha raccontato che dieci suoi compagni di sventura sono stati uccisi con un colpo alla nuca e poi decapitati. Lui era con loro appena da una settimana, ma gli avevano già dato un fucile mitragliatore.

 

Martedì 25-6-96 Ho saputo da Padre Piffer che il convoglio di quasi duecento camion con rimorchio diretto ad Arua è impantanato verso Koc Goma: le forti piogge di questi giorni e il traffico di mezzi pesanti rendono la strada impraticabile, con solchi e buche da far paura. Il primo camion col rimorchio è messo di traverso, e gli altri, essendo la strada molto stretta, non possono fare altro che aspettare il bel tempo e il grader che tiri fuori quello impiantato. Intanto i ribelli, se vogliono fare qualcosa, hanno tutto il tempo di organizzarsi. Padre Piffer mi ha anche detto che la mina che ha fatto più di venti morti qualche giorno fa ha fatto una grossissima buca nella strada: doveva essere molto potente. La sua auto e almeno altre tre erano passate in quel punto lo stesso giorno, ma si vede che erano troppo leggere, e la mina non è scoppiata.

 

Brown, il militare incaricato dei pazienti qui a Lacor, mi ha detto, ieri, che a Onywange un ragazzo si è consegnato col fucile e tre caricatori, perchè era stufo di di continuare a scappare e di stare con Kony. Era con i ribelli già da cinque anni e avrebbe partecipato a molti dei loro sanguinosi attacchi. Il ragazzo ha rivelato che Lagony, il killer, è ritornato in Sudan. L'ordine da lui dato di uccidere il fratello sarebbe stato uno sbaglio: l’obiettivo avrebbe dovuto essere un altro Lagony. Quanto ai colloqui di pace, pare che i ribelli siano disposti a trattare solo con Betty Bigombe. Intanto i militari continuano nell'inseguimento e non danno loro tregua. Forse è per questo che Lagony è ritornato in Sudan. Speriamo che ci rimanga.

 

Sembra che sabato scorso i ribelli siano andati a battere al cancello della nostra casa di Layibi. Erano le dieci di sera, e il guardiano è andato a chiamare Fratel Beppi. Dopo un po’, pero’, i ribelli se ne sono andati. Hanno ripulito, invece, due negozi fuori dal collegio, obbligando alcune ragazze a trasportare la merce rubata. Le ragazze sono state liberate ieri, dopo due giorni.

 

Da molto tempo al collegio di Layibi non hanno alcuna protezione militare nè di polizia.

 

27-6-96 Oggi si vota per il Parlamento. Nella municipalità di Gulu sono in lizza Betty Bigombe e Mao, un ragazzo di ventinove anni, avvocato; dicono che quando parla incanti tutti. La Bigombe ha chiamato d'urgenza Matthew alle baracche per lamentarsi con lui del fatto che in ospedale sembra siano tutti per Mao e non riconoscano tutto quello che lei ha fatto per l’ospedale.

 

Questa mattina, intanto, a Onywange, alcuni ribelli avrebbero portato via un’urna elettorale, dicendo che anche loro volevano votare e l'avrebbero riportata entro sera.

 

Alle undici di questa mattina hanno portato un soldato ferito ad una gamba. Era saltato su una mina anti-carro a Koc Ongako, sulla strada di Anaka, all’una di notte, mentre viaggiavano con un camion Leyland. Uno dei soldati è morto sul colpo; altri sei sono stati feriti in modo leggero, e lui forse perderà una gamba.

 

Intanto i ribelli, attraverso il loro portavoce – Wanyama, uno di Tororo -, che parlava da Nairobi, hanno fatto sapere che oggi riprenderanno le ostilità.

 

Le elezioni sono finite, e non sappiamo ancora chi abbia vinto nella municipalita’ di Gulu. I risultati di quasi tutti i seggi, compreso quello in ospedale, erano a favore di Mao, anche se non di molto. La Bigombe, pero’, ha incluso nella Municipalita’ tutti i militari che operano nella zona e che attualmente sono più di seimila. La mossa a me non pare molto onesta, perchè non rispetta la scelta della gente di Gulu. Vedremo chi vincerà.

 

Sono le due del pomeriggio e non sono ancora stati resi noti i risultati ufficiali: la Bigombe non ha ancora finito di raccogliere i voti dai vari distaccamenti militari. Intanto la tensione dei sostenitori di Mao aumenta e speriamo che non sfoci in rivolta. Mao è un avvocato e se la Ministra vince con l'imbroglio, non gliela lascerà passare facilmente, anche perchè la popolazione acholi di Gulu ha scelto lui.

 

Ore 10 pm I risultati delle elezioni non sono stati ancora proclamati. La tensione questa sera era alta, e Gulu è assediata da poliziotti con visiere, sfollagente e bombe lacrimogene. Mao non vuole accettare il risultato, ma il commissario e la Ministra sostengono che tutto e’ stato regolare. Lei ha raccolto i voti dei militari della Mobile Force registrati nella Municipalita’ di Gulu, anche se ora sono lontani da qui. Con questo escamotage - forse legale, forse no - l'elicottero ha recuperato quattromila voti per la Bigombe e solo diciotto per Mao.Mao e’ stato cosi’ superato per almeno duemila voti. Quando la Bigombe darà l'annuncio della vittoria ci saranno certamente dei disordini. Il potere inebria, ma non capisco come faccia la Bigombe ad esservi così attaccata e a non essere ancora stanca di vivere sempre in mezzo al pericolo.

 

A Lira, più o meno gli stessi problemi con Cecilia Ogwal. Dicono che la polizia, per tenere l'ordine, abbia ucciso già due persone.

 

29-6-96, Oggi Solennità di S. Pietro e Paolo, Hanno portato alcune persone rimaste ferite in un incidente d'auto vicino a Palenga: un taxi si è rovesciato; non so se facesse parte di un convoglio.

 

I risultati delle elezioni non sono stati ancora ufficializzati, ma la BBC ha annunciato la vittoria di Betty Bigombe. Intanto, in un comunicato stampa, Mao denuncia le irregolarità di queste votazioni e dichiara che di non rassegnarsi a una sconfitta causata da brogli elettorali. I poliziotti sono sempre in pre-allarme.

 

Da Anaka, via radio, Padre Piffer fa sapere che questa mattina un’altra auto è saltata su una mina, sempre nella zona di Koc Omà: ci sono stati sette morti. Data l'insicurezza delle strade, domani, domenica, non ritornerà a Gulu. Così, non dovendo fare straordinari, anche gli angeli custodi potranno fare il riposo festivo...

 

Sembra che i ribelli siano allo sbando, e che per mostrarsi forti vogliano rendere questa strada insicura e la vita dei convogli diretti in West Nile difficile. C'è anche tensione tra la gente perchè, passate le elezioni, starebbe per avere inizio, come promesso, l'operazione dei militari: fino ad oggi nessuno sa in che cosa consisterà, ma tutti hanno ancora la memoria fresca di quella fatta nel '93. Dicono che incomincerà il 3 luglio.

 

30-6-96, Domenica Questa notte, all’una, sono arrivate due autoblindo con un altro mezzo, che chiamano "Mamba" e che serve ad individuare eventuali mine. Sono venuti perchè chiamati via radio dai nostri soldati di Lacor, dato che i ribelli erano in zona, forse in fuga da Alero, dove ieri hanno combattuto.

 

2-7-96 Ieri Radio Uganda ha annunciato che nella municipalita’ di Gulu le elezioni devono essere rifatte per le irregolarità commesse dai militari. Mi sembra una decisione accettabile e saggia, e penso che vada a vantaggio anche del prestigio e della credibilità di Museveni, che non ha accettato il risultato, anche se era a favore di una sua amica, quale è la Bigombe. Comunque, la gente dice già che non andrà a votare: tanto sarà inutile; vinceranno ancora loro, ma questa volta il trucco sarà più difficile da scoprire. Comunque la Ministra non si vede più in giro. Dicono che è depressa e vittima delle decisioni di qualche militare: per parte sua, sarebbe stata disposta ad accettare la sconfitta, e forse se ne è andata in America. Museveni intanto ha nominato i ministri del suo governo: lei è fuori, e al suo posto e’ stato scelto il nostro avvocato Owiny Dolo.

 

Ieri sera e’ aumentato sensibilmente il numero di persone venute a dormire in ospedale. Il motivo è che c’e’ un grosso gruppo di ribelli accampato nei pressi del fiume Toci. Non si sa ancora il motivo; alcuni dicono che è il gruppo del famoso Otti Lagony, che vuole arrendersi. Sarebbero sui trecento. I militari hanno occupato tutti i loro santuari, come le montagne di Kilak, vicino a Pabò, e anche le colline di Got Atoo, dove Kony si ritirava per fare i sacrifici propiziatori e avere l'illuminazione. Anche Zoka Forest, altro loro santuario e rifugio, è ora occupata dai soldati. Sembra che il nuovo comandante, Salim Salè, faccia sul serio. E' il fratello di Museveni.

 

3-7-96, Festa di S. Tomaso Apostolo Ieri, alle tre del pomeriggio, hanno combattuto a Olwal, sulla strada che va al nostro dispensario di Amuru. Qui hanno portato due soldati feriti.

 

La gente che ieri sera è entrata per dormire era ancora più numerosa dell'altro ieri. Avendo chiesto il perche’, mi e’ stato spiegato che i soldati stanno spingendo la gente ad abbandonare i propri villaggi e ad andare in città a Gulu. A parere di altri, invece, sono i ribelli a dire alla gente di andar via in vista della cosiddetta operazione. Che cosa abbiano in mente di fare nessuno lo sa. Io credo che, trovandosi in brutte acque, temono che i civili, se restano nei propri villaggi, possano indicare ai soldati i loro nascondigli.

 

Mi hanno riferito come sono andate le cose a Olwal. I militari erano andati per scovare i ribelli che si trovano su una montagna nei dintorni di Amuru. E’ stato, pero’, come entrare in un alveare: i ribelli si sono avventati sui soldati, che non hanno trovato di meglio che darsi alla fuga. I piu’ lenti tra loro ci hanno rimesso la pelle o sono stati feriti. I ribelli hanno continuato l'inseguimento fino a Olwal, dove i soldati avevano l'accampamento. Hanno dato fuoco alla caserma e svaligiato le botteghe del centro, ferendo anche alcuni civili. Tra questi, una povera donna, molto anziana, e’ stata colpita da una pallottola nella schiena, e l'hanno portata qui da noi. Questo spiega l’alto numero di persone venute a dormire in ospedale ieri sera.

 

4-7-97 Questa mattina abbiamo contato le persone venute a passare la notte in ospedale: erano 1050, quasi tutti giovani, maschi e femmine, dai tre ai sedici anni, e qualche mamma con un grappolo di bimbi al seguito. Gli adulti ora dormono fuori.

 

10-7-96 E' da sabato che manco da Gulu. Sono dovuto andare a Kampala per fare acquisti per un nuovo fabbricato. Dovra’ ospitare le infermiere che hanno finito la scuola, quando torneranno come staff per iniziare a lavorare. Suor Lina non saprebbe dove sistemarle; cosi’ abbiamo deciso, anche se siamo senza soldi, di fare una casa con tre appartamentini di due stanze l'uno e servizi.

 

La novità, qui al Lacor, è che ci sono i poliziotti al posto dei militari. Speriamo che ci difendano, se vengono i ribelli, e che non facciano come quando i ribelli rapirono le ragazze della scuola Senior del Sacred Heart. In quel caso i poliziotti sparirono tutti; si giustificarono, poi, dicendo che non erano intervenuti per paura di colpire le ragazze... Grande balla! I ribelli faticarono almeno un quarto d'ora per riuscire a sfondare la porta del dormitorio, e in tutto quel tempo i poliziotti avrebbero potuto, senza pericolo per le ragazze, far fuori un reggimento; altro che una una ventina di ribelli...

 

Il giorno dopo che ero partito per Kampala, il 7 Luglio, domenica, di pomeriggio, quattordici persone, tra cui cinque bambini, sono rimaste seriamente ferite quando un camion del convoglio che andava nel West Nile ha fatto esplodere una mina nella zona Palabutak, nei pressi di Koc, a una ventina di chilometri da noi, sulla strada di Anaka. Il convoglio era appena partito dopo una sosta forzata, qui a Gulu, che ormai si prolungava da due settimane. I feriti sono stati portati qui da noi o, nei casi meno gravi, all'ospedale governativo. Il camion - un Leyland - era il quinto della lunga fila di oltre cinquanta camion e altri veicoli. Il convoglio non aveva potuto lasciare prima Gulu per via delle condizioni di un tratto di strada vicino ad Anaka. Domenica tentava l'avventura, sperando che i precedenti tre o quattro giorni di sole avessero asciugato quella zona paludosa. I soldati danno la colpa al conducente: lo accusano di non aver rispettato le istruzioni; ossia di non aver seguito le tracce lasciate dalle ruote dello "spazza-mine", come lo chiamano qui. Alcuni testimoni hanno detto che il gran botto causato dalla mina ha provocato un grande panico tra la gente: si e’ pensato che i ribelli avessero attaccato il convoglio come avevano fatto il 14 febbraio, sulla strada del Parco, causando la morte di più di centoventi persone e la distruzione di una quarantina di mezzi, tra pullman, camion e vetture. Molti, tra passeggeri ed autisti, si sono cosi’ dileguati in un baleno nella boscaglia. Ci sono stati molti tamponamenti, e molti veicoli sono rimasti seriamente danneggiati. Dopo l'incidente il convoglio, di cui faceva parte anche il camion della nostra procura di Ombaci, ha ripreso il viaggio verso Pakwac.

 

Pare intanto che ad Arua i prezzi continuino a salire, e che abbiano raggiunto livelli altissimi.

 

12-7-96 Questa mattina hanno portato due persone, vittime di una mina.

 

Padre Paolo ha fatto sapere, da Opit, che ci sono movimenti di ribelli nella sua zona. Padre Michele segnala a sua volta, da Pajule, un gruppo di duecento ribelli. Ieri sera, effettivamente, in quella zona - la sessa in cui è stato ucciso Padre Egidio Biscaro e ferito Padre Agostani - sono stai uccisi due civili. Padre Michele ha aggiunto che almeno un centinaio di ribelli sono diretti verso Kalongo; raccomanda, cosi’, a Padre Tocalli di prendere le dovute precauzioni. Sembra che questo gruppo sia entrato dal Sudan, dalle parti di Padibe. Dicono che ci sia anche Kony, rientrato in Uganda per tirare su il morale delle sue truppe, in questo periodo sempre in fuga.

 

Nella nostra zona di Gulu i ribelli si sono divisi in piccoli gruppi e per loro la vita è diventata difficile, anche perchè - almeno a detta dei militari - sono state chiuse tutte le vie di accesso al Sudan. Hanno comunque i militari sempre alle calcagna, e non possono far altro che scappare.

 

Secondo alcuni, un gruppo molto forte sarebbe entrato dal Sudan, passando nella zona di Atiak. Alla gente viene raccomandato di non mettersi in viaggio, perchè le strade diventeranno presto pericolose: veri e propri campi di battaglia.

 

Padre Piffer, da Anaka, fa sapere che il convoglio per Arua partito da Gulu mercoledi’ scorso è ancora impantanato in una zona paludosa poco prima di Anaka. Dice  anche che ieri un’altra auto è saltata su una mina. Ci sono stati sei morti. Noi, qui in ospedale, non ne sapevamo ancora niente, ne’ sono mai arrivati feriti.

 

In serata il convoglio di cui dava notizia Padre Piffer è ritornato indietro, perchè era impossibile attraversare una palude. Ditte di trasporti disposte ha rifare la strada in quelle zone pericolose, impiegando grossi mezzi, non ne trovano. Forse tenteranno di passare ancora per la via del Parco, come facevano prima.

 

13-7-96 Questa mattina i militari hanno portato un ferito, che dicono essere un ribelle. Io non lo ho ancora visto e non ho visto neanche Brown. Non ho quindi ulteriori notizie.

 

ore 3.30 pm Hanno appena portato in elicottero otto o nove soldati feriti. Vengono dalla zona di Pajule e sono stati attaccati questa mattina, verso le dieci, mentre era in corso un rastrellamento in un posto chiamato Atut. Un ferito mi raccontava che è stata una battaglia molto cruenta, che i ribelli hanno avuto molti morti e che la vista del campo di battaglia era raccapricciante (in Acholi, lik). Tra i soldati, solo tre morti, ma molti feriti. Quelli portati in ospedale, anche se non gravissimi, sono comunque mal messi. Due di loro hanno il femore spezzato. Un altro, colpito al braccio, ha avuto un polmone trapassato dal proiettile, che si e’ conficcato poi nella spina dorsale: ha un imponente enfisema polmonare, ma, fortunatamente, non ci sono conseguenze neurologiche. Un altro ancora ha un braccio spappolato al di sopra del gomito; non si sente neanche la vena, ma puo’ muovere ancora le dita. Stefano lo ha già operato e dice che erano recise sia la vena sia l'arteria. Un altro, infine, ha avuto la trachea recisa da una pallottola, che e’ poi andata a fermarsi nella spalla senza ledere altri vasi. Degli altri non so ancora.

 

Un ufficiale mi ha detto che i ribelli avebbero attaccato Kalongo. Non abbiamo pero’ notizie dirette, dato che la comunicazione radio è per questa sera, dopo cena.

 

ore 8. 30 pm A Kalongo i ribelli non sono arrivati, ma dicono che c'è tanta tensione e paura. Hanno attaccato, invece, il campo profughi sudanesi di Agago, dove lavorano quelli dell'AVSI, rubando tutte le medicine del dispensario, perche’ - hanno detto - tra loro era scoppiato il colera. Hanno anche bruciato un camion dell'AVSI.

 

Padre Raffaele, parlando via radio da Namokora, diceva che Atut è una montagna Sacra per Kony e i suoi seguaci, e, se è vero che oggi proprio lì hanno ricevuto una batosta dai soldati di Museveni, anche il prestigio di Kony sarà compromesso.

 

14-7-96 Domenica. Oggi a Gulu abbiamo ospiti cinque vescovi, in rappresentanza di tutte le parti d'Uganda, venuti appositamente per pregare per la pace insieme al popolo acholi, come messaggeri di pace mandati dal Signore in risposta al grido disperato della sua gente. La funzione si è svolta in cattedrale, davanti alle autorità civili. C’era anche il nuovo ministro Owiny Dolo, che ha preso il posto della Bigombe, e anche il vescovo protestante di Kitgum.

 

Tra i vescovi cattolici c'era il vescovo di Masaka, Mons. Ndungo, il vescovo di Soroti, Mons. Erasmo Wandera, Mons. Malanda, vescovo di Fort Portal, e il nuovo vescovo di Nebbi, Mons. John Odama, fino ad ora Rettore del seminario di Alokolum. E' per merito suo che questa giornata ha avuto luogo, dato che all'ultimo raduno della Conferenza Episcopale ha svegliato tutti i vescovi parlando della tragedia che il popolo acholi sta vivendo. E sarà stato senz'altro convincente, perchè le cose che ha detto le ha vissute in prima persona, insieme alla gente e ai suoi seminaristi. Come un buon pastore, non ha abbandonato le pecore, e anzi il seminario è diventato per tutta la zona di Alokolum l'ovile dove tutti cercavano scampo da quei lupi diabolici che sono i ribelli. E c’e’ da dire che Odama non è un acholi ma un logbara. Appartiene cioe’ a una tribù contro cui gli Acholi, dopo la caduta di Amin, ne hanno fatte di tutti i colori.

 

La funzione ha avuto dei momenti molto commoventi, specie durante la preghiera dei fedeli, in cui la gente ha potuto esprimere la propria tragedia, i propri sentimenti più vivi. Quando pregavano i bambini, molti dei presenti si asciugavano le lacrime. Nella prima fila c’era una quindicina dei nostri pazienti mutilati, molti dei quali donne e bambini. Hanno fatto ovviamente molta impressione e suscitato reazioni di sdegno e appelli perche’ si smetta di uccidere, si abbassino le armi e si cominci a trattare.

 

Il D.A.S. di Gulu ha precisato che l'operazione ci sarà ma i civili non devono avere paura ne’ vendere le proprie galline: i soldati non le toccheranno, e il Governo chiede solo sincerità e collaborazione. Ha detto inoltre che a presidio della città e delle istituzioni sono stati mandati i poliziotti, in modo che tutti i militari possano essere impiegati sul campo.

 

La funzione è durata quattro ore ma non è apparsa lunga e tutti hanno avuto il tempo di parlare. Ha preso la parola anche il nuovo ministro. Ha detto che soluzioni in tasca non ne ha, ma che sarà sempre a disposizione. Si e’ raccomandato anche alla gente perche’ l’operazione non serva a coprire regolamenti di conti tra famiglie, come e’ successo altre volte, ma che tutti si uniscano per convincere i loro figli a deporre le armi e tornare a casa.

 

Mons. Odama ha concluso dicendo che il seme della Pace è stato seminato e che il Signore sembra lo abbia benedetto innaffiandolo subito con una grande pioggia.

 

Un ufficiale acholi, un certo Anywar Paul, incaricato delle paghe dei soldati, mi diceva, riguardo alla battaglia di ieri, che è stata una operazione molto ben riuscita, che ha consentito di recuperare un grosso cesto di mine anti-uomo e tantissime munizioni. Prevedendo che Kony si sarebbe diretto verso questo monte Atut, dove di solito fa sacrifici e sortilegi, hanno organizzato un’imboscata. A detta dell’ufficiale, Kony c’e’ caduto in pieno e ha avuto la peggio. Vedremo cosa se ne sapra’ in seguito.

 

ore 8.30 pm Sono appena stato alla radio. Da Pajule ci hanno fatto sapere che oggi, verso le tre del pomeriggio, i ribelli hanno attaccato ancora il campo di rifugiati sudanesi di Agago, uccidendo piu’ di ottanta persone e bruciando magazzini, dispensario e uffici. Sembra una vera e propria spedizione punitiva contro questi poveri profughi. Hanno poi reso difficili i soccorsi ai feriti piazzando mine anti-carro sulla strada Lira-Kitgum. Una di queste ha fatto saltare un camion. Speriamo che, dopo tutte le nostre preghiere, questo sia l’ultimo colpo di coda di questo drago diabolico.

 

15-7-96, ore 8.30 pm Da Kalongo, via radio hanno fatto sapere che questo pomeriggio un gruppo di ribelli ha attaccato il Centro Commerciale di Patongo, rubando dai negozi tutto quello che era possibile rubare. Non sono entrati nella Missione perchè sapevano già di non trovare molto, dato che l'avevano già ripulita per bene la volta scorsa, pochi giorni prima di Pasqua, portando via anche la radio e bruciando la Suzuki e il trattore. Particolari di questo assalto non ne abbiamo ancora, ne’ abbiamo notizie dei nostri padri e delle nostre suore.

 

17-7-96 Ieri le radio erano tutte inutilizzabili: la propagazione era ridotta a zero, e non siamo riusciti a comunicare con nessuno. Questa sera, invece, si sentiva discretamente, e da Kalongo ci hanno fatto il punto della situazione. L'attacco avvenuto a Patongo non ha fatto vittime. I nostri padri e suore appena hanno sentito sparare, come se avessero le ali ai piedi, si sono allontanati nella savana di almeno tre chilometri, e così hanno fatto tutti quelli del centro. I ribelli si sono quindi limitati a svaligiare le botteghe, e, da bravi puritani, a rompere tutte le bottiglie di birra che hanno trovato; si sono poi allontanati senza fare altri guai.

 

Il bilancio della strage al campo dei profughi sudanesi sale invece a novantasei morti e una trentina di feriti, portati all'ospedale di Kitgum. Il campo è molto esteso: una striscia di terra lunga venti chilometri, per circa ventimila rifugiati. Per quanto riguarda le cose materiali, hanno bruciato il dispensario, con gli uffici, i magazzini e i tendoni, rubando tutte le medicine e saccheggiando le poche cose in possesso dei rifugiati. Hanno anche bruciato una vecchia Toyota Land Cruiser, un trattore e alcune motociclette.

 

Il fatto che fa riflettere è stato il completo disinteresse da parte dei militari. Quelli dell'Avsi, subito dopo il primo attacco, hanno sollecitato le autorità militari ad intervenire e portare soccorso alla gente del campo. Lo stesso hanno fatto subito dopo la seconda ondata, ma ancora inutilmente. E così pure dopo il terzo attacco, conclusosi con la strage. Solo allora i militari si sono mossi, ma ormai era troppo tardi.

 

Adesso il problema del campo è che tutta questa gente è ammucchiata in un unico posto, senza riparo nè cibo. Così è scattata ancora un’operazione di emergenza e, per decisione dell’UNHCR, la ricostruzione del Campo Profughi, sempre sotto la direzione e la responsabilità dell'Avsi.

 

Un soldato mi diceva che stanno adottando misure molto drastiche contro quei militari che si rifiutano di combattere. A questo proposito, Padre Paolo, da Opit, questa sera si lamentava, per radio, del fatto che, nonostante il pullulare di migliaia di soldati, oggi i ribelli erano sulla strada che porta a Gulu e, a quattro chilometri da Opit, hanno bruciato una vettura. Questa mattina, a diciassette chilometri dalla missione, verso Awere, poco prima del ponte sull'Acwa, avevano fatto razzia di ragazzi e ragazze dagli otto ai quindici anni. Padre Paolo ha anche confermato che ieri notte parte del gruppo che ha attaccato il campo dei rifugiati ha attraversato il fiume ed è entrato nel distretto di Gulu; non sappiamo ancora dove siano diretti, se verso la tribù Lango o ancora dalle nostre parti.

 

A Padre Fidel, venuto da Roma per tenere dei corsi di ritiro su Comboni, e in questi giorni a Gulu, hanno cancellato il corso che avrebbe dovuto tenere a Kalongo per tutti i Comboniani dell'Est Acholi, perchè anche le strade che vanno a Kalongo attraverso il territorio Lango sono poco sicure.

 

Questa mattina il mio operaio falegname di nome Felix, mentre veniva al lavoro e’ venuto a sapere che due giorni fa, nella zona di Paico, i Lakwena - ossia i ribelli - hanno rapito suo fratello, che era andato nel villaggio di origine per qualche giorno, e lo hanno ucciso sulla strada che va a Kitgum. La notte stessa un carro armato è passato sul cadavere coi cingoli. Felix mi ha chiesto un mezzo per andare a recuperare il corpo. Gli ho dovuto dire di no, perchè non posso rischiare la vita del nostro personale e neanche mettere in pericolo un’ambulanza per uno che è già morto. Gli ho invece suggerito di cercare qualcuno disposto ad andare sul posto con un furgone; io poi contribuiro’ alle spese per il trasporto.

 

18-7-96, 8.30 pm Padre Paolo ci fa sapere, via radio, da Opit che oggi c'e’ stato grande movimento dalle sue parti. I soldati stavano inseguendo un gruppo di ribelli che volevano ritornare nelle nostre zone, forse a loro più familiari. Noi, dall'ospedale, abbiamo sentito solo dei forti colpi di artiglieria verso le tre e mezza del pomeriggio. Un altro gruppo sembra che voglia ritornarsene in Sudan attraverso l'East Acholi, via Lokung; o almeno così pensano i nostri di Kitgum. Forse anche Kony è con loro.

 

19-7-96 Alcuni ribelli ieri hanno attraversato la strada per Kampala all'altezza di Bobi, ed erano per questo i colpi di artiglieria che abbiamo sentito. Alcuni carri armati hanno sparato cannonate da Koc Ongako verso Bobi, che in linea d'aria dista cinque o sei chilometri da qui. Forse pero’ non avevano la bussola ; cosi’ hanno mancato completamente il bersaglio. Non dovevano essere acholi: quelli, con o senza bussola, hanno un senso dell'orientamento formidabile. Le cannonate sono arrivate nelle vicinanze di Layibi, nel punto in cui dalla strada asfaltata Gulu­-Kampala parte la stradina per il collegio. Hanno mancato il bersaglio di otto chilometri! Passi che sbagliano gittata, ma che sbaglino direzione in quel modo e’ incredibile! In tutto sette colpi. Uno, sulla strada sterrata a cinque metri dalla strada asfaltata, ha fatto una grossa buca di almeno tre metri di diametro, profonda un metro e mezzo; un altro si è infilato sotto l’asfalto, e sembra non sia esploso.

 

Questa mattina ho trovato i militari che scavavano per recuperare il proiettile. Ho chiesto chi avesse sparato quei colpi. Mi hanno risposto che erano stati i ribelli. Ho replicato dicendo che quelle balle potevano raccontarle al loro comandante, non a me. Davano colpi di piccone senza la minima paura, con un bel gruppo di curiosi intorno. Ho chiesto se quel proiettile potesse scoppiare. Hanno risposto categoricamente di no, aggiungendo che comunque l'ospedale di Lacor era vicino. Ho detto loro che, nell’ipotesi che non arrivassero prima in Paradiso, io ero lì con l'ambulanza pronta.

 

Gli altri cinque colpi sono caduti tutti nel raggio di duecento metri. Non hanno fatto, per fortuna ne’ danni ne’ vittime; solo, molto panico tra la gente della zona. Poteva andare molto peggio, considerando che ad appena settecento metri c'è il nostro collegio con ottocento ragazzi delle superiori e una scuola elementare con più di mille ragazzi. Fortuna che il Presidente in questi giorni è in Kenya; altrimenti non so cosa avrebbe fatto a quegli artiglieri irresponsabili.

 

Fratel Bepi, di Layibi, mi raccontava che ieri, quando ha sentito le cannonate fischiare sopra la testa, credeva che fossero razzi sparati dai ribelli contro l'elicottero e il piccolo aereo da combattimento dei militari. E’ un aereo molto manegevole e veloce, di fabbricazione italiana – credo -, adatto a piombare d’improvviso sui ribelli. Due di questi aerei, pero’, si sono schiantati al suolo in varie circostanze, con grande soddisfazione dei ribelli, e incremento di prestigio del loro capo: ritengono infatti che la caduta sia dovuta ai poteri magici di Kony. Uno è caduto mentre tentava di decollare dalla pista della nostra missione di Kalongo. Portava in giro gente di Museveni, impegnata in una campagna elettorale a tappeto per la sua rielezione a Presidente. Era sovraccarico di armi e di passeggeri e non è riuscito ad alzarsi a sufficienza: si è schiantato contro una pianta. Solo il pilota, pero’, ha riportato danni: ha avuto qualche vertebra incrinata, ma ha fatto ugualmente in tempo a mettersi in salvo prima che l'aereo si incendiasse.

 

L’altro aereo e’ precipitato durante una esercitazione condotta da un pilota italiano. Due aerei si sono toccati in volo: quello portato dai piloti ugandesi è precipitato, e i piloti sono morti; il pilota Italiano, invece, è riuscito a fare un atterraggio di fortuna e si è salvato. Erano partiti da Entebbe, e facevano le loro esercitazioni nel parco Queen Elizabeth, vicino al Ruenzori; molto lontano da qui, ma non abbastanza, evidentemente, per sfuggire ai poteri di Kony...

 

I militari che questa mattina cercavano di recuperare il proiettile inesploso, questa sera erano ancora lì a scavare.

 

Anche oggi sulla strada di Kampala si è sentita “musica”. Il nostro camion, che era andato per mattoni proprio su quella strada, è tornato indietro perchè sparavano nei pressi di Koro Abili, dove padre Albertini ha una cappella circondata da un bel boschetto di pini, a due passi dalla strada. Un altro gruppo cercava di attraversare la strada per dirigersi verso il parco di Murchinson Fall.

 

Stephen Okec settimane fa è andato a Londra per assistere un suo figlio ammalato di AIDS, avuto dalla sua prima donna. Oggi abbiamo saputo che il figlio è morto e che la salma arriverà martedì prossimo.

 

Nonostante tutto, questa sera la gente è in festa, perchè la Bigombe si è ritirata dalla corsa per il seggio di parlamentare del collegio di Gulu. Lo scopo e’ quello di allentare la tensione tra la gente e in seno al Governo. E’ partita per gli StatiUniti, per un Post-Graduate degree - non si sa ancora in che campo. La gente festeggia la sofferta vittoria di Mao. La persona non e’ di quelle che possano piacermi molto: è pieno di presunzione e va in giro a dire che questa vittoria è il primo passo sulla strada che lo portera’ presidenza. La gente ha rifiutato la Bigombe per il solo fatto che era dalla parte di Museveni – dalla parte, cioe’, di un non acholi. Del fatto che per dieci anni e’ rimasta a occuparsi dei problemi della zona, rischiandopiu’ di una volta la vita, alla gente non importa. Aveva poi altre due colpe, imperdonabili da queste parti: era una donna, e qui non si prendono ordini dalle donne (eccetto che dalla dottoressa Lucille), e ha sposato un Banyankole – di quella tribù che, per mano di Museveni, ha tolto il potere ai fieri Acholi. Nel neo-eletto vedono invece l'uomo capace di portare questo popolo distrutto nuovamente al potere.

 

Nonostante gli scontri di questi giorni, non hanno portato qui neanche un ferito: segno che militari e ribelli evitano il confronto diretto. Meglio così.

 

Il comandante in capo assicura che entro dicembre sarà tutto finito. Ai ribelli ha promesso centomila scellini per ogni fucile che consegnano e duecentomila per ogni land mine che riescono a segnalare. Potrebbe essere un modo per risolvere due problemi in un solocolpo: la guerriglia e le difficolta’ economiche.

 

20-7-96 I ribelli, dopo aver tentato inutilmente per ben tre giorni di attraversare la strada di Kampala e rientrare nelle nostre zone di Anaka e Alero, sono ritornati sui propri passi. Padre Paolo, di Opit, ci diceva che due gruppi sono tornati nella sua zona e che un elicottero dei militari oggi continuava a perlustrarla.

 

Oggi abbiamo festeggiato anche il il cinquantesimo di vita religiosa di Suor Innocenza; una festa intima e simpatica, con la presenza di Mons. Matthew Odong, tutti noi comboniani e anche alcune suore nere. Il vescovo non c'era, perchè invitato dal nuovo Ministro Owiny Dolo a presiedere al Pece Stadium una preghiera Ecumenica per la Pace.

 

21-7-96, ore 8 am. Questa notte, verso le undici, si sono uditi degli spari, ma non ho dato loro peso, dato che erano lontani. Così anche verso le tre di notte, quando ho sentito altre raffiche di mitra - questa volta molto più vicine – non ho avuto difficolta’ a riaddormentarmi.

 

Alle sette, mentre in ospedale iniziava la messa, una figlia di Manano, nostro autista, è arrivata tutta agitata dicendo che questa notte i ribelli avevano portato via suo padre. Il suo villaggio è a meno di un chilometro di distanza dall'ospedale, e mentre tutta la sua famiglia già da mesi dorme in ospedale, lui e il figlio maggiore, che ormai è sposato, dormono a casa propria. Verso mezzanotte sono andati a bussare alla sua porta. Lui ha aperto, anche perchè, se non lo avesse fatto, avrebbero buttato giù la porta o addirittura dato fuoco alla capanna coperta di paglia. I ribelli si sono impossessati subito della sua radio e poi hanno raccolto tutti i vestiti che hanno trovato (una grossa valigia, con le sue cose più belle e di valore e i vestiti dei suoi bambini, è nascosta nel deposito delle officine dell'ospedale). Lo stesso hanno fatto nella capanna dove abita suo figlio. Non sapevano poi come raggiungere un certo posto, dove sembra avessero il loro campo, e così hanno chiesto al figlio di guidarli. A questo punto, Manano si è offerto lui diportarli, e sono partiti. Volevano venire verso l'ospedale per ripulire i negozi, ma Manano ha detto loro che era pericoloso, dato che l'ospedale e’ pieno di poliziotti e di soldati. Si sono diretti cosi’ verso Alokolum. Prima di arrivare dalle nostre parti avevano ripulito due negozi a For God, vicino alla missione.

 

Altri ribelli hanno sparato al Senior Quarter di Gulu. Altri ancora sono passati dietro la nostra fabbrica di mattoni di Layibi, a Bwoc, e anche da lì hanno potato via della gente. Dalla Technical School di Minakulu questa notte hanno portato via trenta ragazzi; tra questi c'era anche il figlio di Elia, quello che lavora alla Procura, ma è riuscito a fuggire, con altri quattro.

 

Sentita la notizia di Manano, sono subito andato a trovare la moglie e i figli, cercando di far loro coraggio. Ho detto loro che non devono aver paura, perche’ Manano è un uomo esperto, che ha fatto per tanti anni il soldato, e che all'inizio di questa guerriglia, nel 1986, era anche lui con i ribelli. Ho raccomandato di pregare il Signore perche’ lo faccia tornare presto a casa.

 

Ore 7.30 pm Manano è tornato e, anche se stanco, sembra tranquillo; di solito però - come abbiamo visto in altri casi simili – lo shock arriva piu’ tardi. E' zoppicante, perchè durante la marcia forzata di stanotte, camminando al buio, con un pesante sacco in testa, e’ caduto in una buca. Dopo essere partiti dal villaggio, i ribelli volevano che lui indicasse loro la strada per una certa località, a lui sconosciuta. Ci sono stati momenti di tensione, finche’ i ribelli non si sono convinti che Manano diceva la verità. Si sono allora fermati in un altro villaggio e hanno chiesto le indicazioni a una donna incinta; poi l'hanno lasciata andare. Hanno camminato tutta la notte e finalmente, a mattino inoltrato, sono arrivati a destinazione, al campo base, vicino a Koc Goma, a piu’ di quaranta chilometri da qui. Manano ha raccontato che lì hanno capanne, donne e bambini, e che gli hanno offerto il the coi biscotti. Non facevano altro che mangiare biscotti; rubati dai negozi, ovviamente. Il loro piano, per questo mese, sarebbe quello di bloccare la strada asfaltata che viene a Gulu da Kampala e le strade che portano in West Nile. Avrebbero anche detto di rassicurare quelli del Lacor Hospital: non faranno niente contro di loro, perchè l'ospedale aiuta tutti, senza distinzioni. L'East Acholi, poi, non farà parte del loro campo di azione; la gente potrà quindi muoversi su quelle strade senza paura.

 

8.30 pm Padre Paolo fa sapere, da Opit, che anche oggi ci sono stati scontri verso la zona Lango di Alito.

 

Padre Piffer, da Anaka, dice che la gente ha tanta paura e che i ribelli passano di villaggio in villaggio portando via il poco cibo rimasto.

 

Fratel Bepi di ritorno da Lira, dove ha portato Padre Fidel per fare anche lì una due-giorni su Comboni, ha dovuto fermarsi per due ore a Minakulu perchè la strada non era sicura.

 

Come è successo altre volte dopo il passaggio dei ribelli, questa sera l'ospedale si è di nuovo riempito di gente, che spera di trascorrere una notte più tranquilla che fuori.

 

New Vision riporta oggi le dichiarazioni di un ex poliziotto, preso come ostaggio dai ribelli l'anno scorso e poi diventato guardia del corpo e segretario personale di Joseph Kony. Secondo il poliziotto, Kony e’ entrato in Uganda la scorsa settimana con l’obiettivo di rapire diecimila persone. Dopo un addestramento in Sudan, scatterebbe, prima di dicembre, un’offensiva contro l'esercito per rovesciare il governo di Museveni. Il piano prevederebbe di rapire gente di varie eta’ e da vari gruppi: non solo Acholi, ma anche Langi, Karamojong, Teso e Madi. Il piano sarebbe stato ispirato da Dio stesso per rovesciare l’attuale “diabolico regime”. L’ex poliziotto ha aggiunto che per arrivare alla frontiera ugandese hanno camminato per cinque giorni, dovendo continuamente evitare le postazioni del SPLA. Erano circa ottocento uomini; c’erano anche un centinaio di ragazze adibite al trasporto delle mine anti-carro. Quindici di questi ribelli furono uccisi, per ordine di Kony, perchè deboli di spirito e incapaci di camminare. Il gruppo sarebbe lo stesso che si e’ reso responsabile del massacro di 108 persone nel campo di rifugiati sudanesi di Agago. Secondo il poliziotto, Kony e i suoi ufficiali indottrinano la gente rapita e prigioniera a un punto tale da dissuaderli completamente dal tentare la fuga. Le autorità militari sudanesi sarebbero arrabbiate nei confronti del famigerato colonnello Lagony per aver questi perso le colline di Kilak; per questa ragione hanno rifiutato di fornire ai ribelli i missili anti-aerei.

 

22-7-96 Alle dieci di ieri sera hanno portato in ospedale un poliziotto che – stando alla versione dei colleghi - avrebbe tentato di uccidersi con una fucilata al petto. Secondo il Dr. Stefano, pero’, le ferite sono state causate da due proiettili sparati all'altezza della milza. L’ipotesi di un tentato suicidio sembra quindi inverosimile.

 

A mezzanotte, quando si era appena concluso l’intervento sul poliziotto, sono arrivati altri due feriti, vittime di un agguato sulla strada di Koc, vicino al dispensario che abbiamo costruito l'anno scorso. (Per inciso, non abbiamo ancora consegnato il dispensario al DMO, e devo cosi’ pagare lo stipendio del guardiano.) I due erano stati fermati dai ribelli verso le cinque di ieri pomeriggio, mentre erano diretti a Gulu con altre persone, a bordo di un pick-up. Cinque dei passeggeri sono stati uccisi. I due portati in ospedale sono isoli sopravvissuti. Uno ha una pallottola nella spalla e una in una gamba; l'altro non lo ho visto. La macchina è stata bruciata. Non sembra che la situazione sia sotto controllo come vogliono farci credere.

 

23-7-96 Ieri notte alle dieci e mezza i ribelli hanno svaligiato una bottega, proprio di fronte al nostro dispensario per adulti. Hanno sfondato una porta sul retro, portando via tutto e obbligando il proprietario, Morokole (di nome e di fatto), ad aiutarli. La moglie non l'hanno importunata. Andando via, poi, hanno lanciato una granata, che è scoppiata sulla strada tra la bottega e il dispensario, e hanno esploso nutrite raffiche di mitra dirette - sembra - proprio contro la nostra entrata principale. Alcuni proiettili hanno colpito il muro esterno del dispensario e altri, passando attraverso la griglia di mattoni, sono finiti contro il muro della sala d'aspetto. Mi sono svegliato con il cuore che batteva forte e mi sono vestito; poi, non sentendo rumori ne’ di cancelli ne’ di voci, mi sono rimesso a letto vestito.

 

Questa mattina, alle sei, ho trovato tutti i poliziotti a consiglio con i militari Brown e Mansur, e non sapevano ancora cosa fosse successo fuori. Allora, facendosi coraggio e armati fino ai denti, i militari sono usciti per una ispezione. Ho saputo poi da Brown che i poliziotti mandati per difenderci, ai primi spari, si sono dileguati, lasciando l'entrata e tutto l'ospedale incustoditi. Brown e Mansur, che sono qui a guardia dei militari ricoverati, hanno organizzato la difesa con gli altri otto soldati, non avendo neanche la possibilità di comunicare via radio con le baracche, forse perchè le batterie erano scariche.

 

Ho fatto le mie rimostranze, per questa fuga, al comandante dei poliziotti. Con una faccia tosta che mi ha fatto perdere la pazienza, mi ha risposto che i suoi uomini stavano semplicemente "taking cover" – “prendendo posizione” – e che “taking cover” non voleva dire scappare. Ho replicato, seccato, che se per loro "taking cover" significava andare a nascondersi sotto i container e in mezzo alle canne di bambù potevano anche andarsene: avremmo badato noi stessi a difenderci, invece di dormire tranquilli pensando che pazienti e personale fossero protetti dai poliziotti.

 

I giornalisti italiani arrivati ieri sera da Kampala erano ancora in piedi a ridere e scherzare con Romano e il Dr. Stefano quando sono incominciati gli spari. C’e’ voluta una telefonata del Dr. Matthew, che ingiungeva loro dispegnere la luce e stare zitti, per riportarli con i piedi per terra.

 

Matthew è andato a parlare col comandante dei militari, Salim Saleh, e col suo aiutante, Kazini, quello che ha avuto la brillante idea di mettere a difesa dell'ospedale la polizia. Non è ancora tornato, ma speriamo che prendano sul serio la questione della protezione dell'ospedale. Devono capire che in caso contrario i nostri medici se ne andranno altrove, a scapito non soltanto dei militari feriti, ma anche dell'assistenza sanitaria delle loro famiglie.

 

23-7-96 Altra versione dei fatti. Dicono che ieri, alle sette e mezza, i ribelli erano già in giro. Si sono fatti passare per soldati regolari della Mobile di Anaka. Dopo aver bevuto qualche birra nell’hotel di Paul Obita (nostro Health Educator), in compagnia di Mansur, Intelligence Officer dei soldati e residente in ospedale, uno di loro si è fatto accompagnare dallo stesso Mansur in visita ai militari ricoverati, facendo credere che tra questi ci fosse un loro compagno. Finita la visita se ne sono andati per un po’. Hanno fatto ritorno verso le dieci, conoscendo ormai perfettamente il contenuto delle varie botteghe e le posizioni dei nostri poliziotti.

 

In questo momento – sono le 3.20 pm - dicono che la gente della zona dell'aeroporto e’ in fuga per un passaggio di ribelli. Un altro gruppo, proveniente dalle zone di Alero e diretto verso Patiko, ha attraversato la strada di Pabo dopo il centro di Keyo.

 

Questa mattina Manano è stato chiamato dal comandante Kazini per un rapporto sulla sua avventura. Anche Morokole e’ tornato: lo avevano portato via stanotte i ribelli, dopo avergli svaligiato la bottega. E’ stato rilasciato nella zona dopo Alokolum, dove nel ‘93 i ribelli mi avevano bruciato il camion. Era molto più scosso di Manano, anche perchè ha perso quasi tutto, e piangeva come un bambino.

 

Sul Monitor di ieri un grosso titolo; "Residenti nel panico mentre i ribelli fanno un incursione a Gulu". L’articolo dice che le forti esplosioni hanno rifugiare la gente sotto i letti o nella savana. Uno della zona di Layibi avrebbe riferito che erano sulla sessantina, tutti bene armati, e che gli avrebbero chiesto dove si trovassero i militari di Museveni. Sempre secondo il Monitor, i ribelli volevano far saltare la centrale elettrica di distribuzione e i grossi trasformatori, e avrebbero obbligato un tale a indicare loro la strada per arrivarci. Il capo ha poi dato ordine a un compagno di sparare al trasformatore; questi avrebbe sparato sei RPG da quindici metri didistanza, senza però fare centro. Un mio autista, Ojok, che abita vicino a questa stazione elettrica dice che son tutte balle e che gli RPG. sono stati sparati in tutt'altra direzione.

 

Intanto, il nuovo Ministro di Stato Residente al Nord, Alfonso Owiny Dollo, in un meeting, domenica sera, al Gulu District Counsil Hall, con anziani e giovani, parlamentari della zona, autorità tradizionali e capi dei vari dipartimenti di Gulu e Kitgum, ha invitato tutti a suggerire vie e modi per porre fine a questa guerra. Secondo lui, è ora che da entrambe le parti cessino le ostilità: tutta questa storia e’ un problema per il benessere dell’intera nazione, e non soltanto per il popolo Acholi. Il suggerimento piu’ significativo tra quelli avanzati nel meeting e’ che Museveni revochi il famoso ultimatum dei sette giorni. Quell’ultimatum, che porto’ al ritiro di Kony dalle trattative di pace, sarebbe stato dato su consiglio di chi, piu’ che alla pace, tiene al mantenimento dei propri sporchi traffici.

 

Questa sera la gente e’ venuta a dormire in ospedale ancora più numerosa di ieri sera. La signora Helen, dell’ufficio imposte, sposata con un direttore di banca e quindi abbastanza ricca, mi ha portato un televisore con videoregistratore e una grossa radio stereo da custodire: ha paura che i ribelli gliela portino via. Ho chiarito, prendendo il tutto, che se i ribelli, piuttosto che andare da lei, vengono da me e portano via radio e televisore, e’ problema suo.

 

24-7-96 La notte è passata tranquilla, anche perchè hanno mandato, a proteggerci, un bel gruppo di militari scortati da una autoblindo, che ha parcheggiato di fronte al dispensario nuovo. I giornalisti italiani hanno documentato con la telecamera l'esodo della marea di gente che ha passato la notte in ospedale. Erano senz'altro piu’ di duemila persone.

 

Sul New Vision di oggi, altro grosso titolo in prima pagina: "Lacor attaccato dai ribelli". Il giornale racconta poi la storia, un po’ come l'ho descritta nella seconda versione – che i ribelli erano, cioe’, già nei paraggi nel pomeriggio, si sono fatti scambiare per militari regolari di un distaccamento di Anaka e ci è cascato anche il nostro Intelligence Officer (“Intelligence Officer della mutua” - direbbe Romano). Ad ogni modo, come che siano andate le cose, abbiamo ottenuto che vi sia di nuovo una guarnigione fissa per la nostra sicurezza e anche, almeno in questi giorni, un’autoblindo piazzata davanti all'ospedale.

 

Questa sera i militari hanno portato tre feriti, uno dei quali è un ribelle che si è consegnato, nella zona di Opit, dopo giorni di latitanza, perchè aveva una gamba fuori uso. Gli altri due sono soldati. Dicono che, mentre venivano da Opit a Gulu in camion, un loro compagno ha perso l’equilibrio per via di una buca; dal mitra  - senza sicura, per il timore di un attacco improvviso – e’ partita una raffica, che li ha feriti.

 

Da Anaka, invece, Padre Piffer ci fa sapere che un camion militare è saltato su una mina: ci sono stati alcuni morti, e i superstiti sarebbero stati portati via dai ribelli. Questo pomeriggio si sentiva sparare verso Bwobo Nam, a sei o sette chilometri da noi, e adesso che sono le nove e mezza di sera si sentono dei forti colpi di artiglieria e di armi leggere, sempre dalla stessa direzione, verso Est, dalle parti di Anaka.

 

25-7-96, ore 3.00 pm. Hanno appena portato quindici feriti; altri due erano arrivati questa mattina. Sono soldati, rimasti vittime di un attacco a sorpresa mentre stavano accampandosi sulle colline di Opidi. E’ la stessa zona – piu’ o meno – in cui, nel 1987, andai a recuperare, in cambio di medicine, sale e sapone, centotrenta ragazze, tra allieve infermiere e studentesse della Scuola Secondaria del Sacred Heart, prese in ostaggio dai ribelli.

 

Non sono ancora riuscito a sapere come siano andate le cose, perchè tra i feriti non c'era nessun acholi, ma solo gente del Sud che non parla inglese, ma solo Kiswahili o Banyankole, la lingua dei Tutsi. Sono solo riuscito a capire, con quell’acca di kiswahili che conosco e con quel po’ di inglese che sanno loro, che ieri stavano inseguendo i ribelli fin da mezzogiorno. Verso le tre del pomeriggio hanno avuto uno scontro pesante. Pensavano, a quel punto, di essere riusciti a disperderli. Cosi’, verso le nove di sera, stanchi per la giornata, stavano organizzando l’accampamento per la notte.

I ribelli, che si erano divisi in due gruppi, sfruttando il chiaro di luna, li hanno circondati e attaccati, cogliendoli impreparati.

 

Secondo la testimonianza di un ferito, venticinque soldati sono stati uccisi. Tra questi, due Comandanti. Tantissimi altri sono rimasti feriti. Solo cinque ribelli sarebbero morti nello scontro. Solo oggi, nella tarda mattinata, i feriti sono stati recuperati dall'elicottero e portati a Gulu. Quelli arrivati in ospedale diciotto ore dopo l'attacco non sembrano gravi, anche se forse più di uno perderà qualche arto. Sono stati colpiti da schegge di bombe e da proiettili. A un ferito son saltati quindici centimetri di un osso della gamba; dato pero’ che il piede era ancora caldo, Stefano gli ha applicato un fissatore esterno, sperando che non si infetti il tutto e che non si debba, alla fine, procedere all’amputazione. Un altro e’ stato colpito al collo: il proiettile gli ha leso una vertebra e, uscendo, gli ha aperto un grande squarcio sotto l'ascella, ma non ha provocato altri danni.

 

Non sono riuscito ad avere altre informazioni, neanche da Brown. Mi ha detto solo che un grosso gruppo di ribelli ha bloccato la strada del Parco – quella che porta ad Arua, nel West Nile. I militari hanno allora mandato tutti i mezzi disponibili - carri armati, autoblindo e Mamba “spazza-mine” - sulla strada che dal ponte di Karuma va nel West Nile.

 

 26-7-96, ore 12.10 am. Sono appena rientrato in camera. Alle 11.30 pm l'ospedale è stato risvegliato da una sparatoria impressionante che veniva da tutte le direzioni. Per quasi una mezz'ora i ribelli hanno sparato senza risparmio colpi con mitraglietta, mitraglia pesante, mortai e RPG, e bombe a mano. Io sono uscito quasi subito e mi sono portato vicino al reparto di radiologia, per avere così sotto controllo il cancello dell'entrata principale. I militari non sapevano cosa fare, e non hanno risposto al fuoco. L'ospedale sembrava circondato. Dopo un po’ è arrivato Matthew, con Mansur: voleva entrare nell’ufficio per tentare di telefonare alla caserma. Le trasmittenti infatti - a detta di Mansur - erano state lasciate, dietro promessa di restituzione entro sera, ad altri militari andati a combattere sul luogo della batosta di ieri. Mathew aveva tentato di telefonare a me, ma io ero già uscito; così ha dovuto andare dalle suore a chiedere la chiave dell'ufficio, dove c'è il telefono. Abbiamo provato a chiamare il centralino di Gulu, che è ancora a scambio manuale, ma inutilmente: probabilmente l'operatore dormiva, come al solito. Mansur non sapeva cosa fare, e non si sentivano mezzi pesanti venire in nostro soccorso. Ha pensato allora di sparare due colpi di mortaio in aria - segnale convenuto, con quelli della caserma, per i casi di difficolta’. Visto poi che dopo mezzanotte era tornato il silenzio, si e’ limitato a riorganizzare le postazioni di difesa.

 

I poliziotti questa volta non sono scappati.

 

Ho potuto constatare l'utilità del muro di cinta, che ora ho quasi finito: restano da completare solo il lato sulla strada principale e l'entrata.

 

Non ho mai sentito una sparatoria così lunga: si vede che i ribelli hanno munizioni da sprecare; o forse volevano dimostrare quanto siano forti per intimorire i militari e la popolazione. Quelli che dormono sotto le verande dell'ospedale erano spariti tutti, lasciando lì ogni cosa: stuoie, stracci, coperte. Non ho idea di dove si siano cacciati; forse sono entrati nei reparti e si sono infilati sotto i letti. Domani mattina sapremo i particolari e forse anche i motivi di quello che è successo questa notte.

 

Ore 7.30 Fuori dall'ospedale c'è un convoglio in sosta, con sette camion, due spazza-mine e un’autoblindo. E’ arrivato ieri, verso le due di notte, da Atiak. Quando erano nei pressi del seminario di Lacor un’autoblindo è saltata su una mina, anche se seguiva i due spazza-mine. Un maggiore, che era sull’autoblindo, e’ morto.

 

Dicono che i ribelli abbiano bruciato anche tante capanne a Katikati, vicino al bivio per Alokolum, a due chilometri da qui. Piu’ tardi andrò a vedere.

 

L'azione di questa notte, qui intorno all'ospedale, sembra sia stata fatta per tenere impegnati i nostri militari e quelli della caserma ed attaccare indisturbati il convoglio proveniente da Atiak. Il convoglio era stato intercettato dai ribelli nella zona di Pabò e segnalato ai ribelli della nostra zona. Cosi’, questi hanno avuto tutto il tempo di piazzare la mina.

 

L'ultima sparatoria nella direzione del seminario di Lacor e’ stata opera dei militari – credo – che si difendevano dall'imboscata dei ribelli. Non hanno ancora portato nessun ferito, ne’ per colpi d’arma da fuoco ne’ per mine - cosa strana, tenendo conto del pandemonio di questa notte.

 

Ore 8.30am Ho fatto un giro al seminario di Lacor. Lì ho saputo che i ribelli hanno portato via ventitre ragazze della scuola Senior Saint Mary's e hanno proseguito bruciando case e portando via ragazzi e ragazze dai villaggi lungo il percorso. Anche il villaggio di Otto, un mio operaio, è stato completamente bruciato. Il convoglio che veniva da Atiak ha visto la scia delle pallottole e i bagliori delle capanne e si e’ fermato per studiare la situazione. Il comandante - quel maggiore che ha poi perso la vita - stava in piedi con il busto che sporgeva dalla botola dell'autoblinda. Pochi metri più avanti, quando il mezzo è saltato sulla mina, è stato sbalzato fuori. Si e’ rotto il femore, con una frattura esposta che probabilmente gli ha reciso la femorale: è morto prima dell'arrivo in ospedale, verso l'una e mezza.

 

Ho saputo che ieri avevano piazzato un distaccamento di polizia e di militari nella zona di Katikati; proprio lì hanno attaccato i ribelli. Tre poliziotti hanno perso la vita e un soldato è stato ferito. Poi i ribelli hanno svaligiato le botteghe di Katikati e quelle di Lacor Seminary. Sembravano condotti da qualcuno molto pratico della zona: hanno anche derubato, infatti, uno che aggiusta radio, sostenendo che aveva molti soldi, e hanno bruciato la casa e le capre del RC, una sorta di prefetto della zona. Misono accorto che c’erano scie di sangue sulla strada: segno che anche i ribelli hanno avuto dei feriti.

 

I giornalisti italiani non credevano di finire proprio al fronte e sono un po’ sconvolti. In Italia si erano informati non so da chi, ed avevano ricevuto assicurazioni che la zona era tranquilla.

 

In questo momento Bruno e il Dr. Matthew hanno un incontro con il personale medico; poi sentiremo le reazioni. L'ospedale ieri era presidiato da cento militari e una ventina di poliziotti. Oggi festeggiamo anche l'onomastico di Suor Anna; per tirarle un po’ su il morale, non avendo lei dormito tutta notte, le ho detto che anche i ribelli erano venuti per farle, a loro modo, gli auguri.

 

Ho saputo adesso che anche in città hanno fatto molto baccano e hanno marciato lungo la strada del centro. Nella zona della caserma della polizia hanno anche ucciso una donna.

 

Circola una versione dei fatti di stanotte secondo la quale l’obiettivo sarebbe stato il Lacor, per fare bottino di medicine e infermiere, ma i ribelli sarebbero stati respinti. Non sanno che i nostri soldati non hanno sparato neanche un colpo.

 

Ore 8.30pm Questa sera alle cinque ho portato i giornalisti italiani a Lacor Seminary perche’ potessero intervistare qualche seminarista. Il vescovo aveva promesso, ancora avantieri, che avrebbe avvisato il rettore, Mons. Odong. Quando siamo arrivati, il rettore non ne sapeva niente. Ci ha fissato comunque un appuntamento per lunedì.

 

Mi hanno riferito altri particolari dell'accaduto di oggi. Un gruppo di ribelli capitanati da una donna, dopo aver preso in ostaggio molti ragazzi e ragazze nei villaggi, si sono diretti verso l'ospedale. Poco dopo si sono imbattuti nel distaccamento di soldati e polizia arrivati lì la sera prima. I soldati, per loro fortuna, avevano gia’ preparato le trincee; anche per questo hanno avuto relativamente poche perdite. Non si aspettavano pero’ di essere attaccati così presto. Alcuni di loro, cosi’, verso le undici, erano ancora a bere.

 

I ribelli sono arrivati all’improvviso, con forti grida e kijira da parte delle loro donne. (Il “kijira” e’ l’urlo di festa che le donne emettono facendo vibrare la lingua). I militari, anche se colti di sorpresa, hanno opposto un’energica resistenza, grazie alle loro mitraglie pesanti e, sopratutto, all’apporto di quei compagni che erano andati a bere in un villaggio poco più sopra; essendo fuori tiro, questi hanno potuto rispondere ai primi colpi dei ribelli, disorientandoli. Alla fine, pero’, pare che abbiano abbandonato ugualmente l'accampamento e si siano dispersi. I ribelli ne hanno così bruciato i rifugi, fatti di frasche, con un telo per tetto. Hanno bruciato poi le capanne dei dintorni. Gli ostaggi, nel frattempo, avevano colto l'occasione per sparire nell'erba.

 

Il bilancio dei morti e feriti non e’ ancora noto, ma si parla di tre poliziotti e un militare morti e altri quattro militari feriti. Quanto ai ribelli, nessuno sa niente, anche se, secondo alcuni, molti sono rimasti feriti. Il corpo di un giovane ribelle giaceva immobile sul ciglio della strada tra Katikati e il seminario. I militari – mi hanno detto - gli avevano tolto il fucile, alcune bombe a mano e un paio di manette. Vedendolo, mi sono impietosito e ho deciso di portarlo all'ospedale per seppellirlo nel nostro cimitero. Con l'aiuto di sette o otto dei miei operai ho fatto fare in fretta la buca, mentre io e altri tre andavamo a prendere il cadavere. Probabilmente era stato colpito in testa, dato che era tutta insanguinata. Portava al collo una cordicella con un piccolo contenitore: dentro, "la medicina" che avrebbe dovuto proteggerlo. Lo abbiamo sepolto come si conviene ad un cristiano e abbiamo recitato per lui qualche Requiem.

 

Intanto, la polizia e tutti i militari si sono trasferiti sotto l'ospedale, dove abbiamo la piantagione di eucalipti. Speriamo che questa notte non ci sia un altro attacco.

 

Delle ragazze del Saint Mary's College non sappiamo ancora niente. Si sa solo che sono state portate via da un gruppo diverso da quello che ha attaccato la postazione militare.

 

L'autoblindo saltata sulla mina ha dovuto essere soccorsa e portata in caserma da un pesante carro-attrezzi militare, perchè tutto il treno anteriore delle ruote era distrutto. Forze lo spazza-mine era troppo leggero per quel tipo di mina e non l'ha fatta saltare.

 

27-7-96 Come era da aspettarsi, le persone venute questa notte a dormire in ospedale erano piu’ di tremila. Oltre ai soliti ragazzi c'erano anche tantissimi adulti - donne e uomini.

 

Ho incontrato Brown. Mi ha detto che c’erano altri dieci cadaveri di ribelli nell'erba, se volevo andarli a seppellire. Poco prima dell'una, durante una pausa del lavoro, sono ritornato nella zona di ieri e ho recuperato uno di questi cadaveri. Era stato trascinato per le gambe vicino ad un termitaio, come si poteva dedurre dalla nuca impiastricciata di fango. Aveva intorno al collo dei ramoscelli intrecciati. I miei uomini mi hanno detto che erano ramoscelli di “Bomo’, ma non hanno saputo spiegarmene il significato. Sapevano solo che normalmente questa pianta e’ introdotta nei pollai per liberare le galline dai pidocchi. Una donna anziana, invece, mi ha detto che e’ la pianta usata per legare insieme la placenta e il cordone ombelicale di due gemelli, e che probabilmente quel ragazzo aveva un fratello gemello. Il ragazzo era a torso nudo e con un paio di pantaloni da civile. E' stato colpito alla schiena e ormai, dopo quasi due giorni, cominciava a decomporsi e aveva gli occhi e la bocca piena di vermi. Abbiamo sepolto anche lui nel nostro cimitero, vicino al suo compagno. Avevo proposto di fare una fossa e seppellirlo lì vicino, senza portarlo al cimitero; mi hanno pregato pero’ di non farlo, perchè avevano paura che lo spirito del morto venisse a far loro del male.

 

Degli altri cadaveri nessuno sapeva niente.

 

Il meeting sulla sicurezza che questa mattina il Dr. Bruno e il Dr. Matthew hanno avuto con i medici è andato molto bene, e nessuno sta pensando di cambiare aria. Il Dr. Matthew, che ieri aveva avuto un colloquio con Salim Saleh, comandante supremo a Gulu, ha assicurato ai medici che d’ora in avanti l'ospedale sarà presidiato da un contingente militare capace di fare fronte anche a un attacco di quattrocento ribelli.

 

Ore 8.30 pm Padre Raffaele fa sapere, da Namokora, via radio, che anche nei dintorni di Kalongo ieri ci sono stati dei combattimenti e che oggi i ribelli hanno attraversato la strada che da Kalongo va a Kitgum, diretti a Nord.

 

Padre Paolo, da Opit, dice invece che è tutto tranquillo e che si stanno consegnando tanti ribelli, molti dei quali anche feriti.

 

Il Fratel Gianni, da Arua, ci informa che il convoglio che da Karuma andava ad Arua ha impiegato diciannove ore per percorrere i cento chilometri che lo separavano da Pakwac; e questo non per motivi di sicurezza, ma solo per la lunghezza della carovana che aspettava a Karuma da tre settimane. Il suo autista, che prendeva parte al convoglio, ha raccontato che ad ogni foratura o rottura di qualche mezzo dovevano fermarsi tutti ad aspettare.

 

Siamo senza luce, e John, il ragazzo incaricato dei generatori e delle pompe dell'acqua, è stato fermato dai poliziotti mentre tentava di uscire ad accendere il generatore di emergenza per la notte; secondo loro la situazione era rischiosa. Ho dovuto andare io stesso a convincerli che lo lasciassero andare a fare il suo lavoro. Li ho lusingati dicendo che, dopo la lezione che ieri loro stessi avevano dato ai ribelli, questi non sarebbero tornati così facilmente; spero di non sbagliarmi... Li ho trovati, comunque, morti di paura, convinti che questa notte sarebbero stati attaccati di nuovo. Dicono infatti che ieri, venerdì, i ribelli hanno riposato come il corano comanda, e che questa notte, dopo un giorno passato ad implorare Allah, torneranno per la rivincita. I ribelli si starebbero islamizzando, e andrebbero già in giro a dire alla gente di non lavorare il venerdì. Speriamo che non comincino ad obbligare la gente a farsi circoncidere - cosa improbabile, comunque, perchè gli acholi non ne vogliono sapere di circoncisione. Quale che sia la situazione, si ha l’impressione che gli Arabi stiano usando Kony per destabilizzare l'Uganda e per arrivare un giorno ad avere il predominio sututto il corso del Nilo; se non fino al lago Vittoria, almeno fino al Lago Alberto, con tutto il West Nile.

 

Alcuni soldati, con la mitraglia pesante, sono al cancello principale. Gli altri sono fuori dalle mura.

 

Manano è tornato da Kampala portando su tre carrozzelle, una delle quali costruita appositamente per George, il ragazzo senza gambe e senza il braccio destro, e pagata dai Vigili del fuoco di Linate grazie alla sensibilazzione fatta, tra i colleghi, da Lorenzo Demartin. Le altre due le ha mandate Angelo Brugnoni: una per Konsi, una ragazza di dieci anni rimasta senza gambe dopo essere saltata su una mina il Venerdì Santo di quest'anno; l'altra per Charles, a cui delle gambe son rimasti solo due moncherini di dieci centimetri. Questi bambini sfortunati ora sono all'orfanotrofio, dove possono continuare la scuola e vivere più tranquilli che nei loro villaggi.

 

Dopo le notizie di ieri e di oggi, apparse sui giornali della Capitale, i medici che dovevano venire al Lacor per il loro anno di tirocinio hanno fatto sapere a Manano, nostro autista, mandato a Kampala appositamente per loro, che non erano ancora pronti, nonostante che gli accordi presi fossero molto chiari. Speriamo che la situazione cambi, in modo che Manano, la prossima volta che scenderà a Kampala, li trovi pronti.

 

Delle ragazze di Saint Mary's non si sa ancora niente.

 

Domenica 28-7-96 La notte qui da noi è passata tranquilla. Appena fuori Gulu, invece, al bivio per Kitgum e Patiko, dove ci sono il cantiere e il campo base degli stradini cinesi, c'è stata una sparatoria contro i militari che proteggono il campo. I ribelli, muovendosi verso Patiko, hanno portato via gente, bruciato un centinaio di capanne e ripulito tutte le botteghe di Bungatira e di Obia. In una delle capanne sono morti bruciati due bambini. Sarebbero rimasti uccisi anche alcuni ribelli e, tra i civili, una donna anziana.

 

In ospedale hanno portato solo due dei feriti: una donna che, nel tentativo di mettersi in salvo, si era slogata una spalla, e un’altra con un proiettile in un fianco. Quando il Dr. Stefano ha visto le lastre e’ rimasto di stucco: il proiettile - da mitraglia antiaerea, del diametro di quattordici millimetri e della lunghezza di quasi dieci centimetri – si era conficcato nelle ossa del bacino, passando tra un nervo e l’arteria femorale, senza provocare altre lesioni, se non la frattura di quelle ossa. La donna e’ stata operata immediatamente. Puo’ dirsi in qualche modo fortunata.

 

Questa mattina il reparto di chirurgia era particolarmente indaffarato anche per altri casi: un bambino, caduto da una pianta di mango, con il femore rotto; una donna con il braccio e il petto scottati dall'acqua bollente che il marito le aveva tirato addosso; una ragazza con un proiettile nella coscia, in seguito al raid dei ribelli tre giorni fa ad Olwal, sulla strada che va al nostro dispensario di Amuru. Un tenente, poi, mentre andava in motorino a Koc Ongako, avendo scambiato per ribelli alcuni uomini in uniforme, ha pensato bene di gettarsi in un fosso, guadagnandosi una lussazione al ginocchio, la frattura di alcune dita di una mano e un bel po’ di contusioni. E' stato poi soccorso da quegli stessi uomini in divisa – in realta’, suoi commilitoni.

 

Sembra che tutta questa pressione su Gulu e dintorni abbia lo scopo di distogliere le truppe governative dalle zone che i ribelli hanno perso: le colline di Kilak - ad esempio -, uno dei loro santuari.

 

29-7-96 Anche questa notte è passata tranquilla, benche’ sisianosentite raffiche di mitra in lontananza. Ho fatto contare le persone entrate in ospedale per dormire: erano duemilacinquecentocinquanta.

 

ore 12am. Mansur, il nostro Intelligence Officer, è venuto a chiedermi in prestito un mezzo che lo portasse in caserma: secondo alcuni autisti, ritornati sui propri passi, ci sarebbero quindici cadaveri allineati sulla strada nei pressi di Parabongo, poco distante da Pabo, dove abbiamo il dispensario. Altri dicono che quei morti siano vicino a un campo di stradini, chiamato Pida Patiko, e che, invece, i morti nel campo di Pabo non si contano: si tratterebbe di civili, uccisi questa notte. Speriamo che esagerino.

 

Si dice che i ribelli stiano cucinando, in questo momento, vicino a Keyo, sulle sponde del fiume Toci, a meno di sette chilometri da noi. Lo stesso Mansur mi ha raccontato che gli era stata consegnata una lettera in cui si diceva che i ribelli avrebbero fatto un blitz all’ospedale di Lacor per catturare civili e infermiere da portare in Sudan per l’addestramento. Per questa ragione, il comandante della caserma, ieri sera, aveva mandato rinforzi: quattro plotoni, centotrenta uomini in tutto.

 

Proprio ora hanno portato due militari, feriti questa mattina, poco dopo le otto, in uno scontro coi ribelli, a pochi chilometri dal ponte di Karuma sul Nilo. Il fatto e’ avvenuto nei pressi di quella cappella dedicata a San Giuseppe, che fa parte della parrocchia di Aber, con la facciata in una sorta di stile tardo-romanico. I militari avevano li’ un distaccamento. Auto e pullman diretti a Kampala sono tornati indietro, ma non abbiamo ancora particolari di quanto è successo. Si direbbe pero’ che stiano attuando il piano annunciato a Manano la notte che lo portarono via – quello, cioe’, di bloccare la strada Gulu-Kampala.

 

Ore 7.00pm. E' arrivato il convoglio di Kampala, con i pullman e i camion e tutte le altre auto, scortato da dieci autoblindo del tipo Mamba, con cinque mitraglie pesanti ciascuna. Confermano quello che ho già scritto, anche se non si conoscono ancora tutti i particolari dello scontro. Si parla di settantacinque militari uccisi. Alcuni pero’ dicono che lo scontro è avvenuto sulla strada che porta ad Arua, due chilometri dopo il bivio.

 

E’ arrivato un pick-up da Atiak, con un ferito trovato a Pabo. Abbiamo così avuto notizie delle nostre suore di Pabo e di quanto e’ accaduto da quelle parti. I ribelli sono arrivati a Pabo dopo aver fatto prigionieri sette uomini nella zona della scuola protestante. Lì il comandante, secondo la testimonianza del superstite, ha ordinato loro di sedere a terra, mentre gli altri avevano incominciato ad incendiare le capanne. Ai primi bagliori delle capanne in fiamme i militari della vicina caserma hanno aperto il fuoco; lo stesso comandante ha dato ordine allora, ai suoi, di uccidere a sangue freddo i prigionieri e di disperdersi.

 

Non sono arrivati al nostro dispensario e le nostre suore non sono state quindi disturbate; penso pero’ che abbiano passato momenti molto brutti. Vivono ancora da sole, perchè il prete, dopo essere stato temporaneamente rapito dai ribelli, non ha più il coraggio di rimanere in parrocchia e abita in Episcopio col Vescovo.

 

Gli ostaggi sono morti tutti sul colpo, tranne quello che hanno portato qui e che mi ha riferito questa storia agghiacciante.

 

A Parabongo, invece, ieri - stando a quanto mi riportano alcuni testimoni oculari -, i ribelli hanno radunato tutta la gente della zona e hanno dichiarato, in una specie di comizio, che la grande offensiva era incominciata e che entro questo mese chiuderanno tutte le strade che portano a Gulu o nel West Nile. Hanno detto che non vogliono vedere biciclette in giro e hanno intimato alla gente di ritirarsi di almeno cinque chilometri dalla strada principale; in caso contrario, la risposta non si sarebbe fatta attendere.

 

Questo lo hanno detto ieri, e questa notte hanno preso diciassette uomini, li hanno legati e, dopo averli fatti sedere sul margine della strada principale, li hanno uccisi ad uno ad uno colpendoli in testa con un macete.

 

Si parla di altre stragi come questa, lungo il percorso che porta a Pabo, con un totale di almeno quaranta vittime.

 

Delle ventitre ragazze del Saint Mary's non si sa ancora niente.

 

Come se non bastassero i ribelli, certe volte anche i militari ce la mettono tutta per far soffrire questa povera gente. E’ capitato anche questa notte. Il fatto è successo nel villaggio del mio magazziniere. Me lo racconta lui stesso: Sono le due di notte. Vengo svegliato da qualcuno che bussava. Non rispondo: l’ora non e’ opportuna. Ci sono delle voci. Dapprima, confuse. Poi pero’ sento che mi chiamano, e chiedono aiuto. E’ Abalo, la moglie di Marcello Obita – un mio muratore morto un mese fa di AIDS -. "Acaye”, dice,”vieni a salvarmi, perchè vogliono uccidermi. Tu che sei RC lasci che mi uccidano davanti alla tua porta?” Cosi’ esco e vedo un militare con il mitra spianato e la donna di Obita col suo bambino in braccio. Il soldato mi intima di dire alla donna di rientrare nella capanna, e che lui non le fara’ niente di male. Io gli chiedo che cosa ci faccia in giro a quell'ora; gli dico di non disturbare quella povera donna, che da neanche un mese ha perso il marito, e che, se vuole andare a donne, vada in citta’ dove vendono birra, e li’ trovara’ le puttane. Dico poi alla donna di rientrare nella sua capanna, ma lei ha paura che l'uomo la possa seguire. Cerco di convincere quel tale, ubriaco e drogato, a ritornare sulla strada, dove i suoi compagni sono di guardia, e la donna a rientrare nella sua capanna, nella speranza che nel frattempo qualcuno mi senta e venga in nostro aiuto. Ho saputo poi che alcuni giovani stavano osservando la scena di nascosto, ma nessuno ha avuto il coraggio di venire allo scoperto. A un certo punto il soldato prende la donna, tentando di trascinarla nella sua capanna. La donna pero’ riesce a liberarsi e si rifugia nella mia capanna. Mia moglie, capendo che il militare seguira’ la donna, si nasconde sotto il letto. Il militare entra nella capanna e io dietro di lui. Il militare allora comincia a gridare che devo uscire, che altrimenti mi uccidera’, che dopo tutto gli acholi sono tutti ribelli e che solo ieri gli hanno ucciso il Maggiore, e che se la donna spera di essere difesa da me ha fatto male i suoi conti, dato che lui ha ricevuto l'ordine di uccidere gli acholi e uccidendo me non farebbe altro che il suo dovere. Io cerco ancora di convincere Abalo ad andarsene nella sua capanna, con la speranza che poi riesca a trovare il modo di scappare. Vorrei poter disarmare il soldato, ma sono zoppo e, visto che ha tolto la sicura del mitra ed e’ ubriaco, decido di uscire. Mia moglie, da sotto il letto, riesce a scappare senza che il militare se ne accorga. L'uomo si avventa sulla donna facendole cadere a terra il bambino in malo modo. Il bambino scoppia a piangere. Nel frattempo escono dal loro nascondiglio i giovani che assistevano di nascosto alla scena. Li rimprovero per non essere venuti subito in mio aiuto e cerchiamo di organizzarci. Due di loro, con una corda si piazzano ai lati della porta. Il bambino continua a piangere forte, mentre la madre viene violentata. Il tempo passa, ma il soldato non esce. Poi si fa silenzio. Il bambino ha smesso di piangere. Sentiamo che la madre lo sta consolando. Il soldato, sotto l’effetto dell’alcol, si e’ addormentato profondamente. Il cognato di Abalo e altri due si avventano su di lui e lo legano come si deve. Sono ormai le quattro di mattina e decidiamo di aspettare l'alba per consegnarlo ai suoi capi. Non gli facciamo niente, per paura che poi gli altri militari se la prendano con noi, quasi che fossimo ribelli. Quando arriviamo al loro quartier generale, sotto gli eucalipti, i soldati lo prendono e cominciano a pestarlo. Ascoltano la nostra versione dei fatti. Poi la sua. Lui si difende dicendo che era d'accordo sia con la donna che con me, tant’e’ che gli avevo anche prestato la mia capanna perche’ se la facesse con quella donna. Dopo averlo battuto per bene, lo portano in caserma. Dicono alla donna di farsi fare un certificato medico come prova della violenza subita, per quando lo porteranno in tribunale.

 

Questo fatto, purtroppo molto comune tra i soldati, ci ha fatto riflettere sui rischi che corrono le nostre infermiere dentro le mura dell'ospedale, per via di questa massiccia presenza di militari. Il Dr. Matthew si è proposto cosi’ di andare direttamente da Salim Saleh, comandante supremo, perchè questo fatto sia punito in modo tale da scoraggiare gli altri militari da comportamenti simili.

 

Dopo i fattacci di oggi il numero di persone entrate per dormire supera di gran lunga quello di ieri. A occhio e croce, sono entrate più di cinquemila persone.

 

Da venerdi siamo senza luce. Sembra che durante l’attacco di qualche giorno prima i ribelli abbiano danneggiato proprio il trasformatore grande, e che pero’ gli addetti ai lavori se ne siano resi conto solo venerdi ‘ - appunto - quando ha incominciato a fumare. Per noi e’ un bel guaio e una grossa spesa in più, dal momento che dovremo usare solo i nostri generatori.

 

30-7-96 Anche questa notte siamo stati svegliati verso l'una e mezza da mitragliate e forti esplosioni, provenienti dalla zona della caserma o dai dintorni. Non sappiamo ancora che cosa sia successo. Dicono solo che i ribelli hanno fatto sapere che attaccheranno la città per undici giorni senza sosta.

 

Il nostro autista Bosco e’ arrivato un po’ in ritardo, perchè la sparatoria di questa notte è avvenuta nella sua zona – a Lalia, cioe’, sulla strada di Lokome, dove c’e’ un altro distaccamento militare. Bosco ha detto che i ribelli erano accampati già da ieri sera vicino alla nuova parrocchia di St. Maurice, ma la gente li aveva presi per soldati regolari.

 

Dopo la battaglia i ribelli cercavano disperatamente un po’ di gente che li aiutasse a portare via i feriti: a giudicare dalle tracce di sangue lasciate, dovrebbero essere numerosi. I ribelli rimasti uccisi nel luogo dello scontro sarebero tre; uno solo dei militari e’ rimasto ucciso. Nel fuoco incrociato ha perso la vita anche un insegnante del collegio femminile del Sacred Heart che abitava in quella zona.

 

Qui in ospedale non hanno portato feriti. Ho sentito dire, pero’, che ne hanno portato sei all'ospedale governativo di Gulu. Sono ragazzi della scuola T.T.C. di Unyama. Sono rimasti feriti ieri sera: i ribelli erano in cerca di qualcosa da mangiare, e loro, presi dal panico, si sono messi a correre. Purtroppo due studenti sono rimasti uccisi.

 

Un soldato che ho incontrato all'aeroporto sostiene  che i ribelli avrebbero attaccato dapprima i militari di guardia agli hangar, dove e’ custodito, oltre al resto, anche un grosso aereo per il rifornimento delle truppe nel West Nile. Trovando pero’ la difesa troppo forte e preparata, avrebbero deciso di attaccare, invece, il distaccamento di Lalia, dove c'è anche il cantiere della SIETCO, la compagnia cinese. Pensavano che potesse essere un bersaglio facile, perchè il giorno prima c'erano solo Home Guard e qualche poliziotto. Nella tarda serata, pero’, in previsione di un attacco, erano stati mandati rinforzi. I ribelli, cosi’, hanno avuto la peggio.

 

Nell'attacco di Karuma sarebbero morti circa trecento soldati. Altri sarebbero stati fatti prigionieri. Dicono che i ribelli abbiano portato via anche un’autoblindo.

 

Per il resto la giornata è filata via tranquilla, tranne che per qualche momento verso mezzo giorno, quando la gente si è messa a correre per un allarme dato da qualcuno proveniente da Lacor Seminary: i ribelli stavano passando in gran numero; non sisa bene in quale direzione. Ho saputo più tardi che i ribelli avevano lasciato una lettera per il rettore del seminario. C’era scritto che non più tardi di venerdì sarebbero tornati a prendere i seminaristi: avevano bisogno, infatti, di gente seria, brava e intelligente come i seminaristi per portarli in Sudan per un training e per poi tornare a conquistare il potere. Il rettore, spaventatissimo, non ha fatto altro che correre a destra e a sinistra, senza però ottenere nulla, se non un supplemento di paura e di ansia.

 

Gli uomini dell'intelligence della caserma sono venuti a sapere che i ribelli hanno intenzione di attaccare il nostro ospedale proprio questa notte. Oltre ai rinforzi, hanno mandato cosi’ anche due Mamba al Custom Corner, nell’eventualita’ che i nostri militari abbiano bisogno di appoggio.

 

Mi auguro che la notizia non sia trapelata. Ugualmente, pero’, si notano segni di tensione e di stanchezza nel nostro personale, anche perchè ormai sono parecchie notti che veniamo svegliati sul più bello, con metodi che non sono tra i più ortodossi. A parte questo, comunque, la gente che lavora qui regge bene, anche grazie al fatto che non e’ pienamente al corrente di quello che sta succedendo e non avverte il peso della responsabilità. Questa invece grava in pieno sul Dr. Matthew, che, in assenza del Dr. Corti, e’ il Direttore Sanitario. Se ci fosse un’incursione in ospedale toccherebbe a lui affrontare i ribelli, dato che questi rispettano rigorosamente l’ordine gerarchico e vogliono avere a che fare direttamente con chi comanda.

 

Abbiamo fatto sistemare, intanto, le chiavi dei depositi di medicine sulla finestra di Suor Lina, nell’eventualita’ che entrino i ribelli e che si debba adoperarle.

 

E' stata rilasciata una ragazza del St. Mary's College. E' figlia di un parrocchiano di Holy Rosary, che ieri l’ha portata qui per una visita medica. Abbiamo potuto sapere, cosi’, qualche altro particolare della faccenda: le ragazze si trovavano nel dormitorio della scuola. I ribelli presidiavano porte e finestre e non ebbero difficolta’ a portarle via tutt’e ventiquattro. Tre riuscirono a scappare quasi subito. Lei, con le altre venti, continuo’ a camminare per sentieri sconosciuti. Puo’ dire solo che erano oltre Pabo.

 

Kony era in mezzo a loro, vestito da civile, coi capelli ben curati. Secondo la ragazza era molto elegante. Viaggia con il suo attendente, che gli porta sempre appresso una bella sedia; ogni volta che si fermano, Kony si siede. Mangiavano si e no una volta al giorno - cibi cotti, alcuni, ma i più roba cruda.

 

La ragazza aveva trovato tra i ribelli un suo amico d'infanzia, catturato a suo tempo dai ribelli, ma ora perfettamente integrato tra di loro. Questi, vedendo che l’amica, con i piedi ormai pieni di piaghe, non ce la faceva più a camminare, si era adoperato in suo favore direttamente con Kony, che aveva accettato cosi’ di liberarla nei pressi di Pabo, con altre compagne. Si son tenuti le piu’ carine, e Kony ha anche detto che le avrebbero portate in Sudan.

 

I feriti che non ce la fanno a camminare o che sono troppo pesanti da trasportare vengono ammazzati (la stessa ragazza era stata testimone di una di queste esecuzioni). I ribelli, poi, preferirebbero prendere in ostaggio i ragazzi, perchè più facili da addestrare, controllare e convincere con la menzogna ad attaccare e uccidere.

 

La BBC, nel corso di Focus on Africa, parlando dell'attacco di Karuma, ha detto questa sera che secondo il Governo ci sarebbero stati quaranta morti tra i militari e diciotto tra i civili. Il portavoce dei ribelli, da Nairobi, ha detto invece che i militari uccisi sarebbero più di ottanta e che loro non hanno ammazzato nessun civile; e’ stata attaccata una postazione militare e se nello scontro è rimasto ucciso qualche civile non si sentono responsabili: loro non attaccano nè fanno mai male ai civili. Il portavoce ha aggiunto poi che l’obbiettivo deiribelli e’ rappresentato dalle caserme; soprattutto quella di Gulu, dove sono raccolti più militari che in tutte le altre dell’Uganda messe insieme. E’ per questo che tengono sotto pressione Gulu, e non ci sarà tregua finchè non avranno sconfitto l'esercito di Museveni e conquistato le caserme.

 

Quando il corrispondente della BBC ha chiesto al portavoce le ragioni della strage fatta giorni fa tra i rifugiati Sudanesi, questi ha risposto che quella strage era stata fatta dall'esercito di Museveni e non da ribelli di Kony, e che Museveni usa spesso questi metodi per screditare Kony ed il suo esercito agli occhi della gente e dell'opinione pubblica mondiale. Purtroppo questo modo di pensare è molto comune tra i nostri acholi, anche tra quelli istruiti, come i preti, ad esempio. Quando, tempo fa, i ribelli seminavano il terreno di mine anti-uomo e le strade di mine anti-carro, provocando tante vittime e tanto disagio alla gente che viaggiava, un prete acholi faceva gli stessi ragionamenti, sfidandomi a dimostrare che erano i ribelli a mettere giù le mine, bruciare i veicoli e ammazzare gente. Gli risposi di chiedere a Mons. Celestino o a Padre Santo – acholi come lui, entrambi portati via come ostaggi dopo che le loro auto erano state bruciate - se la responsabilita’ fosse degli uomini di Kony o di quelli di Museveni.

 

Altro esempio: ieri un mio operaio mi diceva che i ribelli erano nella sua zona e non facevano niente alla popolazione, e che era gente per bene. Gli ho chiesto allora che mi spiegasse come mai il giorno prima avevano fatto quella stragi di civili sulla strada di Pabo. Mi ha risposto che a commettere quelle azioni erano stati i militari e non i ribelli. Il tragico della faccenda è che sono pienamente convinti di quello che dicono e incapaci di guardare in faccia la realtà e giudicare i fatti con obiettività. Quando li sento parlare così mi viene dentro una tale irritazione che mi è molto difficile controllarmi, e dico cose che forse non dovrei dire.

 

31-7-96 Contrariamente alle previsioni e alle paure di ieri sera, la notte è passata tranquilla, e almeno fin ora non abbiamo sentito che i ribelli abbiano attaccato da nessuna parte. Sappiamo solo che sono molto vicini a noi, verso Alokolum, e che stanno preparando il pranzo. Avrebbero anche lasciato un messaggio in cui dicevano che questa notte sarebbero andati in citta’, a Gulu, per eseguire il loro ultimo lavoro. Oggi, intanto, dopo le minaccie di ieri, il rettore del seminario ha deciso di mandare via i seminaristi e chiudere il seminario.

 

Ieri hanno portato un ferito, di nome Oryem John, da Parabongo. Era un superstite della strage fatta lunedì dai ribelli. Aveva la testa fracassata e ormai piena di vermi. Purtroppo questa notte è morto. Ed è il fratello di Suor Alice Amal, suora africana delle Mary Immaculate Sister, che lavora a Kampala. Il tipo di ferita conferma quanto ci avevano riferito: che quegli ostaggi sono stati uccisi a colpi di machete.

 

Verso sera ci è arrivata una lettera da Pabo, scritta da Suor Bibiana: le suore stanno bene, ma la situazione sta peggiorando."Troppe uccisioni e case incendiate" - dice. Le suore sono lì ad aspettare, con le scuole chiuse, e “i nostri amici " – dice – “vogliono venire a prendere le medicine”. Sono due giorni che non lavorano e se la situazione non migliora non riapriranno il dispensario. Anche le strade – aggiunge - sono piene di mine, e ieri ne sono state rimosse più di cinque. Conclude dicendo: "preghiamo gli uni per gli altri: le nostre vite sono nelle mani di Dio solo."

 

Scende la sera, la luna e’ piena e di un colore cupo come di sangue. Quasi come un triste presagio. La gente dei dintorni ormai dorme tutta in ospedale. Con la paura cresce anche l'angoscia che ti impedisce di dormire. Non ci resta che pregare la Regina della pace che ci protegga. Quando, questa sera, parlando coi miei operai, ho chiesto loro se i ribelli avrebbero attaccato anche l’ospedale, mi hanno risposto che avevano sentito dire che non l’avrebbero attaccato, in segno di riconoscenza per quello che avevo fatto – l’aver seppellito i loro morti - e che, per quel gesto, mi ringraziavano. Mi fido poco delle loro promesse, perchè "sono menzogneri fin dall'inizio", come dice la scrittura. Forse è meglio mettersi sotto la protezione di Gesù e di Maria, sua Madre.

 

Ore 11.30pm E' incominciata una grande sparatoria, nella direzione delle baracche o dell’aeroporto, con mitraglie, granate e mortai. Dura già da un quarto d'ora. Hanno lanciato un bengala che sta illuminando anche l'ospedale - mi pare dalla zona del Negri College.

 

Sono le 11.46 pm, ed è tornato il silenzio. ma io non riesco a dormire e mi sento addosso la malaria.

 

1-8-96 Ore 7.30am Non conosco ancora i particolari, ma sembra che i ribelli volessero portar via i ragazzi del Negri College; non ci sono riusciti, pero’, perchè il collegio era protetto da un gran numero di soldati e di poliziotti. Andando poi via in direzione della Farm, avrebbero bruciato delle capanne e portato via qualche civile. Sembra che da nessuna delle due parti ci siano state vittime o feriti.

 

8.30am I ribelli sono appena passati sotto la nostra piantagione di eucalipti. Sono passati anche nel villaggio di capanne che avevo costruito anni fa, verso la Farm, spaccando tutte le porte. Non hanno trovato nessuno dei nostri dipendenti, perchè dormono tutti in ospedale. Il mio capo-operai Ayella non si e’ ancora fatto vedere, e pare che siano passati anche dal suo villaggio. Si parla di quattro persone, non ancora identificate, trovate morte nella zona sotto l'ospedale, dove c'è una grande prateria, a est della Farm del Vescovo, in cui di solito pascolano le mucche.

 

Vengo a sapere in questo momento che uno di loro è un ragazzo delle Elementari di St.Joseph e che tutti sono stati ammazzati a colpi di zappa in testa.

 

Ore11.30 Sono andato a raccogliere le quattro vittime di questa notte. Erano nel villaggio di Alex, mio operaio, a meno di un chilometro e mezzo dall’ospedale, e sono stati ammazzati a colpi in testa, con il rovescio della zappa. Erano con le mani legate dietro la schiena, in una pozza di sangue e avevano la testa fracassata e deformata dalle botte. Due erano parenti della nostra cuoca Teresa; gli altri, parenti del segretario parrocchiale. Il villaggio è stato completamente bruciato, e abbiamo messo le salme nel loro cortile all'aperto, in attesa di seppellirli.

 

Cose da far rizzare i capelli! La gente e’ come inebetita.

 

Il bilancio di oggi non e’ ancora definitivo: fino adesso è di quattro morti, ma dicono che ce ne siano degli altri in giro. Sono rimasti anche feriti alle gambe due militari.

 

Dalle baracche, ieri sera alle undici, avevano mandato un messaggio via radio, dicendo che avrebbero inviato due plotoni di rinforzo per l'ospedale. Non sono pero’ mai arrivati, perchè subito dopo la loro partenza, poco prima del Negri College, si sono imbattuti nei ribelli, che hanno aperto il fuoco su di loro ferendo i due soldati. Così è incominciata la battaglia. Me l’ha riferito Brown.

 

Le capanne bruciate sono venti - tutte nelle vicinanze del cimitero della missione, sulla strada che va alla Farm. Non riusciamo ancora a spiegarci la crudeltà usata per l'esecuzione di queste povere persone. Qualcuno pensa che sia stata una vendetta, ma fino ad ora non se ne conoscono i motivi.

 

Erano senz'altro due gruppi: uno con l’obiettivo di portare via le ragazze della TTC e quelle del Sacred Heart – da sole, più di settecento -, e l'altro con l’obiettivo di rapire i ragazzi del Negri College. Non avendocela fatta, forse hanno scaricato la loro ferocia su quei poveri innocenti. I due gruppi di ribelli si sono incontrati nuovamente nei prati della Farm e sulle prime si sono sparati addosso; poi si sono riconosciuti.

 

Sulla strada che ho fatto per andare a recuperare le salme di qui poveri disgraziati, i militari, su segnalazione della gente del posto, avevano recuperato tre mine antiuomo.

 

Questa sera è arrivato da Keyo un uomo, ferito alle gambe da una mina antiuomo, fortunatamente in modo non grave, perchè la forza della mina si è scaricata sul cerchione della bicicletta su cui viaggiava. Era un pezzo ormai che non piazzavano mine antiuomo; si vede che hanno ricevuto nuovi rifornimenti dal Sudan.

 

Speriamo che questa notte, essendo sacro ai Musulmani il venerdì, passi tranquilla e ci lasci il tempo di recuperare; altrimenti uno per volta crolleremo anche noi.

 

Oggi ho avuto la malaria, con trentotto e mezzo di febbre, e ho preso le clorochina. Sta­sera pero’ il dr. Matthew, visto che ho ancora febbre, mi ha consigliato di incominciare con la medicina cinese, perchè – ha detto - non posso permettermi, in questa situazione, di tirarla per le lunghe.

 

Abbiamo saputo, dal nipote del dr.Corti, che Lucille è ormai alla fine: è assopita e non risponde più. Io prego ancora che ricuperi, ma se la volontà di Dio è un'altra, che il Signore la porti con se’ nella sua gloria. E’ il premio meritato per questa serva fedele, per come ha alleviato le sofferenze di Cristo stesso in tutti i malati che ha incontrato nelle corsie di questo ospedale. Prego anche che faccia una morte serena, circondata dai suoi cari, e che venga accompagnata alla dimora eterna da Gesù, Giuseppe e Maria, con Padre Ambrosoli e tutti i nostri cari defunti che ci hanno preceduto.

 

Sia chiaro, comunque, che Lucille appartiene al Lacor, e qui deve tornare, per rimanere sempre qui tra la gente che ha amato, come esempio perenne di dedizione al Malato e come persona da imitare.

 

2-8-96 Venerdì. La notte è passata tranquilla, e le persone entrate a passare la notte in ospedale ed uscite questa mattina dal cancello prima delle sette erano tremila novecentocinquanta, ma considerando quelli rimasti ancora in ospedale. i parenti del nostro personale etc., con una stima per difetto, possiamo senz'altro dire che il numero complessivo degli ospiti superi i cinquemila.

 

Ore12.10 pm. L'ambasciata italiana, con una telefonata, ci ha comunicato la morte di Lucille. Siamo tutti immersi nel dolore per questa perdita, e il solo conforto che possiamo avere in questa situazione di pericolo in cui ci troviamo è di saperla in Paradiso, con la certezza che farà di tutto per proteggere il suo ospedale e tutti quanti noi da queste orde di selvaggi impazziti. Siamo vicini a Piero in questo suo doloroso distacco, sicuri che quel rapporto di stima e di amore che ha caratterizzato tutta la loro vita continuerà per l'eternità. E’ stata una vita di dedizione reciproca, di cui noi, che siamo vissuti insieme a loro in questi ultimi anni, possiamo rendere testimonianza.

 

Un pensiero di partecipazione al dolore di Dominique - "la mia bambina" la chiamava e ne parlava con orgoglio con tutti, e cercava di colmarne mancanza fisica tappezzando tutta la casa di foto di lei. Sua immensa gioia è stato il giorno del matrimonio di Dominique con Contaldo, e non finiva mai di lodarlo e ringraziarlo. Anche ai fratelli, alle sorelle e a tutti i nipoti un pensiero di condoglianze e un grazie per tutto quello che avete fatto per sostenere moralmente e finanziariamente l'opera di Piero e Lucille, orgoglio della nazione ugandese, ma anche orgoglio di tutti voi. E voglio ringraziare ancora una volta Lucille per l'amore che ha sempre avuto nei miei confronti, considerandomi come un suo figlio.

 

Con grande dolore e affetto

                                                                                                                          Elio

 

ore 8.30pm Padre Piffer, via radio, da Anaka, ci fa sapere che e’ chiuso in casa e che fuori ci sono più di trecento ribelli, ed hanno ordinato alla gente di stare tutti in casa e di non muoversi per le strade nè in macchina nè in bicicletta.

 

Mi e’ stata data una spiegazione della brutale esecuzione di quei quattro poveri diavoli. Tempo addietro, dal villaggio che ieri hanno bruciato, i ribelli, in una delle loro scorribande, avevano rapito un ragazzo. Successivamente questi era riuscito a scappare e a tornare a casa. Quando, l'altra notte, sono arrivati i ribelli lui era a letto con una gamba gonfia in seguito al morso di un serpente. Visto che non era in grado di camminare, i ribelli l’hanno massacrato di botte e, credendolo morto, l’hanno lasciato li’. Hanno preso poi altri quattro dello stesso villaggio e, legate loro le mani dietro la schiena, li hanno condotti in un altro villaggio in campagna e li hanno ammazzati nel modo che ho già descritto ieri.

 

Questo ci da’ un’idea dei metodi usati per terrorizzare questi poveri ragazzi rapiti. Si capisce perchè non tentino di fuggire e come, forse per salvare la loro stessa vita e quella dei loro famigliari, accettino di eseguire gli ordini dei loro capi demoniaci, compiendo azioni di una crudelta’ impensabile per un adolescente.

 

Sabato 3-8-96 La notte è passata tranquilla. Ieri invece i ribelli avrebbero voluto attaccare il distaccamento militare di Koc Ongako. Poche ore prima, pero’, i militari avevano lasciatoil campo. Così i ribelli hanno scaricato la loro ferocia e la delusione sui civili, ammazzandone almeno sette e bruciando parecchie capanne. Dovunque passino commettono atrocità indescrivibili e la gente è ormai esasperata e terrorizzata, e tutte le nostre istituzioni - la missione, il catecumenato e perfino la cattedrale - sono diventate altrettanti rifugi dove la gente passa la notte.

 

Questa sera verso le cinque hanno portato un militare con tutt’e due le gambe a brandelli, vittima di una mina antiuomo. Non so ancora da dove arrivi. Una gamba l’ha persa, mentre l'altra il dottor Stefano ha cercato di salvarla.

 

Oggi, abbiamo sentito che i ribelli hanno tentato di assaltare il convoglio diretto in West Nile, via Karuma-Pakwac, attraverso il Parco, ma sono stati respinti e sembra non ci siano state vittime.

 

Questa mattina, alle 6.45, abbiamo avuto la S.Messa in suffragio di Lucille, con le suore e le solite persone che vengono a pregare a quell'ora, mentre alle 11 abbiamo avuto una messa solenne all'aperto, nel cortile interno dell'ospedale, presieduta dal vescovo, con tanti altri sacerdoti sia bianchi sia neri. L'omelia del vescovo ha messo in risalto la completa dedizione dei Corti, e in particolar modo di Lucille, nel curare gli ammalati - dedizione incondizionata al malato, durata dal giorno dell’arrivo a Lacor, nel 1961, fino al momento dell’ultima partenza, due mesi fa. Ha sottolineato anche l'esempio che ci hanno dato quanto a vita cristiana: la loro assiduita’ alla Messa e ai sacramenti, ma soprattutto la loro fedeltà matrimoniale, fatta di sacrificio, amore e tenerezza reciproca - "cosa che noi africani e acholi non abbiamo ancora imparato”, ha detto. E ha aggiunto: “Anche in questo, quindi, i Corti ci sono stati di grande esempio. Amando Dio e il prossimo più di loro stessi hanno vissuto nel modo giusto i comandamenti del Signore. Alla base di tutta questa vita spesa per gli altri, alla base di questa grande opera che è l'ospedale sta la fedeltà nel seguire la chiamata MISSIONARIA da parte del Signore - quella di venire in questa terra Acholi e servire Lui nel povero e nel sofferente. Il Signore ha fatto grandi cose per noi dandoci Lucille. Per questo lo ringraziamo, lo benediciamo e lo lodiamo nei secoli".

 

Il momento più commovente si e’ avuto alla preghiera dei fedeli, in cui la gente comune poteva esprimere con la preghiera i propri sentimenti. Più d’uno non è riuscito ad arrivare in fondo, bloccato dalla commozione e dalle lacrime. E’ successo a suor Lidia e a Corinna, cuoca di Lucille per tutti questi anni. E’ successo anche ad Apollonia, maestra di prima elementare di Dominique, che ha detto: "Signore, Dio onnipotente, voglio ringraziarti con tutto il mio cuore per il dono che ci hai fattocon la Dottoressa Lucille. Ti voglio ringraziare in particolare per l'amore che Lucille ha avuto per noi. Quando sono venuta a salutarla, prima che partisse, mi disse: <<Io sono contenta: morirò come la mia gente; perchè tanti acholi muoiono di questa malattia, e anch'io ringrazio il Signore di poter morire come loro. E ringrazio il Signore perche’ Dominique ha scelto di essere medico come me. Chiedo quindi a te, che sei stata la sua prima maestra, di pregare il Signore che metta nel suo cuore il desiderio di tornare indietro, con suo marito, per continuare il lavoro che io ho incominciato>>. Prego il Signore che ascolti la preghiera che Lucille ha fatto quando ancora era tra noi, e prego che Dominique e suo marito ci pensino e decidano di venire a lavorare in questo ospedale, soddisfacendo così il grande desiderio di Lucille".

 

La gente, di fronte alla notizia della morte di Lucille, esprimeva dolore e rammarico, collegandoli immediatamente a qualcosa di grande che Lucille aveva fatto a ciascuno, individualmente. E le persone da lei beneficate sono centinaia di migliaia. Solo quelle operate personalmente da lei superano le trentamila. Queta sera, per esempio, tornando dal centro di Gulu, ho dato un passaggio a uno sconosciuto. Mi diceva che non potrà mai dimenticarla, perchè qualche anno fa, quando aveva portato in ospedale sua sorella in fin di vita, e tutti ormai la consideravamo spacciata, la Dottoressa Lucille si era messa disperatamente a lavorare sul suo caso e - con grande soddisfazione di tutti i parenti – era riuscita a rimettere in piedi la donna, che vive tuttora in buona salute.

 

Domenica 4-8-96 Il numero di persone che entrano in ospedale per dormire continua ad aumentare. Questa mattina non le ho fatte contare ma superano le cinquemila unita’. La ragazza che ci aiuta in casa mi diceva che ormai la gente non dorme più nei villaggi, e viene tutta in ospedale; solo qualche uomo dorme ancora vicino al proprio villaggio, nascosto in qualche avvallamento.

 

La notte è passata tranquilla, anche se disturbata per lungo tempo dal rumore di grossi mezzi da guerra e di pezzi di artiglieria pesante, che passavano appena fuori dal nostro cancello, nella direzione di Pabo.

 

Oggi c'è stata la messa per Lucille in Cattedrale, presieduta, anche lì, dal Vescovo Martino. Stesse espressioni di affetto e di dolore per la perdita di questa donna ECCEZIONALE. Nella preghiera dei fedeli una donna diceva: "Signore Gesù, che hai detto che non c'è amore più grande che dare la vita per quelli che si amano, questo è particolarmente vero oggi per la dottoressa Lucille, che ha donato e sacrificato tutta se stessa e la sua stessa vita, prodigandosi senza riserve e senza risparmio per alleviare le sofferenze e per salvare la vita degli altri - contrariamente a quello che avviene oggi nella nostra terra acholi, dove molti usano la loro vita e la loro forza solo per uccidere gli altri senza pieta’. Mentre dai, o Signore, la giusta ricompensa alla tua fedele serva Dottoressa Lucille, preghiamo anche per questa gente cattiva perché tu voglia toccare loro il cuore e perche’ la smettano di bruciare i nostri villaggi e di uccidere. Per questo ti preghiamo".

 

Un grido di gioia poi ha riempito la Cattedrale quando il Vescovo ha annunciato che il Dottor Corti, superando le assurde difficolta’ burocratiche legate alle leggi italiane, aveva ottenuto il permesso di trasportare in Uganda la salma di Lucille. Grati al Signore di poterla avere per sempre tra noi, non ci resta che aspettarla ed esprimerle ancora una volta la nostra riconoscenza per l'amore che ha avuto per gli acholi e per tutto il popolo ugandese.

 

Ore 4pm Abbiamo saputo che ieri i ribelli hanno attaccato il centro di Minakulu, distante una trentina di chilometri da Gulu, sulla strada che va a Kampala. Dicono che hanno fatto tanti morti civili e distrutto e razziato le botteghe.

 

Questa notte o questa mattina presto, poi, i ribelli avrebbero ucciso altri civili, sempre sulla strada di Kampala, ma a Koroabili, dove Padre Albertini ha la chiesetta circondata da un parco di pini e dove io mando tutti i giorni il camion coi mattoni, per finire il muro di cinta. Si parla di diciassette morti allineati sulla strada: sono stati uccisi come quelli sulla strada di Pabo, a randellate in testa. Stessa sorte è toccata ad altri undici civili, un po’ più avanti, tra Palenga e Bobi, dove abbiamo fatto il reparto di maternità.

 

I mezzi e l’artiglieria pesante che sono passati questa notte sono andati ad attaccare un covo di ribelli - il loro quartier generale, si dice - su una montagna chiamata Guru Guru, che si trova andando ad Amuru. Non sappiamo ancora quali risultati abbia avuto l’operazione, ma, a detta dei militari il campo sarebbe stato distrutto e i ribelli, guidati – pare – dallo stesso Kony, dispersi. Dicono che questa mattina si sentivano i colpi di artiglieria fino qui, ma io non li ho sentiti.

 

Ore 8.30pm Il dottor Matthew questa mattina è andato a Lira, ma non è ancora tornato e ormai è buio. Forse avrà fatto tardi e avrà pensato bene di dormire a Lira, perché la strada è poco sicura. Ma avrebbe potuto avvertirci via radio, e noi saremmo stati più tranquilli.

 

Padre Piffer, da Anaka, ha detto che questa mattina alle dieci il suo catechista, mentre con altri quattro andava in bicicletta a pregare alla cappella di Porongo, e’ stato fermato dai ribelli. Sono stati pestati, e le loro bici sono state bruciate, perché non avevano ubbidito agli ordini - di non viaggiare, cioe’, nè in bici nè in macchina nei giorni di venerdì e di domenica.

 

Padre Paolo, per parte sua, ci segnala, da Opit, che i ribelli sono ancora in zona, dopo una breve assenza, e che avrebbero scritto una lettera promettendogli una visita per questa notte.

 

I militari hanno appena portato un loro commilitone, ucciso per sbaglio, da loro stessi. Il fatto è avvenuto appena fuori dal cancello del Sacred Haert alle sette e mezza di questa sera. Era ubriaco e si era messo a minacciare con il fucile la gente e a molestare le donne. I militari di guardia alle ragazze del collegio, allora, si sono messi a inseguirlo. Lui ha reagito minacciando anche loro; al che uno deisoldati ha cercato di fermarlo sparandogli alle gambe. Il colpo, pero’, l’ha preso in pieno petto e l’ha ucciso sul colpo. Era uno del Sud, e faceva parte di un drappello che la gente aveva scambiato per un gruppo di ribelli, perché tornavano stanchi e sporchi, nel tardo pomeriggio, da una perlustrazione nella zona di Koc.

 

Lunedì 5-8-96 La notte è passata tranquilla. Nella zona di Layibi, invece, dove la nostra strada si immette su quella di Kampala, questa notte i ribelli hanno svaligiato le botteghe, rompendo le bottiglie di birra e scolandosi invece quelle di cocacola. Dove non sono riusciti ad entrare per la porta, sono entrati dal tetto sollevando le lamiere. Poi sono ripartiti, sparando, come fanno sempre, raffiche di mitra all'impazzata e bruciando tutte le capanne che trovavano lungo il tragitto.

 

Finalmente, alle undici, è arrivato il Dr. Matthew e ci ha spiegato il suo ritardo. Alle cinque era già arrivato nella zona di Palenga, ossia a soli dieci chilometri da Gulu, quando è stato fermato dai militari perché poco più avanti era in corso una battaglia. Hanno deciso allora di tornare indietro e dormire a Lira. I ribelli avevano sparato ad una macchina del DMO Office e ad un camion, e poi avevano incendiato i due veicoli. Matthew dice che avevano anche ucciso alcuni civili. Ha detto di aver visto, ieri mattina, i morti di Koroabili e che anche quelli dopo Palenga erano allineati sulla strada con la testa sfracellata.

 

Sembra proprio che vogliano chiudere la strada di Kampala. Ormai non si riesce più a star dietro a tutti i macelli che i ribelli stanno facendo un po’ dapertutto.

 

Padre Piffer, da Anaka, fa sapere che il suo catechista è stato lasciato libero e che gli hanno ordinato di dire al Padre di stare in casa e di non muoversi.

 

Padre Paolo, da Opit, ha raccontato che questa notte c’e’ stata una dura battaglia nella direzione di Got Atoo. Sembra che i ribelli abbiano tentato di riconquistare questa montagna, che per Kony e’ sacra, e che avevano perso qualche settimana fa. Secondo voci sentite qui a Gulu, avrebbero ucciso parecchie delle Home Guards che tenevano quella zona. Mi hanno detto che anche sette soldati sono morti nello scontro.

 

Noi intanto siamo senza luce, senza telefono e senza fax. Siamo tornati cioe’ alla situazione in cui eravamo quando è cominciata la guerriglia, nel 1986.

 

Martedì 6-8-96 In ospedale la notte è passata tranquilla. I ribelli erano impegnati, infatti, a razziare le botteghe e bruciare i villaggi dalle parti della stazione ferroviaria di Gulu. Non hanno trovato gente perchè ormai quelli che si trovano nel raggio di cinque o sei chilometri vanno a dormire tutti in città. Hanno sparato sui maiali che hanno trovato in zona, ma non sono riusciti a colpirne neanche uno e hanno fatto sapere che se trovano ancora maiali in giro ammazzeranno i loro proprietari. Cosi’ oggi – a quanto pare - il prezzo della carne di maiale è crollato.

 

Ieri sera si sentivano delle cannonate verso Alero. Brown mi diceva che lo scopo era quello di tagliare la strada a un gruppo che voleva andare verso nord. Sembra che in questi giorni sia lo stesso Presidente a condurre le operazioni.

 

Ieri sera l'elicottero bombardava nella zona di Koroabili. Dicono che siano stati colpiti civili in fuga, al posto dei ribelli; non si sa ancora quanti morti ci siano stati.

 

Giorni fa i ribelli sono entrati nel mercato di Cwero, che si trova sulla strada di Kitgum, prima del fiume Aswa, sparando sulla folla. Si sono poi scusati con la gente, dicendo che avevano creduto ci fossero anche dei militari. Intanto pero’ erano morti in tanti e molti erano feriti. Questi sono stati portati all'ospedale governativo.

 

I pazienti adulti che vengono al dispensario sono drasticamente diminuiti e non superano i cento al giorno - segno evidente che la gente ha paura e non si muove. Anche nel reparto di medicina, per la prima volta, forse, nella storia dell'ospedale, ci sono dei letti vuoti. La parte del leone invece la fa la chirurgia, che ormai con i suoi “enne” pazienti sta invadendo il reparto dei tumori e anche quello della TBC.

 

Ore 4.00pm. Arrivano notizie di combattimenti sulla strada di Kampala e su quella che va ad Anaka.

 

Da Koc Ongako hanno recuperato un Unimog - quel mezzo corazzato, con sopra quattro mitraglie pesanti, che noi tutti credevamo indistruttibile. Questo pomeriggio, invece, e’ stato attaccato e distrutto, e i soldati hanno dovuto portarlo a casa col carro attrezzi.

 

Alle 6.00pm ero in città e ho visto. vicino al mercato un grande assembramento di gente. Ho saputo poi che aspettavano l'arrivo dei militari con il corpo di un ribelle ucciso, questo pomeriggio, in battaglia a Kweyo, a cinque chilometri da noi, sulla strada di Anaka. Era il Lt. Colonel Beba Beba – con Otti Lagony, uno degli ufficiali piu’ importanti delle truppe di Kony. L'hanno tirato giù dal camion e mostrato alla folla. Io non l'ho visto, perché sono ritornato a casa, ma mi hanno detto che aveva la testa spaccata. L’avrebbero preso mentre stava piazzando una mina. Sarebbe responsabile, tra l’altro, dello sterminio fatto nel campo dei profughi sudanesi, del saccheggio e della distruzione della missione di Iceme e del sequestro di trenta ragazze lango della scuola superiore di Apala.

 

Da Kweyo hanno portato due civili feriti: un uomo, con tutte le due gambe rotte da un proiettile - subito operato da Stefano, che ha applicato due fissatori esterni –, e una donna, con un proiettile in pancia, andato a fermarsi vicino alla colonna vertebrale.

 

Oggi i poliziotti hanno ricevuto una lavata di capo dal Comandante Regionale della polizia, perché, oltre ad essere quasi sempre ubriachi - a cominciare dal comandante -, di notte, invece di fare la guardia, stanno a fare l'amore con le nostre inservienti. Queste ragazze, addette alle pulizie dell'ospedale e alla lavanderia, vengono dalla savana; per lo più sono analfabete, ma non per questo  ingenue, anzi, di solito, sono molto sveglie e intraprendenti. Si lasciano abbindolare da questi uomini – bei modi e bella divisa – cosi’ diversi dai rozzi militari, sporchi, prepotenti e appestati di AIDS. Pare che il giorno che hanno attaccato i poliziotti, a neanche un chilometro da qui, alcune di loro erano in quell'accampamento. Cosi’ oggi Suor Lina ha chiamato le ragazze e, individuate le leaders, le ha licenziate in tronco. Queste, non solo portavano da bere ai poliziotti all’interno dell’ospedale, ma davano anche loro i nomi delle ragazze disponibili.

 

Purtroppo con questa marea di gente tutta ammassata in condizionidi promiscuita’, nascosta in tutti i buchi, è difficile il controllo. Ho sentito dire che ci sono in ospedale anche quelle donne di malaffare che prima erano fuori, nei luoghi dove c'era da bere, e i poliziotti, senza doversi piu’ scomodare, ne approfittano. Io credevo che i poliziotti fossero tutti degli angeli e che i militari fossero tutti dei diavoli: ho dovuto ricredermi.

 

Stanno pensando di cambiarli e mandarne altri più disciplinati. Per quanto servono, potrebbero anche portarli via definitivamente.

 

Ogni sera alle sette e mezza la nostra cappella si riempie di bambini che recitano il Rosario guidati da Mariano, mio autista del trattore, per chiedere alla Madonna protezione e per pregare per la pace. Penso che questi, con Lucille, che dal cielo guarda giù, siano le nostre guardie più efficaci.

 

ore 8.30 pm.La gente che viene a dormire in ospedale aumenta sempre di più. E’ormai terrorizzata, ma accetta con passività e fatalismo quello che capita, senza reagire. Tutti si aspettano qualcosa di grosso come vendetta per l'uccisione di questo Beba Beba. Per prudenza abbiamo consigliato alle cinque ragazze ventenni del gruppo magentino di venire a dormire da noi nella Guest House. Almeno qui sono un po’ più protette.

 

Abbiamo saputo che ci sono stati forti combattimenti vicino alla nostra missione di Minakulu, proprio sulla strada di Kampala. Mentre i ribelli stavano saccheggiando un camion, sono stati presi di sorpresa da una pattuglia di militari a bordo di uno di questi Mamba con cinque mitraglie pesanti a bordo; i soldati hanno fatto una carneficina, uccidendo almeno una ventina di ribelli, tra cui anche una ragazza. La strada di Kampala oggi è rimasta chiusa; abbiamo quindi pensato di bloccare il Dr. Ble, che doveva arrivare dall'Italia proprio domani, consigliandogli di ritardare almeno una settimana per vedere come andranno le cose.

 

Padre Piffer, da Anaka, ci dice, via radio, che loro se ne stanno buoni e non si muovono e mi chiede informazioni sui colpi che ha sentito sparare da lontano verso di noi. Da Opit Padre Paolo ci fa sapere che tutta la gente dei dintorni è venuta a dormire nella Missione perché la zona era infestata da tanti piccoli gruppi di ribelli. Secondo alcune voci sarebbero entrati diecimila ribelli dalle parti di Padibe, ma da Kitgum questa sera dicono che la cosa non e’ confermata.

 

Mercoledì 7-8-96 Questa notte, verso le due, si sono sentite delle raffiche di mitra appena fuori dall'ospedale. I militari di guardia al cancello hanno sparato a due tipi sospetti che giravano in zona, ma senza colpirli. I due sono scappati.

 

Ieri sera alle nove è venuta da me la moglie di John, l'incaricato dei generatori e delle pompe dell'acqua, perché suo marito non era ancora tornato a casa: era molto preoccupata. Mi ha detto che alle sette era andato a spegnere la pompa giù alla missione e che non era tornato più. Mi pregava quindi di andare a vedere che cosa gli fosse successo. Con il Toyota sono andato a vedere giù alla pompa. L'ho trovata ancora in funzione: ho capito che John li’ non era mai arrivato. Sono tornato indietro e ho cercato di confortare la moglie dicendole che forse John aveva deciso di andare in città e che poi, essendo tardi, si era fermato da sua sorella. E’ riapparso questa mattina dicendoci che, mentre andava a spegnere la pompa, a meta strada e’ stato fermato dai militari che fanno la guardia al collegio del Sacred Heart e messo sotto custodia fino a questa mattina.

 

Oggi abbiamo saputo dal Dr. Corti che la salma di Lucille molto probabilmente arriverà ad Entebbe domenica sera. Ci pregava quindi di informarci sulla possibilità di venire a Gulu in aereo. Il dr. Matthew ha contattato il comandante delle baracche per vedere se possono darci un elicottero per portare su la salma.

 

Questa sera le nostre stazioni radio non avevano niente da segnalare: calma su tutti i fronti. Si vede che dopo la giornataccia di ieri si sono presi tutti un giorno di riposo. C'è anche da dire che ormai la luna è al suo ultimo quarto; la notte sta diventando quindi molto buia impedendo ai ribelli di muoversi liberamente senza torcia.

 

Paolo ci fa sapere da Opit che lì, per sicurezza, hanno chiuso tutte le scuole.

 

Con oggi sono esattamente due mesi che ho cominciato il Diario, e anche solo dal numero delle pagine che ho scritto mi accorgo di quante cose sono successe in questi due mesi. Se avessi incominciato il diario ai primi di febbraio - da quando, cioe’, i ribelli hanno fatto il primo attacco a Purongo, uccidendo quattordici persone, incendiando più di cento capanne e dando alle fiamme un autocisterna piena di carburante e un camion e rimorchio nuovo di proprietà della Cocacola - avrei potuto scrivere tantissimi altri episodi con i nostri batticuore e le nostre paure.

 

8-8-96 Oggi ancora calma su tutti i fronti. L'unica cosa da segnalare è che da questa sera i poliziotti faranno la guardia fuori dalle mura dell'ospedale, non solo per la faccenda legata al loro comportamento, ma anche perche’ come guardia non valevano proprio niente - tutti nascosti nei posti più impensabili, fuori tiro e fuori pericolo.

 

Abbiamo avuto la conferma dal Dr. Corti che la salma di Lucille arriverà domenica. I funerali saranno il venerdì dopo la festa dell'Assunta. Oggi sul New Vision c'era ancora un bell’articolo su Min Atim – la loro Mamma.

 

Questo pomeriggio è morto Lam, il nostro Gate Keeper, Aveva un Kaposi diffuso causato dall'AIDS, ma ha lavorato quasi fino all'ultimo. Mesi fa era in coma per una meningite in forma acuta e la Dr. Silvia lo ha risvegliato somministrandogli il Fluconazolo. Io e suo figlio, che lavora con me in officina meccanica, avevamo deciso di comprare questa medicina, anche se troppo cara, perchè era l'unica che poteva guarirlo, almeno temporaneamente. Avevo comprato cosi’ quaranta pastiglie al prezzo –buono, pare - di sei dollari a pastiglia. Aveva due mogli. L'ultimo suo figlio, di neanche un anno, è morto della stessa malattia un mese fa. Ha lasciato otto figli, cinque femmine e tre maschi tutti sotto i venti anni.

 

Abbiamo saputo che in un incidente d’auto, in una rotonda di Kampala, ieri sera tardi sono morti due preti della diocesi di Arua: Mario Ajiga e Padre Dema Lawrence, che avrebbe dovuto sostituire, come rettore del seminario Maggiore di Alokolum, Mons. Odama, diventato Vescovo della nuova diocesi di Nebbi. Era un bravo prete, giovane e ben preparato. Era andato a Kampala per prendere i tecnici del G.I.M. di Germignaga, che dovevano installare i panelli solari in tutto il seminario. Con un taxi stavano ritornando a casa loro, ad Arua. Il conducente, arrivando a tutta velocità nella rotonda, non è riuscito a controllare la macchina, che si e’ schiantata contro un albero.

 

9-8-96 Venerdi’. La notte, qui a Lacor, è passata tranquilla. Ho sentito, invece, che i ribelli hanno saccheggiato ancora le botteghe di Layibi.

 

Ore 11.00am. Sono appena arrivati diciassette feriti, vittime di un agguato fatto al pullman diretto a Kampala. Apparteneva alla compagnia Otada di Lira. Erano le nove quando è partito da Gulu, ed era la prima macchina che passava. Sono stati assaliti subito dopo Palenga, poco prima di arrivare al dispensario di Bobi, nella famosa valle che io chiamo "la valle della morte", perchè teatro di tantissimi attacchi dello stesso genere. I ribelli hanno sparato un colpo di Bazooka sulla parte anteriore del pullman, accompagnato da raffiche di mitra. Fortuna che il driver, sebbene ferito, ha continuato la corsa, e, benche’ dopo trecento metri il pullman si sia bloccato per i danni subiti, la distanza è stata sufficiente per dare il tempo alla gente di scappare nella savana. Altra fortuna è stata che dalle vicine baracche di Palenga sentendo gli spari sia partito subito un Mamba, che ha disperso i ribelli e ha portato il primo soccorso ai feriti.

 

I feriti, portati da un camion militare, sono per il momento diciassette. Si dice pero’ che potrebbero essere di più, perchè molti sono ancora dispersi nella savana. Un ragazzo durante il trasporto è morto. Una donna di settanta anni ha avuto tutte e due le gambe spezzate da un proiettile. Degli altri non so ancora.

 

 Ore 12.35 Dall'ospedale sento un forte botto. Un mio operaio corre da me e mi dice che deve essere scoppiata una mina vicino alla missione, perchè ha visto levarsi una grande nuvola di polvere. Prendo l'ambulanza e mi precipito sul posto, lontano due chilometri dal noi. Incontro due macchine che avevano caricato già i feriti; mi dicono però che ci sono ancora un paio di morti da caricare. Arrivo sul posto della sciagura; trovo un sacco di gente ancora sconvolta dall'accaduto. Un uomo mi porta il corpicino senza vita di un bimbo che non arrivava a due anni. Dico alla gente di guardare bene nell'erba dei dintorni. Trovano i cadaveri di altre tre donne e una bambina, forse di quattro anni, che respira ancora, e allora a tutta velocità in ospedale. Ma muore prima di arrivare.

 

La mina è scoppiata sulla strada che porta in città, duecento metri dopo il "For God" - ossia dopo l’ingresso della missione. La macchina era un pick-up Datsun, pieno di gente e di roba, che andava a Pabo. Apparteneva a un certo Ocaya, che è ancora in ospedale per ferite riportate in un altro agguato, in cui un altro suo camioncino era stato bruciato e la gente a bordo uccisa. Lui si era salvato perchè ha convinto i ribelli a non sprecare munizioni per niente, che’ con la ferita che aveva sarebbe morto lo stesso.

 

La mina, posta quasi in mezzo alla strada, ha spaccato la macchina in due, tranciando di netto il mozzo della ruota posteriore e facendo a pezzi il differenziale. L’auto e’ stata catapultata ad almeno quindici metri, con una capriola che ha scaraventato i passeggeri tutt’intorno.

 

Mentre ero all'obitorio è arrivato il marito di una donna rimasta uccisa dalla mina. Mi ha raccontato che sua moglie stava andando a Pabo al funerale di suo fratello, e si era portata dietro anche i due figli più piccoli; uno è morto con lei nello scoppio, mentre l'altro è in coma nel reparto di rianimazione.

 

Quello che e’ successo oggi sulla strada che porta in città ci ha colto di sorpresa. Nessuno avrebbe immaginato che la cattiveria di questi maledetti potesse arrivare a tanto: minare una strada frequentatissima che porta a un ospedale. Questa mattina alle otto il Dr. Matthew aveva portato i suoi tre bambini, con altri quattro o cinque del nostro personale, a scuola in città. Suor Emma, col Toyota, era passata due volte. Eugenio, nostro autista, era passato appena cinque minuti prima per andare a prendere il sangue alla Banca del Sangue, che si trova in città, presso l'Ospedale Distrettuale. Il nostro camion è passato almeno quattro volte, carico di mattoni. Sono passati in quel punto decine e decine di taxi, che di solito, stracarichi, portano la gente in ospedale. Tarcisio, del gruppo magentino, sempre con un Toyota era passato almeno sei volte. Tarcisio ha perso l'occasione di diventare famoso e di essere nominato in tutto il mondo.

 

I responsabili del gruppo magentino, abituati a vedere la guerra solo in televisione, mi davano dell’esagerato quando li invitavo alla prudenza e a limitare i viaggi al puro necessario. Spero che, con quello che hanno visto e sentito oggi, scendano dal fico e incomincino a ragionare. Sono sicuro che Lucille, dal cielo, oggi ha obbligato i nostri angeli custodi ha fare gli straordinari.

 

Il bilancio di questa tragica giornata è di dieci morti per la mina, tra cui due bambini piccoli, e non so ancora quanti feriti.

 

Dal luogo dell’agguato al bus sono arrivati da noi diciassette feriti di cui uno è morto prima di sera e un altro è morto prima dell'arrivo all'ospedale.

 

10-8-9 Sabato. La notte in ospedale è passata tranquilla, ma al Labour Line di Gulu i ribelli hanno tormentato e depredato ancora la gente.

 

Questa sera abbiamo avuto il farewell party del Dottor Stefano. Ha organizzato tutto lui perchè tutti noi siamo, in questo periodo, un po’ fusi, senza gran voglia di pensare a feste di addio. E’ stato comunque molto bello poter stare insieme sereni anche in situazioni come queste. Questo periodo è stato molto brutto, ma Stefano, con la sua risata da ippopotamo e la sua grande umanità, ha tenuto allegri tutti quanti; e con questo suo modo di socializzare, mangiando braciole allo spiedo e bevendo birra in compagnia, ha tenuto uniti, in questi brutti momenti, tutti i medici. Di questo dobbiamo essergli grati. In questi tre mesi la sala operatoria ha lavorato a un ritmo molto serrato; lui ha fatto 182 interventi, ma in più vi sono da considerare quelli fatti dagli altri medici. Il Dott. Matthew ieri sera ha detto che erano anni che la chirurgia non lavorava così tanto ed in condizioni così difficili. Speriamo che Lucille, di lassù, sia orgogliosa di come funziona la sua Sala Operatoria.

 

11-8-96 Domenica La notte è passata tranquilla, senza spari ne’ incendi, e senza ruberie. A Gulu città, invece, questa mattina è partita un’operazione militare. Hanno fatto rastrellamenti contemporanei in tutti gli angoli della città, raccogliendo tutti, anche quelli venuti dai villaggi per passare la notte in condizioni piu’ sicure, senza distinzione ne’ di sesso ne’ di età, e portandoli al Kaunda Ground, il grande prato dove nel '93 era venuto il Papa. Dopodiche’, con un gruppo di ex ribelli, hanno cominciato a esaminare tutti, uno per uno. Pare che almeno una ventina siano stati riconosciuti come ribelli e condotti in caserma dopo essere stati messi a dorso nudo.

 

Al Holy Rosary, nostra parrocchia che si trova proprio nel centro di Gulu, i militari sono arrivati durante la prima messa delle sette. Hanno chiuso le porte e hanno fatto annunciare al microfono che dopo Messa tutta la gente presente sarebbe stata condotta al Kaunda Ground per uno screening. Ovviamente sono state cancellate tutte le altre messe per totale mancanza di gente. La città pure è rimasta deserta tutto il giorno, con botteghe e mercato chiuso.

 

Questa mattina è morta in ospedale la mamma della nostra Tutor della scuola infermiere. Nel pomeriggio e’ stata sepolta a casa sua, nella cassa fatta dai miei falegnami. Oltre alle infermiere erano presenti, al completo,i medici e le suore. Dopo la sepoltura hanno portato da mangiare e da bere per tutti. Stamattina è morta per una forte emottisi anche una ragazza, moglie di un mio operaio di nome Oceng, figlio di quel Martino che anni fa ci regalo’ la terra per estendere lo "Ot Welo" - ossia il posto dove i parenti dei pazienti possono cucinare e dormire. Questo posto, con la crescita del numero dei letti che sie’ avuta in questi ultimi anni, è ormai del tutto insufficiente, e dovremo quanto prima, se la Provvidenza ci aiuta, pensare ad un'altra significativa estensione.

 

12-8-96 Lunedì. Ore 8.30. Abbiamo saputo che Piero, con la salma di Lucille, e’ arrivato bene. All’aeroporto, ad attendere la salma, c’erano molti dei nostri - comboniani e comboniane - con tanta altra gente. Con un corteo di tante macchine, l'hanno accompagnata fino a Mbuya, nostro quartier generale, e l'hanno posta nella nostra chiesa. Questo pomeriggio, con l'aereo, la porteranno a Gulu, dove poi venerdì verrà sepolta nel posto da lei scelto – vicino, cioe’, alla grotta della Madonna dell'ospedale.

 

Verso le due di questa notte si sono sentiti degli spari lontani, dalla città. Stamattina abbiamo saputo che i ribelli hanno bruciato ancora capanne nella zona di Kirombe, vicino alla Tailoring School di Suor Adeliana, nella stessa zona dove tempo fa avevano bruciato più di cento capanne. Hanno detto di voler attaccare le prigioni per liberare i ribelli arrestati dai soldati nella retata di ieri mattina. Hanno promesso alla gente di ritornare a bruciare il resto delle capanne questa notte. Ho chiesto a una donna di quella zona se i militari fossero venuti in loro soccorso; mi ha risposto che si meravigliava che io non sapessi ancora che ci sono due governi, quello che governa di giorno e quello che governa di notte e che fa il bello e il cattivo tempo.

 

In seguito a una dichiarazione riportata dal New Vision di ieri, quelli di Magenta hanno deciso saggiamente di andare via. Il giornale riferiva le parole di un volontario di una ONG italiana: "Le uccisioni nel Nord sono fatte da psicopatici zeloti che sono solo professionisti della morte. Le armi sono diventate un culto che dilaga sempre più. Questi assassini non tengono in conto neanche la loro vita. Questa è la rude gioventù dei Schultsenfein di Adolf Hitler". Questa dichiarazione anche se fosse stata inventata di sanapianta dal giornale - come è probabile -, rende pericolosa la permanenza di ogni italiano: i magentini hanno pensato bene di partire, e così anche le tre ragazze tedesche - Monica, Anita e Katia - che l'anno scorso lavoravano qui da noi come volontarie e quest'anno, colpite dal mal d'Africa, erano ritornate per un mese di ferie.

 

Ore 3.00 pm. Alle due e quaranta è arrivato l'aereo che portava la salma della dottoressa Lucille, accompagnata dal dr. Corti, dal dr. Isaac e dal dr. Martin (che ha finito la specialità in chirurgia e si spera ritorni qui a lavorare). Ad attenderli eravamo tutti noi, con suore, bianche e nere, dottori e infermiere dell'ospedale. Un grosso nodo alla gola impediva a tutti di parlare: solo abbracci tra le lacrime. Arrivati in ospedale, il grido di dolore si è alzato ancora più forte: tutti accorrevano per vedere la loro dottoressa - pazienti, gente comune, dottori, infermiere, operai -, tutti che piangevano con lacrime autentiche: un modo spontaneo per esprimere il dolore e l’amore per la loro dottoressa; una scena da non poter resistere alla commozione.

 

La salma è stata posta nella cappella del Lacor, e fino a tarda sera la gente non ha smesso di visitarla e di pregare. In mattinata, a Mbuya, hanno celebrato una Messa di suffragio, presenti autorità, dottori, e la grande comunità della tribù acholi che si trova a Kampala.

 

Prima di andare a dormire abbiamo aperto la bara e abbiamo fatto un’apertura sulla lastra di zinco. Abbiamo ricomposto il volto della Lucille e richiuso l'apertura con un vetro, cosicché la gente da lei tante volte beneficata potesse per un ultima volta contemplare il suo bel volto.

 

13-8-96 Martedì, ore 7.30am. Anche questa notte, alle 3.30, siamo stati risvegliati da forti spari di mitraglia e di mortai. La sparatoria sembra avvenuta al Custom Corner o alla Gulu High School, lì vicino. La battaglia è durata una buona mezz'ora: altri spari si sono sentiti anche questa mattina verso le sei e mezza. Notizie più precise le avrò dai miei operai quando verranno a lavorare.

 

Ore 12.30. Sono andato a prendere il corpo di una povera donna di almeno sessant'anni che questa notte è rimasta uccisa mentre nel suo villaggio divampava la battaglia. Una raffica di mitra, sparata da pochi metri – intenzionalmente, pare - ha trapassato i muri di paglia e fango della sua capanna, dove dormiva, stesa per terra, con una nipotina. I proiettili l’hanno colpita ai glutei e all'addome. E’ morta quasi subito. Era una parente di Betty Bigombe; per questo l'hanno voluta portare al villaggio di origine, che confina con l'ospedale.

 

Il posto dove è avvenuto questo scontro si chiama Kasubi ed è sulla parte destra della strada che dalla città va giù alla caserma. Mi hanno riferito che qualche colpo di mortaio ha anche colpito il cancello d’ingresso delle caserme. Secondo testimoni oculari, i militari morti sarebbero stati almeno undici; secondo le fonti ufficiali, uno solo. Qui sono arrivati cinque soldati feriti abbastanza gravemente.

 

Anche i ribelli hanno avuto dei morti e dei feriti, e la gente lì ha visti mentre lì portavano via; sul campo di battaglia non hanno lasciato nessuno.

 

Un altro gruppo di ribelli voleva portare via gli studenti della Gulu High School, ma arrivati nelle vicinanze sono stati respinti dai militari che erano di guardia nel cortile della scuola. I ribelli allora hanno ripiegato, scendendo per la valle del fiumiciattolo Oitino. Arrivati all'altezza delle baracche, hanno aperto il fuoco contro le caserme. La risposta dei militari è stata immediata. La missione, anche se lontana, era sulla linea di fuoco, e così un colpo di mortaio è caduto nel cortile del catecumenato, pieno zeppo di rifugiati; le schegge, oltre a rovinare il muro esterno, hanno attraversato le finestre – fortunatamente senza colpire nessuno. "La Madonna ci ha protetti" mi hanno detto quei poveri rifugiati, indicandomi la piccola grotta che sovrasta il catecumenato.

 

Anche i nostri militari di Lacor, forse per non essere da meno degli altri colleghi o per farsi coraggio, hanno tirato qualche colpo di mortaio.

 

Sembra che i ribelli avessero scritto una lettera dicendo che avrebbero attaccato le baracche per due giorni consecutivi - ossia il 13 e il 14 di Agosto.

 

Per tutta la Giornata gente innumerevole, di tutte le provenienze e di tutti i ceti, è venuta come in pellegrinaggio a rendere omaggio alla salma e vedere ancora una volta il volto di Min Atim. Tutti con dei debiti di riconoscenza da saldare, tutti con una storia da raccontare, tutti pieni di dolore e con una lacrima da versare per aver perso questa donna ECCEZIONALE. Sempre pronta, precisa e disponibile nel curare i loro malanni, per amore di questa gente ha sacrificato TUTTO, e alla fine anche la vita.

 

14-8-96 Mercoledì Contrariamente a quanto promesso dai ribelli, la notte è passata nel silenzio e abbiamo potuto dormire senza interruzioni di sorta. Ogni tanto ci vuole; così possiamo recuperare e ritemprare menti e nervi. Le persone entrate la notte scorsa per dormire erano seimila seicentoquarantatre. Anche oggi la quantita’ di persone venute a rendere omaggio alla salma della dottoressa Lucille e’ incalcolabile.

 

Gulu è piena di militari: continuano la loro operazione che consiste nel sequestrare gente - per lo più ragazzi - e portarli alle baracche per uno screening o forse per un arruolamento.

 

Questa sera, con grande meraviglia, ho visto Suor Bibiana, incaricata del dispensario di Pabo, ed Anna, sua fedele infermiera. Sono arrivate da Pabo, sfidando le mine della strada per partecipare ai funerali della Dottoressa Lucille e anche per celebrare la festa dell'Assunta, come facevano i cristiani di una volta, quando le missioni erano poche, e si percorrevano anche cento chilometri a piedi pur di partecipare a queste grandi feste religiose e ai sacramenti. Sentivano anche loro il bisogno del sacramento della riconciliazione, della messa e della santa comunione. Ormai sono parecchi mesi che a Pabo non ci sono piu’ preti. Il Parroco, Padre Santo, sacerdote Acholi, che ha passato una notte in mano ai ribelli, non se la sente più di ritornare, e non possiamo dargli torto. Le suore sono ancora lì, e sono un segno di speranza per quella gente tribolata. Dicono di essere circondate dai ribelli, che pero’ non le disturbano sapendo gia’ come non vi siano, li’, medicine utili per loro.

 

15-8-96 Festa dell'Assunta Anche questa notte è passata senza spari ne’ incendi. Alcuni dicono che i ribelli hanno voluto questi giorni di tregua perchè non vogliono disturbare i funerali della dottoressa Lucille, in segno di rispetto e riconoscenza per questa grande donna: una volta che ci si affidava a lei, in ospedale, si poteva essere sicuri che sarebbe stato fatto tutto il possibile. Per radio, da tutte le stazioni questa sera ci facevano le condoglianze, e I nostri padri si dicevano spiacenti di non potere partecipare ai funerali per l'insicurezza delle strade; tutti pero’ si sarebbero uniti a noi con una messa di suffragio celebrata nelle rispettive missioni.

 

16-8-96 Venerdì. Funerali di Lucille Questa notte, a mezzanotte esatta, sono stato svegliato da forti colpi di mortaio e mitraglia sparati dai nostri soldati appena fuori dal cancello. Avevano visto dei villaggi in fiamme dalle parti di Kweyo e, cosi’, per intimorire e mettere in fuga i ribelli, hanno tirato quei colpi. Mezz'ora dopo invece si sono sentiti spari di mortaio e scoppi di bombe a mano nella direzione di Layibi. Sessanta ribelli, emersi dalla boscaglia in quella zona, che si dirigevano verso il centro di Gulu, sono stati subito intercettati da una pattuglia di militari; e’ scoppiato un finimondo che è durato più di mezz’ora. I militari hanno preso tre ribelli ancora vivi e il Col. Kazini, Division Commander delle caserme al posto di Cefe Ali, ha dato l'ordine di portarli al mercato perchè la gente li finisse a sassate. Non è la prima volta che questo Kazini si comporta così, e anche molti militari sono in disaccordo con questo modo di fare giustizia. Questo è un crimine che mi pare si chiami "istigazione a delinquere".

 

Tra i fermati c'era un certo Odoki J. Bosco, fratello di un nostro operaio di Layibi, che lavora al terrazzo. Stanotte era stato preso con la forza dai ribelli e obbligato a portare tre fucili. Per sua disgrazia, arrivato nella palude, sulla strada asfaltata dopo Layibi, dove di solito lavano le macchine, è stato preso dai soldati, che non hanno voluto sentire ragioni, finché questa mattina è stato portato al mercato e trucidato assieme agli altri. E’ da dire che tutti a Gulu lo conoscevano, perchè faceva il sarto e lavorava con una vecchia Singer sotto i portici delle botteghe. Aveva ventinove anni.

 

L'altro era un ragazzo di quindici anni, di nome Okello George, che i ribelli avevano preso solo il giorno prima a Koc Ongako. Uno solo era un vero ribelle, di nome Otim John, anche lui però preso con la forza un anno fa e convinto a combattere per Kony.

 

Qui in ospedale questa mattina hanno portato anche quattro militari feriti, ma tre sono morti subito e l'altro e grave. Alle dieci hanno portato un altro ferito, con tutte e due le gambe trapassate da una raffica di mitra. Mansur mi ha anche detto che un altro ribelle ferito si trovava al Custom Corner e aveva gli intestini di fuori, ma era ancora vivo. Ho mandato allora immediatamente un’ambulanza a prenderlo, ma i militari nel frattempo lo avevano portato alle baracche, e sappiamo che ha fatto la fine degli altri suoi compagni.

 

Erano già le dieci e alla cattedrale la messa funebre era già iniziata, ma ugualmente ho cercato il Dr. Charles e Sabina, l'anestesista, e li ho portati a vedere il militare ferito alle gambe.

 

Questa sera, alle sei e mezza, si sono sentiti parecchi colpi di artiglieria a distanza ravvicinata. Erano i militari che volevano disperdere un gruppo di ribelli nascosti in un boschetto vicino a Ognwange, vicino al seminario di Alokolum.

 

La sepoltura di Lucille si è svolta con la partecipazione di tantissima folla e di molte autorità, sia civili sia militari. La messa era presieduta dal Vescovo Martino, con ventiquattro altri sacerdoti, dodici bianchi e dodici neri. Dopo la messa ci sono stati i discorsi, primo dei quali quello del Dottor Matthew, con una breve storia della vita della Lucille. Hanno poi parlato, Louis Otika, RDS, Michael Odwar, sindaco di Gulu, Stephen Lanek, LC5 Chairman. Quest’ultimo abita appena fuori dall'ospedale e, avendo conosciuto bene Lucille, ha esaltato le sue doti; ha anche magnificato la fama del Lacor, che – a suo dire -, grazie a Lucille e al Dr. Corti, e’ diventato, quanto a dimensioni, il secondo ospedale ugandese dopo quello universitario di Mulago, e, quanto a qualità di servizio, il primo in assoluto. Dopo ha parlato anche il DMO, responsabile della Sanità per il nostro distretto.

 

Una volta calata la bara nella fossa, sopra la bara sono state poste le corone di fiori: prima dal Dr. Corti, poi dai rappresentanti delle varie comunità e dipartimenti e una anche dal Maj. General Salim Saleh. Anche la gente, per l'ultimo addio, è stata invitata a gettare un fiore nella fossa invece dell’usuale pugno di terra. La bara è stata coperta da un grosso strato variopinto di petali.

 

Il funerale si è concluso con un pranzo per tutti i convenuti, e con la danza e il rullo di tamburi come quando muore un capo. Si è toccato con mano come Min Atim era amata dalla gente: si può ben dire che è stata la donna più stimata e amata di Gulu e dintorni.

 

17-8-96 Sabato. La notte è passata senza spari. Una ragazza qui rifugiata per dormire, nascosta vicino all'entrata sotto un cespuglio, ha dato alla luce un bambino e, senza che nessuno se ne accorgesse, lo ha preso e buttato in uno dei gabinetti a perdere. Fortuna che una donna che era li’ l'ha vista e ha chiesto aiuto: sono riusciti a prendere il bambino prima che annegasse e a salvarlo. Ora il bambino sta bene. Non so ancora perchè questa povera ragazza non volesse la sua creatura.

 

La zona di Anaka pullula di ribelli, e i militari cercano inutilmente di contenerli e stanarli. Anche questa mattina hanno portato qui due militari, feriti a Koc Ongako durante le solite operazioni.

 

I ribelli questa notte hanno portato via alcuni ragazzi della zona di Pece, vicino allo stadio.

 

Questo pomeriggio hanno portato in ospedale tre civili, vittime di una mina anticarro. Due erano gia’ morti; l’autista deve aver preso una gran botta in testa, perchè era in uno stato di incoscienza e di grande agitazione. Ora è in rianimazione.

 

Giovedì, con un lungo convoglio di tanti camion scortati da militari dotati anche di spazzamine, avevano portato cibo per i rifugiati Sudanesi che si trovano nel campo profughi di Ajumani, nel territorio della tribù Madi. Oggi, tornando indietro, a Pawel, vicino Pabo, uno dei camion è saltato su una mina, nonostante che non fosse il primo e che davanti a tutti ci fosse lo spazza-mine.

 

18-8-96 Domenica. Anche questa notte è passata senza spari. Alla Messa celebrata in ospedale, Padre Cipriano, vicerettore del seminario di Lacor, durante la predica, commentando il vangelo della donna che presenta a Gesù la figlia indemoniata chiedendone la guarigione, commentava che tutti noi abbiamo bisogno di essere guariti, e continuava: "I ribelli uccidono, il governo uccide, e adesso ci siamo messi anche noi civili a uccidere, come abbiamo fatto l'altro giorno al mercato di Gulu, dove tre supposti ribelli sono stati uccisi a sassate dai passanti. Tutti hanno riconosciuto che uno era un sarto di Gulu, ma ciò nonostante, accecati dalla sete di vendetta e riempiti di odio fratricida, lo hanno ugualmente lapidato, e cosi hanno fatto anche a un ragazzo, anche lui preso prigioniero dai ribelli poco prima. Tutti noi abbiamo un po’ di Kony nel cuore e dobbiamo chiedere al Signore che ciperdoni e che liberi anche noi dallo spirito di odio e di vendetta che ha preso possesso dei nostri cuori. Smettiamola di uccidere e impariamo dalla Dottoressa Lucille, che da un posto tranquillo come il Canada è venuta tra noi per guarire le nostre malattie e per salvare le nostre vite - non per uccidere, come facciamo noi".

 

Ho sentito che anche Padre Gerner, dal pulpito della sua parrocchia di Holy Rosary, confinante col mercato di Gulu, dove è avvenuto il linciaggio, si è scagliato contro quelli che hanno lapidato quei poveri cristi e ha rifiutato i sacramenti a tutti quelli che hanno collaborato o assistito, senza intervenire, al delitto.

 

Ho portato a casa la donna che mesi fa aveva perso su una mina tutte e due le gambe e il bimbo che aveva in grembo già da sei mesi. Quando siamo arrivati al villaggio di Larò, dopo il Senior Quarter di Gulu, tutti sono accorsi e sono scoppiati in lacrime e grida, perchè molti non l'avevano ancora vista in quello stato. Una scena straziante, come se avessi portato a casa un morto: un’inutile denuncia sugli effetti delle mine, per questi ribelli deficienti e per i fabbricanti delinquenti.

 

Ieri è ritornata una ragazza del Saint Mary's College di Lacor. Veniva dal Sudan, dove è riuscita a scappare dalle mani dei ribelli. Non avevano ancora raggiunto Juba, ed erano ancora a Palotaka, appena oltre il confine, perchè Garang stava dando loro la caccia, per vendicare i morti fatti da Kony nel campo profughi. Avevano quindi difficoltà a raggiungere Juba e superare le zone controllate dal SPLA. Ha detto che ormai le altre nove ragazze sono diventate mogli di ribelli, e sara’ quindi molto difficile per loro fuggire.

 

19-8-96 Lunedì. La notte è passata ancora senza spari; speriamo che continui cosi’. Anche sulla strada di Kampala sembra sia tornata la calma. Ieri hanno portato i nuovi trasformatori della corrente elettrica; speriamo che cosi’ torni la luce, perchè con I soli generatori la spesa e’ troppo alta: in media consumiamo duecento litri di nafta al giorno.

 

Questa notte due grossi gruppi di ribelli sono passati da Seven Corner, a due chilometri dal Lacor Seminary. Hanno fatto sapere che sono diretti in Sudan per unirsi alle truppe di Juma Oris, riarmarsi e ritornare per conquistare tutto il Nord Uganda. Questo su richiesta del capo dell'esercito sudanese.

 

Verso mezzo giorno si son sentiti degli spari dalla zona di Oluba o da quella di Ognwange, dopo Alokolum. Ho saputo poi che i ribelli, che questa notte erano passati a Seven Corner, sono ritornati sui propri passi, scontrandosi coi militari di Museveni. Alcuni di loro - dicono - hanno continuato verso Got Atoo, la loro montagna sacra. Ho sentito anche che i governativi hanno avuto uno scontro ad Acet, vicino ad Opit, dove almeno docici ribelli sono morti e altri sono stati fatti prigionieri.

 

Questa sera alle otto hanno portato da Ognuange un soldato ferito. Un proiettile gli ha attraversato la mascella da parte a parte. Non lo hanno portato prima perchè l'elicottero era andato a raccogliere i feriti e i prigionieri ad Acet.

 

Alle nove di questa sera è stata sparata una raffica di mitra appena fuori dall'ospedale vicino al mercato. Non si sa ancora chi sia stato.

 

20-8-96 Martedì. Hanno di nuovo incominciato a sparare sulla strada Gulu-Kampala: domenica sera, verso le sette, hanno sparato ad un camion del Water Department, nella stessa zona dove avevano sparato al pullman, tra Bobi e Palenga. Su cinque occupanti, tre sono rimasti uccisi, tra cui uno, di nome Aron, che conoscevo bene: l'unico che qui a Gulu capiva qualcosa di elettronica e aggiustava radio. Con lui è morto anche l’autista, che tempo addietro era venuto a farci un pozzo, e un ragazzo, che non sanno ancora chi sia. Gli altri due sono riusciti a scappare incolumi. Fratel Michael era passato da li’ la mattina, diretto a Kampala. La strada rimane molto pericolosa e non so quanto valga la spesa rischiare.

 

Suor Lina, che alle otto di questa mattina era andata all'aeroporto per portare il Dr. Isaac e il Dr. Martin e prendere il dottor Ble, che arrivava da Kampala, ha soccorso una donna che aveva appena perso le gambe su una mina nella zona dell'aeroporto. I parenti della donna hanno voluto portarla nell’ospedale governativo, perchè pensano di risparmiare i ventimila scellini che chiediamo noi per il ricovero completo, anche se, come in questi casi, va avanti per mesi. Alle due del pomeriggio Padre Gino ha portato un'altra donna senza gambe, anche lei saltata su una mina. Purtroppo è morta dissanguata prima che la tirassero giù dalla macchina. Veniva dalla zona di Patiko, dietro la fattoria della Diocesi.

 

Hanno portato da Oluba – teatro, ieri, di una grande battaglia - tre bambini, anche loro feriti dallo scoppio di una mina, per il quale due donne hanno perso la vita. Non sono gravi: hanno solo ferite superficiali. Non si sa quanti uomini abbiano perso i ribelli, ma sul campo hanno lasciato cinque morti. Si direbbe che i ribelli abbiano avuto un nuovo rifornimento di mine antiuomo, perchè era già un bel pezzo che non le usavano.

 

Ore 6 pm. Hanno portato qui la donna saltata su una mina che questa mattina Suor Lina aveva portato all'ospedale governativo. Dalle dieci di stamattina fino a questa sera non l'aveva vista nessun medico; solo le infermiere, che le avevano fatto una flebo. Era ancora avvolta nei suoi stracci e nessun bendaggio le era stato fatto. Qui, cinque minuti dopo il suo arrivo, le avevano già fatto una flebo e il cross matching, l’avevano lavata e portata in sala operatoria, dove il Dr. Charles l'attendeva e ha incominciato subito l'amputazione. (Speriamo che se la cavi, ma mi ha dato l'impressione di essere completamente dissanguata.) Il perchè di questa differenza di comportamenti se lo chiedeva anche Museveni durante una delle sue visite in ospedale. Si domandava come mai qui nel nostro ospedale il personale e i dottori lavorino, mentre negli ospedali del governo non solo non hanno nessuna voglia di lavorare, ma rubano anche le medicine. Diceva che non poteva trattarsi solo di soldi, perchè dopo tutto non c’era una gran differenza, e concludeva di voler portare le suore anche negli ospedali governativi, a cominciare dal suo paese nel sud dell'Uganda. In genere i dottori sono tutti ben preparati e quando lavorano con noi si impegnano e sono anche abbastanza responsabili; quando, pero’, vanno a lavorare nelle strutture governative, seguono l'andazzo generale e perdono il senso del dovere che il Dr. Corti e la Dottoressa Lucille, con il loro esempio, hanno cercato di inculcare. Certe volte poi, anche se sono pieni di buona volonta’, si scoraggiano perche’ non trovano l'appoggio nella struttura, dove molto spesso non c'è niente che funzioni, cominciando dalla mancanza di medicine, di acqua, di luce e delle minime misure igieniche.

 

21-8-96 Mercoledì, ore 8.30 am. Questa notte hanno portato via cinquanta studenti della scuola Samuel Baker. Tra questi ragazzi ci sono anche i figli del Tutor della nostra scuola-infermiere, due fratelli del mio capo-operai Ayella, due figli del mio autista Eugenio. Ora sono andati alla scuola, che si trova sulla strada di Kitgum, a circa tre chilometri dalla città, per saperne di più. Anch’io ho alcuni studenti in quella scuola, ma non ne so ancora niente. Fra qualche giorno dovevano andare in vacanza. Mi pare che tempo fa gli studenti abbiano rifiutato la protezione armata da parte dei militari e della polizia.

 

Ore 6.30 pm. Dalle notizie avute sino ad ora gli studenti ancora in mano dei ribelli sarebbero ancora trentasette. Molti erano ragazzi di prima Senior, e solo pochi di quarta. Sono stati portati via questa notte alle tre. I ribelli hanno preso prima un maestro, e da lui si sono fatti condurre dove dormivano quelli di prima Senior. Questo fatto conferma quello che hanno detto giorni fa, ossia la loro intenzione di rientrare in Sudan con tanti ostaggi, per poi ritornare.

 

Verso le due del pomeriggio abbiamo sentito tanti colpi di artiglieria in direzione di Ognwange.

 

La donna della mina sta bene, e anche l'emoglobina le è salita a cinque e mezzo - da quattro che era ieri, quando l'hanno portata.

 

Suor Balbina e la sua fedele infermiera hanno tentato di rientrare a Pabo, ma sono tornate indietro perchè a Seven Corner stavano passando i ribelli. Tenteranno di nuovo domani. Anche il camion che avevo mandato per la ghiaia è ritornato indietro. Questa situazione mi rallenta tutti i lavori e rende rischioso ogni viaggio per l'approvvigionamento di tutto quel che occorre per l'ospedale – in particolare, materiali da costruzione.

 

22-8-96 Giovedì. Oggi quelli dell'‘UEB hanno finito di sistemare i nuovi trasformatori, e finalmente è ritornata la luce che mancava da quando i ribelli spararono sul trasformatore principale della centrale di distribuzione. Purtoppo sono ancora all’aperto, senza nessuna protezione, e se i ribelli vogliono possono farli saltare ancora, senza nessuna difficoltà.

 

Dei ragazzi della Samuel Baker non si sa ancora niente. Sembra che i ribelli si dirigano verso nord per entrare poi in Sudan. Dicono che Kony sia al confine, con altri duecento prigionieri. Ma sembra che trovi difficoltà a proseguire, per via della frontiera sigillata dagli uomini di Garang, che ha giurato vendetta per quello che Kony ha fatto ai profughi sudanesi.

 

Questa sera Padre Paolo, da Opit, ci informava che Suor Dorothy, incaricata del dispensario, era partita alla volta di Gulu con un camion militare, per accompagnare una donna senza una gamba per lo scoppio di una mina antiuomo, e per fare rifornimento di medicine e di materiale da medicazione. Qui in ospedale non abbiamo visto ancora nessuno, e sono già le nove di sera.

 

Oggi è ripartito per l'Italia il Dottor Corti. Si fermerà li’ per qualche settimana e poi andrà a trovare i parenti di Lucille in Canada.

 

23-8-96 Venerdì. Anche questa notte è passata tranquilla e senza spari, ma la gente continua a rifugiarsi per la notte in ospedale, e verande, tettoie e posti al coperto sono tutti stipati. Mentre la gente dorme è difficile passare, perchè sono tutti uno vicino all'altro e non si sa dove mettere i piedi.

 

Alle undici e trenta è arrivata finalmente la donna saltata sulla mina ad Opit. Al posto di Suor Dorothy, che aveva deciso all’ultimo momento di restare ad Opit, la accompagnava un infermiere. Era partita ieri sera su un camion militare, ma hanno dovuto dormire per strada, presso un distaccamento militare, perchè la strada non era sicura. L'infermiere ha cercato di farle durare la flebo più a lungo possibile. Poche centinaia di metri prima dell'ospedale il mezzo che la trasportava è rimasto anche senza nafta; sono andato allora a recuperarla io. Alla fine, questa povera giovane è arrivata in ospedale con una gamba a brandelli e con febbre molto alta, segno forse di una setticemia in corso. L'arto incominciava già ha puzzare per un inizio di cancrena.

 

Un'altra donna accompagnava il suo bimbo di pochi mesi, fortunatamente rimasto incolume. L'infermiere di Opit mi ha detto che domenica mattina un'altra ancora era morta dissanguata per lo scoppio di una mina. Le vittime sono quasi sempre donne e i bambini.

 

24-8-96 Sabato. Questa sera Padre Piffer, da Anaka ci diceva che tutti erano pieni di paura perchè nei dintorni si aggirano millecinquecento ribelli affamati.

 

Una lettera, trovata nel villaggio di un certo Odong Lokaliri, dove settimane fa i ribelli avevano ucciso con la zappa quei quattro poveri diavoli, ci ha messo tutti in allarme. La lettera, indirizzata a questo Lokaliri, raccomandava di custodire bene le vacche perchè sarebbero venuti a prenderle; aggiungeva che volevano anche i corpi di quei quattro poveri disgraziati. Con questa lettera in mano, i militari di guardia all'ospedale hanno ottenuto dalle baracche dei rinforzi.

 

Un ragazzo della scuola Samuel Baker è riuscito a scappare mentre guadavano un fiume. Ha detto che i ribelli sono a corto di munizioni e che quindi la fuga ora è meno rischiosa, e molti colgono l’occasione propizia per scappare. Sono diretti in Sudan e per questo vogliono prendere tanti ostaggi. La notte è rischiarata dalla luna che sta crescendo, e così stanno crescendo anche le nostre angosce e le nostre paure. Il numero delle persone che dormono in ospedale continua ad aumentare.

 

25-8-96 Domenica. La notte, contrariamente alle previsioni, è passata tranquilla, e solo in lontananza si sono sentiti degli spari. Pare che i militari approfittino del fatto che le case sono deserte per rubare, fingendosi ribelli. Pare anche che da tre mesi che non ricevano paga.

 

26-8-96 Lunedì. Le strade sembrano tornate sicure e anche sulla strada di Kampala il traffico è ritornato quasi normale, anche se è appena una settimana che hanno sparato a un camion e fatto tre morti. Bastano pochi giorni per dimenticare e riprendere come se non fosse successo niente. Per l'insicurezza delle strade i prezzi delle merci avevano preso a salire anche qui a Gulu; lo zucchero, per esempio, che era a quarantacinque mila scellini, è arrivato a settantacinque mila scellini.

 

Purtroppo anche questa notte hanno catturato tanta gente a Obia High Land, appena fuori Gulu. I ribelli andavano di casa in casa, in silenzio, e portavano via la gente. Non sappiamo ancora quanti ostaggi siano stati presi; si sa solo che almeno trecento giovani hanno ormai varcato la frontiera del Sudan e sono riusciti a sfondare e sbaragliare le linee di Garang.

 

Padre Piffer sostiene che ad Anaka ci siano almeno millecinquecento ribelli. Invece ad Opit, dopo la batosta ricevuta lunedì scorso, quando almeno cento ribelli sono stati uccisi, sembrano scomparsi nel nulla. I militari della caserma di Opit erano venuti a sapere di un attacco imminente e così hanno atteso i ribelli e hanno teso loro una trappola. Quella stessa notte i ribelli hanno attaccato l'accampamento, avanzando e sparando all'impazzata. I militari hanno aspettato che fossero completamente penetrati nel campo, dopo di che hanno risposto al fuoco. Purtroppo si sono accorti solo in seguito che avevano ucciso cento giovani ragazzi. La tattica infernale dei ribelli incalliti è proprio quella di mandare avanti questi ragazzi ignari, che, infatuati non so da cosa e sprezzanti del pericolo, si buttano all'attacco. Sta proprio in questa spavalderia, oltre che nella sorpresa, la ragione per cui molte volte riescono a sbaragliare contingenti militari numericamente più numerosi e meglio armati.

 

Oggi il mio capo-operai Ayella è venuto a chiedermi una macchina per andare a prendere sua moglie, che era moribonda. Da tre settimane era ricoverata in medicina con sospetta TBC. Stava già migliorando quando, venerdì, la mamma e i fratelli della moglie sono venuti a prelevarla, e all'insaputa del marito l'hanno portata dallo stregone. Quando Ayella se n’e’ accorto, ha capito subito quali fossero le loro intenzioni, ma non è riuscito a sapere dove l'avevano portata. Solo questa mattina sono venuti i fratelli della moglie a dirgli che si trovava in fin di vita in una capanna nei sobborghi di Gulu.

 

Quando è arrivato sul posto, con la macchina che gli ho dato, ha saputo che sua moglie era morta la sera prima, dopo che lo stregone le aveva somministrato uno dei suoi intrugli.

 

Oggi ho portato due bambine all'orfanotrofio - una di pochi mesi, di nome Atim, e l'altra forse di due anni, di nome Ajok. Un mio operaio mi ha segnalato che una giovane donna stava morendo in un villaggio poco distante dall'ospedale. Questa povera donna, senza marito, ha abbandonato il suo villaggio vicino a Pabo, zona piena di ribelli ed è venuta a Gulu credendo di trovare qui una sorella, che però, nel frattempo, era andata da un'altra parte. Si è trovata qui con due figli, senza parenti, senza soldi e senza mangiare e per di più, poco dopo, si è ammalata. Anche se accolta in un villaggio, non è stata portata in ospedale, e anche la bambina più piccola, nutrendosi ancora con solo latte materno, ha incominciato a deperire. Ora la madre è in ospedale e speriamo di salvarla. Arrivato in orfanotrofio mi ha commosso l'accoglienza che gli altri bambini hanno fatto a queste due creature, e il vedere nei loro occhi l'espressione di gioia e di gratitudine per aver portato loro queste due nuove sorelle.

 

27-8-96 Martedì. Questa notte i guerriglieri hanno bruciato tante capanne nella zona di Lalia, che si trova tra la strada per Kitgum e quella per Lokome. Verso le due di notte ho sentito anche qualche raffica di mitra.

 

Manano, nostro autista di fiducia, è ritornato questa sera da Mbarara dove a portato un nostro tirocinante per cercare, in quella Università, dei giovani medici disposti a venire, in questa situazione, a fare il loro tirocinio qui al Lacor. Quelli di Mulago assegnati il mese scorso al Lacor hanno preferito infatti posti più sicuri e sono andati altrove. Sembra che ne abbia trovati addirittura otto. Vedremo quanti poi arriveranno a destinazione. Ho anche approfittato dell'occasione per mandare Romano, prezioso tecnico Philips in pensione e volontario qui a Lacor, ad impiantare con due miei apprendisti elettricisti un nuovo apparecchio per raggi X a Kiamahunga, poco distante da Mbarara, dove nella missione del nostro Padre Tomaino sta sorgendo un grande ospedale.

 

28-8-96 Mercoledì, S. Agostino. Questo pomeriggio si sono sentite delle mitragliate. Ho saputo che i ribelli erano gia’ da ieri sera nella zona di Bungatira. Hanno portato via gente e messo su una loro radio trasmittente. Solo questo pomeriggio i militari sono riusciti a disperderli.

 

In città, a Gulu, oggi hanno arrestato una ragazza in blue jeans, tutta ben vestita e imbellettata, e piena di soldi. Era una spia dei ribelli, che, facendosi passare per una puttana di lusso, sperava che qualche ufficiale dell'esercito la portasse dentro le caserme, per fare da testa di ponte, con altre colleghe, per un eventuale attacco dei ribelli.

 

Questo pomeriggio quasi pestavo un cobra accoccolato vicino a un tombino della fogna. Io sono passato senza vederlo; se n’è accorto l’operaio che mi seguiva, quando il cobra ha alzato minaccioso la testa contro di lui. Poco tempo fa ne avevo ammazzato un'altro delle stesse dimensioni – circa un metro -, sotto la nostra veranda. Si vede che c'è n’e’ una nidiata da qualche parte. Secondo il mio libro dei serpenti, si tratta di un Forest Cobra, può arrivare alla lunghezza di due metri e settanta, il suo morso è mortale, ma - secondo il libro - non morde quasi mai.

 

La luna piena di questi giorni rischiara il cielo quasi a giorno. Speriamo che i ribelli stiano buoni e di non essere svegliati al suono dei mortai.

 

29-8-96 Giovedì. Anche oggi hanno portato una donna saltata su una mina antiuomo. Viene da Paragongo, vicino a Pabo. E’ incinta da quattro mesi e ha perso una gamba: speriamo che il bambino si salvi. A Pece Acoyo, che si trova sulla strada di Opit, ad appena quattro chilometri da Gulu, questa notte hanno bruciato parecchie capanne e portato via quindici mucche.

 

30-8-96 Venerdì, ore 8.30 am. Questa notte i ribelli, approfittando del chiaro di luna, hanno svaligiato le botteghe del centro di Lacor Seminary; poi, andando via, hanno incendiato le capanne che si trovano ad Onywange, di là dal fiume Toci. Non si sa ancora perchè abbiano bruciato le capanne di quella zona, ma si ritiene che il motivo sia l’ospitalità data ai militari - come se dipendesse dalla popolazione! -, i quali solo ieri hanno lasciato quella zona.

 

I ribelli hanno anche seminato qualche mina. Una è stata messa appena fuori dalla porta di una bottega: l'hanno scoperta perchè hanno visto la terra smossa. Un'altra, sepolta in un sentiero, l'hanno scoperta perchè la pioggia ha portato via la terra con la quale l'avevano ricoperta. Speriamo che non ce ne siano altre. Ormai la gente è diventata più guardinga e i casi di incidenti si sono ridotti, ma, ugualmente, ogni tanto c'è qualcuno che ci rimette una gamba e alle volte anche la vita.

 

Un mio operaio, che abita vicino alla zona colpita dai ribelli, ha detto che sono arrivati verso l'una e mezza di notte, in silenzio, e prima di bruciare ogni capanna intimavano agli occupanti di uscire. Il mio operaio era stato svegliato dagli scoppi dei bambù, usati come struttura portante del tetto, in fiamme. Gli scoppi - mi ha detto - sono simili a fucilate non troppo lontane.

 

Ore 10.30 am. Da Ogwange è arrivata la prima vittima di una mina antiuomo. E’ lo zio del Dottor Cipriano. Fortunatamente era in bicicletta e la forza della mina si è scaricata sulla ruota posteriore salvandogli le gambe. Ugualmente, ha una brutta ferita proprio dietro il ginocchio.

 

31-8-96 Sabato. Anche questa notte siamo stati svegliati alle due e mezza da colpi di mortaio, sparati non si sa ancora da chi, ma molto probabilmente dai militari della caserma. I ribelli hanno bruciato dodici capanne vicino alla strada che dal nostro orfanotrofio va all'aeroporto. Sembra che i militari delle vicine baracche abbiano risposto a colpi di mortaio o di cannone. Un proiettile di mortaio ha colpito, spaccandolo in due, un eucalipto che si trovava nel cortile dell'orfanotrofio, a quindici metri dal dormitorio dove dormono i nostri orfani. Alcuni testimoni dicono che l'attacco era diretto da una donna feroce, che portava un bimbo di pochi mesi in un marsupio legato sul davanti. Ad appiccare il fuoco al tetto di paglia delle capanne erano ragazzi sui tredici o quattordici anni. I ribelli se ne sono andati portando via una donna che tre giorni fa aveva preso in affitto una capanna. Da come questa donna parlava ai ribelli hanno dedotto che fosse una loro spia. Durante la sparatoria un civile è stato ferito, ma solo leggermente. Questa mattina la gente sta scappando anche da Koc Ongako, dove pare che i ribelli stiano bruciando capanne.

 

Nella zona del Lacor Seminary, dove i ribelli hanno operato ieri, i militari, dietro segnalazione della gente, hanno dissepolto altre otto mine anti-uomo.

 

Questa mattina abbiamo contato settemila duecentoventinove persone venute per passare la notte qui in ospedale.

 

Ore 8.30 pm. Questa sera alle cinque e mezza sono andato a raccogliere una ragazza saltata su una mina antiuomo. Lei, di quindici anni, e sua sorella, di tredici, hanno finito la scuola ieri, e oggi andavano in vacanza a casa loro. Fanno, rispettivamente, la settima e la sesta elementare. Due loro fratelli erano venuti da Anaka in bicicletta per prenderle e portarle a casa. Quando sono arrivati a Langol, dopo Onywange, la ruota posteriore di una delle biciclette ha urtato la mina. Erano le due del pomeriggio. La ragazza che stava sul porta pacchi ha avuto tutti e due i polpacci dilaniati. Ha perso tantissimo sangue, ma le ossa sembrano ancora intatte. Il ragazzo invece ha riportato solo una ferita dietro il ginocchio.

 

Era un pezzo che non facevo più quella strada, e ho visto le capanne bruciate ieri dai ribelli sulla strada che dopo il fiume Toci va a Langol. Le hanno bruciate per un tratto di almeno dieci chilometri. Non c'è più anima viva in quelle zone, e i villaggi bruciati e vuoti incutono un senso di desolazione e paura. Questi quattro giovani si sono trovati soli e sperduti in mezzo a questa strada deserta, due di loro feriti - la ragazza gravemente -, senza trovare nessuno che desse loro una mano. Hanno provato a portare la ragazza con l'altra bicicletta pian piano, ma dopo un po’, essendoci anche il fratello ferito, hanno deciso di fermarsi e di mandare quello rimasto illeso a chiedere aiuto all’ospedale che distava ancora quindici chilometri.

 

Questo pomeriggio hanno portato anche due soldati, feriti nella zona di Opit.

 

Domenica 1 settembre 1996.  Padre Rocco questa mattina e’ andato a pregare nella cappella di Unyama, ma non ha trovato nessuno: durante la notte i ribelli erano passati di lì e avevano ammazzato con un colpo di baionetta un ragazzo, dopo avergli chiesto indicazioni sulla strada che porta ad Atede. Padre Rocco ha celebrato allora la messa nel villaggio del ragazzo, e ne ha curato la sepoltura.

 

Questa sera Padre Paolo, da Opit, diceva che ha sentito un gran rumore di spari proprio dalla zona di Atede.

 

Lunedì 2 settembre 1996.  Questa mattina si sentivano forti colpi di artiglieria, ancora in direzione di Atede, sulla strada di Opit. Alle 10.30 i militari hanno portato due soldati feriti ieri ad Atede, in un agguato sulla strada - dicono.

 

Ho saputo questa sera che nell'agguato di oggi i ribelli hanno ucciso anche il marito della donna che cucina per i bambini malnutriti della pediatria. Era un Home Guard che ha lavorato per parecchi mesi anche qui al Lacor. Si chiamava Olanya Wally.

 

Oggi a Parabongo, nei pressi di Pabo, hanno bruciato un camioncino pieno di casse di birra e Pepsi, diretto ad Ajumani. Non hanno fatto vittime, ma hanno ripetuto all'autista che non vogliono vedere per strada né macchine né biciclette.

 

Oggi è venuto Kazini a vedere i suoi soldati feriti. Brown me l’ha presentato. Kazini ha detto che mi conosceva e mi ringraziava per il lavoro che sto facendo, che ha ricevuto rinforzi e che quindi avrebbe mandato altri due gruppi di soldati nella zona dell'Ospedale, per migliorarne la protezione e la difesa.

 

Sono stato a trovare la ragazza che sabato pomeriggio era saltata sulla mina e che avevo soccorso. Sta riprendendosi lentamente: era dissanguata, ma le hanno fatto dato solo mezzo litro di sangue, dato che, col pericolo dell’AIDS, è meglio limitare al massimo le trasfusioni. Comunque, mi ha ringraziato di averla soccorsa e, siccome senza il mio aiuto – ha detto - sarebbe morta, quando sarà guarita vuole stare con me. Non ho capito in quale ruolo; ma è una bella ragazza, e ad altri una proposta del genere non dispiacerebbe.

Martedì 3 settembre 1996. Questa mattina i ribelli sono passati ad Awer, un centro a sette chilometri da Lacor, dove c'è il bivio della strada che va ad Amuru.

 

Questa sera sono venuti a chiamarmi perchè andassi a prendere una donna, malmenata dai ribelli perchè alla loro richiesta di soldi ha risposto che non ne aveva. E' stata colpita in testa e sulla schiena, ma non mi sembra grave.

 

In questi giorni piove moltissimo, e la gente che viene a dormire in ospedale arriva tutta bagnata. Fanno veramente pena, specialmente i piccoli, e sono tutti pieni di tosse e bronchiti. Povera gente!  Quando finirà questo castigo?

 

Mercoledì 4 settembre 1996.  Dopo la grande pioggia di ieri sera  la notte è passata tranquilla. La luna sta calando, e speriamo che cosi’ diminuisca anche il pericolo  di essere attaccati. 

 

8:45. Sul giornale Rupiny di oggi dicono che Kony ha intenzione di bruciare la Banca UCB  e di venire a rubare le medicine all'ospedale di Lacor. Un dipendente della banca, Moses Bongomin, che qualche giorno fa era stato preso dai ribelli  e poi liberato, avrebbe detto che i ribelli vogliono attaccare i soldati della banca e poi bruciarla con tutti i soldi che contiene. In gran parte sono i soldi che servono a pagare gli stipendi dei militari. Vogliono vedere poi se i militari  vanno ancora a combattere, senza paga, come loro stanno facendo ormai da dieci anni.

 

Avrebbero aggiunto che presto verranno all'ospedale di Lacor, che dei militari non hanno paura e che non c'era niente che potesse loro impedire di entrare a prendere le medicine e tutto il resto. Il giornale spiega che per questo motivo da Venerdì hanno aumentato il numero di soldati di guardia all'ospedale.

 

Se però succede come questa sera, che tra poliziotti e militari quasi si sparavano,  anche se aumentano il numero non serve a molto. Il comandante dei poliziotti, completamente ubriaco, appena varcato il cancello, si è messo a discutere con un soldato. Sono venuti alle mani. Il poliziotto, tirata fuori una bottiglia di birra, l'ha rotta in testa al soldato, ferendolo seriamente. Il militare ha tentato allora di sparargli, ma è stato fermato da Acaye, il mio magazziniere. Poi, siccome sanguinava abbondantemente, è stato portato subito in pronto soccorso.  Certo e’ che domani bisognera’ prendere provvedimenti, perchè non è la prima volta che il capo dei poliziotti si ubriaca.

 

Giovedì 5 settembre 1996  Questa notte, alla periferia di Gulu, verso Bungatira, i ribelli hanno bruciato alcune capanne. Devono aver anche attaccato i soldati, perchè si sentivano raffiche di mitra e forti colpi di mortaio o di cannone.

 

Venerdì 6 settembre 1996.    Anche questa notte si sono sentite raffiche di mitra e anche alcuni colpi più forti, di cannone.  Venivano dalla direzione di Laiby, sulla strada che va a Kampala. I militari sparavano in direzione di una foresta chiamata Zambia, che si trova vicino a Koc Goma, ma non abbiamo ancora notizie precise. I ribelli non dovrebbero essere da quelle parti, ma nella zona di Opit. Sembra pero’ che i militari ne stiano inseguendo un gruppo. Ieri, sul New Vision, c'era scritto che Lagony Otti trova difficoltà a passare in Sudan; un po’ per la piena dei fiumi causata dalle forti piogge di questi giorni, un po’ per il dispiegamento di forze, da parte dei militari, in prossimita’ dei valichi di frontiera che i ribelli sono costretti a usare. Trovando la strada  sbarrata, Lagony avrebbe allora ordinato ad alcuni dei suoi di creare azioni di disturbo alla periferia di Gulu, in modo da distrarre le truppe di Museveni. Spera cosi’ di trovare un varco per il Sudan, dove andra’ a rifornirsi di armi. 

 

Questa mattina ho fatto contare le persone entrate per dormire: erano tremila trecentocinquanta. Il numero è sceso drasticamente, forse per le minacce dei ribelli di attaccare l'ospedale. Padre Paolo e Suor Dorothy sono venuti da Opit per prendere medicine. Dicono che lì ci sono tantissimi soldati. Anche di ribelli pare ce ne siano ancora molti. Hanno detto che, strada facendo, hanno incontrato anche alcuni carri armati. Fino adesso la Missione e’ stata rispettata, ma c'è sempre tanta paura. La  gente ha paura di muoversi, e cosi’ il dispensario è semivuoto.

Sabato 7 settembre 1996.  La notte è trascorsa senza problemi. Questa mattina pero’ i militari hanno bloccato tutta la gente entrata in ospedale per dormire e ne hanno voluto controllare documenti e carte di identità. Oggi la gente sembra più numerosa di ieri.

Questo pomeriggio hanno portato quattro soldati feriti e un ragazzo che ha perso una gamba, per una mina anti-uomo, a Bungatira. I governativi stavano inseguendo un gruppo di ribelli che, avendo trovato il fiume Aswa in piena, non son potuti passare nell'Est Acholiland, sono ritornati sui propri passi e ora sono ancora nella zona di Koc Goma. Speriamo che abbiano poche munizioni e finiscano anche la scorta di queste maledette mine. Speriamo insomma che spariscano dalla circolazione, in modo da permettere a questa povera gente di ritornare ai propri villaggi e salvare il raccolto – gia’ scarso - di quest'anno.

 

Domenica 8 settembre 1996.   Anche questa mattina, alle cinque, si sentivano forti colpi di artiglieria, sempre nella zona di Koc, segno che i militari non mollano e vogliono stanare questo gruppo di ribelli ormai isolato dagli altri.

 

Prima di mezzogiorno hanno portato ancora un ferito, saltato su una mina. E’ un poveretto di più di sessant'anni, che abita a Pece, nella periferia di Gulu. Questa notte i ribelli sono passati da quelle parti e hanno piazzato la mina proprio davanti alla porta della sua capanna. Ha perso il piede e gli è stata amputata la gamba, sotto il ginocchio. 

 

Stasera Brown mi ha chiesto di far spegnere le luci, perchè i ribelli erano nella zona di Alokolum, dove c'è il Seminario Nazionale. Avrebbero fatto sapere che era loro intenzione attaccare l'ospedale. Ormai la notte è buia e senza luna, e sta piovendo a dirotto. Penso quindi che anche ai  ribelli convenga starsene tranquilli e al riparo in una delle tante capanne attualmente abbandonate.

 

Da Opit, Padre Paolo fa sapere che la gente ha paura e si è rifugiata nella missione. Padre Pifer, per parte sua, dice che se qualcuno non crede che esista il purgatorio  vada ad Anaka e si convincerà. Padre Paolo replica che a Opit sono un girone più in basso.

 

Lunedì  9 settembre 1996. Stamattina hanno contato tremila trecentosessanta persone entrate in Ospedale per passare la notte.

 

Ieri sera tardi, i militari avevano mandato rinforzi, sia per l'ospedale sia per circondare il gruppo di ribelli che si trova a Onywange, a pochi chilometri da qui. Il gruppo e’ formato da circa trecento uomini; avranno la vita dura, circondati come sono da  più di tremila soldati.

 

Hanno appena portato undici persone ferite da una mina anti-carro.  Si trovavano sul cassone del trattore del Seminario Nazionale di Alokolum, che questa mattina era andato a prendere della canna da zucchero a Bwobo, a un paio di chilometri dal seminario. La mina era stata sistemata appena fuori dal guado del fiume Toci. All’andata non e’ successo niente, ma al ritorno, col cassone carico di canna da zucchero e di gente, la mina e’ scoppiata, scaraventando lontano canna e passeggeri. Anche noi mandiamo spesso il trattore e il camion da quelle parti, per il trasporto dei mattoni. Io stesso sono passato di lì sabato scorso, andando a soccorrere la ragazza ferita dalla mina.

 

Degli undici feriti, solo uno, che si trovava proprio sopra la ruota che ha fatto esplodere la mina, perdera’ una gamba; gli altri hanno solo contusioni ed escoriazioni, ma nessuno sembra grave.

 

Oggi è la festa di S. Pietro Claver, apostolo degli schiavi. Tutti noi comboniani ci siamo trovati in cattedrale per celebrare questo grande santo e per ricordare il giorno in cui la maggior parte di noi ha fatto la propria professione religiosa. Per me, e’ il trentesimo anniversario dei voti.

 

Abbiamo pregato perche’ ci liberi dalla schiavitù della guerriglia, a causa della quale ragazzi e ragazze acholi vengono rapiti, e sono poi costretti a uccidere o sono venduti come schiavi nei mercati arabi del Sudan.

 

Oggi è arrivato il Prof. Bonini, chirurgo di grande capacità ed esperienza. Ha insegnato all'Università di Mulago negli anni settanta. In questi hanni ha lavorato nell'ospedale di Arua. Dovrebbe fermarsi per almeno due anni e insegnare chirurgia ai giovani medici. E' arrivata anche suor Manfreda, dopo tre mesi di vacanza in Italia.

 

Martedì 10 settembre 1996   Vicino a Koro Abili, dopo la cappella di Padre Albertini, hanno sparato a un camioncino Dyana Isusu pieno di gente diretta al mercato di Ngai, sulla strada per Iceme. Qui in ospedale hanno portato solo due persone ferite, tra cui l'autista, a cui e’ stato amputato un piede, e il bigliettaio,  con una pallottola in uno stinco. Di quelli che si trovavano nel cassone, sembra che uno sia morto, mentre gli altri sono stati rapiti. I ribelli hanno anche rubato la merce e bruciato il camioncino. Suor Emma, di ritorno da Kampala in bus, ha potuto vedere il camioncino ancora fumante.

 

Un agguato simile si e’ avuto nei pressi di Parabongo, sulla strada che va a Pabo. Un uomo è stato colpito alla testa, ed e’ morto sul colpo.  Era un maestro della Senior School di Pabo, che era stato dimesso dal nostro ospedale proprio questa mattina. I ribelli hanno anche bruciato l’auto, che apparteneva a un tale di Pabo. Tutti gli altri passeggeri sono stati rapiti. Suor Bibiana, incaricata del dispensario di Pabo, che faceva la stessa strada su un’altra auto, ha fatto in tempo a fermarsi e tornare indietro. Rientrava a Pabo, dopo una settima di ritiro spirituale a villa Teresa, qui in ospedale.

 

Padre Paolo ha portato, da Opit, una donna ferita da una mina. E’ ritornato poi alla missione. Dalle sue parti un gruppo di ribelli sta facendo disastri, e anche ieri due donne sono morte per le mine e altre due sono state uccise a botte. Ad Acet  ha visto le capanne del campo militare in fumo. Forse i ribelli hanno voluto vendicare la batosta subita, in quello stesso posto, alcune settimane fa. Il campo era stato minato dai militari, e un centinaio di ribelli – per lo piu’ ragazzi - erano rimasti uccisi.

 

Ieri, con la mediazione del presidente iraniano, Rafsanjani, Uganda e Sudan hanno riallacciato le relazioni diplomatiche. I Sudanesi hanno riaperto l'ambasciata a Kampala. L’Uganda si e’ impegnata a non aiutare più Garang; il Sudan a non armare più Kony. Hanno messo cosi’ sullo stesso piano il diritto di indipendenza del popolo nero del Sud Sudan e la  rivolta senza senso di un pugno di criminali.

 

Non so cosa ne pensi Garang, ma questo avviene anche per colpa sua e per le divisioni che esistono tra le varie tribù nere del Sudan. La tribù Denka, a cui appartiene Garang, ha lo stesso atteggiamento dei Tutsi, che si credono nati per comandare su mandato divino.

 

Personalmente ho poca fiducia negli arabi e ancora meno in Rafsanjani,  che finanzia il terrorismo internazionale, è il più importante sponsor militare del Sudan e rifornisce i nostri ribelli di armi, munizioni e mine. Temo che con questo accordo siamo caduti dalla padella alla brace. L’accordo non è piaciuto neanche agli americani e non sappiamo quali conseguenze aspettarci. Museveni, presidente dell'Uganda, sostiene che è pronto a collaborare con chiunque - iraniani, russi, Major o Clinton – finche’ questo torna a beneficio dell'Uganda.  Ha detto anche che presto le linee aeree iraniane metteranno voli per Entebbe e l'Uganda potrà approfittarne per esportare in Iran i suoi prodotti agricoli e quelli zootecnici, come carne di capra, di pecora o di manzo.

 

Mercoledì 11 settembre 1996.  Oggi sembra tornata la calma. Speriamo che abbiano finito di piazzare mine ed ammazzare innocenti! Vedremo se quest'accordo tra Uganda e Sudan porterà dei frutti di pace... Intanto sembra quasi certo che le persone rapite ieri nell'agguato di Parabongo siano state uccise tutte. Quelle prese in ostaggio sulla strada di Kampala sono state invece liberate. Suor Bibiana diceva che ieri i ribelli hanno ucciso anche due che se ne andavano a Pabo in bicicletta.

 

Fratel Mario Rosignoli questa sera si è unito al grande convoglio di camion pieni di viveri per i rifugiati sudanesi, diretto a Nimule. Era venuto a Gulu, con un aereo delle Nazioni Unite, dalla sua missione di Kocioa, a riprendere l’auto, che era qui in riparazione. Questa sera alle nove non era ancora arrivato a casa. Speriamo bene: che non debba passare la notte in macchina o peggio!

 

Ci hanno comunicato oggi che domenica notte il Dr. Corti si è sentito male: ha avuto un piccolo infarto ed è stato ricoverato in ospedale con l'ordine di completo riposo. Speriamo che recuperi presto e non ci faccia brutti scherzi, perchè abbiamo ancora molto bisogno di lui. Almeno per altri vent'anni. 

 

Giovedì 12 settembre 1996. Anche se qui in ospedale non abbiamo sentito niente, nella periferia di Gulu, a Te Gwanda - la zona, dietro la Banca UCB, che si estende verso lo stadio di Pece - i ribelli hanno bruciato molte capanne e i militari hanno sparato alcuni colpi di mortaio per disperderli. Sembra che non sia stato ucciso nessuno. Fa bene, ogni tanto, passare una notte senza  essere svegliati da colpi di mitraglia; anche per  dare tempo ai nostri nervi di recuperare. Non si può vivere giorno e notte in continua tensione. 

 

ore 10 AM  Hanno portato un uomo da Unyama, con molte ferite in tutto il corpo. La figlia mi ha detto che i ribelli volevano ucciderlo con una scure, ma non l'hanno trovata; cosi’ lo hanno colpito con la punta di una lancia. Il Dr. Bonini, che l'ha subito operato, ha detto che non se la sarebbe cavata da solo, ma che, comunque, le ferite all'addome e al torace non sono troppo gravi.

 

Anche nei pressi della strada di Kitgum, a sette chilometri da Gulu, i ribelli hanno bruciato molte capanne. Hanno anche ucciso due persone, facendole a pezzi con la scure.

 

Ieri sera sono stati anche attaccati gli ultimi due camion del convoglio partito da Gulu diretto a Nimule – quello al quale si era unito Fratel Mario. Questi due mezzi erano partiti in ritardo e stavano cercando di raggiungere il convoglio scortato dai militari. A Parabongo pero’, in una zona in cui sono state attaccate altre auto, si sono imbattuti nei ribelli, che hanno bruciato i veicoli carich, ciascuno, di cinquanta tonnellate di farina di granturco. Degli autisti non si sa ancora niente.

 

Il bilancio del raid di questa notte alla periferia di Gulu è di almeno centocinquanta capanne bruciate, un uomo e una donna bruciati vivi in una capanna, sette persone rapite.

 

ore 4 P.M. Hanno appena portato da Te Gwanda un uomo ferito che si credeva fosse stato rapito dai ribelli. Era stato gettato, invece, nell’erba, privo di sensi, a poca distanza dal luogo dell’aggressione. Ha il volto tumefatto e la mascella rotta, il cuoio capelluto pieno di tagli profondi. Speriamo che non gli abbiano sfondato la scatola cranica.

 

Fratel Mario ci fa sapere, da Kocioa, che è arrivato sano e salvo a casa, ma che per fare i cento chilometri del tragitto ha impiegato  dodici ore. E’ arrivato, cioe’, a casa questa mattina alle cinque. I camion si sono impantanati un paio di volte: a Pawel, dopo Pabo, e vicino ad Atiak. Per tirarli fuori dalle buche, le riempivano coi sacchi di granturco, e ogni volta ci volevano due o tre ore. Lui ne approfittava  per dire il rosario e per farsi un pisolino. Usare il granturco destinato ai rifugiati sudanesi in questo modo potra’ sembrare a qualcuno uno spreco assurdo, ma penso che per la gente di quella zona, con la fame che c'è, sia stata una provvidenza, e che, una volta passati i camion, si siano dati tutti all'assalto di tutto quel bendidio, senza lasciare per terra neanche un granellino. Fratel Mario non sapeva ancora dei due camion bruciati; ha detto solo che ha avuto difficoltà a sorpassarli per andare a riprendere il convoglio. Anche questa volta i suoi angeli custodi hanno dovuto fare lo straordinario.

 

A Opit e Anaka oggi tutto tranquillo.

 

venerdì 13 settembre 1996. La notte è passata tranquilla, senza novità. Questa mattina i militari hanno circondato tutta la zona e hanno radunato gli abitanti dei villaggi vicini per uno screening. Alcune spie dei ribelli si sarebbero infatti infiltrate tra la gente dell’ospedale. Hanno fermato una dozzina di ragazzi, perchè privi di documenti di identità e sconosciuti alla gente.

 

Padre Pifer fa sapere che oggi i ribelli hanno ucciso otto persone nella sua parrocchia di Anaka. Stavano andando in bicicletta per la strada di Alero, quando, a Langol, sono stati fatti fuori per aver disobbedito al divieto di viaggiare sulle strade, a piedi, in macchina o in bicicletta. Anche Padre Paolo dice che oggi, lungo la ferrovia di Opit, sono state uccise sei persone, forse per la stessa colpa. Questa mattina abbiamo contato tremila novecentoquarantacinque persone entrate ieri sera per dormire.

 

Sabato 14 settembre 1996.  Esaltazione della Croce. Oggi l'elicottero militare è passato parecchie volte sopra di noi, carico di bombe, diretto verso est, in direzione di Anaka - segno che hanno individuato la presenza dei ribelli in quelle zone e stanno combattendo. Nelle vicinanze, invece, non sono stati segnalati ribelli. Il nostro camion, cosi’, dopo una settimana di inattività forzata, a causa dell'insicurezza, è riuscito a portare a casa un carico di mattoni.

 

Il paziente ferito con la punta di lancia, che era stato operato giovedì scorso dal Dr. Bonini, è morto.

 

Domenica 15 settembre 1996. Festa della Madonna Addolorata. Sembra che i ribelli cerchino ancora un varco per ritornare in Sudan con gli ostaggi. Fino a questo momento non si sono visti i frutti dell'accordo tra Sudan e Uganda, e pare che Kony sia a Juba, protetto e riverito.

 

ore 5.30PM  Hanno appena portato cinque militari feriti oggi, alle tre del pomeriggio, in un attacco a Pagak, dove c'è una cappella ormai in rovina, costruita nel 1922 dai primi missionari. (A ricordo di Padre Santo Pizzocolo, cappellano dell’ospedale, morto nel 1993, che ha sempre avuto un debole per quella cappella, dove la domenica, nonostante gli ottanta anni e gli acciacchi, andava a dire la messa, sto costruendo una cappella più grande, a base ottagonale; in un domani potrà servire anche come chiesa di una futura parrocchia. La pagano i parenti di Padre Santo, tra cui la nipote Rossanna e Mons. Denti, segretario del vescovo di Mantova).  I feriti sono stati colpiti tutti alla schiena: evidentemente stavano scappando. Sono stati attaccati da piu’ di cinquecento ribelli, mentre loro erano un centinaio. Mi hanno detto che tra i militari non ci sono stati morti, e che invece i ribelli hanno subito molte perdite. Il Dr. Bonini è già in sala operatoria. 

 

Questa sera sono passati alcuni carri armati diretti verso Pabo.

 

Padre Pifer dice che va male, in quel di Anaka, e che tutti hanno paura di muoversi.

 

Questa sera, festa della Madonna Addolorata, sono andato a dire il rosario insieme ai giovani che ogni sera si raccolgono in chiesa per impetrare dalla Regina della Pace protezione e PACE. Cantavano i canti dell'Avvento, in acholi: "Bin Yesu Rwot, bin dong ka larowa" - "Vieni Signore Gesù, vieni presto a salvarci". Cantavano anche "Attende, Domine, et miserere, quia peccavimus tibi".   La Regina della Pace non può non ascoltare queste suppliche, gridate da un popolo ormai disperato e da questo gruppo di bambini innocenti.

 

Convertirci è l'unico rimedio alla guerra. E' un'antifona che la Madonna ci sta ripetendo ormai da decenni nelle sue apparizioni, ma questo messaggio lo rifiutiamo e alla nostra salvezza preferiamo la nostra distruzione. Sono convinto che il popolo Acholi stia pagando per i suoi peccati, ma che stia pagando, come vittima di espiazione, anche per i peccati di tutto il genere umano.

 

Regina della Pace, prega per noi e abbi pietà di noi e del mondo intero!

 

ore 10 PM  E' ritornato il convoglio che giovedì aveva portato gli aiuti a Nimule. I camion si sono fermati fuori dall'ospedale per scaricare il cadavere di un autista  ucciso giovedì scorso dai ribelli nell'attacco ai due camion che tentavano di raggiungere il resto del convoglio. Lo hanno trovato ancora in cabina, mezzo bruciato e già in avanzata decomposizione. E' stato posto nella camera mortuaria; domani sara’ trasportato a Kampala. Degli altri tre autisti, due sono stati feriti; il terzo è stato portato via dai ribelli, e ancora non se ne sa niente.

 

 

Lunedì 16 settembre 1996  Il pakistano incaricato degli aiuti ai sudanesi e dell’organizzazione del convoglio  mi ha detto che era ritornato sul posto dell’attacco, il giorno dopo, per recuperare il cadavere e i camion - solo parzialmente bruciati, e ancora ricuperabili. E’ dovuto scappare, pero’, perchè i ribelli erano ancora in giro, tant’e’ che son tornati a bruciare completamente i camion.

 

Oggi Sr. Anna, Sr. Francesca e Adilla sono andate a Kampala per fare gli esercizi. Sono partite alle dieci, subito dopo che i guerriglieri avevano sparato al bus di linea che va a Kampala, nella zona tra Bobi e Minakulu Acholi. Il conducente e’ riuscito a proseguire, e cosi’ ha salvato la vita a molti. Un uomo e’ morto. I feriti - una quindicina, alcuni in gravi condizioni - sono stati portati nel nostro ospedale di Aber. Non sappiamo se tra di loro ci sia anche qualcuna delle nostre allieve infermiere, partite stamattina per le vacanze. Padre Varesco, di Aber, ci dara’ notizie domani.

 

Tra gli altri, hanno portato due sorelle: erano sedute una accanto all'altra e una pallottola ha trapassato il ginocchio di una, fracassandolo, ed e’ penetrata in una gamba dell'altra, fermandosi nella caviglia. Erano studentesse del nostro collegio del Sacred Heart ed avevano finito la scuola; cosi’ pensavano di andare per un pò in vacanza giù a Kampala, dove si respira aria migliore e non si rischia sempre di essere rapiti o uccisi.

 

Padre Paolo, da Opit, ci ha detto che oggi, all’altezza della cappella di Atede, un poveretto che portava la moglie incinta e con difficoltà di parto, in bicicletta, al dispensario si e’ imbattuto nei ribelli. Lui e la moglie sono stati uccisi sul posto, sempre per aver infranto il divieto di viaggiare sulle strade. 

 

Oggi è arrivato da Kampala Fratel Ferrari, per un check-up, dato che nei giorni scorsi ha avuto delle coliche renali.

 

Martedì 17 settembre 1996 Oggi è arrivato Fratello Udeschini da Ladonga, per farsi alcuni esami per una presunta diverticolite. Sono partiti Padre Alfredo Matevi e Padre Maffeis, che era qui ormai da tre mesi per una brutta caduta con la moto: si era rotto una spalla e alcune costole e si era perforato la pleura.

 

Hanno ancora sparato sulla strada di Kampala; questa volta tra Kandini e il ponte di Karuma. Pare che la sparatoria sia durata due ore. Non abbiamo ancora particolari, e qui non è arrivato nessun ferito.

 

Il World Food Program ha distribuito viveri, zappe, coperte e pentole ai rifugiati. Per i continui attacchi la gente e’ stata costretta a lasciare i propri villaggi, spesso distrutti dalle fiamme, e si è adattata a vivere alla meglio, vicino alle nostre istituzioni o in città, a Gulu. Migliaia di persone - uomini, donne e bambini, anche neonati - dormono sul freddo pavimento delle nostre verande o dei reparti, nelle chiese o sotto i portici delle botteghe di Gulu, si’ e no con una coperta, contesa a volte da più membri della stessa famiglia. Il pericolo di epidemie è sempre in agguato, anche perchè mancano acqua e gabinetti. Per fortuna tutti i giorni viene un forte temporale e lava via tutto; qui in ospedale ci meravigliamo che l’odore di “genere umano” si mantengano molto al di sotto dei livelli di sopportazione. Molti poi non hanno neanche da mangiare, perchè i loro villaggi sono lontani. Alcuni vivono in queste condizioni da mesi. 

 

Finalmente organizzazioni come la Croce Rossa Internazionale, la FAO, Oxfam e altre sono venute a farci visita e hanno promesso un intervento di emergenza immediato. Il governo, che pure ha dei fondi per situazioni del genere non ha fatto mai niente, e forse - o senza forse - ha fatto sparire quei fondi.

 

Mercoledì 18-9-96 Ho fatto fare un censimento di tutta la gente presente stamattina in ospedale. Ecco i risultati:

 

Pazienti                                                                                  458

Assistenti dei pazienti                                                        1343

Allieve infermiere                                                                 113

Nursing Aid                                                                           117

Parenti nursing Aid                                                             48

Infermiere e relativi parenti                                                            178    

Gente rifugiata stabilmente residente                            176

Medici e relative famiglie                                                   90

Infermiere caposala e parenti                                          47

Suore Mary Immacolate di Villa Teresa e personale   22

Suore Comboniane e Comboniani                                 11

                                                                                                ____

Totale  gente residente fissa                                          2643

Gente  rifugiata solo  per la notte                                   5040

Totale popolazione presente in ospedale                    ____

18 settembre 1996 :                                                       7683

 

 

I ribelli ieri sera hanno attraversato la strada di Kampala e sono ritornati dalla nostra parte, ossia nella zona di Koc. Si sono sentiti per lungo tempo colpi di artiglieria verso Keyo e Roc, con l'elicottero che andava avanti e indietro carico di bombe. Questa notte, verso le due, si sentivano forti colpi, che a prima impressione sembravano tuoni. Erano seguiti da lampi intensi, che sbiancavano la notte quasi di continuo. Bombardavano la zona di Roc con l'elicottero, illuminando con i razzi il campo d'azione.

 

Il generale Salim Saleh lamenta che i militari e i loro comandanti non hanno voglia di combattere e non eseguono gli ordini, e dice che è per questo che non si riesce a porre termine a questa ribellione. Non riesce a spiegarsi per quale motivo tutte le volte che i ribelli sono ormai circondati e senza possibilità di fuga riescano sempre a trovare un varco e a sparire nel nulla. Ha anche detto che una grande offensiva da parte di Kony è prevista per novembre e che la gente deve essere pronta a difendersi da sola se i militari si comporteranno come si stanno comportando attualmente.

 

I giornali attaccano anche Museveni, che prima delle elezioni scommetteva di far fuori Kony entro sei mesi. I sei mesi sono scaduti il 6 settembre e Kony sembra vivo e vegeto piu’ che mai, e tiene testa ai cinquanta mila soldati di Museveni.

 

Quelli del Sud dicono che la guerriglia non potra’ finire finché gli Acholi non accetteranno l'idea di  essere governati da uno del Sud. Gli Acholi dicono che il governo è pieno di pregiudizi contro di loro e considera tutti quelli del Nord dei primitivi  bellicosi; non si cura cosi’ delle loro sofferenze e quasi quasi è contento di questa sventura. Altri invece vedono questa guerra essenzialmente come un problema tra Uganda e Sudan, e Kony come una pedina in mano ai fondamentalisti islamici arabi. Il vero problema è che chi comanda e ha in mano il potere è lontano da questa terra Acholi, non ha nessuna sofferenza diretta dalla guerra, ma forse solo vantaggi. Gli orrori di cui Kony si rende responsabile, i massacri e le vere e proprie mattanze che compie sono molto remoti e non toccano minimamente gliuomini di potere. Sono cose che al massimo leggono sui giornali o vedono in TV. Senz'altro disapprovano quando sentono di  gente innocente uccisa, di persone mutilate dalle mine, di ragazze violentate, di villaggi bruciati e di proprietà distrutte e saccheggiate. Forse si commuovono, anche, davanti ai bambini senza gambe e senza braccia.  Ma tutto finisce lì. 

 

Per la nostra gente, invece, non è una storia vista in televisione di "innocenti civili", ma una storia che dice "mia madre è stata uccisa" o "mia sorella è stata violentata" o "mio fratello è stato ammazzato" o "la mia capanna è stata bruciata" o "una mina mi ha ridotto senza gambe" o "la mia bottega è stata svaligiata e distrutta". Qui si parla in prima persona singolare, non in terza persona plurale come fanno i giornalisti e la televisione. Non si può più continuare così; non si possono piu’ porre condizioni pregiudiziali a che si smetta di farsi del male.

 

Questa sera hanno portato un altro militare saltato su una mina nella zona di Awac: ha perso un piede.

 

Ore 10.30 PM Si sentono forti colpi di artiglieria, non so se si tratti di colpi di mortaio o di cannone.

 

E' arrivato Romano, da Kiamahunga, dopo quasi quattro  settimane di assenza. E’ stato veramente una provvidenza per Padre Paolino, che ne ha approfittato per fargli aggiustare un sacco di cose, oltre che l'apparecchio per i raggi X.

 

Giovedì 19 settembre 1996.  Festa di S. Gennaro. Il sangue di san Gennaro si è liquefatto anche questa volta – segno, per i napoletani, di un'altro anno di prosperità. Speriamo che anche per noi sia segno di un'anno migliore di quello presente.

 

Questa mattina i militari hanno trovato una mina, piazzata dai ribelli sulla strada che va al seminario di Lacor, ad appena un chilometro dall'ospedale. L'hanno scoperta grazie ad un uomo, preso come ostaggio dai ribelli durante la notte, ma poi riuscito a fuggire. Dicono che abbia ricevuto da Kazini i duecentomila scellini che aveva promesso a tutti quelli che avrebbero consentito di localizzare una mina.

 

I ribelli sono passati vicino a noi e hanno portato via alcune persone da Abuga. Tra queste, anche Francis Onek, un mio muratore.

 

Ieri sera i militari sparavano da lontano sui ribelli, che, passando dalle parti di Alokolum e di Bwobo, bruciavano capanne.

 

Questa mattina due Mamba, con quattro mitraglie pesanti ciascuno sulla piattaforma, che ritornavano da Onywange, sono finiti nel fiume Toci. Il primo stava tentando di evitare la buca scavata dalla mina che l'altro giorno ha fatto saltare il trattore del seminario, e per la velocità ha perso il controllo finendo in acqua; il secondo, che seguiva a ruota, per schivare il primo è finito anch’esso nel fiume, dalla parte opposta del ponticello. I militari, per sottrarsi alla compassione dei curiosi, hanno chiuso la strada che porta ad Alero.

 

Questa sera ho portato in città una ragazza, cui era morto di malaria il figlio di cinque mesi appena. Era in ospedale da due giorni. In città, a Gulu, ho potuto vedere la massa di gente che entra da tutte le direzioni in cerca di protezione e rifugio. Anche l'ospedale oggi sembra più affollato del solito.

 

Venerdì 20 settembre 1996 Questa notte hanno sparato a lungo con colpi forti ma isolati. Mi hanno detto che militari sparavano con la mitraglia da venti millimetri per fare capire ai ribelli che conveniva loro starsene lontani, se avevano cara la pelle.

 

Francis Onek, il mio operaio preso l'altro ieri dai ribelli, è ritornato ieri sera. Ha detto che intorno alle dieci di sera è stato sorpreso in capanna e obbligato a portare i polli che i ribelli, lungo il cammino, raccoglievano nei villaggi. I ribelli erano solo dieci, tra cui cinque ragazzini, ma tutti armati; lui e i suoi non hanno avuto il coraggio di reagire, anche se erano in quattordici – incluse, pero’, due ragazze. Durante il tragitto, i ribelli continuavano a dire loro che se non volevano rimanere per strada dovevano camminare svelti, e che li avrebbero liberati prima di arrivare al campo; erano buoni – dicevano -, perche’ se a prenderli fosse stato il gruppo che bruciava le capanne, gli ostaggi non sarebbero più tornati indietro. Rubavano solo polli e farina per la polenta, anche se ovviamente non si lasciavano sfuggire i soldi, se ce n’erano.

 

Il gruppo che è passato da Onywange bruciando capanne ha anche ammazzato tre uomini. Uno lo hanno preso e ucciso nel tardo pomeriggio mentre con la bicicletta si portava a casa un sacco di cassawa. Ieri mattina i parenti sono andati a recuperare il corpo, ma uno di loro, un giovane, è saltato su una mina nascosta vicino al cadavere, e ha perso un piede. Il fatto e’ avvenuto tra Bwobo Nam e Langol sulla strada per Alero.

 

Suor Bibiana, del dispensario di Pabo, è ancora in giro, perchè dal giorno in cui sono stati bruciati i due camion non ci sono più macchine che vanno in quella direzione, e la zona è infestata dai ribelli. Per tornarsene a Pabo, Sr. Bibiana sta aspettando l'occasione di un convoglio che porti viveri ai rifugiati sudanesi con la scorta dei militari.

 

La Madre Generale Suor Marietta ha lasciato libere le suore di decidere se rimanere o meno alla missione di Pabo, anche perchè sono ancora senza prete. Per il momento hanno deciso di rimanere; hanno chiesto solo, se possibile, di avere un mezzo per potersi muovere in caso di necessità.

 

Le persone entrate in ospedale per passare la notte erano cinquemila e settecento: per la stragrande maggioranza, donne, giovani e bambini.

 

Sabato 21 settembre 1996 .  Questa notte sono stato svegliato da Fratel Ferrari e da Fratel Udeschini perche’ Fratel Bazzanella chiamava aiuto. Ho trovato il Fratello che aveva una emiparesi sul lato sinistro del corpo, con il braccio e la gamba paralizzati. Abbiamo subito chiamato il Dr. Matthew, che ha immediatamente  incominciato la terapia del caso. Stamattina la sensibilità del braccio sembrava ulteriormente diminuita, mentre quella della gamba era stazionaria.

 

Ore 2.30 PM Hanno portato da Pabo cinque uomini feriti. Ieri sera, verso le dieci i ribelli hanno preso d'assalto il centro di Pabo e le adiacenze della Missione, ma senza entrare nel dispensario ne’ nel compound della missione. Hanno radunato tutti quelli che hanno potuto e, dopo aver lasciato liberi donne e bambini, hanno scelto i ragazzi da portare via e ucciso a colpi di scure gli altri uomini. I morti sono stati diciassette; quattro sono i sopravvissuti portati in ospedale, due dei quali in coma per fratture al cranio.

 

Uno dei feriti e’ stato colpito con un tizzone ardente che gli ha procurato anche varie ustioni. Era andato a dormire, con la moglie e i bambini, in una capanna vicina alla missione, ritenendolo un posto più sicuro. La moglie mi ha raccontato che i ribelli, non trovando una scure lo hanno colpito col calcio del fucile e con quel tizzone ardente che gli ha procurato le ustioni.

 

Uno dei feriti in coma è un militare, che a quell'ora era ancora a bere nel centro di Pabo.

 

Le ragioni di questa spedizione punitiva sarebbero state sempre le stesse: i ribelli non vogliono gente nei centri, vicino alle strade e vicino alle baracche dei militari. Non vogliono neanche vedere macchine o biciclette per strada.

 

I militari delle vicine baracche si sono limitati a sparare in aria per spaventarli, ma i ribelli, conoscendo ormai questa tattica, hanno proseguito imperterriti nel loro lavoro. Il giorno prima avevano gia’ bruciato tante capanne a Pawel.

 

Padre Paolo, da Opit, dice che anche li’ la situazione è molto tesa, e hanno paura che tornino a bruciare villaggi. Ad Anaka le cose non vanno meglio: Padre Pifer fa sapere che i ribelli continuano a uccidere.

 

Domenica 22 settembre 1996  Fratel Bazzanella questa mattina ci ha fatto prendere un grande spavento: mentre era a colazione, ha avuto un fortissimo mal di testa e ha perso conoscenza, diventando pallido e cianotico. Chiamato immediatamente, il Dr. Matthew ha misurato la pressione e l'ha trovata molto alta: oltre i 210 su 80. Ha detto che non riusciva a capire la causa di questa crisi, e che comunque il Fratello era arrivato molto vicino a S. Pietro. Evidentemente, però, S. Pietro lo ha rimandato indietro, avendo visto che abbiamo ancora bisogno di lui.

 

Oggi abbiamo avuto anche la giornata di fine anno col gruppo ciellino. Si e’ parlato dell'amicizia, che, per essere tale, deve essere un'avvenimento di amore capace di corrispondere al destino dell'altro. La lezione è stata tenuta da Martin,  un maestro, responsabile del movimento qui a Gulu. Ha incominciato il suo discorso dicendo che, in mancanza dei cavalli di Kampala, vanno bene anche gli asini di Gulu.

 

Lunedì 23 settembre 1996. Siamo stati svegliati alle tre da forti spari. Abbiamo saputo poi che i ribelli avevano bruciato ventiquattro capanne vicino alla missione, appena al di la’ delle case dei maestri delle elementari di S. Joseph. La zona era protetta dai militari, ma questi si sono accorti della presenza dei ribelli solo quando hanno visto i bagliori delle capanne in fiamme. A quel punto hanno cominciato a sparare, e i ribelli si sono dati alla fuga . Uno pero è stato colpito in testa ed è morto sul colpo. Sopra i vestiti da civile indossava la divisa militare. Aveva addosso il mitra, quattro caricatori, una bomba a mano e una mina antiuomo. Si vede che i suoi compagni erano in fuga o non si sono accorti che era stato ucciso; altrimenti non avrebbero lasciato tutte quelle armi.

 

Gli abitanti dei villaggi bruciati erano tutti a dormire in missione e, anche se molte cose le avevano con se’, hanno perso casa e scorte di cibo.

 

Ore 6.15 E' morto il mio capo-operai Dickson Ayella Gennaro, che era con me ormai da dieci anni e faceva così bene il suo mestiere che ormai potevo dargli qualsiasi lavoro sicuro che lo avrebbe fatto bene. Lo avevo aiutato quando era studente di Ingegneria Civile, e, dopo aver terminato il College, ha sempre lavorato fedelmente con me. Appena due settimane fa ha preso una dissenteria con perdite di sangue talmente grave che non sono più riusciti a fermarla. Dopo una settimana è stato portato in ospedale; forse pero’ era troppo tardi, e sabato ha avuto un blocco renale che l'ha portato, oggi, alla tomba.

 

Con lui ho perso un amico e un mio stretto collaboratore. Non ne voleva sapere tanto di chiesa, ma era generoso e aiutava quelli che vedeva nel bisogno. Aveva un debole per le donne, e ne ha messe incinte tante. Molte di queste le aveva prese in moglie, non per avere più donne ma perche’ non se la sentiva di lasciarle tribolare da sole, con un figlio da mantenere e da allevare. Si complicava cosi’ la vita e la convivenza con le altre sue donne, aumentando i suoi, già innumerevoli, problemi. Sosteneva, per questo, di essere buono e, allo stesso tempo, sfortunato, dato che, ogni volta che toccava una donna, in una delle sue tante scappatelle, questa restava incinta.

 

Un mese fa gli era morta la sua penultima donna. Era ammalata da tanto tempo, e sembra sia morta di AIDS. Era una infermiera che lavorava in sala operatoria. Si chiamava Rose. Non è mai riuscita a portare a termine una gravidanza, perchè in prossimita’ del termine abortiva sistematicamente.

 

L'ultima donna di Ayella si chiamava Susan. Era quella che badava al magazzino degli attrezzi e che faceva l'appello degli operai. Lo ha lasciato e se ne è ritornata a casa sua dopo avergli dato, una sera, una bastonata in testa capace di procurargli una profonda ferita. Anche lei - diceva lui – era rimasta incinta per un incidente: una sera, dopo il lavoro, se ne stava tornando a casa, quando fu sorpresa un forte temporale, proprio vicino alla casa di Ayella. Entro’ per ripararsi dalla pioggia e, dato che questa non smetteva, rimase lì a dormire. Dopo qualche settimana si accorse di essere incinta. Lui non aveva nessuna intenzione di tenerla come moglie, ma lei minaccio’ che si sarebbe uccisa se lui non l’avesse presa in moglie. Così, per compassione, si accollo’ un altro problema. Susan ha ora due bambini da lui.

 

Questa mattina, visto che peggiorava, gli ho proposto di mettersi l’anima a posto. Dopo aver pregato con lui e avergli dato il crocefisso da baciare, sono andato a chiamare il nostro cappellano, Padre John. Ayella ha ricevuto cosi’ l'estrema unzione e il perdono dei suoi peccati e delle sue debolezze. Sono sicuro che il Signore gli usera’ misericordia.

 

Alle quattro del pomeriggio, con tutti gli operai, abbiamo detto il rosario perchè la Madonna lo accompagni in questo ultimo suo viaggio e pregato perchè il Signore lo accolga tra i suoi santi. Non ha  rifiutato mai la paternità dei suoi figli e tutti i suoi soldi li spendeva per la loro educazione. Nei suoi trentotto anni ha collezionato ben diciannove figli. Di donne, dopo la partenza di Susan, gli era rimasta la prima, che aveva anche finito di pagare e dalla quale ha avuto otto figli. Era un uomo onesto che non ha mai approfittato della fiducia che avevo in lui per fregarmi. Se aveva bisogno di qualcosa me la chiedeva. Ora prego San Giuseppe che me ne mandi un'altro bravo come lui.

 

Purtroppo questa libertà sessuale è così radicata nella cultura degli acholi che è molto difficile che cambino comportamento. Neanche la paura dell’AIDS e’ riuscita a cambiare i loro costumi. Non c'è da meravigliarsi quindi che anche Ayella si sia trovato siero positivo. Nessuno però si aspettava una fine così rapida, perchè era ancora forte e robusto e avrebbe potuto andare avanti per anni.

 

Martedì 24 settembre 1996. Le persone entrate ieri sera per dormire in ospedale erano cinquemila seicento.

 

Oggi abbiamo fatto  il funerale di Ayella, con la partecipazione di tutti gli operai, non solo dell'ospedale, ma anche della missione, e tanti altri ancora, perchè era molto conosciuto e rispettato. Tutti convenivano che era un uomo onesto, e che, pur avendo esagerato con le donne, non aveva mai rifiutato di aiutarle nell’allevare i figli nati dalle relazioni con lui.

 

Questa mattina sono andato anche a raccogliere il corpo del guerrigliero rimasto ucciso ieri. Era stato denudato e il sole gli aveva procurato delle larghe ustioni. Gli avvoltoi gli avevano già mangiato gli occhi. Lo abbiamo sepolto nel cimitero dell'ospedale, accanto ad altri due suoi compagni, che avevo recuperato e sepolto settimane fa. Al polso destro aveva una cinghietta simile a quella dell'altro ribelle sepolto: forse è un segno di riconoscimento; o forse e’ un portasfortuna, visto che sono stati ammazzati tutti e due.

 

Sembra che il guerrigliero sia stato riconosciuto dai ragazzi che fanno da tassisti in bicicletta - i Boda Boda. Era stato portato via dai ribelli in febbraio. Conoscevano il nome, ma nessuno di loro sapeva quale fosse il suo villaggio, o non volevano dirlo.

 

Oggi sulla strada di Alero i ribelli hanno ucciso altre quattro persone sorprese a viaggiare con la bicicletta. I parenti delle vittime, per paura delle mine, non si arrischiano ad andare a raccogliere i cadaveri.

 

Hanno deciso di chiudere le strade per Anaka, sia quella che passa per Alero che quella che passa per Koc Goma, perchè diventate troppo pericolose. Ora per venire a Gulu si dovra’ passare per la via del Parco Nazionale, che porta giù al ponte di Karuma. Un reverendo protestante ha detto che lungo la strada per Alero ha visto tantissimi corpi ormai in putrefazione.

 

L' RDC - il Resident District Commissioner - ha detto  che in questo mese di Settembre, non ancora finito, il numero di civili uccisi dai ribelli supera il migliaio.

 

Questa sera ho trentotto di febbre e mi sento ancora addosso la malaria. Ho preso la clorochina e, se domani avro’ ancora febbre, passerò alla medicina cinese.

 

Mercoledì 25 settembre 1996 Questa mattina, con il convoglio, è arrivata Anna, l’infermiera del nostro dispensario di Pabo. Ha detto che non si può più vivere lì e che ha abbandonato il dispensario. I ribelli continuano ad uccidere ed incendiare villaggi. I militari sono a due passi, ma non fanno niente. Anche ieri notte i ribelli sono arrivati nel centro e hanno svaligiato una bottega, portando via anche i panelli solari. In missione non sono ancora entrati, ma ormai la zona viene abbandonata perchè e’ troppo pericolosa.

 

Suor Bibiana è ancora qui e non so cosa ne pensi, ma, se le cose stanno così, sarà difficile che tornino a Pabo. Anche le scuole sono ancora tutte chiuse. 

 

Stanotte i ribelli hanno attaccato la zona di Aiyul e il Corner Mission, poco distante dalla nostra missione, uccidendo parecchie persone e bruciando molte case. Hanno tentato anche di portare via le ragazze della scuola superiore "Y.Y. Okot", ma i militari che erano nei paraggi sono intervenuti, dando il tempo alle ragazze di fuggire e disperdendo poi i ribelli. Erano ormai quasi tre mesi che non disturbavano l’Est Acholi. Pare che siano entrati da Palabek in duecentocinquanta.

 

Giovedì 26 settembre 1996  Oggi la giornata è passata senza fatti di rilievo. Padre Pifer, di Anaka, per venire a Gulu è passato per il Parco ed è arrivato questa sera nella missione di Aber, tra i Lango. Domani spera di arrivare a Gulu col convoglio militare.

 

La mia malaria è passata con la sola clorochina.

 

Venerdì 27 settembre 1996   Anche oggi i militari hanno portato un soldato che aveva perso una gamba saltando su una mina. E' successo nelle vicinanze della montagna sacra di Kony, chiamata Got Atoo, dove sembra che i ribelli abbiano un forte contingente.

 

Sulla strada di Alero i ribelli hanno ucciso il direttore della scuola elementare di Alero Labala, che in bicicletta veniva a Gulu per ritirare i salari dei suoi maestri.

 

E' anche arrivato da Anaka Padre Pifer, che da tre mesi non si muoveva da li’. Ha raccontato cose allucinanti. Un giorno si presenta da lui un soldato Alur  che vuole confessarsi perchè e’ stufo di quella vita sempre in pericolo e ha la tentazione di farla finita. Finita la confessione, il soldato si inginocchia poco distante per la penitenza. Il padre non fa neanche il tempo ad alzarsi dal confessionale che sente un colpo. Il pover’uomo, appoggiata la canna sotto il mento, si è sparato. Prima di andare da Padre Pifer aveva consegnato a un suo commilitone ottantamila scellini da mandare a sua moglie, a Nebi, nel West Nile.  

 

Sabato 28-9-96 Ieri sera, verso le dieci e mezza, si sono sentite delle forti raffiche di mitra appena fuori dall'ospedale. Sono durate poco: sparavano per niente.

 

Le nostre suore Bibiana e Delfina, si sono accodate al convoglio che porta aiuti ai campi profughi sudanesi della zona di Ajumani. Volevano ritornare a Pabo e vedere come era la situazione, per poi decidere se restare li’ o venire via, chiudendo il Dispensario.

 

Oggi è venuto a trovarmi un militare, mia vecchia conoscenza, che  un volta era Home Guard qui da noi. Mi ha portato una bicicletta in pegno, perchè voleva un prestito di cinquantamila scellini per mandare a scuola sua figlia, che studia in una Senior School di Lira. Fa parte della Mobile Force e dice che da due mesi non ricevono paga. Quando la ricevono, prendono solo quaranta mila scellini al mese. I salari degli uomini della Mobile Force dovrebbero essere moltopiu’ alti, anche perchè il Presidente da’ loro un supplemento per il fatto che sono sempre in movimento e in pericolo. Tutti quei soldi,  pero’ - mi diceva -, se li mettono in tasca gli ufficiali, che non rischiano niente; li utilizzano per costruirsi la casa, e, se questa cuccagna dovesse finire, resterebbero coi lavori a metà. Cosi’, fanno in modo che questa situazione continui, progettano nuove operazioni e nuove strategie e parlano della creazione dei cosiddetti "villaggi protetti" – in realta’, campi di concentramento. Nuove strategie e nuove operazioni sono sinonimi di nuovi soldi da intascare.

 

Domenica 29 settembre 1996 Questa notte hanno incominciato molto presto  a sparare e hanno continuato fino alle sette di questa mattina. I colpi di mitraglia e di artiglieria pesante venivano dalle zona delle baracche. Abbiamo saputo solo dopo che i militari stavano facendo un’esercitazione notturna. Intanto i bambini dell'orfanotrofio, che e’ molto vicino alle baracche, sono stati svegli tutta la notte a pregare, stesi per terra, pieni di paura, aspettando il peggio.

 

Padre Paolo, da Opit, ci fa sapere che questa mattina all'alba i ribelli hanno attaccato le baracche e il  centro di Opit. Ci sono stati molti morti tra i civili. Le strade che portano a Gulu sono pericolose e sono state chiuse. La missione, questa sera, si era riempita di gente, che occupava tutti i posti disponibili: chiesa, catecumenato, scuole e tutti i reparti del dispensario.

 

Da Kalongo ci informano che questo pomeriggio c'è stato uno scontro sulla strada che va a Kitgum. La strada ora è chiusa.

 

Qui a Gulu, P. Ramon e Suor Dorina hanno dato vita a un Movimento per la Pace, che consiste in una sensibilizzazione anche a livello personale, per convertire, con l'aiuto di Dio, noi stessi e il nostro modo di pensare e di agire. Strumenti di questa riconciliazione con Dio sono la preghiera del rosario, il digiuno, la promozione di incontri per la pace a livello distrettuale e interconfessionale.

 

Lunedì 30 settembre 1996 Fratel Bazzanella ha passato una brutta notte: ieri sera ha preso un lassativo ed ha avuto, prima del previsto, crampi intestinali e scariche frequenti, ancora piu’ fastidiose, per via della sua emiparesi. Questa mattina, poi, subito dopo colazione, ha avuto una crisi simile ha quella di domenica scorsa. Ho chiamato subito il Dr. Matthew, ma quando questi è arrivato il Fratello aveva gia’ ripreso conoscenza. Il Dottore non riesce a spiegarsi questa crisi. 

 

Fratello Udeschini è partito in aereo, questa mattina, per tornare a Ladonga. Non gli hanno trovato nessuna diverticolite; si tratta forse di Ameba, dovuta possibilmente alle fragole non ben lavate che mangia senza limiti.

 

Oggi è stata una giornata tranquilla e non si sono state notizie brutte da segnalare. Questo pomeriggio hanno portato da Aber Padre Bruno Marcabruni, che si sente molto debole, per un check up generale. La Comboni House, che abbiamo costruito per i nostri ammalati, si sta dimostrando provvidenziale per i nostri confratelli. Quest'anno è sempre stata occupata da almeno uno di loro.

                                                                                                                              Da Kalongo dicono che ci sono movimenti tra li’ e Pajule. Il numero dei ribelli in quelle zone si aggirerebbe sui trecento.

 

Padre Paolo dice che a Opit la gente oggi ha passato tutta la giornata in missione, perchè non si arrischiavano a tornare a casa.

 

Anche la luna ha incominciato a calare e così speriamo che calino anche gli attacchi notturni dei ribelli.

 

Romano Sala sta facendo i bagagli, perchè domani deve partire. Stiamo cercando di convincerlo a ritornare presto. Sono rimasto senza capo-operai per le costruzioni, e ora rimango anche senza lui, che mi risolveva tutti i problemi delle apparecchiature elettromedicali. Per di più, Joseph, il suo aiutante, che ha imparato molto bene il mestiere (oltre che il dialetto di Monza), andrà per un anno a finire gli studi all’Uganda Technical College di Lira. Ricadrà tutto di nuovo sulle mie spalle. Speriamo che la Provvidenza mandi qualcuno ad aiutarmi.

 

Martedì 1 ottobre 1996 Questa mattina il Dr. Bonini opera di ernia il nostro Padre John Benetazzo.

 

La notte è passata tranquilla. In ospedale son venute a dormire cinquemila cinquecentosettanta persone. I poliziotti hanno fatto dei controlli, soprattutto dei giovani, perché ieri notte è sparita l’autoradio della 127 di Hellen, quella che si occupa delle patenti, parcheggiata qui da noi. Hanno individuato alcuni sospetti e decideranno cosa fare. E’ chiaro che in una marea di gente del genere possano entrare anche persone male intenzionate, che approfittano della nostra tolleranza – del lasciare, cioe’, la gente libera di trovarsi il rifugio più idoneo. In queste situazioni non si sa cosa fare.

 

Questa mattina i ribelli hanno bruciato molte capanne nella zona vicino al Custom Corner.

 

Domani porterò Romano a Kampala. E' la festa degli angeli custodi e speriamo che facciano bene il loro lavoro anche questa volta. Molte altre volte hanno dovuto fare gli straordinari.   

 

Sabato 5 ottobre 1996   Sono appena tornato da Kampala, e il viaggio è andato meglio del previsto: stamattina eravamo rimasti un pò perplessi, leggendo sui giornali che i ribelli avevano attraversato la strada asfaltata ad Amwa, nella zona Lango, pochi chilometri prima di arrivare a Kamdini, e che la strada era stata chiusa. Avevamo anche letto dei nuovi metodi usati dai ribelli – quello di tagliare la testa delle vittime - e che in quei giorni ne avevano decapitate parecchie.

 

Le nostre infermiere caposala, che hanno finito uno stage e che dovevano venire su da Kampala, questa mattina al Bus Park hanno trovato un'altra sorpresa: la tariffa per Gulu era quasi triplicata, da nove mila scellini era salita a venticinque. Questo - hanno detto - per via del rischio che corrono mezzi e autisti dei pullman sulla strada di Gulu.

 

Giovedi’ notte qui in ospedale hanno passato dei momenti non molto belli. Verso le due e mezza di notte sono stati svegliati da due forti boati dovuti allo scoppio di due colpi di mortaio. Uno e’ caduto tra il reparto TBC e il dormitorio per i parenti dei pazienti, dove ora dormono anche centinaia di rifugiati. La Madonna e Lucille ci hanno sicuramente protetti, perchè è scoppiato nell'unica zona libera – zona in cui abbiamo intenzione di costruire altri dormitori e le cucine per i parenti dei pazienti. Se fosse scoppiato venti metri più avanti avrebbe colpito il dormitorio; venti metri più in su, il reparto TBC, con le conseguenze che possiamo immaginare. L'altro colpo è finito nell'accampamento dei militari, fuori le mura, sotto la piantagione di eucalipto. Anche lì non ha fatto danni, perchè di notte i soldati dormono altrove.

 

Secondo la versione di Brown, all'una di notte i ribelli sono arrivati in silenzio nella zona di Obiya, sotto l'ospedale, e hanno obbligato un anziano di nome Andrea, trovato in un villaggio, ad accompagnarli fino alla zona del mercato dell'ospedale, evitando le postazioni militari. Sono arrivati al mercato, che si trova proprio di fronte all'ospedale, di la’ dalla strada, hanno ripulito due botteghe, sono ripartiti ancora in silenzio e, arrivati nella valletta che si trova andando verso il seminario, hanno piantato il  loro mortaio e hanno sparato due colpi, puntandone la bocca verso l'ospedale e verso l'accampamento militare. Solo allora i nostri bravi militari e poliziotti si sono accorti della loro presenza e hanno risposto al fuoco. I ribelli, allontanandosi, hanno bruciato quattro capanne. Alcuni ostaggi, portati via e poi rilasciati la mattina seguente, avrebbero detto che tra gli stessi ribelli era nata una accesa discussione, e molti di loro disapprovavano il fatto di avere puntato il mortaio contro l'ospedale. Dicevano che non era giusto disturbare l'ospedale, perchè è neutrale e aiuta tutti senza distinzione. Avrebbero ancora detto di essere grati a fratel Elio, che seppellisce i loro morti. Speriamo sia vero.

Altra versione dei fatti di giovedì notte: il colpo caduto in ospedale sarebbe stato sparato dai soldati. Io credo alla prima versione, perchè, vista la direzione del proiettile, è l'unica verosimile. Mi è stato riferito, comunque, che il comandante dei militari è stato sbattuto in prigione per aver lasciato che i ribelli gli arrivassero sotto il naso senza che le sue sentinelle se ne accorgessero. Questa sera però lo ho visto ancora in giro, seduto davanti a un bar, che beveva; non si e’ trattato quindi di una gran punizione.

 

In tutto i ribelli erano appena una ventina.

 

Mentre ero a Kampala ho saputo che Kony si è autopromosso Major General. E'  una cosa abbastanza tipica qui in Africa, e in modo particolare qui in Uganda, la tendenza dei leaders a promuoversi ad alti gradi, a seconda delle guerre combattute o delle atrocità commesse. Cosi’ Idi Amin Dada nomino’ se stesso Field Maresciallo e Presidente a vita; Museveni, per parte sua, si è autopromosso Lt. General, decorandosi anche con due medaglie al valor militare. Viste quindi le atrocità compiute da Kony qui nel Nord e la sua capacita’ diresistere all’esercito per ben dieci anni, mi sembra che la sua scelta abbia una logica.

 

Ieri, le suore di Pabo - Suor Bibiana e Suor Delfina -, hanno chiuso il dispensario e hanno lasciato la missione. Hanno affidato tutto ai parrocchiani, che si sono impegnati a custodire bene la missione, con la speranza che le cose migliorino e che le suore ritornino.

 

Domenica 6 Ottobre 1996, Festa di S. Bruno. Oggi abbiamo festeggiato Padre Bruno Marcabruni, che è ancora qui con noi. Fino a ottantacinque anni compiuti diceva sempre che stava benissimo e che si sentiva ringiovanire; solo oggi ha confessato che da qualche mese non può più dirlo: gli sembra anzi quasi di invecchiare, perchè non può più sgambettare per la missione e per l'ospedale come faceva pochi mesi fa. A scacchi però è ancora formidabile: oggi ha fatto due partite con Brother Michael, che si crede un fuori classe, e hanno pareggiato, vincendone una ciascuno.

 

Questo mese è anche il mese del Rosario e sono rimasto meravigliato nel sentire echeggiare per tutto l'ospedale le Ave Maria dei vari gruppi rifugiati riparati sotto le varie verande. In questi momenti la preghiera sgorga spontanea e diventa un grido autentico di aiuto. E' l'unica ancora di salvezza che ci resta. Dall'espressione del volto e dal tono della voce, specialmente delle ragazze, si capisce che stanno pregando e che chiedono disperatamente alla Madonna protezione contro questi diavoli scatenati di ribelli e contro i pericoli che in ogni momento sanno di correre.

 

I militari Acholi, quando erano al potere, ne hanno fatte di tutti i colori, incominciando dal West Nile, subito dopo la sconfitta di Amin, e continuando poi nel Sud, nel famoso triangolo di Lwero: uccisioni, saccheggi, furti e ogni sorta di violenza erano all'ordine del giorno. Sono convinto che ora stiamo pagando anche per questo; spero che  questi dieci anni di sofferenza bastino per scontare il nostro peccato e il nostro debito.

 

Mi sono accorto, nel mio ultimo viaggio a Kampala, che, al di la’ del Nilo, nessuno capisce la nostra situazione e il dramma che la popolazione Acholi sta vivendo. Ieri, al ritorno, passatoil ponte di Karuma, ho avuto l'impressione di entrare in un'altro mondo e ho avuto un momento di angoscia.

 

Lunedì 7 ottobre 1996, Festa della Madonna del Rosario.   La gente entrata a dormire e’ aumentata sensibilmente. Questa mattina hanno contato settemila e ottanta persone, che, con i malati, i parenti e il personale residente in ospedale, danno un totale che ammonta comodamente a diecimila unità. La gente ormai dorme anche nel cortile, perchè non trova più posto sotto le verande e nei reparti. Fanno proprio pieta’, anche per via dei forti temporali che quasi ogni notte bagnano tutti come pulcini - anche quelli sotto le verande. Domani pensiamo di aprire anche le sale d'attesa e le verande del dispensario.

 

Oggi, con l'aereo, sono arrivati da Kampala anche Padre Ponziano e Suor Francesca. Dovevano essere a Gulu alle nove, ma sono arrivati alle quattro del pomeriggio perchè l'aereo ha dovuto prima portare d'urgenza gli alti ufficiali dell'esercito, chiamati dal Presidente Museveni - a Gulu già da alcuni giorni,   per un incontro su questa guerra che non riescono a concludere.

 

Padre Ponziano è ricoverato in ospedale, perchè gli hanno trovato la pressione alta: duecentoquaranta la massima, centotrenta la minima. E' appena tornato dalle vacanze dove è ingrassato di dieci chili. Arrivato a Kampala, ha subito incominciato ad accusare dei disturbi e degli strani dolori al petto. Ora, prima di ritornarsene alla missione di Opit, starà qui con noi per alcuni giorni sotto osservazione.

 

Martedi’ 8 Ottobre 1996 Questa sera, ulteriore aumento del numero di rifugiati in ospedale. Nel pomeriggio c'è stata una battaglia, col supporto di artiglieria ed elicottero, subito dopo il fiume Toci, vicino a Bwobo, dove i ribelli hanno bruciato villaggi e portato via gente. Tutti quelli della zona di Alokolum e di Lacor Seminary sono venuti cosi’ a dormire da noi. 

 

Abbiamo avuto una riunione per prendere in esame l’attuale situazione dell'ospedale, con più di diecimila persone tra le sue mura, e cercare soluzione ai problemi pratici - dove trovare il riparo per tanta gente e come garantire un minimo di igiene, in modo che non scoppino epidemie. Abbiamo deciso, intanto, di aprire le sale d'aspetto e le verande dell'ambulatorio della pediatria, e anche quello della clinica prenatale. Abbiamo anche programmato di costruire al piu’ presto almeno trenta nuovi gabinetti a perdere, e di chiedere alle Nazioni unite o alla Croce Rossa Internazionale se possano darci dei grossi tendoni - quelli generalmente usati come magazzini in situazioni di emergenza, quali l’apertura improvvisa di un campo profughi.

 

Questo pomeriggio hanno portato una ragazza che ieri sera ha perso un piede su una mina nella zona di Parabongo, vicino a Pabo. Ha quindici anni e un figlio di quattro mesi.

 

Mi è stato riferito anche che il mio autista Eugenio Nyeko - ormai sulla settantina -, che abita ad Obya Palaro, alla periferia di Gulu, dove parte la strada per Kitgum, è stato portato via dai ribelli questa notte. E’ stato già rilasciato, pero’, a Lokome, quindici chilometri più a nord. Quando rientrera’ al lavoro mi racconterà i particolari.

 

Mercoledì 9 Ottobre 1996, Festa dell'Indipendenza. Bosco è tornato a lavorare e mi ha raccontato la sua avventura. I ribelli sono arrivati a casa sua alle dieci di sera e hanno battuto alla sua porta intimando di aprire. Aperta la porta una decina di ribelli sono entrati nella sua capanna e gli hanno subito chiesto di portare loro gli stivali e di tirare fuori il fucile. Lui ha risposto che non era un militare, e che faceva invece l’autista dell'Ospedale di Lacor. Il capo, allora, ha dato ordine agli altri ribelli di non legarlo e di non dargli neanche carico da portare – segno di riconoscenza a fratel Elio, che seppellisce i loro morti -, ma di ucciderlo se avesse tentato di scappare. Sono usciti dalla capanna ed hanno incominciato a camminare. I prigionieri erano in tutto venticinque persone, venti uomini e cinque donne; tutti - tranne il mio autista - legati e carichi come somari della roba saccheggiata nelle botteghe vicine. Hanno camminato tutta la notte, fino alle quattro del mattino, quando il capo ha dato ordine di fermarsi. I prigionieri hanno depositato il loro carico davanti al comandante - batterie, zucchero, sale, biscotti, sapone: tutto ai piedi del gran capo. Dopo di che, scelta e trattenuta una ragazza, i ribelli hanno ordinato agli altri prigionieri di ritornarsene a casa. Erano nella zona di Lokome e potevano vedere in lontananza la missione e la casa dei Fratelli di Martin de Porrez.

 

Ieri sera, sono entrate a dormire in Ospedale ottomila quattrocentosette persone.  Dormire all'addiaccio, bagnati dalla pioggia, ammucchiati come bestie, braccati dai ribelli, coi villaggi bruciati e abbandonati per forza, con la fame e la carestia che ne seguono, certo non sono le più alte espressioni di indipendenza e di libertà.

 

Come ci si può immaginare, la giornata è passata in sordina, e questa sera non si sentono i tamburi e la musica dei balli come succedeva anni or sono. Tutta la gente, nel raggio di sette o otto chilometri, dorme nelle nostre istituzioni e in queste condizioni non ha tanta voglia di far festa e celebrare l'Indipendenza.

 

La battaglia di ieri, con l'elicottero, nella zona di Onywange, è stata frutto di un grande equivoco: l'elicottero ha scambiato alcuni militari per ribelli e ha cominciato a bombardarli. Fortunatamente, come avviene di solito, sparavano a casaccio e non hanno colpito nessuno. Qui in ospedale hanno portato solo un uomo ferito ad una gamba: l’hanno scambiato per ribelle mentre era nel suo campo a raccogliere un pò di cassava.

 

Dall'ospedale di Aber ci fanno sapere che la notte scorsa sono stati visitati da gente armata in cerca di soldi. Erano le due, quando alcuni uomini in perfetta uniforme militare e bene armati si sono presentati al cancello. Hanno costretto il guardiano notturno a condurli alla casa delle suore. Queste però già da parecchi giorni preferivano andare a dormire in posti  "top secret". Gli uomini armati si sono fatti accompagnare allora in ospedale, nell'ufficio dell' amministrazione, dove c'e’ la cassaforte. Hanno tentato di forzarla, ma inutilmente. Alla fine se ne sono andati, dopo aver spaccato altre porte. Volevano solo soldi; erano quindi, molto probabilmente, militari in cerca di qualcosa per passare la festa dell'Indipendenza più allegramente.

 

Giovedì 10 Ottobre 1996, Festa di Comboni. Oggi, per la prima volta, abbiamo festeggiato Comboni come beato. Tutti noi, Comboniani e Comboniane, abbiamo avuto mezza giornata di ritiro, concluso con una messa celebrata in Cattedrale insieme agli altri fedeli. Nella messa abbiamo pregato Comboni perche’ abbia pietà del popolo che ha tanto amato e interceda per il ritorno della pace in questa terra e in quella del Sud Sudan. La festa si è conclusa con un lauto pranzo preparato dalle suore delle varie comunità.

 

Ore 8.30 P.M. Le notizie che ci hanno comunicato stasera via radio, purtroppo, non sono affatto buone. La notte scorsa centocinquanta ragazze sono state portate via dal collegio di Aboke,  tenuto dalle suore comboniane. I ribelli poi hanno fatto irruzione nella casa delle suore, rubando, e devastando tutto quello che non prendevano. Infine hanno bruciato il Pik-up Mitsubishi e altre due macchine della vicina missione degli Apostles of Jesus, di Moroto. Non si sa ancora niente delle ragazze.

 

Un fatto simile era successo nel giugno del 1989. Anche allora i ribelli avevano portato via un centinaio di ragazze, e di alcune di loro non si e’ piu’ avuta notizia.

 

Povere suore di Aboke! Posso immaginarne la sofferenza, e sono sicuro che darebbero la vita per le ragazze. Speriamo, e preghiamo che il Beato Comboni perche’, nel giorno della sua festa, le protegga e ce le riporti a casa sane e salve.

 

Anche da Pajule cattive notizie: a Porogali, a sei chilometri da Pajule, i ribelli hanno fermato e bruciato un camion dell'Avsi; trasportava le cose di Eugenio Cocozza, chirurgo, che si trasferiva da Hoima a Kitgum per dare una mano ai due ospedali, attualmente privi di altri chirurghi. Non sanno ancora niente dell'autista e dei passegegri del camion. Il turn boy è riuscito a scappare, e questa sera dormiva nella missione di Pajule.  P. Tarcisio  diceva che alle otto di sera si  vedevano ancora i bagliori del camion in fiamme.

 

Nella zona di Kalongo la situazione non è migliore. Un gran numero di ribelli si aggira nei dintorni di Patongo e di Kalongo, e Padre Paolo Ottolini dice che stasera c’era, tra la gente, una tensione mai vista prima. Tutti si stavano rifugiando su in montagna. Per parte loro, non potevano  far altro che affidarsi al Signore e alla protezione di Padre Ambrosoli.

 

Venerdì 11 Ottobre 1996 Fratel Bettini ci comunica, da Lira, che sono state liberate cento e venti ragazze, mentre trenta sono state trattenute. Il merito della liberazione va a suor Rachele, che ha seguito i ribelli, passando fiumi in piena e paludi, finche’ non li ha raggiunti e convinti a rilasciare le ragazze. Purtroppo, dal gruppo ne hanno scelte trenta - le più belle -, e quelle, nonostante tutte gli sforzi, i pianti e le preghiere, suor Rachele non è riuscita a portarle via. La suora avrebbe detto anche che non erano andati poi tanto lontano e che erano ancora in zona.

 

Padre Paolo di Opit dice che questa mattina ha sentito per almeno quattro ore i  rumori di una grande battaglia, con due elicotteri che continuavano ad andare avanti indietro per fare rifornimento di bombe. Speriamo che qualche altra ragazza sia riuscita cosi’ a fuggire dalle mani dei ribelli.

 

Tra le ragazze prese ieri come ostaggi c'erano anche una figlia di Cesario, nostro Gate Keeper, e la figlia di Valentino, Post Master di Gulu. Nessuna delle due e’ stata trattenuta dai ribelli.

 

Del camion con rimorchio dell'Avsi non è rimasto niente: e’ bruciato completamente. Portava, oltre che medicine, tutta la roba di Eugenio Cocozza, con valigie ed effetti personali della sua numerosa famiglia, compresi i mobili che avevano a Hoima. L’autista e altri due che erano sul camion sono riusciti a scappare e sono arrivati sani e salvi alla missione di Pajule.

 

Certo e’ che Comboni non doveva permettere queste cose proprio il giorno della sua festa, e io proporrei di metterlo in castigo con la faccia al muro finché non fa ritornare sane e salve le ragazze rimaste nelle mani dei ribelli - cosa che faceva anche lui, del resto, con San Giuseppe, eletto Economo della Missione dell'Africa Centrale, quando questi ritardava a far trovare i soldi per pagare i debiti.

 

Sabato 12 Ottobre 1996. Delle ragazze del collegio di Aboke rimaste in mano ai ribelli non sappiamo ancora niente. Padre Paolo, da Opit, ci diceva che elicottero e soldati sono tutti alla ricerca delle ragazze. Sembra comunque che si trovino ancora nelle vicinanze, anche se ci sono state segnalazioni da Minakulu, secondo le quali i ribelli stavano per  attraversare la strada Gulu-Kampala per venire nella nostra zona, a loro più familiare.

 

Oggi ho parlato con Emmy Allio, corrispondente qui a Gulu di New Vision. Mi ha detto che ha intervistato le ragazze liberate grazie al coraggio di suor Rachele e che domani il suo giornale, in edizione speciale, racconterà, attraverso la loro testimonianza, l'avventura di questa donna coraggiosa, che non ha esitato a seguire i ribelli e ad offrirsi come prigioniera in cambio delle ragazze.

 

Domenica 13 Ottobre 1996 Questo pomeriggio hanno portato tre militari, feriti ieri nella zona di Opit. Non sono gravi, ma due hanno le caviglie spappolate.

 

Verso le sei del pomeriggio si sono sentite tre scariche di mitra, sparate appena fuori dall'ospedale. Si è saputo dopo che due militari di guardia all'ospedale si contendevano, a suon di mitraglia, una ragazza, cameriera al "Lacor Refreshment", gestito da Stephen Okec. Un soldato ha avuto tutte e due le cosce trapassate da un proiettile.

 

Questa sera è arrivata da Aboke suor Rachele. Anche oggi ha girato nella zona dove l'altro ieri è avvenuta la battaglia e il bombardamento con l'elicottero. Hanno visto tanto sangue, ma nessuna traccia di corpi. Spera che le ragazze non siano state ferite durante i bombardamenti. E' venuta per parlare con Salim Saleh e Casini. Ha detto che l'hanno  subito accolta e l'hanno fatta parlare per telefono direttamente con il presidente Museveni, che le ha promesso di incontrarla martedì ad Aboke. Suor Rachele vuole riuscire a parlare con il presidente del Sudan, perchè chieda a Kony di rilasciare le ragazze. Salim Saleh ha cercato di metterla in contatto con il portavoce di Kony, Dominic Wanyama, che si trova a Nairobi, ma al telefono rispondeva solo la segreteria telefonica.

 

Ci ha raccontato un pò tutta la sua triste avventura. Nella zona Lango già da diversi giorni girano voci sulla presenza dei ribelli e sul fatto che questi abbiano tre obiettivi: le prigioni di Loro, l'ospedale di Aber e la scuola delle nostre suore di Aboke. Suor Rachele, il giorno della Festa dell’indipendenza, corre da un posto all’altro per chiedere aiuto e protezione ai militari. A Iceme le promettono che entro sera manderanno una cinquantina di soldati.

 

E’ ormai buio, e non si vedono militari, ma le suore sono sicure che le guardie promesse arriveranno, e così vanno a dormire dicendo ai loro guardiani di avvisarle quando i soldati dovessero arrivare. Verso le due di notte il guardiano va dalle suore dicendo loro che i ribelli sono già nel cortile della scuola. Le suore escono subito, ma vedono i fasci di luce delle torce che ormai circondano il dormitorio delle ragazze. Sperano che le porte di ferro resistano e così si nascondono nell'erba, in attesa, pregando la Madonna e il Comboni di proteggere le loro bambine. Non sentono nessuna voce o grido da parte delle ragazze ma solo i colpi inferti alle porte per aprirle. Vedono poi i ribelli che si dirigono verso la loro casa; li sentono sfondare le porte; poi vedono la macchina in fiamme. Pensano che i ribelli non siano riusciti a sfondare le porte dei dormitori delle ragazze e  abbiano desistito.

 

Partiti i ribelli, che ormai albeggia, le suore vedono venir loro incontro una decina di ragazze - anch'esse prese prigioniere e poi rilasciate perchè troppo piccole -, che raccontano, in lacrime, che tutte le altre loro compagne sono state portate via. I ribelli, visto che non riuscivano ad entrare dalla porta del dormitorio, hanno rimosso completamente una finestra, rompendo il muro. Fortunatamente non si accorgono degli altri tre dormitori, dove dormono le ragazze della quarta, quinta e sesta Senior.

 

Alle sette suor Rachele, con un insegnante di nome John Bosco, si mette sulle tracce dei ribelli. Il loro passaggio e’ segnato da carte di caramelle, pacchetti di biscotti ed erba calpestata.

 

Sono costretti a guadare paludi, immersi nell’acqua fino al collo.

 

Per strada trovano una povera mamma, cui pure hanno portato via la figlia, che che chiede di unirsi alle ricerche. 

 

Arrivati in cima a una collina, avvistano i ribelli e le ragazze che si inerpicano per un'altra collina, più avanti. La suora comincia a sventolare il velo e gli altri due ad agitare le braccia per farsi notare. Attirata l’attenzione dei ribelli, con le mani in alto si incamminano verso di loro. A un certo punto li perdono anche divista, ma se li vedono comparire, come per incanto, di fianco, su due file, con i mitra puntati. Suor Rachele, trovandoseli faccia a faccia, ha un momento di paura, ma, senza starci troppo a pensare, dice loro che e’ li’ per riavere le ragazze indietro e che vuol parlare con il comandante. Il comandante si fa subito avanti e rassicura la suora, dicendole che non e’ il caso di aver paura ne’ di preoccuparsi. Suor Rachele offre settecento mila scellini in cambio delle ragazze, ma il capo, dopo aver ispezionato il borsello della suora, glielo restituisce con tutti i soldi.

 

Intanto si e’ fatto mezzogiorno, e, continuando a camminare, il capo risponde alle suppliche della suora ripetendole di non preoccuparsi.

 

Attraversano i binari della ferrovia che viene a Gulu, nella zona di Accokkere. Il capo ordina di fare una sosta. Hanno già sistemato il panello solare per poter usare la radio e mettersi in comunicazione chissa’ con chi, e la suora spera – e sogna – di poter intercedere direttamente con Kony per le sue ragazze. La sosta però è disturbata, quasi subito, dal rumore di un elicottero militare. Ordinano allora alle ragazze di nascondersi sotto dei rami e alla suora di levarsi il velo. Passato l'elicottero, levano immediatamente le ancore ed riprendono a camminare.

 

Durante tutto il tragitto trovano ad aspettarli, a intervalli fissi, gruppetti di ribelli, che, appena raggiunti, si uniscono al gruppo piu’ grande. In questo modo, la comitiva e’ sicura della via e di non trovare brutte sorprese.

 

Altre due o tre volte si ritrovano con l'elicottero sopra la testa, e sempre ripetono gli stessi riti. Alla fine, quando incomincia ad imbrunire, viene dato ordine di fermarsi in un grande villaggio. Tutti allora si rilassano e,  fatta sedere la suora, le danno un catino per lavarsi e le offrono tè e biscotti. Il capo poi, davanti a tutti i ribelli in ginocchio, incomincia a pregare con espressioni che la suora non riesce a decifrare. Anche gli altri, uno per volta, levano invocazioni o preghiere di altro genere, anche queste incomprensibili.

 

Il capo tiene in mano un rosario e molti dei ribelli ne hanno uno al collo. Finita la preghiera, e fatta anche un po’ di catechesi sull'importanza di questa, si mette a scrivere per terra, sulla polvere, come se fosse Cristo in persona. Scrive un 139 e poi un 109, e dice alla suora che puo’ partire con centonove ragazze; per le altre, non dipende da lui, ma da Kony stesso, liberarle. La suora chiede allora di essere messa in contatto con Kony in persona, ma il capo, spiegando che non sono in grado di comunicare direttamente con Kony, la invita a scrivergli una lettera. Suor Rachele si getta in ginocchio supplicando che lascino libere tutte le ragazze - non puo’ riportarne a casa solo una parte - e prega che al loro posto prendano lei come prigioniera.

 

La portano dalle ragazze, ma le ha trovate già separate. Le ragazze supplicava la suora di non abbandonarle. La suora butta ancora in ginocchio, supplicando il capo - di nome Mariano - di rilasciarle tutte e di risparmiarle questo dolore. Il capo si innervosisce e minaccia di portar via tutte le ragazze se la suora non se ne tornera’ a casa con le centonove. Vista la piega che le cose rischiano di prendere e che ormai si fa scuro, Suor Rachele si avvicina al gruppo delle ragazze trattenute e, dopo avere pregato con loro e averle raccomandate alla Madonna e al Comboni, le lascia, tra grida di pianto, con la morte in cuore. Chiede al capo una torcia e, ottenutala, dopo averlo ringraziato per aver rilasciato - sia pure in parte - sue ragazze, si incammina, con il maestro e col gruppo, sulla via del ritorno.

 

Dopo un po’, per il buio, perdono la strada. Per non correre altri rischi, decidono cosi’ di fermarsi e di passare la notte nella savana. Il maestro, intanto, va in perlustrazione, alla ricerca di qualche villaggio. Verso le dieci è di ritorno, ed e’ in grado di guidare la suora e le ragazze in un villaggio abitato, dove possono passare la notte al riparo, dentro due capanne. Alle sei della mattina seguente si mettono nuovamente in marcia e raggiungono Otwal, centro abbastanza grosso vicino ad Aboke, dove poco piu’ tardi sono raggiunte da Suor Alba e dalle altre suore, che, con il trattore, riportano tutti a casa.

 

Suor Rachele dice che, alla fine del tragitto, i ribelli erano almeno duecento, molti dei quali ragazzi e donne. Queste ultime - dice - erano le più cattive.

 

Lunedì 14 Ottobre 1996   La persone entrate a dormire questa notte erano settemila ottantatre.

 

Suor Rachele è ritornata ad Aboke. Uscita dalla messa, ha incontrato la figlia di Cesario e la figlia della cuoca del reparto di pediatria; si sono abbracciate strette e hanno incominciato a piangere. Domani dovrebbe incontrare il presidente Museveni ad Aboke.

 

Fratel Mario, da Kocioa, ci ha fatto sapere che la scorsa notte i ribelli hanno attaccato Pakele, che si trova nella terra della tribù Madi, e che hanno tenuto la città sotto un fuoco infernale fino questa mattina alle otto. Loro, al seminario dei profughi sudanesi, non sono stati disturbati, ma ugualmente hanno avuto molta paura, pensando a quanto era successo, pochi mesi prima, nel campo dei profughi di Acholpii.

 

Si tratta sicuramente dei ribelli che si trovavano giorni fa nella zona di Pabo, che è confinante con la regione dei Madi. Hanno attaccato verso le cinque di mattina, prendendo di sorpresa il piccolo distaccamento militare di guardia ai quartieri generali delle Nazioni Unite e del Lutheran World Federation, incaricati dei centomila  profughi Sudanesi. I ribelli hanno dato alle fiamme quattordici automezzi, compresi alcuni camion, dopo aver sottratto alcune radio-trasmittenti installate sugli stessi veicoli. Nessuno dello Staff delle Nazioni Unite è stato ferito o ucciso, ma un mucchio di roba è stata presa o distrutta. Hanno invece ucciso quattro soldati, tra cui il capitano del distaccamento. Sono ripartiti indisturbati, verso le otto, carichi di ogni bendidio.

 

Delle ragazze di Aboke rimaste coi ribelli non si hanno notizie.

 

Martedì 15 Ottobre 1996, Festa di S. Teresa d'Avila. Delle ragazze di Aboke, ancora niente. Ci sono voci che alcune siano scappate e si trovino in mano ai militari, ma nessuno sa niente.

 

Nei dintorni di Lacor da alcuni giorni è tutto calmo. Il gruppo grosso deve essere dalle parti di Kitgum e dalle parti di Anaka, in viaggio verso il Sudan, con il bottino di persone, capre e vacche che hanno fatto tra i Lango.

 

Mercoledì 16 Ottobre 1996. Questa mattina Padre Pifer, che si trova da solo nella missione di Anaka, ha mandato un SOS tramite la missione di Kalongo, che ha il radio telefono, dato che noi, con la nostra radio, non possiamo sentire le chiamate. (Queste nuove radio sono state installate in tutte le missioni della diocesi, a spese della Conferenza Episcopale Italiana.)  Kalongo ha chiamato subito il seminario, anch’esso dotato di una radio simile. Il rettore, Padre Matthew Odong, ha subito contattato i militari per esplorare la possibilità di avere l'elicottero, visto che tutte le strade di accesso alla missione di Anaka sono, per il momento, chiuse. I militari hanno risposto positivamente e  organizzato il trasporto del Padre Pifer. E' arrivato alle quattro e mezza questa sera.

 

Da una settimana aveva febbre altissima e vomito, e non riusciva a trattenere niente. Si è curato come poteva, pensando che fosse malaria, ma, nonostante tutto quello che ha preso, compreso il chinino, la febbre non gli è scesa. Per di più, aveva forti dolori all'addome e pensava ad una ostruzione intestinale, visto che ormai da dieci giorni non andava di corpo. I nostri medici gli hanno trovato un principio di intossicazione da farmaci e un deperimento generale (non mangiava ne’ beveva da una settimana). Visto che non si trattava di occlusione intestinale né di altre cose brutte, gli hanno liberato l'addome con un buon clistere e con una purga di sale inglese. Dagli esami del sangue e delle urine è risultato che si trattava effettivamente di malaria. Ora ha solo bisogno di riposo e di mangiare un pò da cristiano.

 

Questa sera abbiamo saputo  che i ribelli hanno fatto un'imboscata al convoglio di macchine che da Pakwac, per andare a Kampala, aveva scelto la via del Parco, attraverso Paraa, ritenuta più sicura della solita strada Karuma-Pakwac. Purtroppo, a cinque chilometri da Pakwac, appena entrati nel Parco, sono stati assaliti dai ribelli. Nell'attacco sono rimaste uccise diciannove persone, e dieci  veicoli sono stati bruciati.

 

Giovedì 17 ottobre 1996. Stamattina mi hanno riferito che i ribelli hanno attraversato la strada per Pabo e che sono diretti verso il Sudan. Pochi giorni fa sarebbe passato un primo gruppo di ribelli proveniente dalla zona dei Lango, in avanscoperta. Il grosso, di circa trecento uomini, con molti prigionieri presi tra i Lango, tante capre e almeno trenta mucche, sarebbe passato stanotte. Speriamo che nel gruppo non ci siano anche le ragazze di Aboke.

 

Un prigioniero che ieri è riuscito a scappare, nella zona di Opit, avrebbe detto che le ragazze sono ancora nella zona di confine tra le terre Lango e Acholi e che non sarebbero ancora sulla via del Sudan.

 

Padre Paolo dice che questa mattina ci sono stati aspri combattimenti tra Opit e Gulu. Nella battaglia sono rimasti uccisi anche due ufficiali dell'esercito. Sembra che un loro distaccamento sia stato attaccato a sorpresa. Non vorrei che un gruppetto di ribelli riesca a distogliere i militari, e che questi lascino passare il grosso, con le ragazze e tutto il resto.

 

Anche il Presidente è ritornato a Gulu per dirigere le operazioni, perchè ormai si sono aperti troppi fronti, che, se non controllati in tempo, rischiano di far saltare anche lui.

 

Secondo voci non confermate, ieri i ribelli avrebbero attaccato anche la stazione di polizia di Pakwac, che si trova di  là dal Nilo; si dice che abbiano fatto prigionieri alcunii poliziotti e bruciati i loro veicoli.

 

Il Monitor sostiene che quelli che a tendere l'imboscata al convoglio di Arua siano stati i ribelli di Juma Oris, chiamati WNBF - West Nile Bank Front. Sarebbero entrati in Uganda attraverso il Lago Alberto, arrivando nel Parco Nazionale di Murchinson Falls su barche partite da Porto Mhagi, nello Zare – li’ dove il Nilo entra nel Lago Alberto.

 

La quantita’ di persone che entrano a dormire in ospedale non accenna a diminuire. Oggi ho avuto la visita di due signore di MSF per vedere come migliorare le condizioni igieniche delle migliaia di rifugiati. Mi hanno già promesso una quarantina di piastre per la costruzione di gabinetti di emergenza.  Vedranno poi se possono procurarmi anche dei tendoni sotto quali la gente possa ripararsi durante la notte. Verranno anche a controllare il tasso di inquinamento dei nostri sei pozzi con pompa a mano e degli altri quattro con pompa ad immersione. Se le falde risulteranno inquinate provvederanno anche a fornirci un sistema di clorificazione delle acque.

 

Sta diffondendosi, tra la gente dei villaggi e della città, una strana diarrea con sangue che nessun antibiotico sembra in grado di contrastare. Non si può ancora parlare di epidemia, ma la cosa sta preoccupando sia l'Ufficiale Sanitario distrettuale che i medici di MSF. Oggi per esempio sono stati ricoverati per questa diarrea l’ex fisioterapista dell’ospedale, Matthew Okia, la sorella di Alex, il laboratorista che prepara i vetrini per gli esami istologici, e la moglie di Ayella, mio capomastro, morto a fine settembre. Questi sonoi ricoverati che conosco, ma il reparto è pieno di casi simili. Dicono che questa diarrea è molto seria e che, se trascurata, puo’ portare alla morte; per quanti sono HIV-positivi, poi, è ancora più pericolosa.

 

Stanno arrivando in ospedale anche dei casi di meningite, ma le autorità sanitarie distrettuali non hanno preso ancora dei provvedimenti.

 

Venerdì 18 Ottobre 1996 Anche oggi notizie cattive e contraddittorie. Dalla zona di Padibe dicono che sono entrati dal Sudan altri ribelli. Secondo un'altra voce, invece, Joseph Kony avrebbe ricevuto ordini da Khartoum per far tornare in Sudan, in gran fretta, tutte le truppe sparse nel nord Uganda, per contrastare una massiccia offensiva del SPLA.

 

Museveni, per parte sua, il giorno dell'Indipendenza, durante la celebrazione tenuta a Kololo, avrebbe detto che l'unica alternativa alla pace e’ la guerra contro il Sudan, che non ci si può fidare degli arabi e che non si possono prendere accordi con il presidente del Sudan, Omar El Bashir.

 

Qualcuno dice che Museveni sia in difficolta’. Qualche altro che e’ Kony in difficolta’ e che tenta di rientrare in Sudan prima che la sconfitta sia irreparabile.

 

Kony avrebbe dato l'ordine di lasciare libere le ragazze di Aboke. Secondo Padre Paolo gira voce che almeno dieci delle ragazze di Aboke siano riuscite a fuggire.

 

A Opit, intanto, hanno obbligato la gente ad abbandonare i villaggi e radunarsi nel centro del paese. Hanno riempito gia’ tutte le scuole e le nostre istituzioni. Domani cominceranno a costruire le capanne; poi, per il resto delle strutture e per il cibo, aspetteranno le Nazioni Unite. La prospettiva certamente non è rosea.

 

Una nostra studente infermiera, di nome Pasca, è venuta da me perchè chiedessi ai nostri di Arua se abbiano notizie di suo padre, Obwona Peter, Head Master della nostra T.T.C. di Ladonga. Le era arrivata voce che il padre si trovasse nel convoglio attaccato dai ribelli. Purtroppo nessuno ha saputo dirmi niente.

 

Il professor Bonini ha messo in trazione il collo di una ragazza, con un attrezzo di fortuna che lui stesso mi ha fatto realizzare: l’ha fissato alla scatola cranica mediante due perni infilati nei fori che aveva praticato sopra le orecchie. La ragazza e’ rimasta completamente paralizzata per essere scivolata mentre portava in testa una grossa pentola piena di terra: avrebbe dovuto servirle per lisciare le pareti e il pavimento della sua capanna. E' cosciente e riesce a respirare senza aiuto esterno; tutto il resto sembra morto. Bonini dice che, se il midollo non si è ancora spezzato, dopo pochi giorni si dovrebbero vedere i risultati. Ma non ci spera troppo.

 

Sabato 19 Ottobre 1996 Fratel Bazzanella questa mattina è cascato per terra, facendosi un gran bernoccolo sulla fronte e una bella contusione su una spalla. Lo avevo messo sul vaso; finiti i suoi bisogni, invece di chiamare ha fatto tutto da solo ed è riuscito anche ad uscire dal gabinetto. Nel bel mezzo della stanza, pero’, forse la gamba ha ceduto, ed è cascato. Per fortuna non si è rotto niente.

 

Padre Paolo lancia un SOS. La gente, obblligata dai militari a radunarsi nel centro di Opit, dai villaggi della zona, non sa dove andare ed è obbligata a dormire sotto le stelle o - peggio ancora - sotto la pioggia. Padre Paolo spera che le Nazioni Unite e la Croce Rossa Internazionale provvedano con urgenza.

 

Dei  ribelli non ci sono tracce: sembrano dileguati nel nulla. Speriamo che non stiano architettando qualcosa di brutto.

 

Il Presidente è ancora a Gulu per cercare di tirare su il morale delle truppe. Non so  se ci riuscirà.  Dice che ha bisogno di soldati come quelli che aveva quando nel 1996 è arrivato al potere: militari disciplinati e determinati a lottare per la libertà e per la giustizia. 

 

Il Dr. Bruno è ritornato da Kampala. L'ambasciata Italiana ha promesso di contribuire alle spese per la costruzione di una trentina di gabinetti a perdere per fare fronte all'emergenza igienica causata dalla massa di gente rifugiata in ospedale. Si è impegnata a contribuire con duecentocinquanta dollari per gabinetto. Il World Food Program, per parte sua, ha promesso di mandare, quanto prima, dei grossi tendoni da usare come dormitori. Meglio che niente.

 

Il New Vision di oggi smentisce la notizia, data dal Monitor, secondo la quale l'attacco avvenuto nel Parco sarebbe opera dei ribelli del West Nile Bank Front,  penetrati dallo Zaire attraverso il Lago Alberto. Secondo il New Vision i ribelli che attaccarono il convoglio erano quelli del gruppo di Lagony Otti, Operation Comander nella nostra zona e in quella di Anaka. L'attacco sarebbe stato condotto da un certo Matata, alla guida di una ottantina di ribelli. 

 

 Domenica  20 Ottobre 1996, Giornata Missionaria Mondiale. Sembra proprio che Peter Obwona, Head Master della T.T.C. di Ladonga e papà della nostra allieva infermiera Pasca, sia stato ucciso nell' imboscata sulla strada del Parco. L' RDC di Gulu ha ricevuto un messaggio dalla polizia di Masindi, con cui si invitava a provvedere al trasporto del suo corpo. Per mancanza di documenti di riconoscimento, non avevano potuto identificarlo prima. Ancora ieri sera avevo chiesto per radio, ai nostri di Arua, informazioni al riguardo: non ne sapevano niente, ma mi avevano rassicurato dicendo che se il loro Head Master di Ladonga fosse stato coinvolto nell'incidente loro senz'altro sarebbero stati avvertiti. Pare sia morto a Masindi, dove era stato ricoverato all'ospedale per un trauma cranico. Non capiamo ancora perchè sia stato portato a Masindi, quando il nostro ospedale di Angal era molto più vicino. Forse alcune macchine, al momento dell'imboscata, hanno fatto in tempo a invertire la marcia e a ritornare a Paraa, e poi a Masindi, con gli eventuali feriti.

 

Oggi anche il Papa, all'Angelus, in piazza San Pietro, ha pregato per le ragazze di Aboke, invitando i ribelli a lasciarle libere. Speriamo che accolgano il suo messaggio.

 

Non solo ad Opit, ma ovunque, i militari stanno obbligano la gente ad abbandonare i villaggi dispersi nella savana e radunarsi nei centri presidiati dai soldati. Molta gente sta già arrivando, priva di tutto, a Gulu, sperando di trovare più facilmente qui rifugio e protezione che in centri fuori mano come Pabo e Opit.

 

Lunedì 21 Ottobre 1996. Stanotte è morta la mamma di Sabina, la nostra anestesista. Soffriva da tempo di una grave insufficienza renale. Domani la porteremo al suo villaggio di Iceme, nella terra dei Lango, vicino ad Aboke, dove dieci giorni fa i ribelli hanno rapito le studentesse delle nostre suore. Speriamo che le strade siano senza mine e senza ribelli. Sono ormai alcune settimane che non arriva nessuno ferito da mine.

 

Questa sera sono passati sei camion militari pieni di civili. Venivano da Pabo, dove è in corso il rastrellamento di tutta la gente che si trova sperduta nella savana. Non so ancora dove li portassero, ma la scena sembrava quella  vista molte volta nei film sull'ultima Guerra Mondiale.

 

Gli operatori televisivi della State House del Presidente stanno facendo le riprese della massa di gente che entra in ospedale per dormire o che dorme ammassata sotto le tettoie o nei reparti. Mi hanno promesso di mandarmene una copia.

 

Martedì 22 Ottobre 1996. Il Presidente è a Gulu ormai da una settimana. Sembra che abbia trasferito qui la State House e che abbia detto di voler rimanere fin quando Kony non sarà sconfitto.

 

Oggi abbiamo avuto la visita di molti parlamentari - compreso Mao, nostro parlamentare di Gulu.

 

Ho visto Pasca, la nostra allieva infermiera, che mi ha raccontato i pochi particolari che hanno potuto sapere sull’uccisione di suo padre. Hanno portato il corpo a Gulu solo ieri e hanno dovuto seppellirlo subito perchè era in stato di decomposizione avanzata: era dal 16 ottobre nella cella mortuaria dell'Ospedale governativo di Masindi,  ad una temperatura media di trenta gradi e in balia delle mosche.  Era stato portato lì con i corpi delle altre vittime da un tedesco, responsabile della riabilitazione del Parco di Paraa. Lo avevano trovato sul luogo dell'imboscata, con le mani legate dietro la schiena e un colpo tirato alla  nuca. Gli altri che erano stati uccisi nello stesso modo - compresi alcuni ragazzi - avevano addosso la carta di identita’, e la loro identificazione non aveva presentato problemi.

 

Ho cominciato a costruire il tendone donato dal World Food Program.

 

Secondo il maggiore Kakooza Butale, Consigliere per la guerra del Presidente, che questa mattina è venuto a trovarci in ospedale, la faccenda diventerà presto seria: nel loro meeting sulla sicurezza hanno concluso che l’unica soluzione possibile, di fronte a questa guerriglia, è di dichiarare guerra al Sudan, e la intraprenderanno piu’ presto possibile. Primo passo: liberare il campo di battaglia, raccogliendo tutta la gente sparsa nella savana in grandi campi strettamente controllati dei militari. Tutti quelli che resteranno fuori saranno considerati ribelli. Mi incoraggiava quindi a finire in fretta di montare i tendoni e a chiederne altri, perchè la gente rifugiata in ospedale aumenterà e avrà non solo bisogno di riparo ma anche di roba da mangiare. Il bello deve ancora venire...

 

Spero che Kony si accorga che è diventato una semplice pedina in mano al governo Sudanese, l’ennesimo ugandese in esilio assetato di potere. (Con lui c’e’ anche il Dr. Obonyo, che, fino a quando non era stato chiamato come ministro della sanità da Tito Okello, era il consulente di urologia qui a Lacor, e veniva da Kampala ogni settimana per fare lezione ai nostri tirocinanti, Forse è per la lunga relazione che abbiamo avuto con lui che i ribelli fino adesso non sono entrati in ospedale.)

 

Se l’Uganda dichiarera’ guerra al Sudan non sara’ sola, ma avra’ a fianco vecchi nemici del Sudan come l'Etiopia e l'Egitto, e l'aiuto tacito degli USA e del Sud Africa.

 

Questo pomeriggio nella zona di Parabongo, vicino a Pabo, i ribelli hanno sparato ad un camioncino, uccidendo il proprietario e ferendo ad una mano l’autista. Gli altri passeggeri sembra siano riusciti a scappare. Il camioncino è stato poi bruciato.

 

Stamattina abbiamo contato settemila duecentotrenta persone entrate in ospedale per la notte.

 

Stasera hanno portato anche un soldato saltato su una mina mentre inseguiva i ribelli nella zona di Koc Goma. Ci ha rimesso un piede.

 

Mercoledì 23 0ttobre 1996. Nel pomeriggio sono passati parecchi mezzi militari diretti verso Pabo: tre carriarmati, una autoblindo, tre o quattro Mamba con le mitraglie spianate e tanti altri camion e camionette. Pare che in nottata i ribelli abbiano attaccato un grosso distaccamento militare sulla strada per Pabo, ma non abbiamo particolari certi in merito. Si dice che siano stati uccisi parecchi soldati. Feriti pero’, qui in ospedale, non ne abbiamo ancora visti.

 

Ho quasi finito di erigere il tendone. Quelli del World Food Program sono venuti stamattina a vedere il lavoro e si sono meravigliati nel vedere il loro tendone quasi finito. Ce ne hanno promessi cosi’ altri tre o quattro, e anche aiuto in cibo. Dopo tutto hanno sede a Roma, e si sentono quasi obbligati a fare qualcosa dove lavorano gli italiani. Sono rimasti impressionati sentendo che in un posto così ridotto come può essere il nostro ospedale vivano più di diecimila persone.

 

Sono venuti anche degli esperti di campi profughi di MSF Olandese e mi hanno portato trenta piastre di plastica per i gabinetti a perdere che dobbiamo costruire. Hanno fatto anche i prelievi dell’acqua delle sei pompe a mano e dei quattro pozzi con pompa elettrica sommersa. Avremo il risultato fra qualche giorno.

 

Giovedì 24 Ottobre 1996, ore 8.45 Pm. C'è in corso una sparatoria in grande stile. Non so ancora cosa stia succedendo, ma penso che si tratti di un equivoco. Ero alla radio, e Fratel Bepi, da Laiby, mi ha chiesto di mettermi in contatto con le baracche per avere notizie di Padre Pifer, che c’era andato a mezzogiorno per chiedere se fosse possibile ritornare ad Anaka in elicottero e non era ancora rientrato. Sono andato al cancello e ho chiesto se per favore potevano informarsi del padre con la loro radio. Guardando sopra le mura ho visto come dei bagliori di una capanna in fiamme e subito dopo ho sentito spari. I nostri soldati al cancello, eccitati, hanno preso a sparare anche loro, ed è successo un finimondo. Dalle baracche, comunque, hanno prontamente mandato un Mamba.

 

Ora è tornata la calma. Domani sapremo che cosa sia veramente successo.

 

Nel fuoco incrociato si vedevano anche dei proiettili sparati verso l'ospedale e quindi - forse - c'era in giro anche qualche ribelle. Non ci dovrebbero essere nè  morti nè feriti, perchè i nostri al cancello sparavano in aria, e tutti i civili dei dintorni sono dentro le nostre mura.

 

La notte scorsa sono ripassati i camion militari che ieri, con altri mezzi pesanti, erano andati verso Pabo. Si dice fossero pieni di morti, e questo spiegherebbe il passaggio notturno. Alcuni, venuti da Parabongo, sostengono che ieri all'alba i ribelli hanno attaccato il centro dove la gente era stata radunata per forza (e dove avrebbe dovuto essere protetta dai militari) e hanno fatto una strage. Si parla di venticinque soldati  ed una ottantina di civili uccisi. Il fatto strano è che qui non è arrivato nessun ferito, e nessuno ne parla. I casi sono due: o sono balle, o i militari cercano di tenere nascosto il fatto perchè non vogliono far sapere ai parlamentari ancora in giro da queste parti che la nuova strategia dei villaggi protetti ha preso il via con un fiasco.

 

Nel pomeriggio si è fermato davanti all'ospedale un lungo convoglio. Gli autisti del convoglio militare e quelli dei camion con gli aiuti per i rifugiati sudanesi si sono rifiutati di proseguire e sono tornati indietro a Gulu. Un militare che era sul camion, per non andare al fronte, si è sparato due colpi di mitra al polso.

 

Padre Bruno è ritornato nella sua missione di Aber completamente rimesso. A preso il suo posto Padre Villalba di Kigumba, venuto qui a curarsi una brutta malaria da cui non riesce a guarire.

 

Anche fratel Michael è qui per un’infezione causata da pulci penetranti. Sentendo prurito tra le dita dei piedi, ha creduto si trattasse di un piccolo ascesso e lo ha punto con un ago, permettendo cosi alle uova di diffondersi nei tessuti del piede e procurandosi l’infezione. Il nostro infermiere gli ha tolto una pulce da un calcagno ormai grossa come un chicco di caffè.

 

Venerdì 25 ottobre 1996. Rilettura dei fatti di ieri sera. Alle 8.30 di sera una capanna poco lontana da noi ha preso fuoco accidentalmente. Nello stesso  momento due militari,  del distaccamento di stanza qui, a settecento metri da noi, dove abbiamo il villaggio per i nostri dipendenti, stavano contendendosi una ragazza. Uno di questi ha sparato una sventagliata di mitra in pancia al rivale, uccidendolo sul colpo. Gli altri soldati che assistevano alla scena si sono avventati su quel disgraziato, che però è riuscito a fuggire. Hanno cominciato allora a corrergli dietro, sparando.

 

I soldati di guardia all'ospedale, vista la capanna in fiamme e sentiti gli spari e le urla degli altri soldati, si sono creduti assaliti dai ribelli ed hanno preso a sparare a loro volta, dal cancello. Quelli che inseguivano l’omicida, vedendo il fuoco della capanna e sentendo gli spari provenienti dall'ospedale, hanno creduto anche loro di essere assaliti e hanno risposto al fuoco sparando in direzione dell'ospedale. I nostri, sempre più convinti di essere attaccati, hanno preso posizione nelle parti più protette dell'entrata e si sono messi a sparare all'impazzata, riducendo il nostro cancello ad un colabrodo. Qualche raffica di mitra ha colpito la casetta del guardiano; un'altra ha colpito il nuovo dispensario, rompendo qualche vetro e bucando le lamiere del tetto. Una raffica, poi, è stata sparata verso le botteghe che si trovano dalla parte opposta della strada, e un proiettile ha trapassato la porta di ferro e tutte due le caviglie del proprietario della bottega, che si accingeva a venire a passare la notte in ospedale.

 

I militari che hanno l'accampamento sotto l'ospedale, nella foresta di eucalipto, sentendo tutto quel baccano, hanno pensato bene di dare man forte sparando alcuni RPG (Rocket Propel Granate), che però, invece di scavalcare l’ospedale, sono caduti dentro le mura. Uno e scoppiato tra due container in cui dormivano alcuni miei operai con le loro famiglie. Le schegge non sono riuscite a perforare la lamiera del container e hanno scalfito un poco il muro di cinta.

 

Il secondo RPG è finito sul tetto del gabinetto del vecchio dispensario dei bambini, a pochi metri dal quale, sotto le tettoie, dormono centinaia di rifugiati. Questa granata ha bucato il tetto in lamiera del gabinetto, che ora i rifugiati usano come ripostiglio delle loro masserizie e, senza scoppiare, e’ atterrata sulla loro roba. Se anche fosse scoppiata non avrebbe fatto tanto danno, giacchè era dentro il gabinetto; se pero’ fosse atterrata cinque metri più in la’, avrebbe colpito in pieno il cortile interno del dispensario nuovo, dove dormono più di un migliaio tra donne e bambini.

 

Penso proprio che qualcuno dall'alto ci protegga - e tra questi, in primo luogo, Lucille. Il rosario poi che sale verso il cielo dai vari gruppi di persone sparse in ospedale non può lasciare la Madonna indifferente e quasi la obbliga a proteggerci.

 

E' proprio il caso di dire: "Dai nemici mi guardo io, dagli amici mi guardi Iddio".

 

Il maggiore incaricato della sicurezza di Gulu, visto il comportamento dei suoi soldati, ha fatto arrestare i comandanti e ha affidato la responsabilità della difesa dell'ospedale a Brown - forse quello effettivamente più impegnato a proteggere l'ospedale e i soldati ricoverati. Alcuni, tra i militari, insistono ancora che i ribelli c'erano davvero e che sonostati respinti grazie al loro pronto intervento. Si vede che hanno strumenti sofisticati che riescono a vedere i nemici anche attraverso le lamiere e i muri...

 

Ho completato il tendone donato dal World Food Program e la gente lo sta già usando. Penso che possa accomodare trecento persone. Non è gran cosa, ma speriamo di averne presto degli altri.

 

Il convoglio che ieri si era rifiutato di proseguire, oggi è partito verso Ajumani, accompagnato da carriarmati e autoblindo. C'erano almeno trenta camion con rimorchio e altre macchine di commercianti, che ne hanno approfittato per portare rifornimenti alle loro botteghe ormai vuote. 

 

Sabato 26 Ottobre 1996. Dopo l'incidente di ieri la gente entrata per dormire è leggermente aumentata di numero; erano in tutto settemila seicentonovantacinque persone.

 

Solo oggi il New Vision accenna allo scontro avvenuto mercoledì a Parabongo. Dice che nella feroce battaglia ventitré ribelli sono stati uccisi. Molti anche i feriti gravi, tra cui il colonnello Otti Lagony, famoso comandante dei ribelli. Secondo la versione di Kazini, Comandante della Quarta Divisione dell’UPDF ( Uganda People Defence Force), i militari hanno lamentato solo pochi feriti. I corpi dei ribelli uccisi sarebbero ancora sul campo di battaglia. Kazini afferma inoltre che l'esercito ha introdotto una nuova tattica, chiamata "Combined Arm Element" (CAE), che lo stesso Museveni ha iniziato. Questo CAE è un metodo per contrastare la guerriglia e liberare i prigionieri. Comporta l'uso di elicotteri armati di bombe, carriarmati, autoblindo e Mamba, e di fanti che si muovono veloci.

 

Nonostante la presenza del Presidente, l' UEB non è riuscita a darci la luce, e sono già due settimane che siamo senza. Una grossa spesa in più che l'ospedale deve sostenere per questo disservizio.

 

Mercoledì 30 ottobre 1996. Sono appena tornato da Kampala e la strada e quasi tutta rimessa a nuovo. Siamo partiti all’1.45 PM, e sono arrivato al Lacor alle 5.15 PM. Ho un pò pestato sull'acceleratore, perchè non volevo essere nella zona pericolosa col buio. Nel tratto tra Minakulu e Gulu la strada era deserta e faceva un po’ paura. La gente ormai è poca, perchè è stata obbligata ad  abbandonare i villaggi.

 

L' impressione che ho avuto nella capitale è che la faccenda del Nord, anche se lontana, comincia a preoccupare un po' tutti, perchè i disordini aumentano e si sente che lo status quo e’ minacciato. Anche i capi si vedono sfuggire di mano la situazione. Non passa ormai giorno senza che i giornali parlino della situazione del Nord.

 

Giovedì 31 ottobre 1996 Stasera Padre Pifer, di Anaka, e Padre Paolo, di Opit, dicevano tutt’e due di trovarsi in un caravanserraglio.

 

Qui i militari hanno sequestrato tutti i camion che trovavano in giro in città. Non si sa ancora bene il motivo, ma serviranno per portare al di la’ del Nilo la gente raccolta nei villaggi o per il trasporto di truppe al confine col Sudan. I giornali, in questi giorni, non fanno altro che parlare di questo: attaccare il Sudan come unica possibilita’ di risolvere il problema della ribellione del Nord e dell'Acholi.

 

Qui a Gulu sembra che i militari abbiano rilevato tutti i poteri originariamente in mano alle autorita’ civili. Hanno fatto anche interrompere le telecomunicazioni, come telefono e  fax,  e ora aspettiamo che ci tolgano anche le radio interne e che chiudano le strade: cosi nessuno potrà più sapere cosa succede nel mondo esterno.

 

La situazione è particolarmente tesa anche per i disordini causati dai Tutsi nello Zaire, dove, tra i fautori di questa nuova guerra, tutti mettono, al primo posto, il nostro Museveni. Diventa sempre più chiaro che i Tutsi vogliono l'egemonia in tutti i paesi della regione dei Grandi Laghi. Considerando che sono una minoranza, stanno facendo un gioco molto pericoloso, ma possono farlo perché sicuri dell'appoggio di Inghilterra e Stati Uniti, che hanno grandi interessi sia riguardo allo Zaire sia riguardo al Sudan. Questa è quindi una guerra Anglo-Americana, condotta usando e appoggiando la minoranza Tutsi, cui non sembra vero di conquistare il potere su tutta la regione.

 

Dei ribelli nessuno parla, quasi che non facciano parte di questo scacchiere.

 

Oggi è arrivato anche il container che era a Kampala da quasi tre mesi, perchè non si riusciva a trovare nessun trasportatore. Abbiamo scaricato tutto e il camion è potuto ripartire gia’ questa sera.

 

E’ arrivato anche l'ambasciatore tedesco ed è nostro ospite, anche perchè con noi abbiamo Fratel Michael Dietrich, che è l'unico cittadino tedesco nella zona di Gulu. L’Ambasciatore e' venuto per un seminario di tre giorni sui diritti umani, organizzato e finanziato appunto dalla ambasciata tedesca.

 

Venerdì 1 Novembre 1996, Festa di tutti i Santi. E' arrivato un ragazzo, sui dieci anni, che ha perso una mano giocando con una bomba trovata nei campi, su un termitaio. Veniva da Parabongo, vicino a Pabo, e mi ha detto che credeva che fosse già esplosa. Fatti simili sono sempre più frequenti e chissà per quanto tempo ancora ne avremo.

 

Il Consigliere per gli affari politici e militari del Presidente - il Maj. General Salim Saleh in persona - ieri è andato a parlare agli studenti del nostro Laiby College e ha dato loro una lezione sulla difesa. Quelli che seguono sono gli appunti presi da uno studente.

 

 :                 LEZIONE SULLA DIFESA CIVICA

                       

                        1) Mantenere l'ordine e le leggi.

                        2) Cibo e acqua.

                        3) Operazioni di salvataggio.

                        4) Protezione e nascondigli.

                        5) Orientamenti del governo in stato di guerra.

          

Mantenere l’ordine e le regole 

 

a) Gulu è zona di guerra. Non c'è più autorità governativa, ma solo autorita’ militare e legge marziale.

 

b) La gente deve badare a se stessa. Bisogna selezionare le proprie compagnie e adottare misure di sicurezza da zona in guerra. Ad esempio: se si va a bere, badare bene alle persone a cui ci si accompagna; mai chiusi in casa, ma all'aperto, per essere pronti in caso di bombardamento.

 

c) Limitare i movimenti di sera e di notte. L’ordine dato ai soldati è di sparare prima di ogni altra cosa, e solo dopo chiedere chi va là?.

 

d) I civili e non combattenti dovrebbero formare dei tribunali del popolo non per punire, ma per correggere i comportamenti antigovernativi.

 

Cibo 

 

Cercare di trattare il cibo in modo che non deperisca (ad esempio: seccare cassava e granturco). Le zone protette sono sempre in movimento; quindi, appena possibile, zappare e coltivare nel luogo dove ci si e’ accampati. Piantare cassava, patate dolci, fagioli etc. In zone di guerra non ci sono alloggiamenti fissi per i militari, come caserme o grossi accampamenti, perchè sarebbero facile bersaglio per i nemici. Ognuno quindi pensi per se’, scavando buche dove immagazzinare la roba da mangiare avvolta in sacchetti di naylon. I soldati sono stati formati alla violenza e alla distruzione. Le case saranno distrutte. I soldati non proteggeranno nessuno; tocca all'individuo proteggere se stesso. Neanche Dio vi proteggerà.

 

Acqua 

 

Imparate come trovare l'acqua. Tutta l'acqua è potabile - rossa o verde che sia.  Se possibile bollitela. Se non c'è acqua, bevete la vostra urina. Se non c'è urina, succhiate le foglie degli alberi con spine.

    

La sicurezza del campo

 

Controllate tutti i membri del campo dopo ogni eventuale bombardamento. Registrate i nuovi arrivi. Riducete al minimo il movimento dei venditori del mercato e state attenti ai mercanti. Non discutete tra voi il movimento di truppe – ne’ dell’UPDF, ne’ del LRA. Se vi chiedono, dite sempre che non sapete niente. Non fate eccessivo rumore e badate che non ci siano attorno a voi delle radio spia.  Siate sicuri che nessuna informazione raggiunga gli Arabi. Imparate ad identificare gli spari delle varie armi da fuoco. Prolungati rumori da arma da fuoco generalmente sono solo per spaventare: non scappate, quindi. Non correte quando stanno sparando nella tua zona, ma stendetevi a terra. Correte molto velocemente e a zig zag quando non sparano più. Per le donne con bambini: legate le gambe dei bambini ai fianchi, quando li portate sulla schiena. Quando abbandonate un campo, portate via tutti i bambini anche se non sono i vostri.             

Rifugi e Nascondigli.

 

Attualmente il Lacor Hospital è stato preso dai militari e le medicine sono riservate all'esercito. Nascondetevi tra i cespugli intorno a casa. Durante il giorno mandate i vostri bambini a giocare nella foresta intorno, così che se ci sono ribelli che vogliono catturarvi possano essere scoperti e segnalati. Scavate trincee vicino ai vostri villaggi per proteggervi in caso di attacco aereo. Siamo in grado di abbattere in due settimane tutti gli aerei di cui il Sudan dispone, nel caso che ci attacchino. Gulu è in una posizione ideale per questi combattimenti, perchè non ci sono colline che impediscano o confondano il tiro. Abituatevi a vivere con morti e feriti perchè ce ne saranno molti. Il Presidente è l’autorita’ suprema che detiene ogni potere. A Gulu ci saranno più soldati che civili. I civili che vogliano lasciare il distretto sono liberi di farlo, ma facciano in fretta, fin tanto che sono in tempo.

 

Giornalisti  

 

Riporteranno quello che il governo vuole. Quelli che vogliono fare i reporter dalla parte di Kony possono chiedere il permesso ed andare a stare con lui. Il governo non li punirà  neanche dopo la guerra.

 

Pregare

 

Tutte le azioni di culto e le varie preghiere devono essere effettuate all'aperto e devono finire entro un' ora.

 

Operazioni di salvataggio.

 

I maschi che si trovano in un campo devono correre e riferire se ci sono feriti. Biciclette, moto, automobili e camion possono essere requisiti in qualsiasi momento e da qualsiasi comandante.

 

Fin qui la lezione di Salim Saleh.

 

I soldati, ieri, hanno comperato tutta la farina delle botteghe di Gulu. Non si sa ancora cosa questo voglia dire, ma sembra il preludio di qualcosa di molto brutto. Anche l'uccisione dell'arcivescovo cattolico di Bukavu da parte delle truppe tutsi e’ un cattivo segno. Sui giornali di ieri, intanto, Salim Saleh ha chiesto al Parlamento l’autorizzazione ad attaccare le posizioni dei ribelli che si trovano in Zaire e in Sudan. Mentre i tutsi rwandesi attaccano lo Zaire dal Sud, i nostri tutsi vogliono attaccarlo dal Nord. Sembra qualcosa di molto ben coordinato. Le truppe del Rwanda hanno attaccato Goma, città strategica dello Zaire, e sono decisi ad arrivare fino alla capitale Kinshasa, col solito pretesto di far fuori Mobutu ed instaurare un governo democratico, con presidente e maggioranza di governo di etnia tutsi.

 

Pare che le truppe zairesi, man mano che i tutsi avanzano, si ritirino senza combattere perchè demotivate, mentre la gente accoglie in tripudio i nuovi padroni. La gente zairese è stanca di Mobutu, che in tutti questi anni di potere ha pensato solo a se stesso ed ad ammassare oro e diamanti nelle banche svizzere, facendo dello Zaire uno dei paesi più malmessi dell'Africa. Fortuna che è un paese con molta terra fertile e la gente almeno non morirà di fame.

 

Non so proprio come faranno i nostri tutsi ad arrivare a Kinshasa, visto che Bukavu  dista da li’ più di mille e cinquecento chilometri e non ci sono strade di collegamento.

 

Il mondo, in tutto questo, sta a guardare, fingendo di indignarsi e di invitare le parti al cessate il fuoco. Anche l'Inghilterra cerca di salvare la faccia pregando il Rwanda di ritirare le truppe che hanno invaso lo Zaire a sostegno dei tutsi banyamulenge, quasi che il piano non fosse noto da tempo e che non fosse caldeggiato proprio da inglesi e americani.

 

Oggi i ribelli del West Nile Bank Front hanno fatto saltare un ponte sulla strada che va da Maraca a Moyo.

 

Domenica al Boma Ground si terrà una preghiera ecumenica per impetrare la pace. L'Arcivescovo di Kampala, Mons. Wamala, ha invitato tutta la cristianità ugandese ad unirsi a noi di Gulu nella preghiera e nel digiuno perchè questa guerra finisca.  

 

Sabato 2 novembre 1996, Giorno dei Morti. Alle 6.30 del mattino c'era già in giro l'elicottero. I militari avevano individuato nella zona di Anaka una sick bay - un posto, cioe’, in cui i ribelli curano i loro feriti. L'elicottero trasportava truppe per circondarli ed eventualmente attaccarli. Speriamo che poi i ribelli non si vendichino attaccando il nostro ospedale, che cura i feriti governativi.

 

Ieri sera a Keyo una pattuglia di soldati è stata attaccata. Nella battaglia hanno perso la vita un militare e tre ribelli, mentre altri sono stati feriti. Un soldato ferito è stato portato qui da noi. Poteva andare molto peggio, ma sono stati salvati  dal vicino distaccamento di Awer, dal quale, appena udite le raffiche di mitra, hanno cominciato a sparare colpi di mortaio, disperdendo i ribelli.

 

Tra il bivio per Arua e il ponte sul Nilo hanno attaccato il bus che veniva da Lira, diretto a Kampala. Erano le otto di mattina. Un primo bus, anche se colpito e con qualche ferito a bordo, è riuscito a proseguire. Del secondo, invece, che seguiva a poca distanza, hanno ucciso l’autista, e il mezzo e’ finito fuori strada. Nell'incidente hanno perso la vita dodici persone e altre sedici sono state ferite e portate al nostro ospedale di Aber. Il camion di Laiby era ancora di là dal Nilo, ma l’autista – che poi ci ha riportato i fatti - ha sentito tutta la sparatoria.

 

I ribelli, dopo l'attacco, hanno cercato di rubare tutto quello che potevano sul bus. I militari che si trovavano al di là del ponte sono intervenuti subito, mandando un’autoblindo. Arrivati sul posto dell'agguato, non vedendo più i ribelli, i soldati hanno proseguito per un giro di ispezione, lasciando il bus incustodito. I ribelli però sono tornati sui loro passi ed hanno ucciso a sangue freddo altre undici persone. Quanto ai militari del posto di blocco del bivio per Arua e a quelli del distaccamento poco lontano, sembra che non siano intervenuti per niente.

 

Per il momento non abbiamo altri particolari, ma si esclude che possano essere stati i militari ad effettuare l’imboscata. Era appena partito, infatti, un convoglio per Arua, con più di cento camion scortati da un centinaio di soldati.

 

Questa sera hanno portato un altro soldato ferito con tre buchi in pancia.

 

Al Seminario di Gulu sui Diritti Umani, finanziato dalla Repubblica Tedesca, si e’ detto che sono i preti acholi a sostenere ancora come disastri, incendi, mine e uccisioni non siano sempre da accreditare ai ribelli di Kony, ma siano spesso opera dei militari di Museveni.

 

Domenica 3 novembre 1993  Oggi, giornata per la pace. Da tutte le parrocchie i vari gruppi sono partiti a piedi diretti al Kaunda Ground – lo stesso in cui nel ‘93 è venuto il Papa. Anche da Lacor Hospital è partito un grosso gruppo di giovani infermieri, al quale ci siamo uniti anche io e il Dr. Matthew. Quelli della Missione di San Joseph portavano una grandissima croce di legno, molto pesante, e, per abbreviare la fatica, hanno fatto i cinque chilometri del tragitto a passo di carica.

 

La preghiera è stata molto sentita e partecipata da migliaia di persone. Era organizzata dal Gruppo inter confessionale ACHOLI FOR PEACE AND RECONCILIATION, concepito e realizzato da Padre Ramon e Suor Dorina. C'erano ovviamente i cattolici, gli anglicani, altri gruppi protestanti, come i Morocole, e anche i musulmani.

 

La preghiera è stata presieduta dal nostro vescovo, Martino Luluga, e dal vescovo protestante, Oboma Allan. Si sono susseguiti discorsi e preghiere, e tutti hanno domandato al Signore di aver pietà del popolo acholi e di liberarlo dalle sofferenze presenti e da questa guerriglia. Stephen Okech, come presidente di questo nuovo movimento, prima che cominciasse la preghiera, ha fatto appello a tutti perche’ le differenze politiche e religiose siano dimenticate in uno sforzo comune per il ritorno del popolo acholi alla saggezza, alla normalità e alla prosperità di una volta. Ha richiamato anche i governanti ugandesi e sudanesi alla sincerità e alla trasparenza e li ha invitati a mettere in pratica il trattato di pace da poco firmato a Teheran, cosicché i due popoli possano ancora vivere in armonia. Stephen Okech ha anche ammonito gli Acholi che vivono fuori dall'Uganda perche’ smettano di farsi usare come strumenti di morte e  distruzione della loro stessa gente e ha fatto un appello a Kony perche’ non infligga altre sofferenze ai civili innocenti di questa terra.

 

La preghiera è stata molto bella, anche perchè non è degenerata in un’esibizione politica, e tutti hanno parlato di pentimento e di riconciliazione. La parte del leone l'hanno fatta i protestanti, perchè, da bravi oratori, sapevano denunciare i peccati che la tribù acholi aveva commesso contro il resto dell'Uganda, ma in modo tale da portare effettivamente la gente a riconoscere il male fatto e a chiedere perdono. Un pastore protestante di nome Justine Olwedo, in particolare, ha messo bene in evidenza le ragioni e le colpe che, secondo lui, hanno condotto il popolo acholi nella attuale situazione. Ha premesso che quanto si accingeva a dire era frutto di un’ispirazione, e che non poteva fare a meno di parlare, anche se alcune cose avrebbero potuto risultare forti e dolorose.

 

Inserisco il riassunto dei discorsi che hanno fatto. Sono in inglese perchè non ho avuto ancora il tempo di tradurli.

 

TEXTS OF THE INTRODUCTORY SPEECH AND SOME (summary) OF THE REFLECTIONS AND PRAYERS FOR PEACE DURING THE PRAYER FOR PEACE AND RECONCILIATION IN NORTHERN UGANDA ORGANISED BY THE GROUP ACHOLI FOR PEACE AND RECONCILIATION.

 

 

Gulu 3rd November 1996

 

Dear brothers and sisters who have come today for this celebration, and all the people of God in Uganda and all over the World who are united with us in prayer today: May the Peace of the Risen Lord be with you all!

 

I stand in front of you on behalf of the group who have organised this prayer, called Acholi for Peace and Reconciliation.

 

I speak for the Acholi who have suffered throughout these years, who have died because of violence and its consequences, and for those who may continue to die.

 

For all these years only few of us spoke about our situation. Many people have spoken for or against Acholi. Now time has come for us to share our feelings, our thoughts, our hopes and our faith with people of good will, Christians of different denominations, united to struggle for the most important gift of life, which is peace. Our being united today is already a big step on the way to peace.

 

Our strong belief and conviction is that violence will always generate violence, instead, love generates love. So our main strategy is non-violence, which is not passivity, selfishness and uncommitment, but, on the contrary, a strong challenge and a task of promoting the most important values of human life, namely, justice, truth, freedom and love.

 

We are neither blind nor indifferent to the situation around us.

We believe that we are children of God and that our duty is to respect and promote the dignity of each person and care for their needs.

 

Our God is a God of Justice and Love. We believe that His power  will help us uncover hidden malice and violence, especially that perpetrated against the poorest in society, those who are often denied their right to speak.

 

Against a very common belief that there is no space for truth in politics, we strongly affirm that only truth will make us free.

We believe that transparency in our own personal and communitarian life will radically change our society for the better.

 

We believe that freedom is a divine gift to all mankind conducive to human development. Only in respecting and accepting each other can we, human beings, develop all the gifts God has given us.

 

Justice, Truth and Freedom cannot exist without Love which, as St. Paul says, is the most important of all gifts. We strongly believe in the power of selfless love, love up to the extreme: Jesus taught us to love our enemies, love those who persecute us and bless them. We realise that this task is very demanding, but possible, though we are poor and weak human beings.

 

We acknowledge our sins and our responsibilities for the present situation, and we ask the Lord to accompany us on our journey of conversion.

 

We know we can find the resources in our rich culture, with its rites and wisdom especially in promoting peace and reconciliation. Yet, we believe that our main strength lays on our faith. You see how prayer has united us here today, people of different Christian denominations as real brothers and sisters. The Word of God helps us to share our richness and to appreciate each other's life, rights and gifts as God given. Prayer has been our strength throughout our struggles and sufferings. This, we believe, is already a big miracle of peace.

 

And united today we feel strong enough to cry out for the sufferings of the years gone by. Many of us have been killed, our youth abducted, orphans have been left helpless, we have lost our houses, properties and important values. As if it were not enough, we still continue to suffer violence in apparent isolation from the rest of the country.

 

If this is our past and present, we cannot but look at the future with fear. We do not know when and if our voice will be heard again, and so, today, we appeal to all people of God, to all people of good will all over the World, to join us in our non-violent struggle.

 

We strongly say in front of God and all men, that  we do not believe in war as a way of solving conflicts, and we neither  want nor support this war at all.

 

We still hope, ask, and implore that negotiations between Uganda and Sudan Governments be continued in a spirit of sincerity, in view of promoting good neighbourliness and permanent peace in the region, and we ask that international bodies be called to mediate for peace.

 

We also strongly appeal to our people of Acholi, wherever they may be, to stop being or allowing themselves to be used by others as instruments of violence in our districts.

 

May the Lord help us to carry our heavy cross. May the Lord console us in our desperation; and may the Lord bless all our efforts and good will.   

 

                                                     Acholi  for  Peace  and  Reconciliation

 

TESTIMONY OF MRS. MARY OCAN (translated from Lwo)

 

Dear children of God here gathered today for this very important prayer, I stand in front of you on behalf of all women of our district. We as women have a very important role to play in our homes and in our country. We take care of pour children since their conception into their birth and growth. We are the ones who teach them respect, obedience, humility, hope and faith so that they may do the works that please God. We keep them healthy and see for their education. That is why we should always tell them the truth and should condemn any wrongdoing of theirs.

If I am now to speak on the problems and sufferings that now affect us in our country, I should begin by explaining to you that I am one of those suffered mothers whose children have been kidnapped and taken to the bush by rebels. When I heard the sad news I felt so sad in my heart, the pain was just too big to bear. My child was still under treatment for a terrible cough.

I had put my hopes in that child of mine, and I love him very much.

I knelt down and prayed to God like this: "All powerful God, I place this child you gave to me into your hands".

After that prayer I felt as if my heart was set at peace, and I was assured that my child will one day return to me with God's help.

In my prayer I ask God for all those who are in the bush, I pray that God may enter in their hearts and change their life so that they may really do what God wants. I pray that they may return to their homes in peace.

 

Now I wish to speak to my fellow women, for we are called to bring peace in our homes and in our country. Each one of us must struggle to teach those at Home and outside that fighting does not bring peace. Instead sharing with others and praying to the same God and Master is what will eventually bring peace.

 

To our children in the bush I want to tell you that we mothers love you so much, even more than those children who are with us at Home, for we miss you a lot, we cannot get time to talk to you, and there is so much you could be doing to help us here. I beg you in the name of the Lord Our God, come back among us, come out of that terrible life you are living now. We your mothers still have a lot of trust in you, for you can begin a new life with the help of the prayers that we are constantly offering for you. I remind you of the beautiful parable of the prodigal son and his forgiving father. When the child came back his father welcomed him with great love (Luke 15:11-37)

We your parents do not make judgements on you. That is not our task. God is the only just judge (Luke 6:37-38), therefore come back without fear.

Praised be Our Lord Jesus Christ for ever and ever. AMEN

 

WITNESS OF PASTOR JUSTINE OLWEDO

 

This is a summary of the reflections of Pastor Justine Olwedo of the Pentecostal Church on the present situation in Acholi.

He affirms that these points have been shown to him by God as a private revelation.

Some of these points were collected during his talk at North View Hotel, Gulu, on 15 October 1996, and repeated, though in a shorter form during his speech at the Prayer for Peace in Northern Uganda that took place at Kaunda Grounds on 3rd November 1996.

 

There are a number of root causes of our insurgency situation in the North. God showed me 9 main causes of the curse that has fallen upon our land. I wish to show them so that we repent from them and gain again God's pardon and grace.

The first cause of our problems is Witchcraft and idol worship: The Holy Bible (Ex 20) tells us very clear that God is not pleased with witchcraft. He forbade his people from such practices. The same witchcraft is condemned in the book of the Acts of the Apostles. Yet we see that witchcraft practices are so common in our land, that even so called believers in Christ keep on consulting witch doctors and going to them for medicines. Christians keep offering sacrifices at Kilak, Labeja, etc. This is a great sin that angers God and that has brought a curse on our land.

The true religion came to our land with the missionaries who announced the Good News of Jesus to us. If we are faithful to Christ we cannot go back to our ancestral beliefs.

 

Second cause is BLOODSHED. Again the Bible (Genesis 4) condemns the hideous crime of manslaughter which took place at the very dawn of humanity, when Cain killed his own brother Abel. The blood of Abel cried out to God and he answered by cursing Cain. So with our tribe. We have also fallen into killing our own tribes men and people of other tribes without mercy. I still remember how a at Luwero the owner of a kraal was made to dig his own grave and was thereafter killed and buried there while all his property was stolen. My own brother who was a soldier went  from Gulu to Moroto and there he killed a leper  in cold blood. You who hear such things, don't you think that there is no curse to fall on those who have perpetrated such crimes. The consequences of the sins of murder that our tribesmen have committed necessarily affect all the members of our tribe. A curse is upon our tribe because we have committed a lot of atrocities in former times and even now.

 

The third cause of our situation is the spirit of revenge and unforgiveness which prevails among us. We are taught to revenge. We forget that God said that Revenge is his alone.

 

The fourth cause of our problems is the neglect of widows and orphans, the lack of concern for the poor and welcoming the strangers. The Bible is full of teachings about the importance of charity and concern for the poor ones in society. Yet we find that among us, though there are many good and welcoming people, yet often  people of this kind are neglected but sometimes they are purposely made to suffer.

Among many incidents I can mention the one of a boy who raped a leper woman in Gulu. We have also sinned a lot against strangers who used to live peacefully among us for a good while. The Headmistress of Sacred Heart was killed in their own compound just because she was a Madi. The same discrimination against other tribes has brought a lot of sufferings on people. That again is the cause of the curse that has fallen upon our tribe.

 

The fifth cause is Rebellion (JEMO) against God and against those in authority. The Bible says that all authority come from God and that we should respect that authority. The book of Exodus tells us of the curse that fell upon the people who murmured against Moses.

 

The sixth cause is Jealousy, envy and unforgiveness. These are common feelings that people seldom wish to uproot from their hearts, yet they are the cause of great confusion in our lives and prevent us from doing the will of God and to promote harmony among people.

 

The seventh is false promises. Our motto says "For God and my Country". Yet we see that our actions show something different. God is forgotten almost completely and the interests of the country and its people at large are not considered. Instead we see how individuals think of their own interests first...

 

The eighth cause is Hard-heartiness. The bible again says that people's hearts in the latter days will be hard (Lk10:13-15, Isaac 48) People are hard to believe the teachings of God and they refuse to convert. This is also bringing God's punishment.

 

The ninth sin of Acholi is Robbery, Looting, Stealing. Again the Bible says (Habbakuk, Zachariah 5:1-4) that God condemns stealing. A curse upon the one who lives on looted property. Those goods will stand as a witness against him/her.

We remember how our people welcomed our soldiers and people who went south and came back with lots of looted goods from our brothers in the south. I saw myself how people prospered overnight due to looting. Do you think that God can be happy about that. All these things are the cause of our problems now.

 

But God says in the psalm 50: If you repent from your sins and start a new life, your sins though may be red as crimson will become white as wool. God can remove this curse that is upon us if we only reject all those things of the past and start doing the things that God wants from us in Christ. Let us therefore ask his forgiveness and recommit ourselves to God.  2Chron 14:10 Come to our help, Lord Our God.

 

The Canon Opwonya summarised in a prayer for forgiveness the reflections put above. He also added that those killings perpetrated by  Ugandan Soldiers during the two World Wars are also adding to our curse. There is a monument in Gulu called World War II Memorial, in Pece. We should therefore ask God our forgiveness and we should reconcile ourselves with people of other tribes as well so that Peace may return.

 

Mr. Lutara reflected on Peace is a gift from God. It comes from Him to us if we repent from our sins.

 

 

Se i protestanti sanno parlare non posso dire che sappiano altrettanto pregare. Mi viene in mente quando Gesù raccomandava di non pregare come fanno i pagani che moltiplicano le parole e non la finiscono più...

 

Un altro reverendo anziano ha incominciato ad elencare le colpe degli Acholi incominciando da quando sono arrivati i primi missionari e continuando fino ai giorni nostri: mentre il comandamento del Signore e’ di non commettere adulterio, ora lo hanno cambiato predicando di usare il condom.

 

Anche i Musulmani hanno fatto una preghiera ad Allah citando due sure del Corano:

(Surah 1 Fathihah 1-7  e Surah 2 Al Bakra 155-157).

 Surah 1 Fathihah 1-7

1. Nel nome di Allah, il Benedicente, il Misericordioso.

2. Date lode ad Allah Signore dei mondi.

3. Il Benefico, il Misericordioso.

4. Padrone del giorno del giudizio.

5. Tu solo noi veneriamo, a Te solo domandiamo aiuto.

6. Mostraci il giusto sentiero.

7. Il sentiero di quelli che tu hai favorito; non il sentiero di quelli che meritano la tua ira e neanche di quelli che si perdono.

 Surah 2  Bakra 155-157

155. Sicuramente vi proveremo con la paura e con la  fame, con la perdita della vostra salute e della vostra vita e dei vostri raccolti. Ma siate ugualmente contenti e risoluti nel rendere lode a Lui.

156. Chi dice, quando la sfortuna lo colpisce: Noi siamo di Allah e a lui ritorneremo.

157. Questi saranno coloro che riceveranno benedizioni dal Signore a Misericordia. Questi saranno rettamente guidati.  

 

Hanno concluso dicendo che quello che stiamo passando non è altro che una prova mandata da Allah per mettere alla prova la nostra fedeltà, e ci premierà dandoci di nuovo la prosperità, se accettiamo con rassegnazione questa prova.

 

Non hanno aggiunto altro.

 

Il Master of Cerimony e l'organizzatore di tutto era il nostro Padre Ramon. A noi, su invito del Cardinale Wamala Arcivescovo di Kampala, si sono uniti nella preghiera e nel digiuno tutti i cristiani di Uganda. La preghiera, iniziata alle undici, è finita alle tre e mezza, dopo quasi cinque ore, ma non si è sentita la stanchezza, anche se eravamo tutti a digiuno.

 

Lunedì 4 Novembre 1996. E’ una bellissima giornata: ha piovuto quasi tutta notte, e l'aria e’ tersa. In novembre dovrebbe già essere incominciata la stagione secca e queste piogge che si protraggono sono fuori della norma. Anche se portano degli inconvenienti e forse anche qualche polmonite ai rifugiati che devono dormire bagnati, almeno aiutano a lavare i cortili dall'orina e dagli escrementi che purtroppo con tanta gente sono inevitabili. Spero che quando avrò completato la quarantina di gabinetti a perdere che sto costruendo anche questo problema, in parte, si risolva. Lavando l’aria, i temporali aiutano anche a frenare la propagazione della meningite, che ha già incominciato a fare le sue vittime. Speriamo che le autorità sanitarie procurino al piu’ presto i vaccini, perchè se scoppiasse un'epidemia con assembramenti di queste dimensioni la situazione diventerebbe tragica.

 

Oggi Uganda e Sudan dovrebbero firmare gli accordi per normalizzare i loro rapporti - tutt’altro che pacifici, da quando, verso la fine di aprile dell'anno scorso, hanno rotto le relazioni diplomatiche, ed e’ stata chiusa l'ambasciata sudanese a Kampala, accusata di aiutare i ribelli di Kony. L’accordo dovrebbe essere firmato a Teheran, alla presenza del presidente iraniano Rafsanjani.

 

Sempre oggi, ho saputo che i nostri soldati sono entrati in Sudan a caccia dei ribelli di Kony. Non so se questo sia stato fatto col permesso di Khartoum o se si tratti di una vera e propria provocazione perchè il Sudan dichiari guerra all'Uganda. Quel che e’ certo e’ che anche l'Eritrea è sconfinata in Sudan con truppe e carriarmati.

 

Anche nel 1986, mentre Tito Okello e Museveni firmavano i trattati di pace a Nairobi,  gli uomini di Museveni approfittarono del cessate il fuoco per prendere Kampala e il potere. Speriamo che la preghiera e il digiuno che abbiamo fatto ieri ci ottengano il miracolo della pace e che i trattati firmati oggi siano sinceri.

 

Brown, che è diventato il capo-operazioni qui a Lacor, mi ha detto che questa sera ha fatto venire un Mamba per sicurezza, perchè ha sentito dai suoi informatori che i ribelli puntano ad effettuare rapimenti nei luoghi in cui la gente si rifugia per la notte. L'ospedale e tutte le nostre istituzioni sono quindi possibili obiettivi. Altre autoblindo pattugliano la strada del seminario e quella di Laiby.

 

Oggi ci sono stati i funerali di Suor Rina, una santa suora delle Immacolate Sister. Aveva un cancro al seno ed è morta dopo due anni di malattia sopportata con rassegnazione e senza mai lamentarsi. Aveva sessantacinque anni. Ha presieduto il funerale il Vescovo stesso, perchè venivano dallo stesso villaggio di Ladonga, dove abbiamo la nostra missione, e dove Padre Sartori, alla fine degli anni quaranta, ha costruito la basilica dedicata alla Madonna mediatrice di tutte le grazie e sultana d'Africa. Il vescovo ha raccontato che suor Rina, dopo essere diventata maestra, ha deciso di farsi suora, ma sua mamma, donna molto energica, non ne voleva sapere. La ragazza allora scappo’ di casa e si rifugio’ dalle suore comboniane.  La mamma non si arrese, e denuncio’ le suore per aver stregato sua figlia e le accuso’ di tenerla prigioniera nella loro casa. La Corte diede ragione alla ragazza perchè – secondo la sentenza del giudice inglese - a ventun’anni questa era in grado di decidere autonomamente.

 

Suor Rina - testimoniavano le sue consorelle - è stata sempre esemplare in tutto e ha dedicato la sua vita all'educazione della gioventù. Aveva sempre il sorriso sulle labbra anche quando era sopraffatta dal dolore.   

 

Mercoledì 6 Novembre 1996 Ieri la giornata è passata tranquilla, anche se si e’ saputo che i ribelli hanno bruciato le capanne a Kandini nella zona dei Lango, sulla strada di Kampala, vicino al ponte sul Nilo. Sono arrivati verso le sei e mezza del mattino, quando era già chiaro, e hanno dato fuoco alle capanne di paglia. I militari del vicino accampamento sono scappati, e lo stesso hanno fatto i poliziotti incaricati di proteggere il piccolo centro. I ribelli si sono poi ritirati senza fare altri danni ne’ saccheggiare le botteghe.

 

Questa sera abbiamo assistito a qualcosa che sembrava uno spettacolo di fuochi di artificio. Dalle caserme sparavano dei bengala che illuminavano tutta la zona, e poi altri razzi, anch'essi luminosi, nella stessa direzione, come se volessero simulare un attacco notturno. Lo spettacolo è durato quasi un'ora. Qualcuno ha detto che si festeggiava la vittoria di Clinton.

 

Giovedì 7 Novembre 1996 I fuochi di artificio di ieri non erano propriamente esercitazioni - come pensavamo noi - ma una vera battaglia notturna, con l'ausilio di razzi traccianti. Un grosso gruppo di ribelli stava passando nella zona di Keyo, poco distante da noi.

 

Anche a Cwero i ribelli hanno bruciato molte case e fatto almeno una decina di vittime. Una donna arrivata dal luogo del massacro mi ha detto che suo figlio si è salvato perchè ha chiesto ai ribelli di permettergli, prima di ucciderlo, di pregare e mettersi a posto l'anima. I ribelli hanno accettato; fortunatamente, nel frattempo, hanno sentito i colpi sparati dall'esercito in arrivo e sono scappati senza  ucciderlo. La stessa donna mi diceva che tra i ribelli c'erano alcuni con dei tatuaggi tipici delle tribù del Sudan e altri vestiti come gli arabi, con la giarabia.

 

Da Opit, questa sera, Padre Ponziano ci diceva che avevano ricoverato in dispensario una decina di giovani feriti, a cui i ribelli avevano tagliato un piede, e che domani cerchera’ di portali qui a Lacor.

 

Un gruppo di notabili di Gulu oggi ha voluto spiegazioni su quello che i militari vanno dicendo in giro per le scuole, allarmando la gente. Hanno chiesto a Salim Saleh se la situazione sia veramente così critica come la si descrive - che tutti, cioe’, devono prepararsi i propri rifugi anti aerei e munirsi di tappi di cotone per orecchie e naso; e se non convenga - stando cosi’ le cose - far evacuare tutti i funzionari governativi che non siano acholi e tutta l'altra gente in pericolo. Sembra che Salim Saleh abbia negato di aver diffuso allarmi del genere, ma l'esito dell’incontro non e’ ancora noto.

 

Il numero di persone entrate in ospedale per la notte era cinquemila trecentocinquanta. Credo che il calo sia dovuto al lungo temporale che ieri sera ha impedito alla gente di raggiungere l’ospedale. Intanto io sono preso dalla preparazione di nuove tende e dalla costruzione di una quarantina almeno di gabinetti di emergenza. Fare i lavori in questo periodo non è facile perchè materiali da costruzione come mattoni, sabbia, e sassi non si trovano più nei dintorni, e lontano non è prudente andare.

 

Oggi è arrivato da Kocioa, con l'aereo, Padre Matevi, ancora con una tremenda malaria resistente. La sua comunità dorme ancora in capanne di paglia e non usa neanche le zanzariere; nessuna meraviglia, quindi, se ogni quindici giorni prende la malaria. E' arrivato più morto che vivo, molto disidratato e con trentanove di febbre. Anche questa volta gli hanno dato la medicina cinese.     

 

Venerdì 8 Novembre 1996. Alle quattro del pomeriggio, con la macchina della missione, hanno portato da Opit quattro degli uomini a cui i ribelli avevano tagliato un piede. Hanno raccontato che erano in un villaggio chiamato Latin Onyee, nella zona di Lalogi, seduti a discutere e a bere, quando sono stati circondati da un gruppo di ribelli che, in un primo tempo, avevano scambiato per governativi. I ribelli hanno individuato i proprietari delle biciclette e, portatili sulla strada principale, hanno tagliato loro un piede ciascuno, con una scure; dicevano di aver vietato di viaggiare in macchina e in bicicletta, e che tutti coloro che non rispetteranno i loro ordini faranno la stessa fine. Gli esecutori erano ragazzi di quattordici o quindici anni.

 

Padre Ponziano ci ha fatto sapere che la macchina che ha portato i feriti è ritornata a Opit senza problemi. Degli altri cinque che hanno avuto tagliato il piede non si sa niente e si pensa che siano morti dissanguati.

 

Padre Mattevi è sfebbrato, ma stenta a bere e non ha  ancora voglia di mangiare.

 

Sabato 9 Novembre 1996 Oggi ci ha fatto visita il Colonnello Kazini, che accompagnava una troupe televisiva norvegese che intendeva effettuare delle riprese sulle vittime delle mine e delle amputazioni. Durante il giro per i reparti, un soldato, con una brutta frattura al braccio, che avrebbe dovuto essere operato in questi giorni, ha osato lamentarsi con Kazini per il fatto che i soldati ricoverati in ospedale vengono dimenticati e che non hanno neanche i soldi per comperarsi il sapone. Kazini, senza neanche discutere, e di fronte alla troupe, ha dato ordine di arrestarlo e portarlo alle baracche. A nulla sono valse le proteste del Dr. Matthew. Il poveretto è stato caricato su una camionetta e portato alle baracche.

 

Anche Brown mi ha mandato a dire che ha ricevuto improvvisamente l'ordine di lasciare l'ospedale di Lacor e di raggiungere un'altra unità, sempre a causa delle lamentele dei ricoverati per la mancanza di sapone. Brown si sarebbe discolpato dicendo che non stava a lui comprare il sapone se non gli venivano dati i soldi necessari.

 

Da gente ben informata ho saputo che questo Kazini si droga, che ha spesso crisi isteriche e che il più delle volte prende decisioni avventate. Un tipo del genere è molto pericoloso.

 

Questa sera in città i militari requisivano i camion, per trasportare truppe verso la frontiera del Sudan. Anche il camion di Laiby era stato preso, ma poi fratel Bepi è riuscito a riaverlo.

 

Padre Matevi sta già meglio ed ha incominciato a prendere qualche cucchiaio di brodo, ma è ancora disidratato.

 

Domenica 10 Novembre 1996 Hanno portato da Aber Padre Bruno quasi in coma. Ha ancora una brutta malaria. Padre Andres, che lo ha accompagnato, ha raccontato che la notte scorsa Padre Bruno aveva perso i sensi. Pensavano che morisse da un momento all’altro e gli hanno somministrato i sacramenti. Qui, dopo il test per la malaria, risultato positivo, il Dr. Matthew gli ha fatto una flebo di due litri di soluzione organica e gli ha dato la medicina cinese. Sta già meglio.

 

Ore 8.30 PM I militari hanno appena portato dieci feriti. Venivano da Kitgum  e sembra siano stati feriti al confine col Sudan, nella zona di Palabek. Il Dr. Bonini e il Dr. Martin sono in sala operatoria e ne avranno per parecchio tempo, perchè cinque dei feriti sono gravi: uno ha la parte sinistra del corpo paralizzata per una pallottola che gli ha sfiorato il cervello, due sono stati colpiti al torace e altri due all'addome. Gli altri sono stati feriti agli arti e si puo’ aspettare domani per operarli.

 

Il fatto è capitato ancora venerdì, quando almeno duecento nuovi ribelli sono entrati dal Sudan. Pare che questi siano bene armati e vogliano portare rinforzi e munizioni ai ribelli rimasti nella nostra zona di Gulu.

 

Lunedì 11 Novembre 1996 Questa mattina ho assistito all'esodo della gente. Per una buona mezz'ora una fiumana ininterrotta di persone usciva dal cancello con i propri miseri fagotti in testa. Le mamme fanno veramente compassione,  con un bambino in braccio, uno legato sulla schiena e uno tenuto per mano; e, in più, un fagotto e una stuoia di papiro in testa. E' una cosa impressionante: non accenna a diminuire e non si ha idea di quanto debba durare.

 

Il pilota di un Antonov polacco, atterrato ieri sera a Gulu per portare non so cosa, è venuto in ospedale per caricare le batterie del suo aereo, che altrimenti non sarebbe potuto ripartire. Le caserme infatti non hanno neanche un carica-batterie.

 

Il giornale di oggi dice che gli Stati Uniti hanno promesso all'Uganda equipaggiamento militare del valore di 20 milioni di dollari per far fronte all'invasione islamica sudanese. Oltre all'Uganda gli Stati Uniti aiuteranno, per la stessa ragione, anche Etiopia ed Eritrea. Sullo stesso giornale era scritto che l'Uganda nega di aver firmato gli accordi di pace a Teheran.

 

Secondo il pilota polacco, l'esercito Ugandese avrebbe armi adatte a respingere qualsiasi attacco aereo dal Sudan.

 

Domani su tutto il territorio Ugandese incominceranno gli esami di settima elementare. Speriamo che i ribelli non disturbino.

 

Questo pomeriggio, all'una e mezza, tra Boby e Palenga, hanno sparato a un bus proveniente da Kampala. Non ci sono stati nè morti nè feriti, perchè l’autista ha proseguito veloce. Solo la carrozzeria è stata bucata in varie parti. Sul bus c'era anche un nostro tirocinante, Michael, che, quando, mesi fa, hanno incominciato a sparare, non se l’e’ sentita di rimanere da noi ed è andato a completare il tirocinio a Mulago. Veniva a Gulu per avere il certificato del periodo passato a Lacor. Ha raccontato di essersi buttato subito a terra sotto il sedile, con le pallottole che fischiavano sopra di lui. Un ribelle si è piazzato in mezzo alla strada, puntando un RPG contro il mezzo, ma l’autista gli si è diretto contro, facendolo scappare. Poche centinaia di metri prima avevano incontrato una pattuglia di soldati governativi, e c’erano quindi molti dubbi su chi avesse realmente effettuato l’imboscata.

 

Il dr. Corrado Bruno era passato da quello stesso posto, verso le 12.30 PM, diretto a Kampala.

 

Martedì 12 Novembre 1996. Alle tre del pomeriggio, sempre nella zona di Boby e Palenga, hanno bruciato un camioncino proveniente da Kampala, pieno di roba. L’autista si è accorto in tempo della presenza dei ribelli, e così i passeggeri hanno fatto in tempo ad abbandonare roba e camion e a scappare. I ribelli hanno ripulito il camion e poi l'hanno bruciato. Non ci sono state vittime. Le nostre suore di Lira e Padre Pisoni erano passati verso mezzogiorno in quello stesso punto, diretti a Gulu. Un giorno o l'altro avremo da aggiungere alla lista dei martiri comboniani qualche altro nome. Morire martire è una grazia speciale che Dio  concede a chi vuole, non a chi la merita.

 

Abbiamo saputo che si sta combattendo nella zona di Awac. Questo significa che le nuove truppe entrate dal Sudan sono riuscite a passare il Fiume Achwa e sono già nella nostra zona, a dispetto delle dichiarazioni di Salim Saleh e di Kazini.

 

Mercoledì 13 Novembre 1996, ore 1.00 PM.  Cominciano ad arrivare i  feriti della battaglia di ieri avvenuta ad Awac. Un soldato è morto subito dopo il suo arrivo in ospedale. Una donna, ferita con due dei suoi bambini, mi ha raccontato che ieri, verso le sei del pomeriggio, ribelli e governativi si sono incontrati quasi per caso ed e’ scoppiata la battaglia. Lei si e’ nascosta nell'erba alta, coi bambini. Presa tra due fuochi, e’ rimasta ferita; anche il figlio piu’ piccolo e’ stato colpito. Sono rimasti nascosti tutta la notte. La mattina, durante un rastrellamento, i militari li hanno trovati. Li hanno scambiati per ribelli e hanno sparato, colpendo il bambino più grande alle gambe e a un braccio. Accortisi dell’errore, hanno soccorso lei e i bambini, trasportandoli alle baracche di Gulu con l'elicottero. Sullo stesso elicottero - secondo la donna - c'erano almeno undici corpi di soldati  morti, mentre molti altri erano feriti. Al nostro ospedale hanno portato solo quel soldato che poi è morto e la donna coi due suoi bambini.

 

Pare che, di due carriarmati che si dirigevano verso Awac, uno sia saltato su una mina, mentre l'altro sarebbe caduto nel fiume Unyama.

 

Dopo i due incidenti di ieri e avantieri sulla strada per Kampala, oggi sono ripresi i convogli.

 

Le persone venute a dormire in ospedale sono calate di numero: quattromila novecento ottanta. Forse, per la relativa calma di questa ultima settimana.

 

Non sappiamo come andra’ a finire con i nuovi entrati dal Sudan, che sembrano ben forniti anche di mine.

 

Domani porterò Fratel Bazzanella e Padre Matevi a Kampala. Partiranno per l'Italia, e per Fratel Bazzanella vedranno se si possa fare qualcosa in più per la paralisi, il mal di stomaco e la continua stanchezza. 

 

Domenica 17 novembre 1996 Oggi sono ritornato da Kampala, e la capitale mi ha dato l'impressione di una città in pieno sviluppo, con tantissime costruzioni nuove e tante altre in fase di ristrutturazione. C’e’ un gran numero di negozi e di supermercati nuovi, forniti di tutto. Molte industrie automobilistiche, come Toyota, Volvo, Mercedes e tante altre, stanno aprendo le loro filiali. E' una città lontana mille miglia dai nostri problemi, dalla nostra tragedia e dall'olocausto del nostro popolo acholi. La guerra del Nord non la sfiora minimamente. Neanche all'estero se ne parla mai. Secondo Padre Agostoni, la ragione di questa contraddizione va cercata nel fatto che la Banca Mondiale vuole che, in Africa, Uganda e Ghana appaiano come esempi di sviluppo, prosperità e stabilità economica, capaci di richiamare capitali dall'estero per investimenti sicuri.

 

Venerdì scorso, all'aeroporto di Entebbe, quando ho portato Fratel Bazzanella, che partiva per l'Italia, ho visto un gruppo di militari americani. Si dice che siano venuti a studiare la possibilità di un intervento umanitario in favore degli hutu in fuga o intrappolati nello Zaire. La verita’ e’ che le grandi potenze si sono già divise la regione dei Grandi Laghi e lo Zaire con le sue miniere ricche di oro e di diamanti, usando come pretesto il dramma di hutu e tutsi e cercando camuffare l’intervento da missione umanitaria.

         

Mercoledì scorso è ritornato dall'Italia anche il dr. Piero e ci ha portato le castagne come usava sempre fare la Lucille quando rientrava in autunno.  Qui in ospedale non ho trovato novità da segnalare. Nei dintorni dell'ospedale non è successo niente di nuovo. La gente che viene qui a dormire è diminuita, ma si tratta sempre di oltre quattromila persone.

 

A Kampala mi hanno raccontato la storia dell'agguato avvenuto sulla strada del parco, vicino a Pakwac, in cui il 16 ottobre è rimasto ucciso con altre diciannove persone il direttore della Scuola Magistrale di Ladonga, papà della nostra allieva infermiera Pasca. All'agguato e’ riuscito a sfuggire un poliziotto della stazione di polizia di Pakwac. Pochi giorni dopo, mentre era al mercato di Pakwac, ha riconosciuto un tale vestito da militare che era nel gruppo che ha effettuato l'agguato. Poliziotti e militari hanno arrestato l’uomo e l’hanno costretto a parlare. Ha confessato che il colpo era stato organizzato da alcuni militari delle caserme di Pakwac, e che si erano divisi il bottino (nelle sole caserme sono effettivamente riusciti a ricuperare ancora sette milioni e ottocentomila scellini). Avrebbe confessato anche che hanno ucciso quelle diciannove persone perchè erano stati riconosciuti e non volevano lasciare testimoni. I giornali non hanno mai parlato di questo fatto e nessuno sa cosa sia avvenuto dei militari coinvolti nella faccenda.  

 

 Martedì 19 novembre 1996  Le persone venute a dormire in ospedale sono state quattromila trecentottanta. Il numero sta diminuendo perchè i ribelli sono lontani da noi e anche perchè da una settimana non piove e tutti -specialmente gli uomini - preferiscono trovarsi un nascondiglio vicino a casa piuttosto che dormire in ospedale pigiati come sardine.

 

Ad Anagura, sulla strada di Kitgum, vicino ad Attanga, a 45 Km. da Kitgum, venerdì scorso c'e' stata una violenta battaglia, in cui almeno settanta soldati sarebbero rimasti uccisi. Anche i ribelli hanno subito delle perdite: i morti sarebbero stati sedici. L'agguato sarebbe stato fatto dai cinquecento ribelli entrati di recente dal Sudan e capeggiati da un certo George Omona, che sembra avere preso il posto di quel macellaio di Otti Lagony, rimasto ferito tempo fa in uno scontro. Non ho ancora i particolari.

 

Questa sera hanno portato altri undici soldati feriti. Vengono da Koc Goma; verso mezzogiorno sono stati assaliti mentre inseguivano un gruppo di ribelli che venerdi' scorso aveva rapito alcuni studenti in una scuola tecnica di Acaba, nel distretto di Apac. Sembra che quasi tutti gli studenti durante la sparatoria siano riusciti a scappare. Il prof. Bonini ha detto che solo un paio dei feriti erano da operare subito; gli altri potevano aspettare domani. Uno era stato colpito di striscio alla fronte: la pallottola aveva prodotto un profondo solco, fratturandogli la scatola cranica, ma senza ledere il cervello. Un altro era stato colpito di striscio al torace, senza conseguenze, però, per cuore e polmoni. Altri ventuno feriti sarebbero stati curati nelle baracche e solo uno sarebbe morto.

 

Padre Pifer ci informa che la notte scorsa hanno attaccato il centro di Anaka e la gente ora dorme tutta all'aperto, nell'erba.

 

Mercoledì 20 Novembre 1996 Oggi è arrivato Padre Ponziano, da Opit, con suor Dorothy, del dispensario.

 

Padre Paolo dice che i ribelli sono molto vicini alla missione. La gente è piena di paura e gremisce la chiesa e le altre sale della parrocchia: in tutto, mille ottocento persone. Gli sono arrivati anche alcuni con le gambe maciullate, ma non c'erano mezzi per portarli da noi in ospedale, dato che la macchina l'ha presa Padre Ponziano, oggi ancora a Gulu.

 

Da Awac è arrivato un uomo piuttosto anziano cui i ribelli hanno tagliato una gamba per averlo sorpreso in bicicletta. Lui stesso mi ha raccontato il fatto. I ribelli lo hanno preso e hanno obbligato una donna, che si trovava in un campo vicino, minacciando di ucciderla, a strappare a morsi la gamba di questo disgraziato. Essendo inutili i tentativi della donna, le hanno dato in mano una scure, con cui ha dovuto completare il lavoro.

 

Anche i militari ci hanno portato un ferito, da Kitgum, cui si e' dovuta amputare una gamba. L'arto era in pessime condizioni da tre giorni e già puzzava.

 

Bonini mi ha raccontato che un soldato, suo paziente, a cui aveva dovuto costruire un ano artificiale temporaneo, quando gia' cominciava a star meglio, una notte, fuori di se', si è messo a urlare dicendo che non poteva andare avanti così e se l'è strappato, provocando un'emorragia che l'ha fatto morire in pochi minuti.

 

Giovedì 21 Novembre 1996 Sono rimasto meravigliato questa mattina a vedere tutte le quattro sale operatorie in funzione.  Mi avevano chiamato per aggiustare una autoclave. Stava operando anche il nostro chirurgo maxilofacciale Komakec: aggiustava le mascelle a pezzi dei militari feriti arrivati l'altro ieri.

 

I militari oggi hanno portato ancora un ferito; una pallottola gli ha squarciato completamente la pancia, e aveva le budella di fuori, sebbene illese. Anche questo era in giro da tre giorni e veniva da Kitgum.

 

Padre Ponziano è ritornato alla sua missione, ma appena arrivato a Opit e' dovuto ripartire subito e ci ha portato i quattro che erano stati feriti a Lalogi l'altro ieri. Tre uomini sono stati pestati di santa ragione dai ribelli, mentre una povera donna incinta di sei mesi e madre di sei figli è saltata su una mina rimettendoci  una gamba - e l'altra non sanno ancora se riusciranno a salvargliela. Pare che i ribelli, che hanno attaccato anche il distaccamento militare, siano gli stessi  che venerdì scorso avevano attaccato Anagura. Nello scontro di Lalogi sono morti nove ribelli e altri sono rimasti feriti - tra questi, anche il loro capo, Omona.

 

La donna è messa male e la sua gamba sta andando in cancrena.

 

Padre Ponziano ha detto che i ribelli questa mattina hanno ripulito le botteghe del centro di Opit; i militari, a poche centinaia di metri da li', non si sono neanche scomposti. 

 

Il New Vision di oggi dice che le ragazze sequestrate dai ribelli la notte del 10  Ottobre dal collegio delle nostre suore di Aboke sono ancora in Uganda, nascoste in qualche loro campo. Dicono che il piano è di portarle in Sudan da Kony, ma che non ci sono ancora riusciti. Mentre di solito i vari comandanti si contendono come mogli le ragazze rapite, queste di Aboke vengono trattate in modo speciale e non vengono toccate, perché considerate proprietà di Joseph Kony. Una ragazza che è riuscita a scappare raccontava che i ribelli dicono che una volta arrivati al potere, a Kampala, metteranno da parte tutte queste mogli e sposeranno altre donne.

 

Il giornale riportava anche un'intervista col Chief of Staff, Brigadiere Chefe Ali, che è stato comandante delle baracche di Gulu per quattro anni. Alla domanda sul perche' Museveni non riuscisse a concludere la guerra qui tra gli Acholi ha risposto che la colpa era da dare alla scarsa organizzazione delle truppe e, in particolare, ai soldati che non eseguivano gli ordini dei loro comandanti. Richiesto poi di un commento sulle accuse che certuni fanno - ossia del piano segreto del Governo di eliminare gli Acholi, ritenuti possibili rivali del potere -, Chefe Ali si è offeso e scaldato, negando nel modo più assoluto l'esistenza di un piano del genere e di un odio da parte dell'esercito nei confronti degli Acholi. Ha detto che loro vogliono solo un Uganda migliore, in cui tutti si sentano come fratelli. Ha aggiunto che tra le cause della mancata conclusione della guerriglia ci sono le difficolta' logistiche che incontrano gli stessi amministratori civili acholi per via del territorio vasto e scarsamente abitato e della completa mancanza di strade. Tuttavia - ha concluso - con la riorganizzazione dell'esercito in atto e la presenza di ufficiali esperti come il presidente Museveni e il Maj. General Salim Saleh la fine della guerra tra gli acholi dovrebbe essere a portata di mano.

 

Venerdì 22 Novembre 1996 Oggi anche Padre Bruno, ormai guarito e ristabilito dalla sua malaria, è ritornato alla missione di Aber. Presto pero' partirà per l' Italia per subire un'operazione alla prostata.

 

Questa sera mi sento addosso la malaria. La luna è quasi piena e la notte è molto chiara. Penso che da febbraio questo e' il primo periodo di luna piena senza spari, attacchi o incendi di capanne. I ribelli sono lontani da noi e forse non hanno ricevuto i rifornimenti dal Sudan. E' un pezzo che non si sente parlare di Lagony Otti. Forse è veramente ferito, e il suo gruppo che agiva nel nostro territorio si è disperso. Forse il Sudan, con lo scoppio della guerra in Zaire, e' stato distratto e' ha preferito mandare armi e uomini da quelle parti. Forse la preghiera e il digiuno per la pace del 3 novembre stanno portando i loro frutti. Fatto sta che Gulu e dintorni da un mese sono in pace.

 

Sabato 23 Novembre 1996   Oggi mi sono arrivate da Lira le orfanelle cieche che studiano alla scuola per ciechi tenuta dalle suore Mary Immacolate. Mi hanno detto che per paura dei ribelli la scuola e' stata chiusa prima del tempo. Sembra che in questi tempi i ribelli di Kony preferiscano disturbare la tribù Lango. Forse perchè si sono accorti che continuando a compiere misfatti e massacri tra gli acholi - nella propria terra, tra la propria gente - non riescono ad avere l'opinione pubblica dalla loro parte, e convincono sempre più il resto dell'Uganda della pazzia di Kony e dei suoi seguaci e del fatto che questa faccenda vada giudicata come un affare privato degli acholi.

 

La malaria forse mi è passata. La notte scorsa avevo 38 di febbre e non ho dormito neanche un po'. L'ho curata con la clorochina.

 

Padre Pifer, da Anaka, dice che la gente, quando si avvicina la sera, vive nell'angoscia e nel terrore. Ci informa che questa mattina, vicino a Koc Goma, i ribelli hanno fatto una strage. Una ottantina di soldati in pattuglia sono stati colti di sorpresa in un agguato e fatti fuori tutti, eccetto di due che sono riusciti a scappare.

 

Domenica 24 Novembre, Festa di Cristo Re. Suor Manfreda, questa mattina, mentre si apprestava ad accendere il fuoco per fare la colazione, ha notato vicino alla stufa a legna una bomba a mano. Spaventatissima, mi ha mandato subito a chiamare. Si trattava di una bomba a mano con manico di legno, come quelle usate dai tedeschi nell'ultima guerra mondiale, dimenticata o persa da un poliziotto di guardia, che invece della guardia era andato a cercarsi un posticino dove dormire in pace al calduccio della stufa. Ho fatto chiamare subito il loro capo raccomandandogli di ammonire severamente i suoi poliziotti, perchè con tutti i bambini rifugiati che dormono in ogni buco e sotto le nostre tettoie giocattoli di questo genere possono diventare fatali.

 

Oggi a mezzogiorno hanno portato su, dalla missione di Aber, Padre Andres, giovane prete comboniano messicano. Da una settimana ha la febbre alta, anche se ha fatto il trattamento contro la malaria. Forse si tratta di una forma resistente, e avrà bisogno anche lui della medicina cinese. Dopo il consulto medico del dottor Corti e del professor Bonini la diagnosi era di sospetta appendicite acuta, ma dopo una ecografia hanno scoperto che si trattava di un ascesso al fegato, causato dall'ameba, che si prende normalmente mangiando verdure crude non lavate a dovere - con l'amuchina, possibilmente.

 

Lunedì 25 Novembre 1996 Oggi c'era a Gulu anche Kagame presidente del Rwanda. Anni fa era a Gulu come capo dei servizi segreti dell'esercito. L'elicottero militare, con grosse bombe sui fianchi, ha continuato a girare nelle vicinanze dell'ospedale. Secondo alcuni il motivo e' che i ribelli sono vicini; secondo altri erano in corso rilevamenti fotografici. Io credo invece che Museveni abbia portato in giro Kagame per fargli rivedere dopo qualche anno posti familiari. Comunque sia, il risultato e' che stasera la quanita' di persone entrate a dormire è sensibilmente aumentata.

 

Padre Andres comincia a stare meglio dopo aver incominciato il trattamento contro l'ameba con il Flagil.

 

Martedì 26 novembre 1996 Oggi abbiamo avuto la visita del British High Commissioner in Uganda, Edward Clay, con sua moglie Anne. Il dr. Corti, il dr. Matthew e il dr. Corrado l'hanno accompagnato a visitare l'ospedale e le vittime della guerriglia, sfigurate dalle mine e dai sistemi di punizione usati dai ribelli. E' venuto a Gulu come Guest of Honor, per la celebrazione della festa di Cristo Re, a cui è dedicato il Collegio Magistrale delle suore Mary Immacolate. Durante il suo discorso, davanti a una gran folla, ha avuto parole di fuoco per i ribelli di Kony, specialmente la pratica di sequestrare le ragazze e l'uso indiscriminato delle mine antiuomo. Tutte cose - ha aggiunto - che sono conto i diritti umani.   Ha anche approfittato per far conoscere l'impegno che la Gran Bretagna mantiene con l'Uganda riguardo agli aiuti in vari campi - inclusa l'istruzione scolastica. A Gulu ha incontrato anche Museveni e il vice presidente del Rwanda, Paul Kagame. Lasciando l'ospedale, ci ha lasciato un assegno di sette mila dollari come contributo per la costruzione di case per le nostre caposala. Meglio che niente, anche se aspettavamo qualcosa in più.

 

Padre Varesco, da Aber, mentre mi chiedeva delle condizioni di Padre Andres, ci ha comunicato che la notte scorsa i ribelli hanno attaccato l'ospedale della missione ed hanno ucciso un poliziotto di guardia che era li' di guardia. Tutta la gente - compreso Padre Varesco - si è rifugiata a dormire all'aperto, nell'erba.

 

Mercoledì 27 Novembre 1996 Stanotte, alle due e un quarto, siamo stati svegliati da forti colpi sparati appena fuori dall'ospedale. Erano i ribelli e sono arrivati fino al mercato dove c'è un club di bevitori. Un bambino di neanche due anni è stato ferito all'addome da una pallottola passata attraverso i muri della capanna in cui dormiva con la madre. Portato solo alle sei di questa mattina in ospedale (benche' questo disti poche centinaia di metri dalla capanna), è morto subito dopo il suo arrivo.

 

Un colpo di mortaio è cascato vicino alla cappella delle nostre suore, a dieci centimetri dal marciapiede della veranda. Ai primi colpi le suore si sono radunate in chiesa a pregare. Il colpo di mortaio si è piantato nel terreno senza esplodere. Se fosse scoppiato avrebbe potuto rompere i vetri della cappella e senz'altro ferire le suore. Per me sono veri miracoli, dovuti alla protezione della Madonna, che tutte le sere la gente rifugiata prega col rosario, e anche di Lucille, che riposa nella tomba a una decina di metri di distanza.

 

Un altro ragazzo è stato ucciso a Kati Kati. I ribelli sono piombati nella sua capanna e, dopo averlo fatto uscire, volevano obbligarlo ad uccidere sua madre. Ha risposto che preferiva morire lui. Allora lo hanno preso, gli hanno legato le mani dietro la schiena e gli hanno sparato un colpo in fronte. Era uno studente di Senior 3 - corrispondente al nostro primo liceo.

 

Stavano anche per saccheggiare una bottega che vende medicine, ma l'intervento tempestivo di un'autoblindo e di un carroarmato giunti quasi subito dalle baracche ha disperso i ribelli e impedito che facessero altri guai.

 

Autoblindo e carroarmato non venivano a salvare noi ma andavano a recuperare un mezzo blindato, proveniente da Atiak, che ieri sera aveva scortato un convoglio di cibo per i rifugiati Sudanesi; arrivato però a Seven Corner, a cinque chilometri da noi, è saltato su una mina. Stamattina ho visto il mezzo recuperato dal carro-attrezzi militare, e da come era conciato dubito che i suoi passeggeri si siano salvati.

 

Dopo quasi un mese di relativa pace alcuni - specialmente uomini - avevano ricominciato a dormire nei propri villaggi. Dopo questo incidente, questa sera, avremo ancora il pienone, come nelle settimane scorse. 

 

Alcune persone sostengono che ieri e' stata recapitata ai nostri militari una lettera trovata vicino al Seminario Nazionale di Alokolum. Era dei ribelli, e c'era scritto che sarebbero appunto venuti all'ospedale e che i militari li stessero ad aspettare. I militari si sono messi a ridere e hanno deriso i latori della lettera. Intanto, pero', oggi hanno fatto fagotto e se ne sono andati, lasciando qui solo quarantacinque poliziotti pieni di paura. Si sono portati via anche un Tenente Colonello ancora ricoverato nel reparto di rianimazione: gli era scoppiata tra le mani una bomba lanciatagli dai ribelli, mentre cercava di repingerla. E' rimasto cieco e ha la testa piena di schegge e le mani gravemente ferite.

 

Non so perche' se ne siano andati. Spero solo che non vogliano lasciarci alla merce' dei ribelli.  Non ci resta che confidare nella  protezione della Madonna.

 

A mezzogiorno, a Seven Corner, è saltato su una mina un camioncino che andava a Pabo. Fortunatamente non ci sono state vittime, perché la mina era una di quelle di piccola potenza.

 

 Ho sentito dire che oggi altri quattro gruppi di ribelli sono entrati nel distretto di Gulu attraversando il fiume Aswa a Poranga. Avrebbero fatto sapere che due gruppi andranno a disturbare la tribù Lango, mentre altri due attaccheranno Gulu (attualmente a corto di soldati, mandati al Sud per contenere o attaccare l'esercito zairese). Quelli della tribù Lango hanno già cominciato a mandare via gli acholi dal loro territorio. Speriamo si limitino a questo e non facciano come gli hutu con i tutsi, in Rwanda. Padre Paolo, ad Opit, e Padre Tarcisio, a Pajule, non sanno dire niente al riguardo.

 

Giovedì 28 Novembre 1996 Come previsto, questa mattina il numero di persone entrate ieri sera a dormire in ospedale era cresciuto: ammontava a seimila duecento unita'. Il Presidente Museveni è ancora a Gulu e oggi ha tenuto un discorso di due ore agli anziani e ai leaders del distretto, nella Hall del Consiglio Distrettuale. Tutte le botteghe di Gulu avevano la radio a tutto volume per sentire il discorso del Presidente, trasmesso in diretta con trasmittente in modulazione di frequenza. E' la prima volta che a Gulu si sente la radio in modulazione di frequenza.

 

Museveni ha strigliato per bene le sue truppe, e ha rimproverato loro di non prendere abbastanza sul serio il leader del LRA, Joseph Kony, prolungando cosi' le inutili sofferenze del popolo acholi.  Le ha accusate di dormire e di non dare sufficiente credito alle denuncie dei civili circa la presenza dei ribelli. Ha accusato anche gli ufficiali dell'esercito di arricchirsi grazie a questa guerra. Ha detto di essere a Gulu per riorganizzare le truppe dell'UPDF e farla finita con Kony una volta per tutte: "Starò qui a Gulu finché i banditi saranno stati fatti fuori tutti" - ha dichiarato. Ha accusato anche qualche acholi e qualche politico locale di essersi arricchiti in questa situazione di  guerra e invitato a smetterla di fare affari sulla pelle dei morti. Ha invitato ancora i ribelli e anche i loro capi ad arrendersi e beneficiare dell'amnistia. Ha proseguito promettendo fondi per la ripresa e lo sviluppo del Nord. Ha detto che avrebbe fatto arrivare attrezzature dagli altri distretti per la costruzione rapida di nuove strade che consentano di raggiungere velocemente le basi dei ribelli. Ha concluso dicendo che la difesa dell'ospedale di Lacor e' stata riorganizzata con un nuovo distaccamento e ha giurato che se i militari si lasceranno sconfiggere il loro comandante sarà messo al muro. 

 

Ogni volta che il Presidente fa discorsi di questo genere segue un escalation della violenza da parte dei ribelli, e la  situazione di solito precipita a scapito della gente e dei soldati.

 

Al discorsodel Presidente erano presenti anche il RDC, Louis Otika, il DLC Chairman, Stephen Lanek, e il comandante della Quarta Divisione, Col. James Kazini.

 

Noi intanto continuiamo a pregare per la pace.

 

Anche Padre Carlo è venuto da Kitgum per parlare con noi e vedere se c'era la possibilità di entrare in contatto con qualcuno dei ribelli, per invitarli alla resa. Lui e il Padre Ramon sono stati anche da Museveni, che li ha incoraggiati nell'iniziativa, ipotizzando addirittura un suo sostegno finanziario a un Kony che trovi asilo in qualche altro paese. I Padri hanno proposto che questi messaggi siano diffusi per radio, in modo che i ribelli sparsi nella savana siano invogliati a uscire allo scoperto e a rivolgersi a intermediari di fiducia, come le autorità civili, i preti, le suore, i pastori o gli stessi familiari.    

 

Venerdì 29 Novembre 1996 Padre Paolo, da Opit, ci informa che oggi i ribelli hanno ucciso undici persone perchè sorprese in bicicletta. Quattro sono state uccise lungo la ferrovia che viene a Gulu; le altre sulla strada che porta in città.

 

Questa sera è arrivata da Aboke anche Suor Rachele perchè ha sentito dire da Padre Gerner, che si trova a Kitgum, che una delle loro ragazze è riuscita a scappare. Nessuno però sa dove si trovi. E' andata cosi' a chiedere alle baracche se sapessero qualcosa. Sarebbe voluta andare direttamente da Museveni, che è ancora qui.

 

Si tratterebbe cosi' della seconda ragazza di Aboke che riesce a fuggire. Quella che è già a casa sua, a Lira - Eveline Sandra Akot - ha raccontato a Suor Rachele che le ragazze sono ancora tutte in Uganda, e che, pur avendo avuto molte occasioni di scappare, in occasione di attacchi dell'esercito, non se la son sentite di  rischiare. Quelle che riescono a riprendere, infatti, le uccidono, come hanno fatto con un'altra loro compagna di sventura: l'hanno fatta uccidere a bastonate in testa dalle sue stesse compagne.

 

Recentemente - ha detto Eveline - le ragazze sono state divise in due gruppi: uno capeggiato da Otti Lagony e l'altro da Mariano Lagira, lo stesso che le ha portate via da Aboke. I ribelli avrebbero ricevuto l'ordine da Kony di non approfittare di loro e di non violentarle. Un ribelle che ne aveva violentato una e' stato ucciso immediatamente. I ribelli dicono che le ragazze devono arrivare intatte da Kony, che deve usarle per fare dei sacrifici. Non si sa cosa intendano dire.

 

Due ragazze sarebbero rimaste ferite durante un attacco da parte dell'esercito ma non in modo grave, e riescono ancora a camminare.

 

Sr. Rachele intende incontrare ad ogni costo i capi dei ribelli, come Lagony o Lagira. Secondo la suora quest'ultimo sarebbe ancora dalle parti Lalogi, vicino ad Opit. Avrebbe avuto conferma di questo da un ragazzo sfuggito ai ribelli da pochi giorni e incontrato oggi alle baracche di Gulu. Il ragazzo sembra credibile, giacche' e' stato in grado di descrivere un difetto che questo Lagira ha al labbro superiore e che lei stessa aveva notato nelle terribili ore delle trattative per la liberazione delle ragazze.

 

Nessuno sa come trovare il modo di contattare questi capi. La suora ha sentito dire che, secondo Lagony, Mariano avrebbe fatto male a lasciare libere le altre ragazze: avrebbe dovuto prendere i soldi e uccidere la suora.

 

Suor Rachele è stata anche a Nairobi, ed ha cercato di incontrare Wanyama, portavoce di Kony, ma non è riuscita mai a trovarlo. E' andata poi dall'ambasciatore sudanese a Nairobi, il quale, da buon Mussulmano, è stato molto gentile e ha negato che il Governo di Khartoum sia in combutta con Kony. Ha assicurato che, se le ragazze arriveranno in Sudan, farà di tutto per recuperarle e riconsegnarle a Suor Rachele.

 

Ho letto sul New Vision che in  Karamoja un gruppo di anziani hanno preso parte a un rito con una lunga preghiera litanica di maledizione contro Kony e perchè finiscano le sofferenze che Kony sta infliggendo al popolo acholi. Ha presieduto il rito lo stregone Adwong Obia Jorjo, sacrificando oltre settanta capre perchè gli Spiriti facciano in modo che il capo del Lord Resistence Army venga ucciso in battaglia o dall'Aids. Gli anziani avrebbero detto che dopo questa celebrazione la caduta di Kony è inevitabile e che non si sorprenderebbero se venissero a sapere, gia' prima della fine del mese, che Kony è morto.  I Karamojong hanno tutto l'interesse a che torni la pace e a che la  tribù acholi incominci di nuovo ad allevare vacche. Potrebbero così a loro volta riprendere le razzie di bestiame, interrotte, per mancanza di materia prima, nel lontano 1986.

 

Sabato 30 Novembre 1996 La ragazza che era stata segnalata a Suor Rachele non era, in realta', una del suo gruppo. Suor Rachele, delusa, se ne tornata ad Aboke.

 

Nel pomeriggio, all'una e mezza, hanno portato un ragazzo di tredici anni, saltato su una mina antiuomo. Io non l'ho visto, ma il Dr. Corti, che è subito accorso, è rimasto molto impressionato. Con tutti i casi passati per Lacor, non aveva visto ancora nessuno così orrendamente mutilato e ridotto cosi male. Aveva tutt'e due le gambe, fino all'altezza delle cosce, a brandelli, con tibie e femori a pezzi e senza muscoli; ferite anche all'addome e in tutto il corpo. Le schegge gli avevano rovinato il volto, danneggiandogli irrimediabilmente gli occhi, e anche una mano era partita. Era ormai dissanguato e non e' servita a niente la presenza del Dr. Corti, del Prof. Bonini e di Richard, il nostro anestesista.  E' morto prima di entrare in sala operatoria. Forse è meglio così, perchè sarebbe rimasto anche cieco.

 

Il fatto è successo questa mattina alle nove vicino alla scuola T.T.C. di  Onyama, sulla strada di Kitgum, prima della foresta di Abera, a sette chilometri da Gulu. Il ragazzo stava camminando lungo un sentiero della savana. Altri quattro erano passati prima di lui. Sua madre, che lo seguiva da vicino, è rimasta fortunatamente illesa. I ribelli erano passati per quel sentiero il giorno prima.

 

Oggi è stato ricoverato in ospedale anche il dr. Basil. Veniva dall'ospedale di Aber, dove attualmente lavora. La diagnosi non è ancora sicura, ma sembra che abbia una pneumocisti Carini. E' stato ricoverato anche un nostro ex laboratorista - il quinto con diagnosi di TBC. Aveva lasciato l'ospedale senza dire niente dopo che gli era stato negato un aumento di stipendio. Aveva già messo incinte almeno tre delle nostre ragazze. Speriamo che non abbia anche l'Aids.

 

Questa sera verso le cinque è stato preso un ragazzo sui sedici anni che girava vicino alla casa delle infermiere chiedendo di parlare con una certa Oyella. Ha detto di venire da Patuda, un centro poco distante da qui. Quando è arrivata questa Oyella, non lo ha riconosciuto. Il ragazzo, allora, ha chiesto di Acan Grace, una ragazza che fa la cuoca nella Guest House. A quel punto sono stati chiamati i poliziotti di guardia, che hanno cominciato a interrogarlo. Hanno scoperto che veniva da Opidi e che sotto i vestiti aveva una divisa militare dei ribelli. Non sappiamo ancora come sia andata a finire la faccenda.

 

Siamo arrivati alla fine di novembre e le previsioni apocalittiche di Salim Saleh non sembrano avverarsi. Speriamo che le cose migliorino e questa guerra finisca.