Date: 2:16 AM 7/23/00 +0200
From: dino frisullo
Subject: I: Lettera aperta sul PKK
Rete Diritti di Cittadinanza -
soalinux.comune.fi.it\boxsepe
Cari amici,
il testo che segue, che vi chiediamo di far
circolare e rinviare in tutte le possibili reti della solidariet, pu
risultare poco comprensibile a chi non abbia ricevuto in precedenza un altro
messaggio, proveniente da Aldo Canestrari, al quale questa lettera risponde.
Crediamo per che molti di voi l'vranno
ricevuta, perch Aldo l'aveva inviata a quasi duemila indirizzi mail.
Vi chiadiamo comunque un po' di pazienza:
anche chi non conosceva l'antefatto, lo capir leggendo.
Chiediamo ancora pi pazienza a chi dovesse
ricevere questo messaggio pi di una volta, perch l'abbiamo inviato a
Canestrari chiedendogli a sua volta di trasmetterlo alla rete con cui Aldo in
contatto.
Inviamo questo messaggio non solo per
polemizzare, ma anche e soprattutto per far circolare notizie che richiedono un
guizzo di mobilitazione, per prevenire un possibile incendio di guerra...
Ciao a tutti
Dino Frisullo
----- Original Message -----
From: <mailto:dinofrisullo@iol.it>dino
frisullo
To: <mailto:viand@isiline.it>k.
canestrari to
Sent: Saturday, July 22, 2000 10:10 PM
Subject: Lettera aperta sul PKK
Come compagni di Azad e amici del popolo
kurdo, siamo stupefatti della superficialit con cui il 13 luglio scorso un
documento tradotto dall'agenzia Kurdish Media stato inviato a migliaia di
indirizzi mail, senza alcuna verifica delle fonti e del merito, ma anzi
accompagnato da un messaggio dal titolo "Solidariet ai guerriglieri kurdi
vittime del PKK" che dava per acquisito e condivisibile il contenuto del
documento.
Abbiamo atteso per quasi dieci giorni una
correzione da parte di Aldo Canestrari, che certo in buona fede aveva diffuso
il messaggio. Abbiamo ricevuto soltanto un documento di smentita del PKK,
diffuso seccamente dallo stesso Canestrari.
Sappiamo che molti dei destinatari sono
rimasti sconcertati. Da una fonte italiana solitamente attendibile gli arriva
un messaggio che d per scontata "la repressione che il PKK si accinge ad
operare", poi ricevono soltanto la presa di posizione del PKK, che suona
come un atto dovuto: non poteva non smentire...
Il dubbio resta, ed un dubbio diffamante nei
confronti del principale partito kurdo e del suo presidente condannato a morte,
cari entrambi a tutto il mondo della solidariet in Italia. Il danno d'immagine
gravissimo, proprio nel momento in cui questo partito, fuorilegge e represso
non solo in Turchia ma anche in Germania ed altri paesi europei, si batte
perch sia legittimato internazionalmente il suo sforzo di disarmo unilaterale
e di dialogo per la pace.
La materia delicata.
Per questo chiediamo ad Aldo di rinviare a
tutta la stessa lista di indirizzi questa nostra presa di posizione.
Una premessa doverosa, e forse non scontata.
Azad, per statuto e nella pratica, non cinghia di trasmissione di alcun
partito kurdo, anche se ovviamente ha un rapporto preferenziale con quelle
forze che non collaborano con i nemici del popolo kurdo e che portano avanti istanze di
liberazione.
Diciamo di pi: per noi i diritti umani, a
partire dal diritto alla vita e all'integrit della persona, hanno priorit
assoluta. Non esiteremmo a criticare il PKK (come chiunque altro prima, da
Arafat a Fidel Castro), se avessimo la certezza o anche il fondato sospetto che
questo partito violi questi valori nella sua pratica interna o esterna.
Del resto l'ha gi fatto lo stesso Ocalan,
quando nella sua autodifesa di Imrali ha autocriticato severamente alcuni
aspetti passati di una lotta di liberazione che pure rimane fra le meno
violente e le pi umane al mondo.
I rapporti interkurdi sono materia
estremamente delicata. E' grazie alle divisioni e ai conflitti interni che i kurdi
sono rimasti fino ad oggi soggetti.
Per questo abbiamo sempre evitato, come
singoli e come associazione, di prendere posizione pro o contro questo o quel
partito, ed abbiamo pesato informazioni e parole persino quando, come
avvenuto e avviene purtroppo nel Kurdistan irakeno, il PDK di Barzani si
schierato militarmente con l'esercito turco o con l'esercito irakeno nella
guerra contro altri kurdi.
L'episodio di cui si parla (la presunta
prigionia e condanna a morte di una parte di un gruppo di guerriglieri
transfughi dal PKK ed intenzionati a passare al PUK di Talabani) coinvolge sia
aspetti interni al PKK, sia le relazioni fra PKK e PUK: dunque andava raddoppiata la cautela e
la verifica delle fonti.
Dunque parliamo delle fonti.
L'articolo diffuso da Canestrari tradotto
dall'agenzia kurda basata a Londra "Kurdish Media", un'agenzia
indipendente ma considerata in genere vicina alle posizioni del PUK. Ma in
realt Kurdish Media l'avrebbe a sua volta ripreso e tradotto dal turco da
Intername, un sito Internet aperto e diretto da Selim Curukkaya.
Una fonte assai tendenziosa: Curukkaya noto
al pubblico italiano per aver occupato un anno fa tre pagine de L'Espresso (di
cui tutti ricordiamo la faziosit antikurda nei mesi di Ocalan in Italia) con
un virulento attacco al PKK e a Ocalan proprio all'indomani della cattura del
leader kurdo in Kenya.
Si tratta, ci dicono i compagni kurdi in
Italia, di un ex militante del PKK, personalmente graziato e scarcerato nei
primi anni '90 dal presidente turco Ozal, uscito dal partito nel '94 e da
allora, in Germania, promotore di continue campagne diffamatorie contro i suoi
ex compagni.
Curukkaya proclama ora di voler proseguire la
lotta armata, e attacca come "tradimento" la scelta di pace del PKK,
negli stessi termini in cui attacc, dal '93 in poi, i precedenti cessate il
fuoco e le offerte di dialogo di Ocalan.
Il fratello di Selim, Sait Curukkaya detto
"Doktor Suleyman", gi vice di Semdin Sakik nel comando della
guerriglia kurda nell'area di Diyarbakir, il leader del gruppo di
guerriglieri che, in dissenso anch'essi con la scelta di pace, avrebbero
deciso, nel Kurdistan Sud (irakeno), di "cercare aiuto presso l'Iran e il
PUK".
Una scelta quantomeno contraddittoria, voler
proseguire la guerra contro la Turchia e passare dal lato di due forze che la
Turchia sta cercando di schierare al proprio fianco contro il PKK (con i
recenti incontri con il governo iraniano e con il PDK e il PUK ad Ankara). E' a
lui e all'altro leader del gruppo, Ayhan Ciftci detto "Kucuk Zeki",
che Ocalan si riferisce in termini di "traditori" nell'articolo
citato della rivista teorica Serxwebun: non ad altri, tantomeno a chiunque sia
in dissenso.
Dietro la durezza di Ocalan c' anche,
esplicitamente richiamata, l'esperienza amara di Semdin Sakik, il comandante
guerrigliero che nel '93 con un deliberato massacro di soldati turchi fece
saltare il primo cessate il fuoco e il possibile dialogo con il governo turco e
che, uscito poi dal PKK e consegnatosi al PDK e da questo alla Turchia, oggi in
prigione collabora apertamente con il regime.
Qui bisogna conoscere il contesto in cui si
svolgono i fatti, nel Kurdistan irakeno.
E' noto che il PKK ha deciso, per togliere
ogni alibi ed aprire contraddizioni nel regime turco in direzione di un
possibile dialogo di pace, di cessare unilateralmente le ostilit e di ritirare
le sue formazioni partigiane dal territorio turco. I suoi guerriglieri si
trovano ora nel Kurdistan irakeno, il cui territorio controllato in parte dal
PDK, in parte dal PUK, e si sono trincerati in posizione difensiva sulle
montagne della zona PUK, la pi lontana dalla Turchia e dalle sue quotidiane
incursioni oltre confine.
Circa due mesi fa la Comunit kurda in Italia,
in cui sono presenti esponenti di tutti i partiti kurdi, dopo un incontro con
Azad emise un angosciato appello all'unit, contro ogni conflitto fra kurdi:
infatti le drammatiche notizie dal Kurdistan irakeno parlavano di un possibile
attacco congiunto contro i guerriglieri del PKK da parte dell'esercito turco e
dei peshmerga del PDK e del PUK.
Oggi giungono notizie assai simili: si parla
gi di settanta morti in scontri fra PKK e PDK, e di uno schieramento in posizione
d'attacco anche delle forze del PUK, che avrebbe inoltre arrestato venti civili
militanti del PKK. Questo avviene all'indomani dell'ennesimo incontro a
Washington fra i due partiti kurdo-irakeni e il governo Usa.
E' vero che la fonte di queste notizie il
PKK, ma anche vero che questo partito non avrebbe alcun interesse ad
inventarle, dopo un congresso in cui al contrario ha proposto pace e dialogo
non solo al governo turco ma a tutti i partiti kurdi e in particolare al PDK e
al PUK, unici partiti kurdi assenti dall'organismo unitario del Congresso
nazionale.
Dunque nel Kurdistan irakeno la situazione
di estrema tensione e di guerra virtuale interkurda.
E' comprensibile che in questo contesto la
scelta di una formazione del PKK non semplicemente di uscire, ma di passare
armi e bagagli dalla parte del PUK, sia tacciata di "tradimento".
Misuriamo le parole, quando parliamo di
"repressione" a proposito del PKK: non stiamo parlando di un regime,
n di un partito che controlli un territorio, ma di un partito che sta giocando
una scommessa difficilissima, sulla difensiva, sul crinale fra pace e guerra.
Un partito la cui lotta per la libert e la democrazia non ha alleati al mondo,
come dicono i suoi militanti, se non le loro montagne e... noi.
Ma l'accusa che viene mossa al PKK grave:
del gruppo dissidente, valutato in sessanta persone, trenta si sarebbero
rifugiati presso il PUK o in Iran, gli altri trenta sarebbero prigionieri del
PKK e minacciati di morte. Di questi ultimi vengono forniti i nomi, ed in
solidariet con loro che il messaggio di Aldo Canestrari chiama a mobilitarsi.
Ovviamente ne abbiamo chiesto conto ai
compagni del PKK, ed essi ci dicono che in realt il gruppo passato al PUK non
conta pi di una ventina di elementi. Quanto agli altri, i
"prigionieri", si tratterebbe di una pura e semplice invenzione.
Alcuni di loro parleranno gi domenica 23 luglio all'emittente Media Tv per
smentire, come hanno gi fatto sulle colonne del quotidiano della diaspora
"Ozgur Politika" il 17 luglio Zubeyde Ersoz, nota dirigente
dell'organizzazione femminile PJKK, e il giorno dopo Bedriye Tepe detta Veloz,
che ha scritto che "la candela della menzogna ha lo stoppino corto".
Non sta comunque a noi fare gli avvocati del
PKK: abbiamo solo fatto ci che chiunque dovrebbe fare in questi casi, chiedere
riscontro di notizie cos gravi, prima di diffonderle o commentarle.
I compagni del PKK, che anch'essi stanno
verificando (parliamo di persone da rintracciare in montagna o in
clandestinit), ci dicono comunque che a un primo sguardo la lista di
militanti attivi nei ranghi del PKK. Aggiungono che la lista fatta
integralmente di membri di famiglie ben note nella resistenza e nella societ
kurda, fra cui i figli di due sindaci e il nipote di un parlamentare in esilio.
Suppongono che ci sia stato fatto ad arte per gettare scompiglio nel movimento
kurdo. Ed hanno invitato pubblicamente chiunque a recarsi in Sud Kurdistan
e verificare di persona.
Secondo i compagni del PKK, in sostanza, si
tratterebbe di una provocazione destinata a sgonfiarsi assai presto, ma adatta
a indebolirli all'interno e isolarli all'esterno in una fase cruciale di
imminente possibile precipitazione di una dinamica di guerra. Prendiamo atto
che si tratta di una versione possibile e plausibile: certo pi plausibile di
quella che vede in veste di carcerieri e giustizieri i militanti di una
formazione in lotta contro la detenzione e la pena di morte.
Attendiamo e cercheremo altre conferme o
smentite con mente aperta.
Siamo convinti che la verit sempre
rivoluzionaria, e comunque doverosa, e non esiteremo ad esercitare
pubblicamente il diritto-dovere di critica nei confronti di chiunque violi,
ovunque, i diritti umani.
Per ora per, alla luce di quanto sappiamo,
ribadiamo la nostra totale e affettuosa solidariet ai compagni e al presidente
del PKK.
Fra l'altro: due giorni fa stato chiuso
dalle autorit tedesche il Centro Kurdistan di Berlino, dopo una catena di
perquisizioni provocatorie agli esponenti di questo centro e della Mezzaluna
Rossa kurda (fra cui l'arresto di un compagno mutilato di entrambe le gambe).
Non crediamo di fare della dietrologia se poniamo una domanda: una
coincidenza casuale quella fra minacce di guerra in Kurdistan, repressione in
Germania, e diffusione di questa storia a partire proprio dalla Germania?
Alcuni compagni dell'associazione Azad:
Dino Frisullo, Juri Carlucci e Roberta Rezzara
(Roma),
Angela Bellei (Modena), Paolo Limonta
(Milano),
Erminia Rizzi (Bari), Antonio Olivieri
(Alessandria),
Sandro Targetti (Firenze), Carmine Malinconico
(Napoli),
Alfonso Di Stefano (Catania), Paolo Zammori
(Filattiera)
22 luglio 2000
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