Date: 10:22 AM 8/14/00 +0200
From: dino frisullo
Subject: visita al campo di crotone
Inviamo questo resoconto, chiedendo a tutti di
farlo circolare nelle reti interessate.
Sabato 26 agosto nella riunione nazionale di
Azad a Parma, e domenica 27 mattina sempre a Parma in un incontro apposito sul
diritto d'asilo dei kurdi, cercheremo di riflettere insieme sul da farsi
(ipotesi: una rete nazionale di azione comune). Ovviamente tutti sono invitati.
Allego anche, per chi non l'avesse ricevuto,
il testo dell'ampio articolo mio sulla storia dell'esodo kurdo, pubblicato dal
Manifesto il 13 agosto, e un altro articolo che credo non pubblicato, sulla
situazione al confine di Ventimiglia.
Ciao a tutti, buone vacanze (per chi le fa)
Dino Frisullo
Ps - Mi scuso per eventuali duplicazioni di
messaggio, e prego chi non volesse pi ricevere in futuro questo tipo di
messaggi di comunicarmelo in risposta.
Resoconto della visita di una delegazione di
Azad e Uiki al campo profughi di Crotone
13.8.2000
Facevano parte della delegazione Dino Frisullo
e Alfonso Di Stefano (Azad) e Mehmet Yuksek (Uiki Ufficio dinformazione del
Kurdistan in Italia)
Laccesso al campo stato insolitamente
facile, previa telefonata al prefetto. Ci ha accompagnati, con molta
disponibilit, il funzionario della prefettura dr. Gallo.
Erano presenti 801 persone, fra cui i 241 (di
cui 113 minori) arrivati a Crotone il giorno prima in condizioni miserabili
sulla carretta denominata Iman. Tutti kurdi, tranne una cinquantina di afghani.
Il campo consiste di file di roulotte (di cui
solo una parte coperte da tettoie parasole), pi alcuni servizi igienici e
lavatoi collettivi, una mensa, una scuola ditaliano (attualmente non
funzionante), uninfermeria. E gestito dalla prefettura dintesa con il comune
di Capo Rizzuto e con varie organizzazioni convenzionate (Croce rossa, Caritas,
Misericordia ed altri).
Il sole cocente costringe le persone a stare
nelle roulotte o nelle rade zone dombra. Abbiamo visto persone dalla pelle
ustionata dal sole.
Abbiamo incontrato persone e famiglie in
attesa del permesso di soggiorno provvisorio (per "attesa dasilo) da
oltre un mese, mentre il periodo di attesa dovrebbe essere di quindici giorni
al massimo. In alcuni casi si riscontrata una certa sommariet
nellunificazione delle pratiche relative a gruppi familiari. Queste
circostanze sono state giustificate dalla prefettura con la continua emergenza
dei nuovi sbarchi.
Appena ricevuto il permesso di soggiorno, gli
interessati sono espulsi dal campo per far posto a nuovi arrivi. Solo in un
caso abbiamo trovato una donna kurda il cui soggiorno nel campo stato
prolungato per motivi umanitari, perch in attesa del marito incarcerato in
Croazia.
Abbiamo verificato per che non tutti
intendono proseguire il viaggio in direzione di altri paesi europei. Diverse
famiglie kurde (sia di Turchia sia dIraq) hanno espresso la loro disponibilit
a fermarsi in Italia, se si vedessero garantita una condizione civile di vita e
di lavoro. Una donna di Diyarbakir ci ha detto "noi cerchiamo sicurezza
sociale ma pi importante il calore umano, e in Italia il calore cՏ".
Dunque si pone, anche per la lunghezza
dellattesa dellasilo, il problema di una seconda accoglienza sia in Calabria,
sia nel resto dItalia. La prefettura ci ha detto che stanno vagliando alcune
ipotesi in Calabria, facendo ricorso ai fondi europei messi a disposizione dal
governo.
I profughi lamentano carenza di vestiario e
scarpe (lindomani, ci stato garantito, sarebbero stati distribuiti dalla
Croce rossa).
Si nota una certa carenza dinformazione, che
produce anche continui tentativi di fuga dal campo di persone che temono il
rimpatrio (uno si era ferito cadendo dalla recinzione). Non cՏ un servizio
informativo al quale i profughi possano rivolgersi di fronte a un rifiuto o un
rinvio da parte degli agenti di polizia che gestiscono i colloqui e la consegna
dei certificati.
La presenza degli interpreti non
continuativa per tutte le lingue kurde fondamentali (kurmanci, sorani, zazaki),
anche perch gli stessi sono adoperati negli accompagnamenti in ospedale o
nelle deposizioni in tribunale.
Quanto al contributo economico "dei primi
45 giorni" (poco pi di mezzo milione a testa), la prefettura ha garantito
che viene richiesto per tutti, dopo la formalizzazione delle richiesta di
asilo, e che la prima tranche, pari a 500.000 lire, viene consegnata a tutti
alluscita dal campo. Abbiamo per poi verificato che molti dei richiedenti
asilo dimessi dal campo, stabilitisi per esempio a Badolato, non hanno ancora
ricevuto una lira del contributo a distanza di mesi dalluscita da questo ed
altri campi di prima accoglienza.
Abbiamo potuto ricostruire alcune storie, che
confermano le nostre idee circa il "business dellesodo".
1. Kurdistan
irakeno: lo svuotamento di Zakho. Una delle navi pi recenti era costituita
totalmente da 550 profughi da questa citt, posta nellarea controllata dal Pdk
di Barzani a ridosso del confine turco. Perch fuggire da unarea sotto
controllo formalmente kurdo? Risposte: non cՏ sicurezza, in citt hanno mano
libera i militari turchi e i servizi Usa e irakeni, le milizie kurde si
combattono fra loro e non guardano allinteresse collettivo, incombe la guerra
fratricida e/o linvasione turca o irakena Come siete fuggiti? Un convoglio di
minibus (dunque almeno quindici veicoli) ha percorso in tre notti tutta
lAnatolia fino allimbarco, dunque ha attraversato di notte un confine e poi
una vasta regione sotto coprifuoco: impensabile che le milizie del Pdk da un
lato, le guardie di confine e poi i posti di blocco militari turchi dallaltro,
non abbiano notato il convoglio e non si siano impadroniti di parte del prezzo
del viaggio, 3500 $ per gli adulti e 2000 $ per i minori. In quanti sono
disposti a partire o sono gi partiti? Risposta: tutta la citt
2. Kurdistan
turco: lo sbarco dell8 agosto ha portato in Italia trecento persone in fuga
dai villaggi distrutti e dalle baraccopoli. Concentrati nel quartiere Aksaray
di Istanbul, sono stati poi convogliati dai subagenti (le agenzie madri,
confermano, sono nella centrale Sultanahmet) in autobus di notte verso Izmir.
Un viaggio di molte ore e con molte strane soste. Qualcuno alza la testa, che
devono tenere rigorosamente abbassata, e sbircia: ad ogni sosta, mazzette di
denaro alle pattuglie della polizia, una delle quali scorta gli autobus. A
Cesme, porto presso Izmir, il conducente porta dentro il comando dellesercito
un mazzo di banconote di 20.000 dollari. Il viaggio avviene, guardati a vista
da mafiosi turchi armati di pistola, su due pescherecci di legno fradicio
rispettivamente lunghi venti e trenta metri, che, era stato detto, dovevano
invece solo portarlia l trasbordo in mare su una nave "seria". Uno
degli scafi imbarca acqua costringendo a puntare sulla costa calabrese.
Rischiano la pelle Da cosa fuggono: cambiata la situazione in Turchia
nellultimo anno? No, il regime fa ancora quello che vuole (citano gli arresti
dei sindaci kurdi dellHadep), ma con qualche remora in pi. Fra gli sbarcati,
alto tasso di politicizzazione (incontriamo anche vecchie conoscenze del Newroz
98 e del Treno della Pace).
3. Kurdistan
siriano e iraniano: anche da qui viene lesodo, ed il pi miserabile. I
profughi si fingono per spesso kurdo-irakeni o kurdo-turchi, sperando di
ottenere pi facilmente asilo, a causa delle buone relazioni fra la Siria, ma
anche il regime iraniano, e lOccidente. E il caso dellultima nave, la Iman,
che pare sia partita da un porto egiziano (ed ha viaggiato in condizioni, se
possibile, ancora pi terribili).
In conclusione:
aumenta, nei racconti dei profughi, il cinismo
dei trafficanti e il rischio di morte nelle traversate;
si riscontra un aumento dei prezzi e una
diversificazione delle rotte e degli imbarchi (frutto delle misure
"proibizioniste"?), che anchessa accresce costi e pericoli;
i profughi, avvertiti dei respingimenti dai
porti italiani, tendono a preferire ai trasporti di linea le grandi navi i cui
sbarchi sono "garantiti" dalla loro stessa dimensione e impatto, il
che accresce profitti mafiosi e rischi;
si estende sia la dimensione geografica
dellesodo (ora anche il Kurdistan siriano e iraniano), sia la sua entit,
dellordine di grandezza delle centinaia di migliaia che premono sugli
imbarchi, anche per la crescente sfiducia nelle organizzazioni kurdo-irakene da
un lato, nella disponibilit a cambiare del regime turco dallaltro;
si conferma il pieno coinvolgimento dello
Stato e della polizia turca, e il ruolo centrale di Istanbul nella direzione
del traffico;
aumenta il flusso di bambini e donne, cio di
famiglie che non hanno altra via legale per il ricongiungimento (per mancanza
di passaporti, o per carenza dei requisiti richiesti dalle legislazioni
europee, o per la sordit dei consolati europei);
La visita ha anche tre esiti pratici positivi:
si rintracciano un paio di famiglie che sanno
tessere al telaio, che quindi potrebbero inserirsi nel progetto di tessitura
cooperativa in corso a Riace. (1)
Il rappresentante del prefetto porter nella
Consulta provinciale per limmigrazione la proposta di stampare migliaia di
copie dei libri di favole per bambini kurdi curati dal MKM (Centro di cultura
della Mesopotamia) di Istanbul, con testo a fronte in italiano, da distribuire
ai bambini del campo per aiutarli ad acquisire la nuova lingua senza
abbandonare la propria. Una parte dei libri, con il solo testo kurdo, sarebbe
inviata al campo profughi di Mahmura, nel Kurdistan irakeno.
In settembre (14-15/9, se possibile rispetto
alla sua programmazione) il gruppo teatrale "Teatro di nascosto".di
Volterra porter direttamente nel campo profughi i suoi spettacoli sul
Kurdistan.
(1) - A Riace si sta sviluppando un'esperienza
molto interessante di accoglienza di due famiglie kurde, recupero di abitazioni
per loro ed altri e per un turismo alternativo, e creazione di lavoro
nell'"artigianato dell'esilio" con una cooperativa di tessitura che
dovrebbe immettere tessuti e tappeti kurdi, specialmente per la rete del commercio
equo e solidale. Ne sono protagonisti gli operatori dell'associazione Citt
futura.
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CHI GOVERNA L'ESODO DEI KURDI
(Il Manifesto, 13.8.2000)
Questanno lAssociazione turca per i diritti
umani nella sua agghiacciante rilevazione periodica delle violazioni ha
inserito una voce nuova: centinaia di profughi rispediti dallEuropa nelle
prigioni turche. Non che linizio. Si dice che la Germania intenda avviare
una gigantesca operazione di rimpatrio forzoso di quei kurdi di Turchia che si
trovano in Germania in forzata clandestinit o con esito negativo della domanda
di asilo. Si tratterebbe di cento-centocinquantamila persone.
Il pretesto per lexport di profughi, come per
quello delle armi, "il nuovo clima di democratizzazione in
Turchia". E la Germania aprirebbe la strada ad operazioni analoghe
dallEuropa, attraverso accordi sul rimpatrio magari associati alla "lotta
al terrorismo", come quello appena sottoscritto fra Italia e Turchia.
Per ora unoperazione simile non possibile
per i profughi kurdo-irakeni, fra i quali non a caso si celano, non meno
disperati, i kurdi di Siria. La patente di democraticit attribuita al regime
turco, che ha appena rinnovato lo stato demergenza nelle province kurde e
prepara una nuova offensiva oltre frontiera, non pu valere per Saddam. Ma non
da escludere che dietro gli incontri fra la Turchia e i due partiti kurdo-irakeni
che dominano la "regione autonoma" del Nord Iraq vi sia anche
lipotesi di avviare operazioni di rimpatrio in quellarea.
Del resto gi oggi chiunque sosti negli
alberghi di Qamishli o di Kermanshah sa quali traversie comporti la semplice
riunificazione familiare dei profughi. E le stive sono piene per met di
bambini
Il kurdo errante e lipocrisia dEuropa
Lo stesso esodo kurdo che nellultimo
ventennio ha consentito il salto di qualit della filiera criminale che lucra
sullemigrazione, diviene cos cartina di tornasole dellipocrisia delle
politiche dellasilo e della pace in Europa. Ma la sfida investe anche un
arcipelago della solidariet che spesso tutela i singoli mettendone da parte la
soggettivit e i contesti. E, viceversa, un tessuto internazionalista che
spesso aleggia nella sfera dellideologia prescindendo dai bisogni delle
persone.
Non a caso la vicenda di Ocalan ha consentito
una doppia innovazione giuridica: ha imposto, sia pure con ritardo
imperdonabile, di applicare la norma costituzionale sullasilo, e ha indotto la
corte di Strasburgo ad intervenire in corso di processo su un paese membro del
Consiglio dEuropa. Lodissea di Ocalan la metafora dellodissea kurda e
della contraddizione stridente fra ideologia e realpolitik, fra universalit
delle garanzie e globalizzazione del principio di sicurezza, fra convenzioni
sui diritti e accordi di polizia.
La stessa contraddizione emerge dalle storie
di vita dei profughi kurdi in Europa ed anche in Italia. Basta scorrere le
cifre dei respingimenti (illegali) dei kurdi dai porti italiani in Turchia o,
pi spesso, verso lAlbania o la Grecia, in virt di un apposito trattato che
non li tutela dal successivo rimpatrio. Basta leggere le motivazioni dei
rigetti dellasilo (oggi circa il 50%, dopo unattesa di oltre un anno) da
parte dellapposita commissione ministeriale. Del resto lEuropa quasi non
reag al sequestro in Moldavia di Cevat Soysal, asilante riconosciuto in
Germania, condotto in Turchia per esservi torturato dagli agenti del Mit agli
ordini diretti del presidente Ecevit.
Linquietante speranza della diaspora kurda
Dunque la presenza kurda pi precaria che
mai. Gi presenza dimezzata perch costretta a sopravvivere sotto le spoglie
della nazionalit ufficiale, gi repressa o mal tollerata quando vuole
manifestare la sua diversit culturale e nazionale, ora sente alitare sul collo
lo spettro del rimpatrio forzoso. Perch in clima di "appeasement"
con la Turchia, il passo successivo al rimpatrio degli irregolari sarebbe la
revoca o il diniego dellasilo.
La presenza kurda scandalosa perch
lesodo, di massa e non individuale, di una nazione transnazionale. Sono molte
le affinit con lesodo del popolo rom, anchesso "nazione" dalla
compatta identit collettiva, ma riconosciuto come tale solo nella Jugoslavia
titina. Come per i bosniaci e i kossovari, latteggiamento nei confronti dei
kurdi riflette il cinico "stop-and-go" di guerra e pace sulla base
dellagenda di politica estera e non delle reali sofferenze.
Ma perch oggi la presenza kurda diviene un
peso da rimuovere? Non solo perch lEuropa continentale non ha pi bisogno di
una manodopera a basso prezzo dalle caratteristiche peculiari di famiglia
allargata. Forse cՏ un motivo pi specifico: sulla nuova proposta kurda - pace
e diritti, dentro ed oltre la geografia attuale del Medio oriente - si delinea
un protagonismo politico della diaspora, ben pi dirompente del precedente
appoggio ai focolai di resistenza civile ed armata.
Lo sbocco sarebbe una legittimazione in quelle
sedi internazionali che finora, a partire dallOnu, hanno rimosso il popolo
kurdo, sia come nazione sia come popolo dellesodo. Una diaspora kurda unita
non pu essere emarginata o criminalizzata, come avviene in Germania ma anche
in Belgio, Francia e Gran Bretagna. Si fa soggetto, rivendica il ritorno alle
proprie condizioni. Irrompe nella geopolitica e nella stessa costruzione
dellEuropa, ponendo le domande di democrazia e convivenza messe da parte con
le armi nello scenario balcanico.
Una pulizia etnica che viene da lontano
LEuropa e lAmerica sono state sorde ai tempi
dellAnfall, loperazione militare di Saddam che desertific col gas Halabja e
altre citt, fece 180.000 morti e milioni di profughi, distrusse 4-5000
villaggi "abbattendo con le case anche gli alberi, perch nessuno possa
nascondervisi". Quella tragedia, aggravata dallinsurrezione tradita e
sconfitta dopo la guerra del Golfo, ha offerto centinaia di migliaia di nuove
merci umane ai trafficanti turchi e ai loro subalterni greci, albanesi, bulgari
e croati.
Laltrettanto selvaggia politica della terra
bruciata nel Kurdistan turco ha ingigantito laltro serbatoio di profughi, gi
attivo da molti anni per lassenza, in Turchia, delle promesse di autonomia che
di volta in volta fanno sperare i kurdi in Iraq, in Iran e in Siria.
In Turchia la pulizia etnica stata perseguita
con forza gi dagli anni 20, anche a prescindere dalle selvagge reazioni ad
ogni sollevazione kurda, come a Dersim. Le leggi n. 885 e 2510
"sullInsediamento coatto", tuttora in vigore, datano al 1926 e al
34: la prima port svuot 206 villaggi in tre anni, la seconda deport
allovest oltre 350.000 kurdi. La loro filosofia era il ripopolamento turco
(fallito) e la "lealt" delle popolazioni come condizione per il
reinsediamento.
Questa politica di spopolamento, unita
allannichilimento culturale e alla repressione selettiva, tenne sotto
controllo il problema kurdo (azzerando presenze culturali e religiose come
quelle cristiane, assiriane ed armene) fino agli anni 70, quando la ripresa
del movimento nazionale kurdo, in un contesto di forte opposizione, impose al
regime la stretta militare del 1980.
Quel colpo di stato un tornante nella storia
dellesodo e delle migrazioni, non solo kurde. Non bastando le carceri e i
luoghi di tortura, si dette via libera allespatrio dei kurdi e turchi
democratici. LEuropa, e in particolare la Germania, reag chiudendo le
frontiere, mentre la Turchia veniva sospesa dal Consiglio dEuropa. Lesodo
dovette farsi illegale, e prese corpo la mafia di Stato che tuttora lo gestisce
nellintero quadrante del Mediterraneo orientale.
Dopo l80: la trama di regime della
deportazione
Quando le migrazioni illegali superano una
certa soglia, la loro organizzazione esige criteri imprenditoriali e strutture
di tipo statuale o criptostatuale. In un contesto di proibizionismo degli
ingressi, la deportazione fu appaltata dal regime a unimprenditorialit
mafiosa che nello stesso periodo andava accentrando il commercio delleroina,
di cui l80% smistata dalla Turchia. Le dimensioni stesse dellesodo imposero
unorganizzazione ferrea del traffico di una merce meno proficua ma anche meno
rischiosa delleroina: paga in anticipo, e si pu anche perdere senza danni.
Centinaia di migliaia di persone sono state
canalizzate verso il Centroeuropa per via aerea (negli anni della Ciller e di
Berisha due voli quotidiani di profughi collegavano Istanbul e Tirana) o lungo
le rotte adriatiche, balcaniche ed esteuropee, le stesse delleroina. Anzi,
finch la cosa non fu presa di petto dal movimento kurdo con una lotta senza
quartiere ai trafficanti, gli stessi profughi kurdi erano usati come corrieri
della droga.
Le centrali del traffico stavano e stanno a
Istanbul. Chi scrive, insieme ai rappresentanti kurdi, forn al governo
italiano elenchi di trafficanti che dalle intoccabili agenzie nel centro di
Istanbul viaggiano in business class e organizzano in tempo reale i trasporti
dal Kurdistan turco e irakeno e dal subcontinente indiano, laltro grande
serbatoio di merce umana che fa tappa in Turchia. Dispongono di flotte (non gli
scafi dOtranto), di basi nelle isole egee e joniche, sulla costa anatolica e
in Albania, in Egitto, a Malta e in Croazia, di reti di "passeur" e
violenti esattori.
E lorganizzazione balzata alle cronache con
le navi di disperati (in gergo charter) affiancate, a fronte della domanda
crescente, alle rotte di mare e di terra complicate dalle guerre balcaniche. E
unorganizzazione che non muoverebbe un passo senza la copertura di un regime
che, come emerse nello "scandalo Susurluk", contava fra i massimi
boss il ministro dellInterno.
Oggi dodici ministri appartengono alla banda
politico-criminale dei Lupi grigi, organizzatori da trentanni di ogni tipo di
traffico e terrore in Europa. Le dimensioni del business e la sua scientifica
articolazione (dai villaggi kurdo-irakeni alla frontiera turca con la
retribuita mediazione delle milizie kurde alleate della Turchia, per convergere
a Istanbul, Adana, Antalya o Izmir con i flussi indo-pakistani per via aerea e
con lesodo turco-kurdo) rendono incredibile che lo stato non sappia e non
lucri.
Il budget del solo traffico di migranti dalla
Turchia stato calcolato fra i cinque e i dieci miliardi di dollari lanno.
Anche rispetto alle coperture di cui godono le mafie italiana, russa o cinese,
la Turchia forse lunico caso al mondo in cui un grande apparato criminale
sidentifica largamente con lapparato statale, trovando alibi e copertura
nello stato di guerra permanente e di emergenza "antiterroristica".
"Dai ghetti vogliamo ritornare, ma con
dignit"
Con un breve screzio allinizio del 98, gli
interessi dei trafficanti turchi e dei loro alleati hanno trovato una
convergenza oggettiva con linteresse dei governi italiani di evitare una
stabilizzazione dellesodo kurdo. E esperienza comune il pullulare, dopo ogni
arrivo, di trafficanti tesi a convincere i profughi ad evitare ogni contatto
con lItalia, saltando le procedure dasilo e di accoglienza per incamminarsi
verso i luoghi di destinazione.
La spaventosa carenza in Italia di provvidenze
per i richiedenti asilo alimenta cos il circolo perverso dinduzione
allespatrio illegale. E la teoria, lucida nel suo cinismo, della
"polvere sotto il tappeto" (se li aiutiamo si fermano ed altri ne
verranno), che rende funzionali alla mafia i ghetti e le miserie delle
stazioni.
Oggi i kurdi di Turchia premono per ritornare,
sia dalle metropoli turche sia dallEuropa, e riedificare con dignit i loro
villaggi. In febbraio quattro comandanti militari di Diyarbakir posero ad oltre
cento "mukhtar" (sindaci) dei villaggi distrutti lalternativa:
tornare nei villaggi artificiali controllati dallesercito nel quadro della
recente "Legge sul Ritorno", o non tornare mai pi. Incontrarono un
deciso rifiuto. Intanto il partito Hadep organizzava oltre centomila richieste
di risarcimento e ritorno (previo sminamento) sotto controllo internazionale,
con assemblee nelle baraccopoli di Istanbul, Izmir, Adana e Mersin. Quelle
baraccopoli in cui imputridiscono nel fango, mentre lUnhcr e tutte le Ong
guardano altrove, quattro-cinque milioni di sfollati.
Accogliere le vittime, fermare la guerra
In Kurdistan, come in Kosovo o in Bosnia, il
ritorno volontario richiede un intervento deciso delle istituzioni
internazionali, delle Ong e della societ civile, degli enti locali. Presuppone
il riconoscimento di una guerra (anzi pi guerre) contro un unico popolo, la legittimazione
in Europa e allOnu dei suoi rappresentanti, lavvio di un dialogo di pace.
Frattanto il riconoscimento di una
persecuzione collettiva impone di sostituire canali legali ai circuiti
criminali e omicidi: generalizzata protezione umanitaria, procedure dasilo
attivabili presso i consolati, agevolazioni ai ricongiungimenti, forzatura
delle clausole di Dublino per la scelta dei paesi ospitanti.
Hic Rhodus, hic salta. Lalternativa sono le
grida che alzano prezzi e rischi dellesodo. E il poliziotto di Ankara chiamato
al Viminale per "collaborare nella lotta ai traffici illegali". Chi sar
controllato dal controllore, e chi lo controller?
Dino Frisullo
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KURDI A VENTIMIGLIA
Un esercito di fantasmi saggira fra il
triangolo industriale e le frontiere di Chiasso e Ventimiglia. Sono i kurdi:
drappelli di famiglie dirette, i neonati in braccio, verso il miraggio
mitteleuropeo. Sulla loro strada incontrano, in senso inverso, quelli che li
hanno preceduti, respinti in Italia in virt delle ferree norme della
convenzione di Dublino sullobbligo di chiedere asilo nel primo paese
dapprodo. Ma proveranno ugualmente: meglio clandestini, ma in famiglia.
A fine luglio dest scandalo lesternazione di
Francesca Calco, sindaco leghista di Alessandria. Dalle spiagge della Sardegna,
informata della presenza di centotrenta kurdi nella caserma della Polstrada,
delir via agenzia: "Torno in aereo ad Alessandria e li accompagno tutti
nei giardini del Viminale, e non una battuta". Il suo vice non fu da
meno e la stampa nazionale fu invasa da unimmagine odiosa di Alessandria, che
fa infuriare Pierluigi Cavalchini, dellassociazione Erica, membro del comitato
di protezione civile.
"Ho ancora negli occhi racconta le
donne che, in una pausa nelloasi di pace apprestata in un ostello, ci
spiegavano a gesti che ogni peripezia preferibile alla possibilit di essere
sgozzate. La citt, nonostante il suo sindaco, ha risposto bene, dai viveri
alla sanit allanimazione, con unefficiente organizzazione della protezione
civile e dei volontari di ogni tipo. Sono stati poi i kurdi a decidere di
prendere un contributo statale e ripartire. Ci siamo lasciati da amici".
Alle urla del sindaco, fatte proprie a livello
nazionale dagli Storace e dai Casini, sՏ contrapposta - racconta il
sindacalista della Filcea-Cgil Antonio Ulivieri - una Provincia che ha gi
inviato in Kurdistan, prima fra gli enti locali italiani, una delegazione di
amministratori e cooperanti, sul percorso aperto dalle "adozioni a
distanza" dei prigionieri politici da parte di molti consigli di fabbrica.
Da Alessandria i profughi non hanno fatto
molta strada. Ventimiglia, frontiera italo-francese. "Rannicchiati nei
giardini pubblici accanto ai loro poveri bagagli, non smettono di raccontarti
della fuga dal loro villaggio presso Zakho, nel Kurdistan irakeno, sotto la
minaccia delle armi, della fame, delle malattie, del duplice embargo. E ti
raccontano di un popolo fiero, che fugge ma resiste allassimilazione e
vorrebbe tornare e ricostruire".
Fabio Taddei, avvocato e attivista
dellassociazione Azad a Genova, andato a cercarli nella citt in cui, chiuso
il campo di Pietrabruna, non esiste un solo centro di accoglienza "umano,
che non sia un lager".
Ha scoperto che la polizia francese presidia
la frontiera con i reparti speciali in virt di un accordo italo-francese.
Tutta larea di confine zona franca di polizia, per bloccare lesodo sui
sentieri di montagna a picco sul mare e per rispedire in Italia chi riesce a
passare. Ventimiglia uno scoglio investito dalle onde di questa dolente
risacca umana.
Ma basta aggirarsi nelle stazioni di Torino e
di Milano per incontrare crocchi di povera gente dignitosa, volti scavati e
aperti, le donne coi grandi foulard bianchi e tanti bambini. Si sentono a un
passo dalla meta, in attesa del passeur che li porti, succhiando i loro ultimi
risparmi, sui sentieri della speranza.
Il peggio alle loro spalle: la guerra,
lattesa, la traversata. Avrebbero potuto evitare il pericolo del naufragio, ma
le navi zeppe di profughi, con la forza dei grandi numeri, impediscono il
rimpatrio immediato che sempre pi spesso il destino di chi arriva nei
traghetti di linea o nei Tir.
La conferma viene dal Dipartimento di Ps del
Viminale: "chi non chiede asilo pu essere respinto nel paese di
provenienza, anche in Turchia". Spesso i profughi non hanno tempo n modo
di chiedere asilo, e comunque la legge vieta il refoulement, il rimpatrio a
rischio di persecuzione. Difficile negare che un kurdo sia perseguitabile, in
quanto tale, da parte degli stessi regimi che lhanno costretto a partire. Ma
fa testo la Germania, dove la polizia invade le chiese per rinviare a Istanbul
le famiglie di asilanti che vi si barricano.
"Unaltra strada ci sarebbe dice ancora
lavvocato Taddei -, quella di unautomatica protezione umanitaria dei kurdi in
Italia, con fondi europei, ferma restando la procedura dasilo per chi vuole. E
una revisione o uneccezione alle norme che impediscono il ricongiungimento
familiare negli altri paesi. Tutto sarebbe pi civile, si toglierebbe spazio a
mafiosi, scafisti e passeur. Ma lEuropa preferisce che lItalia, nel ruolo di
portinaio, lasci i profughi alladdiaccio nel cortile della casa comune. Come a
Ventimiglia".