Date: 12:42 PM 8/21/00 +0200

From: dino frisullo

Subject: materiali su kurdistan (attualit, profughi, " turismo"

 

Cari amici,

 

credo utile diffondere  (e chiedervi di diffondere) in tutte le possibili reti alcuni materiali che usciranno il 24 agosto nel prossimo (forse purtroppo ultimo) numero della rivista Avvenimenti, perch elaborati sulla base di fonti giornalistiche kurde che non circolano molto in Italia, nonch di una visita nel campo profughi di Crotone.

 

Si tratta:

 

- di un quadro della situazione nei vari Kurdistan (fra cui, gravissimo, il bombardamento turco del 15 agosto a Kendakur);

 

- di una messa a punto sulla questione dell'esodo e dell'asilo dei kurdi in Italia (e delle responsabilit turche nel traffico);

 

- di un appello sul "diritto al ritorno", non inedito ma importante, sottoscritto dai profughi kurdi di Turchia a Roma;

 

- di un appello del presidente di Amnesty italiana;

 

- di alcuni dati significativi (gli sbarchi in Calabria in tre anni, le rivolte nelle carceri turche).

 

Vi allego inoltre (e questa la ragione dell'inclusione fra i destinatari delle varie agenzie di turismo alternativo e associazioni ambientaliste) l'articolo e i dati usciti nello scorso numero di "Avvenimenti", tuttora in edicola credo, per incentivare e agevolare gi in quest'estate un "turismo responsabile" e una presenza di massa in Turchia e nel Kurdistan turco.

 

Mi scuso di eventuali duplicazioni di destinatari e comunque della lunghezza di questa mail, che vuole anche aprire un flusso informativo pi continuo e puntuale nella/della rete di "Azad" (che entro agosto avr finalmente reso accessibile anche il suo sito <http://www.azad.it%C2%A0%C2%A0 )>http://www.azad.it   )

 

Ne approfitto per confermare l'appuntamento di PARMA per la riunione nazionale di Azad (aperta come sempre a tutti gli interessati) SABATO 26 AGOSTO DALLE ORE 11 ALLE 19, ospiti del Ciac (Centro immigrazione asilo) di Parma in VIALE TOSCANINI 2a (ci dicono che una chiesa sconsacrata molto bella e in posto ameno e verde, nei pressi della stazione Fs di Parma).

 

Il giorno dopo, DOMENICA 27 AGOSTO DALLE ORE 10.30 ALLE 14, nella stessa sede, proponiamo anche alle altre associazioni interessate (Ics, Assopace, Cir, reti di sostegno ai profughi), un INCONTRO OPERATIVO SUL DIRITTO D'ASILO AI KURDI, finalizzato anche a far nascere un apposito osservatorio nazionale.

 

Buon lavoro o buone vacanze a tutti

 

Dino Frisullo

 

 

 

 

 

1.

 

Ahmet Angay non poteva supporre, quando nel 98 lo caricarono di forza sullaereo per Istanbul, che avrebbe avuto in comune con il suo presidente Ocalan lasilo tardivo. E uno dei ventitr casi in cui, di fronte alla tortura dei rimpatriati, le corti tedesche hanno fatto autocritica concedendo lasilo o un visto per il rientro. Troppo tardi. Ahmet, in Turchia, gi al terzo anno di galera su dodici.

 

Cos un documento diffuso il 1. agosto dal ministero degli Esteri tedesco tira il freno sui rimpatri coatti, ed accusa: in Turchia permane la tortura, aumenta la persecuzione delle idee, non cՏ libert sindacale, i militari non sono soggetti alla legge, si perseguitano anche i semplici simpatizzanti del Pkk.

 

Negli stessi giorni lOng tedesca ProAsyl, smentendo lottimismo del governo, lancia un allarme anche sulla situazione nel Kurdistan irakeno. Operazioni militari turche e irakene, nessuna libert di circolazione, rischi di morte e tortura per gli abitanti dellinfelice regione formalmente autonoma. Dunque ingiustificato il rigetto del 95% delle loro richieste dasilo in Germania.

 

La conferma viene dal cielo col fragore delle bombe turche che per quaranta minuti fanno strage di pastori inermi nel villaggio di Kendakur, poco oltre il confine turco-irakeno. Pi di settanta i morti e i feriti, fra cui molte donne e bambini. E il 15 agosto, anniversario della nascita del partito di Ocalan: una coincidenza non casuale..

 

E un agosto rovente quello dei kurdi, appena addolcito nella parte iraniana dalla visita e dalle promesse di democrazia del presidente Hatemi. In Turchia secondo lIhd (Associazione per i diritti umani) nel primo semestre dellanno i casi di tortura si sono ridotti del 21%, ma sono raddoppiate le sentenze per reati di opinione. Proprio il 15 agosto i militari hanno riapposto i sigilli alla sede dellIhd di Diyarbakir, chiusa da tre anni per "stampa illegale" dopo aver denunciato ben diecimila violazioni dei diritti fra l88 e il 97. E rimasta aperta solo mezzora.

 

Gli occhi neri di Remziye si velano, a Crotone, quando parla della sua Diyarbakir. "Non cambia nulla, solo parole" Migliaia di donne come lei il 2 agosto sono fermate dalle cariche di polizia alle porte di Ankara, dove volevano portare la loro protesta contro le undici nuove prigioni "di tipo F", a celle disolamento. Altre madri e sorelle di prigionieri sono trascinate per i capelli, prese a calci e arrestate nella piazza Galatasaray di Istanbul, dove per anni hanno manifestato i parenti degli scomparsi.

 

Cosa siano le nuove carceri, lo spiega al Comitato europeo contro la tortura Ali Osman Zor, che ha vissuto per sei mesi lisolamento nel carcere di Kartal. "Lunico ponte col mondo sono i 45 minuti di colloquio settimanale con lavvocato. Da solo impazzisci, in due o tre finisci per scagliarti uno sullaltro come topi folli. Perdi il senso del tempo, puoi vegliare o dormire per quarantottore. E vai in paranoia: ogni volta che si apre la porta immagini un secondino aggressore, come quello che a Burdur strapp un braccio a un prigioniero e lo gett in pasto ai cani"

 

Solo parole, dice Remziye. Come "amnistia". Per averla rivendicata, i dirigenti del partito Hadep sono incarcerati a Van, a Diyarbakir, a Istanbul. Parole come "pace": per averla proposta, il gruppo di esuli del Pkk consegnatosi nel 99 rischia fino a ventitr anni nel tribunale speciale di Ankara, assediato il 6 agosto da centinaia di kurdi che scandiscono "Biji Ashit", viva la pace. Parole come "democrazia": Eren Keskin, presidente dellIhd di Istanbul, potrebbe passare sei anni in galera solo per aver denunciato il ruolo antidemocratico dei militari.

 

Chi tocca lesercito muore, in Turchia. Lo sa Pasa Batin, padre del coscritto Mehmet "suicida" con due proiettili nello stomaco il 16 giugno a Igdir. Il medico legale precisa: ho parlato di morte per dissanguamento, non di suicidio. Batin padre accusa: non sarebbe il primo soldato kurdo ammazzato per avere un fratello nel Pkk. Bisogner spiegarlo alla commissione che a Roma nega lasilo ai kurdi che vogliono "solo" evitare il servizio militare. E il 24 agosto si apre a Istanbul, presenti alcuni obiettori italiani, il processo alla giornalista Nadir, autrice di uneversiva raccolta di memorie dal fronte kurdo.

 

Parole. Rustu Yucelen, nuovo ministro per i Diritti umani, promette scuole (private) in lingua kurda e un simposio in settembre con le organizzazioni per i diritti umani, e la Turchia si prepara a firmare la Convenzione Onu sulla tutela delle minoranze. Ma intanto il 2 agosto la polizia irrompe nelle sedi di Istanbul, Mersin, Izmir e Tarlabasi del Centro di cultura della Mesopotamia. Sequestra libri, video, cassette e quarantuno giovani, fra cui i teatranti di Jihana Nu (Vita nuova) e i musicisti dei sette gruppi cresciuti in seno al Mekem. A Diyarbakir il governatore militare mette al bando 242 cassette, fra cui quelle del massimo cantautore turco Ahmet Kaya. E il presidente Ecevit presenta una legge che trasformerebbe sindaci e amministratori in passacarte, avocando ad Ankara le loro competenze locali e internazionali.

 

Ma i kurdi sono ostinati. Mentre prosegue lesodo in lEuropa, solo in questagosto ottanta famiglie di Mardin, gli abitanti dellarea di Eruh e di cinque villaggi di Siirt, oltre duemila yezidi (zoroastriani) della regione di Batman e 17.500 sfollati da Bingol chiedono di tornare e ricostruire i villaggi distrutti. Togliendo prima le mine, che hanno fatto 281 morti nelle aree kurde fra il 91 e il 97. "Non ho pianto sulle rovine delle case" racconta Omer Oguz, del villaggio di Akdiken, "ma sui monconi dei nostri alberi di pistacchio. Avevo promesso a mio nonno i pistacchi e le nocciole della nostra terra".

 

Omer fa il guardiano notturno a Smirne, e spera ancora. Nella stessa periferia miserabile Esen Aslan a ventottanni aveva perso la speranza o la pazienza. SՏ data fuoco, contro lisolamento di Ocalan e di tutti i prigionieri. Piantonata dai militari, incappucciata, il corpo ustionato legato al letto, morta il 6 agosto nellospedale di Smirne dopo una settimana di agonia. Lei cՏ ritornata a Diyarbakir ma in una bara, come nel film "Viaggio verso il sole". Migliaia di persone lattendevano, a dispetto della polizia.

 

D.F.

 

2.

 

Perch i kurdi preferiscono sfidare il Mediterraneo su scafi sovraccarichi, rispetto alla via dellAlbania e dei Balcani? Perch i piccoli gruppi rischiano di essere respinti, come accade sempre pi spesso nei porti di Bari, Brindisi, Venezia, Trieste, o al confine terrestre di Gorizia. E il rischio di morte raddoppia.

 

Racconta il 10 agosto al quotidiano "Ozgur Politika" S.D., boss turco operante in Albania: "Gli agenti che li fanno confluire a Istanbul trattengono in genere cinquecento marchi su cinquemila. Altri 3.500 marchi si ripartiscono fra i tragitti dalla Turchia in Albania, da qui in Italia, e dallItalia in Germania o altrove. Allorganizzazione restano almeno mille marchi a testa. DallAlbania inviamo in Italia gruppi di venti persone ogni due settimane, ma anche pi spesso se il mare buono. Ovviamente, i viaggi possono finire male Noi stiamo a Tirana, Durazzo, Valona ed Elbasan, dove il traffico di eroina e di persone fa circolare un mucchio di denaro. La gente aspetta a lungo e i pi esposti sono i kurdi, perch sono contro lo Stato. Per alcuni chiediamo istruzioni in Turchia: dobbiamo riconsegnarveli o farli proseguire? Talvolta la risposta : fateli fuori"

 

Il 16 luglio, mentre a Roma il ministro Bianco rendeva pubblico il nuovo accordo con Ankara "per la lotta allimmigrazione clandestina e al terrorismo", i poliziotti greci di Rodi si mettevano le mani fra i capelli. Dai registri risultava che lo scafo Burcu-1, appena sequestrato con 126 profughi kurdi a bordo, era di propriet della "Gocek Tourism & Yachting Co.", la quale appartiene nientemeno che ad Ali Erkmen, figlio dellex ministro degli Esteri turco Hayrettin. "Me lhanno rubata", si giustific il rampollo del politico di rango. La polizia turca conferm: glielhanno rubata

 

Ridono dellaneddoto i profughi kurdi nel campo di Crotone. Ridono amaro. "La polizia turca? L8 agosto gli autobus che ci portavano da Istanbul a Smirne si fermavano a ogni posto di blocco, lautista scendeva e distribuiva biglietti da dieci milioni di lire turche (pari a 50mila lire italiane, ndr). Allingresso del porto di Cesme lautista entrato nel comando militare con un fascio pi grosso: ventimila dollari".

 

Un altro si allarma quando gli dico che laccordo Italia-Turchia comporta la presenza al Viminale di un funzionario di polizia turco. "Per controllarci? Quando ci siamo imbarcati, di notte, un gruppo sՏ perso nel bosco. E stata la polizia a ricondurli al porto e a distribuire i posti sulle navi insieme ai mafiosi. Controllavano i nomi: qualcuno non entrato nella nave ma in prigione".

 

Due pescherecci sbilenchi il 30 luglio hanno scaricato a Crotone pi di cinquecento kurdi irakeni, tutti della citt di Zakho. Anche loro scrollano le spalle quando si parla della polizia turca. "In tre notti abbiamo attraversato tutta lAnatolia con un convoglio di quindici minibus, passando il confine e i posti di blocco in regioni sotto coprifuoco. Credi che non ci abbiano notato?" E aggiungono: "Dalle province pi esposte chi non ancora partito ora fugge. I partiti kurdi che ci amministrano fanno solo interessi personali o di clan, e prendono anche loro la tangente per farci passare il confine".

 

"E unorganizzazione grande e spietata" interviene la madre di due bambini: " per 3.500 dollari a persona, duemila per i bambini, invece della nave che doveva aspettarci al largo abbiamo proseguito, sotto il tiro di tre mafiosi armati, su due barconi mezzo allagati. Alla fine si sono spaventati pure loro, e hanno puntato su Crotone".

 

Sono pi di ottocento i naufraghi degli sbarchi che, con la crescita esponenziale di questanno, danno il termometro della tensione e della disperazione dei kurdi. Il sole arroventa le roulotte allineate nel "piccolo Kurdistan" di Capo Rizzuto, in quello che doveva essere il pi grande aeroporto Nato nel Sudeuropa. La pista che quindici anni fa occupammo per protesta, oggi non ospita i rombanti F-16 a stelle e strisce, ma per met le carni martoriate delle vittime degli F-16 con la mezzaluna rossa, nellaltra met le carni abbronzate dei turisti nellaeroporto civile. Il contrasto stride.

 

Il campo non diventa un lager solo per linnegabile impegno dei funzionari prefettizi, che per non possono reinventare la legge. Possono solo accelerare le pratiche che, in capo a tre o quattro settimane, rinvieranno sulla strada "richiedenti asilo" con un pezzo di carta e quattro soldi, sufficienti appena per sopravvivere uno o due dei quindici mesi di attesa media.

 

E la risposta in molti casi non sar positiva. Omer Eroglu, ventun anni, ha portato alla commissione ministeriale un articolo su suo fratello desaparecido e un attestato del sindaco del suo villaggio, distrutto per rappresaglia dallesercito. Ma "si contraddice, non scende in particolari": istanza rigettata. Come quella di Harre Ahmet, perch "la diserzione e la renitenza alla leva non sono motivo sufficiente per lasilo" (ma per il carcere a vita s, in Turchia). Ad Abdullah Ovun per ottenere asilo non bastano le cicatrici delle pallottole, n il dettagliato racconto delle torture subite

 

Accoglienza inesistente, procedura dasilo lunga e incerta: tutto congiura per dissuadere i profughi dal restare. Meglio affidarsi ai mafiosi sui valichi rischiosi delle Alpi o di Ventimiglia, meglio vivere clandestini ma in famiglia. Finch i trattati di Schengen e Dublino non li rispediranno in Italia, primo paese dapprodo, guardiano di unEuropa che non ha il coraggio di farsi carico dellesodo e delle ragioni di un popolo intero.

 

D.F.

 

3.

 

LE RIVOLTE NELLE CARCERI TURCHE

 

1981: un anno dopo il colpo di stato militare, Mazlum Dogan si impicca e tre suoi compagni del Pkk si bruciano vivi per protesta contro la tortura nel carcere di Diyarbakir, il primo di sessanta carceri speciali di tipo "Ozel" ed "E".

14.1.84: ancora contro la tortura, a Diyarbakir digiunano 43 prigionieri. Ne moriranno undici.

11.4.84: cinquecento detenuti avviano lo sciopero della fame nel grande carcere di Bayrampasa a Istanbul per ottenere lo status di prigionieri politici. Quattro di loro non sopravvivono.

21.9.85: rivolta di prigionieri della sinistra kurda e turca nel carcere di Buca (Smirne). Due morti e 42 feriti negli scontri con gli agenti.

19.5.96: trecento detenuti entrano in sciopero della fame per la chiusura del carcere di Eskisehir, detto "la bara", e per migliori condizioni di vita. Muoiono di fame in dodici.

3.1.96: protesta nelle carceri di Istanbul. Bilancio degli scontri: tre morti e 28 feriti per le autorit, quattro morti e 35 feriti per lAssociazione diritti umani.

24.9.96: massacro a freddo nel carcere di Diyarbakir. Undici detenuti sono assassinati a colpi di spranghe e mazze chiodate.

9.7.97: la rivolta nel carcere di Metris (Istanbul), scoppiata dopo la morte violenta di un detenuto, repressa nel sangue dai militari. Cinque morti.

26.9.99: la gendarmeria reprime la rivolta dei detenuti di sinistra a Ulucanlar (Ankara). Dieci morti, ma lAssociazione diritti umani ne denuncia tredici.

5.7.2000: i militari sparano contro i prigionieri che a Burdur rifiutano il trasferimento in uno dei nuovi carceri di tipo "F" (disolamento). Trentotto i feriti, di cui sedici gravi. Desta raccapriccio il ritrovamento del braccio di uno dei prigionieri, Veli Sacilik, in pasto ai cani.

 

4.

 

NOI KURDI TORNEREMMO ANCHE DOMANI, MA PER VIVERE LIBERI

 

Noi siamo profughi perch kurdi, membri di un grande popolo negato, perseguitato e deportato in Turchia e in tutto il Medio oriente.

 

Nel Kurdistan turco e irakeno in quindici anni sono stati distrutti diecimila villaggi kurdi. Quello che giunge oggi in Italia solo una piccola parte dellesodo di milioni di persone, sul quale lOnu, lUnhcr e la comunit internazionale hanno chiuso e chiudono gli occhi. Un esodo di guerra.

 

Noi profughi in Italia, come i nostri fratelli in tutta Europa, non volevamo espatriare. Non volevamo affidare i nostri risparmi e le nostre vite nostre alle bande mafiose che, fino al momento dellimbarco, collaborano con lesercito e la polizia turca alla pulizia etnica. Non vogliamo che i nostri figli rischino la vita per raggiungerci e per dividere con noi la durezza dellesilio e lassenza, in Italia, di ogni tipo di assistenza.

 

Dichiariamo di essere pronti a rinunciare allasilo e ritornare anche domani, se nel nostro paese cesser la guerra e loppressione. Anche dalle baraccopoli turche centinaia di migliaia di profughi hanno chiesto di tornare nei loro villaggi ricostruiti, non nei campi di concentramento del regime.

 

Il governo organizza lesodo perch non bastano le sue prigioni, ma imprigiona chi ritorna dallesodo. E assurdo accordarsi con il governo turco per fermare lattivit di trafficanti che sono tuttuno con lo Stato.

 

Ed assurdo trattarci come immigranti clandestini. Respingere i kurdi, come avviene alle frontiere italiane, significa riconsegnarli ai trafficanti, se non ai torturatori.

 

Noi certo vogliamo tornare, ma per vivere liberi.

 

Invece venti di guerra saddensano nel Kurdistan irakeno, e continua loppressione nella cella di Imrali, in tutte le carceri turche e nel grande carcere a cielo aperto che il nostro paese. Dopo un anno nessuna risposta seria venuta alla tregua unilaterale del movimento di liberazione kurdo in Turchia.

 

Non cՏ oggi al mondo un popolo, come il nostro, sradicato e negato in quanto tale. Chiediamo allItalia, allEuropa, allOnu di farsi carico delleccezionalit del nostro dramma.

 

O la comunit internazionale legittima le nostre organizzazioni e fa propria la loro proposta di ricostruzione democratica e dialogo per la pace, oppure dovr garantire per vie legali protezione umanitaria, asilo, unit familiare e vita dignitosa a coloro che sono venuti e verranno. O potremo raggiungere i nostri bambini in un paese libero e in pace, oppure i nostri bambini devono raggiungerci, ovunque noi siamo, con un visto regolare.

 

Se lEuropa vuole davvero combattere i trafficanti, ha solo due strade: imporre la pace, o aprire le sue porte alle vittime della guerra.

 

Sottoscritto da tutti i cento profughi kurdi di Turchia stabilmente residenti a Roma

 

 

 

5.

 

LA VERGOGNA ITALIANA

 

Sembra proprio che il nostro paese, al di l delle parole di esponenti di governo e parlamentari, sia incapace di garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali. Ai nostri confini nelle scorse settimane sono arrivate ancora centinaia di persone: maghrebini, kurdi, asiatici e africani. Alcuni cercano un lavoro, altri cercano rifugio dalle persecuzioni. A questi ultimi, senza alcuna esitazione, va riconosciuto il diritto dasilo. Delle drammatiche vicende del popolo kurdo lItalia ha cominciato ad accorgersi nel dicembre 97. Cosa cambiato da allora? Quasi nulla: le autorit nostrane continuano ad applicare soluzioni di emergenza, le forze politiche litigano fra loro in modo inconcludente, i mezzi dinformazione continuano a parlare di "clandestini". In questi giorni si assiste anche allo scaricabarile verso altri paesi. Ma la vergogna pi grande che continua a mancare una legge che regoli il diritto di asilo, e purtroppo il nostro parlamento non sembra preoccuparsene affatto.

 

Daniele Scaglione

 

Presidente della sezione italiana di Amnesty International

 

 

 

6.

 

ELENCO DEGLI SBARCHI FRA IL 1997 E IL 2000 NELLA SOLA CALABRIA

 

TOTALE: 8.832 PERSONE IN POCO PIU DI TRE ANNI, PER IL 90% KURDI, PER UN TERZO BAMBINI

 

1997

 

1.   27 maggio 97 a Soverato, 240 kurdi

2.   13 giugno 97 a Botricello, 180 kurdi

3.   24 agosto 97 a Badolato, 460 kurdi, pakistani e srilankesi

4.   Ottobre 97 a Monasterace, 240 kurdi

5.   Novembre 97 a Riace, 250 kurdi

6.   26 dicembre 97 a Badolato, 836 kurdi ed egiziani

 

1998

 

7.   30 maggio 98 a S.Ilario, 180 kurdi

8.   Giugno 98 a Riace, 300 kurdi

9.   Luglio 98 a Crotone, 350 kurdi, afghani, sierraleonesi

10.  Settembre 98 a Bianco, 184 kurdi

 

1999

 

11.  Giugno 99 a Bianco, 268 kurdi e afghani

12.  Agosto 99 a Bianco, 228 kurdi

13.  4 settembre 99 a Guardavalle, 216 kurdi e afghani

14.  Settembre 99 a Reggio Calabria, 180 kurdi

15.  4 dicembre 99 a Crotone, 285 kurdi

16.  30 dicembre 99 a Crotone, 300 kurdi, in prevalenza siriani

 

2000

 

17.  11 marzo 2000 a Reggio Calabria, 380 kurdi, srilankesi e afghani

18.  13 marzo 2000 a Monasterace, 150 kurdi, algerini, pakistani, bangladeshi

19.  4 aprile 2000 a Reggio Calabria, 284 kurdi

20.  18 aprile 2000 a Reggio Calabria, 350 kurdi e di varie nazionalita

21.  12 maggio 2000 a Crotone, 474 kurdi e di varie nazionalita

22.  13 maggio 2000 a Crotone, 99 kurdi e pakistani

23.  20 maggio 2000 a Bianco, 380 kurdi

24.  22 maggio 2000 a Stignano, 180 kurdi

25.  29 maggio 2000 a Condofuri, 171 kurdi e afghani

26.  11 luglio 2000 a Monasterace, 203 kurdi, pakistani, marocchini, zairesi

27.  20 luglio 2000 a Capo Spartivento, 400 kurdi

28.  30 luglio 2000 a Crotone, 500 kurdi ed africani

29.  8 agosto 2000 a Roccella Jonica, 319 kurdi, sierraleonesi, marocchini, palestinesi

30.  12 agosto 2000 a Crotone, 245 kurdi

 

(Elab. di Daniela Trapasso, CIR di Badolato)

 

 

 

7. (GUIDA DI VIAGGIO OLTRE IL MURO)

 

 

 

KURDISTAN: IN VIAGGIO VERSO IL SOLE

 

TURISMO ETICO IN TURCHIA, MA OLTRE IL MURO

 

 

 

Da tutta Europa centinaia di migliaia di persone hanno prenotato un viaggio in Turchia, diretti oltre quella Cappadocia che limita ad est le ordinarie guide turistiche. Per vedere per lultima volta lantica Hasankeyf, prima che la sommergano le acque del Tigri. Per impedire che sia lultima volta.

 

Fino ad oggi gli amici del popolo kurdo proponevano di boicottare il turismo in Turchia, fonte di valuta preziosa per il riarmo. E dal canto loro i depliant sconsigliavano i turisti dinoltrarsi nellAnatolia orientale: territorio di guerra. Oggi la guerra non cՏ pi, dopo la tregua unilaterale della guerriglia kurda. Rimane la legislazione demergenza, rinnovata il 30 giugno nelle province kurde di Amed (in turco Diyarbakir), Hakkari, Sirnak e Dersim. Solo a Mardin e recentemente a Van sՏ allentata la morsa dei militari.

 

A Van, Diyarbakir, Hakkari e in altre trentatr citt grandi e piccole del Kurdistan (ma anche in alcune citt dellovest affollate dai profughi) da oltre un anno si sono insediati sindaci filokurdi. E il loro partito, lHadep, la rete del nuovo tessuto democratico in un territorio in cui sono vietati i giornali kurdi ed ogni associazione bandita, con la parziale eccezione del sindacato Kesk. Pu diventare anche la rete fraterna e ospitale per chi questestate voglia recarsi in Turchia ad occhi, mente e cuore aperto, oltre il muro del silenzio.

 

I sindaci della zona di Van accolsero nella scorsa primavera con canti e danze una delegazione di amministratori e cooperanti. Nonostante latroce delusione della vicenda di Ocalan, gli italiani laggi sono popolari. E la gente attende a braccia aperte quei "turisti responsabili" che decidano di visitare lAlta Mesopotamia. E lantico giardino dellEden, oggi deturpato dalle rovine di quattromila villaggi, dai posti di blocco, dallecocidio e dallesodo di guerra, dalle grandi dighe in costruzione sullalto corso dei fiumi che furono culla dellumanit, il Tigri e lEufrate.

 

Nel paese dei kurdi, che reato chiamare Kurdistan, si pu arrivare in treno, seguendo il percorso dellantico Orient Express fino a Istanbul, ad Ankara e allantica citt di Sivas dove la linea si biforca, a nordest verso Erzurum e gli alti monti a cavallo del confine armeno e iraniano, a sudest lungo il bacino del Tigri fino a Diyarbakir e al capolinea Kurtalan. Pi veloci e altrettanto economici e pittoreschi sono gli autobus che da Istanbul portano a Diyarbakir in venti ore di tappe gentili nelle stazioni corrispondenti agli antichi caravanserragli. Ma per il "viaggio verso il sole" del bel film omonimo si preferiscono in genere i voli interni che collegano Istanbul e Ankara con Diyarbakir e Van.

 

In ogni caso passando per Istanbul conviene fermarsi a visitare cosa? Certo, il Topkapi e le altre meraviglie del Corno dOro. Ma anche, guidati dagli attivisti dellAssociazione diritti umani, dellHadep o dellAssociazione profughi, le baraccopoli e i quartieri fatiscenti che non attendono il terremoto per crollare, abitati da milioni di rifugiati. E le istituzioni della cultura kurda, aperte a sfida della repressione: il Centro di cultura della Mesopotamia, il sindacato degli insegnanti aderente al Kesk, il quotidiano Yeni Gundem, chiuso cinque volte e sei volte riaperto. Anche in altre metropoli come Adana, Ankara e Izmir (Smirne), il turista chiamato a guardare laltra faccia delle cartoline: i profughi, le prigioni, la tortura coraggiosamente testimoniata da medici e avvocati.

 

Passata la Cappadocia, un bel punto di partenza per il viaggio in Kurdistan la vetta del monte Nemrut, dove sorgono le gigantesche statue fatte edificare venti secoli fa dal sovrano seleucida Antioco. Dal Nemrut, che domina lalta valle dellEufrate, si pu entrare nel territorio kurdo attraverso Elazig, famosa per i tappeti e i kilim e per le vicine rovine dellantica citt di Harput. A nord di Elazig risalendo lEufrate si raggiunge la citt di Dersim, resa martire dalla feroce repressione della rivolta kurda e alawita nel 36 e da allora rinominata Tunceli, "pugno di ferro". Oltre il villaggio di Hozat, ultima trincea degli insorti di Dersim, si stende una stupenda Arcadia montana cara a tutti i kurdi: la valle di Ovacik, stretta intorno al fiume Munzur.

 

Puntando invece verso sud, da Elazig si giunge al capoluogo Diyarbakir e poi alla turrita Mardin lungo una strada fitta di posti di blocco e circondata dalle rovine della guerra: il "triangolo della morte", larea in cui pi forte la pressione dei profughi kurdi per tornare, sminare e ricostruire i villaggi rasi al suolo intorno alle civili e martoriate citt di Lice, Kulp, Hani, Silvan.

 

Diyarbakir, citt gemellata da un anno con Perugia, un universo a parte. Del milione e mezzo di abitanti lo stato turco ne censisce la met: gli altri sono i profughi, fantasmi che animano uninfinita periferia di dignitosa miseria. Le ventidue moschee, la chiesetta armena sopravvissuta al genocidio, e soprattutto le nere mura romane con le ottantadue torri alte sul corso del Tigri, tornano nei sogni e nei canti della diaspora. Nella municipalit di Diyarbakir nel settembre del 99 si riunirono i rappresentanti di ventidue citt kurde per siglare quella "Piattaforma per la democrazia" di cui neppure un punto stato ancora attuato. A cominciare dallamnistia che svuoterebbe il famigerato carcere di Diyarbakir, fulcro di ventanni di resistenza alla tortura, e le altre sessanta prigioni politiche.

 

La regione che da Diyarbakir digrada verso Mardin, con la sua cittadella merlata, un armonioso mosaico di religioni e culture, dai kurdi sunniti e alawiti alle sopravvivenze cristiane e zoroastriane, fino alle aree a maggioranza araba. Pi a sud corre il confine turco-siriano, che taglia come un coltello lantica citt di Nusaybin separandola dalla citt gemella di Qamishli, in territorio siriano. Al centro dellassolata piana di Harran troviamo Urfa, lantica Edessa mitica patria di Abramo, con il suo famoso lago dai pesci sacri. E qui che il regime turco ha impedito al papa di venire a pregare sulla tomba del profeta di tre religioni e di lanciare un dirompente appello di pace in terra kurda.

 

I quattrocento chilometri di terra fertile che congiungono, da ovest ad est, Birecik e Urfa con Mardin e Cizre, cio il bacino dellEufrate con quello del Tigri, sono il terreno del gigantesco sconvolgimento idrogeologico noto come "progetto Gap", che con le sue ventidue dighe dar entro dieci anni alla Turchia le chiavi delloro bianco da drenare verso lAnatolia e Israele a danno del mondo arabo a valle. Ben sessantacinque centri abitati, compresi i dodici millenni di storia testimoniati dai ruderi dellantichissima Hasankeyf, rischiano di essere spazzati via dalle acque della sola diga di Ilisu, complice litaliana Impregilo.

 

Ma il cuore dei kurdi batte con gli echi delle montagne del confine orientale. Vi si pu accedere atterrando a Van o a Diyarbakir, o inoltrandosi via terra attraverso il possente altopiano orientale che separa il lago di Van dal Mar Nero. Le sue nevi videro i viaggi di Senofonte e Marco Polo e infinite carovane sulla Via della Seta, ma anche il calvario di milioni di armeni, poi, negli anni 40, le deportazioni ad Askale di ebrei e cristiani, ed oggi la guerra sporca contro i kurdi. Erzurum, lantica Teodosiopoli fortificata nel IV secolo, detiene il duplice triste primato del carcere pi tremendo e del pi alto numero di vittime delle squadre della morte.

 

Da Erzurum attraverso Horasan e Agri si giunge a Dogubeyazit, la cittadina dominata dal castello di Ishak Pasha. Il sindaco, una combattiva operaia tessile dellHadep, rischi la destituzione per parlare di pace ad Assisi. E Dogubeyazit la porta dellArarat, il cui nome originario Agri Dagi, Monte del Dolore. Infinite leggende, fra cui quelle sui resti dellArca, circondano limmenso cono innevato dellantico vulcano che si erge per quattromila metri sullaltopiano. E la montagna madre di tutti i kurdi, con il suo seguito di catene che si prolungano a nord in Armenia, a sud lungo il confine iraniano fino allIraq del nord. Un territorio unitario, squartato dalla geopolitica e riunificato dalla lotta partigiana.

 

A sudovest dellArarat si stende, a ben 1700 metri daltezza, il lago salato di Van, un mare interno dalle isole ricche di storia. La citt omonima fa risalire le sue origini leggendarie al gigante Gilgamesh e al Diluvio universale e quelle storiche al regno di Urartu, quasi tremila anni addietro. Qui i Medi, antenati dei kurdi, resistettero a lungo allinvasione assira, e qui part la riscossa kurda guidata dal mitico fabbro Kawa, celebrata ogni anno nel Newroz di primavera. Oggi le municipalit di Van, Ozalp e Bostanici, guidate dallHadep, si battono per risanare il lago e restituire alle montagne circostanti la vita stroncata dalla guerra.

 

Larea a sud del lago regione di pascoli montani e citt che senza lonniprosente occupazione turca sarebbero ridenti e suggestive, dalle verdi Yuksekova e Semdinli ad Hakkari, lantica Merivan, da Bitlis, capitale del profumato tabacco venduto sfuso, a Siirt, centro di lavorazione dei tessuti di lana mohair. Con Bingol e Cizre, sono tutte citt care alla resistenza kurda che ventanni fa nacque qui, nella regione montuosa del Botan dove confluiscono i confini artificiali fra Turchia, Iraq e Siria.

 

"Aspetter che si dissolvano le nevi. Aspetter finch si sciolgano i ghiacciai, finch la terra palpiti di gioia. Aspetter - finch lamore scaler le montagne", scriveva Cemile Cakir (pron. Jemle Ciakr), kurda, detenuta a ventidue anni nel lager di Erzurum.

 

Dino Frisullo

 

SCHEDE

 

1. Le municipalit amministrate dallaprile 99 dal partito filokurdo Hadep

 

Nella parte turca:

 

Kucukdikili (Adana), sindaco Mehmet Yasik

 

Savuca-Soke (Aydin), sindaco Ahmet Gedik

 

Akdeniz (Icel), sindaco Fadil Turk

 

Asarlik-Menemen (Izmir), sindaco Rasit Guleryuz

 

Nella parte kurda:

 

Komur (Adiyaman), sindaco Abuzer Bektas

 

Agri (capoluogo), sindaco Abuzer Bektas

 

Dogubeyazit (Agri), sindaco donna Mukaddes Kubilay

 

Patnos (Agri), sindaco Ihsan Celik

 

Batman (capoluogo), sindaco Abdullah Akin

 

Bingol (capoluogo), sindaco Feyzullah Karaaslan

 

Diyarbakir (capoluogo), sindaco Feridun Celik

 

Lice (Diyarbakir), sindaco Zeynel Bahar (*)

 

Bismil (Diyarbakir), sindaco Salih Yalcinkaya

 

Ergani (Diyarbakir), sindaco Zulkuf Emirhanoglu

 

Silvan (Diyarbakir), sindaco Zeki Celik

 

Baglar (Diyarbakir), sindaco Cabbar Leygara

 

Yenisehir (Diyarbakir), sindaco Remzi Azizoglu

 

Surici (Diyarbakir), sindaco Cezayir Serin

 

Kayapinar (Diyarbakir), sindaco M. Can Tekin

 

Fabrika-Carikli (Diyarbakir), sindaco Sefik Turk

 

Hakkari (capoluogo), sindaco Huseyin Umit

 

Yuksekova (Hakkari), sindaco Hatem Ike

 

Semdinli (Hakkari), sindaco Ferman Ozer

 

Derik (Mardin), sindaco donna Ayse Karadag

 

Kiziltepe (Mardin), sindaco donna Cihan Sincar

 

Mazidagi (Mardin), sindaco Husnu Tur

 

Nusaybin (Mardin), sindaco Mehmet Tanhan

 

Bulanik (Mus), sindaco Mehmet Nasir Aras

 

Malazgirt (Mus), sindaco M. Tahir Kahramaner

 

Siirt (capoluogo), sindaco M. Selim Ozalp

 

Kurtalan (Siirt), sindaco Nezir Gulcan

 

Suruc (Urfa), sindaco Nahsan Ercan

 

Viransehir (Urfa), sindaco Emrullah Cin

 

Yukarigoklu-Halfeti (Urfa), sindaco Mehmet Guner

 

Van (capoluogo), sindaco Sahabettin Ozarslaner

 

Ozalp (Van), sindaco M. Salih Haktan

 

Bostanici (Van), sindaco Muhammed Aslan

 

(*) A Lice, citt distrutta per tre quarti dallesercito nel 93, il sindaco, eletto nonostante il divieto di ingresso in citt, entrato in municipio fra le baionette e ne uscito poco dopo, destituito dal governatore militare

 

 

 

 

 

2. Recapiti telefonici delle principali sedi dellHadep, da considerare, con ovvia discrezione, punti di riferimento ed informazione per il visitatore attento (dallItalia prefisso 0090):

 

Adana 0322.3597930

 

Adiyaman 0416.2141656

 

Agri 0472.2160056

 

Ankara 0312.4174264

 

Antalya 0242.2431824

 

Batman 0488.2128373

 

Bingol 0426.2140210

 

Bitlis 0434.2262341

 

Bursa 0224.2203006

 

Canakkale 0286.2120412

 

Diyarbakir 0412.2234723

 

Elazig 0424.2126500

 

Erzurum 0442.2344764

 

Gaziantep 0342.2310558

 

Hakkari 0438.2116581

 

Istanbul 0212.2966029

 

Izmir 0232.4457467

 

Kars 0474.2124895

 

Kayseri 0352.2225632

 

Kocaeli (Izmit) 0262.3225101

 

Konya 0332.2369719

 

Malatya 0422.3225190

 

Manisa 0236.2310080

 

Mardin 0482.2131141

 

Mus 0436.2129368

 

Siirt 0484.2235456

 

Tunceli (Dersim) 0428.2125307

 

Urfa 0414.3150429

 

Van 0432.2120656

 

 

 

3. Altri recapiti telefonici utili

 

IHD (Associazione per i diritti umani):

 

Ankara 0312.4320957-4357615

 

Istanbul 0212.2510085

 

Diyarbakir 0412.2234526

 

MKM (Centro di cultura della Mesopotamia) Istanbul 0212.2518506

 

Quotidiano Yeni Gundem (Nuovo Diario), vietato nelle regioni kurde:

 

Istanbul 0212.6321235

 

Goc-Der (Associazione profughi) Istanbul 0212.6356122

 

Tohav (Fondazione giuristi democratici)

 

Istanbul 0212.2934770

 

Diyarbakir 0412.2285998

 

Greenpeace Istanbul 0212.2364238

 

Thay-Der (Associazione famiglie detenuti) Diyarbakir 0412.2291317

 

Kesk (Confederazione sindacale dopposizione)

 

Istanbul 0212.2517677

 

Diyarbakir 0412.2285350

 

Rappresentanze diplomatiche italiane:

 

Ambasciata ad Ankara 0312.4265460

 

Consolato a Istanbul 0212.2431024

 

Consolato a Izmir (responsabile per le province kurde) 0232.4636676

 

 

 

 

 

4. Consigli utili

 

In Turchia si dovrebbe viaggiare con la carta didentit, ma meglio avere il passaporto valido. Il visto, del costo di dieci dollari, viene apposto allingresso in Turchia.

La valuta preferita sono dollari e marchi, ma nelle citt si cambiano facilmente anche le lire italiane.

La lingua veicolare il turco, anche se molti kurdi parlano solo la loro lingua (indoeuropea, a differenza del turco) e saranno piacevolmente sorpresi da chi sappia almeno salutarli in kurdo. Fra le lingue europee, preferito linglese e il tedesco.

Sono rarissime le perquisizioni allingresso, rare quelle alluscita, ma meglio non portare con s pubblicazioni o gadget che nominino o ricordino il Kurdistan. Attenzione anche nelle conversazioni.

Il viaggio aereo, Alitalia o Turkish, costa 5-600.000 lire A/R in bassa stagione, mentre i voli interni costano 2-300.000 lire A/R, o molto meno se collegati al volo internazionale della Turkish.

In tutte le citt grandi e piccole esistono alberghi puliti a prezzi pi che onesti, e nei villaggi quasi inevitabile la pi calda ospitalit.

E assai facile noleggiare auto e si viaggia abbastanza tranquillamente anche in territorio kurdo, a parte le soste ai posti di blocco e il coprifuoco in alcune aree. E preferibile comunque usare gli autobus, economici e comodi, che giungono ovunque e sono ottimi per socializzare.

Un europeo, anche curioso e solidale, non corre alcun rischio, se non - per chi si esponga troppo - quello dellespulsione dalle aree in regime demergenza o, in casi estremi, dalla Turchia.

Piccole telecamere e apparecchi fotografici sono utili, ma senza esibirli troppo davanti ai militari, che potrebbero, specie se ripresi, reclamarne le pellicole.

Quanto ai rischi ai quali si espongono gli interlocutori, ed ai vantaggi che possono trarre dalla presenza di osservatori europei, giusto lasciar valutare a loro gli uni e gli altri. Sanno quel che fanno.

E utile comunque, prima di viaggiare nel territorio kurdo, informare della propria presenza e delle proprie mete gli uffici consolari italiani (con un certo anticipo in caso di delegazioni consistenti).