Date: 12:25 AM 6/26/01 +0200

From: Dino Frisullo

Subject: A Muyesser Gunes, kurda, ambasciatrice di pace e dig ni

 

Rete Diritti di Cittadinanza - soalinux.comune.fi.it\boxsepe

 

 

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A TUTTE E TUTTI COLORO CHE L'HANNO CONOSCIUTA

E A COLORO CHE QUESTE RIGHE POTREBBERO FORSE AIUTARE A CONOSCERLA...

 

Oggi con un comunicato l'Ufficio d'informazione del Kurdistan in Italia ha

dato notizia dell'uccisione, sulle montagne kurde, del secondo figlio di

Muyesser Gunes, presidente della "Iniziativa della Madri per la Pace" in

Turchia, che aveva gi perso un figlio nella guerriglia.

 

Il primo era stato ucciso combattendo.

Il secondo, invece, stato massacrato nell'imboscata tesa il 22 maggio,

presso Bingol, a un gruppo di combattenti attestati sulle montagne in

posizione puramente difensiva, come ha deciso da due anni il loro partito e

il suo presidente prigioniero.

E' stato ucciso probabilmente con armi chimiche, insieme ai suoi compagni e

compagne, nella grotta in cui erano stati sorpresi grazie a due informatori

e dove erano stati prima torturati. Questo risulta dalle denunce delle

famiglie, alle quali i corpi martoriati, gettati in una fossa comune, non

sono stati mostrati se non in fotografia.

 

Muyesser stata recentemente in Italia, per un lungo giro d'iniziative e

incontri per la pace. Teneva a incontrare soprattutto le donne italiane, e

il momento pi bello e toccante stato il suo intervento a Genova

all'assemblea delle donne contro il G8.

 

L'ultimo giorno in cui si trovava fra noi, venni a sapere della morte del

suo secondo figlio.

Lei ancora non lo sapeva, e giustamente, credo, non ne fu informata:

dovevano essere i suoi compagni e compagne a darle la terribile notizia, al

suo ritorno in Turchia.

Per me fu per agghiacciante guardarla e sentirla parlare di pace, e sapere

che la guerra l'aveva toccata ancora.

Quella sera, piangendo di rabbia e di dolore, scrissi per lei questo testo,

che solo ora pu circolare e che le dedico.

 

Ci associamo, come rete associativa di Azad, alla proposta della Uiki che

tante donne italiane la vadano a trovare in Turchia.

Per chi voglia dedicarle o indirizzarle un testo, un saluto, un messaggio,

il fax (06.57305132) e la mail di Azad (<mailto:ass.azad@libero.it>ass.azad@libero.it) a

disposizione.

 

 

Muyesser ora certo ha gli occhi chiusi.

Di tanto in tanto

si perdevano nel vuoto stasera

nel suo volto stanco.

Forse non dorme

    e non perch il letto straniero.

Forse dorme

    le sue mani si contraggono convulse

    un grido le si strozza nella gola.

"Da quel giorno non dormo senza incubi" ha detto.

Incubi ricorrenti ogni notte

per mesi per anni

ogni notte

da quando le dissero che suo figlio era morto.

Un messaggio secco

    come una sentenza,

un foglietto tagliente

    come lama d'acciaio:

"ucciso in uno scontro fra soldati e terroristi".

 

Era bello il maggiore dei suoi figli, diceva

    (nei suoi occhi brillavano lacrime)

alto pi di due metri

forte come un gigante.

    "Non hai forse la coda?

    Mostra la coda, kurdo!

    Che lingua parli, bestia?"

Fugg via dalla scuola del villaggio

ma in citt i Lupi grigi lo attendevano.

    "Prendilo, kurdo!

    Schiaccia quella serpe!"

Finch un giorno a vent'anni

    (bello era e forte

    forte come un gigante)

si volse indietro per l'ultimo sorriso

sul sentiero che porta alla montagna.

 

Muyesser forse ora sogna quel sorriso

ma le sue mani si serrano a sangue

su un foglietto tagliente

    come lama d'acciaio.

Forse sogna i soldati,

da quel giorno tornarono ogni sera:

    "ancora qui? portateli in caserma

    capiranno che devono sloggiare,

    questo nido di vipere va chiuso!

    tu vecchio, non sei kurdo

    secondo me sei armeno

    ora vedremo, togliti i pantaloni

    verifichiamo se sei circonciso...

    i tuoi nipoti, figli di cani,

    fratelli di quel cane sovversivo,

    vieni a cercarli domani in prigione!"

 

"Parla di te" le chiesero le compagne italiane...

    non era certo facile

come si pu spiegare

l'arroganza il potere

e come raccontare la tortura

la fierezza il dolore

la fatica di vivere ogni giorno

l'orecchio teso a ogni passo nella sera

quell'urlo che saliva fino al cielo

il giorno che bruciarono le stalle e gli animali...

    con che parole dire

l'ultimo sguardo alla casa di pietra

quella carezza ai tronchi dei pistacchi

visti nascere e crescere coi figli

l'ultimo addio dalla sponda di un camion

in quell'alba liquida e gelida

    l'ultima alba sui monti di Sirt

una svolta

un singhiozzo

e gi il camion precipita verso la metropoli...

 

    Come si pu spiegare tutto questo con parole?

    guardatemi negli occhi

    leggete nei miei occhi

    guardatemi e saprete,

    dicevano i suoi occhi fieri e stanchi.

 

"E' bella Istanbul ma troppo grande

due ore d'auto per attraversarla tutta

ti ci perdi

    e quell'aria pesante di fumi...

Sarebbe bella Istanbul

se solo si potesse respirare

se le case non fossero topaie".

 

Ha quasi cinquant'anni Muyesser

    (cos dice l'anagrafe, sorride)

ha cresciuto sei figli, e uno morto

    ed un altro disperso

    forse ad Istanbul

    forse anche lui in montagna

ma gli anni pi pesanti sono questi sei anni

nella metropoli dove non sei nessuno

e non respiri se non fumi e scarichi

e non ci sono alberi di pistacchio

    e all'alba non c' gallo

    n risveglio di uccelli

    ma solo strida tristi di gabbiani dal Bosforo...

Sola, con il marito che lavora a giornata

    se e quando c' lavoro

e cozze, tante cozze da riempire di riso

perch i figli le vendano insieme ai fazzoletti

per pagare l'affitto di quella topaia

    nel quartiere di Gazi

    quartiere sovversivo di kurdi ed alawiti

    quartiere che conobbe il rombo dei blindati

    e la loro mitraglia.

 

Come si pu spiegare

la fatica di vivere ogni giorno?

Ed un giorno sparito l'altro figlio

stanco di vendere cozze e fazzoletti

stanco d'insulti e miseria e paura

    se n' andato

forse ad Istanbul forse in prigione

    o forse vaga libero

    coi suoi compagni

    sulle sue montagne...

 

Sa parlare due lingue Muyesser

ma preferisce il kurdo

lingua dolce che sa di rugiada e pistacchio

e fu bello sentirlo parlare

quando entr nella sede dell'Hadp.

Poter parlare il kurdo

e parlarlo fra donne:

    "di che villaggio sei?"

    "tuo marito in prigione? ogni quanto lo vedi?"

    "lo so cosa vuol dire

    ho anch'io un figlio e una figlia in montagna"

    "di questi tempi gi mietevamo il grano..."

e scoprire il rispetto degli uomini alle donne

di compagni a compagne:

    "hevl, gradisci un t?"

    "ritorna quando vuoi, qui di te c' bisogno"

    "sai chi Leyla Zana?

    le donne come te sono la nostra forza..."

 

Forse ora nel sonno sorride Muyesser

risente il fumo caldo odoroso di t

e scorre la sua vita

    come un album di foto

    come un film

    di cui si scopre regista ed attrice

dalla sua tana nella metropoli

alle compagne dell'Hadp di Gazi

fino allo sciopero della fame

    Ocalan in Italia

    la grande speranza

    e bastoni levati a colpirla

la marcia delle donne fino ad Ankara

i sit-in per gli scomparsi nella piazza di Taksm

    ancora quei bastoni

e le donne sorelle davanti alle prigioni

le lunghe discussioni sulla scelta di pace

    (ce l'aveva gi dentro, la scelta della pace,

    fin da quando sentiva nella sua stessa carne

    il dolore delle madri dei soldati,

    soldati turchi uccisi...

    nemici?

    pu essere nemico il pianto di una madre?)

 

Le venne naturale:

organizzarsi insieme

le Madri kurde e turche

insieme per la pace

contro la guerra sporca!

 

Sorride Muyesser nel suo letto straniero

    piccola grande donna

    di villaggio e metropoli

    ed ora ambasciatrice

due settimane da Napoli a Trieste

il velo bianco che vuol dire pace

decine d'assemblee

centinaia di occhi amici

a Genova l'abbraccio lungo e forte delle donne

e la magia notturna di Venezia

e gl'incontri con sindaci e assessori

e le fotografie sullo sfondo dei Fori

da mostrare domani alle compagne kurde...

 

Ti sia leggero e dolce il sonno, Muyesser.

Perch domani le tue compagne

t'abbracceranno forte piangendo

all'aeroporto d'Istanbul

e prima ancora di leggere quel foglio

    lo riconoscerai

sentirai la sua lama entrarti nelle viscere

    e saprai

    guardandole negli occhi

che mentre in Italia parlavi di pace

t'hanno ammazzato il tuo secondo figlio...

 

.............................................

D.F. - Roma, 17 giugno 2001

 

 

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