Date: 11:29 PM 7/11/01 +0200
From: Dino Frisullo
Subject: I: I kurdi e noi: una piccola
provocazione...
Rete Diritti di Cittadinanza -
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LETTERA AI COMPAGNI/E DI ROMA E NON SOLO
Questo articolo uscir domani sul Manifesto.
Lo diffondo preventivamente in rete perch mi piacerebbe che coloro che in
questo momento (e da settimane, da mesi...) giustamente si interrogano e si
preparano all'opposizione agli otto Grandi, si ponessero il problema
dell'assenza totale di questo movimento nel momento in cui un piccolo grande
popolo rimosso afferma la propria irriducibile soggettivit (e si prepara a
farlo, rischiando forse qualcosa di pi di me e di voi, anche a Genova).
Infatti duecento profughi kurdi oggi erano quasi
soli, loro e la polizia, nell'afa di Largo Chigi. E non per la prima volta.
E' o non il popolo kurdo (come i popoli
indigeni, il palestinese...) fra le principali vittime di una globalizzazione
che nuova gerarchia planetaria e rimozione totale di continenti, popoli,
soggetti? Di pi: o non fra le principali forze al mondo che, con pi o
meno chiara coscienza di s ma con la forza di milioni di esseri umani, si
batte "irriducibilmente" contro il nuovo ordine mondiale? Allora: fuori
dalle diatribe spesso onanistiche e autoreferenziali sulle forme di confronto
di piazza, non con questo e altri soggetti che un movimento deve confrontarsi
e interagire? E come si fa, se non entrando nel vissuto concreto di uomini e
donne segnati dalla tortura - almeno nel momento in cui decidono di
"manifestarsi"? E lo decidono, guarda un po', praticando a livello di
massa e con rischi immensamente superiori quella "disobbedienza
civile" di cui tanto ultimamente si parla, e talvolta si straparla.
Dovevate sentirlo, il fiume in piena di autodenunce che si sono riversate in
diretta per 48 ore su due mail, cinque fax e dieci linee telefoniche attivate
per l'occasione dall'emittente via satellite Medya-Tv: gente che chiamava dai
luoghi del terrore puro, da Bingol, da Silopi, da Lice e Kulp, ma anche da
Berlino e Londra dove il Pkk altrettanto illegale, e diceva: basta, che
vengano a prendermi se vogliono, mi chiamo cos e cos e sono kurdo, lo dico e
lo grido nella mia lingua vietata, e voglio Ocalan libero e il suo partito
legittimato, perch il mio partito, e se saremo centinaia di migliaia a dirlo
non basteranno le galere... Finora sono pi di centomila!
All'ultima riunione del RAGE, il "Social
Forum" di Roma, che aveva formalmente assunto la manifestazione dei kurdi
di oggi (ma anche il presidio degli immigrati di luned prossimo) nel suo
percorso, dissi che mi bastava che venissero un quarto dei duecento compagni e
compagne riuniti quella sera. Ero fin troppo ottimista... Scusate l'amarezza:
ma vogliamo smetterla di ammirare il nostro ombelico, e porci qualche domanda
sul nostro "essere nel mondo"?
Rilancio. Mi basterebbe che uno/a su
diecimila, fra coloro che saranno (saremo) a Genova, decida il 22 luglio di
sacrificare un milione di lire e dieci giorni di tempo, e di partire da Milano
per Istanbul per accompagnare la missione dell'Hadep sulle tracce dei
"disaparecidos" nell'estremo est della Turchia. Uno/a su diecimila...
E' troppo?
Discutiamone, per favore. Ciao a tutti/e.
Dino Frisullo
DAL "MANIFESTO" DI DOMANI, 12 LUGLIO
"Non c' vita senza libert, siamo tutti
Ocalan": l'unisono di duecento voci ieri rimbombava nella piazza assolata
fra Montecitorio e palazzo Chigi.
Anche i bambini portavano con orgoglio i
cartelli "Sono kurdo, rivendico la mia identit, sostengo il Pkk", il
leitmotiv della campagna di disobbedienza civile che ha coinvolto in poche
settimane quasi centomila kurdi anche laddove, in Turchia ma anche in
Inghilterra, Francia e Germania, questa dichiarazione pu costare anni di
carcere.
E giocavano, i bambini, intorno alla grande
nave di legno e cartone costruita in una notte di lavoro nel centro Ararat,
autogestito e abitato ormai da cento profughi nel quartiere romano di Testaccio
(pi uno: in arrivo il primo "figlio dell'Ararat"). I loro genitori
guardavano con un sorriso amaro la scritta sulle fiancate: "Questa nave ha
gi portato in Europa un milione di kurdi".
Le firme italiane, insieme a un appello
analogo sottoscritto fra gli altri da Gianni Min, Alex Zanotelli, don Ciotti e
Giovanni Conso, sono state consegnate ai commessi del Palazzo. N le
commissioni Esteri n il governo hanno trovato il tempo, nel giorno dedicato al
dibattito sul G8, di incontrare i rappresentanti del popolo pi radicalmente
negato dalla globalizzazione. Ad eccezione di due deputati verdi non si sono
fatti vedere neppure i parlamentari dell'attuale opposizione, ma mancava
vistosamente anche quel "popolo del Social Forum" che pure a Roma
aveva fatto propria l'iniziativa dei kurdi. Forse senso di colpa dei primi,
certo colpevole strabismo dei secondi.
Molti dei profughi che ieri manifestavano a
Roma attendono da anni l'asilo, ma si chiedevano se sia preferibile la
procedura sommaria a cui in questi giorni sono sottoposti, dinanzi alla
commissione ministeriale volata appositamente nell'aeroporto militare di
Foggia, i seicento kurdi appena sbarcati a Crotone.
Ma i discorsi e i pensieri volavano altrove.
In Turchia, dove i militari vorrebbero
obbligare milioni di sfollati a firmare dichiarazioni che attribuiscono al Pkk
la responsabilit dell'esodo e della distruzione dei loro villaggi, mentre
avviano una nuova spedizione militare oltre frontiera nel Behdinan
kurdo-irakeno. In Germania, dove migliaia di kurdi sono in marcia per duecento
chilometri per rivendicare la loro identit.
Ed a Strasburgo dove la Corte europea, in
attesa dell'udienza del 30 agosto sul caso Ocalan, sta facendo grandinare una
ventina di condanne per torture e maltrattamenti su una Turchia il cui
ineffabile ministro della Giustizia Sami Turk rivendicava ancora ieri come
"necessario e tempestivo" il massacro di Natale nelle carceri - e i
morti per fame sono ormai ventotto, quindici i moribondi.
La stessa Corte ieri ha condannato la Germania
per il processo a Duran Kalkan, per sei anni detenuto in isolamento perch
militante del Pkk ed oggi membro del suo Consiglio di presidenza. A quando la
rimozione dei divieti per il partito di Ocalan e le altre organizzazioni kurde,
almeno in Europa?
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