Date: 6:15 PM 10/23/01 +0200
From: azad
Subject: NEWROZ 2001 - NEWS FROM KURDISTAN
n.7/01
NEWROZ 2001 - NUOVO GIORNO n. 7/01 del
23.10.2001
News
from Kurdistan
Notiziario mail a cura dell'associazione Azad
- Redazione c/o Villaggio globale, Ex-mattatoio, Lungotev. Testaccio snc,
00154 Roma - Tel 06.5730.2933 - 339.6504639 - 333.3510598, fax/segr.
06.5730.5132, E-mail <mailto:ass.azad@libero.it>ass.azad@libero.it
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Traduzioni e redazione di questo numero a cura
della redazione - Segnalare l'eventuale non gradimento di questi messaggi
SOMMARIO
I KURDI E IL MOVIMENTO
1. Il
messaggio dell'Ufficio kurdo di Roma all'assemblea dei Forum sociali di Firenze
2. Gli
impegni assunti dai Forum sociali sulla questione kurda a Firenze
3. Chi
Muyesser Gunes, primo intervento alla Marcia Perugia-Assisi
4. La
lettera di Muyesser Gunes alle compagne italiane
5. Genova:
"terrorismo" e brutte figure
6. "Dovevano
essere qui!": la protesta dei giuristi democratici italiani
7. "Pace
in Kurdistan, democrazia in Turchia": l'appello di Min, Zanotelli, Conso
e altri, da rilanciare
LA TURCHIA E LA GUERRA
1. "Ankara
gioca alla guerra", intervista ad Haluk Gerger (dal Manifesto, 19.10.01
2. "La
Turchia va alla guerra", analisi dell'agenzia Info-Turk
3. Infatti
i generali (dal bollettino in inglese della delegazione turca all'UE)
4. "La
polizia turca attacca l'Europa: proteggete i terroristi!" (dal Turkish
Daily News)
5. La
persecuzione del PKK in Europa (dal Manifesto, 13.6.01)
6. "Terroristi
noi?!" - il PKK risponde alla sua inclusione nella "lista nera"
negli Usa
PROFUGHI DI GUERRA: L'ESODO
1. "Senza
un filo d'aria": parla il vedovo di Milli Gullu (dal Manifesto, 21.10.01)
2. La
guerra interna: comunicati di Azad sui profughi a Roma e in Sicilia
MESSAGGIO DELL'UFFICIO KURDO DI ROMA (UIKI)
ALL'ASSEMBLEA NAZIONALE DEI FORUM SOCIALI
FIRENZE, 20-21 OTTOBRE 2001
Cari compagni, care compagne,
oggi non possiamo essere fra voi, ma sapete
bene che la nostra non un'adesione formale. Gli esuli kurdi in Italia hanno
partecipato e spesso hanno aperto tutte le manifestazioni di questo movimento,
da Napoli a Genova, da Roma a Perugia.
Perch noi che veniamo dalla terra ricca e
fertile di Mesopotamia che un tempo era il paradiso terrestre, noi che potremmo
vivere felici nel nostro paese, conosciamo invece la rapina delle risorse, la
distruzione della natura e dei villaggi, la guerra, la tortura, l'esodo.
Conosciamo bene tutti i frutti avvelenati della globalizzazione economica che
voi denunciate in tutto il mondo.
Noi abbiamo, come voi tutti e tutte, fame e
sete di libert. Proprio per questo la prima manifestazione davanti a un
consolato italiano fu a Istanbul, dopo i tragici fatti di Genova.
Essere con voi non una scelta semplice. Il
nostro partito, il PKK, che non ha mai fatto ricorso al terrorismo ed ha anche
rinunciato da tre anni alla lotta armata di liberazione, sulla lista delle
organizzazioni terroriste negli Usa ed ancora fuorilegge in Germania e in
Gran Bretagna. La stessa geostrategia che ha negato e smembrato il nostro
popolo, ci nega tuttora ogni legittimazione internazionale. La nostra libert
d'azione sempre sul filo del rasoio, specialmente in questi tempi di guerra.
Ma per noi la solidariet pi importante di ogni altra cosa.
Noi siamo gli indios d'Europa, come gli
zapatisti sono i kurdi d'America: non a caso abbiamo definito
"zapatista" la nostra Marcia per la pace, repressa nel sangue il 1.
settembre in Turchia. Ma rispetto agli altri popoli negati nel mondo, abbiamo
la doppia sventura di essere vicini all'epicentro del potere e delle tensioni
mondiali, il Medio oriente.
Se la guerra in corso si estender, come tutto
lascia pensare, i kurdi ne saranno ancora una volta le prime vittime, come gi
nel '91 con la guerra del Golfo. Ma sono gi vittime della guerra gli uomini e
le donne che in questo momento affollano le carceri turche, a cominciare dal
nostro presidente Ocalan, o si affollano nelle zattere della morte verso
l'Europa. Perch all'ombra della guerra la Turchia trova nuova legittimazione
per ci che definisce lotta al terrorismo, ed in realt lotta contro il
nostro popolo e contro il suo stesso popolo.
Noi lottiamo per esistere in pace e dignit.
La nostra Intifada si chiama Serhildan, ed ha
lo stesso significato della parola araba. Camminare a testa alta. Decine di
milioni di kurdi lottano contro una globalizzazione che li nega, che nega
interi continenti, come nega bisogni e soggetti anche qui in occidente.
Lottiamo per esistere liberi e uguali, non per schiacciare altri popoli.
Abbiamo ricostruito sulle macerie, in questi
anni, identit nazionale e istituzioni nazionali, ma non siamo nazionalisti.
Sappiamo che la libert indivisibile, che nessuno e libero se accanto a lui
un altro essere umano oppresso.
Per questo abbiamo proposto una soluzione
democratica e federativa per la Turchia e per tutto il Medio oriente. Come voi,
vogliamo globalizzare i diritti e le libert.
A voi, nostri amici e compagni, chiediamo di
tener sempre presente, in ogni momento della vostra lotta, che lottate anche
per strappare il presidente Apo Ocalan alla cella della morte. Per demolire le
mura delle celle che rinchiudono Leyla Zana e altri dodicimila prigionieri
politici. Per restituire il sorriso a Muyesser Gunes, la presidente delle Madri
della Pace che venne a Genova ed ha trovato la forza di tornare e parlare di
pace a Perugia dopo che la guerra le ha strappato il suo secondo figlio.
Noi, esclusi fra gli esclusi, siamo decine di
milioni e siamo parte della maggioranza dell'umanit. Voi siete minoranza nella
minoranza, ma siete l'unico punto a cui, nel Nord del mondo, possiamo guardare
con speranza e fiducia.
UIKI - Ufficio d'informazione del Kurdistan in
Italia
..
SOCIAL FORUM: GLI IMPEGNI SULLA QUESTIONE KURDA
(ASSUNTI DAI GRUPPI DI LAVORO E DALL'ASSEMBLEA
NAZIONALE A FIRENZE)
LA QUESTIONE POLITICA DELLA PACE E DELLA
GUERRA
La presenza degli esuli kurdi in tutte le
ultime manifestazioni del movimento antiglobalizzazione in Italia, e la
presenza di un rappresentante del PKK su invito della Rete No-Global al
contro-vertice Nato a Napoli, hanno gi dato il segno di un forte legame fra il
movimento deglie sclusi della terra e il popolo negato per eccellenza.
Oggi la guerra rischia di aggravare la
situazione di non legittimazione della parte kurda, definita
"terrorista" dalla Turchia nonostante non abbia mai fatto ricorso al
terrorismo e da due anni abbia anche rinunciato unilateralmente alla lotta
armata. In cambio delluso delle sue basi aeree, la Turchia ha chiesto ai
partner Nato europei di perseguire come "terroristi" una lunga lista
di dirigenti kurdi in esilio, fra cui proprio lospite di Napoli, Riza Erdogan.
Allinterno, allombra della guerra continua la repressione.
Il movimento pu farsi promotore di quella
"diplomazia dal basso" per la pace, che dallalto non decolla. In
concreto:
invitare stabilmente i rappresentanti del pkk
alle proprie assemblee e mobilitazioni, a partire da quella del 10 novembre a
Roma;
diffondere nei forum locali la petizione
"pace in kurdistan, democrazia in turchia" per il riconoscimento
delle organizzazioni kurde, lanciata da mina, p. Zanotelli, conso e molti
altri.
LAIUTO ALLE VITTIME DELLA REPRESSIONE E DEL
CARCERE
La recente amnistia ha liberato molti ma non i
12.000 prigionieri politici, fra i quali continua il tragico sciopero della
fame. Anche labrogazione della pena di morte deliberata dal parlamento esclude
i reati "contro lo Stato", cio quelli per i quali Ocalan e molti
altri attendono lesecuzione. E i processi politici davanti ai tribunali
speciali si moltiplicano.
Questa situazione, insieme alla guerra, ha
moltiplicato lesodo. La Grecia stima che almeno 20.000 persone siano in questo
momento in fuga dalla Turchia, ma solo una ristretta avanguardia dei milioni
di profughi interni.
Per sostenere la resistenza umana delle
famiglie dei prigionieri politici e dei profughi interni, il Comitato Kurdistan
di Firenze, "Verso il Kurdistan" di Alessandria e lassociazione Azad
propongono ai Social Forum di:
fare propria e diffondere la campagna gia
avviata di "adozione a distanza" delle famiglie dei detenuti politici
(organizzate nella Tuad-der) e di sostegno dellassociazione di profughi
Goc-der, con quasi cento "adozioni" gia attuate o in via di
attuazione fra Alessandria, Firenze, Trieste e Roma, a 60.000 lire/mese;
organizzare per Natale il viaggio a Istanbul e
Diyarbakir di una delegazione, che incontri le associazioni citate e,
attraverso loro, direttamente le vittime della detenzione e dellesodo.
LA PRESENZA DIRETTA: LA PRIMAVERA INIZIA A
DIYARBAKIR!
Va raccolto ed esteso limpegno assunto dalla
Rete No-Global di Napoli, nellassemblea di settembre scorso con Riza Erdogan:
una grande delegazione, dellordine di centinaia di persone, che il prossimo 21
marzo, festa del Newroz (della primavera e della liberta), partecipi alle
manifestazioni di massa a Diyarbakir.
LA TUTELA DEI PROFUGHI DI GUERRA
Allinterno dellimpegno generale contro il
ddl segregazionista su immigrazione ed asilo, va lanciata una campagna
specifica di tutela e garanzia dei profughi di guerra (afghani, kurdi, irakeni,
kossovari e macedoni - specie Rom).
Si propone che questa campagna sia intitolata
alla memoria di MILLI GULLU, la giovane donna e madre kurda uccisa dal
proibizionismo degli ingressi e dai trafficanti mafiosi nella stiva di una nave
diretta a Crotone.
Anche raccogliendo le indicazioni provenienti
dal No-Border Social Forum di Gorizia, le proposte sono:
una presenza diretta alle frontiere (anzitutto
Gorizia, Trieste, Ancona, Bari e Brindisi) anche in forma di
"interposizione umanitaria" per impedire che i profughi siano
respinti in violazione del diritto dasilo;
la richiesta al governo di decretare la
"protezione umanitaria" di chi provenga da aree di guerra e/o di
persistente violazione dei diritti umani;
la contestazione puntuale dei dinieghi di
asilo e delle espulsioni (o peggio delle illegali deportazioni di massa, gia
cominciate ad es. verso la Turchia e lo Srilanka) da parte di una specifica
rete di monitoraggio fra i Social Forum locali e altre associazioni nazionali e
locali;
la richiesta, nelle citta a forte presenza di
profughi, di specifici centri autogestiti di accoglienza, alloggio e cultura,
insieme al rifiuto netto dellestensione della detenzione amministrativa ai
richiedenti asilo.
CHI E' MUYESSER GUNES, PRESIDENTE DELLE
"MADRI DELLA PACE",
PRIMO INTERVENTO ALLA MARCIA PERUGIA-ASSISI
Muyesser Gunes, 52 anni, nata in un
villaggio presso la citt kurda di Bitlis, in Turchia.
Di professione casalinga.
Aveva sei figli, di cui due sono morti nella
guerriglia kurda. Un altro figlio stato militare di leva nellesercito turco.
Dopo la morte del primo figlio, lintera
famiglia fu costretta dai militari a lasciare il villaggio e a rifugiarsi a
Istanbul, dove vive tuttora.
Nel 2001 gi stata in Italia su invito della
Provincia di Firenze e del Parlamento europeo, per un giro di incontri con
organismi delle donne ed enti locali in quindici citt italiane. Proprio al suo
ritorno in Turchia ha avuto notizia della morte del suo secondo figlio.
Dal 1999 la presidente dellassociazione,
legalmente costituita in Turchia, denominata "Iniziativa delle Madri della
Pace". Questo movimento nato nel 99 , erede dellesperienza delle
"Madri di piazza Galatasaray", le parenti dei "kayiplar"
(desaparecidos), per iniziativa di un gruppo di donne kurde e turche che
avevano perso i loro figli dambo le parti in guerra, e nel quadro della
proposta di pace avanzata e praticata unilateralmente dal movimento kurdo negli
ultimi due anni.
Le "Madri della Pace" hanno oggi una
sede centrale a Istanbul e sedi locali nelle citt turche di Adana e Izmir e
nelle citt kurde di Diyarbakir e Van. Il gruppo centrale composto da
quindici attiviste a tempo pieno, affiancate da 150-200 volontarie, di cui
circa trenta turche. Stampano una rivista ed hanno una notevole attivit
pubblicistica.
A livello internazionale hanno contatti
stabili con il Parlamento europeo, Amnesty International, diversi enti locali e
movimenti delle donne in Italia, Francia, Germania, Olanda, Danimarca, Svezia,
Belgio. Le iniziative principali sono state: la Marcia della Pace su Ankara
delle donne nel 2000, fermata alle porte della capitale lasciando passare una
delegazione che ha incontrato il Parlamento turco; il Meeting delle donne da
tutta la Turchia a Istanbul nel settembre 2001; la delegazione di donne nel
Kurdistan Sud (irakeno) per una mediazione di pace interkurda.
..
LA LETTERA DI MUYESSER ALLE COMPAGNE ITALIANE
DOPO L'UCCISIONE
DEL SUO SECONDO FIGLIO DA PARTE DELL'ESERCITO
TURCO
Care amiche italiane,
vi scrivo dopo che al ritorno in Turchia ho
avuto la terribile notizia che sapete, il cui dolore ho subito pensato di
condividere con voi e con tutti gli amici che hanno convissuto i giorni del mio
impegno in Italia.
Nella terra in cui sono nata e cresciuta non
mai mancata la sofferenza, la povert, il dolore. Non ho memoria della mia
giovinezza. Mi ricordo soltanto bambina e poi madre - e in mezzo, fra le due
et, un grande vuoto.
La mia infanzia, e poi l'infanzia dei miei
figli
La pena della povert lascia il segno, anche
se incomparabile con il dolore della guerra.
Ecco, questa sofferenza che ha segnato la
mia maternit. Come si assomigliano, la mia infanzia e la breve vita dei miei
figli
Ma c' una differenza: loro volevano viverla,
la loro giovinezza.
Cominciarono a sentirsi stranieri gi sui
banchi di scuola. Fu allora che cominciarono a porsi domande. Alla povert
materiale si affiancava questo inspiegabile senso di estraneit. Fu forse una
risposta, una forma di rivolta, il fatto che il mio Mehmet diventasse il primo
della sua classe? Ricordo le prime parole d'amore sul suo diario di scuola, ma
so anche che non aveva un soldo in tasca neppure per portare la sua ragazza
fuori a cena.
Io, gli occhi di Mehmet, la nostra povert.
Il giorno in cui decise di andare in montagna,
e a me rest soltanto il profumo della sua pelle
Ed ancora io e i miei figli, negli anni
dell'esodo
Profughi a Istanbul, portammo con noi il
dolore e la miseria. Alle nostre spalle rest la mia terra in lacrime, ed anche
il mio cuore.
Questa citt, che non avrei mai immaginato
neppure in sogno, si rivel troppo stretta per il mio Fuat. I suoi occhi
nascosti dietro la zazzera bruna non ebbero il tempo di guardarla. Quando se ne
and sulle orme del fratello maggiore, di lui non mi rest nulla. Mi accorsi di
quanto era cresciuto solo quando, alla vigilia della partenza, volle dormire
come una volta nel mio letto.
Ho sentito il dolore dei miei figli prima
ancora di vedere i loro corpi uccisi
Compagne mie, per quanto il dolore si possa
condividere, la sua profondit non si pu comunicare. So che mi siete vicine,
lo testimoniano le vostre lettere e i vostri messaggi. Del resto, quando i miei
figli se ne sono andati sul sentiero della libert sapevo bene che non li avrei
pi rivisti in vita. Eppure strano l'istinto materno: in un angolo del mio
cuore sopravviveva la speranza che chiss, un giorno
Ma c' qualcos'altro che vorrei condividere
con voi: la mia speranza di futuro.
Ora so che non vedr mai pi Mehmet e Fuat, ma
so anche che da tutto questo carico di dolore dovr scaturire pace, fratellanza
e convivenza. Non trovai la forza di dire al mio Fuat "Sia benedetto il
latte che t'ho dato", quando pos il capo sulle mie ginocchia prima di
portare il suo corpo giovane e delicato incontro ai proiettili. Ma ora vedo
nitidamente il suo corpo dare libert a tutti gli uccelli chiusi in gabbia, da
un oceano all'altro.
Attraverso voi chiedo a tutte le madri del
mondo di sostenere le madri kurde. So di dovere a voi e a tutti i cari compagni
e compagne che ho incontrato in Italia il mio ringraziamento per il calore con
cui mi siete vicini e vicine.
Con affetto, Muyesser Gunes
GENOVA: A PROPOSITO DI TERRORISMO - E DI
BRUTTE FIGURE
(dal Manifesto)
Era una rifugiata politica la "terrorista
turca" alla Diaz
Per giustificare la cosiddetta
"perquisizione" alla scuola Diaz, 61 feriti e 93 arresti non
convalidati dai giudici, la polizia parl di armi, di sassi tirati agli agenti
e di latitanti da catturare. E un jolly lo gioc Arnaldo La Barbera, che dopo
Genova ha perso la direzione dell'antiterrorismo e oggi, come gli altri
funzionari intervenuti quella notte alla Diaz, indagato per lesioni.
"Tra le persone arrestate c'era una cittadina turca, ricercata per
terrorismo", disse il prefetto a Montecitorio. I giornali di destra si
scatenarono e dopo l'11 settembre hanno perfino accostato quella persona al
terrorismo islamico.
A tre mesi dalla brillante operazione che mise
fine al gi tragico G8 genovese, la donna sta querelando tutti con l'assistenza
degli avvocati Massimo Pastore e Laura Tartarini. Perch non una terrorista:
invece una rifugiata politica, vive in Svizzera da cinque anni ed
perseguitata dal regime di Ankara in quanto testimone di un delitto scomodo,
l'omicidio di un detenuto nelle camere di sicurezza turche. La presunta
"terrorista" protetta dalle Nazioni Unite e il massacro della Diaz
le ha fatto rivivere gli incubi peggiori. Tutte circostanze note all'Interpol e
soprattutto alla polizia italiana, che un po' per errore e un po' per coprire
la sua pagina nera, ha raccontato una bufala colossale. Fino a trasformare in
passaporto turco un lasciapassare svizzero, scritto in francese e con tanto di
indicazione: "Non valido per la Turchia".
"DOVEVANO ESSERE QUI !"
LA PROTESTA DEI GIURISTI DEMOCRATICI ITALIANI
A seguito della brutale repressione che nel dicembre
2000 ha portato in Turchia alla morte di decine di detenuti letteralmente
bruciati vivi e alla tortura applicata a centinaia di altri reclusi trasportati
nelle carceri speciali denominate F-type, una delegazione di avvocati italiani
del Coordinamento Nazionale Giuristi Democratici si recata nel febbraio di
quest'anno a Istanbul per una serie di incontri con rappresentanti dell'Ordine
degli avvocati di Istanbul, con altre associazioni di legali, di familiari dei
detenuti e con i rappresentanti delle organizzazioni che si battono contro la
violazione dei diritti umani.
Tuttora in corso, nella assoluta
indifferenza dei paesi democratici, lo sciopero della fame dei detenuti che
protestano per le inaccettabili condizioni di reclusione e dei loro familiari,
protesta che ha gi provocato altre decine di vittime.
Prosegue altres la sistematica violazione dei
diritti umani che ha ripetutamente portato alla condanna dello Stato turco da
parte della Corte Europea ( negli ultimi mesi sono state comminate altre sette
condanne a morte).
Drammatica anche la situazione di molti
avvocati che subiscono in prima persona la compressione del diritto
irrinunciabile di difesa, negato alle persone sottoposte a processo anche
impedendo il libero esercizio dell'attivit di difesa.
Ad oggi sono duecento circa gli avvocati
sottoposti a procedimento penale per avere tentato di svolgere senza
condizionamenti il loro mandato difensivo. .
La storia dell'avvocatura turca e curda , per
molti aspetti, purtroppo, una delle pi coraggiose, sia per il numero delle
vittime sia per l'abnegazione e la coerenza che ne caratterizzano l'operato.
In questo spirito, e raccogliendo la richiesta
degli interlocutori turchi, la delegazione del Coordinamento Giuristi
democratici aveva formulato per settembre l'invito alla associazione di
giuristi TOHAV di inviare in Italia dei rappresentanti per incontrare i
giuristi italiani in varie citt, tra cui Bologna, per discutere ed
approfondire i temi delle garanzie democratiche, della tutela dei diritti di
difesa, delle condizioni di detenzione in Turchia.
Ma ulteriori drammatici eventi hanno impedito
che questo incontro si svolgesse.
Il primo settembre, durante l'immensa marcia
per la pace che si svolta in Turchia, nella sola citt di Ankara duemila
persone sono state arrestate (e " ospitate" per l'evenienza nello
stadio ) e tra questi uno degli avvocati dell'associazione Tohav, poi liberato.
Il 15 settembre stata arrestata l'intera
delegazione di osservatori europei che si trovava ad Istanbul per incontrare
l'associazione dei familiari dei detenuti in sciopero della fame, e tra questi
l'Avv. Marcel Bossonet di Zurigo, poi rilasciato.
Il clima di intimidazione crescente nei
confronti di chi intende tutelare i diritti dei cittadini ha impedito dunque la
realizzazione di questo incontro in Italia. Crediamo necessario lo sforzo
comune di tutti, istituzioni, associazioni e singoli, perch il diritto di
difesa sia davvero garantito, e affinch la Turchia si adegui alle Convenzioni
europee
Coordinamento Nazionale Giuristi Democratici
.
PER LA PACE IN KURDISTAN E LA DEMOCRAZIA IN
TURCHIA
Da un anno il movimento kurdo in Turchia, per
la prima volta nella storia dei movimenti di liberazione, ha rinunciato
unilateralmente alluso delle armi ed ha avanzato una proposta aperta di
dialogo per la pace e la democrazia in Turchia e nellintero Kurdistan.
Mentre si riaccendono venti di guerra nel
Kurdistan irakeno, e da quella regione e dalla Turchia sintensifica lesodo
dei profughi, questa proposta non ha ancora trovato una forte sponda nelle
istituzioni, nella societa' civile e nei movimenti pacifisti europei.
Ci impegnamo affinch il Duemila sia lanno
zero duna nuova storia, attraverso:
la ripresa di quella "diplomazia dal
basso" che nellaprile del 97 produsse la Conferenza internazionale di
Roma, per aprire la strada a una vera trattativa di pace;
la legittimazione a questo fine, in Europa e
in Turchia, degli organismi rappresentativi del popolo kurdo, a partire dal suo
parlamento in esilio, il Knk (Congresso nazionale kurdo), e dal suo maggiore
partito, il Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan);
una forte pressione internazionale per
labolizione della pena di morte in Turchia e per unamnistia che sottragga
allisolamento e al carcere i prigionieri politici a partire da Abdullah
Ocalan, rifugiato riconosciuto in Italia, oggi in pericolo di vita nella cella
della morte di Imrali;
unestesa cooperazione internazionale e una
rete di gemellaggi, progetti, delegazioni e presenze europee che diano forza ai
movimenti delle donne e della societ civile kurda e turca per la pace, e che
contribuiscano allo sforzo per il ritorno dei milioni di profughi e la
ricostruzione dei villaggi distrutti e minati, abolendo la legislazione di
emergenza che grava sulle province kurde e fermando progetti devastanti che
incentivano lesodo, come il sistema di dighe sul Tigri e lEufrate;
il blocco, gia' richiesto da Amnesty
International, della fornitura alla Turchia di elicotteri, blindati ed altri
armamenti atti alla repressione;
unaccoglienza civile dei profughi kurdi, ai
quali va garantita protezione umanitaria e asilo in Italia e il
ricongiungimento con i familiari in Europa, aprendo canali che li sottraggano
al traffico illegale.
P. Alex Zanotelli, missionario comboniano
P. Nicola Giandomenico, coordinatore Tavola
della pace
Gianni Min, giornalista
Giovanni Conso, giurista
Luisa Morgantini, parlamentare europea
Flavio Lotti, coordinatore Enti locali per la
pace
Tom Benettollo, presidente Arci
Dino Frisullo, segretario di Senzaconfine
Angela Bellei, presidente di Azad
Giuseppe Di Lello, europarlamentare e magistrato
Sandra Mecozzi, dell'Ufficio internazionale
Fiom-Cgil
Don Tonio Dell'Olio, presidente di Pax Christi
Don Andrea Bigalli, parroco a S. Casciano (Fi)
Mario Gay, presidente del Cocis
Domenico Gallo, magistrato, di "Pace e
diritti"
Peppe Sini, responsabile Centro ricerca per la
pace di Viterbo
Massimo Ghirelli, direttore Archivio
Immigrazione
Alessandra Tebaldi e Flavio Pessina, della
cooperativa Amandla (Bergamo)
Simonetta Tunesi, vicecoordinatrice Anpa
Agenzia protezione ambiente
Barbara Laveggio, direttrice Ist. Cooperazione
allo sviluppo (Alessandria)
Giuseppe Faso, Moreno Biagioni e altri
("Africa insieme" Toscana)
Armando Michelizzo (Com. solidariet con la
gente ex-jugoslava Ivrea)
M. Lepore, O. Ciavatti, L. Ropa (Sinistra
giovanile Bologna)
Kolja Canestrini (Studi per la pace, Milano)
Giorgio Ellero (Circolo Gramsci Prc, Trieste)
Mariella Console (Torino)
P. Marcello Storgato (superiore Missionari
Saveriani)
Don Gianni Novello (vicepres. Pax Christi,
comunit S.M. delle Grazie, Rossano C.)
Debora Dameri (Roma)
Titta Daval (Consiglio federale Verdi)
Nicoletta Dentico, presidente di "Medici
senza frontiere"
Nino Sergio, presidente dellO.n.g.
"Intersos"
Elisa Lion e Giuseppe Schiavello, per
"Mani tese"
Giancarlo Tenaglia, Giacomo Viola
("Campagna mine", Nobel per la pace 97)
Davide Cerruti e Giannina Dal Bosco, per
l"Associazione per la pace"
Luciano Benini, presidente del Mir
P. Angelo Cavagna, presidente del Gavci
Stefano Guffanti e Roberto Minervino, segr.
naz. Loc
Mao Valpiana, dir. "Azione
nonviolenta"
.
"Ankara gioca con la guerra"
Intervista allo storico turco Haluk Gerger.
"Troppi panni sporchi in casa"
ORSOLA CASAGRANDE - LONDRA (Dal Manifesto -
19.10.2001)
Haluk Gerger, docente universitario turco,
insegna anche in Germania oltre che ad Ankara dove vive. Lo abbiamo incontrato
a Londra dove ha partecipato ad una serie di iniziative, tra cui la manifestazione
contro la guerra di sabato scorso che ha visto oltre trentamila persone
riunirsi a Trafalgar square.
La Turchia un alleato importante per gli
Usa, ma dopo gli attacchi a New York e Washington la prima reazione stata di
estrema cautela rispetto ad un possibile coinvolgimento...
"Sotto questo regime la Turchia non pu
giocare alcun ruolo significativo nella guerra al terrorismo. Primo, perch il
regime distorce il vero significato di terrore. Chi lotta per la libert -
l'opposizione di sinistra e le forze democratiche come i kurdi - viene
etichettato come terrorista. Secondo, la Turchia non critica la violenza e il
terrorismo imperialista, anzi lo condona. Terzo, il regime utilizza spesso il
terrorismo di stato. Quanto all'aggressione al popolo afghano, evidente che
il governo non solo la sostiene ma vedrebbe anche con piacere un suo
allargamento a paesi vicini come Siria, Iran o Iraq (a patto di non esservi
coinvolto e ottenere vantaggi politici ed economici)".
Altri paesi come il Pakistan e la Russia
stanno offrendo il loro sostegno agli Usa ma a patto che gli americani non
interferiscano pi in loro questioni interne, come la Cecenia o il Kashmir.
Crede che la Turchia stia cercando di fare la stessa cosa?
"Non c' dubbio che il governo in bancarotta
voglia utilizzare la guerra specialmente per chiedere altri soldi al Fmi, alla
Banca mondiale e agli Usa. Il governo piange lacrime di coccodrillo per le
vittime degli attentati ma in realt sta facendo i suoi calcoli a mente fredda
su come beneficiare del terrore e dalla violenza".
Quale stata la reazione dei partiti islamici
e della gente in generale alla guerra?
"La popolazione e i partiti islamici
sembrano essere generalmente critici degli attacchi statunitensi contro
l'Afghanistan. Sono certamente contrari all'allargamento della guerra ad altri
paesi mediorientali e all'intervento diretto della Turchia nelle operazioni
militari. Secondo gli ultimi sondaggi a condannare la guerra tra il 75 e
l'80% della popolazione. La sinistra turca e i kurdi sono certamente contrari
sia alla violenza cieca dei diseredati della terra che al terrore imperialista.
Sfortunatamente il governo vieta le manifestazioni e arresta la gente che
protesta".
La Turchia sta attraversando un periodo di
cambiamenti politici apparentemente rilevanti, come la decisione di emendare la
Costituzione. Si tratta solo di un'operazione di facciata?
"S, questi cambiamenti sono solo
cosmetici, volti a soddisfare l'Unione europea, non certo a creare un sistema
realmente democratico. E' un modo per imbonirsi l'occidente. Al governo non
interessano i diritti umani".
Come sono i rapporti tra i partner di governo?
"Questo governo diventato un'agenzia
del Fmi dedicata ad attuare le politiche che esso richiede, uno strumento per
imporre le direttive del Fmi. Il governo ha di fatto dichiarato guerra ai
poveri. Ha sviluppato programmi per un ulteriore sfruttamento. In una
situazione del genere i partiti della coalizione non vogliono nuove elezioni
perch sanno che sarebbero sconfitti. Ostentano quindi una solidariet
obbligata".
E intanto la crisi economica imperversa...
"La massa dei lavoratori si trova
strangolata tra un'inflazione altissima, la svalutazione, la corruzione, la
disoccupazione, la povert e la repressione. Il Fmi impone alti tassi di
interesse che creano una depressione che produce inflazione e disoccupazione di
massa. E' una tipica crisi di stagflazione".
Il mondo occidentale sembra essersi
dimenticato della questione kurda e dei diritti umani...
"Per la questione kurda, tutto fermo. I
kurdi hanno cessato la lotta armata e stanno facendo del loro meglio per aprire
una fase democratica e pacifica oltre che partecipare alla vita politica del
paese. Hanno dichiarato di voler prendere parte al processo parlamentare e
politico e di volerlo fare in solidariet e cooperazione con il popolo turco.
Fino a questo momento l'unica risposta ottenuta stata nuova repressione.
Quanto ai diritti umani, vero, la violazione continua ad essere sistematica,
la tortura diffusa, i diritti politici negati".
E nel silenzio pi totale continuano a morire
i prigionieri politici e i loro familiari...
"Una tragedia umana a cui mai si
assistito in un paese civile. Migliaia di prigionieri politici stanno
resistendo contro i tentativi di rinchiuderli in celle di isolamento dove certo
incontrerebbero la demolizione fisica e morale. Centinaia sono in sciopero
della fame. Pi di venti sono stati uccisi durante il trasferimento in queste
carceri speciali. Pi di quaranta sono morti per lo sciopero della fame. Oltre
cinquanta sono ormai morti viventi, distrutti nel corpo e nella mente. Ma il
regime, il governo, i media e il mondo, incluso il parlamento europeo, hanno
deciso di non vedere e non sentire..."
.
LA TURCHIA VA ALLA GUERRA!
L'esercito turco ha infine strappato
l'autorizzazione di entrare in guerra al fianco di Washington, proprio nel
momento in cui il ministro degli Esteri lasciava stupefatti i paesi islamici
riuniti a Doha affermando che la Turchia sarebbe contraria ad operazioni non
decise o controllate dalle Nazioni Unite.
Subito dopo la chiusura della conferenza
islamica, il 10 ottobre, il parlamento turco ha approvato un decreto che
autorizza il governo ad inviare truppe all'estero e ad ospitare truppe
straniere, nel quadro dell'operazione antiterrorismo condotta dagli Usa. Lo
stesso giorno, prima ancora del via libera del parlamento, lo Stato maggiore
turco aveva gi inviato degli ufficiali di collegamento negli Stati uniti per
coordinare con Washington le operazioni contro l'Afghanistan.
Del resto il governo turco aveva gi
autorizzato l'utilizzo da parte delle forze angloamericane dell'aeroporto di
Incirlik per le loro operazioni contro l'Afghanistan o altri paesi considerati
"terroristi" dagli Usa. Inoltre l'8 ottobre scorso pi di cinquemila
soldati dei sedici paesi Nato avevano condotto manovre militari nella Turchia
nordoccidentale per sperimentare la risposta comune a un attacco a uno stato
membro dell'alleanza, ai sensi dell'articolo 5 del Trattato Nato.
I media turchi danno gi notizia del fatto che
due reggimenti dell'esercito turco sarebbero gi stati incaricati di effettuare
operazioni terrestri in Afghanistan partendo dal territorio uzbeko.
Dopo l'annuncio dato dagli Usa al consiglio di
sicurezza dell'Onu che potrebbero intraprendere "ulteriori azioni"
nei confronti di altri paesi, non sarebbe affatto sosprendente domani un
attacco turco contro il vicino Iraq. Con conseguenze, beninteso, disastrose per
la Turchia.
Durante la guerra del Golfo del 1991 la
Turchia aveva dovuto dapprima accogliere il flusso di migliaia di profughi
kurdi in fuga dall'Iraq, poi subire le pesanti ripercussioni economiche
dell'embargo Onu contro Baghdad. Dieci anni dopo le autorit tirano il bilancio
della partecipazione turca al conflitto brandendo le cifre delle perdite
connesse all'embargo: 50 miliardi di dollari.
Le conseguenze economiche di un nuovo
confronto militare con il vicino sudorientale sarebbero senza dubbio ancora pi
pesanti per la Turchia, che attraversa dalla fine dello scorso febbraio una
seria crisi, aggravata dalla stagnazione mondiale seguita agli attentati negli
Stati uniti. La lira turca si deprezzata rispetto al dollaro di oltre il 50%
a partire dalla crisi finanziaria di febbraio.
Ma la cosa pi grave che i popoli della
Turchia - turchi, kurdi, armeni, assiri -, che hanno sofferto enormemente della
quindicennale guerra sporca nel Kurdistan turco, trarranno ulteriori sofferenze
dalla dipendenza finanziaria ed economica del governo dagli Stati uniti e dalle
ambizioni guerresche dei militari, che non pensano ad altro che a rafforzare
l'esercito e l'industria bellica.
Il dispaccio dell'agenzia AFP sull'apertura
del 5. Salone internazionale dell'industria della difesa, aerospaziale e marittima
(IDEF), inaugurato il 27 settembre ad Ankara, portava il titolo "Gli
attentati fanno il gioco dei mercanti d'armi". Cos proseguiva l'agenzia:
"Gli attentati negli Usa vanno a profitto dei produttori di
equipaggiamenti militari, ed i giganti del settore stimano che la lotta al
terrorismo comporter la messa in opera di nuovi sistemi d'arma".
In effetti i comandanti delle Forze armate
turche hanno imposto al governo il finanziamento di un progetto di riarmo pari
a 150 miliardi di dollari, a fronte di un debito estero pari gi oggi ad oltre
120 miliardi di dollari.
Mentre questo progetto ambizioso era messo in
forse dalla recente crisi economica, le gerarchie militari hanno visto nella
dichiarazione di guerra di Bush l'occasione per obbligare il governo a una
spesa militare ancora pi frenetica, a prezzo di un ulteriore impoverimento
della popolazione.
Un'altra motivazione dell'atteggiamento
bellicista dei militari turchi indubbiamente l'intenzione di arrestare o
sospendere alcune iniziative di riforma civile assunte dal governo in vista
dell'accelerazione del processo di adesione all'Unione europea.
Il 3 ottobre, sotto la pressione dell'UE, il
parlamento turco ha approvato una serie di emendamenti costituzionali sulla cui
urgenza aveva insistito a lungo il governo, per prevenire la pubblicazione in
novembre del rapporto della commissione europea incaricata di verificare lo
stato di avanzamento della candidatura turca.
In realt la riforma della Costituzione
passata in parlamento, al di l dei ritocchi di alcuni articoli di stampo
repressivo, non costituisce che un'ulteriore manovra del regime di Ankara per
ingannare i paesi europei.
L'abolizione parziale della pena capitale
esclude il leader kurdo Abdullah Ocalan, condannato per tradimento e separatismo
nel giugno del '99. In pi, la maggior parte dei circa sessanta condannati a
morte in attesa di esecuzione sono stati giudicati per reati di terrorismo, e
dunque restano anch'essi esclusi dalla riforma.
Un altro emendamento abroga il divieto di utilizzare
"lingue vietate" nell'espressione e nella comunicazione del pensiero,
il che si applica alla lingua kurda. Tuttavia, precisa il nuovo testo, "la
fruizione di questo diritto potr subire limitazioni al fine di proteggere la
sicurezza nazionale, l'ordine pubblico e l'unit della nazione". Dopo
l'approvazione dell'emendamento, il capo di Stato maggiore gen. Kivrikoglu ha
dichiarato ai media che malgrado queste modifiche il divieto di utilizzare la
lingua kurda rester in vigore.
La riforma rende pi difficile la messa al
bando dei partiti politici, ma nel secondo turno di votazioni sono stati
bloccati due emendamenti ulteriori volti a ridurre il periodo di ineleggibilit
di due leader del disciolto partito islamico, l'ex premier Ncmettin Erbakan e
l'ex sindaco di Istanbul Tayyip Erdogan.
Ma l'aspetto pi degno di nota il fatto che
la maggioranza dei deputati ha respinto a due riprese un emendamento
costituzionale che avrebbe attribuito alle convenzioni internazionali un valore
superiore a quello delle leggi nazionali, dando cos prova della volont di
Ankara di non sottomettersi mai interamente alle norme del diritto europeo.
D'altra parte i deputati hanno bocciato un
altro emendamento che tendeva a sopprimere l'immunit parlamentare nei casi in
cui questa avesse impedito alla magistratura di perseguire parlamentari collusi
con la mafia.
Per contro gli stessi deputati hanno votato
all'ultimo istante un emendamento che non rientrava nel pacchetto di riforme, e
che consentir di portare l'ammontare delle loro pensioni al livello di quella
di un Capo di Stato maggiore. All'impoverimento crescente della grande
maggioranza della popolazione si infatti contrapposto un incessante aumento
degli stipendi e delle pensioni dei generali turchi, superiori ormai a quelli
di un docente universitario o di un uomo di governo.
Il presidente della Corte di cassazione Sami
Selcuk aveva gi definito questo insieme di cambiamenti "una perdita di
tempo", e aveva rivendicato una nuova legge fondamentale integralmente
conforme alla normativa europea.L'organizzazione umanitaria Human Rights Watch
molto pi severa, affermando che la Turchia "ha sciupato una grande
occasione" poich "l'insieme della riforma finisce per mantenere in
vigore la pena di morte e le restrizioni della libert di espressione e per
continuare a privare i detenuti di tutele autentiche contro la tortura: i veri
perdenti saranno tutti i cittadini turchi".
Rispetto alla pena capitale, Human Rights
Watch constata ancora che la sua abrogazione in questi termini esclude le
circostanze di guerra, di rischio di guerra e di terrorismo, a fronte del fatto
che la quasi totalit delle condanne a morte sono state emesse, dal 1980 ad
oggi, proprio in simili circostanze.
Ancora, la libert di espressione dei
giornalisti o dei responsabili politici avr poco da guadagnare dalla sanzione
penale non pi delle "dichiarazioni" ma degli "atti" che
attentino all'unit nazionale. Infine, secondo HRW, gli emendamenti
costituzionali non rimuovono le cause della tortura, a cominciare dalla
detenzione di polizia in isolamento stigmatizzata da anni dagli esperti del
Consiglio d'Europa e dell'Onu, ma si accontentano di ridurre la durata del
fermo di polizia. Va ricordato che questa una delle motivazioni dello
sciopero della fame in corso nelle carceri turche.
(Agenzia Info-Turk 11.10.01 - trad. dal
francese)
..
INFATTI RIPRODUCIAMO ALCUNI PASSAGGI DEL
BOLLETTINO IN INGLESE DELLA DELEGAZIONE PERMANENTE TURCA PRESSO L'UNIONE
EUROPEA "LATEST NEWS FROM TURKEY", N. 14 DELL'1-4 OTTOBRE 2001.
Deputy Chief of Staff Bykant: Turkey
should be involved in fight against terrorism"
Turkey is prepared to share its experience of
combating terrorism, says the Deputy Chief of staff, General Yasar Bykant.
Turkey should be involved in the campaign to combat international terrorism,
though it should also be remembered that the international community did not
offer support to the country while it was striving to overcome terror threats.
Instead of receiving support, Turkey saw that terrorists operating against it
received training and backing from foreign countries, according to General
Yasar Bykant, the Deputy Chief of the Turkish General Staff. Speaking
at a symposium being conducted in conjunction with the Defence Trade Fair in
Ankara, Bykant said that these countries had used the issue of human rights
as a shield for the activities of these groups. These countries had to see the
situation as it really was and act to combat terrorism, he said. While most
countries in the years following the end of the Cold War were enjoying the
decrease in security concerns, it was Turkey that was strongly calling on its
allies for increased awareness to the 25 year long problem posed by terrorism,
he said. The current situation in the region poses many different problems
for Turkeys security, and calls for varied responses and scenarios, Bykant
said. Bykant said that Turkey would like to let the whole world know
that, as a country that had experienced terrorism, it would like to share
information, exchange ideas and co-operate in security in all areas.
Turkey tells UN there is no 'good' or 'bad'
terrorism
While the United Nations starts to play its
part in the struggle against terrorism by initiating the "Agreement on
Drying up the Financial Sources of the Terrorists," Turkey has signed the
Agreement with no reservations, Turkey's U.N. Representative Ambassador Umit
Pamir said.
Pamir reiterated Turkey's position in the
Security Council meeting the day before by stating that the attacks on Sept. 11
was made against humanity, and Turkey is with the United States, who has been
with Turkey during its long fight against terrorism. Pamir added, "Even if
there was a point for a terrorist, the Sept. 11 attacks has rendered it
invalid," and demanded all the countries to condemn any kind of terror.
Pamir stressed the urgency of preventing drug smuggling to cope with terror.
Turkish U.N. Representative said there is "no grey area" in the
struggle against terror, and pointed out the importance of international
cooperation and rapid action. The draft, which has been accepted in the Security
Council last Friday, is an important step, said Pamir, and invited the
countries to apply it without any reservation. Pamir concluded, "There is
no good terrorism and bad terrorism. The threat is towards our common
civilization, and the United Nations is our common house." Ankara -
Turkish Daily News
Turkey to boost arms buying projects
Turkeys military has decided to speed up a
number of delayed defence equipment projects in the wake of the terrorist
attacks against the US and increasing concerns over global and regional
security. The Turkish Armed Forces (TAF) had previously shelved or postponed a
number of its major equipment acquisition and upgrade programs, in part as a
result of the worsening economic situation in the country. However, after the
attacks against Washington and New York, and amidst growing fears of heightened
instability, it has been decided to reactivate these projects. The Defence
Acquisitions Directorate has been instructed by the General Staff to finalise
negotiations on a series of major programs to strengthen the capabilities of
the TAF. These include the buying of AWACs for the airforce, the modernisation
of Turkeys ageing armoured forces, the acquisition of modern attack
helicopters, electronic and weapons upgrades for the airforces fleet of F-16
fighter aircraft and the buying of advanced ground to air missiles. Under the
international conditions now prevailing, with future developments still
unclear, Turkey cannot put its defence and security at risk, according to
military sources.
LA POLIZIA TURCA ATTACCA L'EUROPA,
"RIPARO DI TERRORISTI"
(Turkish Daily News - 8 ottobre 2001 -
traduzione dall'inglese)
La polizia turca ha reso pubblica una lista di
nomi e di paesi, per convalidare l'affermazione che molti terroristi sono
protetti in altri paesi, specialmente europei.
Secondo i dato forniti dall'Ufficio Interpol
delle forze di sicurezza turche, 214 persone sarebbero ricercate dall'Interpol
per accuse di coinvolgimento in attivit terroristiche in Turchia. () Inoltre
l'Ufficio anti-terrorismo ha ricordato che Dursun Karatas, il leader del gruppo
rivoluzionario turco DHKP-C responsabile del recente attacco suicida a Istanbul
che port alla morte di due agenti di polizia e di un civile, stato rilasciato
dopo l'arresto da parte della polizia francese () e per di pi, essendo
ammalato di cancro, sarebbe curato nei migliori ospedali d'Europa. ()
Comunque in testa alla lista figurano gli
esponenti del PKK. (). Quasi tutti i dirigenti del PKK citati, in numero di
54, sono ricercati dall'Interpol. ()
Il vicepresidente e portavoce della Direzione
delle forze di sicurezza Feyzullah Arslan ha criticato aspramente l'Europa,
affermando che il libero riparo di questi terroristi in Europa contraddice la
recente decisione della Nato di agire in comune contro il terrorismo. Secondo
Arslan "Il terrorismo non pu essere un problema di ogni singolo paese:
un nemico dell'umanit, e dunque un problema di tutti i popoli e gli Stati.
Il mio terrorista non pu essere considerato innocente da voi". Il portavoce
della polizia ha poi notato che il terrorismo un crimine internazionale, e
per questo la Turchia ha portato all'ordine del giorno dell'ultima riunione
generale dell'Interpol le proprie sofferenze dovute al terrorismo, chiedendo
che l'Europa respinga i terroristi in Turchia.
LA PERSECUZIONE CONTRO IL PKK IN EUROPA
(Dal Manifesto del 13 giugno 2001 - Dino
Frisullo)
Da un ventennio ogni giro di vite contro il
Partito dei Lavoratori del Kurdistan si accompagna in Europa a montature sui
presunti intrecci col narcotraffico. A fine marzo i cronisti del Piccolo e del
Gr-Rai attribuiscono a "guerriglieri del Pkk" i proventi di due
quintali di eroina sequestrati a Trieste, solo perch i trasportatori sono
kurdi. Una manata di fango basata sul nulla.
In effetti mentre nel Kurdistan irakeno si
stringe il cerchio intorno ai guerriglieri ritiratisi dalla Turchia, la
situazione in Europa sempre pi pesante per il partito che da due anni ha
scelto la pace. Dopo il "Terrorism Act" che in Gran Bretagna ha
criminalizzato il Pkk e la sinistra kurda e turca, il ministro dell'Interno
tedesco Otto Schily ha sentenziato che "il Pkk potrebbe riprendere la
lotta armata in Turchia e creare disordini in Europa". Dunque permane il
bando del '93 e restano in prigione decine di attivisti. Lo stesso ministro ha
diffuso i dati sulla deportazione in Turchia degli asilanti kurdi: ben 16.500
nell'ultimo triennio, nonostante le proteste di Amnesty International di Pro
Asyl e dell'Ihd turca che denunciano la sistematica tortura dei rimpatriati.
Mentre anche la Grecia comincia a perseguitare
profughi ed esuli kurdi, sono pi tolleranti Francia, Spagna e Italia. Ma non
all'orizzonte la "legittimazione degli organismi rappresentativi del
popolo kurdo, a partire dal suo maggiore partito, il Pkk" chiesta in un
appello da sacerdoti come Zanotelli, Giandomenico e Dell'Olio, insieme a Min,
Conso, Benettollo, Morgantini, Serventi Longhi e molti altri.
Al contrario si conferma la "conventio ad
excludendum" nei confronti di un partito la cui unit e base di consenso
non sono state scalfite dall'arresto di Ocalan. Il 21 marzo due milioni di
kurdi hanno gridato "Biji Serok Apo" in faccia alla polizia nel pi
grande Newroz della storia, come i duecentomila confluiti in novembre a
Strasburgo.
Quale "terrorismo" ha un tale
seguito? Se lo chiedeva a Ginevra Karen Parker nella sessione della Commissione
diritti umani dell'Onu, e ironizzava: "I paesi che praticano il terrorismo
di stato, come Indonesia, Srilanka, Afghanistan, Iran, Turchia, India, Sudan,
Somalia e Burma, chiamano terrorista chi si batte in casa propria e combattente
per la libert chi lo fa altrove". In risposta il delegato turco Sungar
definiva "gangster" i prigionieri in sciopero della fame.
In Germania non illegale solo il Pkk. Su
pressione turca le autorit tedesche vietano persino di dare nomi kurdi ai
bambini nati su suolo tedesco. La cultura e la lingua kurda, con la recente
eccezione della Renania-Westfalia, vivono solo nelle istituzioni autogestite come
Media-Tv, l'Istituto kurdo di Berlino e l'Accademia di Colonia. Ma anche
nell'Olanda che ha introdotto nelle scuole la lingua kurda si rivoltano i
giovani kurdo-irakeni minacciati di espulsione, mentre il padre di Ali Aksoy,
deportato e "suicidato" in Turchia, cita in giudizio il governo
olandese.
La negazione vissuta in patria intollerabile
nell'esilio. Forse per questo il ventenne Ali Bolukbas si impiccato alla
catena del cesso del centro Caritas di Gorizia dopo aver ricevuto un foglio di
espulsione.
"Fino a quando?" si chiedeva a
Bologna il presidente della Mezzaluna Rossa kurda Aktas, aprendo il seminario
di Azad, Uiki, Arci e Ics su "quale cooperazione in Kurdistan". La
sua organizzazione, legittimata a Ginevra solo come osservatrice "perch i
kurdi non esistono come stato n come popolo", sussidia centinaia di
orfani e vedove di guerra, fornisce protesi agli invalidi da bombe e mine
(italiane) e ora indaga sull'uso di armi di sterminio come i proiettili
all'uranio. Venduti alla Turchia "solo per sperimentazione", ha
ammesso il governo tedesco. Forse allorigine della rimozione del popolo kurdo
e del suo principale partito, insieme a corposi interessi, cՏ anche un diffuso
senso di colpa.
..
"TERRORISTI NOI ?"
IL COMUNICATO DEL PKK CONTRO L'INCLUSIONE
NELLA LISTA NERA DEL GOVERNO USA
La notizia che il nostro partito stato
inserito dal Dipartimento di Stato Usa nella "Terza lista delle
organizzazioni terroristiche" rischia, esattamente al contrario, di
incoraggiare tutte le forze che fanno uso del terrore. E' assai significativo
che questa decisione sia stata annunciata immediatamente a ridosso della visita
negli Stati Uniti del ministro degli Esteri turco. E' noto che lo stato turco
sta esercitando un'analoga pressione nei confronti dell'Unione europea. In
questo modo, a partire dalla Turchia, le forze della reazione internazionale
vanno preparando una nuova offensiva non solo contro il nostro partito, ma
contro tutto il popolo kurdo.
E' noto a tutti che da due anni il nostro
partito, dopo aver messo in atto una tregua unilaterale e aver elaborato una
linea di azione pacifica basata su un'ipotesi di soluzione durevole della
questione kurda, ha sviluppato una decisa e pacifica lotta politica proprio
contro le forze che con la violenza puntano a creare il caos. Con questa linea
il nostro partito ha aperto una prospettiva di democratizzazione della Turchia
ed ha tracciato unilateralmente un percorso praticabile di soluzione politica
democratica della questione kurda. Pi volte il nostro partito ha fatto appello
alla collaborazione con tutte le forze interessate alla trasformazione
democratica, e da parte sua ha praticato questa linea di soluzione con le
proprie forze.
E' anche noto che a questa decisa scelta di
lotta pacifica e democratica, ed ai comportamenti conseguenti da parte nostra,
non ha fatto riscontro nessun approccio responsabile di soluzione della
questione kurda da parte dello Stato turco n del suo alleato nordamericano. Lo
sforzo venuto da una parte sola. L'esito reale della decisione del
Dipartimento di Stato, in questa situazione, di celare le vere responsabilit
della violenza e di incoraggiare ulteriormente le forze che ne fanno uso. Per
questo il nostro popolo e tutte le forze democratiche non possono che
accogliere con grande amarezza una decisione che esprime un atteggiamento
ostile al nostro partito e, attraverso esso, a tutto il popolo kurdo.
E' doppiamente preoccupante il fatto che una
simile decisione sia venuta dopo l'attacco dell'11 settembre. E' chiaro che nel
quadro della "Terza guerra mondiale contro il terrorismo" annunciata
dalle autorit Usa, questa decisione assume maggior rilievo e comporta una
minaccia assai seria. Proprio nel momento in cui sarebbe auspicabile la pi
vasta unit delle forze democratiche contro la violenza cieca e le forze oscure
che ne traggono vantaggio, il pi grande errore considerare terrorista una
forza politica che nasce da una profonda questione sociale e nazionale e si
propone di risolverla democraticamente sulla base dei valori di libert e
giustizia. Questo approccio, al contrario, render ancora pi difficile la
soluzione della questione stessa.
Mentre chiediamo al nostro partito ed a tutti
di respingere con indignazione queste menzogne e l'approccio reazionario da cui
derivano, chiamiamo il nostro popolo e tutte le forze democratiche alla massima
vigilanza contro queste minacce e le provocazioni che potrebbero seguirne, ed
all'ulteriore sviluppo della lotta per la giustizia e la democrazia.
6 ottobre 2001
Consiglio di Presidenza del PKK
"Senza un filo d'aria"
Parla il marito di Milli, la donna morta
durante il terribile viaggio sulla "Ackan 1"
DINO FRISULLO - Il Manifesto, 21.10.2001
Tre buone notizie per il regime turco: gli
elogi sperticati del portavoce del Dipartimento di stato Usa Phil Reeker
all'"alleato numero uno nella lotta al terrorismo", l'annuncio di un
incontro euro-turco per spianare la strada alla Turchia nel futuro esercito
europeo, la partecipazione dell'Eni alla progettazione della pipeline caucasica
Baku-Ceyhan.
Pessime notizie per i kurdi: altri trenta
arresti nella sede del partito Hadep di Smirne per sostegno al terrorismo.
L'accusa: propaganda della "serhildan", la strategia di resistenza civile
del Pkk.
A Smirne s'era imbarcata due settimane fa la
giovane Milli Gullu, per sfuggire alla stessa prigione che ora reclude i suoi
compagni di partito. Ieri l'autopsia ha confermato la causa della morte:
asfissia. Ora suo marito Huseyin Alturk chiede solo che il corpo di Milli
riposi a Istanbul, dove vivono i suoi genitori. Provvederanno, pare, la
prefettura e la Croce rossa di Crotone, e gli esuli kurdi si preparano a darle
l'estremo saluto a Fiumicino.
La voce di Huseyin ferma mentre dal campo di
Sant'Anna a Crotone rivive al telefono l'agonia di sua moglie. Nella stiva
della nave negriera "Ackan 1" -in cui sono stati imprigionati per
sette giorni 416 migranti viaggiando in condizioni terribili - Huseyin, insieme
alla moglie e alle loro bambine di otto e dodici anni, deve aver attraversato
tutti gl'inferni del dolore umano.
Ma perch un'intera famiglia mette a rischio
la vita per venire in Italia?
"Perch senza libert non c' vita. Da
Sirnak, dove spadroneggiano i Jandarma, per non sparire anch'io in un
commissariato ero stato costretto a trasferirmi a Gebze, presso Istanbul. Ma la
mia origine kurda mi bollava. Ogni volta che a Gebze c'era un problema la
polizia veniva da noi, soprattutto dopo che nel '99 mia moglie Milli fu
arrestata durante lo sciopero della fame delle donne dell'Hadep contro il
sequestro di Ocalan in Kenya. La torturarono per una settimana nella caserma di
Gebze, fino a lasciarla esanime sul nudo cemento di una cella. Nessun medico volle
firmare il referto. Da allora la nostra vita fu in inferno. Mia figlia a undici
anni dovette lasciare la scuola perch gli insegnanti la schernivano come
figlia di terroristi. Quando abbiamo deciso di espatriare, Milli attendeva la
sentenza del tribunale speciale per quello sciopero della fame: fino a quindici
anni di prigione per sostegno al Pkk. "
Come siete partiti?
"Dopo aver dato a un mediatore mafioso
4850 dollari, tutto ci che avevo, ci hanno chiamati. Di notte, stipati in
settanta in un autobus da cinquanta posti, abbiamo viaggiato da Istanbul fino a
Cesme, il porto di Smirne. Agenti di polizia, in borghese ma con pistole e
radiotelefoni, ci aprivano la strada su una macchina civile. A un posto di
blocco a Bursa hanno preso dall'autista del bus un pacco di banconote e l'hanno
passato ai loro colleghi in divisa. Ci hanno scortati fino all'imbarco su un
gommone che dopo quattro ore, forse in prossimit della costa greca, ci ha
trasbordati su quella maledetta nave".
Puoi raccontarci del viaggio?
"Appena a bordo ci hanno scaraventati
nella stiva e hanno sbarrato i portelloni su di noi. Eravamo l'ultimo carico,
stipati su uno strato di terriccio e letame insieme a centinaia di uomini,
donne e bambini, anche neonati. Erano kurdi irakeni, afghani, pakistani. Nelle
diverse lingue parlavano tutti della guerra. C'erano solo tinozze d'acqua
fetida e forme di formaggio e pane che nessuno toccava, perch erano
ammucchiate accanto alle latrine. Si socializzava il cibo che ciascuno aveva
con s, ma non dur a lungo. Alla fine mangiammo quel pane e bevemmo
quell'acqua, e l'ultimo giorno non rimase nulla da mangiare. Stavamo
ammucchiati come bestie nel buio, senza un filo d'aria. Dopo due giorni Milli
cominci a vomitare. Il suo corpo si gonfiava, sembrava incinta. Abbiamo
chiesto per piet di aprire, ma si sono limitati a gettarci qualche scatola di
antibiotici. E'morta quella notte stessa, e per due giorni abbiamo vegliato il
suo cadavere. Alle nostre urla rispondevano le risate dell'equipaggio turco.
Molti altri sarebbero morti, se i finanzieri italiani ci avessero liberati solo
qualche ora pi tardi. E ora siamo qui... "
La sua voce si spezza: "Come pensi che
affronteranno la nuova vita le nostre bambine?"
..
LA GUERRA INTERNA CONTRO I PROFUGHI:
COMUNICATI DI AZAD
"GUERRA INTERNA" CONTRO I PROFUGHI
KURDI A ROMA?
L'operazione condotta ieri pomeriggio da forze
di polizia nel parco di Colle Oppio con insolita brutalit contro i profughi
kurdi che sono costretti a soggiornarvi all'addiaccio, e conclusa con
l'identificazione di quasi centocinquanta persone e con la consegna a ottanta
di loro di un'inutile quanto odiosa intimazione di espatrio, presentata oggi
dal quotidiano romano Leggo, solitamente bene informato dagli apparati
ministeriali, come "operazione antiterrorismo condotta in previsione della
commemorazione delle vittime di New York, in programma in piazza San
Giovanni".
Il portavoce dell'associazione Azad, Dino
Frisullo, ha dichiarato:
"Gi alcuni giorni fa denunciammo i
rastrellamenti attuati su base etnico-religiosa nell'area di Termini. I
dirigenti della questura di Roma negarono la circostanza, ma ora l'operazione
di Colle Oppio moltiplica la preoccupazione e la protesta. Gi nel '91 la
guerra del Golfo fu occasione per lo sgombero dell'ex Pantanella, considerata
una pericolosa concentrazione di potenziali 'nemici' in quanto islamici. I
profughi kurdi, creati da una guerra condotta da un paese Nato e moltiplicati
ora dai nuovi venti di guerra nell'area, non hanno quasi altro ricovero a Roma,
tanto che oltre cento di loro autogestiscono la convivenza nel centro Ararat al
Testaccio. I kurdi furono i primi ad esprimere la loro solidariet con le
vittime di New York in Campidoglio, all'indomani della strage. Al contrario,
questo genere di operazioni dimostrano una pericolosa contiguit fra guerra e
razzismo. Pochi giorni fa un animatore culturale volontario del centro Ararat,
kurdo e richiedente asilo, stato fermato e rinchiuso in isolamento per tre
giorni a Lecce, ripetutamente spogliato e perquisito, prima di essere
rilasciato senza spiegazioni. Sono i profughi di guerra il "nemico
interno", cos come in Afghanistan sono milioni di profughi le prime
vittime della guerra esterna?"
Roma, 11.10.01
KURDI: L'ESODO CONTINUA
ASSOCIAZIONE AZAD: "DUE VOLTE PROFUGHI DI
GUERRA"
"Duemila profughi, quasi tutti kurdi, in
quindici giorni sulle coste italiane, e mancano gli undici disgraziati morti
una settimana fa sugli scogli a Valona credendo di essere in Italia. In una
situazione simile tre anni fa l'allora ministro Napolitano dichiar che esiste
una persecuzione del popolo kurdo. Gli ultimi due ministri dell'Interno
dovrebbero spiegare come mai l'esodo continua, dopo gli accordi
anti-immigrazione con quel governo turco che ne apre e chiude i rubinetti
insieme alle bande mafiose, programmando cinicamente un'autentica pulizia
etnica".
Cos commenta gli ennesimi sbarchi in Sicilia
e in Calabria l'associazione di solidariet con il popolo kurdo Azad, che prosegue:
"Per affidarsi a migliaia alle carrette
del mare, bambini e donne incinte incluse, i kurdi fuggono da qualcosa di
terribile. Dalla repressione e dalla guerra che non si sono mai fermate nel
Kurdistan sia turco sia irakeno, ma anche, oggi, dal rischio di una nuova
guerra devastante nel Medio oriente, di cui sarebbero ancora una volta le prime
vittime. Ogni nuovo bombardiere angloamericano che dalla base di Incirlik
minaccia il territorio irakeno, ogni proclama dei militari turchi su una
"lotta al terrorismo" che assimila Ocalan a Bin Laden, moltiplica il
numero dei fuggitivi. I kurdi sono due volte profughi di guerra: avrebbero
diritto non solo all'asilo (che invece lascia sempre pi il posto alla catena
dei rimpatri), ma a un'iniziativa internazionale che obblighi la Turchia e gli
altri paesi a riconoscere l'identit e l'autonomia di un popolo e ne consenta
il ritorno. Se invece l'Europa far prevalere la ragion di Stato e i legami
Nato, si dovr preparare ad accogliere centinaia di migliaia di fuggitivi".