Date: 4:31 AM 11/5/01 +0100

From: dino frisullo

Subject: MILLE NAUFRAGHI NELL'EGEO

 

Sono le tre del mattino.

In questo momento ad alcune migliaia di chilometri da me e da voi, in nome nostro, forse esplodono bombe a grappolo e fanno strage. Lo sappiamo, e ci indigna.

Nel tempo che impiegherete a leggere questa frase saranno morti diversi bambini, di fame. Lo sappiamo, ma non ci scandalizza pi. Per primordiale autoconservazione, rimuoviamo un pensiero che altrimenti ci toglierebbe ogni residua gioia di vivere.

 

Ci che non sapete, e che non sapevo neppure io fino a tre ore fa, che mentre scrivo pi di mille persone stanno tremando di fame, di freddo e di terrore, strette su un guscio di nave in balia del mare forza sette.

Quando leggerete questa mail, forse saranno ancora vivi, forse no.

 

Tre ore fa una telefonata concitata ha raggiunto in Belgio la sede di Kon-Kurd, la confederazione della diaspora kurda in Europa, e poi rimbalzata alla sede romana dell'Ufficio d'informazione del Kurdistan.

"Siamo pi di mille, partiti dal porto turco di Smirne cinque giorni fa. Da tre giorni non mangiamo, e ci sono donne e bambini. Il motore andato a fuoco, la nave alla deriva e fa acqua. L'equipaggio ci ha abbandonati nel mare in tempesta. Potremmo morire tutti da un momento all'altro. Vi prego, fate qualcosa..."

I compagni kurdi informano subito le agenzie di stampa (il loro comunicato qui sotto). Io mi attacco al telefono. Dal Viminale mi rinviano alla questura di Lecce, la quale s, aveva gi saputo oggi della segnalazione di una nave in avaria nel canale d'Otranto, sono uscite un paio di motovedette ma il mare era grosso, gli aerei e i radar non dipendono da noi, richiami il ministero...  Dal ministero mi dicono allora di verbalizzare un esposto in un ufficio di polizia, altrimenti non possono raccoglierlo. Ma laggi stanno morendo... Niente da fare: la burocrazia ha le sue prassi. A mezzanotte passata, sentendomi ridicolo, mi presento alla questura di Roma per verbalizzare un naufragio in corso.

 

Per fortuna gli agenti in servizio in questura sono pi ragionevoli. Non verbalizzano, s'informano, in tandem con i loro colleghi di Milano allertati dalla locale agenzia Ansa. La Capitaneria di porto di Bari finalmente conferma: la nave esiste, il nome coincide, ma al sicuro nel proto dell'isola greca di Zante.

Sospiro di sollievo. Ma il naufrago con telefonino, prima che la linea cada definivamente, fa a tempo a confermare: siamo in mare aperto, sopra di noi sono appena passati degli elicotteri. Ma non si sono fermati.

 

Strano?  No, non per chi conosce i comportamenti delle autorit greche in fatto di migranti "clandestini". Come l'Australia o l'Indonesia, cercano di impedire ad ogni costo che i carichi di clandestini sbarchino, sia pure in emergenza, sulle loro coste. Dunque l'ipotesi pi probabile anche la pi assurda e cinica: la nave esiste, sta presso Zante (il che coincide con la testimonianza telefonica: l'equipaggio prima di lasciare la nave li aveva avvertiti che mancavano sei-sette ore di navigazione per l'Italia), ma le autorit greche, che l'hanno individuata, la lasciano a dibattersi fra le onde al largo dell'isola, mentre alle aurorit italiane giurano che la nave sta ormeggiata in porto.

E se il mare grosso e la nave in avaria, non saranno certo gli elicotteri a mettere in salvo pi di mille disperati...

Il telefonino di partenza non risponde pi sulla nave.

Tremo al pensiero del senso possibile di questo silenzio.

Se domani sapremo di un enorme naufragio, sapremo anche chi ne responsabile. Domani, o anche dopo: perch quella nave, respinta dalla Grecia, se riuscir a navigare ancora punter sull'Italia. E in quelle condizioni, non detto che ci arrivi.

 

Sono le tre del mattino, e la stanchezza mi impedisce di ragionare sulle responsabilit di questa, che potrebbe essere la peggiore tragedia del mare Mediterraneo.

Solo una domanda: perch fuggono cos, a rischio della vita?

Una risposta: tre giorni fa nella citt di Dogubeyazit, sulle falde dell'Ararat, i famigerati Jandarma hanno sparato a bruciapelo su un uomo, un dirigente locale del partito (sinora legale) Hadep, dopo aver bussato alla sua porta.

I tamburi di guerra coprono questa e molte altre cose. Coprono anche il grido di terrore di quei mille esseri umani in fuga nel mare Egeo.

 

 

UIKI-Onlus

 

Ufficio dinformazione del Kurdistan in Italia

 

Roma, via Q. Sella 41 06.42013576 fax 06.42013799 mail <mailto:uiki.onlus@tin.it>uiki.onlus@tin.it

 

COMUNICATO STAMPA URGENTE

 

 

 

MILLE NAUFRAGHI NEL CANALE DOTRANTO

 

APPELLO DISPERATO RACCOLTO DALLA DIASPORA KURDA IN EUROPA

 

 

 

Oltre mille naufraghi, in grande maggioranza kurdi, sono in balia delle onde nel canale dOtranto, a poche ore dalle coste italiane. Da tre giorni a digiuno, compresi i numerosi bambini, i profughi sono stati abbandonati dallequipaggio della nave Erenler Istanbul, partita cinque giorni fa dal porto di Cesme presso Izmir, in Turchia. I motori sono bruciati e in avaria, la nave imbarca acqua alla deriva.

 

 

 

Lappello disperato, giunto dal telefonino di uno dei naufraghi alla confederazione kurda in Europa Kon-Kurd, stato confermato telefonicamente dalla stessa persona allufficio kurdo di Roma, che ne ha informato immediatamente il ministero dellInterno e la questura di Lecce. Sembra che a Lecce fosse gi giunta una segnalazione in mattinata, ma sarebbero stati attivati solo i mezzi navali della Capitaneria di porto di Otranto, senza alcun risultato nel mare in tempesta. Lufficio kurdo ha chiesto unimmediata ricognizione aerea.

 

 

 

Questa notizia drammatica commenta lufficio kurdo segnala che lesodo continua e sintensifica allombra della guerra. Solo una violazione assolutamente drammatica dei diritti umani, di cui purtroppo non parla pi nessuno, puo indurre mille persone a rischiare la vita e forse in queste ore a perderla in mare.

 

 

 

 

 

Roma, 5.11.01 ore 0:30