Date: 8:28 PM 12/2/01 +0100
From: dino frisullo
Subject: La Turchia in guerra (da Liberazione)
Cari amici,
mi permetto di trasmettere a tutta la rete di
Azad i miei due articoli
pubblicati oggi dal quotidiano Liberazione.in
una pagina monografica sulla
Turchia, perch sono il frutto di un'ampia
ricerca sulle fonti disponibili,
rispettivamente sul ruolo della Turchia nella
guerra in corso (e in quella
probabile contro l'Iraq) e sulla situazione
attuale, particolarmente
drammatica ad Istanbul dove nei prossimi
giorni arriver una delegazione
italiana - e dunque credo che contengano
informazioni utili a tutti/e.
Perdonatemi per l'intromissione.
Dino Frisullo
"Siamo sempre stati contrari a un attacco
all'Iraq, ma nuove circostanze possono comportare nuove valutazioni". E'
bastato questo accenno del ministro della Difesa turco Cakmakoglu per far
precipitare di sette punti la gi disastrata Borsa di Ankara, memore dei danni
economici della guerra del '91 e dell'embargo all'Iraq. Colin Powell, atteso
nella prossima settimana in Turchia dopo un vertice Nato a Bruxelles, secondo
l'agenzia Reuters verr appunto a chiedere "al paese che proponiamo come
esempio al mondo" di condividere e sostenere l'eventuale attacco a
Baghdad.
I militari turchi temono che la guerra in
Medio oriente comporti la nascita di una contagiosa entit statuale kurda nella
regione irakena attualmente autonoma. Ma nello stesso tempo accarezzano il
sogno di Ataturk: mettere le mani sull'intero Kurdistan irakeno, comprese le
province petrolifere di Mosul e Kirkuk annesse all'Iraq e in via di forzosa
arabizzazione. Intanto rispondono a Saddam, che ha ammonito "possiamo
tornare nel Nord quando vogliamo" e ammassa truppe nell'area di Mosul,
sostituendo con divisioni blindate le guardie di frontiera al valico di Halil.
I kurdi tremano: nella guerra che s'avvicina rischiano di fare ancora una volta
la fine della noce.
Nel frattempo, per flettere i muscoli, dal 3
al 7 dicembre la flotta e l'aviazione turca si eserciter in acque anatoliche
con i colleghi israeliani e nordamericani. L'offerta turca di guidare con
migliaia di uomini una forza di peacekeeping in Afghanistan, per ora scartata
ma destinata a tornare all'ordine del giorno secondo l'analista Simon Tisdall
del Guardian, ha fatto della Turchia il perno del nuovo ordine postbellico nel
"Medio oriente allargato" dall'Adriatico al Caspio e all'oceano
Indiano.
Un ruolo pagato in moneta sonante: un nuovo
prestito del Fmi di dieci miliardi di dollari, da aggiungere ai 15,7 miliardi
gi prestati quest'anno. Seicento milioni di dollari passeranno direttamente
dal Fondo monetario all'israeliana Imi incaricata di rimodernare 170 tank M-60
turchi. O agli Usa, che rivendicano per s la commessa. Non che l'assaggio
del grande rilancio militare-industriale chiesto dai generali turchi, in un
paese disastrato, per lanciarsi in guerra.
Nell'analisi di Tindall, scontata la
necessit di una presenza militare nel dopoguerra afghano, e scartata la
"soluzione balcanica" (contingenti sotto bandiere diverse) per i
conflitti d'interessi delle potenze circostanti e dei signori della guerra
afghani, come dimostra il veto dell'Alleanza del Nord all'invio di seimila
teste di cuoio inglesi, si imporr alla fine la bandiera Onu su un contingente
multinazionale a prevalenza islamica ed a guida turca.
"Ma la Turchia chieder diversi favori in
cambio: pi voce in capitolo nella Forza europea di rapido impiego, finora
bloccata dal veto turco, la rinuncia all'ingresso di Cipro nell'Ue nel 2004, e
soprattutto la sordina alle critiche occidentali sulle violazioni dei diritti
della minoranza kurda e in genere dei diritti umani, testimoniate dai 43
prigionieri morti per fame e dall'uso ampio e sistematico della tortura. Se in
futuro bisogner usare il pugno di ferro contro i signori della guerra afghani
- conclude ironicamente il Guardian - chi potr farlo meglio dei turchi?"
Senza ironia, l'attitudine del regime turco
alla repressione diviene invece la giusta risposta "a chi in passato ha
usato un doppio standard in materia di terrorismo o l'ha legittimato in nome
dell'equazione etnica" nella lunga analisi del professor Karaosmanoglu,
membro dell'Istituto internazionale di studi strategici e testa d'uovo dei
militari, apparsa sul quotidiano in lingua inglese Turkish Daily News. Per il
resto Karaosmanoglu concorda con Tindall sulla centralit della Turchia in un
nuovo assetto euroasiatico, con l'Europa indebolita e la Nato a centralit
angloamericana proiettata, nell'ottica della "sicurezza" e non pi
della difesa, ben oltre le sponde atlantiche. In questo scenario la Turchia
potr anche fare a meno dell'Europa, forte del sostegno Usa, dell'alleanza con
Israele e dell'accordo di "partnership multidimensionale" firmato il
16 novembre con la Russia a New York.
Quanto allo scenario irakeno, Karaosmanoglu
esplicito. "La Turchia vuol prevenire un'estensione della guerra all'Iraq,
ma se comunque la guerra ci sar, non potr restarne fuori. Il futuro
dell'Iraq, e in particolare dell'Iraq del Nord, ha a che fare con i nostri
interessi vitali. La Turchia stata costretta ad avviare diverse campagne
militari nel Nord Iraq dopo la guerra del Golfo, ed possibile che oggi ci
siano truppe ed armamenti turchi oltre il confine. Insomma, in territorio
irakeno ci siamo gi. E se vogliamo avere un ruolo nel futuro assetto del Nord
Iraq, le nostre opzioni non sono poi infinite". Chiarissimo. E minaccioso.
2.
La devastazione di Armutlu, il quartiere di
Istanbul in cui a due riprese i militari hanno fatto irruzione sparando e
spianando con le ruspe le case in cui si digiunava contro le celle
d'isolamento, non era che l'inizio. Venerd scorso all'alba la polizia ha fatto
irruzione in tutte le ventisei sedi del partito Hadep a Istanbul e in tutte le
sedi di giornali, riviste e centri culturali legati all'opposizione kurda,
sequestrando quintali di materiali e decine di attivisti.
Pochi giorni fa il potente Consiglio di
sicurezza nazionale aveva tuonato contro l'Hadep "strumento del Pkk",
che in caso di abbassamento della soglia-capestro del 10% rischia di entrare in
parlamento nelle prossime elezioni, e il cui presidente Bozlak aveva invocato
il passaggio della guerriglia kurda dall'attuale tregua al disarmo, nel quadro
per di un'amnistia generale. E il Consiglio nazionale per l'Educazione (in
sigla Yok, che in turco equivale a No!) aveva chiesto una punizione esemplare
per i duecento studenti di Istanbul che, nel quadro della campagna di
disobbedienza civile e di rivendicazione d'identit che dilaga in Europa e in
Turchia, avevano sottoscritto la richiesta di un insegnamento universitario di
lingua e cultura kurda.
A Istanbul, dove fra pochi giorni arriver una
delegazione di giuristi, sindacalisti e giornalisti italiani, il clima
tesissimo. La notizia della morte della giovane Tulay Korkmaz, 43.ma vittima
del digiuno nelle carceri, giunta mentre il governo propone di colpire con
pene fino a vent'anni di carcere la "istigazione allo sciopero della
fame" e di legalizzare l'alimentazione forzata. Ad Armutlu, distrutte le
"case della resistenza", c' ora un poliziotto ogni sette abitanti.
Ma il regime ritiene di avere mano libera in
clima di guerra: come criticare i nostri tribunali speciali, argomenta il
quotidiano Hurriyet, mentre gli Usa istituiscono corti marziali? Cos ad
Amnesty International, rea di continuare a denunciare la tortura e in
particolare gli stupri di polizia, si impedito di aprire una sede ad
Ankara, mentre si moltiplicano gli sforzi perch l'Unione europea includa anche
il Pkk nella lista, ancora segreta, delle organizzazioni "terroriste".
Una pressione efficace: proprio mentre il
governo prorogava ancora una volta lo stato d'emergenza nelle province kurde, a
Fancoforte la polizia tedesca faceva irruzione nella sede di un sindacato kurdo
accusato di sostenere il partito di Ocalan.
D.F.