Date: 10:22 PM 3/20/02 +0100
From: dino frisullo
Subject: romigrantsocialforum- LA STORIA DI
IHSAN DETTO MENGUC,
LETTERA APERTA SULLA STORIA DI IHSAN MENGUC,
DETTO MAHSUM,
CHE CREDEVA DI TROVARE ASILO IN ITALIA
Ihsan Menguc, noto agli amici come Mahsum,
nato il 20 aprile del 1970 a Diyarbakir, capitale del Kurdistan, il "paese
che non c'". E' piccolo e scuro, un uomo mite con un sorriso sofferente
e disarmante.
E' nato lo stesso anno del secondo colpo di stato
militare in Turchia. Quando aveva dieci anni, nell'80, il terzo colpo di stato
ha introdotto la legge marziale, poi trasformata in "stato
d'emergenza", prorogato l'ultima volta all'inizio di marzo del 2002 per la
provincia di Diyarbakir ed altre tre province kurde. Dunque l'intera vita di
Mahsum trascorsa sotto il giogo dei militari.
Mahsum ha conosciuto la prigione per la
prima volta nel '92, perch si rifiutava di prestare servizio
militare nella "guerra sporca" dell'esercito turco contro la
popolazione kurda. E' tornato in galera nel '97, per sei mesi, accusato di
"sostegno ad organizzazione sovversiva". In entrambi i casi stato
torturato, come d'uso in Turchia. Ancora nel '99 stato arrestato e torturato
per 28 giorni di seguito. A tre anni di distanza ne porta ancora i segni
interni ed esterni, cammina con difficolt ed ha le braccia istoriate da
bruciature di sigarette. Due anni dopo riuscito a fuggire in Italia.
Tutto questo l'ha raccontato per iscritto alla
commissione per l'asilo, quando stato convocato il 12 marzo 2002. A causa del
suo stato di salute e della necessit urgente di cure specialistiche,
l'associazione Azad aveva chiesto e ottenuto un anticipo della convocazione,
prevista per maggio.
La "commissione" era in realt un
solo commissario, un uomo alto e biondo con gli occhiali. Il rappresentante
dell'Acnur non c'era. Mahsum ha consegnato il certificato che comprova le
torture subite, rilasciato non da uno studio medico privato o da
un'associazione di volontariato ma da una struttura pubblica, l'ambulatorio del
San Galicano di Roma. Non ha potuto consegnare le certificazioni della
carcerazione, non ancora arrivate dalla Turchia.
Peraltro sarebbero state inutili. Perch il
commissario non ha guardato neppure il certificato. Gli ha chiesto di indicare
dov'era nato su una carta della Turchia, poi gli ha chiesto se sapeva nulla
della vicenda della diga sul Tigri che rischia di sommergere l'antica Hasankeyf
e centinaia di villaggi kurdi. Ihsan gli ha risposto con impeto, finch l'altro
non lo ha interrotto con un gesto di fastidio: "Qui non si fa
politica", ha detto.
Poi gli ha chiesto delle sue persecuzioni,
e Mahsum ha ammesso tranquillamente di essere stato accusato di appoggio
al Pkk, il partito fuorilegge in Turchia ma non certo in Italia,
"terrorista" in Turchia ma escluso dalla lista delle organizzazioni
terroriste in Europa, nonostante le vive proteste turche.
A questo punto il commissario gli ha detto che
poteva bastare, ed ha annotato sul foglio di appunti che aveva davanti le
parole: "Contatti pratica Pkk". Mahsum le ricorda bene, scritte
a stampatello, con un asterisco accanto.
Sullo stesso tavolo c'era un rapporto
intestato "Questura di Lecce", con il nome di Ihsan Menguc ben
visibile.
Facciamo un passo indietro. Settembre 2001.
Mahsum, che uno dei responsabili del centro socioculturale kurdo
Ararat di Roma, si trova a Lecce per portare a un gruppo di profughi kurdi
appena sbarcati le riviste della diaspora ("Kurdistan
Report", giunto al quinto numero nell'edizione italiana e legalmente
stampato in altre dodici lingue), e poi libri e documenti sulla questione
kurda. Materiali che circolano normalmente fra gli esuli. Viene notato dalla
direzione del centro Regina Pacis, che chiama i carabinieri. Questi fermano
Ihsan, gli sequestrano i materiali, lo maltrattano pesantemente (quattro giorni
dopo aveva ancora difficolt di respirazione), poi lo portano dentro il centro
alla presenza del sacerdote che ne responsabile. Arrivano altri carabinieri e
polizia, arriva l'antiterrorismo. Gli chiedono se del Pkk, perch continua a
far politica in Italia, se l per raccogliere fondi Risponde che il suo
lavoro culturale e politico. Lo libereranno senza spiegazioni n scuse solo
dopo tre giorni, trascorsi in totale isolamento in una cella della questura di
Lecce.
Evidentemente questo il rapporto che
l'accompagnava in commissione, come un viatico. Prima di congedarsi dal
commissario, Mahsum ha protestato invano per la presenza di un interprete
turco e non kurdo, che non poteva tradurre bene ci che lui voleva dire. Era un
giovane tarchiato con l'orecchino, ricorda.
Conclusione: oggi a Mahsum stato
notificato il rigetto della domanda di asilo.
La motivazione pi lunga del solito. Dice,
in sostanza: che lui venuto in Italia solo per cercare lavoro nonch per
sottrarsi all'obbligo militare che vale ovunque; che le persecuzioni addotte
"attengono alla sfera personale" (?!); che "successivamente"
(al '99?!) non ha incontrato problemi con le autorit del suo paese e quindi
"non sono da temere persecuzioni in caso di rimpatrio"; infine, che le persecuzioni subite e le
repressioni inflitte a parenti "risultano comportamenti legittimi delle
autorit, ininfluenti ai fini dell'applicazione della Convenzione di Ginevra
(!).
Contestualmente, come si usa dire, in questura
gli stata notificata l'intimazione di lasciare l'Italia. L'agente che
"procedeva" ha avuto cura di sfilargli di tasca i documenti che
aveva, e trattenere, "tanto non ti serve pi", l'originale del
certificato medico che attestava la tortura. Mahsum, previdente, ne ha una
fotocopia.
Ora Ihsan Menguc, detto Mahsum, si chiede se
non il caso di lasciare l'Europa e tornare in Turchia, da clandestino e
perseguitato, a condurre quella lotta politica che pensava di poter portare
avanti, da esule e rifugiato riconosciuto, alla luce del sole nella democratica
Europa.
Gli ho detto di no. Gli ho detto che
impensabile che si neghi l'asilo a uno che porta i segni di un'orrenda tortura,
e che ha bisogno di entrare in ospedale e non in un nuovo carcere. Gli ho detto
che l'Italia non la Turchia, che ci che considerato illegale nel suo paese
qui non lo . Gli ho detto che la commissione per l'asilo sicuramente rivedr
il suo caso, che il certificato medico gli sar restituito con le scuse, che
l'Acnur far proprio il suo caso cos come il Cir e tutti gli organismi di
tutela, che non sar mai rimpatriato di forza e riconsegnato ai suoi aguzzini.
Sbagliavo?
Gli ho detto anche che se tutto questo non
fosse vero, e se fosse rimpatriato in Turchia, io andr con lui, perch mi
vergognerei a rimanere in Italia, e d'altronde a quel punto non vedrei pi
alcuna differenza.
Dino Frisullo
Roma, 20 marzo 2002, vigilia del Newroz
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