Date: 4:26 AM 3/30/02 +0100

From: azad

Subject: romigrantsocialforum- Proposta sul Medio oriente + comu

 

RIPARTIRE DAI POPOLI

PER UN'INIZIATIVA UNITARIA SUL MEDIO ORIENTE

 

LETTERA APERTA AI MOVIMENTI E AD "ACTION FOR PEACE" IN PALESTINA

 

L'epilogo tragico di una lunga fase della lotta palestinese sembra ricondurre la vicenda di questo popolo, che aveva conquistato un suo statuto internazionale, a quella dell'altro popolo ancora pi pesantemente negato nell'area mediorientale, il popolo kurdo. Agghiacciano le analogie con l'odissea di Ocalan e del suo popolo: la prigionia di Arafat, la minaccia di una nuova pulizia etnica, l'uso spregiudicato del terrore di Stato e del discorso sul terrorismo, la passivit internazionale, il rischio che la questione palestinese sia annegata e "risolta" in una spirale bellica.

 

In effetti Sharon non avrebbe avuto via libera dagli Usa se sull'area non incombesse la guerra all'Iraq, per la quale vitale il ruolo dell'asse militare turco-israeliano. Una guerra che si combatter in terra kurda, con i kurdi vittime predestinate e forse alcuni di loro nel ruolo di scari - ma in Palestina l'altro braccio della tenaglia. Ben pi che le velleit subimperiali di questo o quel regime, l'istanza di pluralismo e democrazia di cui sono portatori i due popoli dell'esodo l'antagonista mortale del nuovo ordine che si vuole imporre nel sangue.

 

Intifada in kurdo si traduce Serhildan. Significa "su la testa". Non una tattica, una scelta esistenziale. Una volta assunta, incoercibile. Potranno incendiare l'area uccidendo Arafat od Ocalan, potranno moltiplicare le esecuzioni e le stragi e tentare di travolgere anche il popolo kurdo nella reazione disperata in cui stata trascinata una parte del movimento palestinese; ma non avranno ragione di popoli che hanno deciso di coesistere da uguali.

 

I due percorsi di resistenza e identit culturale e nazionale hanno prodotto strutture di societ civile ricche e articolate, in patria come nell'esilio europeo e nei campi profughi mediorientali o anatolici. E' impressionante l'analogia fra la rete dei Comitati popolari nati nella prima Intifada e rinnovati nella seconda, e quella delle Piattaforme per la Democrazia nel Kurdistan turco. La repressione pi feroce non pu spezzare queste reti, ma possono oscurarle il silenzio e la rimozione - o il frastuono assordante della guerra.

 

Per questo importante che i movimenti pacifisti e antiglobalizzazione abbiano deciso di tornare in Palestina a condividere la lotta dei palestinesi e dei pacifisti israeliani, dopo un decennio in cui ogni soluzione pareva delegata alla diplomazia. Sarebbe utile che quest'esperienza si confronti e si saldi con la presenza costante di delegazioni e osservatori nel Kurdistan. E che si ricostruisca cos un discorso unitario sul Medio oriente, nei tempi imposti da una spirale di guerra che unifica tragicamente le varie questioni: dall'embargo all'Iraq alla repressione dei kurdi, dal terrore antipalestinese alla crociata antislamica e alla "guerra permanente". Un discorso che riparta dai diritti delle persone e dei popoli e non dai regimi, superando le aporie legate all'epoca dei blocchi e alla logica amico-nemico che di volta in volta produsse gl'innamoramenti per Nasser o Saddam, Khomeyni o Gheddafi.

 

Proponiamo che a met aprile s'incontrino le delegazioni di ritorno dal Newroz kurdo e da Action for Peace in Palestina, e che il confronto vivo di esperienze dia vita ad Osservatori per i diritti umani e dei popoli nel Medio oriente, specie in citt come Napoli, Roma e Milano dove esiste un ricco tessuto di pensiero e d'impegno. Strutture d'informazione puntuale sulle esperienze di resistenza sociale e civile, e di servizio per le delegazioni che dovranno moltiplicarsi e ricostruire una vera diplomazia popolare, sulle macerie di quella istituzionale.

 

Associazione "Azad - Libert per il popolo kurdo"

 

E-mail <mailto:ass.azad@libero.it>ass.azad@libero.it

 

 

 

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Comunicato stampa di Azad - 30.3.02

 

 

 

IL PKK SMENTISCE LE "SPECULAZIONI PROPAGANDISTICHE"

 

CIRCA IL SUO CAMBIAMENTO DI NOME E DI STRATEGIA

 

 

 

In un comunicato datato 29 marzo, diffuso in Italia dall'Ufficio d'informazione del Kurdistan, il Consiglio di presidenza del PKK ha smentito le "speculazioni propagandistiche" diffuse in questi giorni dalla stampa turca, e riprese anche da organi di stampa italiani, circa il suo cambiamento di nome e di strategia.

 

Il massimo organo dirigente del partito di Ocalan afferma che "non risponde a verit che si sia gi tenuto l'VIII congresso del partito" e quindi "il PKK non ha cambiato il suo nome n assunto nuove decisioni: quando il congresso si terr i documenti conclusivi saranno divulgati all'opinione pubblica". Comunque "ci che il PKK vuole non un cambiamento di nome, ma una sua rifondazione e l'avvio di una struttura nuova".

 

Il comunicato respinge anche con indignazione le illazioni su presunti finanziamenti illeciti del partito. "La nostra unica fonte di finanziamento - si afferma - il popolo kurdo".

 

L'associazione Azad, nata per affermare l'identit e la dignit di un popolo negato, chiede alla stampa italiana di usare la massima correttezza nei confronti di un partito radicato fra milioni di persone, come hanno confermato le grandi manifestazioni per il Newroz in Turchia e in Germania. Un partito nei cui confronti l'Italia ha grandi responsabilit, se non altro perch il suo leader, condannato a morte in Turchia, stato tardivamente riconosciuto come perseguitato politico dalla magistratura italiana.

 

 

 

 

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