Date: 7:46 PM 4/25/02 +0200
From: azad
Subject: IL MEDIO ORIENTE, I POPOLI NEGATI, LA
GUERRA: sabato 27
PER UN'INIZIATIVA UNITARIA
SUL MEDIO ORIENTE
Serhildan in Kurdistan, Intifadah in
PalestinaÉ
L'identit e la resistenza civile dei popoli
negati:
una sfida alla globalizzazione imperiale e
alla guerra permanente,
ma anche una sfida politica a noi tutti,
un filo per rintracciare la trama e la
speranza di un Medio Oriente pluralista e democratico
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Sabato 27 aprile a Roma dalle ore 10 alle 14
presso la Casa delle Culture METATEATRO in via
San Crisogono a Trastevere (presso piazza Sonnino)
INCONTRO - DIBATTITO
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Introduzioni di Luigi Cortesi e Piergiovanni
Donini,
docenti all'Orientale di Napoli e animatori
della rivista Giano - Ricerche per la pace,
sulle radici dell'assetto neocoloniale e sulla
storia rimossa dei popoli mediorientali
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Intervengono, fra gli altri:
Esponenti della Comunit palestinese di Roma
Hevi Dilara, dell'Ufficio d'informazione del
Kurdistan in Italia (Uiki)
Raniero La Valle e Domenico Gallo, magistrato,
di "Pace e diritti"
Dino Frisullo, portavoce dell'associazione
Azad
Gianfranco Bensi, dell'Ufficio internazionale
Cgil
Elettra Deiana, parlamentare del Prc
Carmine Malinconico, giurista, ed altri
osservatori di ritorno dal Newroz in Kurdistan
Farshid Nourai e Luciano Di Nardo,
dell'Associazione per la pace, ed altri/e esponenti di "Action for
Peace", delle Donne in nero
e del "Coordinamento di solidariet con
l'Intifada", di ritorno dalla Palestina
Nella Ginatempo, del Forum sociale "Basta
guerra" di Roma
Un rappresentante dell'associazione "Un
ponte per..."
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PER UN OSSERVATORIO PERMANENTE SUL MEDIO
ORIENTE
L'epilogo tragico di una fase della lotta
palestinese sembra accostare la vicenda di questo popolo, che aveva conquistato
uno statuto internazionale, a quella dell'altro popolo negato nell'area
mediorientale. Agghiacciano le analogie con l'odissea di Ocalan e del popolo
kurdo: la prigionia di Arafat, la minaccia di una nuova pulizia etnica, l'uso
spregiudicato del terrore di Stato e del discorso sul terrorismo, la passivit
internazionale, il rischio che la questione palestinese sia annegata e
"risolta" in una spirale bellica.
In effetti Sharon non avrebbe avuto via libera
dagli Usa se sull'area non incombesse la guerra all'Iraq, per la quale vitale
il ruolo dell'asse militare turco-israeliano. Una guerra che si combatter in
terra kurda, ma in Palestina l'altro braccio della tenaglia. Ben pi che le
velleit subimperiali di questo o quel regime, l'antagonista mortale del nuovo
ordine che si vuole imporre nel sangue l'istanza di pluralismo e democrazia
di cui sono portatori i due popoli dell'esodo
In una fase in cui la spirale di guerra
unifica tragicamente le varie questioni - dall'embargo all'Iraq alla
repressione dei kurdi, dal terrore antipalestinese alla crociata antislamica -,
utile che i movimenti che hanno deciso di tornare in Palestina a condividere
la lotta dei palestinesi e dei pacifisti israeliani, dopo un decennio in cui
ogni soluzione pareva delegata alla diplomazia, si confrontino con la presenza
costante di delegazioni e osservatori nel Kurdistan.
E che si ricostruisca cos un discorso globale
sul mosaico mediorientale a partire dai diritti delle persone e dei popoli,
contro la geopolitica dei regimi.
La proposta un osservatorio permanente, una
struttura aperta d'informazione puntuale sulle esperienze di resistenza sociale
e civile non solo in Palestina e in Israele ma in Turchia, in Iran, nei paesi
arabi, nel Maghreb. Una struttura di servizio per le delegazioni e le campagne
che dovranno moltiplicarsi e ricostruire dal basso la trama di una diplomazia
popolare di pace e giustizia, sulle macerie della diplomazia istituzionale.
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