Date: 2:13 AM 12/7/02 +0100
From: dino
Subject: URGENTISSIMO - PER SALVARE LA VITA DI
UN GIOVANE PALEST
APPELLO URGENTISSIMO
PER SALVARE LA VITA DI UN GIOVANE PALESTINESE
A BOLOGNA
(Se la rete non serve per questo, a che
serve?...)
Per favore, dopo aver letto questa mail fate
qualcosa. Diffondetela, attaccatevi ai telefoni, chiamate la stampa. Chi ha un
qualche potere schiodi le istituzioni, chieda conto al governo, al prefetto, al
questore.
Chi è di Bologna e dintorni, corra davanti
alla questura.
Il riferimento, per ciò che sto per spiegarvi,
è l'avvocata Cristina Errede di Bologna, tel. 348.7606502. Domani (cioè già
oggi: sabato mattina) sarà alle 8 in questura a Bologna, probabilmente insieme
all'avvocato reggiano Vainer Burani.
Per salvare AMIN KHAIRI dall'espulsione e
dalla morte.
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LA STORIA
Mi è stata raccontata questa sera per telefono
dall'avv. Errede. Da ciò che mi ha detto, e dai pochi riscontri che ho potuto
fare, è assai credibile.
Amin Khairi si trova in questo momento, questa
notte, ammanettato e detenuto in una cella della questura bolognese. Il suo
avvocato, Errede, non ha potuto parlare con lui. Già tutto questo è
illegale, perchè non si tratta di un fermo per "accertamento d'identità":
l'identità, anzi le identità di Amin, sono ben note alla polizia. Perchè è
rimasto in prigione in Italia per tredici anni, prima di finire, appena
scarcerato, al nuovissimo Cpt di Bologna e poi in quella cella.
Negli anni '80 Amin perse tutta la sua
famiglia in un campo profughi in Libano, probabilmente a Sabra o Chatila. Come
molti giovani palestinesi esasperati in quegli anni terribili, si arruolò in
quello che sembrava il più radicale dei gruppi palestinesi, la fazione di Abu
Nidal. Con quel gruppo andò in Tunisia e in Libia, e nei loro campi si
addestravano anche giovani oppositori tunisini. Fu arrestato dalle autorità
tunisine, che in questi casi non andavano e non vanno per il sottile. Tanto
che, quando non so come riuscì ad evadere e fuggire in Italia, dopo pochi mesi
venne a Roma un agente tunisino sotto falsa identità per cercarlo e farlo
fuori.
Amin fu più veloce e uccise. Per questo ha
pagato: tredici anni di prigione a Rebibbia, poi a L'Aquila.
Quando è uscito dal carcere è stato immediatamente
fermato dalla polizia e portato in questura a L'Aquila per notificargli
l'espulsione. Non per motivi di sicurezza dello Stato, ma... per ingresso
illegale, tredici anni prima!
Questa espulsione era a carico di Amin Khairi,
cittadino israeliano. "In itinere", guardacaso, la sua identità è
cambiata. L'Interpol ha "scoperto" trattarsi non di un palestinese,
ma di un tunisino. E come tale, figurarsi, l'ambasciata tunisina l'ha
riconosciuto.
Nel frattempo però un giudice aquilano ha
esaminato il suo caso. Ha sentito la psichiatra che in carcere aveva ricomposto
i frammenti tragici della sua memoria di profugo senza infanzia. Ha visto le
informative dei servizi. Ha ascoltato Amin, che gli ha detto francamente che il
suo vero nome palestinese è ancora un altro, ma non può dirlo per non mettere a
rischio di vita ciò che resta della sua famiglia.
Il giudice gli ha creduto, ed ha sentenziato
che Amin (o come si chiama) è palestinese, che ha pagato per il suo delitto,
che comunque, in base al principio del "non-refoulement", non può
essere rimpatriato nè in Israele nè in Tunisia, dove per motivi diversi
rischierebbe la vita.
Dunque ha annullato l'espulsione.
La questura di Bologna avrebbe dovuto
liberarlo, e magari consentirgli, dopo tredici anni, di chiedere asilo in
Italia. E' un suo diritto chiederlo, poi sarà eventualmente la commissione a
decidere se i suoi trascorsi sono o non sono "ostativi".
Invece la questura di Bologna ha detto che la
sentenza del giudice aquilano per loro non ha alcun valore. Per loro Amin è e
resta un tunisino, come ha detto l'Interpol (o i servizi?), un criminale comune
e non un politico, e dunque, voilà! si fa un altro decreto di espulsione
cambiando un poco la motivazione, lo si rende immediatamente esecutivo ai sensi
della Bossi-Fini, e già fra qualche ora Amin (o come si
chiama) potrebbe essere consegnato alla polizia di
Tunisi.
La vicenda è stata seguita fin dall'inizio da
Mauro Bulgarelli, deputato dei Verdi. Nel corso della sua visita al Cpt di
Bologna l'ha conosciuto anche Katia Zanetti, deputata dei Ds. Il Prc bolognese
è intervenuto sulla questura di Bologna, ed anche gli altri due parlamentari.
La sua storia, dice l'avvocata Errede, è stata raccolta anche da una casa
editrice che sta per pubblicarla.
Tutto inutile, finora. Evidentemente qualcuno,
molto in alto, ha deciso la sorte di Amin.
Stasera il suo avvocato, senza parlargli, ha
potuto solo consegnare una diffida motivata, accolta con qualche ironia dalla
questura. La richiesta di asilo politico, se l'è dovuta riportare indietro.
Se non è arbitrio di polizia questo, cos'è
mai?
Qualcuno penserà: un omicida, un terrorista...
Perchè mobilitarsi per lui? Pensi un attimo, allora, cosa significa passare una
breve vita per metà in un campo profughi e per l'altra metà in una galera. E si
chieda se non merita un'altra possibilità.
Tutto qui, almeno quello che so. Ora la vita o
la morte di Amin è nelle mani di tutti noi, di te che leggi.
Specialmente, ma non solo, se sei di
Bologna...
Dino Frisullo, Roma - notte di sabato 7
dicembre