Date: 11:18 AM 8/24/98 +0200

From: Sergio Briguglio

Subject: legge immigrazione

 

Cari amici,

vi mando il testo di un articolo scritto per Liberazione. Puo' essere

utile, forse, come promemoria.

 

Cordiali saluti

sergio briguglio

 

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Di immigrazione si e' parlato molto, in questo Agosto, soprattutto in

relazione al problema del rimpatrio degli immigrati sbarcati sulle coste

siciliane. Rischiano di restare in ombra, pero', alcuni punti di rilievo

certamente non minore. Mi riferisco a tre questioni con cui Governo e

Parlamento dovranno confrontarsi nelle prossime settimane. Sembrano gli

ingredienti di uno scioglilingua: regolamento, regolamentazione dei flussi,

regolarizzazione. Esaminiamoli uno per volta.

 

La nuova legge sull'immigrazione rinvia l'esatta definizione di molte delle

disposizioni al regolamento attuativo. Il Governo deve adottarlo entro fine

Settembre, sulla base del parere espresso dalle commissioni parlamentari

competenti. La cosa e' della massima delicatezza, per la ragione seguente.

La Costituzione, all'articolo 10, impone che sia la legge (e non un

regolamento) a disciplinare la condizione giuridica dello straniero.

Significa che le disposizioni in materia, quando siano di sostanza e non

riguardino - poniamo - dettagli trascurabili quali la modulistica da

utilizzare, devono passare attraverso l'approvazione del Legislatore, e non

possono essere lasciate alla discrezione - sia pure illuminata - del potere

esecutivo. Disgraziatamente, per un'improvvida smania di delegificazione,

la legge 40 presenta vuoti clamorosi in relazione ad aspetti niente affatto

trascurabili, quali, per esempio, i requisiti richiesti allo straniero per

il rinnovo del permesso di soggiorno, o quelli relativi a ciascun tipo di

visto di ingresso, o ancora quelli per ottenere una carta di soggiorno. E'

discutibile che tali aspetti possano essere normati da regolamento, e

meglio sarebbe ricorrere all'ampia delega legislativa che la stessa legge

40 prevede. E' pero' difficile ipotizzare che una maggioranza che ha

accettato, con superficialita', di blindare il testo della legge durante

tutta la discussione in Senato, riconosca ora la necessita' di correggere e

completare quel testo. E' piu' facile, in pratica, che la soluzione sia

trovata nell'ambito della definizione del regolamento.

 

Piu' facile, ma non sicuro. C'e' infatti il rischio che, con scelta assai

piu' censurabile, si preferisca lasciare gli argomenti di cui dicevo ad una

definizione "per circolari". Una soluzione di questo tipo potrebbe essere

caldeggiata da alcuni funzionari dei ministeri interessati, che cosi'

conserverebbero alla normativa spazi oscuri, da iniziati, e a se stessi il

potere discrezionale necessario per adeguarla, al momento opportuno, al

mutare del vento politico e al mantenimento delle proprie poltrone. Sta

allora ai politici riprendere in pieno il controllo della questione. I

tempi sono stretti, e c'e' il pericolo che, in nome di presunte difficolta'

di concertazione tra ministeri, i funzionari consegnino una bozza di

regolamento solo quando non sara' piu' possibile, tecnicamente, ai ministri

verificare che non siano stati gabbati. Quel testo verrebbe trasmesso alle

commissioni parlamentari, che potrebbero a quel punto badare - altro

rischio - piu' a tutelare il fegato dei ministri stessi che non ad

esercitare il potere di controllo e di indirizzo che la Costituzione

assegna loro. Questo, sia chiaro, e' gia' successo, in parte, in occasione

della definizione del documento programmatico, che pero', fortunatamente,

e' stato scritto con intelligenza. Da mesi gli organismi di volontariato

esperti di immigrazione hanno fatto pervenire ai ministri competenti

proposte di dettaglio sul regolamento. Solo un ministro (la Bindi) ha dato

finora peso a questi suggerimenti. Per il resto, silenzio...

 

Secondo punto: la regolamentazione dei flussi. Era gia' prevista dalla

legge Martelli; non e' mai stata effettuata. La nuova legge la arricchisce

con alcune previsioni di grande rilievo: l'istituzione obbligatoria di

liste di prenotazione nei consolati italiani e la possibilita' di ammettere

quote di immigrazione per "ricerca di lavoro". L'attuazione congiunta di

entrambe queste previsioni consentirebbe di dar vita ad un canale di

immigrazione regolare effettivamente percorribile ed alternativo a quello

irregolare o clandestino finora forzatamente utilizzato dai lavoratori

stranieri (le chiamate nominative di questi anni non sono state che un modo

per sanare silenziosamente situazioni nate in modo comunque irregolare). La

mancata attuazione o un'attuazione striminzita lascerebbero, all'inverso,

la situazione identica a quella di questi anni: inserimento irregolare,

grande agitazione per rendere piu' dure le norme sulle espulsioni,

successive inevitabili sanatorie. In altri termini: se il ministero degli

esteri e quello del lavoro non hanno voglia di lavorare, o non ne sono

capaci, tutto gravera' sempre sul ministero dell'interno; quello della

solidarieta' sociale, poi, potra' occuparsi, al piu', di prostituzione e di

tratta dei minori.

 

La sede naturale per la definizione di quel canale e' rappresentata, oltre

che dal regolamento attuativo, dal decreto sui flussi per lavoro (di

imminente emanazione). E' possibile che il Governo esiti ad ammettere

flussi ulteriori, per l'anno venturo, dovendo gestire un cospicuo bacino di

irregolarita' gia' presente (non meno di duecentocinquantamila immigrati).

E' anche possibile che il Governo abbia bisogno di tempo per mettere in

moto la struttura necessaria (liste, stima delle quote) allo scopo. E' bene

pero' che - piu' di quanto non sia stato fatto nel documento programmatico

- sia indicata con precisione la successione di passi che il Governo stesso

ha in animo di compiere. Raccomandazione degli organismi di volontariato:

gia' per il prossimo anno liste e ingressi per ricerca di lavoro siano

sperimentati, con riguardo ai paesi piu' prossimi (Albania, Tunisia,

Marocco); a condizione di fissare quote sperimentali decentemente ampie,

vedremmo crollare gli ingressi clandestini da questi paesi, anche senza che

si stipulino inquietanti accordi per la riammissione degli stranieri

espulsi.

 

Terza faccenda: la regolarizzazione degli immigrati irregolari gia'

presenti in Italia. A questo passo il Governo si e' impegnato accogliendo

un ordine del giorno del Senato. La strada piu' semplice e giuridicamente

piu' solida sarebbe costituita dall'adozione di un decreto legislativo

(sulla base della delega di cui si diceva) che disponga una sanatoria degli

immigrati presenti alla data di entrata in vigore del decreto stesso.

Questo, per inciso, eviterebbe agli immigrati il problema di raccogliere

difficili prove documentali in relazione al proprio soggiorno, e alle

questure l'ingrato compito di esaminarle. Il Governo pero' aborre la parola

"sanatoria". Inutile perdere tempo a capire perche'; esiste infatti una

soluzione che puo' soddisfare tutte le esigenze in gioco. E' oggetto,

ancora, di una proposta trasmessa a Napolitano dagli organismi di

volontariato: si stabiliscano i requisiti per il rilascio di permessi di

soggiorno stabili, in relazione a condizioni di inserimento lavorativo (sia

subordinato, sia autonomo) o familiare, come pure a condizioni di

inserimento in attivita' di studio o di formazione; si consenta l'emersione

dalla situazione di irregolarita' per un periodo di durata sufficiente

(es.: fino alla fine del '98); si rilasci allo straniero che emerge un

permesso provvisorio che lo renda inespellibile fino alla fine del '99 e

che lo abiliti ad avviare regolarmente le procedure necessarie per

confermare l'inserimento; una volta maturati i requisiti fissati, si

rilasci allo straniero il corrispondente permesso stabile; si avvii infine,

alla fine del '99, l'eventuale porzione non stabilizzata al circuito dei

flussi (anche stagionali) ammessi per gli anni successivi.

 

Se il Governo non vuole adottare disposizioni di questo genere, spieghi

perche'. Se ha idee migliori, le manifesti. Ma, per favore, non citi

l'Accordo di Schengen, ne' l'opinione di Gasparri, ne' quella di Di Pietro.

Qui si parla di cose serie.