Date: 3:51 PM 10/6/98 +0200
From: Sergio Briguglio
Subject: Favole per l'asilo
Cari amici,
a casa di mia nipote Alice ho trovato un
libretto dal titolo "Favole per
l'asilo". Sfogliandolo, mi ha colpito il
racconto che sottopongo alla
vostra attenzione.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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Un dittatore di uno staterello non
appartenente all'Unione europea vedeva
nel proprio fratello il suo piu' pericoloso
rivale politico. Da anni,
quindi, non perdeva occasione per rendergli la
vita impossibile. Aveva
cominciato con piccole vessazioni; poi, via
via, le vessazioni si erano
trasformate in una vera e propria
persecuzione.
In una prima fase il dittatore aveva sperato
di potersi disfare della
presenza scomoda del fratello incastrandolo in
qualche inchiesta
giudiziaria, ma aveva trovato, su questa
strada, un ostacolo quasi
insormontabile nella condotta irreprensibile
del fratello stesso. Era
riuscito, si', il dittatore, a farlo
condannare, corrompendo un giudice, ma
si trattava di una condanna a quindici giorni
di reclusione, con
sospensione condizionale della pena, per
danneggiamento aggravato. La cosa
era apparsa cosi' ridicola che era opinione
comune che la sentenza sarebbe
stata ribaltata in appello, tanto che il
dittatore stesso si era adoperato,
con successo, perche' il processo d'appello
fosse rinviato il piu'
possibile.
Visto che la via giudiziaria non sembrava
offrire soluzione ai problemi del
dittatore, questi aveva dato ordine ai servizi
segreti di intimorire prima,
poi addirittura di sopprimere l'incolpevole
fratello. Si era cosi'
registrata un'escalation di segnali e poi di
attentati ai danni del
poveretto. Evidentemente, pero', la fortuna lo
assisteva, e nessuno di
questi attentati era andato a buon fine.
Sempre piu' adirato per l'impossibilita' di
sbarazzarsi del presunto
rivale, il dittatore aveva deciso di
provvedere da se' all'eliminazione.
Sentendosi braccato e comprendendo che la
fortuna non avrebbe potuto
assisterlo indefinitamente, il fratello aveva
preso la decisione di fuggire
dal paese, e di rifugiarsi in Europa. Il
dittatore, pero', convinto ormai
che la propria sopravvivenza politica
dipendesse dalla soppressione del
fratello, aveva deciso di seguirne ogni passo.
Scoperto, quindi, il
proposito di espatrio del fratello, si era
imbarcato, con barba e baffi
finti, sullo stesso aereo. Destinazione: Roma.
All'arrivo, a Fiumicino, il dittatore si era
messo in fila, al controllo
passaporti, immediatamente dietro l'ignaro
fratello. Non era quello il
momento per procedere all'eliminazione fisica,
dato che il posto era pieno
di polizia, ma restando incollato al fratello
- cosi' pensava il dittatore
- prima o poi l'occasione propizia si sarebbe
presentata.
Quando fu il suo turno, il fratello del
dittatore chiese asilo. La cosa non
fu facile, perche' il poveretto non parlava
italiano, ne' alcuna delle
lingue di maggior uso in ambito
internazionale, e la legge italiana non
rendeva obbligatoria l'assistenza di persona a
conoscenza della lingua del
richiedente (art. 4, comma 2). A niente
serviva il gesto, peculiare
evidentemente di una cultura primitiva e
lontana, col quale l'uomo, sempre
piu' agitato, accompagnava la sua supplica:
una mano chiusa, come se
impugnasse un rasoio da barbiere, passata
rapidamente da una parte
all'altra della gola.
Uno dei poliziotti di frontiera, pero', aveva
conseguito un dottorato in
lingue medio-orientali alla Sorbona e,
rientrato in Italia, non era
riuscito a trovare una piu' adeguata
collocazione lavorativa; benche' non
conoscesse la lingua del perseguitato, gli era
sembrato di ravvisare, tra i
suoni che quello sventurato emetteva, una
coppia di fonemi - "scah nnah" -
caratteristica dei nomi che, nel terzo
millennio avanti Cristo, indicavano,
presso alcune tribu' della Valle di Succot, i
sacrifici propiziatori
offerti all'inizio della stagione dei
raccolti. Il poliziotto impiego'
tempo e fatica a convincere il funzionario
capo (che, essendo tesserato del
PDS, si era sempre gloriato di non essere
riuscito a laurearsi, e, anzi,
sognava per questo di diventare segretario del
partito) che verosimilmente
ci si trovava di fronte a una richiesta di
asilo da verbalizzare, ma, alla
fine, la spunto'. Il fratello del dittatore,
cosi', fu avviato all'ufficio
del delegato di prefettura, per il pre-esame
della domanda (art. 6).
Il dittatore, dal suo posto in fila, non aveva
perso una battuta di quanto
era successo, ed era intenzionatissimo a non
perdere di vista il fratello.
Aveva cosi' deciso di chiedere anche lui
asilo. Era portato per le lingue e
se la cavava bene sia con l'italiano sia con
l'inglese. Al momento del
controllo del passaporto non ebbe difficolta',
cosi', a proclamare, in modo
perfettamente comprensibile: "chiedo
asilo". Fu avviato anche lui
all'ufficio del delegato di prefettura, o,
meglio, alla sala d'aspetto
dell'ufficio, giacche' era in corso il
pre-esame della domanda del fratello.
Il delegato di prefettura aveva passato una
notte insonne per aver mangiato
un piatto di cozze crude, la sera prima, alla
trattoria "U Zuzzu" di
Fiumicino. Non era del suo umore migliore.
La domanda del fratello del dittatore, per la
verbalizzazione della quale
il poliziotto della Sorbona aveva offerto la
propria collaborazione,
apparve subito a rischio di inammissibilita':
prescindendo completamente
dal merito della domanda stessa, l'uomo
risultava, in base alla
segnalazione dell'Interpol, condannato in
primo grado per danneggiamento
aggravato. Il delegato di prefettura non ebbe difficolta'
a ragionare nel
modo seguente:
a) il Testo unico sull'immigrazione e', in
materia, la legge piu' aperta
d'Europa (l'ha detto il Ministro quando e'
intervenuto all'apertura del
corso di formazione per delegati di
prefettura);
b) all'articolo 9, comma 3, del Testo unico si
chiarisce che la condanna,
anche in primo grado, per danneggiamento
aggravato (art. 381 del c.p.p.,
delitto non colposo) e' un buon motivo per
negare o revocare la carta di
soggiorno;
c) deve trattarsi quindi di grave delitto di
diritto comune (altrimenti
come potrebbero dire che e' la legge piu'
aperta d'Europa?);
d) l'amico qui presente, benche' abbia l'aria
mite, e' stato condannato in
primo grado per tale grave delitto;
e) due piu' due fa quattro;
f) la domanda e' inammissibile (art. 6, comma
4, lettera c, della legge
sull'asilo).
Il poliziotto della Sorbona, che, non essendo
ancora arrivato il
rappresentante dell'ACNUR (rimasto
imbottigliato in un ingorgo sul
Raccordo), aveva ormai preso a cuore la sorte
del fratello del dittatore,
tento' di prospettare al delegato di
prefettura l'applicazione del comma 6
dell'articolo 4. Il delegato di prefettura non
aveva grande memoria per
commi, lettere e articoli. Ne' se la cavava
molto bene con i rimandi ad
articoli, commi, lettere e periodi diversi.
Fece fatica quindi a risalire
alle "condizioni previste dal comma 4,
lettera b) , secondo periodo,
relative alle situazioni di pericolo che
impediscono una dichiarazione di
inammissibilita'". Risalito che fu, anche
con l'aiuto del poliziotto della
Sorbona, obietto' allo stesso poliziotto che
"ictu oculi" (come aveva
sentito dire piu' volte durante il corso di
formazione) si riconosceva come
quelle condizioni fossero da considerare solo
con riferimento
all'inammissibilita' per provenienza da paese
terzo sicuro e non a
qualsiasi caso di inammissibilita'. Il
poliziotto della Sorbona ribatte'
che il comma 6 in esame stabiliva che "in
ogni caso, qualora ricorrano le
condizioni ... la domanda e' ritenuta
ammissibile". Il delegato di
prefettura, di fronte all'insistenza del
poliziotto della Sorbona,
comincio' ad innervosirsi. Perche' mai -
ragiono' con vigore - la legge, di
fronte alla domanda di qualcuno che dice di
essere in pericolo di vita,
dovrebbe raccomandarmi in un certo comma di
non ammetterla per il semplice
fatto che il richiedente ha subito una
condanna, e poi, piu' sotto,
raccomandarmi di ammetterla, nonostante che il
richiedente abbia subito una
condanna, per il semplice fatto che dichiari
di essere in pericolo di vita.
Quale delle due raccomandazioni devo
considerare prevalente?
Non sapendo rispondere - ne' lui ne', d'altra
parte, il poliziotto della
Sorbona - a quest'ultima domanda e non essendo
prevista alcuna autorita'
terza alla quale l'interessato potesse
inoltrare un'istanza di applicazione
del disposto del comma 6, il delegato di
prefettura decise di respingere
come inammissibile la domanda; tanto - penso'
- l'amico ha comunque la
possibilita' di presentare ricorso al TAR
(art. 6, comma 8). Il fratello
del dittatore fu fatto uscire da una porta che
conduceva direttamente alla
sala transito. L'aereo che l'aveva condotto in
Italia sarebbe partito nel
giro di un'ora, e non c'era motivo di
ritardare il respingimento immediato
(art. 6, comma 7). Il poliziotto della Sorbona
riusci' a far capire, per
sommi capi, al richiedente respinto quale
fosse stato l'esito del pre-esame
e quali fossero i suoi diritti rispetto alla
possibilita' di ricorrere al
TAR. Quando il fratello del dittatore capi' in
che cosa consistessero quei
diritti, rivide, per un momento, l'aspetto
umoristico della vita e
comincio' a ridere, prima sommessamente, poi,
sempre piu' forte, piegandosi
in due, fino a farsi prendere da convulsioni.
Nel frattempo, da un'altra porta, il dittatore
veniva ammesso nell'ufficio
del delegato di prefettura. Non avendo alcuna
condanna a carico, non ebbe
difficolta'a superare il pre-esame relativo ai
motivi di inammissibilita'.
Quanto alla manifesta infondatezza (art. 6,
comma 5), il delegato di
prefettura gli chiese in quale caso rientrasse
la sua situazione: se in
quello previsto dall'art. 2, comma 1, lettera
a (rifugiato ai sensi della
Convenzione di Ginevra), o in quello previsto
dalla lettera b (straniero
impedito nell'esercizio delle liberta'
democratiche garantite dalla
Costituzione italiana ed esposto a pericolo
attuale per la vita propria o
di propri familiari). Il dittatore esclamo'
con sicurezza: lettera b! e
tiro' fuori dalla borsa alcuni ritagli del
Financial Times, nei quali si
esaminava autorevolmente la situazione
politica del suo paese. Fece notare
al delegato di prefettura come, in quel paese,
da tempo fosse stato
abolito, in barba al rispetto delle liberta'
democratiche, il diritto di
elettorato attivo e passivo e di come suo
fratello (un familiare, quindi)
fosse perseguitato dal potere politico ed
esposto a pericolo attuale per la
propria vita. La domanda del ditattore fu
subito inoltrata alla Commissione
per l'asilo (art. 6, comma 7), e il dittatore
fu ammesso sul territorio
nazionale con l'obbligo di presentarsi in
questura entro otto giorni per
chiedere il permesso di soggiorno per
richiesta di asilo (art. 4, comma 5).
Uscendo dall'aeroporto il dittatore si guardo'
in giro, in cerca della sua
vittima. Non ne vide traccia, ma non se ne
preoccupo' eccessivamente:
incapace com'era, il fratello, di esprimersi
in qualunque altra lingua che
non fosse la propria, non sarebbe stato
difficile trovarlo in una delle
mense della Caritas o di qualche organismo
simile. Un rombo sopra di lui
catturo' la sua attenzione per un momento.
Riconobbe con orgoglio il
simbolo della compagnia di bandiera del suo
paese sull'aereo che ripartiva.
Che puntualita'! - penso'. Poi ripercorse
mentalmente quell'ultima ora,
cosi' densa di emozioni. Ripenso' al delegato
di prefettura, al pre-esame,
ai poliziotti italiani e a come tutto era
filato nel verso giusto. Grande
paese, l'Italia, e grande legge sull'asilo: la
piu' aperta d'Europa!
Taxiiiiii!