Date: 10:41 AM 10/22/98 +0200

From: Sergio Briguglio

Subject: immigrazione

 

Cari amici,

in attesa che venga pubblicato il decreto-flussi (regolarizzazione) con la

relativa circolare, e sperando che sui contenuti di questa circolare si

rifletta piu' e meglio di quanto si sia riflettuto sul decreto, vi mando, a

mo' di promemoria, una nota che fa da base per un articolo pubblicato oggi

dal Manifesto. Vi mando anche la bozza di un articolo scritto per

Narcomafie, il periodico del Gruppo Abele.

 

Cordiali saluti

sergio briguglio

 

p.s.: vorremmo organizzare, a Roma, probabilmente alla fine della prossima

settimana, un incontro di pura informazione sui contenuti del decreto e

della circolare (non appena vedranno ufficialmente la luce), destinato a

immigrati e operatori. Vi terro' informati.

 

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MANIFESTO:

 

A conclusione del suo mandato, Prodi ha firmato, avant'ieri sera, il

decreto di programmazione dei flussi, col quale si avvia, tra l'altro, la

regolarizzazione di immigrati presenti illegalmente nel nostro paese. Non

e' ancora noto il testo del decreto, che dovrebbe aver subito modifiche,

rispetto alla versione presentata originariamente, sulla base delle

osservazioni critiche avanzate dalla commisione del Senato. Sembra certo

che la data limite per la presentazione delle domande di regolarizzazione

sia stata posticipata al 15 dicembre (contro il 30 novembre inizialmente

previsto). Sembra anche che non sia stata toccata la cifra limite di

trentaduemila permessi rilasciabili a coloro che chiedano di sanare la

posizione relativa al soggiorno per motivi di lavoro. Non e' ancora dato di

sapere, invece, se nel testo del decreto sia stata esplicitata una norma

che assicuri l'inespellibilita', in attesa di ulteriori decreti, di quanti

presentino domanda risultando in esubero rispetto al tetto fissato. Ne' si

sa se siano stati allentati i criteri - molto stretti - per l'accesso a

permessi per lavoro subordinato o autonomo. Le principali preoccupazioni

degli immigrati, delle associazioni e dei sindacati, rispetto a tali

criteri, sono dovute al fatto che nella versione trasmessa alle commissioni

parlamentari non era prevista alcuna chance di regolarizzazione per chi

fosse entrato dopo il 27 marzo scorso, ne' per chi avesse gia' subito un

provvedimento di espulsione amministrativa. I criteri fissati, poi,

precluderebbero la regolarizzazione anche a quanti abbiano difficolta' a

dimostrare di disporre di un alloggio o vivano di lavori leciti, ma

saltuari o precari, che costituiscono una via di mezzo, difficilmente

classificabile, tra il lavoro subordinato e il lavoro autonomo.

Resterebbero infine esclusi, dalla regolarizzazione per motivi familiari,

quei familiari conviventi - quali figli maggiorenni, fratelli, cugini - che

non rientrino nelle categorie per le quali la legge consente il

ricongiungimento. Gran parte dell'esito di questa regolarizzazione -

indispensabile per ridare respiro a quasi trecentomila persone e dignita'

alla politica dell'immigrazione - dipendera' comunque dai contenuti della

circolare attuativa che deve accompagnare la pubblicazione del decreto;

dall'apertura - in particolare - con cui si decidera' di considerare

ricevibili le domande, in attesa del rilascio di un permesso stabile. Gli

immigrati non aspettano altro che di poter entrare in un circuito di

legalita', ma potranno farlo solo se vi sara' un atteggiamento flessibile

da parte del nuovo governo. Pretendere da soggetti deboli di moralizzare il

mercato del lavoro e degli affitti, o lasciare sulle loro spalle il peso

della mancata previsione, negli ultimi dieci anni, di un canale di ingresso

legale equivarrebbe a condannare quei soggetti al nascondimento e alla

paura. C'e' da augurarsi che il primo atto del neo-ministro, Rosa Russo

Jervolino, che questo punto di vista, da parlamentare, ha sempre difeso con

coraggio, sia una circolare che dia fiducia a persone che chiedono solo di

vivere. E di aiutarci a vivere.

 

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NARCOMAFIE:

 

La nuova legge sull'immigrazione era stata presentata, dai ministri che

l'avevano sponsorizzata, come una sapiente miscela di apertura e rigore -

l'apertura riguardando i diritti dell'immigrato regolare, il rigore

l'atteggiamento verso l'immigrato irregolare. I fatti di agosto, con la

detenzione degli immigrati sbarcati sulle coste siciliane,  hanno chiarito

in modo lampante come, essendo ben distinti i destinatari di apertura e

rigore, quanti incappino nella parte del rigore possano, con quel sapiente

equilibrio, farci la birra.

 

Di fronte a una politica prioritariamente imperniata su una smania di

respingimento, si sono registrati, nel mondo tradizionalmente aperto ai

problemi dell'immigrazione, due diversi atteggiamenti. La maggior parte dei

soggetti (inclusa la quasi totalita' delle istituzioni religiose) ha

taciuto. Al piu', qualche blando fervorino con l'invito ad essere un po'

piu' buoni. Nessun corteo, nessun anatema, a dispetto del centinaio di

immigrati uccisi dalla solerzia con cui si son difese le frontiere.

 

Qualcuno ha protestato, e continua, in questi giorni, a protestare. In

particolare, la protesta riguarda i cosiddetti centri di permanenza

temporanea. Al di la' della valenza simbolica di norme che prevedono la

limitazione della liberta' di persone che nessun danno hanno recato ad

alcuno, la preoccupazione e' fondata su questioni tecniche niente affatto

trascurabili. La custodia dello straniero da espellere o da respingere e'

finalizzata all'identificazione dello straniero e del suo paese d'origine,

indispensabili per eseguire il rimpatrio. A questo scopo possono tornare

utili gli accordi bilaterali che il Governo ha stipulato, sulla base di una

disposizione della nuova legge, con diversi paesi non appartenenti

all'Unione europea. Con tali accordi quei paesi si impegnano, in cambio di

altri benefici, a collaborare alla riammissione dei propri cittadini che

debbano essere allontanati dall'Italia, e, in alcuni casi, all'ammissione

di cittadini di paesi terzi che si trovino nella medesima situazione.

 

Il rischio per lo straniero interessato, anche per via dei tempi ridotti in

cui devono svolgersi le procedure di identificazione ed allontanamento, e'

triplice: che sia rinviato in un paese che con troppa facilita' l'ha

riconosciuto come proprio cittadino; che sia rinviato (direttamente o "di

rimbalzo") in un paese dove possa correre pericoli per la propria vita o

liberta' personale; che, pur avendone i requisiti, non sia messo nella

condizione di presentare una domanda di asilo. Il miglior modo per

cautelarsi da questi rischi consisterebbe, per un verso, nel monitorare

l'applicazione degli accordi bilaterali, per l'altro, nel consentire i

contatti tra lo straniero trattenuto e i rappresentanti di organismi di

tutela dei diritti dell'uomo. Fino ad oggi c'e' stata una fortissima

resistenza da parte delle amministrazioni di fronte a quest'ultima

possibilita', mentre la prima non sembra sia stata neanche presa in

considerazione.

 

La protesta del 24 ottobre potrebbe indurre il Governo a rivedere sia il

contenuto degli accordi sia lo schema di regolamento attuativo della nuova

legge, in fase di completamento. Ritengo pero' che si tratti comunque di

una battaglia di retroguardia. Si configura infatti come il tentativo di

temperare, con un piu' attento rispetto dei diritti fondamentali, una

visione dell'immigrazione indiscutibilmente negativa a causa degli alti

livelli di disoccupazione nei paesi europei. Su tale visione convergono, in

tutta Europa, e al di la' dei linguaggi usati, tanto le forze politiche di

destra quanto quelle di sinistra. La destra condisce queste idee con

argomenti di stampo xenofobo o, nei casi migliori, con lo slogan

"aiutiamoli nei loro paesi"; la sinistra con quello di una parificazione

pressocche' perfetta dell'immigrato regolare al cittadino nativo (si vedano

le proposte di modifica della legge sulla cittadinanza in Germania e in

Italia). Entrambi gli approcci tuttavia hanno in mente la sostanziale,

progressiva sparizione della figura dell'immigrato regolare.

 

Credo che sia giunto il momento di procedere ad una sorta di rivoluzione

copernicana. Il punto di partenza e' dato dall'osservazione che una

liberalizzazione dei movimenti migratori e del mercato del lavoro - sia

pure in un contesto di rigido controllo sulle condizioni di sicurezza

fisica e morale del lavoratore - conducono ad un indiscutibile beneficio

per i datori di lavoro (l'aumento dell'offerta abbassa il costo del lavoro)

e per i lavoratori stranieri (che, nel caso di frontiere chiuse,

resterebbero irrimediabilmente esclusi dal mercato). Tale liberalizzazione

porta pero' ad uno svantaggio per i lavoratori nazionali, che subiscono la

concorrenza degli stranieri e il conseguente abbassamento dei salari. Si

puo' tuttavia dimostrare come il vantaggio ottenuto dai datori di lavoro

sopravanzi il danno subito dai lavoratori nazionali. E' possibile quindi,

con opportune misure di redistribuzione della ricchezza, riportare i

lavoratori nazionali alla condizione originaria a spese dei datori di

lavoro, senza pero' che questi vedano sparire tutto il vantaggio ottenuto

con l'apertura delle frontiere. In tal modo si ottiene una condizione in

cui tutti i protagonisti del mercato (datori di lavoro e lavoratori

nazionali e stranieri) ottengono vantaggi o, almeno, non subiscono alcuno

svantaggio.

 

Una ricetta di questo genere ha il grande pregio di fare piazza pulita, in

nome del beneficio generale che produce, di tutto il capitolo sulla

repressione dell'immigrazione illegale. Non esisterebbe piu', infatti,

alcuna immigrazione illegale. Tutto risolto? Tutto, tranne un punto: per

riportare il sorriso tra i lavoratori nazionali si dovrebbe dare vita ad

una politica redistributiva di cui i lavoratori stranieri non

beneficierebbero (avendo gia' avuto un copioso vantaggio dall'apertura

delle frontiere). Questo rappresenta, da un punto di vista astratto, una

forma di discriminazione. E tutti oggi, in Europa, sono disposti a

strapparsi le vesti di fronte alla piu' piccola parvenza di

discriminazione. Si finisce cosi' per preferire la logica del tener fuori

gli immigrati - liberi di crepare nel paese loro - pur di non vederli

discriminati nella nobile Europa. Fioriscono cosi' centri di permanenza

temporanea accanto a proposte di legge per la cittadinanza e per il diritto

di elettorato attivo, passivo e riflessivo. In una sapiente, stupidissima

miscela.