Date: 3:20 PM 11/9/98 +0100
From: Sergio Briguglio
Subject: regolarizzazione (articolo)
Cari amici,
vi mando la bozza di un articolo scritto per
il Manifesto di domani.
Cordiali saluti,
sergo briguglio
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In un editoriale apparso sul Corsera di
domenica, Francesco Merlo accusa la
Jervolino di buonismo selvaggio per aver
assicurato che gli stranieri in
possesso dei requisiti per la regolarizzazione
non saranno sacrificati al
criterio dei trenottomila permessi, ma saranno
sanati con successivi
provvedimenti. Merlo, nel suo articolo,
stigmatizza anche il "cattivismo"
blindato di Gasparri e soci, e spiega come la
sfida posta dall'immigrazione
abbia un carattere epocale, auspicando che
l'Italietta sappia partorire
qualcosa di meglio di un approccio puramente
etico al problema. Presa
diligente nota di questa ennesima festa del
"pensiero insipido", provo a
spiegare perche' l'intervento della Jervolino
non abbia necessariamente a
che fare con un approccio etico (del quale,
pure, non ci sarebbe da
vergognarsi), ma rappresenti il tentativo di
correggere le norme in base
all'osservazione del dato reale, piuttosto che
pretendere che la realta'
s'adatti all'arroganza della norma.
Le stime effettuate da piu' parti (Governo
incluso) concorrono
nell'indicare un dato di circa
duecentocinquanta-trecentomila presenze
irregolari in Italia. Si tratta, per la
stragrande maggioranza, di
immigrati inseriti nel mercato del lavoro - in
modo stabile o, piu' spesso,
con quella flessibilita' che invano si cerca
di raccomandare al lavoratore
italiano. L'utilita' di questa popolazione e'
sotto gli occhi di tutti,
sotto forma di pomodori pelati nei
supermercati, di garage svuotati
all'occorrenza, di invalidi lavati e medicati,
di bambini accuditi, etc. Vi
e', naturalmente, quale effetto collaterale,
anche un contributo alle
attivita' criminali, che pero' non altera in
modo significativo il quadro
esistente, tanto che nessuno dei boss mafiosi
nostrani (meridionali,
centrali e settentrionali) vede messa a
repentaglio la propria capacita' di
controllare il territorio. La regolarizzazione
in corso, come e' ovvio,
reca beneficio solo alla parte sana
dell'immigrazione - quella parte che ha
sete di legalita' -, come testimoniato dalla
corsa di questi giorni alle
questure, attivita' scarsamente popolare tra
spacciatori e magnaccia.
Il decreto sulla regolarizzazione limita a
trentottomila i permessi
rilasciabili entro l'anno. A quanti dimostrino
il possesso dei requisiti,
ma eccedano tale quota nulla, fino a un paio
di giorni fa, era assicurato,
se non la volonta' - indicata nel Documento
programmatico triennale - di
dare completamento al processo di
regolarizzazione nell'anno successivo.
Quale fosse la necessita' di fissare una quota
cosi' striminzita e' cosa
che bisognerebbe chiedere a Napolitano e a
Treu, pregando contestualmente
quest'ultimo di non ripetere la birbonata col
contingentamento dei
biglietti ferroviari. C'e' pero' chi freme di
fronte alla prospettiva
"trecentomila clandestini, trecentomila
permessi", e obietta: come la
mettiamo con la disoccupazione nazionale?
Contro-obiezione: prescindiamo
pure dal fatto che gli immigrati rispondono a
una domanda di lavoro che
l'italiano neanche considera (si tratti del
laureato o del disoccupato del
livello culturale di Borghezio); cosa facciamo
se non li saniamo? Li
teniamo in nero, rendendoli ancora piu'
concorrenziali con i nostri
disoccupati, o li espelliamo con una spesa non
inferiore ai trecento
miliardi?
Rosa Jervolino, con il suo intervento, ha
dimostrato che, di fronte ai
problemi, un ministro della Repubblica
italiana puo' anche assumersi la
responsabilita' di decisioni, piuttosto che
prendere ordini dal collega
tedesco. Vedere come la buona volonta' di
immigrati, poliziotti (penso, per
esempio, alla Questura di Roma) e ministri
concorra a ridare dignita' ai
primi e decenza alla societa' mi fa apprezzare
questa Italietta. Ben
vengano altre circolari a spiegare che le cose
imperfette non sono sacre,
ma si possono migliorare, e a dare spazio
anche agli stranieri che un
datore di lavoro fisso e onesto non ce l'hanno
ma possono offrire
quotidianamente i loro piccoli servizi, a
quelli che la disponibilita' di
un alloggio possono solo autocertificarla, a
quelli che il tesserino
Caritas pre-27-marzo l'hanno perso o non
l'hanno mai avuto, a quelli che
nel frattempo sono andati un paio di volte a
rivedere in patria i figli. A
quelli, insomma, che sono esattamente come
saremmo noi al loro posto.
Incluso Merlo.