Date: 10:42 AM 12/7/98 +0100
From: Sergio Briguglio
Subject: favole per l'asilo
Cari amici,
le mie nipoti, Alice e Lucia, mi hanno passato
un altro racconto. Dicono di
averlo trovato nel solito libretto di
"Favole per l'asilo". Il racconto -
stando alle parole di Alice e alle pensose
espressioni di assenso di Lucia
- "mostra come siano inestricabilmente
legate le problematiche relative ad
immigrazione e asilo". So che
inorridirete a questa affermazione,
tenacemente contrastata dagli ambienti piu'
avvertiti in materia di asilo.
Dovete pero' considerare come Alice e Lucia
abbiano, complessivamente, poco
piu' di quattro anni (dovuti
preponderantemente ad Alice), e una visione
estremamente ingenua della vita (Lucia, in
modo particolare).
Alice ha aggiunto, poi, che trova il racconto
"intrigante ed estremamente
attuale". Sospetto che l'abbia scritto
lei stessa. Ve lo trasmetto quindi
con qualche esitazione.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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Il Governo di uno staterello ovviamente non
appartenente all'Unione europea
aveva stipulato un accordo bilaterale col
Governo italiano finalizzato alla
"riammissione dei cittadini di una delle
parti contraenti espulsi
dall'altra parte contraente". L'accordo
era stato voluto fortemente dal
Ministro degli affari esteri italiano, che
durante una visita in quel paese
l'aveva presentato come lo strumento ideale
per risolvere il caso
dell'italiano da li' espulso perche' in
trovato in possesso di una dose di
cocaina da senatore a vita. Un qualche ruolo,
pero', nell'economia
dell'accordo, si diceva l'avesse giocato anche
lo sbarco, a Ferragosto, di
cinquemila clandestini sulle nostre coste.
Accanto alle misure di riammissione, l'accordo
prevedeva la definizione, in
sede di programmazione dei flussi di
immigrazione per lavoro, di quote
preferenziali riservate ai cittadini dello
staterello. Era stato, per
questo motivo, definito da una ministra
italiana dal cognome turco
"l'accordo bilaterale piu' avanzato
d'Europa".
Il primo decreto di programmazione successivo
alla stipula dell'accordo
stabili' che una quota di mille lavoratori
subordinati o atipici, ed una di
cinquecento lavoratori autonomi fosse per
l'appunto riservata alle
richieste di ingresso provenienti da quel
paese. La previsione provoco'
enorme delusione nei sessantamila disoccupati
dello staterello (il trenta
per cento dell'intera popolazione) che si
erano astenuti dal tentare
l'avventura di una migrazione clandestina,
vuoi per la inquietante
prospettiva di speronare col proprio gommone
un incrociatore italiano, vuoi
per la promessa - reiterata dai nostri
politici - relativa alla creazione
di un canale di immigrazione privilegiato
dallo staterello all'Italia.
Ugualmente, i sessantamila si disposero a
iscriversi nelle liste di
prenotazione istituite nel consolato italiano
piu' vicino, situato in uno
Stato confinante, a cinquecento chilometri dal
confine. La fila, lunga
trenta chilometri, fu smaltita in duecentoquarantatre'
giorni e
duecentoquarantaquattro notti. Alla
spicciolata, i sessantamila rientrarono
nel proprio paese e attesero che qualche
datore di lavoro si facesse vivo
dall'Italia.
Sfortunatamente nessun datore di lavoro si
senti' attratto da quei nomi
aggressivi e cacofonici (Abrachst, Juthiostr,
Estrijkz, Olasdfecn, e cosi'
via), ne' bastarono date di nascita e
indirizzi a far scoccare il colpo di
fulmine. Nessuna chiamata arrivo', nei
centoventuno giorni che l'anno
offriva ancora. In Italia, il Ministro degli
affari esteri saluto' il
crollo degli arrivi di quei portatori di nomi
cacofonici e molto spesso -
ci tenne a sottolinearlo - di comportamenti
criminali come il primo
risultato di una efficace politica di
cooperazione allo sviluppo dell'area
di cui lo staterello faceva parte. "La
politica di cooperazione piu'
avanzata d'Europa", cinguetto' la
ministra.
Quando, alla fine dell'anno, un successivo
decreto di programmazione
annuncio' che, visti i dati relativi agli
ingressi effettuati sulla base
del decreto precedente, la quota preferenziale
sarebbe stata dimezzata,
nello staterello scoppiarono disordini di
piazza. In Italia non se ne seppe
niente, e la nostra polizia si astenne
dall'intervenire. Nello staterello,
pero', il governo fu costretto a dimettersi.
Furono sciolte le camere e
indette nuove elezioni. Vinse il Polo di
destra e sinistra, un cartello
elettorale non del tutto omogeneo formato dal
Partito caccia e pesca, dal
Partito degli studenti e dal Partito del
rigore. Nella campagna elettorale
aveva promesso che con una politica fondata
sul rilancio della marina
mercantile (lo staterello aveva un piccolo
accesso al mare), della scuola e
dell'ordine pubblico, avrebbe risolto il
problema della disoccupazione.
Costituito il nuovo governo, c'era grande
attesa per l'attuazione delle
promesse elettorali. Per i primi tre mesi non
si vide niente. Poi, un
giorno, il telegiornale di Rai 1 (ricevuto,
con le antenne paraboliche, da
almeno tre quarti della popolazione) annuncio'
che in Italia era stata
approvata la legge su diritto di asilo. I
contenuti erano quelli noti da
molto tempo: il disegno di legge era stato
stralciato da quello, piu'
ampio, sull'immigrazione, per consentirne - si
era detto - una approvazione
piu' rapida. Un lungo contrasto tra il Relatore
e la maggioranza, di cui
pure quegli faceva parte, relativo al diritto
del richiedente da respingere
di scegliere il menu' nella mensa del centro
di custodia, aveva portato
nocumento alla speditezza del dibattito. La
riforma vedeva cosi' la luce
due anni dopo l'approvazione della legge
sull'immigrazione.
In pochissimi giorni il Governo dello
staterello dispose che fosse rimessa
in sesto la flottiglia di duecento pescherecci
che da anni - strangolata
ormai la pesca locale dalla concorrenza
giapponese - giaceva abbandonata in
vecchi depositi. Un capannone fu ripulito e
adattato, con banchi e
cattedra, ad aula scolastica. La gente
comincio' ad incuriosirsi.
Quando la flottiglia fu pronta, furono varati
tre decreti. Il primo
obbligava tutti i disoccupati a iscriversi,
previo superamento - in un
fissato giorno - di una prova di ammissione,
ai corsi della scuola
dell'obbligo che avrebbero avuto luogo nel
capannone. Il secondo obbligava
quanti non avessero superato la prova di
ammissione a imbarcarsi, entro le
successive ventiquattro ore, sui pescherecci.
Il terzo istituiva la pena di
morte come sanzione per determinati reati. La
gente continuava ad
incuriorirsi.
Poi, nel fissato giorno, tutto fu chiaro.
Sessantamila disoccupati furono
visti entrare, quattro alla volta, nel
capannone della scuola e uscirne
subito dopo (la fila di trenta chilometri fu
smaltita in quattro ore e
mezza) per dirigersi a passo svelto verso il
porto. Le operazioni di
imbarco durarono tutto il resto della giornata
e la notte seguente, ma la
mattina successiva tutti i pescherecci erano
gia' in mare, diretti alla
volta delle coste italiane. Tre giorni dopo le
tivu' di tutto il mondo
parlavano dello sbarco di sessantamila
clandestini sulle coste italiane.
Appena approdati, i clandestini furono
bloccati dalla polizia e scortati
nei mille e quattrocentosettanta centri di
permanenza temporanea
dodecafamiliari, gestiti, nei locali di una
diocesi del meridione,
dall'associazione senza fini di lucro
"Cosmopoli". Fatta una doccia, i
sessantamila chiesero asilo.
I trecento delegati della Commissione centrale
tempestivamente formati e
spediti sul posto credettero di non aver
sentito bene, quando i
sessantamila esposero la ragione - uguale per
tutti - alla base della loro
richiesta: bocciatura nella prova di
ammissione alla scuola dell'obbligo.
Consultato il testo della legge, i delegati
ebbero conferma di quanto
sembrava loro di ricordare dal rapido corso di
formazione: la domanda era
palesemente infondata, in base all'articolo 6,
comma 5, lettera a), della
legge sull'asilo. Il primo dei richiedenti cui
tentarono, pero', di
comunicare l'esito del pre-esame contesto':
"non potete considerare
manifestamente infondata la domanda".
"Perche' mai?", chiese il delegato
della Commisione. "Perche' mai?",
fecero eco i suoi duecentonovantanove
colleghi che nel frattempo avevano ricevuto
identica contestazione da
altrettanti richiedenti.
"Perche' per me" - recito' a memoria
e in italiano, a scanso di traduzioni
infedeli, ciascuno degli interessati -
"sussiste nel Paese da cui provengo
il pericolo di un pregiudizio per la mia vita
nonche' il pericolo di
incorrere in trattamenti inumani o degradanti.
E' stato appena varato,
infatti, un decreto che punisce con la pena di
morte, per scotennamento, il
cittadino che, dopo averlo chiesto, si veda
rifiutato, per qualsiasi
motivo, l'asilo in Italia. Dovete quindi
applicare l'articolo 6, comma 6,
della vigente legge sull'asilo".
I delegati non ricordavano di aver sentito parlare,
durante il corso,
dell'articolo 6, comma 6. Uno di loro tuttavia
sostenne che, se il
respingimento immediato del richiedente in
caso di esito negativo del
pre-esame doveva essere effettuato sulla base
dell'articolo 6, comma 7, non
si poteva escludere che da qualche parte
esistesse anche un comma 6.
L'argomento apparve non privo di fascino e
stimolo' una generale
compulsazione del Vademecum del delegato, alla
ricerca del comma perduto.
"C'e'! c'e'!", grido' ad un tratto
il compulsatore piu' rapido.
Cinquecentonovantotto "c'e'!"
attestarono, subito dopo, il successo
generale della compulsazione. Il testo del
comma 6 fu letto in coro e
risulto' perfettamente appropriato ai casi in
questione.
Le domande furono trasmesse alla Commissione
centrale, che, sulla base
dell'articolo 8, comma 1, adotto' un
provvedimento di "impossibilita'
temporanea al rimpatrio" per ciascuno dei
richiedenti. Fu rilasciato loro,
ai sensi dell'articolo 9, comma 2, un permesso
di soggiorno per gli stessi
motivi, della durata di un anno, rinnovabile
ed esteso a lavoro e studio. I
richiedenti, che per anni avevano seguito alla
tivu' italiana una replica
di "Non e' mai troppo tardi",
protestarono, chiedendo che il titolo del
permesso fosse modificato in quello di
"impossibilita' temporanea di
rimpatrio".
La loro richiesta non fu neppure presa in considerazione.