Date: 10:08 AM 3/10/99 +0100

From: Sergio Briguglio

Subject: regolamento, articolo

 

Cari amici,

ricordandovi che e' in corso, nelle commissioni affari costituzionali di

Camera e Senato, la discussione sullo schema di regolamento di attuazione

della legge sull'immigrazione, vi mando il testo di un articolo che appare

oggi sul Manifesto.

Cordiali saluti

sergio briguglio

 

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Il dibattito sull'immigrazione, in questi giorni, si e' arricchito di nuovi

interventi (incluso quello del Presidente della Repubblica), che poco hanno

pero' aggiunto, sul piano dei contenuti e delle proposte, al quadro

esistente. Sembra che incomba, su questo tema, una sorta di maledizione,

che impedisce agli osservatori della societa' di centrare i nodi della

questione. Si registrano cosi' i proclami di chi vuole fermezza contro i

clandestini, da una parte, e di chi raccomanda apertura e solidarieta' a

loro riguardo, dall'altra. Tutti concordano, ovviamente, sul rispetto da

riservare all'immigrato regolare. Quasi nessuno cerca di valutare, pero',

se le leggi vigenti e l'applicazione che ne viene data rendano possibile

l'esistenza di questa figura. E' come se, dicutendo della riforma della

scuola, ci si accapigliasse sulla sorte da riservare agli studenti che non

superano lo scrutinio finale - corsi integativi o bocciatura senza appello?

-, e ci si dimenticasse di stabilire l'obbligo, per presidi e insegnanti,

di farlo effettivamente quello scrutinio. Il dibattito assumerebbe toni

drammatici per il semplice fatto che, mancando lo scrutinio, tutti gli

studenti figurerebbero, a quel punto, tra coloro che non l'hanno superato.

 

E' noto - o dovrebbe esserlo - come negli ultimi dodici anni si sia

consentito, formalmente, di immigrare per lavoro ai soli stranieri che

fossero stati chiamati in Italia, preventivamente e nominativamente, da un

datore di lavoro. E' ovvio a tutti - con l'eccezione dell'ottanta per cento

della nostra classe politica - come un requisito del genere

(superficialmente invocato, oggi, anche in sede europea) non possa essere

soddisfatto da alcuno: chi di noi assumerebbe "al buio" un lavoratore mai

incontrato prima? L'unica possibilita' di ingresso nel nostro mercato del

lavoro e' stata cosi' rappresentata, per anni, da ingressi o permanenze

irregolari, seguiti da una ricerca di lavoro sul posto. Questo processo,

che ha gonfiato il fenomeno dell'immigrazione irregolare per la gioia degli

scafisti grandi e piccini, ha consentito a interi settori della domanda di

lavoro di incontrarsi con quell'offerta che i lavoratori nazionali non

erano disposti a garantire. La stragrande maggioranza degli stranieri che

sono cosi' pervenuti ad un inserimento lavorativo sono poi approdati alla

regolarita' grazie a sanatorie o a un ricorso "ex post" alla procedura di

chiamata nominativa (previo costoso e inutile ritorno nel paese d'origine).

Ci si puo' scannare sul fatto che sia giusto o meno l'uso dello strumento

della sanatoria o di queste chiamate nominative dall'estero di stranieri di

fatto presenti in Italia; non e' questo, pero', in chiave strategica, il

punto rilevante. Si tratta invece di adottare criteri di ammissione dei

lavoratori stranieri radicalmente diversi da quelli utilizzati fino ad

oggi. La nuova legge sull'immigrazione contiene una norma (al comma 4

dell'articolo 23) che consente al governo di ammettere in Italia,

nell'ambito della programmazione dei flussi, quote di immigrazione per

ricerca di lavoro (senza, cioe', che vi sia una chiamata preventiva), sulla

base della anzianita' di iscrizione in liste di prenotazione da tenersi

nelle ambasciate e nei consolati italiani. A condizione di isituire

effettivamente le liste, di gestirle senza corruzione e di programmare

quote rilevanti di ingresso per ricerca di lavoro (centomila lavoratori per

anno rientrerebbero agevolmente nella attuale capacita' di assorbimento

fisiologico del nostro mercato del lavoro), e' possibile restituire alla

legalita' i flussi migratori e rimandare a mani vuote gli scafisti. Della

questione si sta discutendo - una delle poche eccezioni alla sciatteria del

dibattito sull'immigrazione -, in Commissione affari costituzionali, alla

Camera, nell'ambito della definizione del parere sul regolamento attuativo

della legge sull'immigrazione presentato dal governo. Il relatore, Maselli,

ha raccomandato che il testo del regolamento venga emendato definendo

esplicitamente l'istituzione delle liste di prenotazione nelle ambasciate e

nei consolati. Il rappresentante di Forza Italia, Rivolta, ha contestato

che in tal modo si favorirebbe l'ingresso di stranieri privi di

occupazione. Bene: ha capito perfettamente; sbaglia solo nel considerare il

fatto una jattura. Gli immigrati vendono lavoro; pretendere che vengano a

venderlo solo se hanno gia' un acquirente e' come imporre che i salumieri

facciano scorta di prosciutto solo su preventiva ordinazione da parte della

clientela. E se il prosciutto resta invenduto? Problema del salumiere;

perche' dovrebbe occuparsene la massaia?

 

La questione in gioco in questi giorni alla Camera costituisce il bivio per

la politica di immigrazione italiana: se prevarra' senza annacquamenti il

punto di vista del Relatore e se il governo dara' attuazione alla novita'

contenuta nella legge, l'Italia potra' guidare l'Europa fuori dal pantano

nel quale, in fatto di immigrazione, si sta cacciando. In caso contrario,

tra dieci anni, sentiremo ancora dire: "fermezza con i clandestini, pieno

inserimento per i regolari". E banalita' del genere.

 

Sergio Briguglio