Date: 3:14 PM 4/7/99 +0200
From: Sergio Briguglio
Subject: profughi
Cari amici,
astenendomi da ogni commento sulla situazione
generale della guerra in
corso, provo ad elencare alcune
considerazioni, basate sulle informazioni
(lacunose) di cui dispongo, sulla questione
del soccorso ai profughi. Sono
benvenute repliche.
1) Il principio "soccorriamoli nella
regione in cui si trovano" puo' avere
un senso, purche' sia vincolato all'effettiva
capacita' di soccorrerli in
tempi brevi (tali, ad esempio, da impedire
l'insorgere di epidemie o la
morte per fame, per freddo o per sfinimento
degli stessi profughi). E'
quindi un principio che dovrebbe essere
valutato alla luce dei fatti.
2) Se il soccorso in loco risulta proibitivo
(vuoi per la difficolta' delle
comunicazione e di trasporto, vuoi per
qualunque altro motivo),
l'allestimento di campi profughi in altri
paesi (inclusa l'Italia,
ovviamente) e il trasporto degli sfollati in
tali campi puo' risultare
invece praticabile (il trasporto avverrebbe
una tantum, e la gestione dei
soccorsi avrebbe luogo in un contesto
attrezzato e relativamente
tranquillo).
3) Se l'intenzione di chi insiste per il
soccorso in loco e' quella
(lodevole) di non sottoporre i profughi ad
ulteriore deportazione, la cosa
da fare e' semplicemente porre gli interessati
di fronte alla scelta se
restare li' o essere trasportati in altri
paesi.
4) Se si da' luogo a un trasferimento, e' di
fondamentale importanza che si
effettui un censimento delle persone
trasferite, per evitare frammentazione
dei nuclei familiari, e che si tenga conto
delle preferenze dei profughi
riguardo al paese di destinazione (anche in
considerazione del supporto che
gli interessati potrebbero ricevere da parenti
o amici gia' migrati).
5) Insistere troppo su un soccorso in loco o
dar vita a una possibilita' di
trasferimento organizzato troppo esigua fara'
si' che, in caso di diffusa
volonta' di lasciare la regione, solo i piu'
forti riusciranno a
raggiungere alla spicciolata le coste e ad
imbarcarsi. Oltre a rilanciare
il ruolo degli scafisti (non e' questo
comunque il problema cruciale, al
momento), questo equivarrebbe a selezionare i
profughi che di fatto si
trasferiscono in base al criterio opposto a
quello - di maggior
vulnerabilita' - che sarebbe sensato adottare.
6) Sempre nell'ipotesi (non lontana dal vero -
mi sembra) che il
trasferimento risulti ineludibile, e'
necessario che i paesi dell'Unione
europea e i paesi Nato diano disponibilita'
all'accoglimento di un numero
di profughi confrontabile con quello attualmente
presente nella regione di
crisi. Le cifre che ieri venivano date, in
relazione a tale disponibilita',
sono ridicole (qualche esempio, a memoria:
Germania, 40.000; Stati Uniti,
20.000; Gran Bretagna, sta
"ragionando" sulla possibilita' di accoglierne
2000; Italia e Francia, zero!). C'e' il
rischio che il dibattito non sia
tra i paesi che vogliono soccorrere li' i
profughi e quelli che vogliono
trasferirli, ma tra i paesi che NON vogliono
trasferirli e quelli che NON
vogliono soccorrerli li'...
7) La situazione attualmente piu' critica
sembra essere quella al confine
tra Kosovo e Macedonia. Un piano per il
trasferimento di una porzione molto
consistente dei profughi li' presenti potrebbe
indurre il Governo macedone
a consentire l'accesso sul proprio territorio
della restante porzione e ad
accettare la collaborazione dell'ACNUR nelle
operazioni di registrazione
dei profughi stessi.
8) Lo strumento giuridico piu' adatto per
l'accoglimento di profughi
dall'area dei Balcani e' quello del Decreto
del Presidente del Consiglio
dei Ministri ex art. 20 del Testo Unico
sull'immigrazione, che puo'
contenere tutte le specificazioni ritenute
appropriate (provenienza dei
profughi, condizione per l'accesso al permesso
di soggiorno, facolta'
associate alla titolarita' del permesso -
lavoro, per esempio -, e cosi'
via). Il ripristino, con apposita direttiva,
delle norme previste dalla
legge 390 mi sembra improrpio perche'
riguarderebbe TUTTI coloro che
provengano dai territori della ex-Jugoslavia,
inclusi, ad esempio, i croati.
9) Anche prescindendo dalle considerazioni
sopra riportate, il Governo
italiano dovrebbe curare di non derogare in
alcun modo agli obblighi che
derivano dalle norme sul respingimento (art.
10, comma 4 del Testo Unico:
"Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 e quelle dell'articolo 4, commi 3 e 6,
non si applicano nei casi previsti dalle
disposizioni vigenti che
disciplinano l'asilo politico, il
riconoscimento dello status di rifugiato
ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi
umanitari.") e da quelle sul diritto di
asilo (art. 1 della legge 39/1990).
In particolare, e' fondamentale
a) che non si consideri da respingere lo
straniero privo di documenti se
proviene dall'area di guerra (ha diritto
d'asilo, dal momento che,
evidentemente, puo' "essere oggetto di
persecuzione per motivi di razza,
di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione,
di opinioni
politiche, di condizioni
personali o sociali"),
b) che non si imponga quindi al vettore alcun
onere o sanzione (e' successo
anche pochi giorni fa, ed e' l'adozione
impropria di misure di questo
genere che costringe i profughi a rivolgersi
agli scafisti),
c) che non venga introdotto alcun pre-esame
delle domande di asilo, non
previsto dalla normativa vigente.
10) A sostegno dell'idea di un accoglimento
anche in Italia di profughi, e
del fatto che questi siano autorizzati a
lavorare: l'anticipazione della
programmazione dei flussi relativa al lavoro
stagionale, basandosi sulla
chiamata nominativa dall'estero, e' destinata,
come al solito, a restare
lettera morta. Potrebbe valer la pena
destinare quei permessi a profughi
del Kosovo.
Cordiali saluti
sergio briguglio