Date: 5:49 PM 7/21/99 +0200

From: Sergio Briguglio

Subject: protezione temporanea e ginocchio della lavandaia

 

Cari amici,

immaginate che il Ministro della sanita' emani un decreto del tipo: "Dal

momento che e' cessata l'epidemia di colera, non solo dichiaro cessata

l'emergenza e ordino di smantellare i padiglioni speciali istituiti negli

ospedali, ma stabilisco che qualunque paziente si presenti al pronto

soccorso - con o senza sintomi di colera - sara' sottoposto alle ordinarie

cure previste per il ginocchio della lavandaia".

 

Ne chiederemmo il ricovero, con o senza ginocchio della lavandaia.

 

Ora, forse per non farci sentire la mancanza del simpatico ministro

Napolitano, che, in nome del giusto equilibrio tra severita' e accoglienza,

un anno fa piazzava profughi e immigrati in comodi e soleggiati locali in

lamiera, ieri il Ministero dell'interno ha annunciato che, essendo finita

la guerra nei Balcani, quanti, da oggi in poi, arriveranno in Italia

provenendo da quel territorio non saranno piu' considerati meritevoli di

protezione temporanea, ma rientreranno nella piu' adeguata categoria dei

clandestini, e saranno prontamente respinti alla frontiera.

 

In linea di principio non desta orrore il fatto che si dichiari conclusa

una fase di emergenza, dal momento che la guerra ha effettivamente avuto

termine. C'e' da augurarsi - ma puo' darsi che le notizie di stampa siano

semplicemente imprecise a riguardo - che tale conclusione - comportando la

cessazione dell'applicazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei

Ministri - sia sancita da qualcosa di un po' piu' solenne di un comunicato

stampa del Ministero.

 

Nell'attesa, comunque, vale la pena fare osservare quanto segue.

 

1) Cessata la fase di emergenza, il quadro di riferimento resta quello

delle norme "a regime". Tra queste le piu' rilevanti in materia sembrano

essere, piuttosto che quelle sul respingimento e sulla detenzione nei

centri di custodia, l'articolo 1 della legge 39/90 e l'articolo 19 del

Testo unico delle disposizioni sull'immigrazione.

 

L'articolo 1 della legge 39 stabilisce che qualunque domanda d'asilo sia

presentata in Italia, anche da straniero privo dei documenti usualmente

richiesti per l'ingresso, sia esaminata. Si deroga a questa disposizione

solo in caso di inammissibilita' della domanda, che puo' sussistere o in

relazione alla grave pericolosita' del richiedente, o perche' il

richiedente e' stato gia' riconosciuto rifugiato da altro Stato, o perche'

lo stesso ha trascorso un congruo periodo di tempo in uno Stato "sicuro"

(che aderisca cioe' alla Convenzione di Ginevra) senza chiedere li' asilo.

Nessuna di queste tre condizioni si applica - in via generale - ai Rom che

oggi sbarcano sulle nostre coste: la pericolosita' e' questione che ha a

che fare col comportamento ed i trascorsi del singolo; nessuno di loro e'

stato probabilmente riconosciuto come rifugiato altrove; provengono tutti

direttamente dal Paese dove sostengono di rischiare la persecuzione, ovvero

dall'Albania (che, certo, per un Rom mal visto dalla popolazione di etnia

albanese non puo' oggi essere considerato un paese sicuro).

 

L'articolo 19 del Testo unico afferma un principio ancora piu' forte: che

chieda o meno asilo in Italia, che sia o meno pericoloso, che venga o meno

da un paese che aderisce alla Convenzione di Ginevra, in nessun caso uno

straniero puo' essere espulso o respinto verso uno Stato in cui "possa

essere oggetto di persecuzione per  motivi di razza, di sesso, di lingua,

di cittadinanza, di  religione, di opinioni politiche, di  condizioni

personali o sociali, ovvero  possa rischiare di essere rinviato verso un

altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione". E che i Rom o

qualsiasi altra persona che arrivi oggi in Italia provenendo dai Balcani

corrano rischi di persecuzione non lo si puo' escludere sulla base della

semplice conclusione della guerra. Le tensioni e i rischi permangono.

Abbiamo mandato per questo i nostri soldati, ed e' evidente che non sempre

i loro sforzi sono sufficienti (si veda l'episodio riferito recentemente da

Laura Boldrini, dell'ACNUR, sui serbi trovati carbonizzati).

 

 

2) Quand'anche l'Amministrazione vigilasse attentamente sull'applicazione

delle disposizioni citate, e procedesse, esclusa la necessita' di qualunque

forma di protezione, al respingimento o all'espulsione degli stranieri

giunti in Italia, non si dovrebbe ritenere che essa abbia assolto a tutti i

compiti che le incombevano. Bollare gli stranieri in questione come

clandestini avrebbe infatti un senso preciso se il loro modo di giungere in

Italia non fosse altro che un tentativo di aggirare le giuste procedure

previste dalla legge per l'ingresso, danneggiando cosi' quanti invece a

queste procedure si attengano. In Italia pero' non esiste - l'avro'

ripetuto mille e trecento volte in questi ultimi sette anni - alcuna

possibilita' di migrazione legale per lavoro.

 

La nuova legge offre al Governo - come del resto la vecchia offriva - gli

strumenti per ammettere flussi legali per lavoro nel nostro paese.

L'articolo 23 del Testo unico, per di piu', consente di ammettere flussi

per ricerca di lavoro - senza, cioe' che il lavoratore sia chiamato da un

datore di lavoro cui qualcuno abbia svelato nottetempo, come vorrebbe

Turandot, "il nome dello straniero".

 

Questa disposizione e' in vigore da quasi sedici mesi. Il Governo non l'ha

ancora utilizzata. Il motivo? Dovrebbero essere istituite delle liste, nei

consolati, in cui i lavoratori stranieri possano iscriversi, prenotandosi

per venire in Italia. Ma il Ministero degli affari esteri non ha voglia di

farle. I suoi funzionari, come e' noto, sono sottopagati (rispetto a Del

Piero), e rischierebbero una sindrome da stress. Il Ministero del lavoro,

dal canto suo, ritiene che la cifra di seimila lavoratori potrebbe

costituire una quota appropriata per il 1999 (al Ministero del lavoro gli

spaghetti, da quando non c'e' Bassolino, li preferiscono evidentemente,

senza salsa di pomodoro, oppure pensano di andare loro stessi a raccogliere

i pomodori). Al Ministero dell'interno, infine, dopo aver sperperato un

patrimonio ragguardevole di competenze, se la prendono calma, dato il

pericolo di essere beccati dall'autovelox.

 

 

3)  Il comunicato del Viminale e' accompagnato da una precisazione: quanti,

per incancrenita fiducia nello Stato italiano, oseranno arrivare con i

traghetti di linea, verranno rispediti indietro immediatamente, con il

traghetto medesimo; quanti invece usufruiranno dei servigi degli scafisti

saranno respinti solo dopo un certo periodo di trattenimento negli appositi

centri (oggi non piu' in lamiera), e potranno cosi' beneficiare - aggiungo

io - di forme minime di tutela giurisdizionale.

 

Questa precisazione, da un punto di vista puramente formale, si limita a

descrivere i contenuti della normativa vigente, ed e' difficilmente

censurabile. Su un piano sostanziale, pero', costituisce l'ennesima

benedizione del lavoro degli scafisti.

 

Personalmente sono convinto che gli scafisti non siano affatto dei mercanti

di carne umana, ma dei semplici figli di mignotta, e un riconoscimento

cosi' autorevole del ruolo da essi svolto a sostegno di politiche piu'

aperte di immigrazione e asilo non puo' che farmi piacere. Resto pero'

convinto che debbano restare uno strumento residuale al quale lo straniero

possa fare ricorso in casi estremi. Cosi', invece, li si promuove al rango

di dispositivo di ingresso piu' conveniente, col risultato di far salire

anche i prezzi del servizio.