Date: 9:48 AM 11/16/99 +0100

From: Sergio Briguglio

Subject: decreto-flussi; articolo

 

Cari amici,

vi mando il testo di un articolo che dovrebbe apparire sul Manifesto di

domani. Ve lo mando oggi perche' proprio domani mattina si riunisce la

Consulta sull'immigrazione presso il Dipartimento affari sociali.

All'ordine del giorno c'e' la discussione sullo schema di decreto-flussi

per il 2000. L'articolo e' appunto su questo tema.

 

Cordiali saluti

sergio briguglio

 

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Varato il regolamento di attuazione della legge 40, il governo si accinge

ad affrontare ora la sfida piu' importante degli ultimi anni riguardo alla

politica di immigrazione nel nostro paese. Pochi se ne accorgono, perche'

non si tratta di dare risposte a situazioni di emergenza, ne' di allinearsi

al generale - fugacissimo - interesse dell'opinione pubblica di fronte a

uno sbarco piu' numeroso o sfortunato degli altri. Si tratta invece di

colmare una lacuna clamorosa di quella politica: la mancanza di un canale

di ingresso legale per i lavoratori immigrati. Un comitato

interministeriale, coordinato dal sottosegretario all'interno Maritati, sta

preparando il decreto-flussi per l'anno prossimo. Fino ad oggi, a dispetto

di un piu' ampio dettato delle leggi in vigore, il lavoratore straniero e'

potuto entrare in Italia solo se preventivamente chiamato da un datore di

lavoro. Dato che nessuno assumerebbe mai un lavoratore mai visto in

precedenza, un meccanismo del genere e' servito solo quale escamotage per

legalizzare la posizione di quanti avessero conquistato, sul posto e

illegalmente, la fiducia di un datore di lavoro italiano. Data pero' anche

la difficolta' della procedura (si pensi al rimpatrio e al reingresso in

Italia del lavoratore da regolarizzare) e la scarsa propensione alla

legalita' del nostro mercato del lavoro, gran parte degli immigrati di

fatto occupati in Italia ha dovuto attendere nell'ombra le successive,

benedette, sanatorie. Senza escamotage e sanatorie, oggi in Italia avremmo

pochi immigrati legali e circa un milione di clandestini, e lo slogan con

cui e' stata presentata la nuova legge sull'immigrazione - piena

integrazione dell'immigrazione legale, lotta contro quella illegale - si

rivelerebbe una formidabile corbelleria. Stante pero' la sempre minore

proponibilita' di provvedimenti che diano legalita' a chi non ha potuto,

suo malgrado, averla ab origine, c'e' il rischio che quello slogan continui

a vestire i panni augusti della corbelleria. Provo a spiegare perche'.

 

La legge 40 prevede un istituto significativamente diverso dalla chiamata

preventiva: quello dell'inserimento nel mercato del lavoro. Il lavoratore

puo' entrare in Italia, entro i limiti fissati, con apposita quota, dal

governo, se sponsorizzato da un garante che ne protegga la fase precaria di

ricerca di lavoro. Qualora entro sessanta giorni dall'emanazione del

decreto-flussi, le sponsorizzazioni non abbiano raggiunto la quota fissata,

possono entrare, fino ad esaurimento della quota stessa, anche in mancanza

di garanzia, i lavoratori iscritti in liste di prenotazione da istituire

nei consolati italiani. E' forse l'aspetto piu' innovativo della legge, e

consente di far avvenire alla luce del sole cio' che fino ad oggi e' andato

avanti, con silenziosa efficacia, nel nascondimento. Perche' la cosa

funzioni devono essere soddisfatte, pero', tre condizioni: che una quota di

ingressi per inserimento nel mercato del lavoro sia effettivamente

contemplata nel decreto, che questa quota sia di dimensioni ragionevoli,

che le liste siano istituite e gestite con trasparenza.

 

La prima condizione sembra oggi a riparo da sorprese: quanto affermato da

Maritati in diverse occasioni fa escludere che possa essere trascurato

proprio il meccanismo di ingresso piu' efficace che la legge offre. Sulle

altre due incombe invece grave pericolo, per scongiurare il quale e'

richiesto un supplemento di pragmatismo e di fantasia. Sanatorie e chiamate

ex post hanno consacrato, negli ultimi dodici anni, l'inserimento proficuo

di un flusso di circa centomila unita' per anno. Il Governo potrebbe avere

esitazioni nell'ammettere, per il 2000, una quota di queste dimensioni,

dopo anni di decreti striminziti e pavidi. Non deve, a mio parere; e a

parere, soprattutto, di CGIL, Caritas, Migrantes, ARCI e altri organismi

esperti. Gia' gli studi demografici allegati al documento programmatico

triennale sull'immigrazione mostravano come perfino flussi di questo genere

siano insufficienti a bilanciare la tendenza all'invecchiamento del nostro

mercato del lavoro. In piu', merita considerazione la posizione di quanti

siano entrati successivamente alla data di entrata in vigore della legge

(27 marzo 1998) e siano rimasti cosi' esclusi dalla sanatoria in corso o,

avendo comunque presentato istanza, rischino di vedersela respingere: se

solo un buon decreto-flussi fosse stato emanato per tempo, quegli ingressi

avrebbero potuto gia' essere legali. Qualunque sottodimensionamento, oggi,

delle quote ammesse per inserimento nel mercato del lavoro richiedera'

domani uno sforzo, in termini di repressione ed espulsione, che ne' la

nostra societa' ne' gli immigrati meritano.

 

L'altra minaccia grava sulla realizzazione delle liste. I consolati

nicchiano al riguardo. Per semplice paura dell'ignoto - mi auguro. C'e'

allora il rischio che le liste vengano istituite solo in due o tre paesi

fortunati, e che ai lavoratori degli altri paesi non resti che il solito

canale clandestino. Per la consolazione dei nostri consolati, la soluzione

c'e': si istituisca una lista centralizzata, presso uno dei ministeri

competenti, nella quale possano confluire anche le prenotazioni spedite per

posta dagli interessati, con graduatoria basata sulla data di spedizione e,

in via transitoria, per chiudere bene la sanatoria in corso, sull'esistenza

di una istanza di regolarizzazione che, per "insufficienza di prove", non

potrebbe avere buon esito. Si dia informazione, ai lavoratori, sulle

modalita' di iscrizione nella lista e, successivamente, sulla loro

posizione in graduatoria. Laddove l'ammissione in Italia riguardi un

immigrato che abbia presentato, senza fortuna, una istanza di

regolarizzazione, si applichi poi il dettato dell'articolo 5 del Testo

unico, che consente il rilascio di un permesso (sul posto) per il

sopravvenire di elementi nuovi rispetto a quelli - insufficienti - posti

alla base di una prima richiesta. Si ammetta infine anche una quota ampia

di lavoratori autonomi, conditio sine qua non perche' quelli ammessi per

inserimento nel mercato del lavoro possano stabilizzare il proprio

soggiorno anche sulla base dell'effettuazione - autonoma, appunto - di

piccoli servizi.

 

Le competenze in materia di immigrazione, al ministero dell'interno, sono

oggi al loro massimo storico. E' un'occasione forse irripetibile per

l'avvio effettivo della politica dell'immigrazione: una politica che si

affranchi dal dilemma - doloroso ed inutile - tra sanatorie tardive ed

espulsioni insensate. C'e' da augurarsi che non vada sprecata.