Date: 9:40 AM 2/22/00 +0100
From: Sergio Briguglio
Subject: flussi per lavoro e mezzi di
sostentamento; rivista
Cari amici,
vi mando il testo di un articolo che appare
oggi sul Manifesto. Vi si
affronta, tra l'altro, la spinosa faccenda dei
mezzi di sostentamento
necessari per l'ingresso. Ritengo sia una di
quelle questioni che
difficilmente provocheranno manifestazioni di
piazza, ma che sono la causa
nascosta dell'impedimento dell'immigrazione legale
e, con ovvi passaggi,
dell'esistenza di contestate misure repressive
dell'immigrazione illegale.
Vi invito quindi a non trascurare la cosa e a
far sentire la vostra voce
nei luoghi (ministero dell'interno, in primo
luogo) dove vengono assunte le
decisioni in merito.
Segnalo anche che L'ARCI organizza la
presentazione del primo anno di
attivitˆ della rivista DIRITTO IMMIGRAZIONE
CITTADINANZA. La presentazione
della rivista si svolgerˆ al Senato presso
l'ex Hotel Bologna, Via Santa
Chiara, alle ore 16.00 del 28 febbraio. Al
dibattito, moderato da Giampiero
Cioffredi, parteciperanno Nascimbene, Trucco,
Palombarini, Capodonte,
Caputo, Zorzella, Paggi, Guelfi, Salvato,
Russo Spena, Senese, Pisapia,
Briguglio, Humburg, Anastasia, Salerni.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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Sta per entrare in vigore il decreto di
programmazione dei flussi di
immigrazione per l'anno in corso. E' la prima
volta che, con ragionevole
puntualita', si indicano ai lavoratori
stranieri vie di immigrazione
diverse dal ricorso agli scafisti. Si tenta
cosi' di ridare onore alla
legge 40, costretta, fino ad oggi, a produrre
poco piu' che una goffa e
inutile battaglia contro quanti di quell'unica
via avevano dovuto servirsi.
Il decreto prevede che possano entrare in
Italia ventottomila lavoratori
chiamati da un datore di lavoro disposto ad
assumerli. Altri duemila
possono entrare per attivita' di lavoro
autonomo, purche' ottengano il
nulla-osta per l'iscrizione negli albi o
registri previsti per la specifica
attivita' richiesta e dimostrino di possedere
le risorse sufficienti per
svolgerla. Quote ulteriori, per un ammontare
di diciottomila ingressi, sono
riservate ai lavoratori dei paesi con cui
l'Italia ha stipulato (Albania,
Marocco e Tunisia) o stipulera' accordi per la
riammissione degli stranieri
espulsi. Quindicimila lavoratori potranno,
infine, essere ammessi a cercare
occupazione in Italia in presenza di uno
sponsor (privato o pubblico) che
garantisca il loro sostentamento e
l'iscrizione al Servizio sanitario
nazionale. In tutti i casi dovra' essere
dimostrata anche la disponibilita'
di un alloggio per il lavoratore.
Trascorsi quattro mesi dalla pubblicazione del
decreto, qualora non sia
stata esaurita la quota di ingressi per
sponsorizzazione, potranno entrare,
fino a completarla, i lavoratori che si siano
iscritti in apposite liste
nei nostri consolati. Questa possibilita',
esplicitamente prevista dalla
nuova legge, costituisce l'aspetto piu'
avanzato della riforma, dal momento
che rende legale il meccanismo di ricerca di
lavoro sul posto, fino ad oggi
praticato con successo, ma in modo
forzatamente illegale, da
immigrati
ovviamente privi di sponsorizzazione. La
previsione del decreto ha, piu'
che altro, un valore di sperimentazione, data
l'esiguita' della quota e
l'attuale mancanza di liste di prenotazione
nei nostri consolati (per
quest'anno il meccanismo sara' utilizzabile
solo per ingressi da Albania,
Marocco e Tunisia). Puo' servire pero' a
dimostrare che questo specifico
canale di ingresso e' il piu' scorrevole e
merita di essere esportato in
Europa. Per il futuro sara' bene, comunque,
prevedere l'istituzione di una
lista centralizzata, in Italia, alla quale i
lavoratori possano accedere
per posta, piuttosto che dover combattere
contro le lentezze delle nostre
rappresentanze diplomatiche e la corruzione
che in prossimita' di esse
fiorisce.
Critiche di fondo possono riguardare
l'ammontare complessivo degli ingressi
previsti e la ripartizione per categorie. Il
primo - sessantatremila unita'
- sottostima sia la pressione migratoria, sia
la domanda di manodopera del
mercato italiano; una presa di posizione
decisa e simultanea in tal senso
delle associazioni di volontariato, di quelle
imprenditoriali e dei
sindacati gioverebbe ad affrancare i nostri
politici da paure ed esitazioni
anacronistiche. La seconda, con una previsione
di soli duemila ingressi per
lavoro autonomo, penalizza la possibilita' di
inserimento nelle attivita'
di piccoli servizi (si pensi a giardinieri,
muratori, imbianchini), che, in
mancanza di rapporti di lavoro stabili, si
configurano appunto come
attivita' autonome. Tuttavia, tanto la legge
40, quanto la formulazione
adottata nel decreto-flussi offrono
sufficienti strumenti di flessibilita'
per rimuovere questi ostacoli: il governo puo'
adottare anche piu' decreti
in un anno, e, nell'applicazione di quello
presente, potra' all'occorrenza
ridefinire la ripartizione tra le diverse
modalita' di ingresso. La cosa
assume un particolare rilievo se si pensa che
la chiamata nominativa da
parte di un datore di lavoro - il meccanismo
che piu' rassicura i
tremebondi governi europei e che trova il
maggiore spazio nell'attuale
decreto - e' viziato insanabilmente dalla
impossibilita' di incontro
diretto tra datore di lavoro e lavoratore.
Anche l'ingresso sponsorizzato -
che pure consentirebbe questo incontro -
potrebbe risultare impedito, in
sede di prima applicazione, dalla ristrettezza
dei tempi ad esso riservati,
a fronte della prevedibile inerzia
dell'amministrazione nel ricevere ed
evadere le domande degli sponsor. Potremmo
trovarci, cosi', nel giro di
qualche mese, a scoprire che le possibilita'
di successo del decreto sono
tutte affidate al funzionamento dell'ingresso
per ricerca di lavoro senza
sponsor e all'ampliamento della relativa
quota.
Niente di male, a condizione che, in questi
giorni, questo canale non venga
danneggiato irreparabilmente. La legge 40
prevede che il ministro
dell'interno definisca, con una direttiva,
l'ammontare dei mezzi di
sostentamento richiesti per l'ingresso in
Italia. Esigere che una certa
disponibilita' sia dimostrata da chi vuole
entrare - per proprio interesse
- per turismo o per affari e' cosa sensata.
Richiedere pero' - come c'e' il
rischio che si faccia - all'immigrato
disoccupato, ammesso sulla base di
una programmazione governativa (per interesse,
quindi, anche nostro), la
certificazione di un risparmio pari
all'importo annuale dell'assegno
sociale e dell'assicurazione sanitaria (circa
otto milioni di lire in
tutto) e' assolutamente irragionevole:
equivale ad ammettere solo persone
che si siano indebitate in modo dissennato o,
peggio, persone che non hanno
alcun motivo valido per lasciare il proprio
paese, se non il miraggio di
attivita' criminali. In tal senso si e'
espressa la Prima Commissione della
Camera, raccomandando, in sede di definizione
del parere sul regolamento di
attuazione della legge, che non si richiedesse
disponibilita' di mezzi a
chi entri per ricerca di lavoro. A garantire
l'inserimento dell'immigrato
nella prima fase di permanenza in Italia
dovrebbero bastare le strutture di
accoglienza che la legge prevede e finanzia.
Se pure, in un impeto di
giubilare auto-indulgenza, Stato, regioni ed
enti locali volessero
assolversi per non averle realizzate, il
massimo che si puo' chiedere allo
straniero, senza cadere nel ridicolo, e' di
dimostrare una capacita' di
auto-mantenimento per un paio di mesi,
trascorsi i quali bastera' la sua
esistenza in vita a certificare per lui.
Il ministro Bianco e' oggi di fronte a un
bivio: puo' suggellare, con una
direttiva adeguata, l'avvio di una
sperimentazione intelligente in fatto di
immigrazione, o riportare tutto nel solco di
una tradizione di disarmante
ottusita'. Scelga. In piena liberta'.
Sergio Briguglio