Date: 9:20 AM 4/10/00 +0100
From: Sergio Briguglio
Subject: problemi con l'art. 18
Cari amici,
vorrei segnalarvi alcuni problemi relativi
all'attuazione dell'articolo 18
del Testo unico (protezione sociale).
1) Si stanno registrando difficolta', in
alcune questure (Roma, ad
esempio), in relazione al rilascio dei
permessi per motivi umanitari a
persone che tentino di sottrarsi allo
sfruttamento. Il motivo sembra
risiedere in una interpretazione restrittiva
del decreto del Ministro per
le pari opportunita' del 23/11/99 (G.U.
13/12/99 n.291). Questo decreto,
all'art.2 comma 3, definisce cosa si debba
intendere per "programma di
protezione sociale". All'art.4, poi,
definisce le modalita' di
presentazione dei progetti, ai fini del
cofinanziamento statale, alla
Commissione interministeriale per l'attuazione
dell'art.18, e i criteri che
la Commissione adotta per la valutazione dei
progetti. Queste disposizioni
vengono interpretate dalle questure suddette
come se l'approvazione del
progetto da parte della Commissione fosse
condizione necessaria per il
rilascio del permesso di soggiorno alla
persona che tenta di sottrarsi allo
sfruttamento.
Ritengo che questa interpretazione non trovi
fondamento in alcuna delle
disposizioni vigenti; per le ragioni che
seguono.
L'articolo 18 del Testo unico stabilisce, al
comma 1, che il permesso sia
rilasciato allo straniero per consentirgli di
sottrarsi alla violenza e ai
condizionamenti dell'organizzazione criminale
e di partecipare ad un
programma di integrazione sociale. Il rilascio
del permesso deve quindi
avvenire anche nell'eventualita' che un
programma del genere non sia
immediatamente disponibile, cosi' come alla
clandestina incinta viene
rilasciato un permesso per motivi di cure
anche nell'ipotesi che i letti in
clinica ostetrica siano tutti occupati.
Al comma 2 dello stesso articolo, addirittura,
si chiarisce che le
modalita' di partecipazione al programma di
integrazione sono comunicate al
Sindaco, e non al Questore. Tali modalita' non
dovrebbero far parte,
quindi, degli elementi che il Questore deve
valutare ai fini del rilascio
del permesso. E' piuttosto l'interruzione
della partecipazione al programma
- dipendente dalla volonta' dello straniero -
a costituire motivo di revoca
del permesso (art.18, comma 4).
Il Regolamento di attuazione, all'articolo 27,
comma 2, sembra contraddire,
almeno in parte, questa lettura, stabilendo
che il Questore rilasci il
permesso dopo aver acquisito, tra le altre
cose, il programma di
integrazione conforme alle prescrizioni della
Commissione
interministeriale. Questa disposizione ha
generato, unitamente alla
pubblicazione del decreto, l'interpretazione
restrittiva di cui sopra.
Il Regolamento, tuttavia, contiene altre
disposizioni da cui si evince come
tale interpretazione sia inappropriata.
All'articolo 25, comma 1, ad esempio,
stabilisce che i programmi di
integrazione realizzati a cura dell'ente
locale sono cofinanziati dallo
Stato, previa valutazione della Commissione
interministeriale. Alla lettera
c) del comma 3 dello stesso articolo, pero',
chiarisce che la Commissione
"seleziona" i programmi da
finanziare, sulla base dei criteri definiti -
appunto - con decreto del Ministro per le pari
opportunita'. E' evidente
quindi come la valutazione positiva da parte
della Commissione sia
vincolante solo ai fini del cofinanziamento, e
come possano invece essere
legittimamente realizzati dall'ente locale
programmi di integrazione, anche
quando questi non vengano - ad esempio, per
mancanza di risorse -
selezionati per il cofinanziamento.
L'ente locale, da parte sua, puo' ben
realizzare autonomamente un programma
di integrazione (il comma 1 dell'articolo 25
appena citato parla appunto di
programmi realizzati a cura degli enti locali
"o" dei soggetti privati
convenzionati). La realizzazione puo'
ovviamente prescindere da una
richiesta di cofinanziamento (che potrebbe
risultare tardiva, inopportuna,
etc.) e, quindi, dalla valutazione del progetto
da parte della Commissione.
Qualora pero' l'ente locale decida di dare in
convenzione la realizzazione
del programma o di parte di esso, deve, in
base alla lettera b) del comma 2
dell'articolo 26 del Regolamento, verificare
la rispondenza del programma o
dei programmi che il soggetto intende
realizzare ai criteri e alle
modalita' stabiliti col suddetto decreto. Tale
valutazione - necessaria,
ovviamente, solo quando l'ente locale voglia
affidare in convenzione a un
privato la realizzazione del programma o di
parte di esso - spetta quindi
al solo ente locale, non alla Commissione. La
Commissione stessa, in base
alla lettera b) del comma 3 dell'articolo 25,
si limita a formulare pareri
e proposte - non vincolanti - sui progetti di
convenzione tra ente locale e
privati.
In definitiva, fermo restando che il requisito
sostanziale per il rilascio
del permesso di soggiorno ex art.18 e' la
condizione di rischio derivante
dalla volonta' di sottrarsi alla pressione
dell'organizzazione di
sfruttamento, anche quando si ritenga
indispensabile l'acquisizione delle
informazioni in relazione al programma di
integrazione, il rilascio del
permesso non puo' essere condizionato al
preventivo benestare della
Commissione interministeriale sul programma
stesso. E' solo richiesto che
tale programma sia conforme ai criteri
(estremamente semplici) indicati
dall'art. 2 del decreto. La verifica di tale
conformita' e' compito del
Questore, anche quando essa sia stata
preventivamente effettuata dall'ente
locale per le parti del programma affidate a
privati in convenzione.
L'esistenza di una valutazione positiva da
parte della Commissione -
formulata a seguito di una richiesta di
cofinanziamento - potra'
eventualmente costituire motivo perche' il
Questore la confermi senza
ulteriori riflessioni.
2) Un problema che incontra il titolare del
permesso ex art. 18 e'
l'impossibilita' di praticare il
ricongiungimento familiare se prima non e'
riuscito a ottenere la conversione del
permesso in permesso per lavoro o
per studio. In proposito andrebbe tenuto
presente, da parte delle questure,
il comma 3 dell'art. 28 del Testo unico, che
afferma il diritto prevalente
del minore nei procedimenti finalizzati a dare
attuazione al diritto
all'unita' familiare. Dovrebbe quindi essere
chiarito che, ove si tratti di
ricongiungimento con figlio minore ed esistano
ragioni serie relative
all'interesse dello stesso figlio, si puo'
prescindere da tutti i requisiti
previsti dagli articoli 28 e 29.
La cosa ovviamente non risolve il problema del
ricongiungimento - ad
esempio - con familiari a carico, che, d'altra
parte, puo' essere rilevante
nei casi in cui l'organizzazione criminale
minacci la loro incolumita'. In
proposito, a meno di non assimilare il
titolare del permesso ex art. 18 al
titolare di un permesso per asilo (cosi' la
recente circolare del Ministero
della sanita', secondo la quale la categoria
"asilo umanitario" corrisponde
a diversi tipi di permesso di soggiorno,
incluso quello rilasciato in base
all'art. 18) e di non applicare l'esonero dai
requisiti di reddito previsto
per il ricongiungimento con il rifugiato,
sarebbe necessario modificare il
Testo unico.
Cordiali saluti
sergio briguglio