Date: 9:25 AM 5/11/00 +0100

From: Sergio Briguglio

Subject: Italia-Germania 3 a 3 (seconda puntata)

 

Cari amici,

vi infliggo la seconda puntata del messaggio che potete trovare, in

versione completa, alla pagina

http://briguglio.frascati.enea.it/immigrazione-e-asilo/2000/maggio/

nel documento "mail-strategie-2.html".

 

Cordiali saluti

sergio briguglio

 

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Un altro aspetto di rilievo riguardo all'ingresso e soggiorno per lavoro e'

costituito dalle disposizioni relative al lavoro autonomo. La legge,

sull'argomento, e' piuttosto rigida: oltre al nulla-osta per l'iscrizione

in albi o registri e alla dimostrazione della disponibilita' delle risorse

per l'avvio dell'attivita' e dell'immancabile alloggio, lo straniero che

voglia soggiornare in Italia per lavoro autonomo deve disporre di un

reddito non inferiore - oggi - a sedici milioni annui. Questa soglia segna

il limite al di sotto del quale scatterebbe l'esenzione dalla

partecipazione alla spesa sanitaria, e non ripugna l'imposizione di una

condizione relativa al raggiungimento di un livello minimo di inserimento

nel mercato - tale, cioe', da non dar luogo ad un aggravio per la spesa

pubblica. Tutto questo pero' dovrebbe riferirsi al reddito maturato in

Italia. Quando si voglia applicarlo, ai fini dell'autorizzazione

all'ingresso, al reddito maturato in patria, si lascia aperta la porta

soltanto a chi provenga da paesi industrializzati o a chi, da un paese in

via di sviluppo, venga a svolgere in Italia attivita' imprenditoriali,

commerciali o professionali di notevole rilievo. Restano invece tagliate

fuori le attivita' di piccolo cabotaggio - piccolo commercio e piccoli

servizi - che trovano utilmente spazio nella nostra economia, ma non nella

categoria delle attivita' di lavoro subordinato. Quale indiano, poniamo,

con un reddito annuo di sedici milioni di lire, lascerebbe il suo paese per

venire a fare il giardiniere in Italia?

 

A mitigare questa restrizione, la legge offre la possibilita' di sostituire

la dimostrazione relativa al reddito con una prestazione di garanzia,

analoga, anche se piu' corposa, di quella prevista dall'articolo 23.

Disgraziatamente, si e' omesso, fino ad oggi, di concordare con banche e

assicurazioni lo schema di fideiussione corrispondente. Converra' - e qui

plagio Andrea Borghesi, della CGIL di Avezzano - predisporne uno "fatto in

casa", sulla falsariga di quelli gia' approntati da ABI e ANIA. Nell'attesa

che al Ministero dell'interno decidano chi tra i sottosegretari debba

studiare il Testo unico.

 

In sede di applicazione della legge, il vademecum sull'accesso al lavoro

viene parzialmente in soccorso del lavoratore autonomo in due modi.

Stabilisce, innanzi tutto, che la disponibilita' di reddito si debba

considerare dimostrata quando vi sia una dichiarazione di un committente o

del responsabile di una cooperativa in relazione al compenso che sara'

corrisposto, in Italia, al professionista o, rispettivamente, al socio

prestatore d'opera. E mentre nel primo caso siamo ancora fermi al caso di

lavoratore autonomo "di peso", nel secondo, si intravede una possibilita'

anche per il giardiniere, sempre che qualcuno dia vita a cooperative di

servizi.

 

Il secondo contributo del vademecum consiste nel chiarire, opportunamente,

la norma del Regolamento (art. 39, co.7) in base alla quale e' possibile

convertire un "regolare permesso di soggiorno diverso da quello che

consente l'esercizio di attivita' lavorativa" in un permesso per lavoro

autonomo, a condizione di aver maturato i requisiti previsti per

l'ingresso, e che la richiesta rientri nella quota fissata dal decreto

flussi. Il vademecum, interpretando con buon senso la norma, specifica come

si tratti ivi di ogni permesso, "anche" diverso da quelli che consentono

l'esercizio di attivita' lavorativa. Risultano cosi' inclusi anche il

permesso per inserimento nel mercato del lavoro e quelli, rilasciati per

motivi umanitari, con possibilita' di svolgimento di attivita' lavorativa

(ad esempio, il permesso previsto dall'articolo 18 del Testo unico sulla

protezione sociale). Questo fatto consente, in particolare a chi e' entrato

attraverso i canali aperti dall'articolo 23, di conquistare in Italia la

soglia di reddito e, quindi, la stabilizzazione del soggiorno, anche quando

la sua attivita' sia assolutamente autonoma - priva, cioe',

dell'inserimento in una cooperativa.

 

A dispetto di questi ultimi aspetti positivi, tuttavia, l'attuazione data

per quest'anno alla normativa col decreto flussi limita fortemente le

chances di accesso al lavoro autonomo, ammontando a sole duemila unita' la

quota specifica prevista. Possibilita' di una revisione di questa e delle

altre cifre sono previste dal decreto stesso e, piu' in generale, dal Testo

unico. Il decreto, in particolare, stabilisce che dalla fine di luglio la

ripartizione dei sessantatremila ingressi nelle diverse categorie possa

essere ridefinita sulla base delle indicazioni ottenute fino a quel

momento. Il Testo unico, per parte sua, dispone che possano essere emanati

piu' decreti in un anno. Nessuno quindi impedisce che che si metta mano

alla revisione del decreto o che se ne emani uno aggiuntivo. La cosa

sarebbe utile ed efficace, dal momento che rafforzerebbe il segnale che in

Italia si puo' finalmente entrare legalmente e che capitalizzerebbe gli

sforzi compiuti dall'amministrazione centrale, da quelle periferiche e

dagli utenti per orientarsi tra disposizioni in buona misura nuove. Si

troveranno, all'uopo, il coraggio e la competenza sufficienti?

 

Tutto cio' che di saggio o di stupido si possa fare riguardo all'ingresso

per lavoro puo' essere vanificato o, rispettivamente, esaltato, da un

approccio fiscale al problema del rinnovo del permesso di soggiorno. Il

rischio affonda le radici nell'articolo 4, comma 3 e nell'articolo 5, comma

5 del Testo unico. Il primo stabilisce che ai fini dell'ingresso lo

straniero debba disporre di adeguati mezzi di sostentamento (specificati

dalla direttiva del Ministro dell'interno di cui si e' detto). Il secondo

dispone, tra l'altro, che il rinnovo del permesso sia rifiutato quando non

siano soddisfatti i requisiti per l'ingresso - incluso, quindi, quello

relativo ai mezzi di sostentamento. Queste norme sono ispirate al principio

secondo il quale l'immigrato, per non costituire problema, deve avere un

inserimento sufficientemente solido nel tessuto economico. L'analisi di

questo principio ci riporterebbe alla questione di Rivera e Bertini o a

quella, meglio sviscerata, dell'uovo e della gallina. Ve le risparmiero'.

Mi fermo invece ad esaminare il modo in cui si cerca di implementare la

norma.

 

Se la preoccupazione della societa' riguarda il come fara' l'immigrato a

mantenersi per il periodo per cui chiede di prolungare il soggiorno, i

mezzi di sostentamento relativi possono derivare da due fonti principali:

un reddito futuro o un risparmio gia' accumulato. La certificazione del

primo e', per definizione, senza speranza, salvo di non ricorrere alla

cartomante gia' consultata per  l'indicazione dell'alloggio in Italia. La

certificazione del secondo e' un criterio troppo conservativo, giacche'

abbiamo a che fare, qui, con immigrati ai loro primi anni di lavoro in

Italia (che' altrimenti sarebbero gia' in possesso di carta di soggiorno, a

tempo indeterminato). Se pretendiamo che in due anni di lavoro abbiano

risparmiato quello che servira' loro per vivere nei due anni successivi,

delle due l'una: o hanno percepito un reddito doppio di quello assunto come

soglia minima o hanno depositato in conto corrente tutto il reddito

maturato, astenendosi dal mangiare, vestirsi, pagare l'affitto e mandare

soldi a casa. Nella prima ipotesi saremmo di fronte a una abusiva

ridefinizione della soglia minima. Nella seconda, premieremmo, col rinnovo

del permesso, il piu' dissennato dei comportamenti.

 

In medio stat virtus - come mi ricordano talvolta, a gesti, alcuni

automobilisti rivali. In questo caso, il medio consiste nel prevedere il

reddito futuro sulla base delle informazioni relative al reddito passato.

E, per stimare se nei prossimi due anni l'immigrato riuscira' a

sostentarsi, e' sufficiente valutare se sia riuscito a sostentarsi nei due

anni scorsi. Ma se e' in piedi davanti a noi e ci sta presentando una

richiesta di rinnovo del permesso, e' evidente che e' riuscito a

sostentarsi. Con mezzi leciti? - si potrebbe chiedere - Si', in base alla

Costituzione, se non risultano a suo carico condanne definitive.

 

Ai nostri governanti deve essere chiaro che tutta l'immigrazione cui, per

ignavia o per incapacita', negheranno ogni opportunita' di ingresso o di

soggiorno legale per lavoro la ritroveranno in Italia sotto forma di

clandestinita' da rimpatriare. Se si tratta - come si evince dal discorso

alla Camera di Amato - di farsi belli di fronte all'opinione pubblica con

le cifre relative alle espulsioni e ai respingimenti, puo' essere una

politica da perseguire. Cosi' come si puo' mandare allo sfascio la Sanita'

per far crescere il settore delle pompe funebri. In ogni caso, si finira'

per ridurre il problema dello straniero in Italia a quello del numero,

delle dimensioni e del funzionamento dei centri di permanenza temporanea,

voluti da Napolitano (cui rammentavano, forse, il contesto culturale in cui

si e' formato) ma blindati anche dal voto di quei senatori che oggi li

vituperano.

 

(2. continua)