Date: 2:40 PM 1/10/01 +0100
From: Sergio Briguglio
Subject: osservazioni Bonetti
Cari amici,
ricevo da Paolo Bonetti e diffondo.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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Caro Sergio,
dal tuo preziosissimo sito ho potuto
finalmente sbirciare il testo della bozza del decreto quote 2001 e della
relazione di accompagnamento. Confesso che la loro lettura mi ha lasciato molto
perplesso.
Ti fornisco dunque diverse considerzioni
disordinate, perchè tu possa farle pervenire ai parlamentari e a chi altro può
premere al fine di suggerire elementi per i prescirtti pareri sul testo del
decreto proposto.
Fammi avere tue osservazioni
Ciao e a presto.
Paolo Bonetti
OSSERVAZIONI SULLO SCHEMA DI DECRETO DEL
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
"Programmazione dei flussi d'ingresso dei
lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2001"
A. in generale la cifra complessiva delle quote appare del
tutto insufficiente.
In tal senso è evidente dalla relazione
illustrativa che mentre sono piuttosto precisi e circostanziati e comunque
segnalano un fabbisogno annuo di almeno 100.000 i dati relativi ai
"fattori incrementali indicativi del fabbisogno di lavoratori
extracomunitari", assai vaghi e poco congruenti e talvolta addirittura
contraddittori appiano gli elementi qualificati dalla relazione stessa
come "fattori decrementali che in alcuni casi hanno portato ad una
riduzione della quota complessiva rispetto ai fabbisogni stimati".
1) Alcuni elementi inseriti tra i
"fattori decrementali" sono in realtà elementi del tutto infondati o
contraddittori:
a) le problematiche di inserimento, in
particolare alloggiative, sono del tutto non pertinenti nell'embito del decreto
sulle quote, perchè in base al T.U. tutti i tipi di ingressi per lavoro
(lavoro subordianto, lavoro stagionale, lavoro autonomo, inserimento nel
mercato del lavoro) sono consentiti soltanto se sussistono durature e
consistenti garanzie circa l'effettiva disponibilità di un alloggio idoneo
in Italia e risorse economiche per il mantenimento economico e sanitario
(che devonno essere preventivamente verificate dai Ministeri del Lavoro,
dell'Interno e degli Affari esteri, oltre che dai Comuni)
b) l'ultimo "fattore
decrementale" conferma che gli effetti della regolarizzazione
del 1998/1999 non si possono inserire tra i fattori decrementali, ma sono del
tutto ininfluenti sulla disponibilità di nuovi lavoratori.
c) circa le "altre entrate migratorie
regolari extraquote inseribili nel mercato del lavoro (rifugiati e
ricongiungimenti familiari)" la stima appare fondata su fattori
sovrastimati, perchè fondati su postulati non dimostrati.
Anzitutto si presume che tutti i familiari
ricongiuntisi e tutti i rifugiati riconosciuti vogliano e/o possano
effettivamente instaurare un rapporto di lavoro. Non si tiene conto che
tra costoro vi può essere chi è troppo piccolo o non può o non vuole lavorare,
cioè non si tiene conto delle migliaia di minori in tenera età, degli
invalidi, delle migliaia di donne che si dedicano al lavoro casalingo, di
chi studia. Nè si tiene conto del fatto che un familiare appena arrivato non
sempre riesce ad insrirsi subito nel mercato del lavoro anche perchè è
sprovvisto della conoscenza della lingua italiana.
Del resto la relazione illustrativa non
indica il numero dei rifugiati riconosciuti, nè indica quanti degli stranieri
finora entrati con visto di ingresso per ricongiungimento familiare o comunque
titolari di un permesso di soggiorno per motivi familiari abbiano finora
instaurato rapporti di lavoro o avviato attività professionali
Inoltre la relazione illustrativa allude alla necessità di tenere conto
di nuovi lavoratori che deriverebbero dall'eventuale approvazione della nuova
legge sul diritto d'asilo che consentirebbe ai richiedenti asilo di lavorare.
Tale affermazione appare largamente sovrastimata perchè essa si basa
due aspetti infondati: in primo luogo l'effettiva approvazione definitiva
di tale legge è un evento futuro e incerto e anzi col passare delle settimane
appare sempre più improbabile che comunque la legge entri in vigore prima del
marzo 2000, ammesso e non concesso che essa possa davvero avvenire in questa
legislatura (la Camera ne discuterà soltanto il 17/18 gennaio e il Senato dovrà
ancora riesaminare il testo), in secondo luogo in base al testo del relativo
disegno di legge approvato dalla Commissione affari costituzionali della Camera
dei deputati (cfr. artt. 7, comma 11, e 10, comma 6) il richiedente asilo
potrebbe lavorare non al momento della presentazione della domanda di asilo, ma
soltanto soltanto dopo 6 mesi dalla presentazione della domanda qualora la
Commissione centrale non abbia dato risposta alla domanda o durante il giudizio
sul ricorso giurisdizionale presentato contro la decisione di rigetto della
Commissione stessa. Inoltre dal testo del disegno di legge si ricava facilmente
che non tutti i nuovi richiedenti asilo potranno fruire di questa nuova
possibilità, perchè molti potrebbero essere espulsi o respinti immediatamente
qualora durante il pre-esame della domanda essa sia ritenuta inammissibile o
manifestamente infondata.
2) Alcuni elementi inseriti tra i
"fattori decrementali" sono configurati in modo vago e
immotivato:
a) circa il "livello e
evoluzione della disoccupazione italiana", la "mobilità interna"
e la "disoccupazione degli stranieri già presenti in italia" la
relazione conferma in realtà che è in atto un trend positivo di
assorbimento della disoccupazione, ma omette di considerare che una
notevole quota di disoccupati italiani e stranieri potrà essere ridimensionata
sotto diversi profili.
Anzitutto recenti provvedimenti del Ministero del Lavoro
produrranno già fra pochi mesi una riduzione dei disoccupati fittizi (riordino
delle liste di collocamento, obbligo di tutti gli iscritti nelle liste di
collocamento di dichiarare formalmente la propria disponibilità a svolgere
corsi di formazione professionale).
In secondo luogo lo stesso Ministero ha disposto un robusto
rafforzamento delle ispezioni sul lavoro al fine di contrastare in modo mirato
i fenomeni di lavoro nero, tanto diffusi tra gli stranieri (il lavoro
nero degli stranieri disoccupati citato dalla stessa relazione
conferma dunque che si tratta la cifra dei disoccupati stranieri non può
essere presa in blocco come quale "fattore decrementale").
Dunque il decreto sulle quote 2001 potrebbe essere modificato in modo da
aumentare i numeri complessivi delle quote, ma in modo tale che almeno gli
ingressi per inserimento nel mercato del lavoro avvengano prioritariamente
verso le zone italiane in cui maggiore è richiesta di manodopera. Infatti
l'art. 4 del decreto non prevede alcuna norma che espressamente e
preventivamente indichi quali possano essere i criteri per il rilascio delle
autorizzazioni all'ingresso su garanzia, cioè su come accogliere o rigettare le
domande, qualora le garanzie regolarmente presentate e verificate siano
complessivamente superiori al numero massimo indicato nel decreto annuale di
determinazione delle quote, mentre è evidente che è essenziale dare certezze
agli immigrati presenti e futuri prima della presentazione delle domande, prevenire
eventuali abusi della discrezionalità amministrativa e prevenire eventuali
obiezioni secondo le quali attraverso tali garanzie si potrebbero favorire
ingressi di nuovi disoccupati nelle zone in cui vi sono molti disoccupati.
A tal fine un criterio ragionevole potrebbe essere quello di prevedere
che gli artt. 3 e 4 del decreto siano modificati in modo da dare priorità per
il 2001 alle domande presentate da garanti che vivono nelle Regioni o
nelle Province in cui il tasso di disoccupazione su base annua sia inferiore
alla media nazionale (l'art. 36, comma 1 del regolamento di attuazione del T.U.
prevede infatti che il permesso di soggiorno per inserimento nel mercato del
lavoro deve essere richiesto alla stessa questura che ha rilasciato l'autorizzazione
all'ingresso) e, in tale ambito, dare priorità in primo luogo agli ingressi di
persone che abbiano titoli di studio o precedenti professionali compatibili con
settori, qualifiche e mansioni per i quali nella Provincia in cui abiteranno si
verifica una perdurante mancanza di manodopera (secondo un elenco che potrebbe
essere fornito dal Ministero del Lavoro e che potrebbe essere allegato al
decreto annuale sulle quote) e, in secondo luogo agli ingressi di persone che
risultino parenti o affini del soggetto che presenta la garanzia o offre
l'alloggio ovvero che abbiano in precedenza svolto regolari lavori stagionali
in Italia.
3) nella fissazione delle quote 2001 si sono
omessi alcuni altri criteri
a) occorre sempre tenere presente che il
D.P.C.M. indica soltanto un numero massimo di quote annue, sicchè tale numero
non necessariamente deve essere esaurito, nel senso che nell'ambito di tali
quote i visti di ingresso possono essere rilasciati soltanto se vi sono
domande verificate e si deve ricodare che circa i 2/3 degli ingressi
avverrebbe comunque sulla base di preventive veriche di rapporti di lavoro già
esistenti.
b) occorre tenere presente che la
fissazione delle quote è uno degli strumenti più indispensabili di prevenzione
dell'immigrazione clandestina e dunque la prudenza delle quote massime deve
accompagnarsi all'esigenza di non occultare i flussi migratori che
comunque esistono.
4) per il 2001 appare improbabile che sia
effettivamente possibile un altro decreto di determinazione delle quote, sia
perchè tale anno è una anno di elezioni politiche generali e di mutamento del
Governo e del Parlamento, sia perchè il procedimento di verifica delle quote
deliberate col primo decreto e di approvazione di un nuovo decreto potrebbe
intervenire soltanto negli ultimissimi mesi del 2001, cioè quando ormai sarebbe
troppo tardi.
5) In ogni caso tutte le considerazioni sui
"fattori decrementali" si addicono al lavoro subordinato a tempo
indeterminato e non già al lavoro stagionale e la sottostima delle quote per
lavoro stagionale sembra essere confermata ogni anno dall'emanazione di
circolari del Ministero del Lavoro che riguardano proprio impellenti necessità
di lavoratori stagionali.
Alla luce delle precedenti osservazioni
sarebbe opportuna la fissazione di una quota più realistica.
A tal fine se si vuole mantenere la stima più
prudente, si possono prendere in considerazione, con un arrotondamento in
riduzione, le cifre del fabbisogno indicate dal Ministero del Lavoro
calcolate al 13 dicembre 2000
Il decreto dovrebbe dunque indicare una
cifra di 100.000 ingressi annui (invece dei 105.778), dei quali 63.000 per
lavoro subordinato non stagionale e per lavoro autonomo (invece di 64.783) e
34.000 per lavoro stagionale (invece di 40.995).
B. In particolare dal punto di vista formale e sostanziale si osserva
che:
1) per una completa valutazione occorrerebbe disporre anche del
testo della proposta di Documento programmatico delle politiche migratorie per
il 2001-2003 che il Consiglio dei Ministri ha esaminato in prima lettura a
dicembre. Il T.U. infatti rende vincolanti per il Governo le indicazioni e i
criteri ivi previsti al fine della determinazione delle quote. Tra l'altro
anche quel nuovo ed essenziale testo deve raccogliere i prescritti
pareri (Commissioni parlamentari, CNEL, Conferenza Stato-Regioni ecc.).
In ogni caso il decreto sulle quote 2001 non può essere esaminato prima
che il Governo, ricevuti i prescritti pareri, abbia deciso di adottare il testo
definitivo del Documento programmatico 2001-2003.
2) il T.U. prevede che le
quote debbano essere definite dallo stesso D.P.C.M. e non da
successivi decreti interministeriali e perciò il testo dell'art. 2, comma
2 è illegittimo. E dunque è già nel D.P.C.M. che devono essere individuate le
professionalità specifiche necessarie nell'ambito del settore delle tecnologie
dell'informazione e della comunicazione (è tra l'altro inutile rinviare
ulteriormente nel tempo - 90 giorni sono un termine eccessivo per le esigenze
dell'economia - una decisione che ben può essere adottata oggi, se davvero si
vogliono attivare queste quote).
C. In particolare dal punto di vista sostanziale si osserva
che:
1) all'art. 3, comma 1 non si tiene conto dell'avvenuta entrata in
vigore dell'accordo bilaterale con la Romania che già nell'ottobre
2000 ha indotto il Ministero del Lavoro con propria circolare a disporre che i
romeni fossero compresi nelle 4.500 quote preferenziali residue del 2000 :
occorre dunque aggiungere una specifica quota preferenziale di romeni (3.000?),
anche in considerazione della necessità di prevenire l'immigrazione
clandestina. E' infatti visibile e assai consistente al Nord Italia una catena
migratoria che da qualche anno sta facendo spostare clandestinamente migliaia
di romeni in cerca di lavoro.
In ogni caso l'aggiunta di 3.000 romeni non
dovrebbe andare a discapito della quota preferenziale residua di 4.500, ma
dovrebbe essere aggiunta all'ammontare complessivo delle quote di ingresso per
lavoro.
2) all'art. 3, comma 1 non si comprende per quale ragione sia prevista
una diminuzione della quota di cittadini marocchini. In tal senso la relazione
illustrativa è oscura e ambigua ("La quota assegnata al Marocco è
stata ridotta da 3000 a 1500 lavoratori, secondo quanto previsto dall'intesa
originale, alla luce del permanere di alcune questioni problematiche") e
comunque non tiene conto del fatto che una riduzione delle quote finirebbe per
incentivare l'immigrazione clandestina, poiché il Marocco è il primo Paese
di immigrazione in Italia e da esso provengono intensi flussi migratori.