Date: 10:16 AM 6/4/01 +0200

From: Sergio Briguglio

Subject: discussion paper - sommario e osservazioni

 

Cari amici,

vi mando un sommario e alcune osservazioni critiche sulla "Proposta tecnica per la discussione" sulle condizioni per l'ingresso e il soggiorno di cittadini stranieri per motivi di lavoro subordinato e autonomo (il "discussion paper" di cui vi ho parlato nei giorni scorsi).

 

Credo sia importante che si sviluppi, in tempi brevi, una discussione "italiana" sull'argomento, e che, in base a questa, si propongano eventuali modifiche ai contenuti della "proposta tecnica".

 

Cordiali saluti

sergio briguglio

 

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(Sergio Briguglio 3/6/2001)

 

OSSERVAZIONI  SULLA PROPOSTA TECNICA PER LA DISCUSSIONE SULLE CONDIZIONI DI INGRESSO E SOGGIORNO PER LAVORO

 

 

1) Sommario della Proposta tecnica

 

Lavoro subordinato

 

Puo' svolgere attivita' di lavoro subordinato solo chi abbia ottenuto un "permesso di soggiorno - lavoratore".

 

Un tale permesso puo' essere rilasciato sia a persone ancora residenti all'estero (in particolare, in altro Stato membro dell'Unione europea), sia a persone gia' residenti legalmente per altri motivi nello Stato membro che lo rilascia. Non e' esclusa, cioe', la possibilita' di conversione di altro permesso di soggiorno.

 

Il "permesso di soggiorno - lavoratore" e' rilasciato a condizione che siano soddisfatti diversi requisiti. Oltre a quelli standard (possesso di un documento di viaggio valido, certificato di buona condotta, disponibilita' di mezzi di sostentamento in misura non inferiore all'ammontare al di sotto del quale scatterebbero misure di sussidio pubblico) e a quelli di minor rilievo, e' richiesto, in relazione all'attivita' lavorativa,

 

a) che sia stato stipulato un contratto di lavoro per una precisa attivita' di lavoro per la quale lo straniero possegga le capacita' necessarie;

 

b) che l'assunzione dello straniero risponda ad effettive esigenze economiche del mercato dell'Unione europea.

 

La verifica di questo secondo requisito si effettua mediante l'accertamento di indisponibilita' di manodopera comunitaria o straniera (gia' stabilmente presente nel territorio dell'Unione europea). L'indisponibilita' si considera accertata se una domanda di lavoro, opportunamente segnalata dai servizi del collocamento europeo, non trova corrispondente offerta in un periodo di sei settimane.

 

Per specifici settori lavorativi, per un determinato numero di posti, e per un periodo di tempo limitatato, uno Stato membro puo' stabilire che la rispondenza ad effettive esigenze economiche puo' considerarsi verificata anche senza passare attraverso l'accertamento di indisponibilita'.

 

Si prescinde dalla verifica della suddetta rispondenza per la stipula di un contratto da parte di uno straniero in possesso di un "permesso di soggiorno - lavoratore" in corso di validita', ovvero di uno straniero gia' legalmente soggiornante per lavoro (solo lavoro subordinato o anche autonomo? il testo non e' chiaro) da almeno tre anni in altro Stato membro.

 

La durata del permesso deve essere coperta integralmente dal contratto di lavoro, ma non puo' comunque superare i tre anni.

 

Il permesso e' rinnovabile (sempre con durata non superiore a tre anni) a condizione che siano soddisfatte le condizioni per il rilascio. Si prescinde, pero', dalla verifica della rispondenza ad effettive esigenze economiche dell'Unione europea quando il soggiorno per lavoro subordinato sia durato almeno tre anni.

 

Per i primi tre anni di soggiorno per lavoro subordinato, il lavoratore puo' cambiare datore di lavoro, ma non il tipo di attivita'. E' possibile, inoltre, limitare il permesso allo svolgimento dell'attivita' lavorativa in una specifica regione. Successivamente, tali restrizioni sono rimosse.

 

La stipula di ogni nuovo contratto e' condizionata all'approvazione (autorizzazione al lavoro) da parte dell'autorita' competente. Dal testo non e' chiaro se questa condizione valga solo nel periodo di validita' del primo permesso, o se si prolunghi anche a valle dei successivi rinnovi.

 

Il permesso puo' essere revocato, oltre che per motivi ovvi (documentazione falsa, motivi di sicurezza dello Stato), anche per motivi di "politica pubblica", ovvero per "eccesso di disoccupazione": oltre tre mesi negli ultimi dodici, per i primi due anni di soggiorno; oltre sei mesi negli ultimi dodici, successivamente.

 

Il possesso del permesso garantirebbe al titolare

 

a) il diritto di fare ingresso e reingresso nel territorio dello Stato membro,

 

b) il diritto di soggiornare,

 

c) il diritto di godere dello stesso trattamento dei cittadini dell'Unione in materia di condizioni lavorative, accesso alla formazione professionale, alla previdenza, alla sanita', alla fornitura di servizi disponibili al pubblico. Riguardo a questi ultimi, il diritto di accesso all'alloggio potrebbe essere limitato a chi soggiorni da un congruo periodo di tempo (da uno a tre anni). Non mi e' chiaro se sia garantito il diritto allo studio. Sembra esclusa la possibilita' di svolgere attivita' di lavoro autonomo.

 

Una disciplina specifica e' prevista per i lavoro stagionali, per quelli transfrontalieri, e per i lavoratori appartenenti a determinate categorie (dipendenti di societa' estere, lavoratori in formazione, lavoratori "alla pari", etc.). I singoli Stati membri possono stabilire norme particolari per altre categorie (religiosi, rifugiati, profughi, richiedenti asilo, nonche' stranieri a carico dei quali sia stato adottato un provvedimento di espulsione non immediatamente eseguibile).

 

 

Lavoro autonomo

 

La struttura delle disposizioni e' analoga, mutatis mutandis, a quella relativa al lavoro subordinato.

 

Il permesso e' denominato "permesso di soggiorno - lavoratore autonomo".

 

Quanto ai requisiti, per il rilascio del permesso, relativi all'attivita' lavorativa, quello dell'esistenza di un contratto e' sostituito dalla

 

a) certificazione del soddisfacimento degli atti richiesti per lo svolgimento della specifica attivita' autonoma programmata (iscrizione agli albi, per esempio) e del possesso delle risorse necessarie.

 

Il requisito relativo alla rispondenza ad effettive esigenze economiche dell'Unione europea, poi, e' considerato soddisfatto se, sulla base di una valutazione del piano di attivita' effettuata da uno studio commerciale internazionale, risultino evidenti effetti benefici per l'occupazione nello Stato membro o per il suo sviluppo economico e culturale. Anche in questo caso, per specifiche attivita', uno Stato membro puo' stabilire che tali effetti benefici debbano essere considerati automaticamente verificati (ovvero, verificati a condizione che sia effettuato un investimento di entita' non inferiore a una soglia minima).

 

Con queste due sostituzioni, le disposizioni procedono in modo analogo per quanto concerne

 

- rilascio di un permesso a straniero soggiornante per lavoro in altro Stato membro da almeno tre anni;

 

- durata del permesso;

 

- rinnovo del permesso;

 

- limitazioni relative all'accesso ad altro tipo di attivita' autonoma o alla regione in cui l'attivita' e' svolta;

 

- revoca del permesso; in relazione a quest'ultimo punto, la condizione di "eccesso di disoccupazione" e' sostituita da quella di "eccesso di incapacita' di auto-sostentamento", con la stessa misura temporale;

 

- diritti del titolare del permesso;

 

- disciplina particolare per lavoratori appartenenti a specifiche categorie.

 

 

Procedura e trasparenza

 

Ogni richiesta di rilascio, rinnovo o modifica del permesso di soggiorno per lavoro deve ottenere risposta entro novanta-centoventi giorni.

 

Ogni decisione negativa deve essere impugnabile.

 

Decisioni di singoli Stati membri che impediscano, limitino o facilitino ingressi per certe categorie o per certi periodi (e' possibile anche l'imposizione di tetti massimi per gli ingressi, o di sospensione del rilascio di permessi) devono essere motivate e comunicate alla Commissione e agli altri Stati membri.

 

Alle condizioni di ingresso e soggiorno di lavoratori deve essere data pubblicita' (per esempio su un sito web).

 

 

2) Osservazioni critiche

 

1. L'impostazione della proposta e' accettabile, al limite, solo per attivita' di lavoro subordinato ad alta qualificazione o per attivita' di lavoro autonomo di notevole impatto economico.

 

Per attivita' di lavoro subordinato a bassa qualificazione, infatti, l'ingresso dall'estero sarebbe precluso dalla necessita' della stipula preventiva di un contratto (l'equivalente della chiamata nominativa). L'esperienza italiana insegna che, nei fatti, l'instaurazione di un rapporto di lavoro richiede un incontro diretto tra lavoratore e datore di lavoro. La possibilita' di un tale incontro (per esempio - con riferimento al caso italiano -mediante un ingresso per "inserimento nel mercato del lavoro" sponsorizzato o auto-sponsorizzato) non e' esclusa, ma - dato il carattere di primaria importanza della questione e l'apertura in tal senso della Comunicazione della Commissione - meriterebbe una esplicita menzione.

 

Per le attivita'  di lavoro autonomo in cui lo straniero sia imprenditore solo di se stesso (ad esempio, le prestazioni di piccoli servizi), l'accesso sarebbe reso impossibile dal requisito relativo ai "benefici effetti" sull'occupazione e sullo sviluppo dello Stato membro. D'altra parte, l'esperienza italiana mostra come una parte importante delle attivita' che vedono un positivo inserimento di immigrati siano difficilmente riconducibili ad attivita' di lavoro subordinato, dato il carattere saltuario delle prestazioni offerte dal lavoratore e della richiesta di servizi da parte del committente. Si pensi al proverbiale giardiniere: l'idea che un potenziale giardiniere faccia certificare dallo studio commerciale internazionale la rilevanza dell'attivita' programmata sullo sviluppo o sull'occupazione del paese di immigrazione e' francamente ridicola; come pure e' ridicola l'idea che per far tagliare un prato una volta ogni venti giorni si debba assumere in pianta stabile il suddetto giardiniere.

 

2. Il criterio della "preferenza comunitaria", quale condizione per l'accesso dello straniero al lavoro subordinato e' in linea di principio accettabile. In Italia pero' e' stato in vigore, senza utilita' alcuna per i disoccupati nazionali, fino al 1998 (sancito dalla legge 943/86). Nei fatti, finche' e' stato applicato, ha solo ostacolato l'ingresso di lavoratori stranieri per mansioni comunque scoperte, inducendo i rapporti di lavoro, nella migliore delle ipotesi, a camuffarsi da rapporti relativi a collaborazione domestica (esonerati dall'obbligo di accertamento di indisponibilita') o, nella peggiore, a nascere e restare sommersi.

 

L'idea di un diritto di prelazione per i lavoratori comunitari (o stranieri gia' soggiornanti nell'Unione europea da almeno tre anni per lavoro subordinato) di sei settimane, poi, appare in contrasto con il progressivo e benefico smantellamento di inutili strutture di collocamento nazionale. Pensare di far funzionare su scala europea quello che non ha funzionato su scala nazionale o locale non sembra ragionevole. Ne' sembra ragionevole prescindere - ancora una volta - da uno degli elementi fondamentali per il funzionamento di un rapporto di lavoro: la fiducia tra datore di lavoro e lavoratore; non e' la posizione occupata in una graduatoria o la risposta formale ad una domanda di lavoro a garantire tale fiducia.

 

Per contro, l'ostacolo introdotto dall'accertamento di indisponibilita' sarebbe di portata ridotta (sei settimane di attesa) rispetto agli altri ostacoli burocratici cui l'esperienza italiana ha purtroppo abituato datori di lavoro e immigrati.

 

3. Le limitazioni relative alla possibilita' di utilizzare, nei primi tre anni, il permesso di soggiorno per attivita' di lavoro diverse da quelle originariamente utilizzate o, addirittura, in regioni diverse da quella per cui l'attivita' e' stata autorizzata contrastano con qualunque criterio di allocazione ottimale delle risorse; lo stesso si puo' dire della preclusione del passaggio da attivita' di lavoro subordinato ad attivita' di lavoro autonomo e viceversa. Paradossalmente, poi, tali disposizioni restrittive sono affiancate alla previsione di esonero da ogni ulteriore verifica dei criteri di rispondenza alle effettive esigenze economiche (l'accertamento di indisponibilita' per il lavoro subordinato, la verifica degli effetti benefici su occupazione o sviluppo per il lavoro autonomo) nel periodo di validita' del permesso di soggiorno. Qualora, infatti, si volesse evitare che lo straniero ammesso a svolgere una determinata attivita' "utile" si dedicasse ad altra attivita' "inutile" o concorrenziale nei confronti dei lavoratori gia' presenti, piuttosto che impedire il cambiamento di attivita', lo si dovrebbe, al piu', condizionare alla verifica prevista per i nuovi accessi.

 

4. I requisiti per il rinnovo e il mantenimento del permesso di soggiorno sono troppo rigidi, per il rilievo che danno alla presenza di un rapporto di lavoro in corso ai fini del rinnovo (per lavoro subordinato), ovvero - in negativo - all'occorrenza di periodi di disoccupazione o di scarsa disponibilita' di mezzi ai fini della revoca del permesso. L'esperienza italiana mostra come un atteggiamento eccessivamente fiscale in materia non fa altro che produrre illegalita' formale, il cui sanzionamento e', al contempo, vessatorio, costoso e inutile. Inoltre, la penalizzazione della condizione di disoccupazione appare

 

a) anacronistica, in una fase in cui si auspica una maggior flessibilizzazione del mercato del lavoro;

 

b) inaccettabile, nella misura in cui priva il lavoratore di una parte rilevante della propria forza contrattuale.

 

Sotto entrambi i punti di vista, risulta ancora messa a repentaglio l' allocazione ottimale delle risorse.

 

Benche' poi sia accettabile, in linea di principio, il condizionare il soggiorno per lavoro alla disponibilita' di mezzi di sostentamento per un ammontare non inferiore al minimo al di sotto del quale dovrebbero essere adottate misure di assistenza sociale, dovrebbe essere stabilito

 

a) che la dimostrazione di tale disponibilita' puo' essere richiesta solo in sede di rinnovo del permesso (non si dovrebbe, cioe', dar luogo a revoca di un permesso in corso di validita' per ragioni legate al sostentamento o alla disoccupazione);

 

b) che la disponibilita' puo' essere dimostrata nel modo piu' ampio: titolarita' di risparmi, reddito maturato nel periodo di soggiorno per lavoro trascorso, reddito attuale o prevedibile, garanzia di terzi, etc.

 

Quest'ultima previsione, in particolare, dando comunque un rilievo parzialmente positivo alle attivita' di lavoro sommerso (in linea, per altro, con certe osservazioni contenute nella Comunicazione della Commisisone), eviterebbe di far gravare il mancato o insufficiente contrasto di tali attivita' sul solo lavoratore straniero. Inoltre, consentirebbe di valorizzare attivita' saltuarie o precarie, comunque non prive di rilevanza economica.

 

5. L'impossibilita' di svolgere attivita' lavorativa in mancanza di apposito "permesso di soggiorno - lavoratore (o lavoratore autonomo)", benche' non vieti di per se' a titolari di altri permessi (per studio o per motivi familiari, ad esempio) di convertire il proprio permesso di soggiorno, li costringe ad entrare in una diversa categoria, con riferimento, per esempio, alle condizioni di rinnovo del permesso. In questo modo, lo studente-lavoratore o il familiare precariamente occupato, che sarebbero in grado di rinnovare il permesso di soggiorno per i motivi originali, rischiano di veder destabilizzata, senza vantaggio di alcuno, la propria posizione.

 

La cosa, poi, con riferimento alla condizione degli studenti, e' ulteriormente aggravata dalla mancata previsione di un diritto allo studio per il titolare di un permesso per  lavoro: la conversione del permesso per studio in un permesso per lavoro precluderebbe la prosecuzione degli studi.

 

6. La possibilita' di revoca del permesso per "motivi di politica pubblica" (cosi' recita il testo italiano) sembra assurda, salvo che non debba intendersi "motivi di ordine pubblico".