Date: 4:49 PM 8/31/01 +0200
From: Sergio Briguglio
Subject: politica migratoria bipartisan
Cari amici,
eccomi di nuovo qui.
Sul mio sito
(http://briguglio.frascati.enea.it/immigrazione-e-asilo/), alle pagie di luglio
e agosto 2001, potrete trovare vari documenti di interesse.
In particolare,
a) la Comunicazione della Commissione sul
coordinamento delle politiche in materia di immigrazione;
b) la proposta di direttiva sui criteri di
ammissione per lavoro;
c) la proposta di regolamento di revisione
della Convenzione di Dublino.
Conto di riuscire ad avere al piu' presto il
testo del ddl governativo di riforma del Testo unico.Intanto, comunque, potete
trovare un'analisi critica dei contenuti principali preparata da Paolo Bonetti
(che ringrazio).
Per tenervi impegnati mentre tento
disperatamente di riprendere i contatti con queste problematiche, dedico questo
primo messaggio del "dopo Uganda" al pioniere della politica
migratoria bipartisan. Sto parlando naturalmente di Guido Bolaffi. Mi e' appena
arrivata la notizia seguente:
"Il consiglio dei ministri, su proposta
del ministro Roberto Maroni, ha conferito oggi l'incarico di capo del
Dipartimento delle politiche sociali e previdenziali al dirigente di prima fascia
Guido Bolaffi. Bolaffi, si legge nel comunicato di palazzo Chigi, avra' ad
interim anche l'incarico di capo del Dipartimento delle politiche del lavoro e
dell'occupazione e tutela dei lavoratori."
La lascio commentare da tre brani di
repertorio:
1) Un articolo che scrissi per il Manifesto
del 7 luglio dell'anno scorso;
2) La replica dell'allora ministro Turco,
pubblicata ancora dal Manifesto;
3) Il messaggio che mandai alla Turco in
risposta.
Cordiali saluti
sergio briguglio
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Guido Bolaffi, in un articolo apparso domenica
sul Corsera, stigmatizza "la rumorosa mobilitazione organizzata in varie
citta' da gruppi di immigrati senza permesso di soggiorno". Per disfarsi,
senza spreco soverchio di energie intellettuali, di un problema complesso,
Bolaffi accomuna la protesta di chi ha presentato istanza di regolarizzazione
da oltre un anno e mezzo a quella, ipotetica, di chi entrera' domani o
dopodomani, clandestinamente, in Italia. Suscitato lo sdegno del lettore medio
di fronte a quest'ultima proterva pretesa, Bolaffi non ha difficolta' a
indirizzarne, cosi', il furore anche contro l'altra, piu' moderata, richiesta.
A condizione, naturalmente, che il lettore medio sia un perfetto imbecille o si
accosti per la prima volta alle questioni di politica dell'immigrazione. Nel
tentativo di recuperare alla realta' dei fatti almeno il profano normodotato,
provo a ripercorrere date ed elementi salienti della vicenda di questa
regolarizzazione.
La legge 40 entra in vigore nel marzo '98. E'
una legge organica e pone le basi per una politica effettiva dell'immigrazione.
Intelligenza vorrebbe che, girando pagina rispetto a una dozzina d'anni di
mancata gestione del fenomeno, si dia una chance di accesso alla legalita' a
chi da quella sia stato escluso dalla assoluta e riconosciuta assenza di canali
di ingresso regolare concretamente percorribili. L'intelligenza pero' e' in
ferie in quel periodo, e bisogna aspettare altri sette mesi (ottobre '98) per
il varo di un provvedimento che avvii il processo di regolarizzazione. Vengono
fissati i requisiti per il rilascio del permesso (possesso di un documento di
identita', opportunita' di lavoro, disponibilita' di alloggio, prova di
presenza in Italia anteriore al 27 marzo '98) e una data limite per la
presentazione delle istanze (il 15 dicembre '98). Viene anche fissato un tetto
di trentottomila permessi rilasciabili, confidando di poter utilizzare
successivi decreti-flussi per assorbire le eventuali domande in eccesso.
Al 15 dicembre le istanze presentate sono piu'
di trecentomila (le domande complete di documentazione saranno poi
duecentocinquantamila). Si preferisce allora emanare un decreto legislativo,
con il quale si rimuove il tetto, ma si lasciano - purtroppo - inalterati i
requisiti. Dico "purtroppo" per almeno due ragioni. La prima ha a che
fare con la prova di presenza. Esigerla, nell'ottobre '98, aveva lo scopo di
evitare il cosiddetto effetto di richiamo - che entrassero, cioe', da allora al
successivo 15 dicembre, stuoli di clandestini attratti dal miraggio di un
permesso "facile". Continuare a chiederla nel maggio '99, quando
entra in vigore il decreto legislativo, a persone che - testimoni i questori -
trovavansi in Italia almeno dal 15 dicembre '98 e' cosa che con il contrasto
dell'effetto di richiamo non c'entra piu' nulla. Non stupirebbe cosi' se il
contribuente medio - dotato o meno - si chiedesse irritato perche' mai
centinaia di poliziotti siano stati impegnati per un anno e mezzo a datare col
Carbonio 14 registri della Caritas o di associazioni sindacali, quando sarebbe
stato sufficiente ridefinire - col decreto legislativo - la data limite per la
presenza in Italia.
La seconda ragione riguarda i requisiti
relativi ad alloggio e lavoro. Premiare chi dimostri di essere pervenuto ad un
inserimento sostanzialmente stabile e' cosa che si sposa perfettamente con
quella liberalizzazione dell'immigrazione che Bolaffi, nel suo articolo, mostra
di aborrire: si lascia che gli stranieri attraversino a piacimento le
frontiere, ma, per riconoscere loro il diritto di beneficiare delle misure
dello stato sociale, si richiede - per esempio - che dimostrino di saper
raggiungere, con le loro forze, una relativa autosufficienza in un lasso di
tempo prestabilito. E' invece cosa che si sposa molto male con una
regolarizzazione una tantum: una fotografia, a un fissato istante, della
condizione di inserimento dell'immigrato che non tenga conto ne' del tempo
speso in Italia dallo straniero ne' delle esperienze di inserimento abitativo o
lavorativo pregresse nulla dice sulla sua capacita' di adattamento alla
societa' che lo ospita. Il matrimonio e' poi disastroso se, data la solerzia
dell'amministrazione nell'esaminare le domande, si pretende che per quella
fotografia l'immigrato, il datore di lavoro e il locatore restino in posa,
immobili, a dire cheese per un anno e mezzo.
Queste ragioni - va detto - non devono essere
molto diverse da quelle che albergavano nella mente del capo della polizia
uscente, se e' vero - ed e' vero, ovviamente - che con successive circolari e
direttive sono state date istruzioni ai questori perche' l'esame dei requisiti
fosse sempre meno fiscale e sempre piu' improntato a buon senso. L'ultima di
queste direttive, che avrebbe sbloccato la situazione di quasi tutte le
settantamila domande pendenti, risale a fine marzo scorso, e raccomandava di
rilasciare - finalmente - il permesso di soggiorno nei casi in cui
l'accertamento relativo alle prove di presenza non apparisse destinato a una
sollecita conclusione. Uso l'imperfetto perche' e' bastato uno starnuto dei
partiti di opposizione perche' il governo si arrendesse senza condizioni e
l'amministrazione chiudesse con dinieghi venti o trentamila pratiche sospese.
Obietta Bolaffi: acconsentire alla richiesta
di regolarizzazione danneggia ingiustamente chi si attenga alle regole
aspettando in patria, prudentemente, il proprio turno di migrazione. Ha
ragione. O meglio: l'avra'. Quando a quelle regole si atterranno anche governo
ed amministrazioni. Ma il primo vero decreto-flussi e' entrato in vigore da
meno di tre mesi, a ben due anni dall'approvazione della legge! E, per
l'assunzione di uno straniero residente all'estero, gli uffici provinciali del
lavoro impongono - senza che la legge lo esiga e in barba ai richiami di Fazio
- un minimo di quaranta ore settimanali e un reddito annuo, in capo al datore
di lavoro, di ottantacinque milioni. Consolati e ambasciate esitano intanto,
tremebondi, ad allestire le liste di prenotazione che la legge, invece,
prescrive.
Alla lentezza e alla stupidita' si puo' porre
rimedio, con l'impegno e con la pazienza. Non e' detto, pero', che ogni
protesta contro lentezze e stupidita' sia frutto della cultura delle "non
regole". Di quel sinistrismo da cui Bolaffi - capo di gabinetto del ministro
Turco - prende coraggiosamente le distanze ogni qual volta i sondaggi
prospettino imminente un governo Berlusconi.
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Il manifesto, 10 Giugno 2000
La coerenza di Bolaffi
Caro direttore, il manifesto di gioved scorso
ha pubblicato un articolo di Sergio Briguglio, (Nel labirinto delle regole) sul
problema degli immigrati privi di permesso di soggiorno presenti nel nostro
paese, che polemizza con un intervento di Guido Bolaffi pubblicato dal Corriere
della Sera. Non voglio entrare ora nel merito di questo dibattito, ma esprimere
la mia indignazione per la pesante insinuazione espressa da Briguglio nei
confronti di Bolaffi nelle righe conclusive del suo articolo, in cui si
sostiene che Bolaffi avrebbe preso le distanze dal "sinistrismo"
perch "i sondaggi prospettano imminente un governo Berlusconi".
Poich Guido Bolaffi non solo un opinionista del Corriere, ma anche il mio
capo di gabinetto voglio precisare quanto segue. 1. Bolaffi, che si occupa da
anni dei problemi dell'immigrazione, ha sostenuto con coerenza e coraggio le
sue tesi in ogni stagione politica. 2. E' da quattro anni un intelligente e
leale collaboratore, gode della mia piena fiducia e sa perfettamente
distinguere il suo ruolo di studioso e di opinionista da quello di capo di
gabinetto di un ministro in carica. Voglio infine auspicare che il dibattito,
tanto pi su una materia cos delicata e nello stesso tempo cos rovente come
le politiche per l'immigrazione, per quanto polemico e conflittuale possa
essere, non debba pi scadere nell'insulto, nella calunnia, n usare il metodo
delle "liste di proscrizione". Cordialmente
Livia Turco
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Cara Ministra,
ho letto, sabato, la sua lettera al Manifesto,
nella quale si dice indignata per le mie insinuazioni contro Bolaffi e auspica
che, per il futuro, il dibattito sull'immigrazione non scada nell'insulto e
nella calunnia.
La mia prima, ovvia, reazione e' stata quella
di prendere carta e penna (ero in treno, in quel momento) e replicare alle Sue
affermazioni. Non mi mancano - credo - argomenti da contrapporre ai Suoi: trovo
ad esempio curioso che - assodata la piena distinzione tra il Bolaffi
capo-di-gabinetto e il Bolaffi opinionista - il Ministro ritenga di dover
intervenire, a favore del Bolaffi opinionista, in una disputa con altro -
certamente meno potente - opinionista.
Ritengo poi che difficilmente si possa
configurare come insulto (o calunnia, addirittura) l'ipotesi, da me avanzata,
che Bolaffi si accinga a cambiare casacca: cambiare casacca e' un diritto
sancito dalla costituzione "purtroppo" vigente; e Bolaffi se ne e'
gia' largamente avvalso in passato, ricoprendo alti incarichi con i governi
Andreotti, Ciampi, Berlusconi, Dini, Prodi, D'Alema e Amato: il Centro, la
Destra, la Sinistra. E si tratta - come e' noto - di incarichi relativi non
alla tranquilla suinicoltura, ma alla politica di immigrazione: uno di quegli
argomenti su cui gli schieramenti contrapposti fanno gran mostra di
contrastarsi in una lotta politica senza quartiere. Se Bolaffi e' coerente -
come Lei assicura -, delle due l'una: o le tesi di lui sono evanescenti (e
allora non gli richiede grande coraggio il mantenere, al servizio di
schieramenti contrapposti, coerenza con esse), o significano qualcosa (e allora
la contrapposizione tra schieramenti e', in larga misura, propagandistica).
Non dubito, tuttavia, che, se esponessi
pubblicamente queste riflessioni, il rischio di cadere in una disputa sterile e
- certamente - strabica rispetto alle questioni realmente rilevanti si farebbe
assai concreto. Difficilmente, allora, potrebbe essere soddisfatto il Suo
auspicio in relazione a un dibattito che si mantenga "alto" sebbene
aspro.
Dal momento che apprezzo quell'auspicio,
mantengo la mia replica confinata a questo ambito personale e rilancio sulla
questione che a me - e, ritengo, anche a Lei - sta a cuore: la piena attuazione
e, ove necessario, la correzione, del Testo unico sull'immigrazione.
Mi sono battuto - a volte col Suo sostegno
(ricordo una telefonata su quello che oggi e' il comma 4 dell'articolo 23) -
perche' l'impianto della programmazione dei flussi non fosse inficiato dagli
stessi errori che avevano reso ridicola l'attuazione della Legge Martelli.
Continuo, oggi, a battermi perche' la politica di immigrazione in Italia non
sia la mera somma della stupidita' e dell'inefficienza delle singole
amministrazioni interessate: interno, esteri, lavoro. La strada pero' e'
disseminata di ostacoli: nel mio articolo incriminato citavo, sinteticamente,
la clamorosa corbelleria del reddito di ottantacinque milioni per una chiamata
nominativa e quella dell'orario minimo di quaranta ore settimanali per l'assunzione
di una colf, nonche' la resistenza delle nostre rappresentanze diplomatiche
nell'allestire, con criteri trasparenti, le liste di prenotazione che la legge
- grazie proprio a quel comma che Lei stessa sostenne - impone. Se considera
che, per quanto concerne la sponsorizzazione, dei sessanta giorni messi a
disposizione dalla legge, trenta sono stati sprecati nell'attesa che i
ministeri competenti licenziassero il vademecum esplicativo, converra' - spero
- con me che il pericolo di ricadere nei vecchi e deprecati errori non e'
affatto remoto.
Se e' vero, come dice Bolaffi, che la politica
dell'immigrazione deve essere improntata a una cultura delle regole, e'
altrettanto vero che la definizione delle regole non deve essere lasciata al
burocrate ottuso e che al rispetto delle regole il burocrate stesso - per
quanto ottuso - deve essere tenuto per primo. In mancanza di una capacita'
dello Stato di autodisciplinarsi, l'immigrazione non puo' che essere
irregolare. Non meno di come la popolazione studentesca universitaria sarebbe
integralmente costituita da fuori-corso se i docenti disertassero
sistematicamente le sessioni di esame. E questo col diciotto politico non
c'entra proprio niente. In presenza, poi, di una immigrazione costretta
all'irregolarita', chiedere nuove regolarizzazioni o, come nel caso presente,
una buona conclusione di quella da tempo immemorabile in corso e' doveroso.
Piaccia o meno a Bolaffi.
Mi si puo' replicare che il Dipartimento della
solidarieta' sociale non ha deleghe sufficienti a controllare e a coordinare
l'operato delle diverse amministrazioni. E' vero. Ma avreste dovuto battervi
perche' chi stava realmente operando perche' quel coordinamento funzionasse -
il Sen. Maritati - mantenesse il suo incarico nel nuovo governo. E invece Maritati
e' stato scaricato senza che alcuno muovesse un dito, e sostituito da persona
che - stando alle prime uscite pubbliche - ci si puo' solo augurare non
coordini alcunche'.
Inoltre - mi permetta -, il Consiglio dei
Ministri e' un organo collegiale e, se non riesce a darsi modalita' efficaci di
coordinamento interministeriale, la responsabilita' non puo' essere ascritta ad
altri che ai suoi membri e a chi lo presiede.
Nell'immediato, Le chiedo un sostegno sicuro
alla richiesta - sacrosanta - di regolarizzazione di tutti coloro che se la
sono vista rifiutata o sospesa in nome di requisiti che oggi - come spiegavo
nell'articolo - non hanno piu' alcuna rilevanza. Lo strumento tecnico c'e' ed
e' rappresentato dai commi 5 e 9 dell'art. 5 del Testo Unico:
"5. Il permesso di soggiorno o il suo
rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno stato rilasciato, esso
revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per
l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto
previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi
elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarit
amministrative sanabili.
...
9. Il permesso di soggiorno rilasciato,
rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui stata presentata
la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente
testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno
richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da
rilasciare in applicazione del presente testo unico."
Qui siamo proprio in presenza - nell'ipotesi
peggiore - di mancanza di requisiti per il permesso richiesto, di irregolarita'
amministrative sanabili, di fatti nuovi (il decreto flussi e le norme
regolamentari sulla sponsorizzazione), di requisiti per altro tipo di permesso
(un permesso per inserimento nel mercato del lavoro o "per attesa
occupazione").
Per il futuro, Le chiedo invece di istituire,
presso il Dipartimento della solidarieta' sociale, una sorta di Difensore
Civico dello straniero: uno sportello - anche informatico - al quale la
periferia possa rivolgersi per ottenere informazioni immediate sulle circolari
che (a dispetto della Costituzione) continuano a giocare un ruolo determinante
nella definizione della condizione giuridica dello straniero, e per segnalare
abusi o difficolta' che lo straniero stesso incontri nel rappoto con le
amministrazioni. Il Ministro - con il suo peso politico - dovrebbe poi
tramutare tutte le segnalazioni fondate in sollecitazioni alle amministrazioni
interessate perche' abusi o difficolta' siano rimosse, ovvero in proposte
urgenti di modifica della normativa quando i problemi siano generati da vizi di
fondo annidati in quella vigente.
Nell'ipotesi, infine, che Le interessi la mia
opinione su alcuni dei problemi che si sono evidenziati in relazione ai flussi
per lavoro e sulle modifiche di carattere strategico che potrebbero essere
apportate al Testo unico o - meglio - all'interpretazione che ne viene data,
segnalo, alla pagina
http://briguglio.frascati.enea.it/immigrazione-e-asilo/2000/maggio/
una nota (mail-strategie-2.html) che ho
proposto, in modo riservato, all'attenzione della mia mailing list. E' bene far
notare che il tono della nota e' a carattere assolutamente informale.
Confido che il confronto di idee non si fermi
qui e che possa produrre frutti per una miglior politica dell'immigrazione. E,
se a tratti dovra' assumere il carattere di scontro, pazienza!
Cordialissimi saluti
Sergio Briguglio