Date: 3:02 PM 1/23/02 +0100
From: Sergio Briguglio
Subject: ddl 795
Cari amici,
ieri, in Commissione affari costituzionali, al
Senato, non si e' discusso del ddl 795 su immigrazione e asilo.
In questi giorni, come certo saprete, sono
emerse divergenze all'interno della maggioranza sull'iter del ddl e sui
contenuti della eventuale regolarizzazione da approvare contestualmente.
Il Relatore, Sen. Boscetto, continua a
sottolineare come il ddl non debba considerarsi blindato, e come alcune
modifiche possano essere apportate.
Sono convinto che, se si ha in mente il bene
degli immigrati e, piu' in generale, della societa', sia necessario trovare
punti di incontro tra le parti politiche. Difendere, infatti, l'intangibilita'
del Testo unico e', oltre che insostenibile, evidentemente perdente; bisogna,
al contrario, ragionare con la maggioranza su possibili modifiche migliorative
(del Testo unico, prima ancora che del ddl).
Allego il testo di un mio articolo apparso sul
Manifesto di sabato scorso. Lo propongo alla vostra attenzione quale possibile
base di un confronto semplice tra maggioranza e opposizione. Ritengo che, se si
trovasse convergenza su questa proposta, la maggior parte degli aspetti
negativi del ddl 795, del Testo unico e dell'applicazione che a questo e' stata
data perderebbero peso.
Vi invito, pertanto, se condividete
l'impostazione della proposta, a farvene portatori nelle sedi in cui siete
ascoltati; se non la condividete, a spiegarmi perche'.
Cordiali saluti
sergio briguglio
p.s.: una nota piu' dettagliata sullo stesso
argomento e' alla pagina
http://briguglio.frascati.enea.it/immigrazione-e-asilo/2002/gennaio/transizione-turismo-lavoro.html,
come vi avevo segnalato alcuni giorni fa.
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Dell'immigrazione, in questi giorni, si
possono fare due cose: uno dei temi di scontro tra i poli, o un tema su cui
sparigliare la politica italiana. Nel primo caso la si mette assieme a
giustizia, scuola e lavoro, e ci si conta: si scopre - a sinistra - di essere
minoranza. Nel secondo, la si affronta separatamente, e si cercano convergenze
trasversali su proposte elementari, che non richiedano, per essere accettate,
comunanza di visione etica o di linguaggio. Ma e' possibile, su un fenomeno
cosi' carico di tensioni, elaborare proposte del genere? E' possibile, secondo
me. C'e' infatti un'interpretazione molto semplice di quelle tensioni, che non
richiede un ricorso a categorie controverse quali la giustizia e la
solidarieta'. Provo a esporla.
I movimenti migratori sono legati a due
principali cause: desiderio di migliorare la condizione economica e desiderio
di fuggire dalla persecuzione; le si separa, convenzionalmente, parlando di
immigrati propriamente detti e di richiedenti asilo. Il flusso di questi ultimi
e', di per se', di modeste dimensioni e sarebbe, in condizioni normali, accolto
senza ostilita'. Il flusso di immigrati, molto piu' imponente, si ingorga
invece, in Italia come negli altri paesi europei, nell'imbuto di norme che
vorrebbero preservare gli Stati dall'ammissione di spiantati. La piu' classica
di queste norme e' quella che condiziona l'ingresso di un lavoratore
all'esistenza previa di un contratto di lavoro. La mancanza di realismo di
questa norma, che non tiene conto di come nessun rapporto di lavoro possa
nascere se prima datore di lavoro e lavoratore non si sono incontrati sul
posto, induce ingressi e soggiorni illegali. Questo allarma le societa' di
arrivo, dato che facilmente cio' che e' illegale viene temuto come criminale.
Si elaborano allora norme via via piu' restrittive, per ingressi legali ancora
piu' ardui e per espulsioni piu' efficaci. Le prime provocano - ovviamente - un
ulteriore incremento dei flussi illegali. Le altre inducono i migranti
intercettati in posizione illegale a ripararsi sotto l'ombrello di una
richiesta di asilo. Gli Stati tendono allora a rendere piu' restrittive anche
le disposizioni sull'asilo, introducendo una presunzione di mala fede in capo
al richiedente, cui corrispondono esami piu' sommari delle domande e ridotte
possibilita' di ricorso giurisdizionale (con rischio di rimpatrio, drammatico,
di veri perseguitati).
Di fronte a tutto questo, si puo' tentare di
curare le ferite dopo che sono state inferte. Sono esempi (lodevoli) di questo
approccio le pressioni contro la detenzione amministrativa di immigrati e
richiedenti asilo, quelle per ottenere provvedimenti di sanatoria, quelle per
un'applicazione meno fiscale dei criteri per i rinnovi dei permessi di
soggiorno. Ma e' impresa ardua: chiusa una ferita se ne apre un'altra, senza
sosta. C'e' un'altra strada, pero', e consiste nello sciogliere il nodo
principale: la mancanza di realismo nel criterio di ingresso per lavoro. Ed e'
su questo che si puo' trovare un accordo vasto nella societa': non solo immigrati
e ONG appassionate di diritti, ma anche famiglie e imprenditori - ne' troppo
insensibili, ne' troppo solidali, e proprio per questo maggioritari nel paese.
Come sciogliere il nodo? Cercando di mettersi
nei panni di quelle famiglie e di quegli imprenditori: cosa chiedono veramente
riguardo all'immigrazione? Che ci sia, ma che sia "sicura", cioe'
conosciuta, alla luce del sole, e che non rappresenti un onere incontrollato
per la collettivita'. Bisogna allora muoversi verso un criterio di ingresso
che, buttando a mare contratti preesistenti e burocrazia varia, garantisca
invece la visibilita' del migrante e la sua capacita' di bastare a se stesso.
Questo puo' essere realizzato - per entrare nel dibattito odierno sulla
normativa - prevedendo una cosa molto semplice: al permesso di soggiorno (di
lunga durata) per lavoro possa accedere anche lo straniero che sia entrato per
un soggiorno breve - per turismo, per intenderci; allo stesso tempo, fatti
salvi i controlli su fedine penali e simili, non si richieda, allo straniero
che voglia entrare per turismo, altro requisito che il possesso di un
passaporto valido e dei mezzi per il proprio sostentamento per tutto il (breve)
periodo per cui chiede di soggiornare. Credo che il turista-migrante, liberato
dalle incombenze insormontabili di leggi irrazionali, sarebbe, per la gioia,
disposto a depositare, a maggior tutela di una societa' timorosa, la fotocopia
del passaporto, un biglietto aperto per l'eventuale ritorno in patria e le
proprie impronte digitali. Io, almeno, se fossi in lui, lo sarei senza alcuna
esitazione. E se, scaduti - diciamo - i tre mesi di soggiorno per turismo, non
ha trovato un'occupazione stabile e chiede pero' di restare ugualmente, che si
fa? Se ha maturato, nel frattempo, mezzi ulteriori che gli consentano di
mantenersi, lo si autorizzi per altri tre mesi, con ulteriore chance di
stabilizzazione. Altrimenti torni a casa, come un normalissimo turista. E se si
guarda bene dal chiederlo, e si imbosca, invece? Alla prima intercettazione lo
si espelle, a sue spese: impronte, passaporto e biglietto sono li' pronti.
Tutto questo somiglierebbe molto a come
l'immigrazione ha funzionato, in Italia, negli ultimi quindici anni: lavoratori
che entrano con le proprie forze, si mantengono con lavori precari, poi
incontrano sul posto un datore di lavoro interessato ad assumerli e
stabilizzano il proprio soggiorno. Con una rilevantissima differenza, a
vantaggio del modello che prospetto: ingresso, soggiorno e rapporti di lavoro
potrebbero essere legali fin dall'inizio, senza dover passare attraverso
clandestinita', sfruttamento, concorrenza sleale con i lavoratori italiani,
sanatorie. Potrebbero andare in soffitta le presuntuose programmazioni dei
flussi e le code davanti alle direzioni del lavoro e alle questure. Potrebbe
anche andare in soffitta - e questa volta senza danno, perche' riassorbita dai
nuovi criteri per l'ingresso - la sponsorizzazione, che oggi consente la
ricerca di lavoro sul posto a pochi fortunati. Ma andrebbero in soffitta anche
gli scafisti, i centri di permanenza temporanea e le espulsioni di
temibilissime colf. Chiederebbero asilo solo i rifugiati veri e si potrebbe
evitare di prolungare la loro persecuzione con detenzioni, procedure sommarie e
ricorsi non sospensivi. Alla caccia di criminali e terroristi potremmo allora
dedicare quei poliziotti che oggi giacciono sotto montagne di regolarizzazioni,
accertamenti di reddito, nulla-osta provvisori e amenita' del genere. Senza
dover levare le scorte ai magistrati.